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SETTIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, sedicesimo e ultimo della serie VII, inizia il 28 settembre 1934 e termina il 14 aprile 1935 con la conclusione della conferenza di Stresa. I problemi affrontati sono numerosi e complessi: basti ricordare, a parte la garanzia dell'indipendenza austriaca che è ormai un leitmotiv della diplomazia italiana di questi anni, l'uccisione a Marsiglia di re Alessandro, il riavvicinamento alla Francia culminato negli accordi Mussolini-Laval, il progressivo aggravarsi della tensione con l'Etiopia, la dichiarazione tedesca del 16 marzo sul riarmo.

La documentazione getta luce su una conseguenza poco nota degli accordi Mussolini-Laval: la proposta del Governo turco, spalleggiato dal nostro Galli (di recente trasferito da Belgrado ad Ankara), di stipulare un patto fra gli Stati dell'Intesa Balcanica e l'Italia, con lo scopo di stabilizzare la regione e di ,creare un argine da opporre alla spinta della Germania verso sud. Poiché Mussolini respinge la proposta (doc. 879) questa rimane inoperante, ma contribuisce a meglio illuminare la debolezza della politica mussoliniana di garanzia dell'Austria. Ed è un fatto che Mussolini nutre ormai scarsa fiducia nell'indipendenza di questo paese, tanto che egli intende garantire l'Austria solo per 10 anni (si veda fra gli altri doc. 161) e tanto che Buti ritiene che la difesa della sua indipendenza abbia un valore soprattutto tattico (doc. 852).

Per quanto riguarda la vexata quaestio delle relazioni tra Roma e Londra circa l'Etiopia, la documentazione getta qualche luce sull'atteggiamento di Grandi il quale in un primo tempo (ma solo in un primo tempo) avvertì Mussolini circa l'intenzione inglese di mantenere l'indipendenza e l'integrità dell'Etiopia (doc. 523 e 670) e sull'atteggiamento di Buti, il quale suggerì, per altro inutilmente, che a Stresa Mussolini parlasse chiaro a Simon sulle intenzioni italiane (doc. 846).

La documentazione presenta purtroppo due grossi «buchi »: nulla è stato trovato, eccetto uno scarno appunto (doc. 506) e un accenno nel colloquio SuvichLaval del 23 marzo (doc. 794) sulle conversazioni militari itala-francesi iniziate il 12 gennaio illustrate nei Docurnents Diplomatiques Français e sulla conferenza di Stresa sono stati trovati solo tre documenti; uno è il doc. 914, gli altri sono due appunti di Vitetti e Guarnaschelli sulle conversazioni avute, in margine alla conferenza, con Thompson sul problema etiopico. Poiché tali appunti sono di data posteriore al 14 aprile verranno pubblicati nel vol. I della serie VIII che è in preparazione; cfr., comunque, in proposito l'ampia documentazione contenuta in Documents an British Foreign Policy 1919-1939, Second Series, vol. XIV, pp. 220-229.

2. I documenti sono tratti in massima parte dall'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, dai fondi seguenti: Archivio di Gabinetto 1923-1943, Serie Politica 1931-1945, telegrammi R. e P. R., Società delle Nazioni, Archivio del Ministero dell'Africa Italiana, Carte dell'Ambasciata a Londra e dell'Ambasciata presso la Santa Sede.

IX

Alcuni documenti provengono dall'Archivio Centrale dello Stato (Ministero della Cultura Popolare; Pubblica Sicurezza, Ispettorato di P. S. in Pisa per gli affari dei fuorusciti croati; Carte Badoglio), dall'Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito e dall'Archivio Storico del Ministero della Marina.

3. Vari documenti erano già editi in pubblicazioni italiane e straniere; delle principali si è data sistematicamente notizia in nota ai singoli documenti quando questi erano editi nel testo integrale. I rimandi alle collezioni straniere di documenti diplomatici sono stati limitati ai casi in cui essi erano effettivamente utili per completare o per meglio chiarire il contenuto del volume. Diamo di seguito l'elenco delle pubblicazioni di cui ci siamo serviti:

Trattati e Conven?Aoni tra il Regno d'Italia e gli altri Stati, vol. XLIX, Roma, 1938;

Documents on British Foreign Policy 1919-1939, Second Series, vol. XII, Londra, 1972, vol. XIII, Londra, 1973 e vol. XIV, Londra, 1976;

Akten zur Deutschen Auswartigen Politik 1918-1945, Serie C: 1933-1937, vol. III, l; III, 2, Gi:ittinga, 1973; vol. IV, I, Gi:ittinga 1975;

Documents Diplomatiques Français 1932-1939, Première Série (1932-1935), vol. VII e vol. VIII, Parigi 1979, vol. IX, Parigi, 1980, vol. X, Parigi, 1981;

Il Conflitto itala-etiopico, Documenti, vol. I, Milano, 1936;

P. ALOISI, Journal (25 juillet 1932-14 juin 1936), Parigi, 1957;

A. LESSONA, Memorie, Firenze, 1958;

G. BIANCHI, Rivelazioni sul conflitto itala-etiopico, Milano, 1967;

G. RocHAT, Militari e politici nella preparazione della campagna d'Etiopia, Milano, 1971;

B. MussoLINI, Opera omnia, vol. XLII, a cura di E. e D. Suomel, [Roma], 1979;

R. DE FELICE, Mussolini il duce. Gli anni del consenso 1929-1936, Torino, 1974;

F. SuviCH, Memorie 1932-1936, Milano, 1984.

4. Il volume non avrebbe certo visto la luce se la dott. Emma Ghisalberti Moscati e il dott. Andrea Edoardo Visone non avessero posto a mia disposizione il loro acume critico e la loro provata esperienza per eseguire le ricerché archivistiche ed una prima selezione dei documenti, curare la redazione degli indici e procedere ad una revisione definitiva. Con loro desidero ringraziare la dott. Alessandra Raffa che ha collaborato alle ricerche ed ha preparato le appendici e la signora Fiorella Giordano che ha compilato l'indice dei nomi.

GIAMPIERO CAROCCI

I N D I C E .. S O rvl .1\1 A R I O

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6 7!

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Provenienza

e data

Ginevra 28 settembre 1934

Roma 28 settembre

Roma 28 settembre

Ginevra 10-28 settembre

Roma 28 settembre

Belgrado 29 settembre

Roma 29 settembre

Berlino 29 settembre

Tirana 29 settembre

Belgrado 2 ottobre

Belgrado 2 ottobre

Belgrado 2 ottobre

Roma 1°-2 ottobre

Addis Abeba 3 ottobre

Roma 3 ottobre

Mittente e deetlnatario

ALOISI a MUSSOLINI

T. 3422/144 R.

SUVICH a GALLI

T. 1316/130 R.

Colloquio SUVICH CHAMBRUN Appunto

ALOISI a MUSSOLINI Appunto

BuTI a SuVICH Appunto

GALLI a MUSSOLINI

T. 3445/154 R.

SUVICH a VINCI

T. 1318/253 R.

CERRUTI a MUSSOLINI T. per corriere rr. 3483/0231 R.

LA TERZA a MUSSOLINI Tetespr. r. 3399/1400

GALLI a MUSSOLINI

T. 3465/157 R.

GALLI a MUSSOLINI

T. 3466/158

GALLI a MUSSOLINI

T. 3467/159

Colloquio SUVICH DRUMMOND Appunto

VINCI a MUSSOLINI

T. 3477/499 R.

SUVICH a MUSSOLINI Appunto


DOCUMENTI
1

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3422/144 R. Ginevra, 28 settembre 1934, ore 14,10 (per. ore 16).

Completo informazioni raccolte nei vari telegrammi giorni scorsi con seguenti considerazioni su eventuale visita Barthou Roma. Nel corso recenti trattative egli fecemi chiari accenni di voler intrattenere

V. E. specialmente su rapporti itala-jugoslavi. Lo avvertii categoricamente che V. E. non ha bisogno di intermediari. Barthou comprese avere fatto passo falso e ieri all'atto firmare dichiara

zione (l) dettomi venire a Roma per migliorare relazioni italo-francesi, per proseguire trattative questione austriaca in vista aumentata efficacia dichiarazione di ieri *e, quanto al resto, unicamente per fare con V. E. « tour d'horizont » politico europeo * (2).

Tuttavia sua intervista Pravda -sia pure smentita -(mio telegramma

n. 140 del 27 corr.) (3) e articolo ie:d Sauerwein, attualmente a Ginevra, sul Paris Soir sono sintomi che tale obbiettivo persiste fondo attuale politica francese.

2

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 1316/130 R. Roma, 28 settembre 1934, ore 24.

Suoi telegrammi 147-152 (4).

Formula proposta tenendo conto naturalmente modificazioni non è accettabile. Bisognerebbe avvicinarsi per quanto possibile nostro progetto comunicato.

(-4) Cfr. serie VII, vol. XV, nn. 888, 889, 893, 894.

Autorizzala far sapere costà riservatamente che, se sarà fatta dichiarazione senso da noi desiderato, Capo Governo nel discorso che terrà sabato 6 ottobre prossimo a Milano pronuncerà qualche frase simpatica che gioverà indubbiamente moltissimo al fine dell'avvicinamento fra i nostri due paesi.

(l) -Cfr. serle VII, vol. XV, n. 892. (2) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolin!. (3) -T. 3408/140 R., non pubblicato nel volume precedente.
3

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 28 settembre 1934.

Espongo all'Ambasciatore Chambrun le nostre richieste sia per la questione della Tunisia che per i compensi coloniali. Tali nostre richieste vengono formulate -e l'Ambasciatore ne prende appunto -nel modo seguente:

1° Tunisie -Prorogation pendant 10 années des conventions de 1896 appliquées dans un esprit bienveillant.

2° Compensations coloniales -L'Italie qui avait proposé en 1928 la cession d'un territoire au Sud de la Lybie compris entre le 1l_ème et le 24.éme méridien

E. Gr. et le 18.éme parallèle nord, ayant rencontré des oppositions propose maintenant:

a) au Sud de la Lybie fixation de la frontière qui éliminerait le saillant à l'est de Tumno et rencontrerait une ligne médiane entre la ligne de la convention franco-britannique de 1919 et la ligne du sud-est dite «mathématique » de façon à laisser à la Lybie des localités et des points d'eau en vue de faciliter notamment la surveillance de la frontière.

b) Cession de la Còte française des Somalis à l'exception de Gibuti et d'un territoire environnant la ville.

A proposito del punto b), l'Ambasciatore solleva nuovamente tutte le obiezioni fatte prevalere già precedentemente avvertendo che il Governo francese non potrà mai accettare una soluzione che tagli Gibuti dalla ferrovia. Egli non intende fare alcuna proposta ma pensa che noi potremmo chiedere la facoltà di passaggio per un raccordo italiano alla ferrovia esistente. L'Ambasciatore fa capire che egli si sentirebbe tli appoggiare una tale richiesta mentre sarebbe molto dispiacente di trasmettere una nostra domanda come sopra formulata che non avrebbe nessuna «chance» di essere accettata dal suo Governo.

Essendosi prolungata la discussione senza arrivare ad una conclusione, mi riservo far avere all'Ambasciatore per iscritto i termini precisi della nostra richiesta che egli trasmetterà come sta a Parigi.

L'appunto che in seguito trasmetto all'Ambasciatore in base a questa richiesta, è del seguente tenore: «Cession de la Cote française des Somalis à l'exception de Gibuti et d'un territoire environnant la ville».

4

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 10-28 settembre 1934.

Due caratteristiche notevoli e ben decise hanno fatto di questa XV Assemblea della Società delle Nazioni la più interessante delle tre a cui ho partecipato quale Capo della Delegazione Italiana.

In primo luogo il sensibile mutamento della posizione di Ginevra nella politica internazionale. A questo periodico convegno dei dirigenti di un gran numero di Stati hanno finito per essere trascinati, direttamente o indirettamente, la maggior parte dei problemi internazionali. Dentro e fuori della Lega si tratta, si discute, si tentano approcci e si preparano combinazioni. Ginevra è in via di diventare la grande borsa dei valori politici internazionali.

Indice della sua risorgente vitalità è la ripresa del proselitismo. Fino a or è poco tempo si usciva da Ginevra. Oggi vi si entra.

L'entrata della Russia ha segnato un grande apporto di forza, tanto più che essa vi è entrata dando la chiara impressione di volervisi impiantare solidamente per farsi valere tanto nel campo direttamente politico quanto in quello ausiliario e burocratico del Segretariato.

Con la sua entrata la Russia ha riportato alla Lega il carattere mondiale perduto con l'uscita del Brasile, del Giappone e della Germania, allorchè la Lega sembrava essersi ridotta alla ristretta cerchia delle Potenze occidentali e dei loro accoliti, priva di risonanze lontane. In più, essa ha dato a tutti la sensazione della ripresa, e questa sensazione è già di per se sola una forza operante. A questo proposito è sintomatico che già in questi giorni abbiano presentato richiesta anche l'Afganistan e l'Ecuador.

La seconda caratteristica che si va delineando nei dibattiti è quella di una generale presa di posizione decisa e senza fronzoli. Facendo eco al chiaro messaggio di V. E. sul « revisionismo legale», Beck ha dichiarato senz'altro la volontà del suo paese, in piena antitesi coi Trattati sulle Minoranze; Barthou ha abusato di interventi aggressivi e perfino Motta ha pronunciato una coraggiosa requisitoria contro l'entrata della Russia. Il vecchio stile « societario » fa posto ad una franca attitudine di lotta che sembra quasi risentire la vicinanza del clima dell'Italia fascista.

Tutto ciò si deve certo anche ai tempi che si vanno facendo più duri.

In questo Convegno, si è trattato dell'Austria, della Sarre, del revisionismo, del Patto Orientale, dell'embargo, della Siria, delle minoranze ungheresi e di molte questioni minori. Accenno per grandi linee l'attitudine tenuta in ogni questione dalla Delegazione Italiana.

Austria -Non ripeto quanto ho avuto l'onore di comunicare al riguardo in vari telegrammi a V. E.

Sarre -Le difficoltà ed i pericoli aumentano man mano che ci si avvicina al plebiscito.

Fra le molte questioni minori discusse dal Comitato, piuttosto grave si presenta quella relativa alla polizia. Il Presidente del Consiglio di Governo della Sarre, l'inglese Knox, ha prospettato l'inadeguatezza delle attuali forze di polizia di fronte ai pericoli di sommosse organizzate. In conseguenza il Comitato ha studiato la costituzione di un corpo armato mediante arruolamento fra sudditi di Stati non interessati al plebiscito. La Svizzera ha allora dichiarato di opporsi all'arruolamento dei suoi sudditi ed altri Stati minori pare vogliano seguire il suo esempio. Occorrerà sforzarsi ,di superare queste difficoltà per non ripresentare alla Francia l'occasione di offrire l'invio di sue truppe regolari.

Intanto la Germania ha messo a disposizione del Presidente del Comitato dei Tre il Ministro del Reich a Berna. Si è costituito così a lato di un organismo controllato da noi l'unico tramite oggi esistente fra la Germania e la Società delle Nazioni.

Minoranze -La dichiarazione di Beck di rigetto unilaterale di un Trattato ha portato in discussione il problema delle minoranze ed insieme quello della validità dei Trattati. In conformità con le antiche ben note direttive di

V. E., ho posto innanzi alla Lega il problema nei termini di «revisionismo legale».

Patto Orientale -La nota polacca alla Francia ha confermato quanto si era già manifestato in molte discussioni, e cioè che l'alleanza franco-polacca è presso che estinta e che si è costituito un blocco tedesco-polacco che avrà grandi ripercussioni tanto sulla politica dei piccoli confinanti, quanto sullo sviluppo delle relazioni franco-russe.

Embargo -Allo scopo di evitare il pericolo che il principio inglese di vietare la vendita di materiale di guerra a entrambi i belligeranti, indipendentemente da qualunque giudizio di colpevolezza, divenisse un precedente da invocare in eventuali casi consimili nel futuro, la Delegazione Italiana ha sollevato la questione della sua legalità richiamandosi alle norme del Covenant che impongono un preventivo giudizio e successivamente l'adozione di misure restrittive unicamente contro il belligerante riconosciuto colpevole. La questione è stata rinviata all'esame di un apposito comitato.

Siria -Con la presentazione di un ambiguo rapporto della Commissione dei Mandati che non si pronunciava sul Patto franco-siriano, ma lo riportava, e che conteneva come sua parte integrante alcuni verbali di netta proclamazione della sua tesi, la Francia tentava di ottenere che per Io meno si prendesse atto del suo tentativo di scissione del mandato siriano.

Riconfermando l'atteggiamento dello scorso anno la Delegazione Italiana si è opposta da sola alla manovra francese, ottenendo che la Commissione ritirasse il rapporto.

Minoranze ungheresi -L'Ungheria che si era avventurata in una discussione su casi concreti di violazione dei Trattati sulle minoranze, messa a mal partito da una forte controffensiva di tutti gli Stati della Piccola Intesa, ha chiesto l'aiuto della Delegazione Italiana. Su nostra iniziativa, la questione è stata demandata alla competenza del Consiglio dove abbiamo maggior possibilità di far valere il nostro aiuto.

5

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 28 settembre 1934.

Ho l'onore di sottoporre all'E. V. le seguenti osservazioni. Esse riepilogano più ordinatamente quelle già dette e sono tratte dagli elementi in possesso della Direzione Generale circa il negoziato in corso tra V. E. e l'Ambasciatore di Francia (Appunti di V. E. sulle Sue conversazioni con Chambrun) e dagli Atti precedenti.

l. La Direzione Generale non è portata ad attribuire un'importanza decisiv-a alla diversa formulazione in esame delle nostre richieste per la Ferrovia e per il tratto di terreno in cui deve passare (Vedi Appunto precedente) (1), purché risulti ben chiaro che la soluzione accettabile a noi deve comportare la sovranità italiana su tutta la Costa Francese dei Somali (meno Gibuti e dintorni) e quindi per forza di cose su tutto il restante territorio su cui passa la Ferrovia. Trattasi, nell'attuale stadio, di formulazioni tra il Ministero degli Affari Esteri e Palazzo Farnese. Altra è la quistione della presentazione all'opinione pubblica francese, e altra quella della presentazione dell'Ambasciatore al proprio Governo, che riguarda evidentemente molto più lui che noi.

2. La Direzione Generale dubita che chiedere il disinteresse francese dal Tripartito esorbiti dai limiti dell'art. XIII. Mi riferisco alla redazione dell'art. XIII ed alle reazioni Chambrun alle altre domande già fatte, secondo V. E. si è compiaciuto informare. Siamo in sede di art. XIII e non ritengo che il suo contenuto e le precedenti discussioni ci consentano di andare con successo oltre la domanda della rettifica deìla linea attuale del confine libico (giusta le ultime indicazioni di V. E. che possono !asciarci ancora un certo margine di contrattazione) più la Costa dei Somali come è detto di sopra. Chiedere anche il disinteresse dal Tripartito temo dia buon gioco ai Francesi per evadere le richieste territoriali, oppure per mescolare l'art. XIII con le quistioni estranee allo stesso art. XIII.

L'E. V. ha maggiori elementi di giudizio e stabilirà il da fare. Per parte mia ho l'onore di richiamare l'attenzione dell'E. V. sul fatto che, mescolare l'art. XIII con le questioni estranee ad esso, ha costituito e rappresenta evidentemente ancora il fine del Quai d'Orsay. Non escludo a priori che tutte le partite in

sospeso fra noi e la Francia possano essere esaminate nel loro assieme e magari che si possa prendere in esame anche tutta la politica dei due Paesi; ma prima è necessario, a mio subordinato avviso, che sia per le Convenzioni di Tunisi separatamente, sia per l'art. XIII pure separatamente, si determini quello che ci spetta a norma degli impegni già assunti dalla Francia nel 1914 e poi riconosciuti nel 1919 per quanto riguarda l'art. XIII e dalla Nota Barrére del Settembre 1918 per quanto riguarda le Convenzioni di Tunisi.

In tal caso ed in tal caso soltanto noi ci troveremo in condizioni di parità in quell'eventuale più largo negoziato che si volesse fare con la Francia. Altrimenti o le soluzioni prospettate sarebbero di per sé giudicate come esorbitanti dall'art. XIII e non avrebbero accoglimento, oppure nel caso in cui a tale più largo negoziato si volesse addivenire, ci troveremmo in condizioni di inferiorità. I Francesi addurrebbero infatti fra gli elementi di scambio -e ce ne domanderebbero la contropartita -come apporto nuovo quello che non è che il pagamento di vecchi debiti.

Esiste il precedente inglese della cessione del Giubaland, Giarabub ecc. che furono trattate ed avvennero separatemente da ogni altra quistione; e l'atteggiamento assunto dall'Inghilterra in questa occasione non ha rappresentato piccola parte nell'amichevole mantenimento dell'impostazione delle relazioni fra i due Paesi, cosi come lo sdebitamento che finalmente avvenisse da parte della Francia non potrebbe non influire favorevolmente sull'assieme dei rapporti fra l'Italia e la Francia, e quindi sugli eventuali futuri più larghi accordi anche nel campo coloniale.

Come indicato da principio, queste osservazioni sono sottoposte in via subordinata all'E. V. come parere della Direzione Generale sulla base degli elementi a sua disposizione.

P. S. Ad abundantiam si può notare che la cessione del territorio della Costa dei Somali, come indicato al n. l, è destinata necessariamente a portare come conseguenza il riesame della quistione della Ferrovia (che non è e non può considerarsi che come accessorio) ed eventualmente quello dei diritti della Francia nei rispetti dell'Etiopia. Dobbiamo lasciare ai Francesi di sollevare questi aspetti del problema; non pare invece conveniente essere noi a farlo. Questo è il subordinato parere della Direzione Generale.

I Francesi e particolarmente Berthelot hanno detto che gli Italiani sono dei « demande[urs »] ... (l) Inghilterra da parte inglese, [sic] (dove la posizione era, se mai, meno favorevole nei riguardi nostri in quanto che essa non aveva avuto in Africa territori di diretto dominio ma solo mandati), non ha mai usato simili espressioni: non è che l'Italia chieda: è la Francia che (come già prima l'Inghilterra) ha un obbligo sancito per quanto riguarda l'art. XIII dal Patto di Londra e riconfermato dalla Deliberazione del Consiglio Supremo degli Alleati del 1919, e per quanto riguarda la Tunisia dalla Nota Barrère del Settembre 1918, ed è la Francia che finora è sfuggita al soddisfacimento di tali obblighi (2).

(l) Cfr. serie VII, vol. XV, n. 896, allegato.

(l) -La lacuna è dovuta al deterioramento dell'originale. (2) -Annotazione a margine di Suvich: <<Ho letto 28-9-34 ».
6

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3445/154 R. Belgrado, 29 settembre 1934, ore 17,45 (per. ore 19,50).

Telegramma di V.E. n. 130 (1).

Kojich mi ha detto essere nell'impossibilità accettare qualsiasi modificazione sostanziale a controprogetto presentato (mio telegramma n. 149) (2) principalmente perché mentre stampa jugoslava aveva cessato qualsiasi attacco dal 21 in poi (articolo Novosti del 22 era infatti stato pubblicato il 21 a Zagabria) stampa italiana aveva continuato suoi violenti attacchi anche tre giorni fa (ultime segnalazioni ricevute).

Secondo dichiarazioni Kojich più che comunicati contavano fatti e questi premevano e Governo jugoslavo questo voleva.

Quanto a comunicato esso ne farebbe anche a meno purché polemica ces· sasse e si entrasse senz'altro nel nuovo periodo che tutti desiderano ed attendono con ogni sincerità di propositi.

Mi ha ringraziato per comunicazione riservata circa intenzioni S. E. Capo del Governo.

Mi ha detto esprimere sua riconoscenza a S. E. Mussolini. Governo jugoslavo accoglierà con gioia la frase di simpatia che S. E. Mussolini crederà pronunciare per marcare inizio nuovo periodo.

Essa sarà messa in rilievo da tutta la stampa jugoslava e principali giornali delle maggiori città jugoslave la commenteranno simpaticamente.

Ho replicato che comunicato era indispensabile.

Offesa del Vreme era eccezionalmente grave. Occorreva, sia pure sottolineato al minimo possibile, un riconoscimento aperto.

Se eranvi attacchi nella nostra stampa fino a tre giorni fa (egli mi ha rimostrato il Marco Aurelio e citato ultimo San Marco) ciò non era che conseguenza del fuoco acceso dal Vreme.

Le mie istruzioni erano tassative in proposto e non avevo né modo né ragioni di insistere per una loro modificazione. Inoltre era tempo di uscire da questa nostra discussione per entrare in migliore e più serena atmosfera.

Discussione essendosi prolungata riprenderà nel pomeriggio.

Ma dubito poter ottenere granché, Kojich essendosi mostrato resistentissimo (3).

t. -3442/155 R. e 3443/156 R. Si pubblica solo il brano finale del secondo di tali telegrammi: «Indiscutibilmente oltre che per una ostinata incomprensione jugoslava, trattative hanno sofferto perché dovute condurre da me, per necessità di fatto, alternativamente con Kojich, Jeftich e Purich ».
(l) -Cfr. n. 2. (2) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 889. (3) -Circa la discussione del pomeriggio, svoltasi in modo inconcludente, Galli riferì con
7

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1318/253 R. Roma, 29 settembre 1934.

Seguito telegramma n. 247 (1).

Questo incaricato d'affari d'Etiopia ha comunicato in data 25 corrente un altro telegramma, a firma dell'Imperatore, con il quale viene autorizzato ad assicurare il Governo italiano che codesto Governo non ha mai avuto e non ha alcuna intenzione di attaccare le colonie italiane, e che intende rispettare in modo assoluto trattato amicizia del 1928, non avendo motivo di menomare i buoni ed amichevoli rapporti esistenti fra i due Governi. Stesso telegramma autorizza rappresentante etiopico Roma a pubblicare, d'accordo con questo ministero, un comunicato sui giornali affinché cessino le false notizie di guerra; ed infine esprime la fiducia che R. Governo vorrà sospendere invio armamenti in Eritrea.

È stato preso atto da parte nostra delle formali dichiarazioni del Governo etiopico, e confermato all'incaricato d'affari che da parte del Governo italiano non vi è alcuna intenzione men che amichevole verso il Governo etiopico; e che, se taluni rinforzi erano stati inviati in Eritrea, tale provvedimento non aveva che un carattere precauzionale e difensivo in relazione all'aumento degli apprestamenti bellici etiopici, verificatosi in questi ultimi tempi.

In quanto alla proposta di un comunicato stampa, si è ritenuto opportuno di accogliere il suggerimento. Si telegrafa a parte in chiaro il testo del comunicato (2).

V. S. vorrà chiedere udienza a S. M. l'Imperatore e dichiarargli nel modo più formale, a nome del R. Governo, quanto è stato detto a questo incaricato d'affari etiopico in risposta alla di lui comunicazione.

Ove V. S. lo ritenga del caso, ella potrà commentare opportunamente le sue dichiarazioni, mettendo in particolare evidenza lo spirito pacifico che inspira la politica del Governo fascista tanto in Europa quanto altrove. L'Italia, interessata a seguire con vigilante attenzione la situazione europea, intende nei suoi rapporti con l'Etiopia attenersi ad una politica di pace; e mira solo a dare incremento ai rapporti economici itala-etiopici, nell'interesse reciproco dei due Stati amici.

Prego telegarafare resoconto del suo colloquio con l'imperatore (3).

(l) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 861. (2) -T. 1319/254 R., pari data, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 14.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3483/0231 R. Berlino, 29 settembre 1934 (per. il 4 ottobre).

Ha pranzato ieri sera all'ambasciata l'ambasciatore von Hassell, ritornato poco prima da Monaco dove era stato chiamato dal cancelliere del Reich che desiderava conferire con lui prima che egli rientrasse a Roma.

Egli mi disse che contrariamente alle voci secondo le quali Hitler sarebbe in uno stato di prostrazione nervosa notevole, lo aveva trovato in ottime condizioni di salute, con l'aspetto riposato e molto calmo. Poiché l'accenno alle condizioni di salute del cancelliere del Reich che non sarebbero buone mi riuscì del tutto nuovo e poiché ebbi l'impressione che il signor von Hassell me ne avesse parlato con l'intenzione di vedere se e come reagissi, gli dissi che ero stupito di quanto avevo sentito perché tanto io che i miei colleghi avevamo avuto occasione di constatare, in occasione del ricevimento del corpo diplomatico da parte del cancelliere del Reich il 12 corrente, che questi stava benissimo e pareva essere di ottimo umore.

Il signor von Hassell si lagnò quindi molto amaramente meco del contegno tenuto dalla stampa italiana dopo i fatti del 25 luglio. Gli risposi che egli doveva tenere presente che la stampa italiana, unica al mondo, non aveva scritto una parola di commento ai fatti del 30 giugno, da noi ritenuti fatti interni del Reich e quindi fatti che dovevano essere sottratti alla critica estera. Dopo il 25 luglio la reazione era però stata doppia, perché la nostra stampa lasciò libero sfogo ai sentimenti certo non favorevoli al nazionalsocialismo ed ai suoi metodi di Governo che si erano manifestati a quelle due tragiche date. n mio collega di Germania a Roma mi interruppe dicendomi che io adnperavo le stesse parole che egli aveva dette qualche ora prima a Hitler, avendo creduto suo dovere di dichiarargli sinceramente che i fatti del 30 giugno avevano causato sull'opinione pubblica italiana una impressione funesta.

Quanto agli avvenimenti di Vienna non poteva esservi ormai il più piccolo dubbio che essi furono una dolorosa sorpresa anche per il cancelliere del Reich, come lo provarono del resto i provvedimenti energici da lui adottati immediatamente. Poteva dirmi di avere avuto da Hitler assicurazione formale che egli non tollererà più alcuna attività ai danni del Governo austriaco sul territorio del Reich e che non darà alcun aiuto ai nazi austriaci, ovunque essi si trovino.

Osservando che tali assicurazioni erano della massima importanza e che il mio Governo le avrebbe accolte con soddisfazione, espressi l'augurio che i fatti rispondessero alle parole. Dovevo purtroppo essere alquanto scettico perché avevo le prove che le direttive di Hitler non venivano sempre seguite. Evidentemente i molti Unterftihrer ritenevano che si fosse sempre ancora nel periodo in cui il nazionalsocialismo non era che un movimento politico ed in cui possono essere leciti certi esperimenti audaci ad insaputa del capo. Oggi il partito nazionalsocialista è al potere e pretende anzi di rappresentare in modo totalitario la Germania. Occorre pertanto mutare metodo: uno solo deve essere il capo e tutti gli altri debbono ubbidire anche se ciò costi loro molta fatica.

6 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Il signor von Hassell mi ha risposto che Hitler è fermamente deciso a farsi obbedire e che il periodo degli esperimenti dolorosi si può considerare finito.

Passando a parlare della Sarre egli si mostrò assai preoccupato dell'atteggiamento assunto da Barthou, che non dava adito a speranze di accordo con la Francia. Non gli nascosi che avevo avuto occasione di riscontrare non minori preoccupazioni da parte del mio collega francese il quale si domanda se, dopo la votazione, non sorgeranno nella Sarre complicazioni gravissime. Gli dissi pure che se la propaganda tedesca nella Sarre non avesse assunto il tono violento che le volle dare il dr. Goebbels, la votazione sarebbe andata liscia e quel territorio avrebbe appartenuto senz'altro al Reich entro pochi mesi. Il signor von Hassell, mostrandosi sempre assai preoccupato, mi chiese se io ritenessi possibile un esito sfavorevole per la Germania della votazione. Risposi negativamente dato che è indubbio che la Sarre è in maggioranza abitata da tedeschi, il che non toglieva peraltro che, dopo la votazione, vi sarebbero state da risolvere ancora questioni delicatissime, sopratutto quella concernente le miniere di carbone appartenenti al Governo francese. Il signor von Hassell mi disse avere ragione di ritenere che se la Francia credesse di chiedere per le miniere stesse un prezzo esorbitante, il Governo del Reich risponderebbe che se le tenga e le metta in valore. Non potei fare a meno di osservare che la soluzione non mi sembrava tanto semplice, dato che il carbone della Sarre avrebbe potuto fare una concorrenza fortissima a quello della Ruhr, il che sarebbe stato causa di frizioni continue tra Germania e Francia ed avrebbe anche dato origine a non lievi difficoltà per il Governo del Reich da parte dei proprietari delle miniere di carbone della Ruhr.

Ritornando a parlare delle relazioni fra la Germania e l'Italia il signor von Hassell disse sembrargli che fosse intervenuta dalle due parti una lodevole moderazione. Si augurava quindi, rientrando a Roma, di trovarvi un ambiente meno ostile alla Germania di quello che vi aveva lasciato partendo in congedo. Poiché anche la signora von Hassell mi aveva parlato con vero sgomento del malumore contro la Germania che si era manifestato in tutti i modi, ho creduto dire tanto all'ambasciatore che all'ambasciatrice che noialtri diplomatici non dobbiamo !asciarci impressionare da sentimenti poco simpatici per i nostri rispettivi paesi e dobbiamo anzi fare qualche volta mostra di non accorgercene, preparando invece il terreno per agevolare la ripresa di relazioni cordiali.

L'ambasciatore von Hassell mi ha detto che sarebbe partito per Roma il 30 corrente.

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L'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, LA TERZA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 3399/1400. Tirana, 29 settembre 1934 (per. il 1° ottobre).

Mi viene riferito che Re Zog avrebbe scritto a Re Alessandro una lettera, di importante contenuto politico, che sarebbe stata consegnata a questa Legazione jugoslava per il sicuro invio a Belgrado.

lO

Secondo la persona che mi ha dato la predetta notizia, la lettera sarebbe redatta in francese, dattilografata e comincerebbe con il solito appellativo di stile: «Mon cher Frère ».

Re Zog esporrebbe anzitutto al Capo dello Stato jugoslavo la tragica situazione finanziaria in cui egli si è trovato al principio del suo governo, donde la necessità di vedersi costretto a legarsi, non di amicizia ma solo mediante accordi finanziari con l'Italia, accordi che l'hanno però obbligato a stipulare successivi patti e trattati.

Dagli altri passi della lettera apparirebbe che Re Alessandro avrebbe formalmente chiesto all'Albania di liberarsi dall'Alleanza militare con l'Italia: e Re Zog risponderebbe che egli è anzitutto Re d'Albania e che vuole soltanto l'indipendenza del suo Paese. Ringrazierebbe Re Alessandro per la mano tesagli per una stretta collaborazione e si dichiarerebbe pronto ad assicurare con i fatti questi suoi sentimenti, e disposto a firmare con Belgrado un patto di non-aggressione nell'orbita balcanica. Infine Re Zog esprimerebbe la speranza che gli ordini da lui trasmessi ai suoi Ministri, perché sia tenuto un atteggiamento del tutto amichevole verso la Jugoslavia, trovino eguale corrispondenza nel Regno vicino.

La lettera in parola, qualora autentica, avrebbe indubbiamente un importante significato politico, e confermerebbe ancora una volta la duplicità della politica albanese nei nostri riguardi.

La persona che me ne ha parlato è senz'altro in condizione di avere potuto leggere la lettera, ma io non posso nascondere a V. E. che può anche darsi, poiché si tratta evidentemente di un albanese per quanto di elevata condizione sociale, che questi me ne abbia parlato per ordine ricevuto, allo scopo che io segnali a Roma la notizia, e, facendo eventualmente sorgere costà la preoccupazione di un definitivo riavvicinamento fra Albania e Jugoslavia, venga a scuotersi la nostra intransigente linea di condotta fin qui seguita di fronte a Re Zog.

La notizia predetta mi è stata data oggi; ho subito iniziate discrete indagini per assicurarmi pQssibilmente della esistenza e dell'autentico contenuto della lettera di Re Zog a Re Alessandro, ma non sfuggirà a V. E. l'estrema difficoltà di venire ad una esplicita chiarificazione al riguardo.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3465/157 R. Belgrado, 2 ottobre 1934, ore 21,10 (per. ore 2,30 del 3).

Mio telegramma n. 156 (1).

Ho visto ieri sera Jeftié.

Gli ho riepilogato conversazioni con Kojich esprimendo necessità arrivare subito ad una conclusione concordando un nuovo testo di comunicato e gli ho riconsegnato due progetti da me compilati e già rifiutati da Kojich. Gli ho ripetuto propositi S. E. il Capo del Governo per il 6 prossimo venturo.

Si è compiaciuto per tali propositi, mi ha ripetuto che ormai era passato tanto tempo che non vedeva necessità di un comunicato.

Inoltre, dopo caricatura Marco Aurelio e quella della Tribuna ecc. nonchè frasi del San Marco offensive per Re Pietro e Re Alessandro era, se mai, Governo jugoslavo che doveva chiedere ogni più ampia deplorazione.

Appena accintomi a ribatterlo mi ha interrotto dicendomi che occorreva anzitutto chiarire radio trasmissioni da Bari sera 29 settembre.

E mi ha letto una trascrizione fatta da un sunto ufficio con la quale si diceva che l'incaricato d'affari di Jugoslavia a Roma, nel perorare trattato di amicizia del 1928, affermava che la Jugoslavia non aveva mai nutrito alcun sentimento ostile contro l'Italia.

Il ministero affari esteri gli aveva risposto analogamente.

Ha poi osservato che era stupito di simili manovre e cotali intrighi.

Incaricato d'affari di Jugoslavia non era autorizzato a dare alcun comunicato.

Egli poteva concordare nel fondo di esso ma non comprendeva quali fini noi perseguissimo, mentre si trattava a Belgrado, nel dare per radio un comunicato di tale genere.

Sulle prime sono stato un poco sorpreso ed ho cercato qualche spiegazione.

Poi ad un tratto ho rammentato che era stato dato un comunicato italaetiopico che mi sembrava corrispondere a quello che i suoi funzionari avevano ascoltato ed inteso come riferentesi alla Jugoslavia.

La forma del comunicato, la data anno 1928, non mi lasciarono alcun dubbio.

Tutte le dimostrazioni da me tentate per persuaderlo del ridicolo, marchiano errore non hanno smosso la sua dubbiezza finché egli si è lasciato andare ad insinuazioni sgradevoli sulla buona fede del Governo fascista.

L'ho interrotto per avvertirlo che non potevo !asciarlo continuare su questo tono, pregandolo di tornare sull'argomento principale del nostro incontro.

Ed egli mi ha risposto che aveva chiesto spiegazioni a codesto incaricato d'affari che fino a quando non fosse in chiaro su questa trasmissione non avrebbe potuto rispondermi quanto al comunicato.

Tornato in legazione ho trovato nei nostri giornali il testo del comunicato itala-etiopico che, salvo che per il riferimento alla Jugoslavia, corrispondeva interamente a quello che i suoi impiegati avevano udito e glielo ho rimesso immediatamente perché ne prendesse precisa nota e si ricredesse dal suo errore.

Continua col numero di protocollo successivo (1).

(l) Cfr. n. 6, nota 3.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3466/158 R. Belgrado, 2 ottobre 1934, ore 22,15 (per. ore 2,30 del 3).

Mio telegramma n. 157 (2).

Nuovi lunghissimi colloqui con Jeftié.

Egli ha anzitutto riconosciuto errore suoi ascoltatori e dettomi prenderebbe sanzioni contro di loro.

Ha poi ampiamente svolto seguenti concetti: vicinanza due paesi che non potranno mai modificare loro posizione geografica, necessità intesa, indispensabilità predisporre atmosfera, incomprensibile come ciò trovi tanti ostacoli.

Quasi si direbbe esista volontà preordinata e sistematica che si frapponesse alla buona intesa dei due Governi.

Governi risultavano sempre più disposti mantenere détente per avvicinarsi al momento in cui serene discussioni su rispettivi interessi potessero essere fatte in atmosfera calma e con ogni utile conclusione.

Non rendevasi però conto perché nostra stampa continuava suoi attacchi e così radio.

Ha citato articolo arciduca Giuseppe trasmesso ieri sera da radio Bari (1).

Nella seconda parte era ripresa polemica col Vreme e si parlava di truppe croate e slovene che avevano visto il tacco delle serbe. Questa trasmissione era stata udita personalmente da Re Alessandro, che ne aveva parlato stamane a Jeftié.

In più il Sovrano aveva conosciuto anche l'allusione offensiva contro di lui e specialmente contro Re Pietro contenuta nel San Marco, offesa che l'aveva profondamente colpito.

In queste condizioni di cose, ha concluso Jeftié, dato che sono ormai passati 10 giorni di nostre discussioni, che nel frattempo la nostra stampa ha continuato i suoi attacchi (ha nuovamente confermato caricature Marco Aurelio e Tribuna, ecc.) non vedeva come si potrebbe fare un comunicato.

Se egli non avesse dovuto partire per Sofia, già nella sera del 27 si sarebbe potuto concretare un testo accettabile dalle due parti.

Oggi non lo poteva più.

Il massimo che gli si poteva chiedere era che egli non domandasse spiegaorgani maggiori. zioni per le offese alla famiglia reale ed all'esercito jugoslavo.

Ciò che contava era il silenzio della stampa jugoslava, certo quello degli

Se eventualmente qualche cosa fosse sfuggita in giornali di provincia, dove tuttavia erano stati impartiti ordini precisi e severi, egli provvederebbe contro

gli uffici di censura.

In ogni caso la vigilanza diverrebbe tuttavia ancora maggiore.

Egli rivolgeva personale e diretta preghiera a S.E. il Capo del Governo

perché anche stampa italiana e radio si astenessero dal rinnovare attacchi alla

Jugoslavia.

Non ne comprendeva lo scopo, non ne vedeva le finalità, visto che egli era

convinto che il Capo del Governo italiano per il primo rifuggiva dal giungere

a delle estremità.

Che se poi si volesse un riavvicinamento non comprendeva perché se ne dovesse lasciare il merito a terzi, quando lo si poteva concretare direttamente e senza darne conto a nessuno.

Segue con telegramma n. 159 (1).

(l) -Cfr. n. 11. (2) -Cfr. n. 10.

(l) Da un appunto del Gabinetto del 30 settembre risulta che l'arciduca Giuseppe Francesco, in un'intervista concessa ai corrispondenti da Budapest del Corriere della Sera e del Giornale d'Italia, prendendo spunto dalle accuse del Vreme, aveva reso testimonianza al valore dell'esercito itaHano dn guerra, citando un'abbondante documentazione.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3467/159 R. Belgrado, 2 ottobre 1934, ore 23,25 (per. ore 3 del 3).

Mio telegramma n. 158 (2).

Limitandomi alla questione del [comunicato] ho fatto rilevare ad Jeftié che non sembrava possibile che S. E. il Capo del Governo desse attuazione al suo proposito per il discorso del 6 se non spunti in certo modo ragione nella [risoluzione] anche formale dell'incidente del Vreme, ciò che non poteva risultare che da un comunicato.

Jeftié mi ha risposto che se ne rendeva conto ma che gli era ormai impossibile accedere all'idea di un comunicato (attualmente è Re Alessandro che non lo vuole).

E dopo confermatomi che il suo Sovrano teneva al riavvicinamento e dettosi estremamente grato delle intenzioni di S. E. il Capo del Governo ha aggiunto che se S. E. Mussolini Io volesse ancora egli avrebbe potuto prendere Io spunto dalla constatazione che la stampa jugoslava, da dopo iniziato le conversazioni, ha tenuto un atteggiamento dei più corretti.

E poteva assicurarmi che la stampa jugoslava accentuerebbe al massimo quello che S. E. il Capo del Governo credesse pronunciare di simpatie per la Jugoslavia.

Egli ricordava quanto detto da S. E. Mussolini a Ducié il 31 agosto (3) e non poteva dubitare un momento della sincerità di quella espressione.

Ho ancora aggiunto che sulla base di quanto sapevo mi sembrava molto difficile che S. E. il Capo del Governo potesse dire-alcunché e che secondo me si sarebbe dovuto ancora attendere altre occasioni.

Poi ho ancora insistito per il comunicato ma ero ormai di fronte ad una irrevocabile decisione. Debbo in verità confermare che non ho rilevato niente di sgradevole nella stampa jugoslava.

Vi sono stati piccoli articoli in giornali insignificanti e me ne sono valso anche ultimamente come ausilio quando mi sono stati dati gli elenchi di quelli pubblicati in Italia dal 23 in poi, ma in verità in questi ultimi giorni sul contegno della stampa jugoslava non ho nulla da rilevare di particolare.

Il discorso di Jeftié, che ha parlato continuamente quasi un'ora, è stato insolitamente scorrevole, certamente preordinato e forse concertato col Re.

Il tono è stato dei più calmi e debbo aggiungere, anche simpatico.

Rilevo che per la prima volta ha riconosciuto che il Vreme aveva ecceduto nella sua replica al San M arco.

Prego V. E. telegrafarmi se e quali comunicazioni io debba fare a Jeftié che partirà il 5 per Marsiglia per ivi attendervi Re Alessandro ed accompagnarlo a Parigi.

(l) -Cfr. n. 12. (2) -Cfr. n. 11. (3) -Non si è rinvenuto il verbale di tale colloquio.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNIO. Roma, 1°-2 ottobre 1934.

Sir Eric Drummond mi dice che il suo Governo è rimasto sorpreso e troissé per l'elevazione della Legazione di Shanghai a Ambasciata senza consultare prima il Governo inglese mentre l'altr'anno, quando c'è stato il noto scambio di idee fra il Governo italiano e il Governo della Gran Bretagna in relazione allo stesso argomento, da parte italiana si era assicurato che nulla si sarebbe fatto senza avere prima consultato il Governo inglese.

Ho risposto all'Ambasciatore che noi ci siamo tenuti strettamente agli accordi in quanto in Cina esiste già una Ambasciata, quella dei Sovieti, e per tale caso noi avevamo fatto espressa riserva dall'obbligo di consultazione.

Sir Eric Drummond mi osserva che l'accordo di cui egli parla è posteriore.

Gli rilevo che di tale accordo a me nulla risulta.

L'Ambasciatore mi informa che il Ministro di Gran Bretagna a Belgrado Henderson, ha parlato recentemente col Re di Jugoslavia e con altri uomini politici del regime. Henderson afferma con assoluta sicurezza che in Jugoslavia si vede molto favorevolmente un avvicinamento fra l'Italia e la Francia e che quindi l'atteggiamento attuale della Jugoslavia ha altre origini che non siano quelle di impedire tale avvicinamento.

2 ottobre 1934

P. S. Oggi l'Ambasciatore Drummond mi fa avere l'unito appunto relativo alla questione dell'Ambasciata in Cina.

ALLEGATO

DRUMMOND A SUVICH

L. Roma, to ottobre 1934.

I fear tha,t the slip of pa,per I gave you this evening containing a reference to an Aide Memoire about the China affair was inaccurate. May I therefore set out very briefly the story.

On May 16th. 1933, the Italian Ambassador in London enquired the wiew of His Majesty's Government on the question of the elevation of Lega,tions at Peking to the status of Embassies. He was told that His Majesty's Government considered the suggestion inopportune and hoped that nothing would be done without consultation. On May 24th, 1933, an Aide Memoire was left with the Head of the European Department of the Italian Ministry of Foreign Affairs embodying these points. The Embassy was then informed verbally that the Italian Government in making the originai enquiry, were carrying out the undertaking given in 1919, and that, while they had no strong views themselves on the point, they would take no action before obtaining the views of the other Governments concerned.

It was these conversations that I had in mind during my talk with you.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3477/499 R. Addis Abeba, 3 ottobre 1934, ore 11 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. n. 254 (l) e mio telegramma n. 496 (2).

Mi sono espresso con l'Imperatore secondo le istruzioni dell'E. V.

Egli mi ha pregato esprimere la sua viva soddisfazione per le dichiarazioni del R. Governo, lieto che comunicato potrà far cessare le tendenziose voci sparse recentemente. Egli mi ha parlato a lungo della politica di pace perseguita nel mondo dalla

E. V., aggiungendo di esser e di essere stato sempre sicuro che, data la politica franca, leale e diritta dell'E. V. patto di amicizia, l'Italia non avrebbe mai avuto intenzioni che potessero anche lontanamente nuocere all'indipendenza di un altro popolo.

Tanto che, quando erano state riportate dalla stampa di vari paesi notizie secondo cui l'Italia avrebbe avuto mano libera in Etiopia, egli non vi aveva dato alcuna importanza.

Solo quando incaricato d'affari d'Etiopia a Roma aveva telegrafato (come segnalavo col mio telegramma n. 479) (3) che in seguito a voci, del resto del tutto infondate, il Governo italiano stava intensificando suoi riarmamenti in Eritrea, egli aveva creduto suo dovere, rammaricandosi di esservi dovuto arrivare, di assi"'curare il Governo italiano che il Governo etiopico non aveva alcuna intenzione aggressiva.

La notizia degli armamenti in ;Eritrea lo aveva addolorato.

Ma ora, dopo le dichiarazioni reciproche di voler continuare a mantenere i nostri rapporti nello spirito del trattato di amicizia del 1928, mi pregava di ringraziare vivamente il R. Governo e personalmente V. E.

Lieto di queste chiarificazioni, ha espresso fiducia che anche piccole questioni pendenti possano essere sollecitamente risolte con reciproca soddisfazione, e mi ha assicurato aver dato in tal senso istruzioni al ministro degli affari esteri.

(l) -Cfr. n. 7, nota 2. (2) -T. 3474/496 R., pari data, non pubblicato: soddisfazione del ministro degli esteri etiopico per le dichiarazioni italiane. (3) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 872.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 3 ottobre 1934.

Mi permetto di richiamare l'attenzione di V. E. sugli acclusi telegrammi (l): Ho telegrafato al Ministro Galli -sulla base dell'appunto trasmesso a

V. E. -(2) di lasciar cadere il comunicato.

Mi permetto di far presente a V. E. che sulla nostra stampa continuano gli attacchi contro la Jugoslavia-pare che sia in preparazione un altro articolo del San Marco che riaccenderà la polemica.

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ACCORDO DI AIUTO RECIPROCO E ASSISTENZA TRA IL PARTITO NAZIONALISTA PERSIANO E IL PARTITO NAZIONALE FASCISTA

Roma, 3 ottobre 1934 (1).

The National Party of Persia in consideration of the political-financial commercia! conditions of the country, considering the lack of liberty now prevailing and the incompetence of the actual government and his missgovernment ruining the country itself feels to be their duty to ask far the sister Fascist Party of Italy far the instauration of a National Government warranting the free and indipendent developping of Persia and the interest of the Persian people under the leadership of the National Party of Persia.

For this purpose the representatives of the National Party of Persia would be ready to sign a pact of help and cooperation with the delegates of the Fascist Party of Italy assuring in grateful compensation of the help event received advantages and privileges and facilities to the Italian People assuring also the progress financial commercia! and politica! of Persia.

[Tabatabail on behalf of the Persian Nationalist Party and [Marpicati] on behalf of the Italian Fascist Party sign the following clauses of the pact agreed upon:

l) The Italian Fascist Party agrees to help financially the Persian National Party extending to it a subvention for the period of one year, to be paid at the rate of Lst 2000 monthly for a period of six months; and of Lst 3000 monthly far the remaining six months. A year being so elapsed, new arrangements shall be provided far, accordingly to the necessities of the moment.

Should the accession to power happen before this term the subvention could stop on the date of the effective creation of the new government on its request.

The advanced sums should be considered as loaned to be returned after the consolidation of the Nationalist Government in specie or in products of Persia, but should be considered as not bearing an interest.

2) The Italian Fascist Party agreed to help with arms, ammunitions ecc. the military formations of the nationalist Party and the Tribes united to it and cooperating with it in case of resistence of reactionary elements which could develop specially after the dead of the actual chief of the Government of Persia prevedible in consideration of the disease mining his existence.

3) In this same case the Fascist Party of Italy agreed to exerce its influence and activity for the sending to Persia of military specialists (retired officers) and red cross organizations to act in the interest of the military Nationalist forces.

4) To warrant to the Nationalist Government all possible politica! help in compensation of the help received the National Party of Persia is ready to agree:

l) To allot 25% share in the Northern Oil Fields to Italy in the open contract 25 % share being offered to the U.R.S.S. should they agree to cooperate in the development of these fields. Of the remaining 50 % share alloted to Persia by agreement another 25 % should be sold to Italy on terms to be agreed after the accession of the national Party to power.

2) Special cotton grawing land should be alloted for the sole use of the Italian Cotton Industry to be developed with the help of Italian finance and specialists and the cooperation for Persian labour.

3) Italian Engineers, technicians and skilled workers would be called and prefered for the development of the Persian industry. 4) Mining railway and other such concession would be offered in preference to others to Italian Companies and Financial Concerns.

5) The Italian Government would be requested to lend italian officers for the organization of the Persian Police forces and the creation of a military academy as teachers and instructors.

6) To facilitate by tarifs ecc. the trade between Italy and Persia in the interest of the nationals of both countries. 7) To facilitate the creation of a Persian Italian shipping Company to act between the two countries and in the persian waters.

8) To facilitate the opening by italian Banks of branches and of Persian Italian establishments with the scope of facilitating the business transaction between the two countries.

9) To facilitate the forming of Persian Italian industriai enterprises for the exploitation of the minerai wealth of Persia.

10) To call Italian specialists (medicai men and engineers) for the organization of the sanitary organization of Persia and the organization of Municipal engineering: (Waters works ecc. in Persian Cities).

11) To offer to Italian Concerns (Fiat Ansaldo ecc.) the linking of the principal cities of Persia with automobil services up to the completion of a national railway system.

12) To offer to Italian Concerns the building of roads ecc. of Persian national interest.

In a word Italian industry would be prefered for the development of the resources of Persia, italian concerns being prefered at par conditions and offers being first extended to Italian concerns and to concerns of the other countrie's only after the refusal of the Italian Concerns to execute the work at par condition.

Italy should on its side offer all possible facilities to Persian students business and professional men putting them in condition to excerce their profession and business on a reciprocity basis with italian subjects, the final scope being to create such intimate Persian Italian relations as to render possible a union of custom in the mutuai interest of the Italian and Persian people and the exchange of the products of the two countries.

(l) -Cfr. nn. 10, 11 e 12. (2) -Si tratta del seguente appunto di suvich per Mussolini del 1° ottobre: «Se V. E. è d'accordo si potrebbe lasciar cadere il comunicato, che oggi appare anche un po' superato». (3) -Altra data, poi cancellata, 19 settembre 1934.
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IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA

T. s. 5774. Roma, 4 ottobre 1934.

In conformità analoghe istruzioni impartite a Governo Eritrea rinnovo raccomandazione affinchè autorità dipendenti da codesto Governo, indistintamente, si attengano criterio evitare possibilità verificarsi incidenti con Governo etiopico. Prego disporre inoltt·e che dipendenti autorità usino ogni prudenza in tutte comunicazioni di carattere riservato, e che corrispondenza riservata inviata ai RR. uffici in Etiopia per corriere sia sempre cifrata. Gradirò assicurazione.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 4 ottobre 1934.

Il signor von Hassell è venuto a trovarmi di ritorno dal suo periodo di licenza. Ha passato l'ultima parte della sua licenza in Germania, ove ha assistito anche al « Grosse Parteitag » di Norimberga, che gli ha fatto una grande impressione, perchè ha dimostrato l'unità perfetta del popolo germanico, quella unità che non si era raggiunta neanche con la guerra.

Ha parlato con molti uomini di Governo e del Partito e deve dire che il suo compito di portare ad una migliore intesa fra i nostri due Paesi non è stato facile. Deve aggiungere che egli ha trovato in Germania molta comprensione per la politica italiana. Si ammette anche quasi generalmente che la politica di Habicht è stata completamente errata; quello però che ha suscitato la più profonda emozione e la più viva reazione è stato il contegno della stampa italiana. Ha sentito citare da molti la frase « che la Germania è un paese di assassini e di pederasti», nonchè altri attacchi come quello del Messaggero, che diceva «non potersi più trattare con un paese che ha perduto ogni senso di onore».

Questa campagna così violenta e così generale della stampa itallana contro la Germanta, in cui non si è risparmiato nulla, in cul si sono offesi i più gelosi sentimenti del popolo tedesco, ha dato la sensazione in Germania che ìn Italia ci fosse stata sempre una profonda inimicizia per la nazione tedesca, che non attendeva che il momento opportuno per esplodere.

Osservo all'Ambasciatore che le illazioni a cui egli accenna, non sono per nulla fondate. Il popolo italiano è stato il primo a porgere la mano alla Germania dopo la guerra ed ha costantemente appoggiato le rivendicazioni ritenute legittime del popolo tedesco. È stato il contegno della Germania nei riguardi dell'Austria -culminato con gli avvenimenti del 25 luglio -che ha provocato da noi la più profonda indignazione; d'altra parte neanche la st:>"mpa tedesca è rimasta indietro nell'attaccare l'Italia. Oggi la situazione è un po' più calma, ma se domani succedesse qualche altro incidente del genere di quelli deplorati, non vi è nessun dubbio che la campagna riprenderebbe in pieno.

L'Ambasciatore mi riferisce di aver parlato con Hitler per tre ore da solo a solo; egli ha fatto del suo meglio per spiegargli l'atteggiamento del popolo italiano e la reazione alla politica tedesca nei riguardi dell'Austria. Ha trovato il Cancelliere molto calmo e molto ragionevole: non ha avuto nessuno dei suoi scatti abituali. L'Ambasciatore confida che tale colloquio non sia stato inutile per i futuri rapporti tra i nostri Paesi.

Il Cancelliere non ritiene stabile la situazione in Austria, tuttavia egli ha dato le più severe disposizioni perchè non ci sia più nessuna ingerenza germanica nel nazismo austriaco. Si è tentato di forzare la mano al Cancelliere perchè sia ricostituita la Landsleitung per l'Austria, anche per la ragione che questo provvedimento avrebbe dato la possibilità di discutere con un ente responsabile per migliorare i rapporti austro-tedeschi. Ma il Cancelilere ha resistito nel modo più fermo.

L'Ambasciatore mi chiede qualche informazione sulla recente dichiarazione di Ginevra (l) e si informa sui nostri futuri progetti per l'Austria.

Gli rispondo che la nostra politica non è mutata; ma che per il momento non avevamo preso in considerazione nessun altro passo nei riguardi dell'Austria; ad ogni modo di questo argomento, se egli lo desiderava, ne avremmo potuto parlare in una prossima occasione.

L'Ambasciatore si informa sulla visita di Barthou, che gli dico non essere ancora fissata, e su Memel per cui gli do i ragguagli richiesti. Mi dice poi che in Germania si ritiene che il Patto Orientale sia definitivamente caduto e mi chiede quale è il nostro atteggiamento.

Gli rispondo che noi non ci siamo mai interessati più che tanto al Patto Orientale e che comunque non avremmo visto volentieri, più per ragioni di equilibrio generale che per nostri specifici interessi, una alleanza franco-russa.

L'Ambasciatore mi dice di non credere che si vada ad una alleanza francorussa, che però tuttavia qualche cosa fra i due paesi si combinerà.

A proposito del disarmo mi chiede quale sia la nostra opinione.

Gli risponde che l'opinione del Capo del Governo è che per il momento non ci sia nulla da fare; d'altra parte le ultime richieste tedesche di avere nei pros

simi anni la equiparazione assoluta anche per le armi offensive rende vano qualsiasi tentativo di accordo.

A proposito della visita dei Reali di Serbia a Sofia, l'Ambasciatore mi dice che mentre fino ad ora era scettico sulla possibilità di un avvicinamento fra i due paesi, ha incominciato a cambiare idea, e ciò sopratutto per il fatto che i macedoni in Bulgaria hanno perduto la loro influenza.

L'Ambasciatore trova anche modo di dirmi che fra Germania e Jugoslavia non vi è assolutamente nessuna intesa ed egli non crede neanche agli aiuti tedeschi ai profughi austriaci in Jugoslavia.

A proposito del recente accordo italo-tedesco sui pagamenti, l'Ambasciatore esce in tono scherzoso in questa frase: «si è discusso per cinquanta giorni per fare un accordo che forse non ne durerà trenta».

In tutta la conversazione l'Ambasciatore mi ha dato l'impressione di essere molto animato e di spirito alto.

(l) Cfr. serie VII, vol. XV, n. 892.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 4 ottobre 1934.

Mi viene segnalato dal Sottosegretario per la Stampa e Propaganda con l'unito appunto la possibilità che delle stazioni radio clandestine si inseriscano nelle nostre trasmissioni per fare apparire come provenienti dall'Italia notizie atte a provocare una forte reazione in Jugoslavia.

Continuano gli accertamenti per verificare l'esattezza di queste supposizioni.

Nel frattempo avverto ad ogni buon fine il Ministro Galli (l) autorizzandolo a farne eventualmente parola a quelle autorità anche per facilitare le indagini del caso.

ALLEGATO

CIANO A SUVICH

APPUNTO. Roma, 3 ottobre 1934.

Il Vreme di Belgrado del 9 settembre -stampando la « Risposta agli eroi di Caporetto » -affermava che l'articolo del San Marco, con le ingiurie contro il soldato e H popolo serbo, era stato, non solamente pubblicato in quel giornale zaratino, ma anche propagato per mezzo della radio.

Lo Jadranski Dnevnik di Spalato del 22 settembre annunziava che il Dott. Vladimir Vinck, prodirettore di polizia a Spalato, era nominato direttore della polizia di Cettigne, e che a SpaJI.ato sarebbe mandato il signor Milos Simic, commissario a Zagabria. Ed il giornale aggiungeva:

«Importa far notare che la stazione romana della radio aveva già avanti annunziato che il Dott. Vinck era stato trasferito».

Due volte, dunque, i giornali jugoslavi hanno accusato la radio italiana di avere trasmesso notizie che essa ignorava del tutto. Dopo diligenti accertamenti, si può affermare di sicuro che quelle notizie non furono mai propalate da alcuna stazione radio italiana.

(Questa Direzione Generale -che cura la radiotrasmissione delle notizie quotidiane iJn. serbo-croato -apprese solamente dai giornali jugoslav,i quello che, secondo le loro affermazioni, sarebbe stato annunziato proprio per sua iniziativa).

La cosa può essere d'una qualche importanza.

Perché, delle due l'una: o c'è chi diffonde dalle stazioni italiane della radio notizie non vigilate, e questo si può escludere in modo assoluto; o in Jugoslavia si accusa l'Italia di lanciare notizie ingiuriose e si crea così uno stato d'animo a noi ostile, fingendo di essere provocati per meglio provocare.

Ma non è ìmprobabile nemmeno un'altra ipotesi e cioè che ci siano stazioni clandestine che diffondano ad arte simili notizie.

E l'ultima supposizione sarebbe confermata da notizie recenti secondo le quali esisterebbero apparecchi di trasmissione non ufficiali, probabilmente in Germania, o affidati ad elementi « nazisti » dislocati in altri Paesi dell'Europa Centrale.

(l) Con t. r. 11468/133 P.R., pari data, non pubblicato.

20

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (l)

APPUNTO. Roma, 5 ottobre 1934.

L'incaricato d'affari di Ungheria ha informato per conto del suo Governo che, secondo informazioni testè pervenute a Budapest dal Ministro di Ungheria a Sofia e tratte da una conversazione che quest'ultimo ha avuto col Ministro degli Esteri bulgaro, la visita dei Reali jugoslavi in Bulgaria non è effettivamente andata al di là di quello che è stato indicato nel comunicato ufficiale. Essa ha avuto cioè un carattere generale, e di particolare sono state discusse quistioni di carattere economico.

Più specialmente il Ministro degli Esteri bulgaro ha informato che la quistione dell'adesione della Bulgaria al Patto balcanico non è stata nemmeno discussa, giacché l'ultima parola della Bulgaria su questa quistione era stata detta da lui stesso (Ministro degli Esteri bulgaro) al suo collega jugoslavo ultimamente a Ginevra. La Bulgaria non intende aderire al Patto balcanico. Nel Patto balcanico esiste un articolo relativo alla definizione dell'aggressore che la Bulgaria non potrebbe accettare senza rinunciare a parte dei diritti che le conferisce l'art. 19 del Covenant. La Bulgaria è invece disposta a concludere degli Accordi bilaterali con tutti i Paesi balcanici, Patti bilaterali che non contengano però la clausola della definizione dell'aggressore (2).

(l) -Comunicato a Belgrado e Sofia con t. 1342 R. del 9 ottobre. (2) -Cfr. quanto aveva comunicato Gall.d con t. posta 6243/1703 del 2 ottobre: «Ma bisogna ben guardarsi dal giungere, da questi risultati minimi se non negativi, ad una svalutazione dell'importanza, reale ed indubbia, dell'avvenimento. Come lo stesso Jeftié ebbe a dirmi ieri, è nell'estrema cord1alità dell'incontro fra i Sovrani, nell'entusiasmo dimostrato dalle folle bulgare che consiste l'effettivo valore dell'a visita dei Reali di Jugoslavia a Sofia, che ha valso a provare ancora una volta l'esistenza, la consistenza e la profondità, realmente sentita negli animi, di quel moto di riavvicinamento bulgaro-jugoslavo che si persegue già da più di un anno e che è destinato inevitabilmente a continuare».
21

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI. AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. CONFIDENZIALISSIMA. Belgrado, 5 ottobre 1934.

Ricevo il telegramma riservato n. 133 del 5 ottobre (l) con una notizia assai interessante e che riflette la possibilità che stazioni clandestine, non identificate, intercalino le loro comunicazioni con la Radio italiana, per trasmettere notizie che impressionano questi ambienti.

Se la cosa è costà ritenuta possibile debbo ammettere che sia stata accertata anche la possibilità tecnica di tali interpolazioni. E farò anch'io ascoltare ancor meglio la Radio croata da uno degli impiegati di questa mia Legazione che assolve già tale incarico per mia istruzione.

Ma permettimi un malvagio sospetto ed una cattiva insinuazione che non posso a meno di fare, poiché anche essa potrebbe essere una spiegazione delle notizie impressionanti questi ambienti e che gli uffici centrali non hanno mai avuto l'idea di far trasmettere.

È egli possibile che l'ustascio che trasmette in croato da Bari o Trieste si diverta ad interpolare per suo conto qualche cosa di sgradevole od alterare le comunicazioni che gli vengono affidate? Chi lo controlla?

Poiché un fatto è certo: le comunicazioni in croato si odono fra le 19,30 e le 20 la voce è sempre la stessa, la intensità di suono sempre quella e si raccolgono sulla lunghezza d'onda 'di Bari e Trieste, udite più o meno bene nelle varie località jugoslave.

È tecnicamente possibile che una stazione trasmetta sulla stessa lunghezza d'onda, quando finito il notiziario croato ne venga iniziata la trasmissione di un altro?

Vi è il curioso episodio della trasmissione del comunicato italo-etiopico. Jeftic, dopo che gli ebbi messo sotto il naso il testo del comunicato, non poté nulla obiettare. Però egli restò dubbioso, e pur affermando che egli avrebbe punito i suoi ascoltatori, mi disse che erano in tre, che avevano giurato di avere udito Jugoslavia e non Etiopia.

Disgraziatamente la trasmissione di sabato 29 non poté essere raccolta perché tutta la mia gente era a scrivere cifre e sillabe. Ma a me il sospetto è entrato in mente. Vedi tu se possa avere un fondamento e quali controlli possano essere fatti per distruggerlo.

22

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GoMBOS (2)

T. s. N. Desenzano, 7 ottobre 1934.

Desidero dirvi che nella chiusa nel mio discorso (2) quando ho parlato di pace accompagnata alla giustizia, ho pensato e alluso all'Ungheria.

(l) -Cfr. n. 19, nota l. (2) -Ed. in B. MussoLINI, Opem omnia, vol. XLII, P. 89. (3) -Pronunciato a Milano il 6 ottobre ed. nella stampa del 7 ottobre.
23

APPUNTO (l)

Roma, 7 ottobre 1934.

Dopo la recente Dichiarazione di Ginevra nella questione dell'Austria è necessario fare un ulteriore passo avanti: bisogna cioè arrivare ad una effettiva forma di garanzia della indipendenza austriaca. La Dichiarazione del 17 febbraio e la recente Dichiarazione di Ginevra contengono una affermazione di principio e la dichiarazione che a questo principio gli Stati intendono ispirare la loro politica, ma non contengono alcun impegno preciso per un intervento nel momento necessario a difesa della indipendenza e della autonomia dell'Austria.

L'impegno, come era stato già previsto nel nostro schema, dovrebbe riferirsi a due punti:

l) proibizione da parte degli Stati garanti sul proprio territorio di organizzazioni o movimenti tendenti a minacciare l'indipendenza o l'autonomia della Austria;

2) intervento con tutti i mezzi, non esclusi quelli militari, a salvaguardia della indipendenza e dell'autonomia dell'Austria.

Per chiarire la situazione va rilevato fin da ora che per tali impegni non si può in modo assoluto contare sull'Inghilterra. Si potrà forse ottenere che la Gran Bretagna faccia una dichiarazione di adesione -puramente platonica alla politica di garanzia effettiva dell'Austria.

Altro punto da fissare fin d'ora è che sarebbe sommamente desiderabile che la Germania partecipasse a tali garanzie. Se poi la Germania, invitata a partecipare, vi si rifiuta, la sua posizione diverrà ancora più difficile, perché tale rifiuto offrirà pretesto per dimostrare la sua cattiva volontà nei riguardi dell'Austria. Va rilevato però-lo si osserva qui incidentalmente-che la Germania avrà un facile pretesto per rifiutare la propria adesione affermando che è pronta a garantire una situazione austriaca che risponda ai veri desideri del popolo, ma non una situazione artifiziosa come lei sostiene essere l'attuale: quindi prima plebiscito o elezioni e poi garanzia.

Rimane ora da vedere quali sono gli Stati che dovrebbero partecipare a tale accordo di gavanzia.

Pare desiderabile che in linea principale tale garanzia sia data dall'Italia, dalla Francia e dalla Germania con l'adesione -nella forma detta più sopra della Gran Bretagna.

In un secondo tempo, in via di estensioni, l'accordo potrà essere aperto agli altri vicini dell'Austria (esclusa la Svizzera) cioè Cecoslovacchia, Ungheria, JugosLavia. Bisogna che l'Italia in questa situazione mantenga la parte predominante e dirigente il che potrà essere ottenuto con opportune disposizioni della convenzione (comitato per l'Austria residente a Roma, riserva della iniziativa per un'azione all'Italia ecc.).

Il mantenimento della situazione attuale presenta i seguenti inconvenienti:

l) in caso di una minaccia contro l'Austria, l'Italia può trovarsi da sola, anzi con l'ostilità della Jugoslavia, il che può rendere il suo compito difficile;

2) l'intervento della sola Italia può dare credito alle voci che l'Austria, per sottrarsi alla Germania, passi sotto il dominio dell'Italia, e quindi mettere in imbarazzo i circoli patriottici austriaci;

3) un'azione della sola Italia può dare l'impressione che la questione della indipendenza austriaca non sia una questione di interesse generale e di equilibrio europeo ma rappresenti un interesse esclusivamente italiano.

(l) L'appunto è privo di firma, forse di Buti. Ed. in DE FELICE, pp. 503-504.

24

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, UMILTA, AL REGGENTE L'UFFICIO II DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, COSMELLI

L. P. Zagabria, 7 ottobre 1934.

Da Coppini avrà probabilmente saputo che io sono stato a Roma tra il 13 e il 19 settembre e che l'ho cercata, ma non trovata, essendo Lei in congedo. Sono stato ricevuto da S. E. Suvich, da S. E. Ciano; ho parlato per oltre

tre ore con Buti e con Jacomoni e ripetutamente con Coppini.

Tornato qui da qualche giorno e mettendo in relazione il genere delle risposte che ho dato a tutte le domande che mi sono state rivolte dai superiori e dai colleghi, con la parte del discorso del Capo del Governo a Milano, che riguarda questo Stato, mi permetto di scriverLe di seguito alcune considerazioni delle quali Ella potrà fare l'uso che crede, tenendosele per sè, o comunicandole in parte o tutte ai superiori e colleghi cui potessero interessare.

Non scrivo un rapporto ufficiale, dato che avrei un po' troppo l'aria di voler dare dei savi consigli senza che la mia competenza di console mi autorizzi a tanto; Le apro tuttavia l'animo mio, poichè ormai tredici anni (meno la punterella a Panamà) durante i quali sono stato sempre rimescolato ai guai italojugoslavi, mi danno una amara esperienza.

Dopo il vano tentativo del patto di amicizia itala-jugoslavo del 1924, per il quale con una generosità e con un amore del quieto vivere che la storia non potrà dimenUcare, abbiamo dato enormemente più di quello che non abbiamo ricevuto, questo Paese ha cambiato il regime, diventando in realtà una dittatura militare feroce guidata esclus,ivamente dal Re e dalla cricca dei generali. Tutta gente questa di una megalomania fantastica e che crede, per le insperate fortune del passato, che tutto sia permesso al Paese dentro e fuori, che prende ogni nostro atteggiamento non violento e quasi pacifico come un segno di debolezza da parte nostra e di necessità per noi di non avere noie ai confini di terra e nell'Adriatico.

Col cambio di regime, col massacro nella Skupstina e per mezzo di una politica interna feroce e bestiale il regime stesso è riuscito a far sorgere in pieno la questione croata che, come ella sa, ha avuto degli alti e dei bassi. L'appoggio, prima velato e poi quasi palese da parte nostra, ai croati separatisti ha fatto

7 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

sì che questi ultimi e in generale tutti i croati delle provincie ex austro-ungariche abbiano guardato all'Italia con sentimenti di simpatia e di speranza che difficilmente si sarebbero potuti immaginare da parte di ex nemici.

Nessuno può dire che questi sentimenti siano stati e siano o possano ancora essere veramente sinceri verso di noi: il fatto è che tali simpatie hanno portato alcune volte questo Paese alla vigilia di un vero e proprio sconquasso e che se da qualche mese l'apparenza dà al regime dittatoriale l'aspetto di aver consolidato la compagine di questo Stato, tutto ciò si deve al numero inverosimile di fuorusciti, di arrestati, di torturati ecc. Dall'inverno passato non ci sono meno di 12-15.000 persone imprigionate e bastonate: nelle campagne è il vero terrore.

Nonostante che ·il regime a mezzo della sua stampa a Belgrado, qui, a Lubiana, a Serajevo e a Spalato, abbia cercato da anni di mostrare come la Jugoslavia si sia in realtà consolidata e tutte le popolazioni collaborino con lui, e nonostante che giornalmente non pochi giornali abbiano coperto noi, il nostro esercito, il nostro paese e la nostra finanza delle più volgari ingiurie, mostrandoci come «gli eroi di Caporetto » e «figli di Machiavelli », per dare maggiore risalto alla fortificazione dello Stato, la vera situazione del Paese è tutt'altra. Esso è in continuo e reale pericolo, e la politica del regime, che vede in noi il maggior ostacolo per l'integrità dello Stato, è sempre stata a turno legata ai paesi coi quali noi abbiamo avuto dispute, malintesi e gravi questioni da risolvere.

A questo bisogna aggiungere il grande irredentismo comandato da Belgrado per Gorizia, Trieste, !stria, Fiume e Zara: irredentismo che è sovvenzionato larghissimamente anche in questi momenti di grave crisi, che è guidato, oltre che dai militari, dalle varie società nazionaliste più o meno segrete quali la «!stra», la « Narodna Obrana », la «Jadranska Straza » ecc.; che ha molto maggiore importanza di quello che da noi generalmente si crede e che -e questo mi sembra il punto più delicato e pericoloso -lavora intensamente nelle dette nostre provincie ed ha affiliati e spie in tutti i nostri uffici di queste provincie e perfino a Roma.

Non si tratta quindi di uno scherzo, ma di un vero e grave pericolo contro il quale noi non staremo mai abbastanza in guardia.

Dal 1929 fino ad ora è assolutamente sicuro che tutti gli incidenti, i guai,

le campagne di stampa, le volgarità che si sono dette e scritte da queste parti

contro di noi, sono state sempre volute, pagate e dirette dal regime e dall'ele

mento serbo, anche quando autori materiali dei fatti sono stati fatti apparire dei

croati e degli sloveni, mentre questi negli ultimi anni hanno guardato con sim

patia e con speranza la politica del nostro Paese e hanno seguito veramente col

cuore tutte le manifestazioni del nostro Governo e della nostra stampa che col

pivano il serbismo.

Il maggior successo che potesse ora ottenere il regime dittatoriale di Bel

grado è un miglioramento delle relazioni tra Belgrado e Roma che potesse anche

arrivare a qualche cosa come ad un rinnovato patto di amicizia tra i due Stati.

Questo successo verrebbe anzitutto sfruttato dal regime con la convizione che

la sua politica di megalomania, le sue brutalità all'interno e le sue volgari diffa

mazioni all'estero hanno raggiunto lo scopo voluto, cioè far cessare l'appoggio

italiano alla tendenza separatista o autonomista delle provincie ex austro-unga

riche. Tranquillato così dall'immediato pericolo ai nostri confini e all'Adriatico, il regime non potrà che aumentare la sua ferocia all'interno contro popolazioni deluse nelle loro speranze, le quali riverseranno l'odio che finora hanno verso Belgrado, verso di noi come ai tempi dell'Austria-Ungheria. Non sarà allora più Belgrado che avrà bisogno di comandare l'irredentismo: croati, sloveni e dalmati, impotenti a svincolarsi dai serbi, riprenderanno per loro conto campagne irredentiste per le nostre regioni di confine aiutati dalla stessa Belgrado.

Non avremo dunque con ogni probabilità nè la fine degli incidenti incresciosi nè della campagna di stampa: dopo una momentanea tregua, gli autori di questi nuovi guai non saranno i serbi, ma croati, sloveni e dalmati, dietro ai quali i serbi rideranno, per aver noi per un certo tempo creduto all'amicizia e alla sincerità di tali popolazioni.

Invece di avere per vicino uno Stato debole per gravi ed effettive discordie interne che potranno eventualmente essere sanate solo in un lungo spazio di tempo, ma che potrebbero anche condurlo allo sfacelo, avremo contribuito a consolidare Regime e Stato, senza che si possa contare su alcuna gratitudine neanche dai serbi, che già una volta abbiamo ripescato dalle onde, coi risultati che ora tutti vediamo.

Poichè noi siamo fatti così: noi diamo seriamente ed effettivamente la nostra amicizia che vale molto per il bene della pace generale, mentre gli altri dovrebbero darci nell'avvenire tranquillità o almeno indifferenza, mentre solo nell'odio e nel rinfocolamento dei gravi irredentismi contro di noi essi troveranno una magnifica forza per tenere unita la traballante compagine di questo Paese. Che, se riuscirà a fortificarsi, difficilmente possiamo contare di averlo alleato nella necessità per noi di impedire l'Anschluss da parte dei tedeschi. Gli hanno già promesso qualche cosa in Carinzia e chissà che cosa gli potranno promettere pur di averlo alleato al momento buono contro di noi.

Come Lei, mio caro Cosmelli, avrà certamente le mani in pasta nelle probabili prossime trattative, ho voluto farLe questa forse troppo lunga esposizione, perchè Ella possa tenere conto almeno di alcuni dei predetti elementi e il desiderio di aver pace non ci porti al di là delle speranze che si possono concepire.

25

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 10026/192 P.R. Tokio, 9 ottobre 1934, ore 10 (per. ore 21,45 del 10).

Mio telegramma n. 191 (l).

Che una certa identità di situazione nei riguardi della Russia e altresì dell'Europa, in genere abbia avvicinato Germania e Giappone anche senza speciale intesa è possibile e il R. addetto navale dice che il suo collega tedesco vede e sa più degli altri.

Che abbiano a venire qm m seguito tecnici e commissioni dalla Germania è anche possibile e così pure che questa mandi qui aeroplani (sembra ne siano già stati inviati di grande potenza) per quanto sistema giapponese sia di comperare qualche modello all'estero e di copiarselo in segreto e con comodo a domicilio; pare che la Germania faccia largo acquisto in Manciuria di soia e simili apparecchi ne potrebbero rappresentare il pagamento.

Che la Germania infine mediti d'attrarre almeno Giappone dalla sua è anche possibile per quanto mio collega tedesco fino a pochi mesi fa me ne escludesse anche soltanto intenzione; ma situazione internazionale della Germania è da allora peggiorata e il collega è diventato meno espansivo. Ma quello che sembrami poco probabile è che Giappone non dico abbia concluso ma sia anche solo in principio non avverso a concludere qualche accordo politico con la Germania, di natura da fargli correre pericolo di essere tratto in quell'ingranaggio dei contrasti europei che Hirota dice temere e volere ad ogni costo evitare.

Giappone ha interesse a non stipulare quegli impegni politici positivi che potrebbero ostacolare o ridurre la sua libertà d'azione allorché i contrasti europei divenissero minacciosi per la pace e cioè propriamente quando la situazione internazionale gli si presenterebbe perciò favorevole a ulteriori sviluppi della sua politica in questa parte del mondo (l).

(l) T. 9669/191 P.R. del 2 ottobre, non pubblicato: comunicava che !l capo dell'Uff.!clo stampa aveva dichiarato priva d! qualsiasi fondamento la notizia pubblicata da Paris Soir circa un accordo segreto tra Germania e Giappone.

26

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3524/161 R. Belgrado, 9 ottobre 1934, ore 22,10 (per. ore 0,30 del 10).

Discorso a Milano di S. E. Capo del Governo riprodotto da tutta la stampa

jugoslava non è stato fino ad ora c·ommentato dai giornali.

Sono stati riportati soltanto commenti stranieri.

Da giorno partenza Re Alessandro (5 corrente) per Parigi impossibile vedere qualsiasi persona responsabile al ministero affari esteri. Ho potuto nel pomeriggio parlare con Purié tornato stamane dalla Macedonia. Ricordando quanto dettomi da Jeftié e Kojié gli ho chiesto ragione silenzio

stampa jugoslava quando invece stampa francese e stampa inglese avevano messo in rilievo con ogni soddisfazione frasi relative a Jugoslavia. Purié ha risposto che due condizioni precedenti la offerta di intesa sono sembrate accusatrici e minacciose.

Jugoslavia non si sente in fondo responsabile polemica contro esercito anche se Vreme abbia ecceduto (ha citato poi nota pubblicazione italiana); rispondere quindi pubblicamente almeno a prima condizione di S. E. il Capo del Governo era riaprire polemica.

D'altro canto impossibile tener conto della offerta d'intesa in un articolo ignorando condizioni che la precedono.

Per il momento quindi riteneva preferibile il silenzio, continuare nella attitudine iniziata, quanto alla stampa forzarla ancora, estenderla ad altri campi, nella speranza che si fosse [fatto] altrettanto da noi.

Solo così si stabilirebbe una atmosfera di sicura tranquillità, si raggiungerebbe quella fiducia indispensabile per il successivo chiarimento della situazione.

(l) Ritrasmesso a Berlino con telespr. 233060 del 16 ottobre.

27

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3525/162 R. Belgrado, 9 ottobre 1934, ore 22 (per. ore 0,30 del 10).

Mio telegramma n. 161 (1). Ho lungamente replicato cercando dimostrargli la poca fede che si doveva porre nelle promesse del ministro affari esteri e provargli come la Jugoslavia, ritardando nel darci anche un minimo di soddisfazione con un comunicato che poi il tempo trascorso aveva dimostrato superfluo e almeno nel non cogliere subito quanto vi era di simpatico e di generoso per essa nella frase di S. E. Mussolini, perdeva un'occasione delle migliori. Finché si trattava di avere, essa era sempre pronta, non quando occorreva anche dare. E nel frattempo domani e domani l'altro si sarebbero fatte raccolte pubbliche di denaro per le solite associazioni irredentiste (annunziate dall'Istra del 7 corrente) e tutti i giornali di Lubiana indicavano, fin da ora, per 1'11 novembre, la solita annuale solenne riunione di protesta contro il trattato di Rapallo. Non vedevo davvero cosa si facesse finora in questo campo. (Purié ne ha preso nota). Il silenzio della stampa jugoslava (specie dopo le assicurazioni del ministero affari esteri) avrebbe prodotto una sgradevole impressione a Roma, e non se ne potrebbe non tenere conto nell'avvenire. Il colloquio si è poi prolungato per ancora un'ora su tutta la storia dei rapporti italo-jugoslavi dal trattato di Londra in poi. Ho messo in chiaro e preciso rilievo l'azione politica di S. E. il Capo del Governo affermatasi col patto di amicizia del 1924 sabotato solo ed esclusivamente dalla Jugoslavia in primo luogo con i suoi intrighi albanesi e poi con l'azione terrorista nella Venezia Giulia.

(l) Cfr. n. 26.

28

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3564/092 R. Praga, 9 ottobre 1934 (per. l'11).

Mio telegramma filo n. 134 (1). Dopo avermi espresso il suo compiacimento per il discorso di Milano (come ho riferito a V. E. col succitato telegramma), Benes mi ha lungamente intrattenuto sull'indirizzo che egli intende dare alla politica cecoslovacca in vista delle intese che potranno essere il risultato della visita del signor Barthou a Roma. Benes confida nel favorevole risultato della visita, sia perché sue informazioni da Parigi gli segnalerebbero notevoli progressi verso la risoluzione delle questioni puramente itala-francesi, sia per effetto della parità morale incontestabilmente raggiunta dall'Italia fascista nel trattare con la Francia. Il risultato positivo delle conversazioni itala-francesi dovrà manifestarsi -secondo Benes -innanzi tutto nella risoluzione della questione austriaca. Rifatta la storia delle conversazioni di Ginevra, Benes ha riaffermato la sua volontà di ulteriori negoziati, in vista dei quali ha tenuto a Ginevra a non aumentare con eccessivi suoi interventi le difficoltà del problema, tenendosi invece quanto più ha potuto in situazione discreta e quasi in disparte. Egli ha perciò molto apprezzato il proposito italiano di considerare la rinnovata dichiarazione delle tre Potenze come un principio e non una fine, tanto più che il laborioso svolgimento delle trattative di Ginevra poteva attribuire alla detta dichiarazione carattere di soluzione abortiva. Benes ha però di nuovo patrocinato la soluzione facente capo alla S.d.N. con argomentazioni che qui riferisco per debito d'informazione. Egli ammette la fondatezza delle esigenze dell'Italia, ed anche dell'Austria, per una gerarchia morale e di fatto fra Grandi Potenze e Stati confinanti nel garantire l'indipendenza dell'Austria. Riconosce pure che quest'ultima ha diritto ad essere soggetto e non oggetto del negoziato internazionale specialmente verso gli altri Stati interessati che non hanno rango di grandi Potenze. Egli penserebbe pertanto che si debba lasciare all'Italia e alla Francia l'iniziativa ed anche tutto lo svolgimento dei negoziati per la ricerca di una formula di garanzia in diretta collaborazione con la sola Austria. Trovata però che fosse una tale formula, Benes ritiene che gli altri Stati interessati all'indipendenza dell'Austria non potrebbero essere invitati a dare una semplice adesione posteriore all'accordo itala-franco-austriaco (sull'Inghilterra egli non crede si possa contare in tali condizioni) poiché questo stabilirebbe una distinzione gerarchica tra Stati di prima e di seconda categoria che i paesi della Piccola Intesa non potrebbero accettare.

Quindi Benes opina che la legittima preminenza di interessi delle Grandi Potenze e dell'Austria potrebbe risultare attraverso la procedura, ma che all'atto della firma di un eventuale protocollo gli Stati interessati dovrebbero tutti intervenire con quella uguaglianza giuridica che è consuetudinaria negli atti internazionali formali.

Tenuta presente la recisa opposizione manifestata dall'Italia a Ginevra in confronto di questa concezione ugualitaria sostenuta dagli Stati della Piccola Intesa, Benes ritiene che i divergenti punti di vista potrebbero trovare una soluzione con l'inquadramento dell'accordo di garanzia nella S.d.N. che -a suo avviso -presenterebbe i seguenti altri vantaggi:

a) unica possibilità di avere anche l'Inghilterra e quindi maggior forza preventiva verso la Germania,

b) Eliminazione del pericolo che l'accordo di garanzia, lasciato, in caso di necessità, all'interpretazione diretta dei firmatari (fra i quali non figurerebbe l'Inghilterra), possa trasformarsi in un pretesto di conflitto o in un conflitto involontario fra i garanti stessi. (È chiara l'allusione alla minaccia di conflitto fra truppe italiane e jugoslave eventualmente avanzanti in Carinzia per parare ad un pericolo germanico). Invece col rimettere il giudizio sull'applicabilità dell'accordo di garanzia al Consiglio della S.d.N. si eviterebbero le diffidenze e i pericoli dianzi accennati.

c) Possibilità di lasciare l'accordo di garanzia aperto alla Germania, la quale in un suo eventuale ritorno a Ginevra potrebbe trovare un modo abbastanza dignitoso, perché indiretto e quasi automatico, per adattarsi ad una effettiva rinuncia all'Anschluss (Benes non crede ad un prossimo ritorno della Germania a Ginevra ma non ne esclude la possibilità fra un anno approssimativamente).

Ho fatto le più ampie riserve sulle concezioni che precedono, ma mi è sembrato di capire che Benes arriverebbe anche a coilsentire a speciali clausole accordanti un prevalente diritto di intervento dell'Italia, purché però il protocollo di garanzia facesse in qualche modo capo alla S.d.N.

Benes spera che la risoluzione di questo grave problema potrà essere avviata nella visita di Barthou a Roma. V. E. avrà modo di sapere se e fino a qual punto queste sue idee abbiano attualmente influenza sull'atteggiamento del Governo francese al riguardo.

Avverto inoltre che Benes, pur riconoscendo, naturalmente, come la Piccola Intesa non possa pretendere ad intervenire in blocco nella risoluzione della questione austriaca, ritiene tuttavia che anche la Romania debba partecipare ad un eventuale accordo di garanzia, come Stato altamente interessato all'indipendenza dell'Austria.

A mia domanda Benes ha riconosciuto che anche l'Ungheria dovrebbe parteciparvi, come Stato confinante. Continua col numero successivo Cl).

(l) T. 3521/134 R., pari data, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 29.

29

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3565/093 R. Praga, 9 ottobre 1934 (per. l'11).

Il presente telegramma fa seguito al precedente n. 092 (1).

Benes pensa sempre alla possibilità di un suo viaggio a Roma dopo la visita di Barthou, ritenendo che anche per tale sua visita la situazione sia sufficientemente maturata, sempreché -beninteso -la visita di Barthou conduca a tangibili e favorevoli risultati.

Egli ha tenuto a dirmi di essere d'accordo con Titulescu e Jeftié, i quali gli avrebbero dato il consenso, a norma del patto di organizzazione della Piccola Intesa, perché egli vada a Roma a trattare in nome della sola Cecoslovacchia, mentre a titolo personale essi non si adombrerebbero della precedenza della visita di Benes.

Gli ho chiesto quale contenuto, nella sua opinione, potrebbero avere delle trattative itala-cecoslovacche. Ed egli mi ha risposto:

1°) -Premesso che Italia e Francia siano cadute d'accordo su una formula per garantire l'indipendenza dell'Austria, Benes potrebbe venire a Roma per portare l'adesione del suo paese a tale accordo di massima (a prescindere da quanto ho riferito col precedente telegramma sulla procedura di applicazione dell'accordo e relativa stipulazione di protocolli) ;

2°) -Benes potrebbe fare pure una dichiarazione di adesione di principio della Cecoslovacchia (a determinate condizioni di esecuzione) agli accordi di Roma per la ricostruzione economica dei paesi danubiani;

3°) -Da Roma potrebbe quindi annunciarsi la prossima apertura di negoziati della Cecoslovacchia per accordi bilaterali con l'Austria e con l'Ungheria, pure sulle linee degli accordi di Roma;

4°) Un accordo bilaterale itala-cecoslovacco potrebbe essere concluso o messo allo studio, sempre sulle linee del memorandum italiano e degli accordi di Roma:

a) per intensificare gli scambii fra i due paesi; b) per attivare l'affluenza del traffico estero della Cecoslovacchia attraverso Trieste ; c) per sviluppare i reciproci rapporti turistici, culturali, ecc.

5°) -Intese economiche potrebbero negoziarsi per uno sviluppo armonico degli interessi dell'Italia e della Cecoslovacchia nei rapporti con l'Austria, con l'Ungheria, con la Jugoslavia e con la Romania.

Ho osservato a Benes che questo programma mi sembra vasto ma che esso comporta la risoluzione di gravi problemi che non so fino a qual punto potranno essere maturi subito dopo la visita di Barthou a Roma.

Egli mi ha detto che i servizi competenti cecos1ovacchi hanno g1a messo allo studio gli aspetti tecnici dei problemi. In quanto all'aspetto politico di essi nessun ostacolo diretto si frappone a dichiarazioni che proclamino propositi di collaborazione fra i due paesi per un miglioramento della situazione nei paesi danubiani, specialmente se la premessa suaccennata di una inte-sa fra Italia e Francia si sarà realizzata.

Vi sono invece -come sempre nelle relazioni italo-cecoslovacche -ostacoli indiretti costituiti dall'atteggiamento e dai rapporti rispettivi verso altri paesi, e cioè Piccola Intesa, Ungheria, Jugoslavia e Germania.

Su ciascuno di questi problemi riferisco qui di seguito il punto di vista del dr. Benes. Continua col n. successivo (1).

(l) Cfr. n. 28.

30

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3566/094 R. Praga, 9 ottobre 1934 (per. l'11).

Il presente telegramma fa seguito al precedente n. 093 (2).

Benes non mi ha nascosto l'esistenza e la serietà delle tendenze germanofile manifestatesi in Romania e in Jugoslavia: più gravi, a suo avviso, a Bucarest che a Belgrado.

Egli mostra, peraltro, di confidare che la Piccola Intesa supererà, in definitiva, il pericolo dell'affermarsi di tali tendenze centrifughe e manterrà la sua efficienza conservatrice nell'Europa centrale e nei Balcani.

Qui la situazione è profondamente contraddittoria. Ed infatti, pur sforzandosi di darmi assicurazioni sulla solidarietà e compattezza della Piccola Intesa, Benes non ha mancato di farmi considerare come la Cecoslovacchia sia naturalmente destinata ad essere, dei tre Stati della Piccola Intesa, l'elemento più fedele e più costante verso le potenze occidentali del continente, in una politica diretta ad impedire l'Anschluss ed a arginare l'espansione germanica verso il sud-est europeo.

Benes ha pure ripetuto che la Cecoslovacchia sarebbe costretta ad intendersi con la Germania il giorno in cui venisse abbandonata dalla Francia, dall'Italia e dalle sue alleate balcaniche. Ma ha tenuto a sottolineare la lealtà e la costanza della sua politica, differenziandola da quella della Polonia.

Afferma Benes che la Cecoslovacchia deve volgere ogni suo sforzo ad appoggiarsi alla civiltà occidentale d'Europa;~ per cui finché le sarà possibile restare unita alla Francia e all'Italia essa farà fronte, con queste Potenze,

contro il Drang nach Osten germanico. Ma il giorno in cui l'Anschluss avesse a tagliarla da ogni sua comunicazione col mondo latino e cattolico, non resterebbe alla Cecoslovacchia che associarsi al mondo germanico, come è già avvenuto per secoli, nel comune fronte contro il mondo slavo oggi particolarmente pericoloso nella sua personificazione sovietica.

Ma per evitare gli sviluppi di tali processi decadenti dell'Europa occidentale, Benes vorrebbe incominciare con l'impedire l'Anschluss, consolidando l'ordine esistente nell'Europa centrale.

A tal uopo egli sostiene che l'interesse dell'Italia e della Francia ad impedire l'Anschluss dovrebbe indurre le due potenze a riunire ed a conciliare i gruppi di Stati rispettivamente amici della regione danubiana e dei Balcani, anziché persistere in una contesa pel mantenimento e lo smembramento della Piccola Intesa.

Di primaria importanza è -secondo Benes -un miglioramento delle relazioni tra l'Italia e la Jugoslavia. Per impedire che quest'ultima si senta attratta verso Berlino.

Benes ritiene che tra Italia e Jugoslavia esista, fra l'altro, una sottovalutazione ed una disistima reciproca, forse più grave presso gli jugoslavi, ai quali, pertanto, Praga si adopererebbe già da qualche tempo a far intendere la necessità di un maggior rispetto della posizione di Grande Potenza dell'Italia.

Da parte dell'Italia si sottovaluterebbe invece la capacità di unificazione nazionale della Jugoslavia, ciò che metterebbe Belgrado in uno stato di perpetua preoccupazione e diffidenza verso l'Italia, specialmente quando l'Italia estende la sua influenza in Austria e in Ungheria con legami capaci di trovare un giorno uno sbocco in uno smembramento del Regno trino.

L'unità e l'unificazione dello Stato essendo pertanto il primo e più vitale obbiettivo della Jugoslavia, questa, nonostante il pericolo che può rappresentare anche per lei l'Anschluss, può facilmente esser tentata ad allearsi con la Germania in quanto da questa essa abbia a temere meno che dall'Italia tentativi o pericoli di smembramento.

Cosi la restaurazione absburgica rappresenta per la Jugoslavia un tale pericolo che essa non esiterebbe, per impedirla, a provocare la guerra. Benes spera molto, per una duratura riconciliazione tra l'Italia e la Jugoslavia, nella visita del Re Alessandro a Parigi e nella saggezza del Sovrano.

In quanto alla Romania Benes diffida molto di certe correnti di simpatia che sono largamente diffuse nel paese e ritiene che all'eventualità dell'Anschluss seguirebbero come facili e inevitabili tappe del germanesimo l'asservimento totale di Budapest e di Bucarest.

È quindi evidente che la Piccola Intesa attraversa questa volta una innegabile crisi di cui mi sembra che l'evoluzione crescente della Cecoslovacchia verso l'Italia sia un sintomo significativo. Sarebbe peraltro azzardato profetizzare una volta di più lo smembramento di questa alleanza, poiché è invece certo che alle tendenze germanofile della Romania e della Jugoslavia corrisponde una forte reazione che si appoggia a tutte le forze di cui tuttora dispone la Francia nel sud-est europeo, forze che certamente non sono lasciate inattive da parte della Francia stessa.

In conclusione quindi questo travagliato periodo che attraversa la Piccola Intesa merita di esser seguito con la più vigile attenzione ed è quello che non mancherò di fare, tenendo informata V. E. del risultato delle mie osservazioni.

Continua col n. successivo (l).

(l) -Cfr. n. 30. (2) -Cfr. n. 29.
31

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 3567/095 R. Praga, 9 ottobre 1934 (per. l'11).

Il presente telegramm fa seguito al precedente n. 094 (2).

Ho chiesto a Benes che cosa egli credesse di poter fare in confronto dell'Ungheria perché la sua eventuale visita a Roma non possa prestarsi ad interpretazioni incompatibili con l'amicizia esistente tra l'Italia e Ungheria.

La risposta di Benes è stata, naturalmente, lunga e tortuosa. Egli però è giunto a queste conclusioni.

Partendo dalla dottrina sulla revisione esposta da S. E. Aloisi a Ginevra, Benes ritiene possibile un modus vivendi tra Cecoslovacchia e Ungheria per rinviare di 5 o 10 anni ogni questione territoriale fra i due paesi, a simiglianza del patto stipulato fra Germania e Polonia.

Una tale distensione potrebbe creare l'atmos,fera per affrontare il problema della revisione dopo un sufficiente periodo di calma. Benes dice che egli non potrà mai promettere una revisione agli ungheresi perché si troverebbe subito davanti alle loro rivendicazioni massime, ma mi ha lasciato intendere che rettifiche territoriali potrebbero essere consentite lungo il Danubio a favore dell'Ungheria, per ridarle quei nuclei compatti di minoranze magiare che si trovano lungo la frontiera e che ascenderebbero a circa 400 mila.

In cambio però l'Ungheria dovrebbe rinunziare a rivendicare città, come Bratislava e Cassovia, e quindi considerare perduti gli altri 300 mila magiari che costituisc,ono isole etniche in mezzo a popolazioni slovacche: inoltre, perché la restituzione di territorii possa essere consentita dalla Cecoslovacchia, dovrebbe effettuarsi quella compensazione territoriale alla quale già ebbe ad accennare Benes nei suoi discorsi parlamentari, ma che in realtà si ridurrebbe più che altro ad una questione di forma, perché si tratterebbe di qualche villaggio slovacco a sud di Casso via, tanto per stabilire che si tratta di rettifiche di frontiera reciproche.

Naturalmente lascio a Benes tutta la portata di queste sue aperture nel loro valore e nella loro esattezza geografica, territoriale ed etnica. Avendogli io chiesto se egli pensi che accordi ungaro-cecoslovacchi possano farsi indipendentemente dagli altri due Stati della Piccola Intesa, egli .

mi ha risposto che il modus vivendi di cui sopra non potrebbe farsi che simultaneamente da parte dei 3 Stati della Piccola Intesa con l'Ungheria: ma che in seguito i problemi potrebbero essere aff.rontati in serie successive, ed è certo che territorialmente le rivendicazioni ungheresi verso la Cecoslovacchia sono 1e meno estese.

Questo l'esame teorico del problema. In pratica sta di fatto che verso la Cecoslovacchia l'Ungheria rivolge il suo maggiore accanimento ostile; ciò avviene -secondo Benes -perché l'Ungheria ritiene che la Cecoslovacchia sia il suo avversario più debole.

Anche a proposito dell'Ungheria Benes mi ha ripetuto che la collaborazione itala-francese potrebbe utilmente esplicarsi in un'azione di mediazione fra gli Stati della Piccola Intesa e l'Ungheria, suscettibile di fecondi risultati.

(Mi permetto di segnalare a V. E. il carattere particolarmente segreto delle aperture confidenziali di Benes in materia di revisione territoriale).

L'esposizione di Benes si è quindi portata su altri due problemi: Germania e Polonia. Ma la partenza del corriere odierno mi obbliga a rinviare al prossimo corriere il mio rapporto sulle idee del Benes al riguardo, nonché qualche mia considerazione conclusiva.

(l) -Cfr. n. 31. (2) -Cfr. n. 30.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 9 ottobre 1934.

L'Ambasciatore Chambrun non ha ancora ricevuto risposta da Parigi. Egli attribuisce a questo silenzio un significato piuttosto ottimista perché ciò vorrebbe dire che sono entrati nel merito delle nostre proposte.

L'Ambasciatore Chambrun mi presenta poi un programma, appena abbozzato, della visita di Barthou a Roma (1). La visita durerebbe tre giorni interi e lascerebbe tutto il tempo necessario per le conversazioni politiche.

Mi riservo di completare il programma e di presentarglielo. Gli faccio presente però che sarebbe bene avere una risposta da Parigi al più presto per poter riprendere i negoziati; rinviare la visita di Barthou all'ultimo momento farebbe certo una cattiva impressione.

L'ambasciatore mi dà poi anche gli elementi per la cerimonia della consegna del busto di Chateaubriand, che mi riservo di far completare.

A proposito del convegno del blocco oro, l'ambasciatore mi mostra una risposta da Parigi che insiste perché la riunione del 19 e 20 ottobre abbia luogo.

Gli ripeto le nostre obiezioni, rese ancora più attuali dal fatto che il Belgio ha nominato una commissione di cinque Ministri e gli dico che se non si riesce a rinviare tutto per una più completa preparazione, noi saremmo tutt'al più disposti ad inviare un rappresentante per gli accordi preliminari (l).

(l) In un appunto circa un colloquio con Chambrun avvenuto il 4 ottobre Suvich aveva scritto: «L'Ambasciatore Chambrun è venuto a chiedermi in forma ufficiosa se il Governo italiano sarebbe d'accordo di fissare la venuta di Barthou nella settimana fra il 4 e 1'11 novembre. Chiede anche che vogliamo stabilire il prog•ramma e la durata del soggiorno. Durante la sua permanenza a Roma sarebbe intenzione di Barthou di visitare anche il Papa».

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IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

L. P. Praga, 9 ottobre 1934 (per. il 14).

Per Sua personale norma La informo che Benes, nel lungo colloquio di cui al mio telegramma filo n. 134 (2) ed ai miei odierni telegrammi per corriere nn. 092 e seguenti (specialmente n. 093) (3) mi ha detto:

a) che V. E. gli aveva accennato alla possibilità di una sua visita a Roma dopo quella di Barthou e dopo la riunione di Ginevra del 15 novembre;

b) che dopo il rigetto della richiesta della Piccola Intesa a partecipare su piede di uguaglianza alla garanzia dell'indipendenza austriaca, esso Benes Le avrebbe domandato se questo fatto non mandava all'aria il di lui viaggio a Roma; e che Ella gli avrebbe risposto negativamente assicurandolo invece che la sua visita è ben vista a Roma e potrà perfettamente aver luogo se e quando quella di Barthou si sarà verificata con favorevoli risultati;

c) che esso Benes ha detto a Titulescu e Jeftié che egli si considera invitato (peraltro non ufficialmente) a Roma per l'epoca suaccennata, per cui egli si è assicurato il loro consenso e benestare, a norma del patto della Piccola Intesa, alla sua visita a Roma per trattare in nome della sola Cecoslovacchia.

Così stando le cose, e non sapendo fino a qual punto le Sue conversazioni abbiano avuto portata di azione tattica personale, io non ho creduto di menzionare in rapporti ufficiali le parole a Lei attribuite da Benes, !imitandomi a riferire l'effettivo suo stato d'animo nonché le sue disposizioni e aspettative al riguardo (mio telegramma per corriere n. 093).

Saprà V. E. quale parte delle Sue dichiarazioni a Benes sia da considerare pura trattativa verbale e contingente, e quale sia da registrare come avente maggiore portata.

Per parte mia non ho mancato di ripetere a Benes che a me risulta soltanto di favorevoli disposizioni esistenti a Roma per una «presa di contatto diretta » dipendente però sempre da circostanze di tempo e di opportunità,

RA.spondo che devo far studiare la cosa, che comunque esam,ineremo la proposta francese con la massima attenzione».

per cui nessun invito formale ho io mai trasmesso né mi risulta che ve ne sia comunque stato uno. Le sarò grato se crederà di farmi sapere il Suo pensiero ed eventuali suggerimenti o osservazioni al riguardo.

(l) Cfr. in proposito il seguente brano dell'appunto di cui alla nota precedente: «L'Ambasciatore mi parla poi dell'accordo per il blocco oro. E' intenzione del Governo francese di preparare un elenco secondo valori e peso dei prodott; che la Francia potrebbe p-iazzare fra i due paesi del blocco oro nel caso che uno dei paesi non partecipanti a detto blocco chiudesse i suoi mercati. Chiede se noi siamo disposti a fare altrettanto.

(2) -T. 3521/134 R., pari data, non pubblicato. (3) -Cfr. nn. 28, 29, 30 e 31.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3548/165 R. Belgrado, 10 ottobre 1934, ore 17,15 (per. ore 18,40).

Console generale Serajevo mi ha comunicato che dopo dimostrazione antitaliana e contro consolato, avvenuta ieri sera a tarda ora, stamane ore 12 numerosissima folla aveva inscenato nuova dimostrazione davanti consolato emettendo grida ostili e lanciando pietre (l).

Sono subito intervenuto presso questo ministero degli affari esteri ottenendo immediate scuse ed espressioni vivo rincrescimento nonché promessa pronto intervento diretto tutela nostre rappresentanze e collettività.

Ministero degli affari esteri e consolato Serajevo mi confermano infatti ora che seguito intervento truppe da me richiesto dimostrazione è stata dispersa ed ordine pubblico completamente ristabilito.

Anche Bano Serajevo espresse formali scuse nostro console generale.

Data eccitazione e incertezza momento e data prontezza intervento questa autorità nonché scuse subito presentate esprimerei avviso essere per noi conveniente non divulgare nostra stampa.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

T. 3554/166 R. Belgrado, 10 ottobre 1934, ore 19,15 (per. ore 21,45).

Poiché mie relazioni personali con principe Paolo vanno oltre quelle formali derivanti dalla mia missione e dalla sua situazione, ma possono essere considerate come di vera amicizia mi sono recato stamane da lui, anche in vista della sua designazione quale reggente, ad esprimergli le vive condoglianze del R. Governo e l'ho messo al corrente del sentimento di cordoglio italiano come delle manifestazioni che erano state fatte.

Egli, dichiaratomi che io ero il solo ministro che aveva chiesto di rivederlo, si è mostrato estremamente sensibile al mio passo e mi ha [pregato]

di [trasmettere] a V. E. ed a S. E. il capo del Governo che conosce personalmente, i suoi profondi commossi ringraziamenti per la parte presa dall'Italia in questa tragedia.

Mi ha confermato i suoi sentimenti di amicizia per il nostro paese ricordando che ha «radici in Toscana da centocinquanta anni» (allusione alla zia Abamelex di Pratolino) ed espresse il proposito di adoperarsi perché i rapporti fra l'Italia e la Jugoslavia possano rasserenarsi e condurre ad una intesa. Egli desidera che io faccia testimonianza a V. E. di questi sentimenti (che egli ha in verità costantemente espresso con me) ed aggiunto che negli ultimi mesi era in un vero stato di sofferenza morale di fronte al peggioramento delle nostre relazioni delle quali egli aveva seguito con passione le alterne vicende specialmente dal 1930.

Mi ha pregato tornare da lui non appena siano passati questi giorni dolorosi fino ai funerali di Re Alessandro per parlare lungamente dei nostri rapporti e vedere quanto egli possa fare di concreto per migliorarli durevolmente e solidamente.

È difficile dire subito se il principe Paolo acquisterà la forza e l'autorità decisiva di Re Alessandro ma certamente egli potrebbe essere nei nostri riguardi più duttile e più comprensivo del defunto Sovrano anche se sulla sua assoluta sincerità sia necessario talvolta fare qualche riserva (l).

(l) Il console a Spalato comunicò invece con telespr. 5413/805 dello stesso 10 ottobre: «Al contrarlo di quanto era recentemente accaduto per un attentato contro il Sovrano jugoslavo, questa volta ben poche sono state le voci, le quali hanno voluto attribuire all'Italia la responsabllità diretta o indiretta dell'atroce misfatto».

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IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3561/171 R. Budapest, 10 ottobre 1934, ore 19,15 (per. ore 21,15).

Mio telegramma n. 170 (2).

Nell'attesa indicazioni su atteggiamento italiano chieste, per averne norma alla propria attitudine, a codesta legazione di Ungheria, questo Governo mostra considerare con calma prevedibili ripercussioni attentato Marsiglia, dal quale esso ritiene potrebbe conseguire bensì rinsaldamento alleanza franco-serba ma anche diminuzione efficienza e in prosieguo di tempo progressiva decomposizione Stato jugoslavo.

Opinione pubblica appare finora preoccupata ma non allarmata: tentativi minuscoli e sporadici di manifestazioni filocroate sono stati facilmente sedati dalla polizia.

Stampa che, come reazione alla prima notizia nazionalità ungherese attentatore, aveva rilevato stamane origine croata quest'ultimo, affrettasi stasera sottolineare qualità di macedone sulla base di informazioni da Parigi e Belgrado.

memorazione in serbo fatta ieri sera ore 23,30 da nostra radio. Commenti nostra stampa sono riportati con evidenza e considerati con simpatia ».

(l) Con t. 3542/164 R., pari data, Galli aveva comunicato: «Ha fatto ottima impressione com

(2) T. 541/170 R., pari data, non pubblicato: atteggiamento della stampa ungherese circa l'attentato di Marsiglia.

37

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORREIRE 3598/096 R. Praga, 10 ottobre 1934 (per. il 13).

Il presente telegramma fa seguito al precedente n. 095 (1). Avevo appena licenziato il corriere di ieri coi telegrammi per corriere

n. 092 a 095 (2) allorquando si sparse qui la notizia dell'assassinio a Marsiglia del Re Alessandro e del ministro Barthou.

Pur avendo prodotto profondissima comprensibile impressione, il tragico avvenimento non sembra, a 24 ore di distanza, dover modificare il corso della politica che qui appariva caratterizzato dalle speranze nate dall'impressione di fiducia prodotta dal discorso di Milano, nonché dall'attesa -in tale atmosfera di ottimismo -dei risultati del viaggio del Re Alessandro a Parigi e della visita di Barthou a Roma (vedi mio telegramma filo odierno n. 135) (3).

Ritengo pertanto non sorpassato dalla tragedia sopravvenuta l'interesse che possono tuttora presentare le dichiarazioni fattemi avantieri da Benes sulla politica della Cecoslovacchia dopo il discorso di Milano, e continuo a riferire al riguardo col successivo telegramma n. 097 ( 4).

38

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 10 ottobre 1934.

Colloquio con l'incaricato d'affari di Jugoslavia.

Mi ha chiesto se credevo che i tragici avvenimenti di Marsiglia potessero avere ripercussioni sulle relazioni italo-jugoslave.

Gli ho risposto di ritenere che in quanto a direttive generali, nulla vi potesse essere di mutato da quanto V. E. aveva dichiarato in proposito nel recente discorso di Milano.

39

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 10 ottobre 1934.

Questo Incaricato d'Affari d'Ungheria ha espresso il desiderio di conoscere che cosa doveva intendersi con la parola «intesa» con la Jugoslavia

adoperata da S. E. il Capo del Governo nel suo discorso del 6 corrente a Milano e qual'era la portata degli «Accordi» che stavamo negoziando con la Francia.

Gli ho detto che, a mio avviso, la parola «intesa » poteva intendersi in modo generico, nel senso cioè di eliminazione delle ragioni di attrito fra i due Paesi e conseguente determinazione di una migliore atmosfera. Per quanto si riferiva poi agli « Accordi » con la Francia mi sono espresso analogamente a quello che è indicato nel telegramma del 15 Settembre (l) diretto dall'E. V. alla R. Legazione a Budapest, che ad ogni buon fine allego in copia. Le due parole «intesa » e « Accordi » erano da inquadrarsi nelle ben note direttive generali di politica estera del Governo Fascista quali risultavano da ultimo nel citato discorso di S. E. il Capo del Governo.

(1) -Cfr. n. 31. (2) -Cfr. nn. 28, 29, 30 e 31. (3) -T. 3569/135 R., non pubblicato. (4) -T. per corriere 3597/097 R. dello stesso 10 ottobre, non pubblicato: considerazioni di 6enes sulla G€rmanra.
40

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 10 ottobre 1934.

Questo Incartcato d'Affari d'Ungheria è venuto a dire che il suo Governo gli ha dato ·istruzioni di rendersi interprete del senso di profonda impressione che il telegramma diretto da S. E. il Capo del Governo al Presidente Goemboes (2) ha prodotto sull'opinione pubblica ungherese.

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3595/0177 R. Vienna, 11 ottobre 1934 (per. il 13).

Von Papen è venuto oggi a vedermi. Egli mi ha parlato anzitutto con grande ammirazione di S. E. il capo del Governo, al quale mi ha pregato di far giungere i suoi rispetti.

Mi ha poi detto che suo fermo proposito è quello di normalizzare, «con metodi di perfetta lealtà e senza intrigo», i ra;pporti austro-tedeschi: al riguardo ha rilevato che nessun incidente turba più la situazione interna di questo paese: che tale stato di cose, perdurando, porterebbe di per sé alla normalizzazione della situazione, la Germania riconoscendo la piena indipendenza dell'Austria: ha quindi accennato ai naturali interessi della Germania nell'Europa centrale, aggiungendo che del resto l'importanza di essi non era stata mai disconosciuta dall'Italia.

Von Papen ha quindi insistito sul punto ch'egli è stato sempre avverso ai metodi che furono usati verso l'Austria: che di ciò ebbe a tenerne parola

8 _ Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

al Duce, confidandogli apertamente tale sua avversione e pregandolo di voler avere, circa la questione austriaca, un abboccamento con Hitler: che il convegno di Venezia non corrispose alle sue aspettative, benché Hitler ebbe a dirgli della «straordinaria impressione » prodottagli dal Duce.

Ministro di Germapia si è lamentato che la stampa italiana, nonostante i predetti suoi precedenti, avesse dedicato poco graditi commenti alla sua nomina a Vienna, avesse discusso la questione del gradimento alla nomina stessa, e lo avesse tacciato di intrigante.

Inoltre von Papen mi ha parlato entusiasticamente del discorso agli operai di Milano, insistendo nell'affermazione che l'Italia e la Germania hanno scopi comuni, benché svolti con metodi diversi. Ha elogiato del pari la profonda concezione del patto a quattro.

Infine, circa la tragedia di Marsiglia, ha osservato che essa getta l'Europa in uno stato di grave tensione.

Ho interrotto varie volte il mio interlocutore, sia per correggere le diverse sue affermazioni circa il contegno della stampa italiana a suo riguardo; sia per illustrargli il discorso di Milano -che egli ha poi definito «essere stato il maggiore contributo alla pacificazione europea » -, sia infine per chiarire o rettificare taluni suoi accenni di secondaria importanza.

Nella sua lunga visita von Papen si è evidentemente sforzato, a più riprese, di apparire il più devoto entusiasta ammiratore del Duce, nonché il più convinto assertore della necessità di una completa normalizzazione dei rapporti austro-tedeschi.

Von Papen si recherà lunedì prossimo nuovamente a Berlino.

(l) T. 1261/127 R. del 15 settembre 1934, non pubblicato nel vol. XV, serie VII.

(2) Cfr. n. 22.

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 11 ottobre 1934.

Colloquio con l'Ambasciatore di Germania.

Con mia sorpresa, mi ha detto che non aveva ancora nulla da comunicarmi circa il questionario sul memorandum francese per la Sarre, che avevo curato a suo tempo di far pervenire al Governo di Berlino. L'ho pregato di fare sollecitazioni per una urgente risposta al riguardo nonché per l'invio a Roma del Ministro germanico a Berna al fine di iniziare al più presto le trattative tra Francia e Germania per la Sarre, le quali rivestono un carattere di grande urgenza dato che dovrò riferirne il 13 novembre al Consiglio della Società delle Nazioni.

Hassell mi ha poi intrattenuto sulle relazioni itala-tedesche, ripetendomi

quanto Cerruti or è qualche giorno telegrafò a V.E. di avere udito da lui sullo

stesso argomento (l).

A sua richiesta, gli ho dato delucidazioni sul corso delle trattative che hanno condotto alla recente dichiarazione itala-franco-inglese relativa all'Austria. Gli ho chiarito che dietro ordine di V. E. era sempre stato fatto il possibile per evitare ogni atteggiamento che avesse potuto essere interpretato come un tentativo di accerchiamento della Germania, e anzi per tendere a un accordo che avesse potuto consentire anche l'adesione della Germania.

Infine, dopo avermi detto di avere notato con soddisfazione, rientrando in Italia, un miglioramento della nostra opinione pubblica nei riguardi della Germania, mi ha accennato con grande interesse e preoccupazione all'arresto avvenuto recentemente a Milano del giornalista tedesco Bianchi e mi ha consegnato sull'argomento il promemoria che accludo (1). Ha aggiunto di aver ricevuto stamane telegrammi dal suo Governo e dal Console Generale di Germania a Milano che escludevano che Bianchi si sia mai direttamente o indirettamente occupato di spionaggio.

Su questo argomento gli ho detto di non avere nessuna competenza per dargli una risposta.

(l) Cfl". n. 8.

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IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, UMILTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 4237/564. Zagabria, 11 ottobre 1934 (per. il 15).

Faccio seguito al mio telegramma n. 14 in data di ieri (2) e scrivo ora affinchè col corriere che giungerà domattina 12 andante a Belgrado s.i abbiano le notizie seguenti:

Mentre le misure di polizia sono apparentemente diminuite e la gente circola abbastanza numerosa per le vie, in realtà la pressione delle autorità e del.la polizia verso la massa della popolazione croata è ancora enorme.

Solo a poco a poco ogni singola casa ha esposto una sola bandiera nera per imposizione della polizia: i negozi sono tutti aperti e rarissimi son quelli che hanno delle striscie di drappo nero nelle vetrine: solo nella strada principale alcuni negozi espongono nella vetrina il ritratto abbrunato del Re defunto in mezzo a due ceri.

Come V. E. può facilmente immaginare data la rigorosa sorveglianza della polizia, non ho avuto nè cerco di avere pel momento contatti con qualcuno del partito Croato: ho peraltro sentito a dire che alcuni membri di loro hanno fatto raccomandare specialmente alla popolazione rurale di tutta la regione di tenersi tranquilla per non dare causa al regime di aumentare ancora di più vittime e arresti. I quali sono stati operati e continuano ancora in numero così straordinario che, anche volendo è pel momento impossibile ai capi croati di avere tra loro contatti o averne con la provincia.

In questi tre giorni ho avuto ripetute occasioni di parlare, alle varie cerimonie funebri ufficiali per il defunto Sovrano, con le più alte autorità civili e militari

di qui: esse mi hanno espresso la loro viva riconoscenza per le condoglianze mandate da S. E. il Capo del Governo a Belgrado e per il tono della stampa italiana in questa occasione.

Tutte queste autorità, e tengo in modo sp€ciale a far rilevare quanto segue, mi hanno ripetuto la espressione: <<Il delitto è tanto più abominevole in quanto che nessuno può dire quale avvenire è riservato al nostro Stato, non tanto per movimenti interni voluti dai croati, quanto per le sorprese che si potranno avere a Belgrado tra i serbi pro e contro il regime ».

Finora non c'è stato nulla contro di noi; la stampa non accenna minimamente al nostro Paese e Consolato e negozi italiani sono sempre ben guardati dalla polizia.

Alcune voci però che debbono essere state messe in giro dai nazionalisti, ma che finora non trovano graride accoglienza tra la gente e che finora non barino avuto alcuna conseguenza, vorrebbero attribuire l'assassinio a mandato italiano.

Lascio a V. E. giudicare se di quest'ultima parte del presente rapporto sia opportuno che Ella ne faccia parola a codeste autorità centrali.

(l) -Non sl pubblica. (2) -T. 3543/14 R., non pubblicato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3581/172 R. Belgrado, 12 ottobre 1934, ore 12,35 (per. ore 14,50).

Vi è stasera smentita ufficiale a concentramento truppe jugoslave nostra frontiera. Siccome però tale notizia è ripetuta varie fonti faccio percorrere zona fra Sussak Zagabria e Lubiana d'accordo con l'addetto militare.

45

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, DIANA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3591/303 R. Berlino, 12 ottobre 1934, ore 17,40 (per. ore 23,45).

Atteggiamenti e commenti stampa tedesca circa tragedia Marsiglia rispecchiano fedelmente impressioni e sentimenti di questi circoli politici e opinione pubblica tedesca.

Morte Re Alessandro viene sinceramente deplorata ricordandosi recente maggiore cordialità dei rapporti tedeschi-jugoslavi e come egli avesse recentemente dato prova del suo acume politico iniziando una politica di maggiore indipendenza dalla Francia.

Si ritiene che nuovi governanti jugoslavi dovranno ispirarsi all'atteggiamento del defunto Sovrano e continuare stessa politica.

Attentato viene volentieri presentato come gesto isolato di un criminale sanguinario e lontana conseguenza degli errori di Versailles mentre si evita invece di dare rilievo alla evidente connessione tra attentato di Marsiglia e passioni politiche che tormentano jugoslavi difficile situazione interna e malcontento delle popolazioni non serbe.

Scomparsa Barthou non desta alcun rammarico essendo egli considerato come uno dei maggiori nemici della Germania.

Egli continuava la stessa politica di odio di Delcassé e di Poincaré e si adoperava tenacemente e con successo a mantenere ed accrescere isolamento della Germania.

Interruzione dei colloqui di Parigi lascia sperare che anche conversazioni itala-francesi di Roma dovranno per forza di cose subire un rallentamento e si raccolgono con malcelata compiacenza le prime voci circa probabilità assunzione del portafoglio degli esteri in Francia da parte di uomini che si considerano meno ben disposti ad una politica di avvicinamento e di collaborazione con l'Italia.

Ha destato invece disappunto notizia apparsa in alcuni giornali che al posto del caduto ministro degli affari esteri visita a Roma verrebbe egualmente effettuata il 4 novembre dallo stesso presidente del consiglio Doumergue (1).

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3607/175 R. (2). Belgrado, 13 ottobre 1934, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Sono confidenzialmente informato che al ministero degli affari esteri regnerebbe molta agitazione nella supposizione si voglia approfittare situazione per ottenere dislocazione Jugoslavia.

Incaricato d'affari jugoslavo costà ha protestato o dovrebbe ricevere istruzioni protestare contro notizie emesse da nostra radio su situazione croata, su circolazione moneta croata a Zara e chiedere spiegazioni su concentramento truppe italiane a frontiera jugoslava (3). Per quest'ultimo punto e richiamando mio telegramma n. 171 (4) giudichi V. E. se sia il caso di una smentita ufficiale.

(l) -Con telespr. 5419/806 del 10 ottobre Il console a Spalato aveva comunicato che Il consol1e di Francia, Soupey, <<mentre dava sfogo alla sua più viva indignazione per l'atroce misfatto di Marsiglia, asseriva tra l'altro essere sua convinzione che tale delitto, allo stesso modo che 11 recente assassinio di Dolfuss, deve attribuirsi a oscure mene hitleriane. Si sarebbe voluto per mezzo del delitti ostacolare quel ravvicinamento !taio-francese, che era oramai in atto e che doveva concludersi con la visita del signor Barthou a Roma, visita che -ha affermato alla fine questo Console di Francia -doveva condurre ad accordi della massima importanza». (2) -Non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo. (3) -La protesta e la smentita di Suvich risultano da due appunti dello stesso Suvich del 12 e 13 ottobre che non si pubblicano. (4) -Con t. 3580/171 R. del 12 ottobre Galli aveva comunicato che l'addetto militare era stato incaricato dallo Stato Maggiore di smentire 11 concentramento di truppe italiane alla frontiera jugoslava e che egli aveva dato le stesse istruzioni ai funzionari dipendenti.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 3606/176 R. (l) Belgrado, 13 ottobre 1934, ore 17,30 (per. ore 19,30).

Mi si riferisce da fonte estremamente confidenziale e comunico con ogni riserva da parte mia, che Fotié, delegato jugoslavo alla S.d.N., il quale ha assistito ad Annemasse all'interrogatorio di due complici del Kelemen, avrebbe inviato già iersera un rapporto telegrafico impressionante sulle responsabilità italiane nella tragedia di Marsiglia (2).

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3608/180 R. Belgrado, 13 ottobre 1934, ore 21,10 (per. ore 22,30).

R. console generale a Zagabria telegrafa quanto segue:

«Situazione locale e provincia invariata. In seguito a qualche accenno questa stampa ad origine italiana dell'assassino e complici sempre più si diffonde voce nostra responsabilità nel misfatto.

Fino ad ora misure di sicurezza garantiscono tranquillità verso ufficio consolare e connazionali. Ritengo giornata più pericolosa sarà domani e lunedì durante sosta in questa stazione ferroviaria corpo defunto Sovrano.

Mi permetto suggerire anche V. E. dica qualche parola codeste autorità centrali affinchè misure di sicurezza a nostro riguardo non siano rallentate specialmente nei riguardi dei cetnici e membri Narodna Obrana ».

Ho risposto:

«Suo telespresso n. 4255.

Autorità ha ordine reprimere con brutalità qualsiasi dimostrazione eventualmente anche col sangue.

Conviene considerare situazione con ogni calma e senza inutili allarmi».

(l) -Non inserito nel registro dei telegrammi in arcrivo. Questo telegramma e quello pubblicato al n. 52 furono Inviati a Londra e Parigi con t. r. 1364 R. del 16 ottobre perché ne fosse data comunicazione confidenziale ai ministri degli esteri francese e inglese. (2) -Cfr., sullo stesso argomento, un appunto per Suvich del 13 ottobre, non pubblicato, <o11e riferiva notizie telefonate da Bova Scoppa poco prima delle 22 del 12 ottobre.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 6381/1743. Belgrado, 13 ottobre 1934.

Da fonte confidenziale mi perviene la seguente informazione:

«Persona di fiducia ha avuto occasione di parlare con Bora Jeftié, fratello del Ministro degli Esteri, capo dell'agenzia Avala, il quale gli ha detto che il Governo jugoslavo è in possesso di dati precisi e sicuri che l'attentato contro Re Alessandro è stato voluto ed organizzato dall'Italia. L'assassino è croato del gruppo di Perceé e Pavelié e faceva parte di quei fuorusciti croati che sono stati accolti e sovvenzionati dall'Italia. Egli è partito dall'Italia un mese fa, accompagnato da altri suoi complici. I documenti di cui egli era provvisto sono stati fatti in Italia.

Per il momento non è stato permesso alla stampa di dire una sola parola al riguardo, ma dopo i funerali del Re si sentirà quello che si dovrà sentire e che confermerà l'esattezza di queste affermazioni. Le informazioni si hanno dalla Francia.

Il Signor Jeftié ha aggiunto che la vendetta non mancherà e che Mussolini che ha voluto la morte di Re Alessandro subirà tutte le conseguenze della sua opera. Anche lui pagherà il fio.

A Zara all'annuncio della morte di Re Alessandro fu organizzato e tenuto un banchetto, degli emigranti croati, senza che la autorità fosse intervenuta. Quando poi il banchetto si tramutò in una vera orgia, il prefetto intervenì per scioglierlo ».

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IL CONSOLE LANDINI (l) AL SOTTOSEGRETARIO ALLA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO

L. P. Parigi, 3 ottobre 1934. Ho sotto gli occhi le bozze originali della corrispondenza telefonata da Ginevra dall'inviato del Petit Parisien (Du Bochet) al suo giornale, circa indagini sul complotto contro Re Alessandro. Confrontandole col testo pubblicato (veda Petit Parisien di stamani, 13 corr.) in prima pagina, trovo soppresse le parti che alludono all'Italia. Infatti, nella 5a colonna, subito sotto la fotografia, constato la soppressione (dopo « Kalemen lui mème ») delle parole: « Tous deux arrivaient e n dro i te ligne d'Italie, où ils avaient quitté Pavelitch, qui a sa résidence habituelle à Milan». Sempre nella stessa colonna, alla riga 31, trovo soppresse le parole «et d'Italie », dopo le parole « de Hongrie ».

Questa censura è stata fatta sicuramente per ordine superiore e significa che la Francia, oggi, non vuole storie con l'Italia.

(l) In servizio presso l'ambasciata a Parigi.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3612/181 R. Belgrado, 14 ottobre 1934, ore 11,40 (per. ore 14).

Mio telegramma n. 172 (l).

Finora risultato ispezione è negativo. Riservomi ulteriori notizie.

Ma se eventualmente notizie date dal solito informatore militare al consolato Zagabria hanno un qualche fondamento può trattarsi di spostamento determinato da necessità ordine pubblico interno e dal timore fuorusciti croati possano tentare penetrare in Jugoslavia.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. s. 1358/141 R. (2). Roma, 14 ottobre 1934 (3).

Suo 176 (4). Si riferisce anche direttamente da Ginevra (5) che il signor Fotié delegato della Jugoslavia alla Società delle Nazioni sta spargendo la voce negli ambienti giornalisti'Ci che all'Italia spetterebbero gravi responsabilità circa eccidio Marsiglia. Trattandosi di persona che copre alla funzione ufficiale prego V.S. recarsi immediatamente dal ministro esteri diffidandolo nel modo più energico a richiamare il signor Fotié per questo suo inqualificabile contegno. È difatti inconcepibile che mentre il Governo italiano prende tutte le misure atte ad evitare ogni turbamento alto funzionario del Governo jugoslavo stia compiendo azione denigratrice che evidentemente può portare a conseguenze molto serie. È chiaro che se risultasse qualche elemento per cui possa essere utile nostra collaborazione al fine di chiarire verità· su attentato noi non mancheremmo di portare nostro contributo a tale opera chiarificatrice.

(l) -Cfr. n. 44. (2) -Non inserito nel registro dei telegrammi !n partenza. (3) -Manca l'indicazione dell'ora d! partenza. (4) -Cfr. n. 47. (5) -Cfr. n. 47, nota 2.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. P. 1362/143 R. (l). Roma, 14 ottobre 1934, ore 22.

Suo telegramma 175 (2)). Ho già smentito direttamente a questo incaricato d'affari di Jugoslavia (3) nel modo più assoluto voci concentramenti truppe italiane a frontiera jugoslava. Ritengo inutile altra smentita (4).

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L'ISPETTORE GENERALE DI PUBBLICA SICUREZZA, CONTI, AL CAPO DELLA POLIZIA, BOCCHINI (5)

L. RR. Roma, 14 ottobre 1934.

Stamane ho conferito con S. E. il Sottosegretario di stato agli Esteri, che si è mostrato preoccupato delle possibili ripercussioni dell'eccidio di Marsiglia in relazione alla permanenza in Italia del noto Nucleo.

Non ho mancato di riferire subito alla prefata Eccellenza dettagliatamente quanto avevo saputo dal noto Senian (come ho già riferito con separato rapporto) ed ho fatto presente che il suddetto non è stato con me completamente veritiero, avendo esclusa la partecipazione di elementi già residenti in Italia, partecipazione che ormai sembra accertata. Ho riferito anche che, seguendo le istruzioni datemi nel precedente colloquio, avevo accennato al Senian di aver vagamente appreso al Ministero degli Esteri dell'intenzione del ritiro delle armi, ed ho soggiunto che questi era rimasto completamente indifferente, e che io in tale circostanza avevo riportata l'impressione che il Senian non temesse un tale provvedimento, avendo forse elementi morali per potersi all'occorrenza opporre.

Alla richiesta fattami da S. E. Suvich, se ritenessi possibile che fosse in seguito conosciuto il comportamento nell'attuale circostanza degli elementi del Nucleo in Italia, ho risposto che ritengo la cosa molto probabile, dato che i dirigenti del movimento separatista Croato hanno al riguardo interesse opposto al nostro. Essi infatti ci tengono a far sapere di aver nel loro movimento l'appoggio dell'Italia e deprecano un nostro riavvicinamento con la Francia e con la Jugoslavia.

Ho soggiunto anche che è mia personale impressione che i suddetti si siano indotti o per lo meno abbiano affrettato il fatto delittuoso in vista dei migliorati nostri rapporti con la Francia e con la Jugoslavia.

Ho fatto infine presente che a mio modesto avviso, il momento attuale col noto Nucleo, mi sembra particolarmente delicato, in considerazione del risentimento che potrebbe produrre, e delle possibili conseguenze che potrebbero verificarsi in seguito ad una azione energica.

S. E. Suvich, dopo aver ascoltata la completa mia esposizione dei fatti mi ha dichiarato che Egli da tempo e precisamente dopo l'attentato di Zagabria, aveva incaricato il Dott. Cortese (che ha sempre mantenuto i rapporti col Senian) di dire a questi che non era possibile tollerare che si ordissero in Italia complotti od attentati, e di avvertirlo che se altro incidente si fosse verificato, sarebbero stati adottati provvedimenti radicali.

Ho risposto subito che ignoravo completamente la cosa e che ignoravo pure se il Dott. Cortese avesse o meno adempiuto all'incarico datogli. Ho creduto quindi opportuno di tornare a dichiarare quanto avevo già detto in un precedente colloquio, che cioè io non mi ero mai incaricato di regolare il tenore di vita dei componenti del Nucleo, ed il comportamento dei suoi componenti, non avendo io mai avuto incarico al riguardo. A ciò provvedeva esclusivamente il Dott. Cortese che aveva col Senian frequenti incontri e colloqui, dei quali non ho mai conosciuto il contenuto, neanche di quelli talvolta avvenuti in mia presenza, perchè i due usavano il Tedesco, idioma a me completamente sconosciuto.

Ho soggiunto anche che io, giusta gli ordini ricevuti, mi sono esclusivamente limitato a facilitare la ricerca di locali adatti ed a far eseguire i trasferimenti nel modo più riservato possibile. Ho fatto altresì presente che ho ritenuto mio dovere riferire quanto avevo modo di osservare e che ritenevo meritevole di attenzione. Incominciai così a riferire circa l'uso delle divise, che richiamavano la curiosità del pubblico, circa l'armamento militare, concesso a profusione, circa l'uso delle armi, ed i tiri con le mitragliatrici, circa le passeggiate in piena forma militare ecc. ecc.

Avendomi peraltro S. E. Suvich dichiarato che dei miei rapporti aveva Ietto soltanto gli ultimi. ho creduto far presente che il Dott. Cortese era a conoscenza del loro contenuto. per averlo anche io tenuto al corrente come persona designata a trattare la cosa.

Per ora la prefata Eccellenza non mi ha dato alcun ordine od istruzioni e mi ha detto di tornare da Lui nel pomeriggio di martedì 16 corrente.

(l) -Non inserito nel registro dei telegrammi in partenza. (2) -Cfr. n. 46. (3) -Cfr. n. 46, nota 3. (4) -Con t. 1371/145 R. del 17 ottobre Galli fu informato del contenuto dei colloqui di Suvich con l'incaricato d'affari di Jugoslavia del 12 e 13 ottobre. (5) -Da ACS, P.S.. Ispettorato di P.S. in Pisa per gli affari dei fuorusciti croati, 1930-43.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T..../185 (1). Belgrado, 15 ottobre 1934, ore 19,15 (per. ore 21,30).

Telegramma di V. E. n. 141 (2). Purié mi ha assicurato darebbe subito istruzioni F'otié nel senso da noi richiesto.

arrivo.

Ha aggiunto che Fotié sembrava infatti assai eccitato in questi ultimi giorni specie dopo avere assistito ad interrogatorio arrestati Annemasse. Purié non ha risposto alla seconda parte mia comunicazione.

(l) Privo di numero d! protocollo generale; non inserito nei registri del telegrammi 1n

(2) Cfr. n. 52.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T..../186 (1). Belgrado, 15 ottobre 1934, ore 18 (per. ore 22).

Mi si afferma da buona fonte che riunione della Piccola Intesa a Belgrado (vedi Stefani Speciale) deciderà investire S.d.N. della questione degli emigrati croati.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s..../187 (1). Belgrado, 15 ottobre 1934, ore 18 (per. ore 20).

Purié ha detto ieri sera a ministro di Polonia, che ha ripetuto a quello d'Ungheria, che assassino Re Alessandro si era incontrato a Zurigo ... (2) suddito italiano, proveniente dall'Italia, aveva avuto istruzioni e danaro per attentato.

Rurié avrebbe detto che responsabilità ungherese e italiana sono nettamente provate, che Jugoslavia per il momento frenava ogni esplosione di sdegno ed avrebbe represso ogni manifestazione ostile ai due paesi. Ieri anzi erano stati sequestrati giornali francesi che recavano notizie atte sollevare sentimento popolazione contro due Stati.

Ma Jugoslavia sceglierebbe il suo momento per vendicarsi.

Ministro di Inghilterra, che nei nostri riguardi compie una opera di netta tranquillizzazione, mi ha confermato che anche Purié è eccitatissimo e che egli ha avuto lunghi colloqui per calmarlo ed ieri sera rientrando in legazione gli ha anche scritto una lunga energica lettera personale per richiamarlo a senso di realtà più opportuna e confacente al delicato momento.

(l) -Privo di numero di protocollo generale; non inserito nei registri dei telegrammi in 'lrrivo. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI,

T. s..../188 (1). Belgrado, 15 ottobre 1934, ore 19,30 (per. ore 21,30). Mio telegramma n. 185 (2).

Purié non ha risposto alla seconda parte della mia comunicazione (collaborazione inchiesta).

Ho interpretato tale silenzio come espressione di scarsa fiducia nella mia assicurazione. Poi, accompagnandomi alla porta, mi ha preso la mano e detto testualmente con non celata emozione: «Galli la nostra conversazione ufficiale è finita. È Purié amico che parla a Galli. Fate qualche cosa contro Pavelié, fatelo sparire».

Gli ho risposto con stupore «Ma se Pavelié non è in Italia».

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 15 ottobre 1934.

Colloquio con l'ambasciatore di Turchia.

Venuto a farmi la sua prima visita, ha abbordato il tema delle relazioni italo-turche. Dati i vecchi rapporti di amicizia esistenti fra noi, mi ha subito dichiarato con cortesia e franchezza che tutte le vecchie ragioni (mancato prestito, discorso di V. E., scarso appoggio alla elezione del rappresentante turco al Consiglio della Società delle Nazioni) potevano ritenersi sorpassate, ma che una sola perdurava: le fortificazioni di Rodi.

Gli ho chiesto perché mai non si era sollevata questa questione al suo inizio, allorché io avevo trattato col Governo turco la questione della ripartizione degli isolotti di Castelrosso, ed egli mi ha risposto che le fortificazioni di Rodi allora erano state semplicemente deliberate, ma non costruite. Gli ho portato. anche l'esempio di Malta, ma a nulla è valso.

È risultato evidente che questa di Rodi é l'unica questione che veramente e vivamente preoccupa il Governo turco, sia per se stessa sia come sintomo, ed ho avuto l'impressione che questo Ambasciatore tornerà certamente a fare nuove insistenze (3).

arrivo.

12) Cfr. n. 55. 13) Trasmesso a Mosca. Ankara. Atene, Belgrado, Sofia, Bucarest e Rodi con telespr. 234493/C. del 29 ottobre. Lago rispose con telespr. rr. 2164 del 17 novembre: «Non è da escludere che le preoccupazioni manifestate dall'Ambasciatore di Turchia siano l'effetto di notizie allarmistiche di questo Console che -come ho molte volte avvertito -per

(l) Privo di numero di protocollo generale; non inserito nel registro dei telegrammi in

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

R. 6394/1750. Belgrado, 15 ottobre 1934.

Sulla situazione in Jugoslavia ho già cominciato a riferire sabato scorso (2).

Cresce l'indignazione per le scarse misure di protezione a Marsiglia. Le fotografie probatorie si illustrano con notizie più precise: cordoni insufficienti a contenere la folla, automobile a bassa velocità e non circondata da agenti, l'automobile con la salma Reale lasciata per dieci minuti alla macabra curiosità di fotografi mentre Barthou da solo regge il braccio ferito e cerca un tassì. Ed i cinematografai girano la scena con tranquillità ollivudiana come se fosse il negro di cencio divorato dai leoni di Tarzan. È da concludere che la sicurezza del corteggio sarebbe stata ben più certa se il Governo francese la avesse affidata ai gangster di Marsiglia.

A quanto poco del resto tiene la vita di un uomo! Il Principe Paolo mi raccontava che a Cattaro Re Alessandro, non certo buon marinaio, era già stato persuaso a non proseguire col « Dubrovnik » poiché il mare era cattivo e già la regina era sbarcata. Poi il comandante del caccia con gli ufficiali di equipaggio avevano dichiarato al Re che il mare sarebbe stato eccellente il viaggio ottimo. Ed il Re aveva detto al Principe Paolo: «Non é vero quanto affermano. È che se non mi portano a Marsiglia temono di non avere la Legion d'Onore. Allora perché la abbiano, aveva concluso sorridendo, andrò per mare!».

Cresce intanto la brama impaziente di conoscere l'identità degli assassini di dove escano di che siano espressione, e con la brama l'ansia ed il nervosismo.

Crescono purtroppo anche le voci che vogliono, ad ogni costo piazzare l'origine del delitto quanto meno in tolleranze italiane a fuorusciti croati. Ho già detto ieri l'altro che più che per una ragione ed una prova si tratta per ora di un instintivo fenomeno psicologico contro il quale ogni più precisa reazione si spunta. Evidentemente poi vi sono alimenti interessati, esagerazioni di irresponsabili come obliqua manovra per riunire viemmeglio intorno all'odio antiitaliano (e da poco intorno all'ungherese) il sentimento comune della Jugoslavia ed indurla a stringersi per difesa attorno alla Reggenza ed al Governo per difesa dalla minaccia esterna all'unità. Dei dettagli che corrono di bocca in bocca, e che sono anche nella stampa francese e diffuse dalla radio francese, vi sarebbe quello che uno dei complici sarebbe venuto in !svizzera da Como, od avrebbe avuto contatto in !svizzera, a Zurigo, con altro misterioso personaggio proveniente da Como. I circoli ufficiali, V. E. ha già visto, credono iden

il suo temperamento impulsivo superficiale ed esaltato, svolge qui opera quanto mai deleteria per i buoni rapporti colla Turchia ». soragna comunicò invece con telespr. 1338 del 24 novembre che il ministro dl Ungheria de Tahy gli aveva riferito che Tevfik Ruschdi bey gli aveva detto:

«che egli aveva bisogno dell'amicizia dell'Italia come di quella della Jugoslavia -ma che era preoccupato dell'andamento dei rapporti turco-italiani e ha fatto allusione specialmente a Smirne dove l'attività non gradita di quel Console italiano avrebbe potuto far sorgere un grave incidente da un momento all'alft-o ».

tificarlo nel Pavelié. Poi si adopera la circostanza che uno dei complici si chiamerebbe Pospisil. È questi l'uccisore del giornalista Schlegel. Rifugiatosi in Italia nel 1930 insieme al suo complice Babié, non fu da noi estradato malgrado la richiesta jugoslava.

Gli ambienti ufficiali lasciano comprendere di sapere molto di più. Ho trasmesso a V. E. il colloquio confidenziale avuto da persona di fiducia col direttore dell'Avala (1), ha telegrafato quanto mi si è riferito essere stato telegrafato dal Fotié (2) (Delegato alla S.d.N.) che ad Annemasse ha assistito all'interrogatorio di due complici, quanto detto da Purié al Ministro di Polonia.

Ora i fatti accertati all'ultimo momento, bulgaro macedone l'uccisore, bulgaro macedone un complice, luogo di addestramento per il delitto l'Ungheria ad Janka Pusta con gli emigrati croati, alleggeriscono il nostro paese di gran parte di questo sentimento ostile. Circostanze che giudico di estremo favore per noi, se V. E. considerandole per tali, creda anche approfittarne, come mi permetterò proporre subordinatamente.

Comunque pur perdurando un forte nervosismo, le dimostrazioni esteriori di tale stato di animo sono state finora (meno le primissime, improvvise, della sera del 9) contenute o represse, e vi sono ancora gli ordini recisi e severi per le altre che si potessero tenere e nel complesso si deve riconoscere che il paese ha conservato una grande calma, che il Governo ha saputo rapidamente padroneggiare la situazione, tanto che molte delle misure di ordine pubblico sono in lenta diminuzione. E deve essere rilevata la attivissima azione moderatrice di questo Ministro d'Inghilterra.

Parallelamente alle misure di sicurezza, i giornali ufficiosi e le mag.giori associazioni hanno fatto e fanno appello alla calma alla ponderazione per non dare pretesti ai «nemici esterni». Il linguaggio di questi appelli è calmo e moderato. Vi fa eccezione il messaggio di ieri della « Narodna Odbrana » che ha queste frasi: « ... tutti i membri della Narodna Odbrana debbono aprire bene gli occhi ed essere pronti ad imprese eroiche al servizio degli ideali nazionali ... dovete col vostro atteggiamento nazionale-unitario donare la pace meritata alle ceneri dell'eroe ... dovete far comprendere a tutti coloro che inebriati dall'odio verso la nostra nazione credevano che con tre colpi di rivoltella potevano uccidere la nostra nazione e la nostra patria... ».

Fino a quando il Governo non utilizzerà contro di noi nel maggior modo ed il più aperto, tale arma che egli ha sempre in passato impiegato a suo prò sta in relazione a tre punti: la scoperta o meno di altri ben più sicuri elemen~i di accusa contro di noi che non quelli che finora sono accennati, lo sviluppo prossimo della situazione interna col contemporaneo quotidiano svolgersi dei rapporti itala-jugoslavi nei prossimi giorni.

Intanto si assiste a commoventi manifestazioni di cordoglio. Quelle di Spalato e di Zagabria sono state impressionanti e commoventi, con un concorso di folle che è per la stragrande maggioranza spontaneo. Se per un verso vi contribuisce il sentimento di pietà per la tragedia cruenta che uccide un Re e toglie dal

collegio un fanciullo per porlo sul Trono e copre di gramaglie una madre esemplare, sta anche il fatto che questa pietà finisce col divenire una forza politica che raccoglie le popolazioni intorno al potere centrale. Nè ciò mi stupisce, e fa chiedere se l'avvenire abbia a dire essere stata l'uccisione del Re un sicuro fattore di bene. Come anche se in Croazia vi fosse stato sentimento rivoluzionario dinamico al primo allentarsi della catena che tiene i croati in sottordine esso sarebbe scoppiato. Ma questo, come tante e tante volte ho ripetuto a V. E., non c'è. È la storia costante della Croazia. E spesso mi sono domandato, essendo possibile fare una distinzione sicura fra croati e serbi della Croazia, quanti di questi ultimi e quanti dei primi noi troveremmo nelle lotte e nei tentativi rivoluzionari contro l'Ungheria.

Se si assiste ad uno spontaneo popolare riaccostamento attorno al potere centrale, si precisano per altro le critiche alla Reggenza, ma si va facendo una distinzione fra il Principe Reggente ed i suoi due collaboratori. Nello spirito di una Reggenza i tre sono pari, quindi dovrebbero essere uno. Ma la distinzione si è fatta fino dal primo giorno alla Skuptcina quando dopo il giuramento il Presidente del Consiglio e quello del Senato e quello della Skuptcina strinsero la mano stesa dal Principe Paolo. Ma quella del Perovié rimase a mezz'aria, e lo Stankovié non si mosse dall'attenti. Come anche il decreto governativo dà al Principe Paolo il titolo di «Principe Reggente di Jugoslavia» non si occupa degli altri due. E corre rapidamente la voce, o si fa correre, che il Principe Reggente abbia già dimostrato in questi primissimi giorni non solo senno e finezza di spirito (che gli è del resto già propria) ma anche decisione e volontà. E può anche darsi sia vero. Talvolta le funzioni fanno discoprire negli uomini qualità ed attitudini ignorate.

Intorno alla Reggenza cominciano a raccogliersi anche gli elementi contrari al Regime. Già Korosec ha telegrafato da Rab (Arbe) il suo cordoglio, e lasciata, col consenso governativo, la sua isola di confino, verrà a Belgrado dietro al feretro. È da attendersi qualche cosa da Macek? per il momento non sembra verosimile, ma ci si aspetta almeno una prossima misura di clemenza in suo riguardo. Con i capi di masse jugoslave starà conciliantissimo il mussulmano bosnia·co Spaho. E poi i vecchi radicali ed i democratici esclusi dal potere. Il movimento diretto a sorreggere il Reggente già quindi si delinea dovunque, meno per ora che in Croazia od in questa solo negli elementi già governativi.

Il telegramma United Presse che ho visto in qualche giornale italiano (il Piccolo di Trieste) che parla di riunione di capi croati per il sostegno della situazione non è ancora a me confermato, e dev'essere intanto ritenuto una manovra. Ma se tale fatto avesse a verificarsi prossimamente non ne sarei affatto stupito. I nostri giornalisti qui accorsi numerosi per la cronaca funeraria si svegliano ogni mattina sempre più stupiti che la rivoluzione non sia già scoppiata in Croazia, che un incendio non divampi da Maribor a Gevgeli. E tanto per contentarsi hanno mandato al Giornale d'Italia descrizioni esageratamente colorite dei pochi disordini di Serajevo, sperando fossero prodro~o di maggiori.

Io non voglio escludere nulla per il domani, ma solo esprimere forti dubbi

che ciò possa essere, a meno di quelle tali circostanze esterne che ho sempre e

monotamente ripetute, o di fatti nuovi che siano fuori di ogni possibile apprezzamento odierno e che non diano oggi alcun sintomo anche appena percettibile a chi sta, come me, nel più attento obiettivo ascolto.

Del resto i serbi di ogni partito se presto secondo me, discuteranno, ed aspramente, fra loro del futuro assetto della Jugoslavia, ove una minaccia interna si presenti o se un pericolo esterno si profili, saranno tutti di una sola opinione, e per tutte le gradazioni che passano da una rinnovata dittatura militare alla più larga autonomia federale, cercheranno quella soluzione che fondamentalmente assicuri la unità statale.

Il momento di questa discussione verrà, o più tardi o più presto. Se attraverso nuovi comizi elettorali, una costituente, dopo dibattiti dell'attuale rappresentanza alla Skuptcina ed al Senato, nessuno può dire. Ma verrà certo. A quel momento per informare esattamente V. E. io credo che non avrò che da adattare alle nuove circostanze di fatto quanto scrivevo nell'autunno 1931, primavera 1932 allorché promulgata la nuova costituzione il Paese fu retto dal Ministero Marinkovié. La sostanza della discussione sarà quella, le correnti di idee maggiori saranno quelle, perché il fondo della pubblica opinione non è mutato.

Prima quindi di affermare a V. E. che la unità jugoslava è in pericolo, malgrado la fine tragica di Re Alessandro, io rifletterò molto. Oggi ingannerei ....-.E., scientemente, se attribuissi la mag~icre probabilità a questo evento, come inganna, o si inganna, chiunque porti oggi diverso giudizio all'E. V. Ipotesi che per altro per prudenziale misura non dev'essere esclusa, ma per ora posta in terzo e lontano rango.

Che se davvero avessimo ad arrivare al momento di un serio pericolo per la unità jugoslava e più ancora se la dislocazione si verificasse sarebbe tutto l'assetto europeo in discussione ed in rimaneggiamento, forse con la guerra. E la tragedia di Marsiglia, a venti anni da quella di Serajevo, sarebbe degli effetti storici di quella un singolare ricorso. Ma i ricorsi sono più facili nella teoria che nella reale vita dei popoli.

Per mantenere l'unità si farà del resto dalle potenze più interessate ogni maggiore sforzo. La presenza ai funerali del Presidente della Repubblica francese con una imponente rappresentanza militare, marittima, aerea, con stuolo di Ministri e di Senatori e Deputati, quando la imponente delegazione francese avrà al suo fianco con i maggiori possibili rappresentanti della Piccola Intesa e del Patto Balcanico anche le rappresentanze militari di questo gruppo, mentre (sia pure per la casualità della presenza in acque jugoslave della flotta britannica) anche marinai inglesi e fanteria di marina inglese si uniranno al corteo col Duca di Kent, non è soltanto un omaggio al defunto Sovrano, non è soltanto espressione di umano orrore per la tragedia, non è soltanto pietà per n delicato Re fanciullo (lo vidi una volta tre anni addietro girare nudo nel giardino di Bled e mi parve il più armonico e più tenero virgulto umano che si potesse mai contemplare), ma è anche espressione di volontà internazionale di mantenere la unità jugoslava, sia pure fatalmente indebolita dalla morte del Re.

Subito dopo si uniranno solennemente a Belgrado Piccola Intesa e Patto Balcanico per una dimostrazione di incoraggiante solidarietà alla Jugoslavia in questo suo critico passo.

13.: da chiedersi quindi se la questione del mantenimento della unità jugoslava non possa ad un determinato momento, ed anche se non immediatamente minacciata, prendere un suo preciso posto sul tappeto internazionale, parallelamente ed accanto a quello dell'indipendenza austriaca.

È il pensiero che mi domina da qualche giorno, e si precisa con le varie notizie il cui significato e tendenza non possono sfuggire e che mi fa anche supporre che qualche domanda in tal senso possa esserci posta da Inghilterra

o da Francia.

La questione dell'unità jugoslava è del resto soltanto questione internazionale per interessi politici non collimanti con i nostri, od è anzitutto necessità nostra?

Certo due possono essere i nostri punti di vista. Con già al nostro immediato contatto una grande potenza come la Francia, con la vicinanza potenziale della Germania, non v'ha interesse ad avere un'altra potenza militare gravante sui nostri confini. Per la più facile difesa della frontiera giulia e per il primato adriatico essere quindi preferibile un minore Stato o più minori Stati, tanto più che la Jugoslavia è storicamente avviata a riunirsi con i fratelli bulgari. Ai nostri confini orientali vi sarebbe quindi a quel momento uno Stato con venti e più milioni di abitanti esteso per i quattro mari del Mediterraneo orientale.

Parallela a questa concezione cammina l'altra, quella del mantenimento dell'unità jugoslava. Io non voglio ripetere qui che senza la formazione di questa unità l'Austria non sarebbe caduta, noi non avremmo occupato, e per l'eterno, Trieste. Non voglio dire che runità jugoslava può da un certo punto di vista essere cons1derata esclusivo frutto e necessità connessa alla nostra vittoria. Questa è storia. Non politica. La politica è l'oggi, il momento che passa, e si afferra e si sfrutta o no.

Ma vi è una previsione da fare. Essa è giusta o no. È il pericolo del germanesimo quello che sovrasta maggiormente l'Europa e più pericolosamente ci minaccia? Io lo credo fermamente. Se questo è, che le Caravanche siano la indispensabile difesa complementare delle Giulie diviene assiomatico. Come di questo assioma è diretta illazione che alle Caravanche la forza militare italiana, a difesa del suo possesso, deve assolutamente esserci in modo diretto od indiretto. Se ,e come possa esservi in modo diretto sarà da esaminare solo in caso di completo sminuzzamento della Jugoslavia. Se abbia ad esservi in modo indiretto, è anche ovvio, secondo me, che la compagine statale posta a sud delle Caravanche debba essere la più solida possibile, e sia in grado con altre correnti di idee e pensieri e tendenze, di neutralizzare quelle più facilmente favorevoli al germanesimo.

Voglio dire Slovenia e Croazia. A me spiace in fondo al cuore di fare da anni questa antipatica parte. Ma vi è un dovere nella mia coscienza che è superiore a qualsiasi altra considerazione: esporre franco il mio pensiero, congiunto però con l'altro mio preciso dovere e non perciò contradittorio: non agire e non operare che conforme a quelle che sono le decisioni e le istruzioni

di V.E. Orbene se non fa mestieri dirlo per la Slovenia, mi sia consentito ripetere che, se la Croazia merita ogni possibile simpatia per i martiri e le vittime che

9 - Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

ha dato al serbismo centralizzatore, il fondo del sentimento della Croazia somiglia, sotto un certo punto di vista e con determinate riserve cautelari, a quello dell'Ungheria, dove sotto una vernice di simpatia italiana e dietro un primo formarsi d'interessi legati all'Italia, sta un terreno non facilmente distruttibile di simpatie germaniche ed un formidabile nucleo di interessi che la lega tuttora alla Germania. Questa onestamente credo essere la realtà effettiva delle cose.

Ecco perché secondo me la unità jugoslava deve comprendere i serbi, (ho passato quindici anni della mia carriera intorno all'Adriatico, ho studiato questo problema e tutti quelli che vi si connettono in ogni possibile modo, ho cercato di penetrare nel profondo di queste questioni per ogni possibile via) dove è tuttavia un bagaglio di simpatia italiana che anche per queste perfide voci di una nostra complicità e responsabihtà nella tragedia di Marsiglia non è distrutta. E poi fuori di questo fatto positivo che può esistere in maggiore

o minor grado e che può o no manifestarsi a seconda delle circostanze, ed a seconda di queste essere il più o meno bene utilizzato e sfruttato, vi è un enunciato negativo: l'influenza del germanesimo non ha mai passato il Danubio. Il quale enunciato ha un corollario: sulle sponde adriatiche tutte le manifestazioni di civiltà (distinguo le manifestazioni di civiltà dalla situazione etnica) sono di due millenni, prima latine e romane e poi itala-veneziane. E le testimonianze di questa lunga storia sono sopportate con malvagio astio, sopratutto dalla nuova Italia del 1914 e del 1922 in poi.

Ma se questa unità sia da V. E. giudicata per altre ragioni nociva e dannosa alle nostre finalità politiche e storiche, essa, secondo me, ha da essere rotta dall'interno, non dall'esterno. E la possibilità di questo dissolversi si vedrà più agevolmente se siavi libero campo per la discussione del nuovo assetto, senza nessuna anche apparente minaccia esterna.

Intanto e per il momento contingente mi sia consentito, dopo sei anni e mezzo da che sono a questo posto, di osare pregare molto subordinatamente

V. E. di considerare alcune proposte.

Vi è sospetto di una nostra qualsiasi diretta od indiretta responsabilità. Se dobbiamo respingerlo con ogni indignata energia (e lo faccio con ogni mia possa, e con duro muso) è però anche mia opinione che se dovessero comunque apparire elementi men vaghi ed incerti di quelli odierni, dovrebbe essere nostro interesse di dare, almeno formalmente, ogni maggiore soddisfazione alla Jugoslavia, anche per appagare la opinione pubblica internazionale. Ed andare, almeno formalmente quanto più al di là possibile, senza apparenti reticenze e mezzi termini che lasciano sempre ... (l) alla pronta malignità al sospetto di insincerità, all'obliqua ingiuria.

Intanto la scoperta degli assassini bulgaro-macedoni mentre l'Ungheria fu luogo di addestramento, svia da noi parte del primo sentimento popolare. Io credo che di questo favorevole momento che potrebbe anche non durare noi dovremmo approfittare per sbarazzare istantaneamente il nostro Paese da ogni residuo di organizzazioni croate, allontanando agli antipodi ogni individuo an

che se ricopra funzioni ufficiali. Dovremmo e subito svellere dall'Italia ogni più nascosta radice dell'azione che si è potuta svolgere fin qui.

Vi è poi la questione dell'unità jugoslava.

Ho sott'occhio l'articolo del Corriere della Sera del 12 ottobre (dubbi e problemi). Questa a mio giudizio dovrebbe essere l'attitudine sostanziale della nostra stampa anche nei giorni venturi e checché accada qui in Jugoslavia. E magari se fosse accompagnata da qu:l!lche pubblica dichiarazione di V. E.! e da qualche mia autorizzata esplicita comunicazione a questo Governo.

Se V. E. vuole benevolmente giudicare fondato quanto esposto, questo è, secondo me, il momento da cogliere. Se V. E. crede invece che la dislocazione mppresenti il maggiore nostro interesse, a che marcare oggi decisa tale volontà.

Quando alla fine luglio 1911 partivo per Tripoli con le istruzioni necessarie per gli eventi, prossimi e già in deciso progetto nel Governo di allora, e per attendervi le nostre navi, le dichiarazioni di De Martino a Cospoli, quelle dei nostri maggiori rappresentanti delle Capitali europee, quelle mie locali, il tono della stampa, era inspirato solo al concetto del mantenimento della integrità dell'Impero. Il che non impedì a De Martino di consegnare alla Sublime Porta l'ultimatum del 29 settembre, a me di farlo contemporaneamente conoscere al Valì e vedere poi il primo giorno la bandiera italiana a Tripoli.

Perdoni l'E. V. se questa volta ho osato dirigermi direttamente a V. E. ma vi sono dei momenti in cui l'impero della coscienza dev'essere udito. Quanto ad agire, io non ho che obbedire senza discutere.

(l) -Indirizzato personalmente a Mussolini. Annotazione a margine: «In cassaforte». (2) -T. posta r. 6377/1742 del 13 ottobre, non pubblicato, indirizzato al Ministero che contiene analoghe considerazioni sulla scltuazione in Jugoslavia. (l) -Cfr. n. 49. (2) -Cfr. n. 47.

(l) Parola illegglblle per il deterioramento del documento.

61

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI,

T. R. 3658/531-532 R. Addis Abeba, 16 ottobre 1934, ore 19 (per. ore 17,45 del 17).

Mi è stata mostrata copia di un rapporto che sarebbe stato recentemente presentato all'Imperatore sulla situazione generale in cui, prevedendo un attacco di sorpresa all'Etiopia, si consiglia nomina persone di fiducia nei comandi di frontiera; mettere a loro disposizione soldati, armi, cannoni e maschere contro gas asfissianti perché possano validamente resistere al primo urto prima dell'invio di rinforzi dall'interno; costruire depositi munizioni e caserme Harrar ed Asbatafari; creare depositi granaglie e parchi bestiame nel Bali e nel Semien.

Poiché gli italiani hanno costruito due linee di trincee e porti in Eritrea, occorrono in Tigré potenti cannoni ed aeroplani; nel Bali gli italiani contano sugli aeroplani; da questa parte occorrono piuttosto cannoni antiaerei, maschere, caschi di acciaio.

Bisognerà rifare le strade di Harrar, Asbatafari e quelle dal Sidamo al Bali. Assolutamente necessario riservare due terzi delle entrate all'acquisto di materiale di guerra.

Rapporto contiene poi suggerimenti per l'istruzione militare e la propaganda. «A quest'ultimo fine non avendo abbastanza danaro non potremmo controbattere propaganda avversaria ma possiamo intensificare azione presso le nostre popolazioni di frontiera per screditare la amministrazione dei nostri vicini e macchiare la loro riputazione. Bisogna guadagnare la simpatia dei capi delle popolazioni di confine per la maggior parte non Amhara ».

Continua testo rapporto: «All'estero occorrerebbe profittare di eventuale dissenso franco-~taliano e dell'odio che la Germania ha per l'Italia per consolidare le relazioni di amicizia fra l'Etiopia e la Francia e la Germania.

Il Governo italiano è sostenuto discretamente dall'Inghilterra; molto materiale di guerra è stato concentrato recentemente nel Sudan. Il riavvicinamento franco-italiano tende allo scopo di cercare un motivo di lite con noi. Non ci conviene entrare in conflitto con l'Inghilterra e l'Italia non entrerà direttamente in guerra se un'altra Potenza non si leverà contro di noi.

Per isolare l'Italia bisogna coltivarsi il favore dell'Inghilterra. Coltivare sotto pretesto di scambi commerciali l'amicizia col Giappone che non potrebbe per la distanza aiutarci in caso di conflitto; ma se avesse degli interessi commerciali importanti potrebbe al momento opportuno dare un avvertimento all'Inghilterra di non toccare l'Etiopia. L'Inghilterra in pensiero per le Indie ne terrà conto.

Il Governo francese non potrà mai divenire vero amico dell'Italia; si potrebbe fare un trattato segreto con la Francia promettendole il territorio di Assab (sic) se non si aiuterà l'Italia in caso di bisogno».

Pare che autore di detto rapporto sia il noto Hall meticcio tedesco naturalizzato etiopico abile agente germanico, che è a capo del servizio stampa e propaganda dell'Etiopia ed ha le mani in parecchi affari anche di forniture di armi.

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IL MAGGIORE RENZETTI A ... (l)

L. P. Berlino, 16 ottobre 1934.

Goring parte domani per Belgrado. Tale atto oltre ad essere una manifestazione politico-militare in un convegno internazionale, rappresenta un mezzo scelto da Goring per consolidare la sua posizione all'interno, per dimostrare come siano inesatte le voci sparse sulla sua salute e quelle di contrasti con Hitler. Goring cura particolarmente le relazioni con le Personalità straniere. Mi risulta che qualche settimana fa l'Ambasciatore di Francia è stato suo ospite per una caccia al cervo; che qualche giorno fa ha avuto la visita di sv,edesi.

Goring ama comandare, ama le decorazioni, la pompa, le uniformi quali manifestazioni di comando, di gerarchia. È tedesco, è nazionalsocialista si, ma desidera esercitare sopratutto la potenza; vuole esercitare azioni decisive, importanti. I problemi sociali lo interessano ma non lo appassionano: dei popolo

si cura mediocremente e pure rendendosi conto che occorre la popolarità, non ama ricercarla facendo il tribuno, stando troppo a contatto con le masse. * Riferii in passato che* (l) egli considera Ley e Co. quali comunisti. È in fondo un conservatore, un prussiano dal cervello però più elastico di quello dei suoi connazionali: a malgrado della rozzezza di cui dà prova spesse volte, è un aristocratico con una certa base di misticismo e di ingenuità. In cuor suo credo che non abbia una soverchia adorazione per Hitler, pur essendogli fedele: ciò si spiega per la differenza dei caratteri e delle indoli. Su Goring *-e su tale argomento tornerò in seguito, se dovessi restare ancora qui-*, puntano gli elementi moderati, i conservatori, i monarchici.

La personalità di governo che oggi mi ha comunicato la notizia della partenza di Goring, in una discussione avvenuta a tarda ora a proposito della Francia e della Jugoslavia, ad un certo punto si è lasciato sfuggire « che in aprile con i 500 apparecchi da bombardamento pronti, per la Francia non saranno bei momenti». Affermato poi che la Francia è una « sterbende Nation », una Nazione morente, senza veri Capi, ha aggiunto che anche oggi la Germania potrebbe invaderla e batterla.

Non so se questa sia la opinione della suddetta personalità o se sia quella invece dei dirigenti nazi. È sintomatico però che tali affermazioni siano state fatte poche ore dopo del Consiglio di Ministri al quale la Personalità aveva partecipato e in cui era stata discussa la visita di Goring a Belgrado.

La Germania, e ciò è ben noto, sta armandosi approfittando degli antagonismi esistenti fra le varie Potenze. Importa attualmente molto da quelle Potenze, (si osservino le esportazioni francesi) che avevano una bilancia passiva verso di essa. Se si indaga, si troverà molto probabilmente, che le maggiori importazioni consistono in materie semilavorate, in manufatti, in prodotti insomma composti di quelle materie che la Germania non potrebbe importare dai Paesi originari in quanto dovrebbe corrispondere oro o divise. Le maggiori importazioni saranno pagate o con prodotti tedeschi completamente

o con marchi. Così resiste e si rafforza.

Si affermava dai bene informati che non sarebbe andata avanti fino all'inverno: ora si dichiara che non resisterà sino alla primavera: in quell'epoca probabilmente si dirà che non riuscirà ad arrivare all'estate e così di seguito.

Non mancano certo qui i malcontenti. Si conosce la svalutazione del marco, alcuni prodotti fanno difetto: gli agricoltor,i un tempo entusiasti delle misure del Ministro Darrè oggi mormorano contro di lui dato il raccolto scarso, la rigidezza e la bassezza dei prezzi. Nelle masse si brontola perché alcuni prezzi di generi sono saliti, perché i bonzi sono cresciuti di numero, di pretese e di arroganza. I dissidi religiosi sono all'ordine del giorno ecc. *Tornato qui da poco non mi è possibile valutare la forza di tale malcontento e le possibilità sue: ne dirò in seguito*. Quello che mi pare possibile, *sempre che sia ritenuto utile ed opportuno dalle Superiori Gerarchie*, mi sembra sia una certa organizzazione, o per dir meglio una abile coordinazione delle varie forze di opposizione allo scopo di far eliminare o almeno porre nell'ombra gli elementi più fanatici nazi, i più antiromani, i più anticattolici e i più antitaliani. Non

mancano fra l'elemento colto, nel mondo economico, militare, uomini forti e potenti (si può sfruttare anche l'elemento monarchico) che nutrono sentimenti moderati e sentimenti di una certa simpatia per noi. La azione naturalmente dovrebbe essere condotta con equilibrio e con tatto e nel campo interno sopratutto, evitando di commettere gli stupidi errori commessi da Rohm ed ogni violenza. Sarebbe una azione lenta di persuasione, di riunione da far capitanare poi da personalità capaci, idonee e forti (l).

(l) Da ACS, Ministero della Cultura Popolare, Carte Renzetti; il destinatario non è indicato.

(l) Questo e i successivi passi fra asterischi sono stati cancellati.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI,

T. R. 3652/322 R. Washington, 17 ottobre 1934, ore 18,36 (per. ore 7,30 del 18).

Un mio collega mi ha confidenzialmente riferito che nel corso di una con.a versazione intima avuta ieri con personalità straniera qui di passaggio presidente Roosevelt ha parlato molto liberamente della situazione europea fermandosi ad esaminare in modo speciale politica italiana.

Presidente si sarebbe espresso con termini di profonda stima per capo del Governo italiano dicendo fra l'altro frase ripetutami testualmente come segue: «malgrado certe manifestazioni che possono venire interpretate in senso bellicoso io credo che, fra statisti europei, Mussolini sia quello che ha visione più chiara della situazione e che lavora con maggiore efficacia e perfetta sincerità pel mantenimento della pace».

Presidente si sarebbe invece lasciato andare ad uno dei suoi consueti sfoghi di antipatia per politica nazista.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3667/0168 R. Parigi, 17 ottobre 1934 (per. il 19).

Ho profittato dell'interregno seguito alla morte del ministro Barthou per chiedere di essere ricevuto dal presidente del Consiglio. Non è facile, qui, arrivare normalmente al capo del Governo, senza suscitare la diffidenza del titolare del Quai d'Orsay. Fa d'uopo, quindi, di non lasciare sfuggire le occasioni favorevoli. Mi sono avvalso di una di queste, per parlare al signor Doumergue.

«Quanto ai sentimenti verso l'Italia il cambiamento purtroppo è completo ed irrimediabile. L'anno scorso avevo trovato un'accoglienza aperta, cordialissima; oggi, dovunque, anche nell'ambiente scientifico, un trattamento freddo, sospettoso.

Il cambiamento è irrimediabile perché ha ravvivata l'idea del tradimento e tutti 1 risentimenti che si erano assopiti; non è facile superare tale complesso di prevenzioni».

Il presidente del Consiglio è loquace, specialmente quando teme che l'interlocutore gli rivolga delle domande imbarazzanti. Egli mi ha accolto con generiche professioni di amicizia per l'Italia, ma mi ha detto, pure, incaricandomi di riferirlo a V. E. che rimane più che mai fermo sulla sua idea di ricercare un accordo con l'Italia. Il presidente pensa che un indebolimento dell'Italia sarebbe fatale alla Francia e che se Italia, Francia e Jugoslavia si mettono d'accordo, la pace d'Europa sarà assicurata. Il signor Doumergue ha ricamato a lungo su questo tema, dandomi l'impressione di essere sincero.

Non è stato senza qualche difficoltà che sono riuscito a condurre il discorso sulle trattative avviate con le nostre domande, presentate a mezzo del conte de Chambrun, poco prima della morte del ministro Barthou. Il presidente ha finto, dapprima, di non capire i miei accenni, divagando nei ricordi del passato; ossia la guerra, le sue conversazioni coll'ambasciatore Tittoni e così ?i seguito. Da parte mia mi ero proposto di parlare ad ogni costo. Mi sono valso, alla fine, della visita di consuetudine fattami ieri all'ambasciata, dal signor Lavai, per osservare che non avevo potuto approfondire l'argomento col ministro degli esteri, avendomi egli dichiarato di non avere ancora letto l'incartamento delle trattative in corso con noi. Il presidente del consiglio ha detto che, infatti, era mancato il tempo anche a lui di sottoporre a un esame approfondito le nostre domande. Ne aveva parlato con Barthou, ma senza entrare nel fondo della cosa. Da parte mia ho spiegato che V. E. aveva tenuto conto dei desideri della Francia che non si formasse un cuneo italiano fra i suoi possedimenti africani. Il presidente non ha replicato direttamente alla mia esposizione che è stata circostanziata. Alla fine mi ha detto e ripetuto «je ne vous dis rien, mais je vous comprends ». Nell'accompagnarmi alla porta alla fine del colloquio, ha aggiunto «et maintenant H faut beaucoup de doigté ».

Mi limito a riferire la conversazione senza tentare di interpretare il pensiero sibillino del presidente. Noto che il signor Doumergue non mi ha detto, né mi ha lasciato intendere che considerava inaccettabili le nostre domande. Ho l'impressione che egli si sia proposto, al contrario, di non scoraggiarmi. Forse la sua riserva dipende anche dal proposito di conoscere il pensiero del nuovo ministro degli esteri il quale, è bene notarlo, ha tenuto fino a ieri il portafoglio delle colonie.

In questi giorni vedrò il segretario generale del Quai d'Orsay; mi aspetto dell'intransigenza da parte sua, tanto più che nncartamento relativo alle nostre domande pare sia nelle mani del signor de Saint Quentin il quale ha il talento di inasprire tutte le questioni che tratta.

Informo infine che è stato affisso nelle strade un manifesto dei partiti nazionali nel quale si reclama un Governo forte e si diffidano i poteri responsabili dal consentire· la cessione di un solo metro di territorio francese. Ieri ho avuto la visita del deputato Soulier, vice presidente della commissione degli affari esteri della Camera dei deputati, lo stesso che ha rappresentato la Francia alla fiera di Bari, nel settembre scorso. Il deputato di Parigi, da quando è ritornato d'Italia, pubblica articoli su articoli per patrocinare il riavvicinamento dei nostri due paesi. Ultimamente ha scritto che l'accordo non doveva, però, essere oneroso per la Francia e mi ha mandato l'articolo.

L'ho ringraziato, manifestando il desiderio di scambiare qualche impressione con lui. Egli è venuto subito all'ambasciata. Abbiamo parlato di tutto. Gli ho domandato, infine, di chiarirmi il suo pensiero sull'inizio del suo recente articolo. Il deputato mi ha fatto una lunga esposizione per dirmi che la Francia non potrebbe consentire in nessun caso alla cessione dell'Eneghi, del Tibesti e del Borku che sono le frontiere naturali, indispensabili del suo impero coloniale. L'ho lasciato parlare e mi sono persuaso che il Quai d'Orsay non ha ancora investita la commissione degli esteri della Camera, delle nostre domande. Ho detto, poi, al signor Soulier che Roma, è al corrente della situazione, ne tiene conto col proposito di rispettare quelle che sono le imprescindibili necessità della Francia. Il deputato di Parigi ha mostrato di capire la cosa, però ha trovato modo di dirmi che egli è contrario a cessioni territoriali importanti. È invece favorevole a !asciarci mano libera in Abissinia. Gli ho fatto osservare che l'Abissinia è uno Stato indipendente e per di più aderente aHa Società delle Nazioni. Su questo spunto si è chiusa la nostra conversazione.

Dopo avere visti, fra qualche giorno, il segretario generale del Quai d'Orsay e il ministro degli esteri, mi propongo di avvicinare, con prudenza, Herriot e altri membri del Gabinetto. Vedrò anche i senatori Bérenger e de Jouvenel, precedentemente assenti.

(l) Si pubblica qui di seguito il passo finale, sottolineato da Mussolini, di una relazione anonima, del 17 ottobre, su una conversazione con Ugo Spirito, reduce da un viaggio in Germania:

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 17 ottobre 1934.

Questo Ministro d'Ungheria ha informato di una conversazione che ha avuto luogo giorni addietro tra il signor Koepke, Direttore degli Affari Politici all'« Auswaertiges Amt », e il signor Masirevié, Ministro d'Ungheria a Berlino. Parlando dei rapporti della Germania con la Jugoslavia, Koepke ha dichiarato quanto segue:

Il Governo tedesco nè pensa né intende realizzare una collaborazione intima colla Jugoslavia, visto che il Governo tedesco è persuaso che la Jugoslavia non abbandonerà l'alleanza con la Francia. Esistono tuttavia taluni circoli e personalità politiche che sono in favore di una maggiore intimità di rapporti con Belgrado. Tra queste ultime sarebbe Goering. Quanto al Governo tedesco, sarebbe invece piuttosto dal lato economico che esso intenderebbe di sviluppare i rapporti con la Jugoslavia. Il Governo tedesco ritiene scopo precipuo una ripresa delle relazioni con l'Italia e non vuole fare niente con la Jugoslavia che possa ostacolare tale ripresa considerando la politica jugoslava ostile a quella italiana.

Koepke ha anche detto che da parte serba non sono venuti né suggerimenti né proposte per accordi speciali tra i due Paesi.

66

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 17 ottobre 1934.

Secondo le istruzioni di V. E. ho comunicato a questa Legazione di Ungheria che stava bene per la visita in forma del tutto privata del Signor Kanya per venerdì 19 corrente; e che quanto alla visita del Signor Goemboes, per le ragioni da V. E. già indicate alla Legazione medesima, sarebbe stato preferibile che potesse avvenire in qualunque giorno a partire dal 5 Novembre (1).

67

IL CAPO DEL CERIMONIALE, SENNI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 17 ottobre 1934.

Il Conte de Chambrun mi ha detto di aver profittato del brevissimo suo colloquio col Presidente della Repubblica per dichiarargli che il nostro atteggiamento nei riguardi della Jugoslavia si manteneva quanto possibile conciliante, ma che il Governo e la Nazione non avrebbero sofferto né potuto ammettere da parte della Jugoslavia una qualsiasi «mise en cause».

Chambrun avrebbe raccomandato al Signor Lebrun di parlar chiaro a Belgrado.

68

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI (2)

L. P. Roma, 18 ottobre 1934.

Ho avuto un lungo e cordiale colloquio con Vansittart. Ne ho riportato una buona impressione. L'ho trovato decisamente anti-tedesco.

Egli mi ha detto che tutta l'opinione inglese è contro l'attuale Germania.

Per ragioni che tu intendi, è bene -almeno per qualche tempo -di coltivare questa disposizione d'animo del Vansittart. La situazione fra Roma e Berlino, non è migliorata. Ci sono troppi vetri per terra.

(l) -Annotazione a margine di Mussol!ni: «Sta bene». (2) -Ed. in MUSSOLINI, Opera omnia, vol. XLII, p. 89.
69

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3672/423 R. Parigi, 19 ottobre 1934, ore 21,05 (per. ore 6 del 20).

Ho veduto stasera il segretario generale del Quai d'Orsay.

Mi ha dato conoscenza di un telegramma diretto ieri a codesto ambasciatore di Francia incaricandolo di una comunicazione a V. E. circa i negoziati in corso.

Lavai ha il fermo proposito di mantenersi nella linea del suo predecessore e di ricercare attivamente una intesa con l'Italia. Egli è tuttavia d'avviso che la sua visita debba essere ritardata di qualche tempo per avviare a conclusione gli accordi preliminari in corso di trattazione.

Conte di Chambrun è incaricato di fare comprendere che non si tratta di un pretesto dilatorio che anzi da parte francese vi è il proposito di spingere avanti rapidamente le conversazioni.

Ambasciatore di Francia è stato chiamato a Parigi per conferire.

Sarà qui domenica 21 corr. e ripartirà per Roma martedì sera 23 corr.

Col corriere di domani sabato sera riferirò quanto signor Léger mi ha detto sulle nostre note domande (l).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3688/0169 R. Parigi, 19 ottobre 1934 (per. il 22).

Seguito al mio telegramma-filo, in pari data, n. 423 (2).

Il segretario generale del Quai d'Orsay, premesso che il Governo non si era finora occupato delle domande presentate da S. E. il sottosegretario di Stato all'ambasciatore de Chambrun (3), ha soggiunto che egli voleva tuttavia comunicarmi, a titolo personale, alcune sue considerazioni.

Per la Tunisia, ha detto Léger, la domanda italiana rappresenta un serio peggioramento della situazione francese. La Francia non può consentire al prolungamento dello statu quo per dieci anni, se alla fine di questo periodo la questione persista insoluta. Potrebbe, invece, essere preso in considerazione il mantenimento dello statu quo per un periodo abbastanza lungo, alla condizione che al termine di esso fosse tolta completamente l'ipoteca italiana che grava sulla Tunisia. II mio interlocutore ha ripreso insomma in pieno il noto punto di vista del Quai d'Orsay, che ho riferito a V. E. con il mio telegramma per corriere dell'8 settembre n. 0159 (4). Ho detto a Léger che conoscevo le idee del Quai d'Orsay sulla questione tunisina, come egli non ignorava il punto di vista del Governo italiano.

Il segretario generale ha osservato, in seguito, che la nostra domanda riguardo alla Somalia francese non è chiara. Ho replicato, precisando, che a me sembrava chiarissima. Léger ha risposto che Gibuti ha bisogno di tutto il suo hinterland; togliendone una parte o tagliando le sue comunicazioni ferroviarie con l'Abissinia, lo si ucciderebbe. La Francia non potrà consentire alcuna concessione da quel lato. Per questo il ministero delle colonie sta studiando la eventualità di compensi nel sud-est libico. Ho dichiarato al segretario generale che l'Italia ha limitato a poca cosa le sue domande nello scacchiere libico, appunto perché sa che per ottenere adeguati compensi da quella parte, arrecherebbe disturbo alla compagine dell'impero coloniale francese. In Italia si pensava, che le nuove domande italiane, tenendo conto delle accennate supreme esigenze della Francia, sarebbero state accolte con favore. La Francia, infatti, non poteva supporre che noi avremmo consentito a chiudere la controversia e a dichiararci interamente soddisfatti per alcuni chilometri quadrati di sabbia e qualche palma. La conversazione ha continuato per qualche tempo, rimanendo ciascuno di noi sulle proprie posizioni. Ho osservato, infine, che mi doleva di costatare che la distanza fra i due punti di vista italiano e francese, fosse più grande di quello che mi sarei aspettato, ed ho concluso che a queste condizioni l'accordo non mi sembrava possibile.

Evidentemente si tratta di una conversazione-schermaglia. Ho tenuto per questo a dare l'impressione al mio interuocutore che il Quai d'Orsay non deve illudersi di avviare serie conversazioni sulle basi accennate.

Nella settimana entrante vedrò il ministro Lavai.

(l) -Cfr. n. 70. (2) -Cfr. n. 69. (3) -Cfr. n. 3. (4) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 784.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 10445/0170 P.R. Parigi, 19 ottobre 1934 (per. il 22).

Mio telegramma del 17 corrente n. 421 (1).

Ho ripetuto al segretario generale del Quai d'Orsay la comunicazione già fatta al signor Doumergue, circa le indiscrezioni del rappresentante jugoslavo a Ginevra (2).

Léger era stato informato del mio passo dal presidente del consiglio. Mi ha detto che, in conseguenza, è stato subito disposto di trasferire l'istruzione giudiziaria da Annemasse a Marsiglia. In un primo tempo la polizia francese di frontiera, non disponendo di un traduttore, si era servita del signor Fotich, il quale aveva profittato della condiscendenza delle autorità francesi per curiosare un po' troppo nell'affare. Il delegato jugoslavo era stato tagliato fuori del tutto, col trasferimento dell'istruzione a Marsiglia.

Il Quai d'Orsay aveva, inoltre, telegrafato a Belgrado per fare intervenire quel ministro di Francia.

«Il signor Doumergue ne ha preso nota assicurandomi che il Governo francese è fermamente deciso di versare acqua sul fuoco».

(l) -Non pubblicato, privo di numero di protocollo generale perché non inserito nei registri dei telegrammi in arrivo. (2) -Con il t. di cui alla nota precedente Pignatti aveva comunicato:
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3685/085 R. Belgrado, 20 ottobre 1934 (per. il 22).

Telegramma di V. E. n. 146 (l).

Venuta di Goering a Belgrado per funerali Re Alessandro sarebbe stata decisa a Berlino soltanto dopo conosciuto con certezza che Lebrun avrebbe assistito a questo ultimo omaggio.

Tutta la messa in scena è stata delle più teatrali, e diretta ad impressionare la opinione pubblica jugoslava. Una corona è stata deposta con questa scritta: «Al più eroico dei suoi ex nemici». Anzi Purié mi ha detto che Berlino aveva avvertito che la scritta sarebbe stata la seguente: «Al solo suo eroico avversario» ma che il ministero degli affari esteri conosciutala aveva pregato di modificare questa dedica.

Ha pure colpito il gesto di Goering che, fuori programma, dopo l'omaggio dei principi stranieri dinanzi al feretro ha snudato la spada ed ha salutato il catafalco a nome dell'esercito germanico.

Le dichiarazioni pubbliche del ministro germanico sono in armonia con i gesti. Principale quella che «una Jugoslavia forte ed unita rappresenta per la politica germanica una necessità per la pace europea». Poi l'affermazione che Hitler vuole con la Jugoslavia le migliori relazioni e legami sinceri anzi sempre più stretti, che la Germania non tollererà mai nel proprio paese una organizzazione jugoslava che lavori per abbattere il sistema autoritario jugoslavo, dopo fatto l'elogio a Re Alessandro uomo di Stato e soldato che con un colpo solo aveva abbattuto il marcio sistema democratico, e gettato le basi della unita e potente Jugoslavia.

Con Stefani speciale ho telegrafato poco fa il testo integrale delle dichiarazioni di Goering, il quale ha avuto due colloqui: uno breve con Usunovié, uno più lungo con Jeftié, ed è poi ripartito stamani.

Non posso ancora dire se abbia fatto delle aperture qualsiasi con Jeftié. Non è impossibile. Ma oggi come oggi la Jugoslavia, ne sono sicuro, non accoglierà apertamente nessuna di queste offerte e lusinghe. Il sistema cui è legata (Francia -Piccola Intesa -Intesa Balcanica) lo impedisce. Ma tiene e terrà anche quella porta socchiusa per aprirla al massimo, un giorno in cui tale sistema non fosse sufficiente a difenderla ed una minaccia italiana si profilasse più paurosa.

Quanto alla Germania il giuoco è evidente. Vi entra come elemento nuovo la opposizione dell'Italia al suo programma austriaco e la situazione che si è formata dall'uccisione di Dollfuss con la decisa presa di posizione militare italiana contro le mire germaniche. Mentre il substrato principale dell'azione ger

manica non è di ieri. Essa lascia le sue tracce evidenti fino al 1928, ma si è meglio rivelata dopo l'accordo con la Polonia: cercare di ripetere a Belgrado il colpo riuscito a Varsavia contro il sistema francese, anche perché essa è nella convinzione che se la Jugoslavia continui forte ed unita, chi abbia la Jugoslavia ha anche con sé tutti i Balcani e la Piccola Intesa è distrutta.

(l) Con t.r. 1372/146 R. del 17 ottobre Galli era stato incaricato di sorvegliare molto attentamente l contatti d! Goering durante Il suo soggiorno a Belgrado.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3687/089 R. Belgrado, 20 ottobre 1934 (per. il 22).

Ho trasmesso con Stefani speciale H riassunto del comunicato comune della Piccola Intesa e del Patto Balcanico. Ne è stata magna pars Titulescu che ha diretto con prevalente volontà le riunioni della Piccola Intesa e fatto sentire il peso della sua influenza anche in quella del Patto Balcanico.

Trasmesso anche i considerando che hanno preceduto il comunicato comune.

Il comunicato è in sostanza calmo. Occorre far parte a quello che è necessario dare all'opinione pubblica per la sua soddisfazione: ricerca e punizione dei colpevoli, ricerca delle responsabilità organizzatrici e distruzione delle organizzazioni.

Le accuse che vanno a queste responsabilità «internazionali » si debbono intendere per ora prevalentemente rivolte all'Ungheria. Se si vocifera di responsabilità o quanto meno di tolleranza italiana, il desiderio generale dei circoli politici dirigenti (da distinguere dal possibile atteggiamento di stampa) è quello di lasciare per quanto possibile in disparte nostro paese almeno fin quando non dovessero risultare prove inoppugnabili e lampanti. La notizia dell'arresto a Torino di Pavelié e di Kvaternik è in ogni caso arrivata assai tempestivamente, ed ha fatto buona impressione.

Ora si esprime il desiderio che l'inchiesta italiana arrivi in fondo, anzi si affaccia l'ipotesi che il Pavelié possa essere estradato alla Francia quale organizzatore di regicidio (1), sulla base di una convenzione internazionale che escluderebbe dai reati politici per i quali la estradizione non è ammessa. *Si formulano desideri singolari anche da anime puramente cristiane, come dico a V. E. con comunicazione segreta e personale* (2).

n resto del comunicato è esecrazione, desiderio di continuare gli intenti politici e pacifici dei patti costitutivi della Piccola Intesa e della Intesa Balcanica, sperando che la politica di accordi voluta da re Alessandro e Barthou non sia interrotta.

Ma traspare in fondo a tutto ciò la preoccupazione di un indebolimento della situazione interna jugoslava, indebolimento che avrebbe la sua ripercussione fatale nel sistema di accordi dei quali la Jugoslavia fa parte.

A tale scopo è principale obiettivo quello di conservare unita la Jugoslavia. Per questo tutti si pronunziano: Piccola Intesa ed Intesa Balcanica e Francia.

È telegrafata da Londra la dichiarazione fatta ai Comuni da Simon. Essa espressa la speranza che la linea politica enunciata da S. E. il capo del Governo a Milano non sia interrotta, termina anche con un'affermazione di principio per l'unità jugoslava, che mi sembra sia pronunciata per la prima volta da un ministro inglese degli affari esteri: «è nell'interesse europeo facilitare il difficile compito del nuovo Governo jugoslavo, e noi abbiamo egualmente la certezza che una Jugoslavia unita prospera e soddisfatta è nel maggiore interesse dell'Europa».

A questo coro si è unito, e per i suoi scopi, Goering, come ho detto nel mio telegramma per corriere odierno n. 085 (1).

(l) -11 19 ottobre Suvich aveva dato disposizione di opporre un rifiuto alla richiesta avanzata da un funzionario di polizia francese di assistere all'interrogatorio di Pavelié, arrestato a Torino. (2) -La frase fra asterischi è omessa nel registro dei telegrammi in arrivo.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3689/0171 R. Parigi, 20 ottobre 1934 (per. il 22).

Mio telegramma per corriere di ieri n. 0169 (2).

Questa mattina, alla stazione, dove mi ero recato per salutare il presidente della repubblica di ritorno dalla Jugoslavia, attraverso l'Italia, ho incontrato il ministro degli esteri. Il signor Lavai mi ha detto che il segretario generale del Quai d'Orsay lo aveva messo al corrente della conversazione che avevo avuto con lui, iersera.

Ho domandato al ministro se Léger gli aveva detto che ero rimasto sfiduciato nel constatare la notevolissima distanza dei due punti di vista italiano e francese. Mi ha risposto affermativamente ed ha aggiunto che egli considera l'intesa con l'Italia come la questione più importante del momento e si propone si risolverla rapidamente. Studierà la cosa lunedì e martedì, insieme ad un alto funzionario del ministero delle colonie e poi ne parlerà con me. Ho risposto al ministro che ero a sua completa disposizione e che sarei andato a vederlo a un suo cenno.

Mi parrebbe opportuno, al punto in cui sono le cose, di tenere duro per dare l'impressione che non siamo disposti a fare ulteriori concessioni. I francesi saranno così indotti a prendere a loro volta posizione. Si vedrà, in questo modo, se essi considerano veramente intangibili i loro possedimenti in Somalia. Mi sembra difficile però che essi si decidano a cedere la ferrovia.

(l) -Cfr. n. 72. (2) -Cfr. n. 70.
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COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE, KANYA (l)

APPUNTO. Roma, 20 ottobre 1934.

Il Ministro Kanya è lieto dell'occasione che gli si offre di potere esporre al Capo del Governo qualche punto della politica ungherese che interessa anche l'Italia.

Ringrazia molto calorosamente per le accoglienze avute in Italia durante questo suo periodo di convalescenza.

Il Ministro Kanya vuoi fare anzitutto un accenno alla campagna infondata e ingiusta che si muove all'Ungheria per l'attentato di Marsiglia. Il centro dell'ostilità è Praga, ed è Benes stesso che dà l'ispirazione. Ora i fatti stanno in questi termini: alcuni mesi addietro egli ha negoziato con la Jugoslavia una convenzione secondo la quale l'Ungheria si obbligava a liquidare i campi croati esistenti nel paese e la Jugoslavia si impegnava ad evitare, nei limiti del possibile, incidenti di confine in cui erano normalmente vittime cittadini ungheresi. Effettivamente la convenzione ha avuto esecuzione, e il campo di Jankapuszta è stato completamente liquidato.

A quanto ha appreso proprio ora il Ministro Kanya pare tuttavia che, contrariamente alle sue disposizioni, un piccolo nucleo di croati sia rimasto tuttora in Ungheria. Ciò però non può giustificare la campagna e fare dimenticare la buona volontà dimostrata dall'Ungheria nei confronti della Jugoslavia.

Per quanto riguarda l'Austria, i rapporti con l'Ungheria sono ottimi.

H Ministro Kanya ha l'impressione che il nuovo Cancelliere, pure essendo meno popolare del compianto Cancelliere Dollfuss, sia più energico. Il Ministro Kanya viene poi a parlare della Germania. Egli sa di avere la fama di essere un grande amico della Germania, ma ciò

non risponde alla verità. Egli nella Germania vede soltanto uno stato di 65 milioni di abitanti, che riprenderà prima o poi la propria potenza, e col quale l'Ungheria deve fare i conti come con uno dei fattori determinanti della politica europea. D'altra parte c'è un punto in cui convergono gli interessi della Germania e dell'Ungheria e questo riguarda l'ostilità contro la Cecoslovacchia. Egli tiene tuttavia ad affermare nel modo più esplicito che fra Germania e Ungheria non c'è nessun accordo speciale. La base della politica ungherese rimane sempre l'amicizia dell'Italia.

Il Ministro Kanya è stato l'ultima volta a Berlino in occasione dei funerali di Hindenburg. In tale circostanza ha avuto un colloquio di un'ora e un quarto col Cancelliere Hitler. Deve confessare di averne riportato un'impressione disastrosa. Egli ritiene che Hitler veramente non afferri i grandi problemi interna

zionali e che sia poco informato. Non è poi assolutamente possibile discutere con lui. Egli ha parlato molto chiaramente a Hitler sulla questione dell'Austria dimostrando l'errore della politica tedesca. Non è riuscito però ad ottenere dal Cancelliere una qualsiasi risposta concreta (l).

Venendo ad altro argomento, il Ministro Kanya deve rilevare che le trattative per un avvicinamento alla Francia hanno sollevato qualche preoccupazione in Ungheria. Egli non ne vede il motivo. Si è tuttavia pensato che le trattative con la Francia potrebbero distogliere l'Italia dalla sua politica revisionista e potre~., bero avvicinarla alla Piccola Intesa con danno degli interessi ungheresi.

Infine il Ministro Kanya vuole attirare l'attenzione del Capo del Governo sulla questione delle minoranze, che è stata sollevata a Ginevra e che per l'Ungheria rappresenta un problema vitale. Chiede l'appoggio dell'Italia per quando se ne discuterà a Ginevra.

Tutto il revisionismo ungherese è basato sulla possibilità di mantenere le minoranze etniche nei paesi confinanti con l'Ungheria. Il Capo del Governo ha seguito con interesse l'esposizione del Ministro Kanya.

Può dirgli che le preoccupazioni sulla ripercussione dannosa per l'Ungheria degli eventuali accordi itala-francesi sono infondate. L'Italia ha dei problemi particolari da regolare con la Francia che non riguardano l'Ungheria: sono il problema di Tunisi, quello dei compensi coloniali, il problema della parità navale. Evidentemente poi le discussioni possono toccare anche dei campi più vasti. Fino ad oggi le trattative con la Francia non hanno fatto dei progressi rimarchevoli. Ad ogni modo l'Ungheria può star sicura in primo luogo che l'Italia non abbandonerà il postulato del revisionismo che è stato fatto proprio dalla politica fascista fin dai primi tempi; in secondo luogo che un accordo con la Francia è indipendente dai nostri rapporti con la Piccola Intesa.

Il Capo del Governo si rende conto del punto di vista ungherese nei riguardi della Germania. Anche l'Italia considera che bisogna tener conto della Germania come di un fattore importante della politica europea. La Germania ha già riarmato e ancora più riarmerà nei prossimi tempi e nessuno vi si opporrà; di modo che fra breve avremo una Germania potentemente armata. L'Italia, che ha molto aiutato la Germania, si trova oggi in un periodo di raffreddamento nei rapporti con la stessa, determinato dalla questione austriaca e dall'atteggiamento tedesco tendente a far credere che l'Italia sia venuta meno nei riguardi della Germania ad un suo preciso impegno, mentre tra l'Italia e la Germania non esiste nulla del genere.

Per quanto riguarda la questione delle minoranze, il Capo del Governo è ben disposto a dare all'Ungheria l'appoggio richiesto. n Ministro Kanya ringrazia vivamente il Capo del Governo per tali sue dichiarazioni e per l'appoggio che intende mantenere alla politica ungherese.

«11 Ministro degli Esteri ungherese, Signor Kanya, dì ritorno dall'Italia, ha trascorso qui due giorni.

Barone Berger e Segretario Generale del Ballplatz sono stati concordi nel rilevare che le sue note tendenze germanofile appaiono adesso grandemente diminuite. Berger ha attribuito tale cambiamento sia al suo recente soggiorno in Roma, sia alla spiacevolissima impressione che il KP.nya avrebbe ricevuto dal Cancelliere Hitler, nell'ultima sua visita a Berlino».

(l) Al colloquio era presente Suvich che redasse il verbale.

(l) Preziosi comunicò con telespr. 4264/2239 del 26 ottobre:

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COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, ... ottobre 1934 (1).

Nel mio colloquio dell'H corr. (2) avevo manifestato a questo Ambasciatore di Germania la mia sorpresa per non avere ricevuto ancora una comunicazione da parte del Governo tedesco circa il questionario sul Memorandum francese per la Saar e lo avevo pregato di fare sollecitazioni per una urgente risposta.

Ho creduto utile di tornare oggi sull'argomento con l'Ambasciatore di Germania e rivolgergli nuove e più pressanti premure facendogli rilevare che se, contrariamente alle dichiarazioni fatteci, la Germania avesse negato o ritardato la sua collaborazione, il Comitato del Consiglio' si sarebbe trovato nella necessità di procedere oltre nei suoi lavori data la prossimità del Consiglio indetto appunto per esaminare la questione della Saar.

L'Ambasciatore di Germania mi ha assicurato che avrebbe subito telegrafato e telefonato a Berlino.

77

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 20 ottobre 1934.

S.A.R. il Duca di Spoleto (3), rientrato stamane, mi ha comunicato le Sue impressioni sulla missione compiuta in Jugoslavia. Egli è rimasto soddisfatto delle accoglienze ed ammirato dello svolgimento di tutte le cerimonie, che non sono state turbate dal minimo incidente.

Da due cose egli è rimasto specialmente colpito: dalla perfetta organizzazione dei servizi di polizia e dal cordoglio profondo e unanime -quasi « isterismo di dolore)) -della popolazione. Ha avuto l'impressione che realmente la personalità del re avesse finito per imporsi a tutto il suo popolo.

S. A. ha avuto un significativo colloquio col Principe Paolo. Dopo aver espresso la sua gratitudine per S. M. il Re d'Italia, che ha voluto incaricare un Suo cugino di rappresentavlo, egli ha pregato il Duca di Spoleto di far pervenire a v. E. i suoi ringraziamenti per le cortesie e per i gesti amichevoli verso il popolo jugoslavo, che V. E. ha voluto compiere in questa occasione.

Il Principe Paolo ha tenuto a manifestare i suoi sentimenti più che amichevoli per la nazione italiana ed anzi, per darne una prova, ha aggiunto di aver rischiato recentemente che re Alessandro lo cancellasse dalla lista dei reggenti appunto per l'atteggiamento da lui assunto nei riguardi dell'Italia. Il Principe Paolo non ha potuto però celare l'impressione che da parte nostra

10 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

non si ricambiasse alla Jugoslavia un eguale sentimento. Il che egli confessava con dolore ed anche con preoccupazione, data la notorietà di questo suo atteggiamento e data l'estrema delicatezza della sua attuale posizione.

Degli altri reggenti Sua Altezza ha avuto l'impressione che non siano che comparse. Ne ha avuto del resto conferma dal fatto che non gli sono stati nemmeno presentati.

(l) -Data illeggibile per il deterioramento dell'originale. Con ogni probabilità della seconda decade di ottobre, alla fine della quale si colloca. (2) -Cfr. n. 42. (3) -Aveva rappresentato Vittorio Emanuele III ai funerali di re Alessandro.
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L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. 149/346/34. Roma, 20 ottobre 1934.

No doubt you are aware of the substance of the conversation which I had on Monday last with the Head of the Government (1). Among other matters we talked about Austria and the Three Power Declaration of September 271h.

I explained that, in the view of my Government, this means generally that none of the three Powers concerned would take isolated action without consulting the others and, in particular, that none of them would conclude a politica! agreement concerning Austria with any third party without such consultation.

The Head of the Government signified his agreement with this point of view.

I assumed, and I feel convinced rightly, that Austria herself was included in the phrase «any third party», since she was not a signatory of the September Agreement. I should like, however, to be able to give my Government a definite assurance on this point to which they attach a certain importance. They trust that no negotiations for any such agreement, even with Austria, would be entered into by any of the signatories without prior consultation.

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IL DIRETTORE DE LA NUOVA ITALIA, SULLIOTTI, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO (2)

L. P. Parigi, 20 ottobre 1934.

Il tono delle parole, generose, umane e fasciste, colle quali V. E. mi ha richiamato l'altro giorno, mi ha veramente commosso. Soltanto un Capo giovane come V. E. può comprendere, e mostrarsi sereno e indulgente, di fronte a un infortunio sul lavoro, talvolta inevitabile per chi lavora con fede. Ancora una volta La ringrazio, e L'assicuro che non avrà più da rimproverarmi.

p. -157. Aloisi riferì con un appunto del 20 ottobre a Mussolini che Dampierre era stato incaricato dal suo Governo di dichiarare che esso concordava pienamente con l'interpretazione proposta dal Governo britannico e accettata dal Capo del Governo italiano.

La burrasca sta passando. La prego soltanto di credere -e prego V. E. di assicurarne, se crede, il Capo -che tutta la campagna dell'Humanité non solo ha lasciato perfettamente indifferente il Governo, ma ci ha, qui, procurato nuove e innumeri simpatie, tradotte in una raffica di abbonamenti e in un immediato e forte aumento della pubblicità.

Ad ogni modo tutto è finito. Da oggi io evito anche il minimo contatto con Bucard -che del resto non ha un mio solo rigo -e con qualunque altra organizzazione affine.

Naturalmente non posso impedire -e son certo che di questo nessuno mi farà colpa -che i giornali comunisti continuino a coprirci d'invettive e che stampino addirittura, come vedrà dalle note unite, che noi siamo i responsabili dell'eccidio di Marsiglia ...

Come ho già accennato a voce all'E. V. mi farebbe molto piacere avere un Suo rigo con disposizioni -magari sotto forma di rimprovero... -di molta « misura » negli articoli (l).

Indro Montanelli, elemento ottimo per fede, per ingegno, per disciplina, non si rende ancora abbastanza conto che siamo in terra straniera e che ragioni di tempo e di luogo possono consigliare una prudenza di forma superiore a quella che si può domandare in Italia. Io non voglio aver l'aria di essere severo con questi giovani, ma trovo per esempio poco opportuno, in Francia e in un momento cosi delicato, aver fatto arrivare l'Universale e riprodurre troppo spesso gli articoli di Berta Ricci.

A torto o a ragione la Nuova Italia è considerata qui come il riflesso del pensiero del Regime, e temo che alcune pubblicazioni possano non giovare. L'articolo «Francia 1934 » pubblicato dall'Universale ha minacciato di farci del male.

Se v. E. approva questo punto di vista che mi permetto sottoporre, vorrà forse scrivere, o farmi scrivere, una lettera di istruzioni che mi permetta di fare da moderatore, senza essere considerato... un vecchio.

Dico questo, perché non credo essere sospetto di eccessiva prudenza e perché finora ho avuto, per i miei articoli, il consenso e l'approvazione di V. E. e di Parini.

Secondo il desiderio che V. E. mi ha espresso, profitto della presenza a Parigi del camerata Dott. Frigerio, Condirettore Centrale della Banca Commerciale, che già si occupò di noi, [sic] tutti i dati della nostra vita amministrativa in modo che egli possa, fatti gli opportuni controlli, assicurare le Superiori gerarchie che non solo non abbiamo bisogno di nulla ma stiamo estinguendo a poco a poco i debiti anteriori alla mia gestione.

Mi permetto inviare la bozza del mio articolo che commemora la Marcia su Roma, nel caso che V. E. lo creda meritevole di utilizzazione per l'invio a qualche giornale.

«Ho avuto modo di rilevare sulla Nuova Italia qualche sia pur lieve intemperanza

e qualche scarto da quella linea di moderazione, alla quale deve attenersi l'opera della nostra stampa all'estero.

Pur trattandosi di cose che non rivestono carattere di gravità, debbo tuttavia raccomandarLe di usare ogni attenzione perché gli articoli del giornale siano improntati a molto tatto ed a molta misura».

P. S. Proprio nel momento in cui sto per chiudere questa lettera, viene da me un Ispettore della Prefettura di Polizia per informarmi che il Ministero «in risposta agli ignobili attacchi della stampa comunista (sic) ha deciso di darmi una carta permanente di accesso nei Ministeri ed Uffici pubblici».

Mi affretto ad informarne V. E. (1).

(l) -Non si è rinvenuto 11 verbale di tale colloquio avvenuto il 15 ottobre. Cfr. D B, vol. XII, (2) -Da ACS, Ministero della Cultura Popolare.

(l) Ciano scrisse a Sulliotti il 24 ottobre:

80

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DOTTOR MASTRANTONIO, A SANAA

T. 1380/159 R. Roma, 21 ottobre 1934, ore 11.

Suo telegramma n. 436 (2) Voci relative nostre mire aggressive nei riguardi Abissinia o Yemen sono naturalmente del tutto infondate e autorizzo V. S. a smentirle nel modo più reciso ove dovessero nuovamente circolare.

81

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1048/554. Addis Abeba, 21 ottobre 1934.

Le voci di un probabile accordo fra Francia ed Italia hanno prodotto la più

seria impressione qui. Sono note le deduzioni fatte da alcuni giornali esteri e

le preoccupazioni che ne sono state conseguenza: gli articoli in questione,

come quelli velenosi della abietta Giustizia e Libertà sono stati qui larga

mente distribuiti.

Data la mentalità di questa gente, non sembrerà strano che la morte del

Signor Barthou è stata qui accolta con vero senso di sollievo: gli etiopici con

sideravano Barthou come un nemico del loro paese, e pensavano che l'opera

di ravvicinamento con l'Italia fosse una sua personale iniziativa.

È facile immaginare la delusione alla notizia che, com'è naturale, Lavai

continuerà nella stessa via e quando si è annunciato anche il suo prossimo

viaggio a Roma.

«Credo superfluo riferire a V. E. le impressioni dei due uomini sulla personalità del Duce. Dirò invece che essi mi hanno confermato la loro intenzione di riprendere l'offensiva contro la politica estera del Ministro Barthou, che essi affermano fatalmente infeudata -nonostante i prossimi colloqui di Roma -alla Piccola Intesa.

' Da lunghi anni -mi ha detto Dommange -il Ministro degli Esteri della Francia è il Massone Benes. Finché l'Incantesimo non sarà rotto, nessuna Intesa feconda sarà possibile coll'Italia'».

«Parecchio tempo fa si era sparsa la voce nello Yemen ed in Sanaa specialmente che R. -Governo faceva preparativi militari in Eritrea ed in Somalia per muovere guerra all'Abissinia.

Affievolita tale voce, da qualche giorno si va divulgando un'altra secondo la quale detti preparativi militari sarebbero destinati ad occupazione Yemen ».

(l) Si pubblica qui un brano di una lettera riservatissima del 4 ottobre di Sulliotti a Ciano relativa ad un colloquio con i deputati Philippe Henriot e René Dommange, reduci da Roma dove avevano incontrato Mussolini:

(2) -T. 3643/436 R. del 15 ottobre di cui si pubblica solo il brano seguente:
82

APPUNTO (l)

Roma, 22 ottobre 1934.

Conversazioni con Padre M. gesuita,_ il quale, a ragione della sua lunga permanenza in Germania e del posto che ricopre oggi a Roma, è al corrente della situazione di Germania e dei rapporti tra Reich e Vaticano.

* La lotta tra Vaticano e Reich è ineluttabile * (2). Essa scoppierà immediatamente dopo il plebiscito della Saar qualunque sia l'esito di esso. È la mentalità stessa di Hitler e del suo gruppo che la rende inevitabile. Sarebbe pericolosa illusione ritenere che Hitler sia disposto a rinnegare se stesso e le idee da cui ha tratto ispirazione fino dall'inizio della sua vita politica.

Noi ci prepariamo alla lotta. Essa sarà molto più dura di quella del «Kulturkampf ». Bismarck aveva, sia pure a suo modo, una credenza in Dio. I cattolici potevano allora valersi della libertà di stampa e di quella di associazione; ma ora il gruppo di contro a noi ha una concezione pagana della vita e della società, non conosce nessun limite nell'uso della forza, arrivando, come lo hanno dimostrato gli ultimi avvenimenti, sino alla decimazione sommaria degli avversari.

Nella stessa lotta per l'unificazione della chiesa protestante che ora si svolge, non si perita di mettere in carcere pastori e di far intervenire la polizia contro i vescovi, ed è lotta puramente interna in cui non si può attribuire alcuna mena o influenza straniere, ultramontane.

Sono venti milioni i cattolici di Germania. Ammettiamo anche che debbano perdersi dieci milioni, che alcuni vescovi abbiano a smarrire la strada e scindersi da Roma, rimarrà un nucleo omogeneo, compatto, provato e purificato dalla persecuzione. Che ci possano essere delle scissioni o delle diserzioni numerose è da attendersi a ragione dell'asprezza stessa della persecuzione e per il fatto che è molto diffusa, persino nel * clero, la prevenzione verso tutto ciò che viene da Roma*. Il pericolo e il danno sarebbero stati molto maggiori un anno fa. Allora 11 vento di entusiasmo aveva preso tutti. Dagli stessi vescovi arrivavano al Vaticano i rapporti più contraddittori. La disorientazione era penetrata molto profondamente. Se Hitler avesse proceduto con abilità avrebbe potuto produrre nella Chiesa una scissione con conseguenze non valutabili.

Ma la sua politica posteriore, brutale, l'appoggio che egli dà a tendenze distintamente pagane hanno ricostituito una certa compattezza. L'Episcopato, nella grande maggioranza, è concorde e comprende il pericolo di staccarsi da Roma; reggerà solidamente l'urto.

Al principio Hitler attribuì una grandissima importanza al Concordato. Una delle ragioni per cui gli premeva così vivamente la firma del Concordato era l'Austria alla quale voleva dare una prova che il Reich era animato dalle più favorevoli intenzioni verso la Chiesa cattolica alla quale riconosceva diritti

che nessun regime precedente, neppure quelli retti da cancellieri cattolici, avevano accordato.

Le trattative per il Concordato dovettero essere concluse in poche settimane. È il primo caso per il Vaticano, il quale di solito ama procedere con molta circospezione e con negoziati e studi che si prolungano per lo più parecchi anni. Ma Hitler fissò persino la data entro la quale doveva aversi la firma. Il Vaticano, sebbene riluttante, credette di accedere. Non voleva assumersi la responsabilità di un rifiuto. Hitler si dimostrava disposto a riconoscere dei principi cui la Chiesa annette particolare importanza. Per risparmiare tempo, si presero i Concordati più recenti, quello della Lituania e della Polonia, e vennero riprodotti di peso.

Non è vero che il Vaticano con l'acconsentire alla firma affrettata del concordato abbia commesso un errore. Esso riconosce alla Santa Sede dei diritti mai prima ammessi. Ad es. e principalissimo, quello della nomina dei vescovi; sino a ieri, quando si doveva riconoscere un vescovo il capitolo faceva una terna, il Governo sceglieva e notificava la scelta alla Santa Sede che trasmetteva l'indicazione al Nunzio perché assumesse informazioni sulla persona. Se nulla risultava in contrario, era nominato. La scelta di fatto era perciò nelle mani del capitolo e del Governo; oggi è fatta direttamente ed esclusivamente da Roma.

Hitler e lo stesso von Papen entrarono in questa strada un po' alla leggera. Ritennero che il concordato dovesse legare le mani, limitare la sfera solo del Vaticano e che anche per le disposizioni più onerose una parola data a Roma non impegnasse in Germania; ma si avvidero poi che Roma non la intendeva a questo modo.

Il Concordato serve alla Chiesa di utilissima trincea di difesa e servirà a

tale scopo sino al momento della lotta dichiarata.

Nei recentissimi negoziati, i punti principali di controversia sono stati l'appoggio del Governo alla propaganda pagana e l'educazione e l'organizzazione dei giovani. I delegati di Hitler dissero: «perché negate a noi le condizioni che avete riconosciuto all'Italia? ». Fu facile per Pacelli rispondere: «Voi ignorate che in Italia tutti riconoscono una medesima idea una medesima tradizione e che sono di una medesima religione. Siete disposti ad accettare il Testo del Concordato con l'Italia ed in particolare il primo articolo che dichiara essere il cattolicesimo la religione dello Stato?».

I negoziati sono stati sospesi e non si concluderanno.

Poiché alla lotta si deve venire, è meglio ora, che Hitler si trova in una

situazione non favorevole per diversi errori commessi e che la Chiesa può

ancora contare sulla generazione che ha appartenuto alle sue organizzazioni,

i giovani che vengono su ora forse domani non risponderebbero al richiamo

della Chiesa.

*La Germania è barbara, la sua cultura è un orpello. Voi Italia potete

avere delle divergenze con la Francia, ma la civiltà è comune; l'alleanza fra i

due popoli sarebbe consona alla tradizione ed alle tendenze dei due popoli»*.

E concluse: «sarebbe bene preparare l'opinione pubblica a comprendere

che con la Germania non vi è possibilità di vera collaborazione, così che quando la lotta scoppierà l'Italia non si comporti in modo neutro considerandola quasi cosa che non la riguardi direttamente e concerna solo la Chiesa'>.

L'interlocutore dava l'impressione che la Chiesa nel prossimo periodo voglia assumersi il compito di rappresentare Roma contro il germanesimo, Roma non come principio politico e di impero, ma come una idea superiore alla incarnazione che possa avere avuto ed avere nella nazione italiana, o francese,

o spagnuola. La Chiesa perciò vorrebbe avere dietro di sé unite Francia e Italia, una posizione che ripeterebbe quella della controriforma.

Essa considera il nazionalsocialismo come affine al bolscevismo in quello che più offende la Chiesa, nella posizione anticristiana, e ritiene urgente prendere essa la direzione della lotta e porre argine a quella scristianizzazione della società che ha fatto così rapido e profondo progresso in Russia e che ora minaccia di dilagare nel centro dell'Europa.

Questa lotta riporterebbe la Chiesa sul primo piano, innanzi agli stessi governi e nazioni. La Chiesa riguadagnerebbe una posizione centrale e direttiva in Europa quale essa non conosce più da secoli.

(l) -L'appunto è privo di firma. Annotazione a margine: «Riservatissimo». (2) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini.
83

RELAZIONE (l)

... (2)

La politica jugoslava presenta le caratteristiche tipicamente orientali della doppiezza e della simulazione: non si sa quindi fino a qual punto il Governo di Uzunovic incoraggi o avversi la speculazione antitaliana sull'eccidio di Marsiglia. La censura governativa -fino a ieri, almeno -non permetteva ai giornali che di fare delle parafrasi dell'ordine del giorno della Piccola Intesa. Ma a Belgrado la censura rivede solo il testo degli articoli e delle notizie, non i titoli su più colonne o sull'intera pagina; ed *è appunto nei titoli, spesso completamente arbitrari e non rispondenti in nessun modo al testo, che l'odio contro l'Italia trova il suo sfogo con insinuazioni e allusioni fin troppo evidenti

-o addirittura con aperte accuse * (3). L'atteggiamento ufficiale è, senza dubbio, prudentissimo nei nostri riguardi, ma sottomano si dà libertà d'azione agli agitatori che hanno in programma la lotta contro l'Italia (e sovratutto ai fuorusciti istriani e ai rinnegati dalmati) per lo svolgimento di una propaganda tendente a far penetrare nelle masse popolari e a diffondere all'estero la convinzione che l'Italia e l'Ungheria abbiano armato la mano dell'assassino per colpire al cuore la Jugoslavia e poi smembrarla e dissolverla. Il pericolo ita

liano viene segnalato in termini allarmanti per arrivare ad una specie «unione sacra'> di tutte le razze e di tutti i partiti sulla base unitaria e nella disciplina dittatoriale.

Ma la dittatura unitaria è definitivamente sepolta in Jugoslavia con Re Alessandro. Tutti sono concordi nel ritenere che l'attuale Governo di transizione seguirà a brevissima scadenza la formazione di un Ministero in cui troveranno posto i maggiori esponenti dei gruppi politici che la dittatura aveva eliminati e perseguitati spietatamente. Due settimane dopo la scomparsa di Re Alessandro l'opinione pubblica è già preparata al ritorno al potere dei capi dell'opposizione. Korosec è virtualmente padrone del campo, e si vedrà poi che cosa significhi il lealismo da lui professato nei giorni del lutto nazionale per poter evadere dall'isola dov'era confinato e rimettersi in circolazione con tutti gli onori. Anche la liberazione di Macek -che, contrariamente a quanto è stato detto, non ha mai telegrafato le sue condoglianze per la morte del Re non si farà aspettare a lungo: nessuno, ormai, osa più trattarlo come un sovversivo e un traditore. *I nomi di Nihcic e di Marinkovic come futuri Ministri (il vecchio Marinkovic, dato per moribondo fin da sei o sette anni fa, fronteggia abbastanza validamente il mal sottile che lo mina) sono sulle bocche di tutti*. Ciò prelude alla ripresa dell'attività dei partiti e delle fazioni, con le conseguenze che è facile immaginare e con gl'imprevisti che potranno sempre determinarsi.

Alla Reggenza, così com'è composta, non v'è nessuno che sia disposto ad accordare il minimo credito. Nessuno prende sul serio il Principe Paolo come erede del programma di Re Alessandro; e d'altronde lo stesso Principe -le cui qualità di uomo di mondo, elegante ed elegantemente colto, scettico, spregiudicato e indolente sono note -non mostra di attribuire un'eccessiva importanza alla sua missione, né ritiene di dovervi durare a lungo. * Gli altri due Reggenti sono invisi e derisi. A quello che fu il medico e il consigliere intimo del defunto Re si imputano le più crudeli decisioni * della dittatura. È opinione diffusa che l'attuale Reggenza, i supplenti compresi, avrà poteri effettivi pressoché nulli e potrà essere dichiarata decaduta da un giorno all'altro. La mentalità, lo spirito e il carattere di Re Alessandro trovano fedele rispondenza solo in alcuni alti esponenti della *casta militare*: la casta da cui derivano tutti i movimenti sotterranei che nella Jugoslavia hanno sempre fatta la storia. È dalla *casta militare*, quindi, che ad un dato momento potrebbe venire un'azione di sorpresa, più o meno violenta, per riportare le cose al punto in cui erano al tempo della dittatura. Ma la * casta militare *, alla quale il Principe Paolo è completamente estraneo, non agirebbe, questa volta, con l'onnipotente prestigio che le derivava dalla *solidarietà del Sovrano*. Questa volta si scontrerebbe col furore armato dei partiti (tanti i partiti, quante le razze e le confessioni religiose) decisi a non farsi più soffocare. *Il separatismo non costituisce la minaccia attuale della Jugoslavia: la minaccia attuale è la guerra civile*. A primavera, epoca in cui solitamente nei Balcani ricominciano le agitazioni, il movimento si delineerà. Per ciò che ci riguarda, questo si può dire: che nei superstiti uomini della vecchia classe politica serba l'Italia ha ancora simpatie non confessate ma vive e tenaci. I Nincic e i Marinkovic non par

tecipano al fanatismo antitaliano e ci giudicano con serenità e con rispetto.

Negli altri partiti è radicata la convinzione * che la forza dell'Italia sia tutta nel genio di Mussolini, e che senza Mussolini l'Italia andrebbe alla perdizione*. Gli uomini politici e i giornalisti croati e sloveni con cui abbiamo parlato ci hanno fatto concordemente questo discorso. Crediamo doveroso aggiungere che, a nostra impressione, l'odio contro l'Italia e l'intrigo antitaliano non va oltre il ceto dei politicanti. Il popolo vero è estraneo alle passioni e ai calcoli dei dirigenti. La gente d'affari, i commercianti, non chiedono di meglio che l'orizzonte si schiarisca e che i rapporti economici con l'Italia diventino più facili e intensi. I commercianti pensano che, con l'Italia amica, la Jugoslavia, ora colpita da miseria nera, potrebbe vivere bene.

Basta sostare anche pochi giorni a Belgrado per persuadersi che l'amicizia con la Francia è, precisamente, «frigoriferata » soltanto nei trattati dell'alleanza: che l'influenza francese quasi non esiste e che il sentimento pubblico nutre per la Francia una sorda, invincibile ostilità. *È fuori di dubbio che la Germania -economicamente, politicamente e spiritualmente -ha conquistato molto terreno in Jugoslavia, al punto che le pagliacciate di Goering nei giorni dei funerali sono state accolte con ostentato compiacimento* al cospetto della insigne e sovrabbondante Missione francese. La Jugoslavia si considera mal protetta e rapacemente sfruttata dalla Francia. * «All'amicizia con la Francia -ci diceva un personaggio del Presse-Bureau -abbiamo sacrificato la vita del nostro Re; ora basta: H conto della riconoscenza è saldato»*. Sul lavorio tedesco per allargare la breccia già abbondantemente aperta nell'alleanza franco-jugoslava si potrebbe scrivere un capitolo assai interessante. Le promesse della Germania costituiscono un miraggio ormai irresistibile: e sono promesse di vasti territori e di sonanti miliardi. La commissione tedesca che nel maggio scorso si è recata a Belgrado per stipulare gli accordi commerciali, ha esteso enormemente la rete degli interessi e delle simpatie. La Germania lavora con tutti i mezzi, anche i più bassi, per conquistare la posizione. L'ufficio belgradese della Luft-Hansa è la fucina di tutte le voci allarmistiche che direttamente o indirettamente possono colpire la Francia: sovrattutto è la fucina delle propalazioni contro l'Italia, la Bulgaria e l'Ungheria. Il movimento germanofilo ingigantisce ogni giorno, mentre la retorica francese cade nel vuoto. La loggia massonica di Belgrado, filiazione del Grande Oriente di Francia, è disertata. Gli ultimi conferenzieri francesi venuti a Belgrado hanno trovato uno scarsissimo numero di ascoltatori. Tutto ciò che sa di democrazia, di laicismo, di pariginismo, ha per i jugoslavi un aspetto anacronistico, sacrilego e repulsivo.

L'alleanza franco-jugoslava non è per questo giunta alla fine, e potrà anche continuare per un tempo indeterminato. Ma nessuno, in Jugoslavia, crede seriamente che l'esercito jugoslavo marcerà con la Francia e con l'Italia contro la Germania. Tutti sono persuasi del contrario. Lo spirito jugoslavo è nettamente orientato, come mèta prossima, al riavvicinamento con la Germania; e come mèta lontana, ma sempre suggestiva, al ricongiungimento spirituale con gli slavi della Russia. Da tutte le parti si reclama che il nuovo governo di Uzunovic, come primo suo atto, riallacci i rapporti con Mosca. La radio di Mosca, così attiva e così tendenziosa in occasione dell'attentato di Marsiglia

e dei funerali di Re Alessandro, è stata ascoltata attentamente in tutta la Jugoslavia. L'unico ostacolo alla ripresa dei rapporti con l'U.R.S.S. era costituito dal Re, paladino strenuo della famiglia imperiale russa e protettore dei russi emigrati. La scomparsa del Re, anche in questo campo, semplifica le cose. *E qui cade a proposito di osservare che sotto l'apparenza del dolore e dell'indignazione per la tragica morte del Sovrano sono riconoscibili, specie nella classe politica, sentimenti di ben altra natura. Il popolo ha pianto sulla bara del Re, come si piange sui morti, ma non si può dire proprio che l'assassinio -metodo di lotta comune e tradizionale nel paese -abbia suscitato impressione di orrore, o anche un'impressione qualsiasi*. I politicanti, poi, odiavano Re Alessandro, e non par loro vero di essersene liberati senza rischio acqui.:.. stando la possibilità di tornare sulla scena.

Le crescenti seduzioni tedesche, l'esaltazione ideale della Jugoslavia a cui la Francia si è abbandonata in questi giorni, il contegno della Russia sovietica, della Bulgaria e degli stati aderenti al Patto balcanico, tutto ciò concorre ad esaltare enormemente gli spiriti del nazionalismo jugoslavo. Ma, in fondo a questa esaltazione, si avvertono anche sensi di oscuri presagi per l'avvenire. *Si ha paura dell'Italia*. La paura che l'ItaJia perda la pazienza e disperda con un gesto tutti i sogni della grandezza jugoslava, è realmente tangibile.. Tutte le nostre mosse, tutti i nostri movimenti, anche minimi, anche quelli che si svolgono nella sfera culturale, sono seguiti con trepidazione. * Un'ambizione enorme ed un'enorme incubo pauroso dominano attualmente l'anima jugoslava.

La nostra convinzione è che, se noi non daremo motivo, sovratutto con polemiche giornalistiche, ai partiti jugoslavi di rappattumarsi e di formare un fronte comune contro di noi; se per un certo periodo di tempo fingeremo di disinteressarci di ciò che avviene in Jugoslavia, la crisi jugoslava andrà rapidamente verso il suo fatale epilogo*. Disinteressarci apparentemente, ma seguire gli avvenimenti assai più da vicino, assai più intimamente. A tale scopo si consiglia di inviare a Belgrado un corrispondente stabile di un grande giornale, preferibilmente del Corriere della Sera che è il giornale nostro che incontra minori ostilità. Lo stesso Ministro Galli ci diceva che la presenza di un giornalista serio e sagace. verso il quale non vi siano diffidenze preconcette, gli è, ·più che utile, necessaria. Un giornalista può accedere in ambienti dove altri difficilmente potrebbero entrare, e può, prima e meglio di ogni altro, procurarsi informazioni preziose e rendere servigi inestimabili. Anche al patriottismo dei nostri commercianti e dei nostri operai che lavorano in Jugoslavia si potrebbe chiedere in più larga misura un'accorta collaborazione.

La Regina Madre di Jugoslavia è gravemente malata e dovrà presto subire un'operazione alla vescica sul cui esito i medici non si pronunziano con sicurezza assoluta. Se la Regina dovesse soccombere, il piccolo Re crescerebbe sotto l'influenza della Principessa Olga, consorte del Principe Paolo. Intanto, degno di nota è il fatto che il contorno immediato di Alessandro I -a cominciare dal potente Maresciallo di Corte Dimitrievié -è stato allontanato senza indugio dalla Reggia di Dedinje. L'iniziativa di questo sensazionale provvedimento viene attribuita alla Principessa Olga, che con la sua ferrea e intraprendente volontà si è subito acquistata a Corte un ruolo di altissima importanza.

(l) -11 documento è anonimo. Mussolini vi ha apposto l'annotazione: «Molto importante. Ester!». (2) -Privo di data; si colloca sotto il 23 ottobre tenendo presente che !l Governo Uzunovié. cui si fa riferimento nel testo, si dimise !l 20 ottobre e si ricostituì la sera del 22, e che !l documento è immediatamente posteriore a questa data la quale è confermata dall'accenno alla morte del re avvenuta due settimane prima. (3) -I brani fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini.
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IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETÁ DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 23 ottobre 1934.

Mi permetto ricordarti che la mia partenza per Ginevra è fissata per venerdì sera. Dopo la colazione Vansittart tu mi hai sconsigliato a voce di avvlCmare i Francesi prima che essi abbiano risposto alla Nota italiana. Tu ricorderai che

S. E. il Capo del Governo dopo il pranzo Vagnière mi disse esplicitamente che bisognava che io ad un certo momento parlassi chiaro e forte ai Francesi. (La sua frase fu «bisognerà l es bousculer »).

Interpreto dunque i tuoi consigli di temporeggiamento nel senso che Mussolini non ritiene ancora giunto il momento che io faccia una corsa a Parigi. Nel caso gli eventi maturassero prima del mio ritorno, mi puoi inviare istruzioni a Ginevra dove rimarrò sino al 12 novembre (1).

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3723/0182 R. Vienna, 24 ottobre 1934 (per. il 27).

Ministro degli esteri mi ha detto che i nazisti, allo scopo di turbare i rapporti intercedenti fra l'Italia e l'Austria, intendono lanciare un opuscolo sulla questione dell'Alto Adige. Autore ne sarebbe un certo dott. Felice Kraus di Innsbruck, di cui sono noti gli intimi rapporti con quel consolato di Germania.

Barone Berger ha osservato che la predetta iniziativa non sarebbe che un primo sintomo di una nuova attività nazista. Difatti, giusta le informazioni pervenute al Governo di Vienna, il fermo proposito dei nazisti sarebbe ora quello di agitare fortemente la questione dell'Alto Adige, specie a mezzo di articoli ed opuscoli che verrebbero naturalmente pubblicati senza far apparire in alcun modo l'effettiva loro ispirazione, al preciso intento di creare incessantemente cause di tensione fra Roma e Vienna. Berger mi ha dichiarato che il Governo federale, come ha già cercato di impedire la pubblicazione di cui è innanzi parola (all'editore di Innsbruck è stato notificato che la sua azienda verrà senz'altro chiusa qualora appaia l'opuscolo suindicato), così cercherà sempre di fare tutto il possibile per sventare o reprimere ogni tentativo nazista inteso a provocare sia pure la minima frizione fra i nostri due paesi.

«Ti ringrazio per la tua lettera del 23 ottobre. Il tuo viaggio a Parigi dovrebbe essere differito al momento opportuno. Terrò presente

che resterai a Ginevra fino al 12 p. v. ».

Barone Berger ha inoltre osservato che le nuove intenzioni naziste contraddicono interamente alle istruzioni impartite a suo tempo dalla Centrale di propaganda tedesca (pubblicate l'anno scorso dal Petit Journal in un opuscolo dal titolo: «Le vrai visage des maitres du III Reich ») e che asserivano non esservi alcun attuale interesse a sollevare, nei riguardi dell'Italia, la questione dell'Alto Adige.

(l) Suvich rispose il 24 ottobre:

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 24 ottobre 1934.

L'Ambasciatore di Polonia vuole anzitutto esprimere i ringraziamenti del suo Governo per l'appoggio che la Polonia ha avuto a Ginevra da parte della Delegazione Italiana. Il Ministro Beck ha molto apprezzato l'aiuto del barone Alo i si.

L'Ambasciatore mi intrattiene poi sulla politica della Polonia. Si esagera molto quando si vuole far credere che i rapporti fra la Polonia e la Francia sono talmente tesi, che le relazioni fra i due paesi ne possono scapit~re. Si sono montati fuori luogo alcuni incidenti come l'arresto di due direttori francesi di una azienda tessile rei di malversazioni: la politica non ci aveva a che fare. L'Ambasciatore è persuaso che se la stampa francese avrà un contegno più riguardoso verso la Polonia e se in genere la Francia tratterà il suo paese da pari a pari, i buoni rapporti di un tempo potranno essere ristabiliti entro due settimane.

L'Ambasciatore mi chiede poi notizie sulla visita di Kanya e di Vansittart. Gli dò qualche ragguaglio. Mi chiede in particolare se c'è stato un intervento inglese relativo ai rapporti fra l'Italia e la Jugoslavia. Gli rispondo di no.

Mi chiede poi sulla visita di Lavai osservandomi che le questioni pendenti fra ila Francia e l'Italia dovrebbero essere di facile soluzione. Gli rispondo che ciò sarà possibile se la Francia dimostrerà altrettanta buona volontà quanta ne dimostreremo noi. Mi chiede anche se un nostro eventuale avvicinamento con la Francia modificherà il nostro atteggiamento verso l'Ungheria. Gli rispondo di no. Insiste chiedendo se manterremo anche la nostra tesi del revisionismo. Gli rispondo affermativamente. Egli aggiunge che questo appunto è il punto debole dei rapporti fra la Polonia e l'Ungheria. Ad onta dell'amicizia che regna fra i due paesi non si può venire ad una intesa politica, come un'alleanza, perché la Polonia non può sostenere la tesi revisionista ungherese.

L'Ambasciatore mi parla anche dell'attentato di Marsiglia chiedendomi se noi concederemo l'estradizione. Gli rispondo che il prob~ema non è stato posto, che però mi pare difficile che si conceda l'estradizione dato che si tratta di un delitto politico. Osserva che è noioso che si sia trovato in Italia questo Pavelic, che è l'anima della congiura. Gli rispondo che questa sua affermazione non risulta in nessun modo provata anzi si deve ritenere che il Pavelic non ci sia entrato per nulla. Egli rileva però che l'opinione generale è diversa. Gli rispondo che se c'è qualche responsabilità -ciò che io, sulla base delle risultanze attuali devo negare -questa risulterà perché noi intendiamo collaborare perché la verità venga fuori e giustizia sia fatta.

L'Ambasciatore mi ringrazia per le mie informazioni.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 24 ottobre 1934.

Il Ministro Ducic è venuto a ringraziare il Capo del Governo per essersi fatto rappresentare da me alla cerimonia funebre per il Re Alessandro.

Mi chiede poi se posso dargli qualche notizia sulla estradizione di Pavelic e Kvaternik. Gli rispondo che la questione non è stata posta perché non si è chiesta l'estradizione. Mi domanda se noi saremmo disposti a concederla. Gli rispondo che non posso dargli una risposta precisa perché ciò dipenderà dalle proposte della Corte d'Appello di Milano e dalle determinazioni del Ministro della Giustizia. Ad ogni modo, da un esame sommario fatto dei Trattati e dei nostri Codici, devo ritenere che non potremo concedere tale estradizione.

Il Ministro Ducic mi chiede se non sarebbe meglio passare sopra a certe formalità per chiarire a fondo la situazione e togliere ogni nube nei rapporti fra i due Paesi. Gli rispondo che sono due questioni perfettamente separate: una quella della estradizione pe,r la quale ci regoleremo secondo i Trattati in vigore, l'altra quella della ricerca della verità cui noi siamo disposti a collaborare assieme a tutti gli altri. Quindi non vedo la ragione per cui debbano rimanere le nubi a cui egli accenna.

Il Ministro mi ringrazia per le informazioni.

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COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E IL MINISTRO DI GRECIA A ROMA, METAXAS

APPUNTO. Roma, 24 ottobre 1934.

Ha tenuto a chiarire che il comunicato di Belgrado della Intesa Balcanica non aveva altro scopo che quello di manifestare la viva indignazione dei governi degli Stati firmatari per l'assassinio di Re Alessandro e di Barthou e non costituiva affatto un atto di accusa contro chicchessia.

L'esplicito riferimento, contenuto nel comunicato, alle obbligazioni derivanti dal patto è stato fatto solo per far meglio risaltare tutte le ragioni che concorrono a rendere profonda l'indignazione e per chiarire che non potrebbe in nessun caso essere ammessa qualunque azione contraria a tali obbligazioni.

Il Ministro di Grecia ha concluso dicendo che desiderio della Intesa Balcanica è che gli strascichi della tragedia di Marsiglia siano regolati in uno spirito di amichevole intesa.

Ho preso atto della sua dichiarazione, chiedendogli però di meglio chiarire L fini e i moventi del comunicato, che lasciavano adito a qualche dubbio. Mi ha replicato di non sapere in proposito nulla più di quanto aveva diC!hiarato (1).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 12380/287 P.R. Roma, 25 ottobre 1934, ore 23.

Giornali francesi di questi giorni vanno pubblicando circa attuali negoziati itala-francesi notizie e commenti le più volte inesatti e talora tendenziosi. Tra l'altro una nota Havas del 22 corrente così si esprime:

«Colloquio fra ministro Lavai e ambasciatore de Chambrun è durato oltre un'ora ed ha avuto per oggetto quasi esclusivamente studio rapporti franco-italiani. In vista colloquio fra Lavai e Mussolini, la cui data è tuttora da determinare, essi hanno esaminato dettagliatamente tutti i capitoli rivendicazioni italiane concernenti Tunisia, Abissinia e Eritrea».

La stessa redazione della nota Havas, nella quale si parla di « rivendicazioni italiane in Eritrea» dimostra inesattezza dell'informazione emanata dall'agenzia francese. È naturalmente falso che negli attuali negoziati itala-francesi si sia parlato di Abissinia. Tali negoziati vertono sulle questioni della Tunisia e dei compensi coloniali che la Francia ci deve in Africa in base all'art. 13 del patto di Londra, compensi che non possono evidentemente esser messi a carico di uno Stato sovrano terzo quale l'Etiopia.

Quanto precede per opportuna conoscenza di V. S. e per sua eventuale norma di linguaggio costà secondo le circostanze faranno apparire più opportuno.

90

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. PER CORRIERE 1390 R. Roma, 25 ottobre 1934.

In relazione a precise intese avute col cancelliere circa sua visita a Roma pregola interpellarlo nuovamente circa sue intenzioni. Ella potrà informare confidenzialmente cancelliere per sua norma che Goemboes verrà a Roma dopo il 4 novembre ma che per visita Lavai nulla vi è ancora di definito. Ad ogni modo non credo che potrà a v venire prima della ·fine di novembre (2).

« Il Signor Metaxas, Ministro di Grecia, in relazione al quesito postogli alcuni giorni addietro da s. E. Aloisi, è venuto ad informare, d'ordine del suo governo, che effettivamente nella recente riunione di Belgrado dei Ministri della Intesa balcanica, non si è in alcun modo prospettata l'ipotesi di un ricorso a Ginevra in relazione al duplice misfatto d! Marsiglia"·

(l) Cfr. il seguente appunto di Cosmelli del 26 ottobre:

(2) Per la risposta cfr. n. 101.

91

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3721/0174 R. Parigi, 25 ottobre 1934 (per. il 27).

Mio telegramma per corriere n. 0173 del 23 corrente (1).

Il ministro degli esteri mi ha detto di aver trovato, arrivando al Quai d'Orsay, un incartamento incompleto sul progettato viaggio del suo predecessore a Roma. C'è, nel detto incartamento, il memorandum delle nostre domande e nulla più. Il signor Lavai ha incaricato il segretario generale del Quai d'Orsay del lavoro preparatorio da condurre avanti in collaborazione col ministro delle colonie e ha pregato l'ambasciatore de Chambrun di trattenersi a Parigi qualche giorno di più, per ripartirne sufficientemente orientato. Il ministro si propone di riprendere con me la conversazione nei primissimi giorni della prossima settimana. Ha soggiunto che il viaggio sarà ritardato di un po' anche perché a metà novembre cade la convocazione del Consiglio della S.d.N. Si avrà però il vantaggio di una maggiore preparazione. Il signor Lavai intende, in un primo tempo,. di affrontare la discussione delle nostre domande. Raggiunta l'intesa su questo punto, crede necessario di avere una conversazione sui nostri rapporti con la Jugoslavia. Il ministro ha precisato, spontaneamente, che non è nelle sue idee di porsi mediatore fra noi e la Jugoslavia, ma di chiederci se consideriamo possibile addivenire ad una chiarificazione delle nostre relazioni col vicino paese dell'est. Infine sarà portato sul tappeto il problema austriaco nel senso di garanttre l'indipendenza di quello Stato, procurando di armonizzare i punti di vista, non del tutto concordanti, italiano e jugoslavo. Il signor Lavai ha osservato che se si riuscisse a condurre in porto un accordo di questo genere, la Germania sarebbe ridotta, a suo avviso, ad una maggiore remissività. Siccome il ministro si era lasciato andare a fare del lirismo a questo riguardo, auspicando una Germania tenuta in freno dalla triplice intesa itala-francojugoslava, ho osservato che dalle sue parole non riuscivo a farmi un'idea esatta del suo pensiero enunciato un po' sommariamente. Tenevo tuttavia a fargli presente che se in Italia si considerava desiderabile di regolare con la Francia problemi da tempo sul tappeto e possibile una chiarificazione delle nostre relazioni ,con la Jugoslavia, mi correva l'obbligo di aggiungere che non si era disposti a considerare un qualsiasi accordo che fosse rivolto o avesse anche soltanto delle punte contro qualcuno. Il ministro ha repld.cato esser lungi da lui tale pensiero. A parer suo l'intesa con la Germania sarebbe stata facilitata da una preliminare intesa franco-italiana. Il signor Lavai ha aggiunto che, nei riguardi della Germania, egli era andato più in là di qualsiasi altro mtnistro francese, e non ha opposto diniego quando ho osservato che per la pace dell'Europa è indispensabile che la Germania riprenda il posto che le spetta fra le grandi potenze.

La conversazione è ritornata sulle nostre domande. Il ministro ha ripetuto che la questione è allo studio. Egli poteva tuttavia dirmi, in via personale,

che la nostra domanda per il consolidamento dello statu quo in Tunisia, per dieci anni, era eccessiva, tanto più che, chiedendone una benevola applicazione, intendevamo, evidentemente, di dare un'interpretazione estensiva allo statu quo medesimo. Non ha accennato all'idea svolta da Léger e avanzata da de Jouvenel, della fine del regime di eccezione in Tunisia dopo un periodo di transizione piuttosto lungo. Per i confini libici non poteva nulla dire di preciso, essendo stato sollecitato il parere del ministero delle colonie. Circa la Somalia, il signor Lavai ha osservato che il porto di Gibuti è uno scalo indispensabile per le due più grandi colonie francesi, il Madagascar e l'Indocina. Ho replicato, a mia volta, che non pensavamo di spossessare la Francia di quel porto e del suo retroterra. Il ministro, che aveva idee confuse su questo punto, ha accennato alla linea ferroviaria e all'Abissinia e al fatto che questo Stato fa parte della S.d.N. Ho dichiarato al ministro che dell'Abissinia non si era finora parlato, per quanto io sapessi (1).

Circa la data del viaggio, il ministro mi ha fatto un lungo discorso per spiegarmi la necessità, come ho accennato al principio di questo telegramma, di rinviarlo di qualche tempo. Ha detto che non si poteva effettuarlo nel periodo del lutto, che finisce il 10 novembre p.v., e che poi vi era l'ostacolo della riunione ginevrina. L'ho lasciato parlare senza dimostrare nessuna premura. Per spiegare questo mio modo di procedere debbo dire che sono convinto che, come il povero Barthou senza mostrarlo, aveva una voglia matta di fare il viaggio a Roma, anche il signor Lavai desidera molto di recarsi in Italia. La mia indifferenza ha agito sul mio interlocutore il quale ha finito per chiedermi quando, a parere mio, avrebbe potuto essere fatto il viaggio. Ho risposto al signor Lavai che, dal momento che egli si proponeva di raggiungere, preliminarmente, un accordo di massima, potevo dirgli che questa era pure l'idea di V. E. D'altra parte le conversazioni erano appena iniziate e le questioni che egli aveva sollevate assai complesse, di modo che mi sembrava difficile di prevedere fin da ora una data. Immaginavo tuttavia che ogni cosa avrebbe potuto essere regolata prima di Natale. Il mio interlocutore mi ha risposto con vivacità, che in ogni caso era desiderabile che la visita dovesse aver luogo prima della fine dell'anno. Ho l'impressione che Lavai farà tutto il possibile per essere in condizioni di accettare l'invito di V. E. alla fine di novembre o nei primissimi giorni di dicembre.

II ministro mi ha domandato, poi, quali fossero le idee di Roma sul riarmamento della Germania. Ho risposto che la questione era stata sollevata a Ginevra dal compianto ministro Barthou. Gli era stato risposto che il R. Governo avrebbe potuto impegnarsi a non legalizzare, senz'altro, il riarmamento della Germania. Che se la questione anzidetta fosse riportata sul tappeto, avremmo potuto avere con la Francia delle conversazioni prima di assumere un qual-. siasi atteggiamento. Il ministro mi ha risposto testualmente «c'est dejà quelque chose ».

Prego codesto R. ministero di voler farmi pervenire, con la maggiore possibile sollecitudine il testo delle nostre domande ossia il memorandum presen

«Léger, come già prima d! lui Lava!, m! ha parlato dell'Abissinia. Da parte mia non ho 11 ricordo che Il memorandum delle nostre domande alla Francia metta In causa l'Etiopia'>.

tato da S. E. Suvich al conte de Chambrun (1), con gli eventuali successivi emendamenti (2). Dico questo anche perché il signor Lavai ha accennato oggi che noi avremmo chiesto un condominio sulla ferrovia di Gibuti, mentre non ho il ricordo di questo particolare.

Può darsi che il ministro degli esteri abbia fatto confusione, a meno che l'informazione sia stata riferita dal conte de Chambrun a seguito di conversazioni avute costà dopo il mio passaggio da Roma. Comunque e finché non mi pervengano le delucidazioni, che mi sono permesso di sollecitare, credo di dover mantenere una linea ferma nelle conversazioni che ho qui, anche perché se i francesi si persuadono della possibilità di rosicchiare, un po' per volta, le nostre domande, le trattative saranno rese più difficili e andranno per le lunghe. Bisogna, infatti, avere presente che di fronte alla nostra arrendevolezza, il Governo francese ha dimostrato soltanto buone intenzioni, ma ha evitato di dire una parola concreta. Spetta, dunque, alla Francia di dare una positiva risposta alle nostre domande. L'E. V. deciderà, poi, se sarà il caso di modificare parzialmente le nostre domande o di confermarle integralmente. Ma occorre ormai, a mio subordinato avviso, che contro un'offerta italiana precisa ci sia una contro-proposta francese altrettanto precisa. Mi tenga perciò su questa linea nelle mie conversazioni ossia mi propongo di spingere i francesi a uscire dal loro riserbo ed a concretare. Se sbaglio prego di correggermi.

Informo, ad ogni buon fine, che il testo del memorandum delle nostrr domande, al quale mi sono riferito sopra, non si trovava fra le carte che i. comm. Jacomoni mi ha fatto leggere a Roma, il 2 corrente.

(l) T. per corriere 3711/0173 R., non pubblicato.

(l) Con t. per corriere 3749/0176 R. del 31 ottobre, Plgnatti comunicò:

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3719/428 R. Parigi, 26 ottobre 1934, ore 20,05 (per. ore 24).

Si delinea una offensiva contro il riavvicinamento itala-francese che

credo d'origine centro-balcanica. L'azione di Fotié a Ginevra è nota a codesto ministero. Il ministro jugoslavo tiene al Quai d'Orsay un linguaggio favorevole ad

una intesa con noi, che dice di considerare relativamente facile e assai desi

derabile. Me lo ha detto Lavai. Ho motivo tuttavia di supporre che Spalaikovié agisca in funzione di ma

novra perché servizio stampa della sua legazione che sovvenziona profusamente certa stampa francese, sparge notizie tendenziose su nostra responsabilità nel regicidio con lo scopo evidente di intorbidare le acque.

D'altra parte alcuni giornali locali, che non ci sono mai stati favorevoli, conclamano che premessa necessaria per qualsiasi concessione all'Italia deve essere il nostro abbandono dell'Ungheria.

11 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Pertinax ad esempio sostiene questa tesi.

Egli ha dichiarato a persona con la quale è in relazione d'amicizia, che me lo ha riferito, che le domande italiane per la Tunisia, la Libia e la Somalia, che ha enunciato con precisione, sono in principio accettabili a condizione che però da parte nostra si rompa con l'Ungheria perché oggi Ungheria vuol dire Germania.

(l) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 868. (2) -Cfr. n. 3.
93

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3728/096 R. Belgrado, 26 ottobre 1934 (per. il J1).

V. E. avrà rilevato dalla mia ultima corrispondenza che il principe Paolo mi ha ripetuto per due volte di andarlo a vedere non appena iniziatosi un primo periodo di calma dopo i funerali di Re Alessandro.

Se egli stesso mi chiamerà non potrò evidentemente rifiutarmi di andare da lui, come tante altre volte è accaduto. Ma nella delicata fase presente da un verso non posso !imitarmi a sempre e soltanto ascoltare, dall'altro è pericoloso io espr,ima alcun mio pensiero che non so se sia condiviso da V. E. poiché nessun cenno ho ricevuto da Roma su quelle che possano essere le nuove direttive di V. E. di fronte alla situazione che è nata e per ora si delinea abbJ..stanza chiaramente.

Perciò non chiederò di essere ricevuto da principe Paolo a meno che V. E. non me ne autorizzi e possibilmente mi dia qualche traccia di quello che potrebbe essere un mio primo cauto colloquio (1).

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 6526/1786. Belgrado, 26 ottobre 1934.

Il nuovo Gabinetto Uzunovié si è costituito con i tre Presidenti .del Consiglio del periodo dittatoriale e per la proclamata continuazione della politica del 6 gennaio 29.

Essa ha soprattutto significato di primo sforzo del Regime per seguitare a mantenere le posizioni personali acquistate da allora e da allora conservate senza troppo sforzo e solo per l'appoggio del defunto Sovrano. Senza di esso è vano farsi illusioni: le persone che sono al potere rappresentano quasi nulla

di fronte al paese, e per poco che una libera lotta ricominci sono destinate ad essere tolte di mezzo con molta rapidità. Specie i serbi.

È in Serbia che secondo ogni probabilità la lotta politica si farà sentire più viva. Ne sia fra altro prova che mentre in Croazia e più ancora in Slovenia, passati i primissimi giorni di cruda sorpresa per la tragedia, la vita anche degli affari ha ripreso senza interruzione e senza inquietudini, non è cosi in Serbia, dove il movimento di affari e di scambi è pressocché arrestato dal 9 corrente né accenna a qualsiasi ripresa, e si vociferano per ogni dove le più diverse cose.

Vi è però un'assoluta calma di superficie, nel senso che l'ordine pubblico è perfetto, il Governo ha come non mai nelle sue pronte mani la situazione e nulla minaccia anche lievemente lo svolgersi dell'attività governativa.

Alla formazione di questa situazione hanno contribuito, come già scritto, l'orrore della tragedia, la pietà umana che essa ha inspirato, il raccogliersi unanime del sentimento popolare intorno al feretro insanguinato.

Ma vi sono pure spiriti che pensano finito o prossimo alla fine quel regime di compressione poliziesca che è sembrato intollerabile soprattutto ai serbi, i quali lo hanno ammesso e sopportato solo per la prevalente personalità del Sovrano.

Perciò è da chiedersi se la Reggenza e specie il Principe Paolo sentano o no la assoluta necessità, reso il doveroso tributo al Sovrano, alle sue idee, alle sue direttive politiche, seguita per un primo periodo la linea di condotta da lui tracciata, (tributo che trova una consacrazione anche formale nel proclama che oggi la Reggenza ha emanato e che qui unisco) di rivolgersi in un prossimo momento ad altre forze della Nazione anche se queste provengano da quei vecchi partiti dei quali re Alessandro proclamò con ogni sua possa la fine, e che anche negli ultimi giorni Uzunovié per farsi eco del pensiero del defunto Sovrano (occorre stare bene attenti a mettere al suo posto l'aggettivo defunto) dichiarò appartenere alla storia.

L'indole equilibrat::t del Principe Paolo, la sua formazione mentale, direi anche la sua struttura fisica lo indicherebbero piuttosto propenso alla ricerca di una più larga base di opinione pubblica per la situazione che si apre con la Reggenza. Le voci che corrono in proposito sono disparate e contraddittorie, perciò è necessario attendere per giudicare e vedere.

In ogni caso, le prime dicerie su una sconosciuta energia da lui dimostrata sembrano esatte. Sui dettagli del fatto si è discordi, ma che già nella notte dal 9 al 10 il Principe Paolo abbia avuto un serio preciso contrasto con Uzunovié (secondo la versione più accreditata Uzunovié non avrebbe voluto pubblicare il testamento Reale con i nomi dei due Reggenti da lui designati, oltre il Principe Paolo), finito con la prevalenza della sua volontà, pare quasi certo.

In ogni caso è il Principe Paolo che ha allontanato il Maresciallo di Corte Aza Dimitrievié (immorale amministratore dei beni del Re ma da lui sempre protetto ad oltranza) come l'avvocato del Re Todorovié, losco strumento dei suoi affari personali (si dice che presso entrambi, arrestati per ora a domicilio, siano state trovate forti somme di denaro del quale non è giustificato il possesso). Ed è il Principe Paolo che ha segnato in questi giorni il decreto di collocamento a riposo del Ministro a Parigi Spalaikovié, anche egli fidatissimo di

Re Alessandro.

Supporre quindi o credere che il Principe Paolo voglia, in tempo non lontano, cambiare la rotta della politica interna non è del tutto azzardato. Che lo volesse anche Re Alessandro prima della sua partenza per Parigi lo si diceva, salvo poi a non farlo come tante volte è accaduto. Poiché Re Alessandro amava soprattutto manovrare e far pazientare gli impazienti di potere che a lui non garbavano.

È anche per la decisione personale del principe Paolo che Koroscez è stato lasciato partire dal confino. E la sua dichiarazione di volere collaborare e sostenere la unità jugoslava ha segnato la stura di quelle di tutti gli altri capi politici, Hno a Macek, come ho detto nel precedente mio rapporto.

La quale volontà di collaborazione e di sostegno va però intesa nel senso che tutti questi uomini politici di prima il 6 Gennaio hanno sempre voluto darvi. Cioè allentamento del regime di compressione, graduale ritorno alla normalità, autonomie o federazioni. E qui sia lecito ricordare che vi è dissonanza fra vari programmi, ma vi è una unità precisa fra quello federale autonomo di Macek e quello federale autonomo del serbo Davidovié capo dei democratici con Joza Jovanovié capo dei socialisti.

Perciò la formazione del nuovo Gabinetto Uzunovié se va intesa come sforzo

per la continuazione del Regime 6 Gennaio, va forse intesa anche come prepa

razione e forse transizione ad una più decisa collaborazione con gli ex capi par

tito, nelle forme e nei modi che solo l'avvenire potrà indicare, ma che, secondo

me, e salvo imprevisti, difficilmente potranno mutare in modo concreto e defi

nito prima dell'anno venturo dopo le vacanze del Natale cattolico e dell'orto

dosso che marcano una sosta di quasi un mese nella vita politica jugoslava.

Né sarebbe da stupirsi se, specie con i radicali pasiciani, fosse proprio Ziv

kovié a rappresentare l'anello di congiunzione col Principe Paolo.

Frattanto tutta l'attenzione dei circoli governativi e della stampa è portata

sull'inchiesta di Marsiglia e sulle altre che si svolgono in altri Stati.

È ben vero che con la campagna per la punizione dei regicidi e la disper

sione dei centri di loro sostegno si mira anche ad altri scopi: consolidamento

della tranquillità ~nterna, raggruppamento di tutte le forze intorno alla unità

jugoslava, e soprattutto fine del revisionismo ungherese.

Ma la stampa sfrutta ogni possibile dettaglio anche a nostro danno e con

perfida malizia. In mancanza di nuovi elementi ricorre a vecchie storie, quelle

che a V. E. sono ben note. Se però la stampa di Francia taccia e nulla porti di

nuovo, anche questa deve tacere. Perciò sono da attendersi dopo i primi fuochi

di artificio violenti di questi ultimi due giorni soste e riprese e spegnimenti

ed incendi improvvisi.

Sarebbe però illusorio credere che se la stampa un giorno o l'altro per una

o l'altra ragione si taccia, il fosso scavato fra Italia e Jugoslavia da questa tragedia sia colmato. Sarebbe male apprezzare l'anima serba se questo dovesse essere creduto. Con ciò io non discuto se e quale diretta od indiretta responsabilità sia in Italia per questa tragedia, che trova il primo suo fondamento politico-storico nella questione croata. la quale comincia a dare un'emigrazione terrorista solo poco dopo l'instaurazione del Regime (e ciò riconoscono sottovoce anche seri elementi serbi). È quindi imputabile anzitutto al Regime dittatoriale di Re Alessandro se la mano di questi terroristi si è armata contro di lui. Ma io parlo di una formazione psicologica che non si combatte con argomenti e ragioni e dimostrazioni, che anzi in ogni apparenza anche illusoria vuole trovare un nuovo argomento contro di noi, anche perché è fatale che quando un popolo od un governo errino, cerchino costantemente fuori del proprio raggio d'azione e dei propri confini i responsabili dei danni che si sono creati solo per propria incapaèità a dominare le forze esterne od interne. E poi vi sono gli elementi interessati a rinforzare questa credenza nel popolo serbo.

Perciò ripeto non discuto né esamino il fondamento reale di questo sentimento. Rilevo che esso esiste e ciò basta per farlo considerare un elemento che deve essere valutato quando si considerino i rapporti italo-jugoslavi che sono poi di due popoli destinati a vivere per l'eterno accanto l'uno all'altro, e fra i quali pertanto cause di eterno dissenso non dovrebbero esistere salvo se non si creda alla assoluta fatalità di una guerra che o distrugge o col ricreare altri fatti sana ogni passato male per stabilire nuovi stati d'animo.

Il Presidente del Consiglio nella dichiarazione fatta alla Scupcina stamani così si è espresso:

«Avendo coscienza della forza politica ed armata della Nazione Jugoslava unificata, appoggiandosi sulle amicizie ed alleanze preziose, la Jugoslavia può, col cuore ferito, guardare il suo sangue freddo. Ma questo sangue freddo non vuole dire indifferenza e passività. Al contrario, il Governo si sforzerà energicamente affinché il crimine di Marsiglia sia assolutamente chiarito e affinché tutte le responsabilità siano stabilite in vista delle sanzioni necessarie. Bisognerà mettere termine all'azione criminale ed ai loro scopi. Il Governo, a questo effetto, sa che può contare, non solamente sull'appoggio dei suoi amici ed alleati, ma sull'idea dell'intero mondo civile. In primo luogo egli conta anche sull'unanimità del popolo jugoslavo che ha provato in questi giorni l'unità indefettibile della Nazione Jugoslava di cui la forza morale annienterà tutti i tentativi diretti contro di Essa».

Egli dice più chiaramente quello che è già nel comunicato della Piccola Intesa e che soprattuto è nel fondo del pensiero di ogni uomo politico jugoslavo. Né m'illudo né voglio illudere che si pensi a responsabilità belga per il centro di Seraing, o germaniche per il foglietto di Pavelié a Berlino. Si pensa ad ungheresi e soprattutto ad italiani.

Perciò vengo alla conclusione che mi sono già permesso di esprimere. Beninteso io concludo così come concludo perché veggo l'orizzonte da Belgrado, pur sforzandomi d'innalzarmi quanto più possibile. Ma da Belgrado credo vedere precisa la nostra necessità di dare una qualsiasi soddisfazione non tanto all'opinione pubblica internazionale che presto o tardi porterà la sua curiosità su altri avvenimenti sensazionali e dimenticherà questi che toccano i rapporti Roma-Belgrado, ma credo vedere la necessità di una soddisfazione almeno apparente proprio nei riguardi di Belgrado e soprattuto dei serbi, che per convinzione mia incrollabile e che ogni nuovo quotidiano sintomo politico rafforza ogni dì più che è proprio dai serbi che noi dobbiamo attenderci la formazione di quel nucleo jugoslavo antige~rmanico che difenderà con noi la nostra civiltà mediterranea e fascista.

E con un'apparente soddisfazione sono indispensabili quelle misure contemporanee che distruggano in Italia ogni residuo di propaganda rivoluzionaria croata che se ha fervidi (ma interessati in qual modo?) sostenitori all'esterno in chi ha la pelle al sicuro, non ne ha all'interno. Macek è il più accanito avvel"sario di Pèribicevié (l).

(l) Suvich rispose con il t. per corriere rr. 1403 R. del 31 ottobre, una cui prima minuta, autografa, è a margine del documento pubblicato nel testo, quanto segue: «ove ciò sia possibile senza assumere carattere scortese, è opportuno che ella cerchi di evitare incontri. Al caso conviene ella si limiti ad ascoltare facendo, se necessario, affermazioni generali della nostra buona volontà di collaborazione ad un riavvicinamento ».

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 6530/1788. Belgrado, 26 ottobre 1934 (per. il Z9}.

Ho avuto ieri una lunghissima conversazione con Nincié che da poi della tragedia di Marsiglia non avevo veduto.

La riassumo:

«È venuto a vedermi von Keller che fu già Ministro di Germania a Belgrado ed ora con Goering rappresentava il governo germanico per i funebri di Re Alessandro. Mi ha detto che Goering era rimasto assai lusingato delle accoglienze e delle cortesie trovate da noi. Mi ha parlato lungamente dei rapporti jugoslavo-germanici, del loro futuro sviluppo e finalità. Ha concluso che alla Germania erano indifferenti i rapporti franco-jugoslavi ma essa non sarebbe stata indifferente a quelli jugoslavo-italiani che avrebbe considerato

come diretti contro di lei.

Ho parlato anche con altra persona non francese né tedesca che è molto al corrente della politica italiana e che era stata recentemente a Roma. Essa mi ha detto che l'Italia non farà mai un accordo sincero con noi. Troverà sempre un pretesto per rinviarne la conclusione. Essa vuole attendere che la situazione in Jugoslavia sia catastrofica e che i piani ungheresi possano trovare applicazione, nella persuasione che una più grande Ungheria sarà una barriera più sicura contro il germanesimo di quello che può essere la Jugoslavia e che essa sarà più forte in Adriatico se la potenza jugoslava sparirà.

Io credo invece fermamente che un accordo itala-jugoslavo è nell'interesse

di entrambi i paesi. La Germania accordata politicamente con la Jugoslavia

significa a breve scadenza la Germania all'Adriatico, la Germania all'Adriatico

significa non soltanto il ritorno dell'Italia allo stato ante guerra, ma anche, a

successiva scadenza, la soggeztione della Jugoslavia forse la sua diminuzione

territoriale.

Koroscez, lo stesso Koroscez è stato ed è della mia opinione. Egli è sopratut

to uno sloveno ma sa quali correnti filo germaniche esistono nel suo stesso paese,

«Dal 9 ottobre, all'Infuori di Nincic, io non ho potuto avvicinare più nessuno, che nessuna signora di Belgrado (e vi sono fra esse molte sincere amiche di mia moglie che venivano a vederla non meno di una volta la settimana) ha più messo il piede in casa mia e non ha neanche telefonato, che tutti i mie! collaboratori di ogni grado sono letteralmente boicottati da tutti i loro conoscenti. Vi sono persino dei diplomatici di legazioni minori che per l'influenza dell'ambiente non hanno più messo piede in casa mia »

e crede che un accordo Belgrado-Berlino con diminuzione della potenza italiana sarebbe anche la fine della Slovenia jugoslava che tornerebbe presto o tardi in seno al germanesimo. Ora Koroscez è stato austriacante fino alla fine della guerra, ma nel fondo del suo pensiero è sempre stato jugoslavo e sente quale vantaggio sia anche per la Slovenia di essere con i suoi fratelli di razza. E si rende ,conto, poiché è un uomo politico, il solo uomo politico di valore fuori della Serbia, che a tal fine è necessaria la potenza italiana in Adriatico quale la ha creata la guerra vittoriosa.

Certo la situazione degli sloveni in Italia gli sta a cuore e lo tormenta. Ma è questione che potrebbe, in altre condizioni, essere riesaminata.

Quanto all'Ungheria credo sia illusorio quello che mi ha detto la seconda persona. Non posso credere che la politica di S. E. Mussolini verso l'Ungheria possa andare più in là di una manovra. L'Ungheria non tanto rivendica le sue minoranze in nostro confronto, quanto H suo sbocco al ma,re attraverso la Croazia. Il giorno in cui dovesse arrivare al mare, tale cammino sarebbe aperto per la Germania. Non vi è da farsi illusioni su ciò. Tutta la storia ungherese, tutto lo spirito ungherese è volto verso tale direzione. Non vi saranno mai in Ungheria serie resistenze al germanesimo.

In Jugoslavia invece resistenze al germanesimo vi sono, e sono naturali. Vi sono anche tendenze germanofile, ma esse sono in primo luogo in funzione di difesa della Jugoslavia. Certo se nessuna altra difesa apparisce possibile prenderemo anche quella. Ma nessuno la desidera in primo luogo. I serbi sono non germanofili per destinazione.

Noi non abbiamo nulla da temere dall'Italia quando si esaminino serenamente le nostre posizioni, tutto dalla Germania che grava sul nostro capo e tende a scendere al Mediterraneo attraverso l'Adriatico.

Perciò resto sempre fedele al programma di accordo intimo fra l'Italia e la Jugoslavia, che non esclude accordi con l'Ungheria, ma nei suoi attuali confini. Una revisione a nostro danno non la soddisfarrebbe mai? È lo sbocco al mare cui essa tenderà, non meno di questo. E per ciò le occorre lo smembramento jugoslavo. Mentre per qualche parziale rettifica le possibilità in qualche utile clima non debbono mai essere escluse. E pe,r questa modesta finalità non occorre sostenere la macchina rivoluzionario-terrorista che essa ha sostenuto contro di noi.

Tanto più in quanto le sue maggiori rivendicazioni etniche non sono contro la Jugoslavia.

Tuttavia con l'Ungheria fra noi e voi potremo cercare ogni possibile combinazione anche economica a Fiume-Sussak.

Io sono sempre fedele al programma che ho cercato di realizzare dal 24 in poi. Se dovessi tornare al potere è su questa via che mi porrò, e per prima cosa cercherò vedere S. E. Mussolini ed andrò subito a Roma.

Ma non ci si debbono chiedere attitudini antifrancesi od anti Piccola Intesa. Già, se noi possiamo trattare con voi con ogni piena indipendenza nel senso che non abbiamo bisogno di alcun contemporaneo accordo con Cecoslovacchia e Rumenia, è anche perché al nostro accordo le due potenze sono altrettanto interessate che noi. Ed il bene che a noi verrà, verrà anche a loro, specialmente alla Cecoslovacchia. Benes ha promesso venirmi a vedere presto. Nei giorni che è stato qui per i funerali di Re Alessandro mi ha telefonato. Di vedermi gli è mancato il tempo. Ma egli è sempre in rapporti ottimi con me.

E da un nostro accordo con voi verrà anche più stretta amicizia dell'Italia verso Rumania e Cecoslovacchia.

Certo che per arrivare ad un accordo nuovo debbono maturare delle situazioni. Anzitutto occorre togliere dallo spirito serbo questo peso che grava per la morte di Re Alessandro le cui cause sono piazzate anche in tolleranze di vostre autorità. Non che io neghi che il primo uccisore di Re Alessandro non sia egli stesso ed il suo Reg'ime. Ma certo vi sono state tolleranze anche da voi. Occorrerebbe dare una qualsiasi soddisfazione al nostro sentimento.

Poi la situazione interna deve maturare una nuova sistemazione, e credo maturerà rapidamente.

Così non può durare. Io ho fiducia e spero che il Principe Paolo se ne renda conto e capisca che gli occorre un appoggio largo e sicuro di pubblica opinione. Non può averlo che se ricorra ai vecchi partiti che soli conservano una larga base di appoggio pubblico e di masse. I vecchi partiti sono tutti in contatto e si ricostituiscono. Od egli lo comprenderà a tempo e salverà la dinastia, e sopratutto ewterà alla Jugoslavia scosse improvvise, od andremo alla Repubblica con molti periodi· oscuri e torbidi, alla spagnuola.

Ho detto che i vecchi partiti sono tutti in contatto ed in accordo. Vi è un cerchio più stretto formato dai vecchi radicali pasiciani, da Spaho, da Koroscez, dagli amici di Macek che sono il Senatore Superina, Mazuranié ed il ministro Demetrovié. Sono gli amici di Macek e gli interpreti autorizzati del suo pensiero. Con Macek non siamo in diretto contatto poiché egli è sempre in stato di arresto, benché all'ospedale. Ma appena libero lo saremo. Od egli accetterà il programma che i suoi amici hanno già accettato, o faremo a meno di lui. Del resto in Croazia la situazione è semplice. Non vi è che un partito che abbia con sé consenzienti le masse: è il vecchio radiciano che ora ha a capo Macek, ma questi se non abbia i suoi amici non conterà più. I Frankiani rappresentano una minoranza intellettuale, null'altro. Pavelié è in diretta ostilità con Macek e non ha con sé che qualche giovane esaltato. Pribicevié è un energumeno che ha perduto molti contatti col suo paese. Se e quando vi rientrerà non so quale situazione troverà per lui.

Oltre questo cerchio più ristretto siamo in relazione con i democratici di Davidovié ed i socialisti di Jovanovié. Le persone ora al potere non hanno né partito né seguito. Sono larve destinate a sparire non appena vi sarà una ripresa di vita pubblica. A quel momento la possibilità di trattative con l'Italia per un nuovo durevole accordo si ripresenterà. Occorrerà non perdere tempo». Non posso trasmettere questa conversazione con Nincié senza accompagnarla da alcune mie osservazioni.

Germania-Jugoslavia. La affermazione conclusiva del von Keller è delle più significative, e fissa una netta evoluzione del pensiero politico germanico nei riguardi della sua politica balcanica in genere, jugoslava in ispecie. Delle tendenze generali germaniche verso la Jugoslavia, come delle correnti jugoslave favorevoli ad un'intesa con la Germania ho intrattenuto V. E. fino dall'estate del 1928.

La Germania è passata attraverso varie fasi: sul substrato dei rapporti economici e valendosi della larga penetrazione culturale ha sopratutto cercato diminuire la opposizione jugoslava all'Anschluss. Contemporaneamente ha incoraggiato la Jugoslavia ad un accordo con l'Italia quando questo avrebbe signifLcato diminuzione della influenza francese. Sviluppatasi poi la situazione di porre l'Italia in diretto contrasto col germanesimo volto decisamente a scendere al sud, la politica di Berlino stabilisce nettamente il suo orientamento politico in senso nettamente antitaliano, anche perché è troppo evidente con la crescente potenza dell'Italia fascista il contemporaneo affievolimento francese.

Da parte della Jugoslavia si può affermare recisamente che quella del defunto Re Alessandro sentiva nettamente il pericolo della espansione politica germanica e vi si sarebbe opposta con ogni possibile mezzo. Ma questa opposizione trova correnti non consenzienti nel paese per ragioni economico-culturali, e più ancora in funzione di difesa del pericolo italiano. Sicché poi in ultima analisi sono i rapporti itala-jugoslavi quelli che avrebbero determinato e determmeranno m avvemre la definitiva attitudine jugoslava. Se si tratti di difendere la unità e la integrità jugoslava, si finirà coll'arrivare fatalmente all'accordo politico germano-jugoslavo. Le tappe progressive sono '<listinte, come il sottile lavorio germanico preciso ed insistente.

Vegga V. E. come siano in preciso ,rapporto con la dichiarazione di von Keller a Nincié le voci che partono principalmente da centri di propaganda germanica, e che cercano di contrapporre all'assassinio di Dollfuss la tragedia di Marsiglia, quasi per prendere una meschina insolente rivincita. Ed è proprio di ieri la notizia che mi viene da ottima fonte la quale dice che questo Ministro di Germania ha assicurato che se la Jugoslavia avesse voluto inviare in Germania i migliori agenti della sua polizia politica per indagare sul soggiorno di Pavelié a Berlino e dei rivoluzionari croati che vi trovavano ricetto come anche pubblicavano il noto foglietto così ferocemente anti serbo, tutte le porte sarebbero state aperte, e nulla assolutamente nulla celato. Non sfugge a V. E. il significato di questa offerta che si vuole contrapporre alle tendenziose accuse del nostro atteggiamento per Pavelié e Kvaternik.

Delle tappe di questa evoluzione ho dato sempre precisa segnalazione a

v. -E. talora anche preventiva. La futura evoluzione di questa situazione è legata ad ogni imprevedibile avvenimento che potrà verificarsi inattesamente e determinare il precipitato che non sarà poi più possibile modi:Mcare, o se mai con grossa fatica. v. -E. mi permetterà di ,riportare una parte del mio rapporto del 24 Febbraio 1934 n. 299 (l).

« ... La posizione dei Balcani e della Jugoslavia è tale che su di essa prima della guerra non vi si esercitavano che due principali influenze: la Russa e l'Austriaca con a fianco la prima debole apparizione italiana. Nel dopo guerra la comparsa della Francia come forza attiva politica nei Balcani è dovuta alla sua non duratura situazione di prevalenza europea. Ma sono con

vinto che ciò non è che un transitorio e che specie nei rapporti con la Jugoslavia essa è una alleata soltanto temporanea ed unicamente in funzione di difesa dall'Italia.

Ma in situazione normale soltanto Italia, Germania e la Russia di domani, dovranno e potranno esercitare una decisiva determinante prevalente innuenza sugli Stati Balcanici e soprattutto sulla Jugoslavia .

... La Jugoslavia superata la crisi interna, sistemata una difesa all'esterno, col rafforzamento della Piccola Intesa, rotto il cerchio magico dei suoi vicini, assicurata una pace balcanica mirante sostanzialmente ad una pace durevole, si trova ora in una situazione tale da poter attendere eventi prossimi per decidere la sua definitiva politica. Tre vie gli si aprono dinanzi: l) rinsaldare ancora più i suoi legami con la Piccola Intesa e la sua dipendenza con la Francia al cui carro legare le proprie sorti anche per il caso di un urto bellico franco-germanico; 2) accordarsi con la Germania al che non mancano sollecitazioni ed inviti oltreché sussistere nella stessa Jugoslavia tendenze precise, simpatie, interessi e gruppi a ciò ben propensi; 3) accordarsi con l'Italia, il che è poi la sola vera, precisa e stabile sistemazione politica che armonizzando le reciproche necessità economiche e la struttura dei due Stati, può dare alla Jugoslavia quella sicurezza di pace per il suo maggiore sviluppo che è oggi la ben certa e maggiore sua aspirazione».

Ungheria. Questo sull'Ungheria è pensiero costantemente espressomi da Nincié: impossibilità di soddisfazione delle pretese ungheresi integrali, politica diretta a sottrarla per quanto più a lungo possibile all'abbraccio germanico verso il quale essa si sentì fatalmente attratta, quindi larghi accordi e compensi economici. Ma sostanzialmente diffidenza e circospezione.

Dal canto mio non ho alcuna pretesa di sostituirmi al Ministro a Budapest, ancor meno di esprimere un giudizio definitivo per il quale mi manca qualsiasi elemento poiché le comunicazioni che mi vengono di ufficio sono scarse e monche, e saltuarie.

La mia è piuttosto una sensazione od un istinto che mi viene dai ricordi di guerra quando gli ungheresi erano i più accaniti nostri nemici, come i peggiori aguzzini dei nostri prigionieri che raramente scappavano alla loro crudeltà tartarica. È anche il frutto di una costante osservazione dei rapporti storici ungaro-germanici.

Ma questa mia sensazione istintiva trova ogni giorno nuovi elementi di diffidenza. Anche teri nel rapporto trasmessomi da codesto Ministero relativo alla visita di Starhemberg in Ungheria. Egli ha detto a Preziosi: « Starhemberg mi ha poi accennato in stretta confidenza alla sua impressione di una non completa e perfetta disposizione del Gombos verso l'Italia, nonché alla sua tendenza verso la Polonia e la Jugoslavia».

In ogni caso debbo tenere presente la sproporzione fra la azione a favore

dei rivoluzionari croati e quelle che sono le ragionevoli rivendicazioni territo

riali ungheresi contro la Jugoslavia, la esistenza in Croazia di società segrete

per il ritorno all'Ungheria (ho segnalato a suo tempo i processi e le condanne)

e le carte irredentiste ungheresi, celebre fra tutte quella mobile che con la

Croazia comprende anche Fiume.

Per questo momento sarà interessante osservare attentamente la effettiva linea di condotta della Ungheria di fronte alle richieste jugoslave contro la azione terroristica croata, e specialmente cosa sarà fatto dell'arrestato Servazzi (ex Servatski).

Cecoslovacchia. È ben chiaro e non discutibile quanto ha detto Nincié. L'enorme interesse cecoslovacco alla intesa sicura itala-jugoslava. La Cecoslovacchia è dei nuovi Stati scappati fuori dalla crosta austro-germanica che li copriva ed a rivelare la vera essenza etnica del suolo europeo, il più debole, il più esposto a gravi pericoli. Tanto che se è assai disagevole ed imprudente accennare anche vagamente a quelli che potrebbero· essere i futuri lineamenti politico-territoriali di una nuova Europa, ve ne è uno che si può azzardare senza troppo rischio, ed è che la Cecoslovacchia è destinata forse a fare le spese di una revisione che dia agli Stati europei confini più equi e più duraturi.

Riavvicinamento con l'Italia. È pensiero costante di Nincié. Egli ne ha fatto quasi una questione personale. È certo che se le vicende politiche lo dovessero riportare al potere vi darà ogni impegno né cadrà più negli errori commessi dopo il 1924. La controassicurazione con la Francia e la scarsa energia nel reprimere le residue aspirazioni territoriali albanesi degli elementi nazionalmilitaristi, sono stati la ragione fondamentale della fine di quel Patto di amicizia, e della caduta di Nincié della qua:le egli risente ancora vivo l'amaro.

S. E. il Capo del Governo, per poco ne lusinghi l'amor proprio e le naturali suscettibilità, avrà in lui un uomo sinceramente e profondamente ammirato come pronto ad ascoltarlo e seguirne il consiglio.

Situazione interna. Non condivido interamente il pensiero di Nincié per quanto sia convinto della fatalità di uno spostamento delle basi di Governo per cercarne di più salde nella pubblica opinione che non oggi. Anch'io ho fatto all'E. V. la ipotesi di un assetto federale repubblicano, ma per ora solo come ipotesi teorica. Non vi sono in questo momento premesse spirituali e politiche per pensarvi seriamente.

Quanto all'accordo con Macek credo anche che Nincié sia in errore o voglia ingannarsi. Macek è una testa dura. Non si lascerà facilmente convincere né dai suoi amici né da alcun altro per un accordo con i vecchi radicali serbi. E quanto a staccarlo dalla sua base contadina in Croazia non sarà agevole neanche ai suoi amici.

Macek vuole collaborare col Governo, cioè riconosce la forma monarchica, la dinastia. Ma vuole anche la più larga autonomia nella unità jugoslava. Per questa autonomia c'è un solo programma serbo comune al suo: quello di Davidovié con Jovanovié.

Anche Korosec pur desiderando l'autonomia è più moderato di Macek. Ciò forse anche perché, di fatto, gli sloveni hanno raggiunto un qualche grado di autonomia ed il Governo di Belgrado non fa sentire facilmente la sua autorità in Slovenia.

Circa poi il ritorno di Nincié al potere, lo credo più agevole oggi non con Re Alessandro (il nuovo Maresciallo di Corte Gruié ha detto a Nincié il 24 cor

rente: «Dobbiamo ad ogni costo fare l'accordo con l'Italia, sei tu che devi realizzarlo ». Ma salvo impreviste decisioni del Principe Paolo il momento non è ancora certo imminente, forse neanche prossimo. La linea isobarica jugoslava indica che il massimo di pressione politica è piazzato nella primavera.

Se dovessero quindi presentarsi segni buoni per un effettivo riavvicinamento e se V. E. credesse dovergli cogliere, non direi mai di attendere il ritorno di Nincié. Già egli disse ciò anche in anni passati. E se questa sua speranza di ritorno poté determinare per qualche frazione un mancato accordo, fu certo errore tenerne conto (l).

(l) -Annotazione a margine d! Suvich !l cui testo è molto deteriorato: « ... Gal!! che l'unica cosa che noi possiamo fare è di essere tranquilli come lo siamo effettivamente». (2) -Cfr. il seguente brano del t. posta 6724/1852 di Galli del 13 novembre:

(l) Cfr. serie VII, vol. XIV, n. 745.

96

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3738/10650/060 R. Budapest, 29 ottobre 1934 (per. il 31).

Mio telegramma n. 181 in data 26 corrente (2).

l. Da fonte considerata ottima consterebbe a questo ministero esteri che nella recente riunione del Consiglio della Piccola Intesa a Belgrado, discutendosi la linea di condotta da seguire nei riguardi dell'Ungheria, avrebbe finito col prevalere, di fronte a quella più conciliante esposta da Titulescu, la tesi, patrocinata da Benes e appoggiata da Jeftié, di insistere nell'attività diretta a discreditare innanzi all'estero questo paese, nella speranza di ridurlo alla propria mercé e di costringerlo quindi ad accettare una delle solite soluzioni di sistemazione danubiana di marca praghese.

Il tentativo del ministro romeno sarebbe da spiegare -secondo questo vice ministro esteri -con il fatto che Titulescu «si rende conto» che mentre è insanabile, anzi destinato prima o poi a drammatizzarsi, il contrasto ungarocecoslovacco e difficilmente attenuabile quello ungaro-jugoslavo, non sarebbe affatto impossibile risolvere, in un modo o nell'altro, quello ungaro-romeno; e con il conseguente suo desiderio di non acutizzare gli attuali rapporti del trinomio con l'Ungheria, al fine di non precludere al Governo di Bucarest la possibilità di manovre dirette a giungere, in un secondo tempo, ad un qualche utile accomodamento con quello di Budapest.

A tale proposito il signor Hory si chiedeva se V. E. non ritenesse opportuno

far conoscere per il tramite del R. ministro a Bucarest al signor Titulescu

risultarci che a Budapest la sua moderazione e le sue buone intenzioni erano

state apprezzate al loro giusto valore.

Il signor Hory ha aggiunto constargli pure essere stato concordato nella riunione di Belgrado di evitare ogni atteggiamento o manifestazione dei tre Stati ostile all'Italia: e ciò allo scopo di non intralciare l'avvicinamento itala

«Istruzioni di S. E. il Capo del Governo: "n rapporto è interessante. In massima d'accordo con le idee di Nincic. Far sapere a Nincic " » . Tali istruzioni vennero comunicate a Galli con t. per corriere 12702 P. R. del 7 novembre.

jugoslavo per il quale si sta adoperando la Francia, e colpire al tempo stesso, con minor rischio e maggior profitto, il punto di minor resistenza, cioè l'Ungheria.

Sullo stesso argomento il signor Hory mi ha detto quindi che la campagna di stampa scatenata da Praga aveva fatto oggetto di ben tre passi di quella legazione d'Ungheria; che a tali passi era seguita un'aspra discussione tra lui e il ministro Kobr; e che soltanto dopo quest'ultima i giornali cecoslovacchi avevano preso a dare qualche segno di sia pur momentanea moderazione.

Quanto all'atteggiamento jugoslavo, nel confermarmi quanto ho già telegrafato il 26 corrente questo vice ministro esteri ha specificato risultargli che particolarmente ufficiali e studenti svolgono ora colà, indisturbati dal Governo e incoraggiati dalla «Mano Bianca», opera di propaganda contro l'Ungheria: l'articolo della nota Pogorelec sarebbe stato -ad esempio -largamente ed apertamente distribuito nel Regno in forma di opuscolo.

Circa gli accertame_nti chiesti da questo ministro di Jugoslavia -i cui particolari saranno comunicati con il prossimo corriere al barone Villani perché possa portarli a conoscenza di codesto R. ministero -il signor Hory mi ha confermato che fino ad oggi non avevano potuto condurre ad alcun arresto, trattandosi di nominativi (Servanzy, Budak, Vlako ed altri) ancora o irreperibili o non identificati. A quanto mi risulta la direzione di tutte le ricerche relative è stata affidata al capo dell'ufficio informazioni di questo ministero della difesa, col. Hennyey, già addetto militare a Belgrado, che per tale motivo ha dovuto rimandare il suo divisato viaggio a Roma.

2. Il signor Hory mi ha detto infine che erano state chieste spiegazioni a questi ministri di Turchia e Grecia circa l'adesione dei rappresentanti degli Stati firmatari del patto balcanico al comunicato del Consiglio della Piccola Intesa di Belgrado. La risposta di Atene -considerata qui assolutamente soddisfacente -era giunta sollecita attraverso le «informazioni da competente fonte ellenica » che l'agenzia telegrafica ungherese era stata autorizzata a diramare (mia «Stefani » n. 10562 del 26 corrente) e le dichiarazioni fatte successivamente da Maximos. Ad Ankara si era cominciato invece con l'interdire la riproduzione nei giornali turchi delle precisazioni greche di cui sopra; ma, dopo qualche giorno, Tewfik Riistii bey aveva finito col dichiarare a quel ministro d'Ungheria che sottoscriveva da parte sua quanto chiarito da Maximos; del che Hory confidava potesse essere anche data quanto prima notizia alla stampa.

(l) -Allegato a questo rapporto è il seguente appunto: (2) -T. 10631/181 P. R., non pubblicato.
97

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3745/0251 R. Berlino, 29 ottobre 1934 (per. il 1° novembre).

L'indomani del mio ritorno a Berlino persona assai prossima al cancelliere del Reich venne a vedermi e trovò il modo di dirmi che l'ambasciatore di Francia, recatosi da Hitler per ringraziarlo delle condoglianze espresse al Governo francese per la morte del signor Barthou, aveva rinnovato calorose profferte di un accordo fra i due paesi dichiarando che occorreva porre termine alle reciproche diffidenze che, dopo il regolamento della questione della Sarre, non avrebbero avuto più alcuna base.

Senza attribuire soverchia importanza all'informazione suddetta, il cui scopo era evidente, ho cercato di appurare, durante una visita fatta al signor François-Poncet, come si fosse svolto il suo colloquio con il cancelliere del Reich.

Il mio collega francese mi disse che aveva trovato Hitler con un assetto assai preoccupato, con l'espressione del viso tetra e non già con quella ilare che suole talvolta avere. Il cancelliere del Reich aveva svolto uno dei soliti «dischi», quello che si inizia col disinteresse completo del terzo Reich per l'Alsazia e· la Lorena per passare poi al desiderio di un'intesa bilaterale germanico-francese. Ricordò la sua offerta di non procedere al plebiscito per la Sarre rimpiazzando la votazione con un accordo tra i due Governi di Berlino e Parigi. Parlò della Polonia, ricordando che il Reich non rinuncerà mai al corridoio, ma che il suo desiderio di pace era così sincero e grande che questo stesso problema del corridoio non aveva impedito l'accordo bilaterale germanico polacco.

Dichiarando che in nessun caso la Germania, anche senza l'accordo stesso, avrebbe mosso guerra alla Polonia per riavere il corridoio, mentre oggi sperava che esso potesse esserle un giorno restituito in base a trattative amichevoli, Hitler disse all'ambasciatore francese che desiderava spiegare che la sua opposizione al trattato di Versailles concerneva ormai soltanto il punto relativo alla limitazione degli armamenti tedeschi. Le clausole territoriali dei trattati di pace non lo interessavano affatto: per quanto riguardava l'Ungheria il Reich teneva anzi a rilevare che si diSinteressava dei confini stabiliti dal Trattato del Trianon.

Il signor François-Poncet non mi nascose che era stato sorpreso di questa dichiarazione di Hitler, ancorché gli risultasse che non diversamente si era espresso recentemente l'Auswartiges Amt in conversazioni con i ministri di Romania e Jugoslavia e che, durante il suo soggiorno a Belgrado, il presidente del consiglio prussiano, generale Goering, aveva riempito di gioia il Re Carol di Romania esprimendosi con lui nel senso che il Governo nazionalsocialista non intendeva appoggiare in nulla le aspirazioni revisioniste dell'Ungheria. Questa dichiarazione aveva dato origine ad un forte movimento di simpatia dei romeni per Goering che aveva avuto una immediata manifestazione esteriore in un pranzo che il signor Comnène aveva offerto in onore del presidente del consiglio prussiano.

L'ambasciatore di Francia aveva dal suo lato detto a Hitler che l'uscita del Reich dalla S.d.N. aveva creato la situazione anormale che perdura da oltre un anno, situazione che aveva causato in Francia ed altrove la sensazione che la Germania avesse voluto mettersi fuori del quadro delle nazioni che dovrebbero invece collaborare per una sistemazione delle cose europee. Era stato tale gesto che aveva reso impossibile l'accordo circa gli armamenti. La corsa a questi ultimi che era in pieno sviluppo costituiva un pericolo per la pace che sarebbe stato superfluo non voler vedere. Ciò non ostante egli personalmente nutriva

sempre ancora la speranza che potesse essere possibile un'intesa fra le due nazioni.

Il signor François-Poncet aggiunse che quest'ultima frase era stata da lui detta senza alcun convincimento e per non venire meno alla tradizionale cortesia diplomatica.

Vero era invece che egli si domandava che cosa vogliano i tedeschi con la loro politica nei riguardi della Sarre. Se non si dovesse regolare la questione relativa alla valuta francese che circola in quel territorio, che ammonterebbe a circa 900 milioni di franchi, col sequestro di tale valuta il Reich, dopo un plebiscito favorevole alla Germania, disporrebbe della somma occorrente per riscattare le miniere. di carbone possedute dalla Francia. Il pericolo a cui sarebbe stata esposta la pace in tale caso era grave assai, perché la Francia che aveva creduto di non reagire di fronte al riarmamento della Germania, in opposizione ai trattati di pace, si sarebbe probabilmente rivoltata dinanzi ad una espropriazione degli abitanti della Sarre possessori di franchi francesi. Non vuole forse la Germania la guerra e non ne cerca un motivo nella Sarre?

Il signor François-Poncet accennò pure al viaggio di Goering a Belgrado, definendolo una copia del colpo di Agadir ed una manovra diretta questa volta contro l'Italia a scopo di intimidazione. Le dichiarazioni da lui fatte a Belgrado ed il linguaggio tenuto anche al Re Carol di Romania mostravano in modo evidente che anche se l'Auswartiges Amt dichiara l'inesistenza di una politica attiva della Germania nei Balcani, questa esiste di fatto ed è diretta sia contro l'Italia che contro la Francia.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 30 ottobre 1934.

1. n signor von Hassell mi deve parlare ancora del caso Bianchi (l).

Il suo Governo considera che l'espulsione non sia giustificata, dato che sul conto del Bianchi non è risultato in definitiva nulla di compromettente. Se gli si attribuiscono dei sentimenti contrari al Regime, bisogna considerare che la Germania ha anche moltì motivi di lagnarsi di corrispondenti di giornali italiani. Il Da Silva del Lavoro Fascista fa una campagna sistematica denigratoria del Regime. Il Bojano ha scritto recentemente un articolo sulla Sarre che ha fatto molto « boses Blut » a Berlino. Il Governo tedesco non vuole tuttavia prendere dei provvedimenti immediati, per non aumentare la tensione della campagna di stampa esistente tra i nostri Paesi, ma deve avvertire fin da ora che in un secondo momento dovrà provvedere all'allontanamento di qualcuno dei giornalisti italiani. Non lo aveva fatto finora per un puro riguardo ·verso il Governo italiano.

Osservo all'Ambasciatore che non ho nulla da dirgli al riguardo: il Governo tedesco è padrone di fare quello cl1e gli pare. Nei casi di cui egli mi parla si tratta però di giornalisti che esprimono le loro idee personali. Il Bianchi era invece corrispondente dell'Agenzia Ufficiale. Naturalmente tutto ciò non potrà migliorare i nostri rapporti.

Il signor von Hassell si lagna anche per alcune espulsioni di cittadini germanici. Richiama la mia attenzione specialmente sul caso del Kuhnle, direttore e comproprietario dell'Albergo Palazzo di Colle Isarco. Si trova da tredici anni in Italia; non ha dato mai nessun motivo di lagnanze; è completamente fuori della politica. Gli si sono dati cinque giorni per abbandonare il paese. L'Ambasciatore chiede che si voglia riesaminare questo caso.

Mi parla anche dello Stock di Bolzano, che sarebbe stato pure espulso senza fondato motivo. Gli rispondo che non conosco questo caso. Me ne informerò. Comunque sia avvenuta l'espulsione, è certo che motivi c'erano.

2. L'Ambasciatore mi parla poi dell'affare di Memel. Mi dice che l'Inghilterra avrebbe fatto un passo presso le altre potenze per sollecitare una decisione, passo che da parte nostra è rimasto senza risposta.

Non ho presente quanto l'Ambasciatore afferma. Me ne informerò e gli farò avere una risposta.

3. -Von Hassell mi parla poi della situazione a Vienna. Ha l'impressione che si vada verso una détente con la Germania. I negoziati del Cancelliere coi «nazionali» gli paiono molto di buon augurio. 4. -Mi chiede se ci risulti niente della fusione tra le due intese balcaniche.

Gli rispondo che probabilmente la fusione non avverrà sopratutto per opposizione della Grecia.

5. Parlando poi della situazione generale in rapporto all'eccidio di Marsiglia, richiamo l'attenzione dell'ambasciatore sull'opera di mobilitazione fatta dalla stampa tedesca sul Governo di Belgrado contro di noi. L'informo anche che Keller si sarebbe espresso recentemente a Belgrado nel senso che un avvicinamento itala-jugoslavo è da considemrsi un atto di ostilità contro la Germania, mentre la Germania non ha nessuna eccezione contro l'alleanza jugoslavofrancese.

Il Signor von Hassell non ne sa nulla. Comunque conoscendo il Keller esclude che possa essersi espresso nel senso da me riferito.

(l) Cfr. n. 42.

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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3741/195 R. Belgrado, 31 ottobre 1934, ore 17,35 (per. ore 21,20).

Campagna di stampa antiungherese per tragedia Marsiglia accentuatasi in questi ultimi due tre giorni e opinione pubblica molto irritata contro Ungheria.

V. E. avrà poi rilevato che all'ultimo momento Jeftié non si è recato ad Angora per riunione patto balcanico ma ha inviato Purié; si è data ufficiale spiegazione che egli era trattenuto a Belgrado da affari urgenti.

Autorevole persona mi ha dato poco fa la seguente ipotetica spiegaz?one che sembra aderire abbastanza alla situazione attuale.

La trascrivo integralmente: «Con la convà.nzlone che l'Ungheria abbia per lo meno la piena responsabilità esecutiva della tragedia di Marsiglia si è formata anche una corrente in seno allo stesso ministero e rappresentata da due o tre ministri che vorrebbero una energica azione contro l'Ungheria.

Se non un vero e proprio ultimatum almeno una forte pressione od una dimostrazione militare (1).

A questo passo più deciso e di conseguenze non prevedibili si opporrebbero, fino ad ora, col principe Paolo anche Je:ftié ed altri ministri. Le ragioni della mancata partecipazione di Jeftié alla riunione turca degli alleati balcanici sarebbero nella assoluta necessità di far sentire costantemente una parola moderata sugli elementi più accesi i quali in sua assenza potrebbero anche prendere un sopravvento (2). Certo non bisogna credere che la Jugoslavia si calmerà se verranno a mancare atti sostanziali di repressione contro gli autori diretti ed indiretti della uccisione di Re Alessandro.

E sarà sempre da temere in tal caso che correnti estreme e decise alla vendetta possano prendere un sopravvento anche di qui a qualche tempo.

Del resto dopo Serajevo trascorse un mese prima dell'ultimatum austriaco.

Qui la situazione non è identica perché la Jugoslavia anche con l'appoggio diretto della Piccola Intesa e del patto balcanico non potrebbe inviare un ultimatum all'Ungheria od ottenerne l'umiliazione se Francia od Inghilterra non l'appoggino.

È poi da supporre che ad un atto energico jugoslavo contro l'Ungheria, che non potrebbe aver luogo senza una mobilitazione, l'Italia risponderebbe dal canto suo con un precauzionale schieramento militare alla frontiera jugoslava.

Si entra perciò nell'esame di ipotesi estremamente pericolose che per il momento occorre assolutamente respingere.

«Per quanto consta non sussistono veri e propri accordi militari segreti ma solo intese e sembra verbali fra Stati Maggiori dei due Paesi riguardanti l'attrezzatura militare e le possibilità di coordinamento delle rispettive forze e direttive militari in un loro eventuale impiego.

Sulla base degli impegni esistenti su base giurdicamente convenzionale ricordati di sopra non risulta pertanto un vero e proprio impegno italiano nel caso di attacco all'Ungheria da parte della Jugoslavia».

è stato il più violento assertore della necessità di un formale atto di accusa contro Ungheria Italia...

Sono ora in grado informare V. E. che mancato viaggio di Jeftic ad Angora ha tutt'altro significato di quello prospettato dalla R. legazione a Belgrado.

Jeftic ha rinunziato ad andare ad Angora non per frenare agit'azione serba ma per preparare a Belgrado atto di accusa, che dovrebbe assumere la forma di un ricorso a Ginevra sulla base art. 11 lettera b) del Covenant, paragrafo che si riferisce alla possibilità di un conflitto armato.

Atto d'accusa verrebbe per U momento limitato all'Ungheria ma si manovrerebbe in seguito a Ginevra per coinvolgere nella discussione anche l'Italia ».

12 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Ecco perché è da sperare che la visione più serena del principe Paolo e di Jeftié abbia sempre a prevalere. E quanto vario altro tempo passa sarà sempre più difficile assumere atteggiamenti minacciosi :..

(l) suvich si era fatto preparare dagli Uffici un appunto datato 25 ottobre, sugli impegni della Jugoslavia con la Francia e con gli altri due Stati della Piccola Intesa, con particolare riferimento alla questione dell'Ungheria, e sugli impegni dell'Italia verso l'Ungheria.Se ne pubblica un passo relativo a questi ultimi:

(2) Cfr. quanto comunicò Sola con t. 3874/142 R., datato Bucarest 15 novembre: «Il signor Jeftic, nel convegno a Belgrado della Piccola Intesa e dell'Intesa Balcanica,

100

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. 10817/342 P.R. {1). Vienna, 31 ottobre 1934, ore 18,40 (per. ore 22,30).

Seguito a mio telegramma n. 341 (2).

Ho manifestato ministro affari esteri mio stupore per Unguaggio tenuto iersera a M.[orrealel dai funzionari Ballplatz. In sostanza mio interlocutore ha detto: «Poiché ministro d'Austria a Belgrado mi ha telegrafato aver appreso no

tizia che, sulla base pretese prove, autorità jugoslave intendono far chiedere da quelle francesi arresto ed estradizione M., io ho pensato avvertire quest'ultimo. Mia intenzione era dunque la più amichevole; e miei funzionari stante quanto mi dite hanno falsato detta mia intenzione, evidentemente preoccupati dal rigore della convenzione giudiziaria con la Francia. Predetta convenzione prescrive infatti che a richiesta di una delle parti contraenti occorre procedere senz'altro all'arresto, salvo esame, sulla base documenti presentati, se sia o meno il caso di procedere alla estradizione.

Per questo motivo sono stato obbligato a fare arrestare temporaneamente il colonnello Percevié (mio telespresso 2237) (3), che è un ,galantuomo a tutta prova, e del quale sarà certo rifiutata estradizione.

Ho quindi dovuto anche prevedere caso M., giacché è possibile che sulla base

dei documenti che non esito a supporre falsificati, magistrati francesi possono

essere indotti richiedere arresto».

Nel seguito del colloquio ministro degli affari esteri, che appadva assai

preoccupato per eventuale richiesta francese si è detto dolente del linguaggio

usato dai due funzionari, dichiarandomi, sotto la sua responsabilità personale

di ministro della giustizia, che non si sarebbe addivenuto arresto di M.

Segnalo inoltre avere impressione che questo Governo si proponga svolgere

qualche opportuna azione nei riguardi autorità francesi.

Ad ogni buon fine aggiungo che questo ministro di Francia è assente dalla

residenza.

(l) -Non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo. (2) -con t.u.s. 10804/341 P.R. dello stesso 13 ottobre Preziosi aveva comunicato: «Per incarico del ministro degli affari ester!, due funzionar! Ballplatz hanno Iersera fatto comprendere al dr. Morreale che Governo jugoslavo starebbe per far chiedere da questa legazionedi Francia suo arresto per pretesa connessione con avvenimenti Marsiglia». (3) -Non pubblicato.
101

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 3742/344 R. Vienna, 31 ottobre 1934, ore 21,30 (per. ore 6 del 1° novembre).

Telegramma per corriere di V. E. 1390 (1).

Cancelliere austriaco mi ha detto iersera che egli ed il ministro affari esteri si preparerebbero recarsi Roma tra il 15 ed il 20 novembre, cioè subito dopo la riunione dei consigli prevista dalla nuova costituzione.

Cancelliere ha aggiunto risultargli che viaggio del ministro affari esteri francese avverrà solo nel dicembre; che tuttavia egli adesso ritiene, contrariamente alla sua prima idea, di non dover attendere che visita francese sia avvenuta parendogli di qualche urgenza conferire con V. E.

Ha concluso dicendo che anzi già aveva incaricato codesta legazione austriaca chiedere a V. E. in quale giorno, compreso nel predetto lasso di tempo, ella preferisca avvenga visita.

Ho impressione che motivi determinanti viaggio cancelliere sono: l) Sua viva preoccupazione per passo che Benes intende fare eseguire dal Quai d'Orsay allo scopo promuovere conclusione interdicente restaurazione

asbu~gica.

Cancelliere è assolutamente contrario alla presa in considerazione siffatta eventuale proposta, che egli ritiene contraria al trattato di pace ed al concetto di una assoluta indipendenza austriaca.

2) Suo desiderio di discutere questione indipendenza austriaca, giacché recenti segrete informazioni qui pervenute concordano nel senso che Germania sta apprestando particolari opere di difesa sulla frontiera del Tirolo (galleria sotterranea, costruzione di nuove caserme, primo concentramento di 4000 soldati).

3) Sua preoccupazione che soluzione Saar possa fare risorgere questione austriaca in condizioni di particolare gravità. 4) Sua speranza potere sollecitamente definire ed ottenere noto prestito investimento. 5) Suo intendimento rinnovare V. E. assicurazione che politica austriaca resta decisamente orientata verso l'Italia.

102

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, FRACASSI (2)

T. 1405 R. Roma, 1° novembre 1934, ore 23.

Siamo confidenzialmente informati essere intenzione del Governo iugoslavo chiedere ai Governi inglese e francese di compiere un passo a Roma e Buda

pest inteso ad ottenere una più efficace ricerca degli indiziati nel complotto di Marsiglia ed una pronta dispersione delle organizzazioni croate che dovrebbero esistere nel loro territorio.

Sarà opportuno che V. E. trovi modo di far comprendere a codesto Governo che R. Governo, il quale ha dato e continua a dare ampie prove della propria v·olonrtà di cooperare lealmente alla ricerca dei colpevoli, non potrebbe tollerare un passo del genere che non faciliterebbe certamente chiarificazione della situazione attuale, che noi siamo i primi a desiderare.

(l) -Cfr. n. 90. (2) -Minuta autografa.
103

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 1407/354 R. Roma, 2 novembre 1934, ore 19.

Legazione jugoslava con note del 26 corrente chiede arresto tale dr. Mile Budac e notizie circa eventuale soggiorno e spostamenti in Italia tale Andrea Artukovic entrambi implicati eccidio Marsiglia. Mentre è stato disposto che autorità competenti procedano relative indagini R. Governo gradirebbe che richiesta gli venisse fatta da autorità francesi alle quali riserverebbesi dare risposta su eventuali emergenze. Ciò allo scopo limitare rapporti sopra tale materia soltanto con autorità paese cui è devoluta e che compie inchiesta generale fatti 9 ottobre (1).

104

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3754/438 R. Parigi, 2 novembre 1934, ore 21,15 (per. ore 1,30 d el 3). Telegramma di v. E. n. 352 (2).

Ho fatto fare al Quai d'Orsay nel modo opportuno comunicazione di cui al telegramma di V. E. suindicato.

Nella conversazione direttore generale degli affari politici, che ho fatto intrattenere sulla questione, ha accennato, a scopo delucidativo, alle segnalazioni e indicazioni che sogliono scambiarsi qualche volta tra loro Governi interessati su persone sospette o situazioni da tenere d'occhio per ragioni ordine pubblico. Convenendo che passi in tal senso sogliono essere in realtà fatti senza inconvenienti e con reciproca utilità, si è fatto notare al signor Bargeton che il passo cui nella presente circostanza si allude e che sarebbe per di più fatto per conto di un terzo Stato, assumerebbe altro carattere e altro significato è pertanto da considerarsi tutt'altro che utile e assolutamente inammissibile.

Bargeton ha consentito ed ha dichiarato che ne avrebbe ad ogni modo parlato subito ai propri superiori mentre si affrettava a dire, non so se sinceramente oppure no, che fino al momento nop gli risulta che Belgrado avesse promosso dei passi in materia verso il Governo francese.

(l) -Questo telegramma venne comunicato il 3 novembre a Belgrado «per opportuna norma». (2) -Protocollo particolare per Parigi del n. 102.
105

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

TELE~PR. 234887. Roma, 2 novembre 1934.

Suo rapporto n. 1194/1114 del 20 corrente (1).

Dal rapporto sopra indicato risulta come la Sezione Giuridica di codesto Segretariato si sia espressa in senso sostanzialmente sfavorevole alla petizione dei Vescovi albanesi e favorevole invece alle petizioni degli albanesi grecofoni.

È ovvio che ove si giungesse a una soluzione ispirata a tale parere essa non potrebbe non essere interpretata in senso favorevole alla posizione assunta da Re Zog nei nostri riguardi, relativamente alla questione delle scuole confessionali, e di conseguenza in senso contrario alla posizione che l'Italia ha preso in questa stessa questione colle conseguenze che ben si comprendono.

Occorre perciò, conformemente alle istruzioni che erano state impartite a codesta Delegazione or è un anno con dispaccio n. 231982 (24 ottobre 1933) (2), cercare che nessuna soluzione sia presa nelle questioni relative alle scuole minoritarie o almeno in merito alla petizione dei Vescovi cattolici albanesi valendosi all'uopo delle buone disposizioni che dovrebbero avere a nostro riguardo i membri del Comitato dei Tre. Si potrebbe fra l'altro far discretamente comprendere come ai cattolici albanesi spiaccia la trattazione della loro petizione unitamente a quella dei grecofoni, minoranza linguistica e con tendenze irredentistiche, e aggiungere inoltre constarci da buona fonte che i cattolici si preparano ad inviare una petizione suppletiva.

106

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, FRACASSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3759/686 R. Londra, 3 novembre 1934, ore 1,30 (per. ore 6,15).

Il signor Craigie avendomi espresso desiderio mettere al corrente questa ambasciata dell'attuale stadio delle conversazioni navali sono andato oggi a vederlo al Foreign Office.

~09

Egli mi ha confermato che delegazione giapponese ha proposto verbalmente che attuale proporzione di forza: cinque-cinque-tre venga sostituita da un « plafond > comune massimo fissato sulla base minimo pm alto riconosciuto indispensabile a una qualunque delle grandi Potenze navali.

Dal punto di vista quantitativo proposta è pertanto basata sul principio dell'eguaglianza con contemporanea limitazione tonnellaggio.

Dal punto di vista qualitativo delegazione giapponese ha proposto abolizione o per lo meno sostanziale riduzione delle navi che, a suo avviso, hanno .carattere spiccatamente offensivo (navi di linea, incrociatori, navi porta aerei). Per quanto concerne armamenti che i giapponesi considerano di carattere difensivo (incrociatori leggeri, cacciatorpediniere e sottomarini) delegazione giapponese propone che ogni Potenza abbia ampia libertà di utilizzazione del tonnellaggio nelle diverse categorie.

Craigie mi ha detto che, benché gli sembri assai difficile che le proposte giapponesi vengano accettate, il Governo britannico è pronto a fare tutto il possibile per dare una soddisfazione di prestigio al Giappone nella questione della parità che potrebbe essergli teoricamente riconosciuta, aggiungendo però che si rendeva [conto] che il Giappone, pur non avendo affatto l'intenzione, almeno per ora, di raggiungere la parità offensiva con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, aspira a qualche cosa di più sostanziale che non una semplice parità c sulla carta >.

Continua col n. di protocollo successivo (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato nel vol. XIV della serie VII.
107

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO. Roma, 3 novembre 1934.

II signor Dampierre è venuto a dirmi che l'Ambasciatore de Chambrun ha fatto sapere che sarebbe ritornato probabilmente alla fine della prossima settimana. Calcola di partire venerdì p€r essere qui sabato. Pare aspetti il Consiglio dei Ministri che dovrebbe occuparsi delle nostre questioni.

Egli spera bene perché l'Ambasciatore de Chambrun gli ha fatto sapere che sta facendo un buon lavoro.

A proposito della inchiesta sul delitto di Marsiglia, il signor Dampierre prega che siano esaminate con la massima sollecitudine le domande di estradizione presentate ieri (2).

Lo assicuro che mi interesserò perché il Ministero della Giustizia si occupi urgentemente della questione.

«Mi ha detto che col fatto di venire di persona voleva mostrare 11 particolare interesse che 11 Governo Francese annette alla cosa, la quale " non è solamente questione giuridica " ».

l H)

Nel discorsò; il signor Dampierre esprime -la speranza che la risposta italiana sarà favorevole.

Gli rispondo che non posso anticipare quello che sarà il giudizio del Dicastero competente; comunque sta il fatto che nella Convenzione di estradizione del '70 l'Italia si è rifiutata di ammettere la clausola del regicidio proposta dalla Francia.

Il signor Dampierre, a mia domanda, mi conferma che a Londra non è stato fatto nessun passo per la Sarre, come non si intende farlo a Roma (l).

L'Incaricato d'Affari richiama anche la mia attenzione sul recente atteggiamento della stampa italiana che dimostra una certa impazienza nei riguardi della Francia, con l'articolo di ieri di Forges Davanzati ed uno recente del

Tevere.

Il conte di Dampierre soggiunge che le trattative vanno con una certa lentezza per esigenze di ordine pratico, ma che da parte della Francia vi è la migliore buona volontà di arrivare all'accordo.

(l) -T. 3758/687 R., pari data, non pubblicato. (2) -Le richieste di estradizione di Pavelié e Kvaternik erano state presentate da Dampierre a Sandicchi come risulta da un appunto di quest'ultimo del 2 novembre del quale si pubblica11 seguente brano:
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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 5 novembre 1934.

Colloquio col ministro di Cecoslovacchia.

Mi ha detto di avere avuto da Benes l'incarico di chiedermi se vi fosse qualche cosa di nuovo in relazione col suo noto desiderio. Si tratta della richiesta di venire a Roma, fattami più volte da Benes nel corso dei nostri colloqui di Ginevra, sulla quale a suo tempo ebbi l'onore di riferire a V. E.

Ho evitato una risposta diretta, spingendo Chvalkovsky a desumerla egli stesso da uno scambio di idee su quei punti della situazione internazionale che più da vicino toccano la questione della eventuale venuta di Benes.

Gli ho detto che traversavamo un periodo di attesa: attesa nelle conversazioni italo-francesi; attesa sull'atteggiamento che prenderà la Jugoslavia; attesa sul corso che prenderà il problema della Sarre.

Nei riguardi della Francia attendiamo che Lavai si decida. Ciò dipenderà non solo dal risultato delle conversazioni italo-francesi in corso, ma anche dall'atteggiamento francese verso la Jugoslavia. A questo proposito Chvalkovsky mi ha detto essere opinione del suo Governo che la Francia si trovi ora in un momento particolarmente delicato dei suoi rapporti con la Jugoslavia, sia perché sente pesare su di sé gran parte della responsabilità per l'eccidio di Marsiglia e sia perché teme che la Jugoslavia possa seguire l'esempio della Polonia e cedere agli allettamenti tedeschi.

Nei confronti con la Jugoslavia gli ho detto che attendiamo che dall'altra parte ci si dimostri un giusto apprezzamento sia dei ben noti gesti amichevoli

lll

voluti dal Capo del Governo, sia dell'atteggiamento di correttezza e di serenità da noi conservato pur di fronte a incidenti spiacevoli, quali dimostrazioni antiitaliane e persecuzioni di nostri cittadini.

Quanto alla Sarre, ho voluto accennarvi per essere Benes presidente del Consiglio della Società delle Nazioni, da cui il Comitato dei tre ha ricevuto il suo mandato. Ho detto che continuava l'opera di giustizia obiettiva dell'Italia, che speravamo non fosse turbata da alcun fatto nuovo indipendente dalla nostra volontà.

Chvalkovsky mi ha pregato di far conoscere a V. E. che Benes quotidianamente fa sforzi per indurre il governo jugoslavo a un atteggiamento di fiduciosa disposizione verso l'Italia.

In ultimo il Ministro cecoslovacco ha fatto notare il mutato atteggiamento di Titulescu verso di noi che già in occasione della recente conferenza della Piccola Intesa a Belgrado ha collaborato con Benes per orientare la Piccola Intesa verso una politica favorevole all'Italia.

(l) Il contenuto di questo brano fu comunicato a Londra, Parigi e Berlino con t. 1412 R. del 5 novembre.

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IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELE~PR. RR. 3847/1697. Tirana, 5 novembre 1934.

Mio telegramma n. 151 odierno (1). L'udienza, accordatami questa mattina dal Re, era destinata a segnare l'apertura di trattative concrete.

Il Sovrano ha voluto, peraltro, parlarmi a lungo, anzitutto delle sue vedute personali sulla situazione generale europea, sui pericoli, che a suo parere, minacciano la pace, sugli orientamenti politici della Balcania, per concluderne che l'Albania deve prepararsi a difendere le sue aspirazioni nazionali nei· confronti dei suoi irriducibili avversari, gli slav'i del sud. Nessun compromesso sarà mai possibile, egli ha detto, fra il Re degli albanesi e gli Stati che circondano l'Albania. Quanto alla Turchia, ha aggiunto, esistono relazioni personali fra Capi di Stato, consigliati anche dalla convinzione che la Turchia sarà chiamata a giuocare la sua parte nella sistemazione balcanica. Il Re ha dichiarato di considerare lo sfaldamento della compagine jugoslava in Balcania come condizione essenziale di vita e di sviluppo dell'Albania, e, nel tempo stesso, come avvenimento indispensabile a permettere il consolidamento effettivo di quella preponderante influenza italiana, che tutti gli Stati balcanici dovranno finire col riconoscere e che l'Albania ha riconosciuto per prima. «Forse, ha concluso il Re, questo sfaldamento potrà avvenire anche all'infuori di una guerra, ma anche in questo caso desidero che il Governo alleato sappia che noi siamo pronti a mettere ogni nostra possibilità a sua disposizione per qualunque azione che, in questo ordine di idee, esso intendesse affidarci ».

Infine, in connessione coll'argomento, il Sovrano mi ha fatto fugace cenno di un suo progetto, per la realizzazione del quale domanderebbe eventualmente il nostro aiuto, * che consisterebbe nel creare nello Scutarino ed in un paese del sud due centri di organizzazione e di assistenza per gli albanesi di oltre frontiera e per i macedoni * (1).

Terminando questa esposizione preliminare, che ho ascoltato, il Re l'ha riassunta in questi punti fermi della sua politica: -piena collaborazione militare con l'Italia -politica estera dell'Albania in strettissima osservanza delle direttive del Governo Fascista -autonomia albanese, in linea di principio, per quanto concerne la condotta della politica interna, a meno che questa non interferisca con situazioni militari od estere. «In pratica, egli ha spiegato, potrò avere occasione, come ho già avuto altre volte, di ricorrere a voi, anche in questo campo».

Si è, quindi, passati a precisare i punti per i quali il Re chiede l'assistenza italiana per il consolidamento della situazione di quella che egli ha qualificato «Albania d'oggi »:

Organizzazione militare. Il Re desidera che l'apprestamento militare albanese sia condotto esclusivamente in conformità dei criteri che verranno indicati dal Governo Fascista. Egli richiede, allo scopo, l'assistenza effettiva dello Stato Maggiore del R. Esercito, ripristinando la carica di Capo del Dipartimento Militare già tenuta dal Generale Pariani. Quanto al numero degli organizzatori militari, dovrebbe essere, a suo parere, assai superiore a quello attuale, che è di sedici. La questione è, peraltro, da concordare in relazione ai criteri suaccennati. Mi è stato, infine, fatto un caldo elogio dei risultati che, sulla formazione della gioventù albanese, ha avuto l'esperimento della nostra organizzazione premili t are.

Organizzatori civili. Il Re chiede che i nostri organizzatori civili siano mantenuti nelle principali amministrazioni albanesi, ed avrebbe dato disposizioni tali che per ogni atto di qualche importanza il Ministro sarebbe stato tenuto a non prendere alcuna decisione senza aver previamente consultato l'organizzatore. Avrebbe, peraltro, preferito non far luogo ad un regolamento speciale per le attribuzioni dei nostri organizzatori. In seguito ad alcune mie obiezioni, non ha insistito nella negativa.

Organizzatori stranieri. Gli organizzatori stranieri, gli inglesi alla gendarmeria, i francesi al liceo di Coritza, non solo non saranno aumentati, ma gradualmente eliminati. Qualche eliminazione sarebbe già in atto.

S.V.E.A. Il Re è convinto che, nel facilitare il prestito SVEA, il Governo Fascista non ne aspettasse dall'Albania la restituzione integrale, ma che intendesse, sopratutto, garantirsi con pegni importanti la continuità della collaborazione albanese. Riconosce, peraltro, che non è certo nelle presenti circostanze che l'Albania potrebbe chiedere una cancellazione del suo debito. *Domanda, almeno, un temporaneo regime di moratoria e la possibilità di proce

dere a pagamenti in natura, mediante concessioni. Ho creduto dover far presenti le speciali condizioni della sistemazione bancaria del prestito, che non offrono, nonostante ogni favorevole disposizione, molto campo di discussione, pur non scartando la possibilità di un esame concreto delle facilitazioni che fosse consentito di concedere*.

Trattato di Commercio. Il Re chiede le maggiori facilitazioni perché l'esportazione albanese possa trovare il suo collocamento in Italia. Ha accennato a trattamento preferenziale. Ho dimostrato al Sovrano, con cifre alla mano, che il nostro mercato assorbe già la quasi totalità dell'esportazione albanese, e che per la maggior parte di tale esportazione vige l'esenzione dal dazio doganale; per poche voci sono stabilite tariffe molto modeste. Ho aggiunto che la cifra totale dell'esportazione albanese non sarebbe certo proibitiva per la capacità del mercato italiano, ma occorrerebbe, per converso, che da parte albanese venisse data la preferenza all'importazione dei nostri prodotti che rappresentano, sui 16 milioni di franchi oro, valore totale delle merci importate in Albania nel 1933, soltanto una cifra di poco più di 6 milioni. Il Re ha riconosciuto che in tal senso si sarebbe dovuto esaminare la questione.

Credito agricolo. Il Sovrano chiede un prestito -non mi ha indicato la somma -per provvedere al miglioramento della produzione agricola. Gli ho domandato se intendesse o meno parlare dell'organizzazione di un Istituto per l'esercizio del credito agricolo. Mi ha detto che questa, appunto, è la sua intenzione.

Il Re non ha proceduto oltre nelle sue richieste.

A mia volta, ho parlato dell'argomento delle Scuole. Il Re mi ha assicurato che farà prossimamente partire per Roma la Delegazione albanese che dovrà negoziare il Concordato con la Santa Sede. Questa determinazione è stata da lui presa per dare sopratutto una prova della sua deferenza nei riguardi delle direttive di S. E. il Capo del Governo, e nel tempo stesso, a dimostrazione della considerazione in cui tiene l'Autorità spirituale e l'appoggio m<lrale della Santa Sede.

Per le nostre Scuole professionali, egli ritiene utile che vengano riaperte tanto quella di Scutari, che quella di Coritza.

Per le concessioni, il Re mi ha ripetuto che intende che, salvo che per le minori cui potessero provvedere gli stessi albanesi, ogni e qualunque concessione economica in Albania non debba essere affidata che a società italaalbanesi, o a società o privati italiani, con esclusione di qualsiasi altra iniziativa straniera.

* Circa la rinnovazione della convenzione aerea all'« Ala Littoria » -già

S.A.M. -, il Re non sembra avere obiezioni*.

Lo stesso dicasi per le richieste dell'A.I.P.A., a proposito delle quali ho creduto opportuno far presente che una sollecita definizione della questione agevolerebbe di molto la risoluzione eventuale di questioni finanziarie, per effetto della base di garanzia che potrebbe venire offerta dalle « redevances » annualmente dovute al Governo albanese, da quella veramente importante nostra iniziativa industriale.

Mi sono riservato di indicare ulteriormente le altre questioni che ci interessano e che debbono trovare soddisfaciménto nel corso delle attuali trattative, in sede di quell'esame di dettaglio dei vari argomenti che il Re mi ha pregato di compiere nei prossimi giorni col Ministro degli Esteri, Giafer Villa, al quale darà domani stesso le istruzioni relative, insieme a quelle concernenti l'invio a Roma della Delegazione per il Concordato. Nell'acconsentire a prendere contatto col Signor Giafer Villa per lo scopo indicato, ho detto al Re che, naturalmente, intendevo riassumere periodicamente con lui i risultati delle conversazioni che sarò per avere col Ministro degli Esteri. Il Sovrano che durante tutto questo primo e preliminare colloquio, ha tenuto a dimostrare aperta cordialità, mi ha assicurato che mi avrebbe visto volentieri, quanto e in qualunque momento io lo avessi desiderato.

Riferirò in dettaglio, per le ulteriori conversazioni, sulle singole questioni.

Mi onoro chiedere a V. E. se abbia eventuali direttive di massima o di dettaglio da impartirmi, possibilmente con cenno telegrafico, per il proseguimento delle trattative.

(l) T. 3770/151 R., non pubblicato: annunciava 11 presente rapporto.

(l) I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini.

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3820/0184 R. Vienna, 6 novembre 1934 (per. il 10).

Mio rapporto n. 2249 del 31 ottobre (1).

Ministro degli esteri mi ha dato lettura d'un memorandum redatto dal colonnello Adam, con aggiunta autografa del cancelliere, circa la riunione intercorsa al Ballplatz fra i noti rappresentanti nazionali ed i due personaggi su menzionati, nonché Starhemberg.

Le notizie contenute nel memorandum corrispondono a quelle già da me riferite a V. E. Infatti, le condizioni poste dal cancelliere per l'eventuale entrata dei «nazionali~ nel nuovo regime austriaco, sono le seguenti:

l) inammissibilità di un partito « nazionale ~ anche sotto la forma di un « fronte nazionale ~ od altra organizzazione similare; 2) inammissibilità che nel Fronte Patriottico venga formata una <<sezione nazionale~. giacché ciò equivarrebbe alla rinascita dei partiti;

3) esclusione assoluta di qualsiasi immistione di «elementi estranei~ nelle conversazioni in corso, poiché mentre queste riflettono un fatto meramente interno dell'Austria, la questione dei rapporti austro-tedeschi è di natura prettamente estera, e perciò tale da trattarsi tra Stato e Stato, a mezzo dei rispettivi rappresentanti;

4) assoluta indipendenza dell'ammissione dei «nazionali» nel fronte patriottico dal pieno riconoscimento da parte loro delle idee politiche di cui detto fronte è assertore. Ciò pertanto la più completa esclusione di « ogni indiretta manovra», la dichiarazione eventuale d'adesione dei «nazionali» dovendo essere assoluta, sincera, e direttamente rispondente ad una nuova coscienza politica effettivamente formatasi negli aderenti.

5) adesione non potrà mai essere collettiva, ma individuale;

Queste condizioni sono state trovate « giuste » dagli interessati, i quali si sono riservati di porsi in relazione coi rispettivi gruppi. A tal riguardo il cancelliere ha tenuto a chiarire agli intervenuti che il Governo non ammetterà mai la creazione · di un ufficio centrale o di una sede centrale dei nazionali, potendo esso consentire soltanto che i leaders nazionali entrino volta a volta in diretta relazione coi propri aderenti o adepti, allo scopo di sceverare, fra i medesimi, quelli che intendono procedere ad un riconoscimento del regime, e quelli invece che credono di dover persistere in un programma nazionalsocialista.

Senonché, se tutte le predette dichiarazioni e condizioni del cancelliere sono ineccepibili per la loro fermezza e precisione, altrettanto non può dirsi circa l'insieme della conversazione intercorsa fra il cancelliere stesso ed « nazionali » intervenuti alla riunione.

Infatti, giusta mie informazioni riservatissime e della miglior fonte, il cancelliere ha assunto in tutto il colloquio un tono il più conciliante possibile, giungendo persino a dire * «che se le cose (cioè l'attuale situazione dell'Austria in rapporto a tutto l'insieme della situazione europea) erano così nel momento attuale, nessuno poteva nondimeno fare sicuri pronostici per l'avvenire, giacché questo avrebbe potuto recare tanti mutamenti in Europa»* (1). E poiché, in ragione sia del tono troppo ·conciliante assunto dal cancelliere che della predetta frase, i «nazionali» intervenuti, e sovratutto il feldmaresciallo Barldoff -che di essi era l'interprete -hanno cominciato a rimettere in discussione le basi stesse dell'eventuale intesa. Starhemberg ha creduto dover dare alla conversazione un tono diverso, sostenendo: che non si trattava di aprire negoziati circa il modo con cui la collaborazione dei « nazionali» avrebbe dovuto avvenire, ma bensì di assodare se negli intervenuti fosse subentrata una profonda trasformazione spirituale rispetto all'idea dell'Austria come entità permanente a sé stante, con un avvenire suo proprio, a prescindere cioè da qualsiasi mutamento europeo avvenire. Ed il vice cancelliere è stato così esplicito, che il Barldoff ne ha dedotto * «esistere una profonda diversità di concetti tra il cancelilere ed il vice-cancelliere» *. Al che Schuschnigg si è affrettato a replicare che non ve n'era alcuna, il vice-cancelliere avendo interamente espresso il proprio pensiero.

Stamani ho intanto appreso che il generale Hueber, cognato del Goering, ha già iniziato i suoi scandagli sulla base delle condizioni poste dal cancel

liere, presso i suoi adepti del Salisburghese; il che lascia supporre che i « nazionali~ vogliano effettivamente incamminarsi verso il riconoscimento dell'attuale regime.

D'altra parte, le vaghe parole pronunciate dal cancelliere, in occasione della nomina dei nuovi Consigli consultivi, circa l'eventuale prossimo completamento dei Consigli stessi (mio telespresso n. 2258 del 1° corrente) (l) vanno intese nel senso che egli ha lasciato vacante qualche posto (mi risulta in modo preciso che egli ne ha conservati due nel Consiglio di Stato oltre i cinquanta già nominati), per averli appunto a * disposizione per la nomina di esponenti «nazionali~. sempre quando questi aderiscano al fronte patriottico.

Questa disposizione del cancelliere mi è stata confermata confidenzialmente da un ministro. Essa è indubbiamente un corollario logico dell'eventuale riconciliazione dei «nazionali», benché non scevra di nuovi pericoli per il futuro orientamento politico del paese *.

(l) Non pubblicato.

(l) Questo e i successivi passi fra asterischi sono stati sottolineati o segnati a margine da. Mussollni.

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COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS (2)

APPUNTO. Roma, 6 novembre 1934.

Il Presidente Gombos porta al Capo del Governo i saluti del Reggente Horthy che si è dichiarato molto soddisfatto di questo nuovo incontro per meglio approfondire i rapporti fra i nostri due Paesi (3).

Il Presidente Gombos passa poi in rassegna una serie di problemi che interessano i rapporti tra l'Italia e l'Ungheria.

Comincia da alcuni problemi di ordine economico di importanza limitata. Chiede anzitutto l'appoggio del Governo italiano per far partecipare anche la Banca Ungaro-Italiana col concentramento di banche che ora è nelle intenzioni del Governo ungherese, come dall'unito appunto (4).

Il Capo del Governo promette il suo appoggio.

Il Presidente del Consiglio ungherese ritiene soddisfacente l'andamento dei rapporti commerciali fra i due paesi, dovuto al funzionamento degli accordi di Roma, e rimette l'unita tabella che dimostra l'andamento di tali traffici.

Il signor Gombo~ passa poi a trattare questioni culturali a proposito delle quali rimette i due uniti appunti, uno concernente l'andamento dell'insegna

«Visita attuale come precedenti corrisponde ad amichevoll rapporti esistenti tra due paesi, senza particolare significato. In tale senso saranno intonate informazioni stampa».

mento dell'Italiano che ha avuto un largo incremento negli ultimi tempi (oggi imparare l'italiano è di moda); e l'altro relativo alla costituzione di un istituto di cultura italiana in Ungheria.

Il Capo del Governo approva tale proposta. Ritiene che l'accordo si potrà fare con una convenzione e a tal fine pensa che sarà opportuno avere al più presto uno scambio di idee tra i due Ministri dell'Educazione Nazionale. Crede pure che gli scambi intellettuali potrebbero estendersi anche al campo musicale.

Il Presidente G6mb6s osserva poi che il palazzo Falconieri è troppo vasto per l'istituto ungherese a Roma: sarebbe intenzione del Governo ungherese di ricederlo al Governo italiano e col ricavato costruire un nuovo istituto più modesto in Valle Giulia adoperando l'eventuale avanzo per gli scopi dell'istituto.

Il Capo del Governo ritiene il progetto conveniente: a Valle Giulia il Governo ungherese potrà avere il terreno gratuitamente.

Prima di passare alla parte politica il Presidente G6mb6s vuole ringraziare il Capo del Governo per l'invito fatto agli ufficiali ungheresi di assistere alle manovre. Le impressioni riportate dal Capo di Stato Maggiore sono state delle più favorevoli. I progressi constatati sono notevoli.

Il Presidente Gombos riferisce anche di una intercettazione romena da cui risulta che le intenzioni francesi per un accordo con l'Italia considerano delle concessioni molto modeste.

Il Capo del Governo informa il Presidente G6mb6s che i negoziati hanno proceduto lentamente e che ora da qualche tempo sono fermi.

Il signor G6mb6s riferisce poi sulla notizia che Litvinoff intenderebbe sollevare al prossimo Consiglio a Ginevra la questione degli armamenti tedeschi e ungheresi. Chiede per tale eventualità l'assistenza del Governo italiano.

Il Capo del Governo promette.

Suvich rileva che a noi non risulta niente di tale intenzione di Litvinoff. Si stanno facendo degli accertamenti presso gli altri paesi per accertare se tale notizia sia conforme (l).

Gombos viene poi a parlare del revisionismo chiarendo quali sono le sue idee al riguardo. I confini delle richieste da far valere dall'Ungheria sono indicati nelle carte allegate. Il suo revisionismo si basa su ragioni etnografiche, geografiche, ed economiche. A differenza di questo suo punto di vista Betheln aveva basato le proprie richieste di revisione soltanto sulle ragioni etnografiche !imitandole nei confronti di due paesi: Cecoslovacchia e Jugoslavia, mentre per la Transilvania pensava di costituire uno Stato autonomo sotto lo scettro del Re di Romania.

Il Presidente Gombos ha fatto vedere questo suo progetto a Horthy che si è mostrato d'accordo.

Il Capo del Governo ritiene che tali richieste siano ragionevoli e chiede se all'occasione è autorizzato a parlarne con uomini politici di altri paesi fa'!endo sapere che queste sarebbero le proposte ungheresi.

Gombos risponde affermativamente indicando più precisamente che queste. possono essere presentate come le richieste sostenute dall'attuale Presidente del Consiglio ungherese. Il suo programma revisionista completo comprende la sopradetta rettifica territoriale, la difesa delle minoranze e la parità di diritti per gli armamenti.

Il Presidente Gombos viene poi a parlare del suo viaggio in Polonia. Le accoglienze che ha trovato in quel paese sono state buone e si sono messi in particolare rilievo i rapporti che anche nel passato hanno unito Polonia e Ungheria. Egli sa che il suo viaggio in Polonia ha reso nervose la Cecoslovacchia e la Romania. Ha avuto un'ottima impressione di Pilsudsky che è il vero padrone del paese pur tenendosi in seconda linea (è soltanto Ministro della Guerra), ciò che corrisponde forse ad una sua antica mentalità di cospiratore. L'esercito polacco è, secondo Gombos, buono, per certi riguardi anzi ottimo. Ci sono ad esempio 40 Reggimenti di cavalleria; anche l'aviazione pare buona. GombOs calcola che la Polonia possa mantenere sul piede di pace 300 mila uomini. Il suo colloquio col Pilsudsky è durato due ore ed ha toccato tutti gli argomenti più importanti, mentre Barthou è stato trattenuto dal Maresciallo soltanto 30 minuti parlando del bello e del brutto tempo. C'è un interesse comune ungaro-polacco contro la Cecoslovacchia, la quale, del resto, è odiata anche dalla popolazione polacca. Si è rilevata l'opportunità di poter avere una frontiera comune polacco-ungherese. Pilsudsky ha manifestato più volte l'intenzione di interessarsi maggiormente della politica dell'Europa centrale. Tanto Pilsudsky quanto Beck, persona che gli è parsa molto intelligente, sono orientati verso la Germania, pur non volendo rompere ogni rapporto con la Francia. Gombos non ha potuto insistere troppo sui rapporti tedesco-polacchi per arguire se effettivamente esistono o no dèi trattati segreti. Per l'Austria Pilsudsky si dimostrava molto pessimista, ma Gombos pare averlo persuaso della necessità di mantenere l'indipendenza austriaca. Già in Polonia Gombbs ha avuto un colloquio con l'Ambasciatore germanico von Moltke al quale ha detto della politica sbagliata fatta dalla Germania nei riguardi dell'Austria. Ha avuto occasione di ripetere le stesse considerazioni anche a von Papen che è stato a trovarlo a Vienna. Von Papen ha detto che egli aveva messo come condizione assoluta per andare a Vienna che non ci fossero azioni tedesche contro il regime interno austriaco. Effettivamente pare che gli interventi tedeschi siano cessati. Von Papen ha dichiarato, sulla sua parola di soldato, che se la promessa datagli non dovesse essere mantenuta egli darebbe immediatamente le dimissioni dal suo attuale posto.

A Vienna Gombos ha visto inoltre il Presidente Miklas, Schuschnigg e Starhemberg. Starhemberg gli pare oggi l'uomo più forte. Egli è in perfetto accordo con Schuschnigg. Tuttavia non è escluso che domani possa fare un «putsch » per rendersi mediante le Heimwehren l'assoluto padrone della situazione. Gombos crede poco a un «putsch » nazional-socialista, piuttosto a un «putsch » dei rossi che ricevono continuamente mezzi e armi dalla Cecoslovacchia.

Miklas e Schuschnigg sono troppo clericali. Schuschnigg però è persona colta, bene orientata nei riguardi dell'accordo a tre <Roma-Vienna-Budapest) e

certamente è una persona leale colla quale si può trattare con tranquillità; manca forse un po' di decisione e non ha la competenza in questioni economiche che aveva Dollfuss.

Il Presidente Gombos non intende farsi mediatore per risolvere le controversie tra la Germania e l'Italia per l'Austria -è troppo piccolo per far ciò -ma non può non accennare che da parte di tutti gli uomini tedeschi ragionevoli, tipo Von Papen e Neurath (non del Cancelliere Hitler che oggi dell'Austria ne fa una questione di vanità personale) è stato insistentemente sollecitato di sentire quali sarebbero le condizioni alle quali il Capo del Governo italiano vorrebbe fare un accordo con la Germania per l'Austria.

Il Capo del Governo osserva che le sue intenzioni sono ben note agli uomini di stato tedeschi coi quali ha ripetutamente parlato di ciò.

Il Presidente Gombos replica che in Germania si dice che si è fatto quanto era stato richiesto dal Capo del Governo italiano ma che tuttavia questi non sembra essere soddisfatto.

Il Capo del Governo rileva che questa impressione tedesca non è esatta. Egli ha richiesto che si facesse una dichiarazione pubblica per l'indipendenza dell'Austria, indipendenza effettiva, non solo formale. Ciò si sarebbe potuto ottenere anche con l'adesione ad un atto diplomatico, ma ci vuole la pubblicità di questa dichiarazione per ristabilire la tranquillità nell'Europa centrale. Egli non vede la ragione di queste difficoltà opposte dalla Germania dal momento che si dichiara che la questione dell'Anschluss non viene posta.

Il Presidente Gombos ritiene che si tema che una dichiarazione pubblica possa diminuire l'autorità del Cancelliere. Chiede se la Germania potrebbe domandare come contropartita l'amnistia per i nazi austriaci rifugiati in Germania.

Il Capo del Governo non vedrebbe difficoltà per ciò. Ritiene però che non sia ancora giunto il momento per concedere tale amnistia. Gombos afferma che l'eliminazione della questione austriaca è necessaria per realizzare una politica di pace in Europa.

Quando fosse raggiunto un accordo tra l'Italia e la Germania sulla base della garanzia dell'indipendenza austriaca, si potrebbe pensare ad un blocco dell'Europa Centrale costituito da Germania, Polonia, Austria, Ungheria, Italia, secondo la sua vecchia idea della direttrice Berlino-Roma. Tale blocco, che sarebbe il più potente che si sia mai costituito in Europa, darebbe l'assoluta tranquillità ai partecipanti allo stesso anche per il caso di una guerra (l).

A questo punto si decide di rinviare il colloquio a domani.

«Che Varsavia mostra infine un vivo interessamento per Roma e Vienna, tanto che egli pensa intrattenere V. E. su di un eventuale allargamento del patto a quattro, comprendendovicioè anche la Polonia» (t. 3778/347 R. del 5 novembre). Bastianini, cui era stato comunicato il telegramma di Preziosi, commentò con telespr. r. 3226/1322 del 15 novembre: «mi a!fretto a rilevare che in sostanza Goemboes sembra confermare quanto da me segnalato col rapporto

N. 3095/1257 essere cioè ormai Varsavia sul punto d'interessarsi direttamente alle questionidanubiane. Circa il modo di vedere del « Premier » ungherese d'inquadrare tale interessamento in un eventuale allargamento del patto a quattro, esprimo però tutte le mie riserve non sembrandomi essere avvenuti qui cambiamenti di sorta nell'avversione a quell'accordo».

(l) -Non pubblicato. (2) -Al colloquio era presente Suvich che redasse l'appunto. (3) -Cfr. quanto Suvich aveva comunicato alla legazione a Budapest con t. 1402/153 R. del 31 ottobre:

(4) Gli appunti non sono stati rinvenuti.

(l) La questione era già stata oggetto il 2 novembre di un colloquio Vlllanl-Suvlch.

(l) A Vienna Gombos aveva detto:

112

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS

APPUNTO RR. (l). Roma, 6 novembre 1934.

Venendo a parlare del delitto di Marsiglia il Presidente Gombos dice di dover distinguere nettamente due elementi: l'ospitalità data ai rifugiati croati e l'attentato.

Per quanto riguarda l'ospitalità data ai Croati si potrà dire che egli li ha trattati largamente, ma niente di più di tanto. Per quanto riguarda l'attentato egli non ne sa niente e non intende essere messo in causa.

Sta di fatto che la Jugoslavia dimostra di essere eccitatissima e non è escluso che possa passare anche a qualche azione contro l'Ungheria. Gombos avverte che, per il caso che la Jugoslavia passasse la frontiera egli è fermamente deciso ad opporsi ed a accettare battaglia nell'intento di ritardare l'azione e dar modo alle potenze di intervenire.

Gli parla anche della possibilità di rivolgersi alla S.d.N., ma egli non è troppo favorevole.

Il Capo del Governo assicura GombOs che se la Jugoslavia passasse il confine ungherese a sua volta passerebbe il confine itala-jugoslavo. D'altronde egli non crede che la Jugoslavia si indurrà a un passo del genere che vorrebbe dire provocare la guerra Egli pensa piuttosto che la questione sarà portata a Ginevra cercando di sollevare un grosso scandalo il che però ci lascia completamente indifferenti.

Il Capo del Governo avverte che noi ad ogni modo non intendiamo accettare una polemica sulla questione di Marsiglia.

GombOs esprime la sua viva gratitudine al Capo del Governo per le dichiarazioni fattegli -esse rappresentano la maggiore garanzia e tranquillità per l'Ungheria. Gombos esamina poi l'eventualità di un conflitto -ammettendo il caso che la Francia intervenga a favore della Piccola Intesa e l'Italia a favore dell'Ungheria e che la Germania e Polonia rimangano neutrali. L'Austria potrebbe dare un finale aiuto.

Anche per tale eventualità egli vede la situazione in modo abbastanza favorevole: l'Italia mettendosi sulla difensiva al confine francese potrebbe contenere un'eventuale invasione da quella parte con l'impiego di una ventina di divisioni; il rimanente dell'esercito italiano servirebbe a invadere la Jugoslavia sulle grandi direttrici delle valli della Drava e della Sava (girando attraverso l'Austria) e per una riserva da tenere in paese. Egli non consiglierebbe di attaccare dalla costa dalmata-croata o dall'Albania.

Naturalmente bisogna anche calcolare con gli elementi di disgregazione

che esistono negli eserciti dei paesi della Piccola Intesa.

13 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Se poi la Polonia volesse muoversi a 1:che con poche forze la Cecoslovacchia sarebbe subito liquidata.

Il Capo del Governo non crede la Francia si muoverebbe, soprattutto se l'inizio della campagna (Gi:imbi:is dice di poter mobilitare primo degli altri) fosse sfavorevole ai suoi alleati.

Il Capo del Governo chiede se Gi:imbi:is ritiene che un'azione militare del genere debba avvenire presto o fra qualche tempo. Gi:imbi:is considera più opportuno rinviare perché bisogna lasciare che gli elementi disgregatori negli Stati della Piccola Intesa prendano forza.

Gi:imbi:is tiene a rilevare che la sua situazione militare è buona.

Egli ha ormai approntato 7 divisioni che potrà portare a 14 al primo gennaio del 1936; in più una divisione di cavalleria e uno Sturmbatallion per divisione. Ogni divisione sarà provvista di artiglieria pesante e di Feldbatterien.

Il suo programma massimo sarebbe di portare le divisioni a 21, ma ciò esorbita da ogni sua attuale possibilità finanziaria.

Per organizzare le ulteriori 7 divisioni (portandole così a 14) egli ha bisogno di larghi crediti. 60 milioni di pengèis può trovare in paese, ma avrebbe bisogno di un aiuto italiano, in forma di credito rimborsabile a lunga scadenza, di 80 o 100 milioni di lire, di cui 60 o 70 da fornire in natura (armi, velivoli, ecc.).

Il Capo del Governo salvo a esaminare più a fondo la questione, non ha da opporre obiezioni di principio.

Inoltre Gi:imbos chiede che gli si voglia dare, oltre le armi già promesse, tutto quanto può servire a un esercito e che noi possediamo come preda di guerra (armi, cucine, selle, oggetti di equipaggiamento, ecc. ecc.).

Egli ritiene anche utile che i due Stati Maggiori si ritrovino una volta insieme per un'esercitazione comune. Il Capo del Governo approva e attende da Gi:imbi:is delle indicazioni più precise per combinare tale incontro.

(l) Autografo di Suvich che era presente al colloquio.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 6 novembre 1934.

Ho l'onore di attirare l'attenzione dell'E. V. sull'unito telegramma che ho l'onore di sottoporre alla firma dell'E. V.

ALLEGATO

T.

Giornali francesi pubblicano in questi giorni notizia che S. E. De Bono lascerebbe carica ministro delle colonie ed assumerebbe Governatorato delle due colonie dell'Africa orientale con ampi poteri.

Per conoscenza ed eventuale riservata norma di linguaggio informo v. s. che provvedimento suaccennato è attualmente allo stadio di semplice progetto, progetto che s'inspira alla opportunità di un maggiore coordinamento, particolarmente dal punto di vista economico ed amministrativo, del Governo nelle due Colonie dell'Africa Orientale. Sarebbe pertanto wbitraria e non risponderebbe ,affatto a verttà qualsiasi interpretazione che volesse vedere nel provvedimento allo studio una modificazione nei riguardi dell'amichevole atteggiamento del Governo italiano verso il Governo etiopico, atteggiamento che rimane immutato e che niente ha a che fare col progettato provvedimento.

Coll'occasione questo ministero si esprimerà analogamente con questo incaricato d'affari etiopico (1).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. PER CORRIERE 1418 R. Roma, 7 novembre 1934, ore 18.

Ringrazio V. S. per l'interessante telegramma n. 10650/060 del 29 ottobre u.s. (2).

È stato anche qui rilevato da qualche tempo un lieve mutamento, almeno di tono e sfumature nell'atteggiamento romeno verso l'Ungheria, ed effettivamente anche a noi consterebbe di un'azione che sarebbe stata svolta a Belgrado dalla Romania e particolarmente dal signor Titulescu in senso di moderazione e di calma nei riguardi dei fatti di Marsiglia. Le stesse informazioni indicherebbero del resto che un'azione, presso a poco analoga, sarebbe stata svolta in sostanza anche dalla Cecoslovacchia e da Benes come e in senso anche più marcato da Parigi. Non diamo però a tali atteggiamenti un significato di sostanziale mutamento di politica ma piuttosto un valore contingente, ispirato del resto ad una preoccupazione naturale per le eventuali complicazioni che una eccessiva (e non da escludersi) reazione jugoslava, almeno in un primo tempo, avrebbe potuto provocare. Sembra a noi quasi naturale che tanto a Praga quanto a Bucarest e a Parigi, dove è certo che non si desiderano complicazioni si sia presa l'iniziativa di azioni del genere presso Belgrado.

Ma per le stesse considerazioni che precedono non ci sembra almeno per ora opportuno né conveniente di dar seguito al suggerimento del signor Hory di far conoscere nostro tramite al signor Titulescu l'apprezzamento che si era fatto a Budapest dell'atteggiamento romeno.

Una nostra iniziativa in tal senso, oltre che non corrispondere alla valutazione che noi tuttora facciamo della situazione rispettiva tra Ungheria e Piccola Intesa, non sarebbe neppure consona all'atteggiamento costantemente seguito nei riguardi della Romania e in genere della Piccola Intesa. Un nostro passo del genere, sia pure compiuto a titolo incidentale, si presterebbe infatti facilmente ad interpretazioni nel senso di un mutamento di attitudine che non sussiste e non sarebbe opportuno accreditare.

D'altra parte non posso neppure completamente nascondere che le affermazioni ri'!l signor De Hory sulla posizione dell'Ungheria nei confronti dei tre vicini della Piccola Intesa, e particolarmente il suo ottimismo nei riguardi delle possibilità di intesa con la Romania, hanno alquanto sorpreso, in quanto che fino ad ora ~ anche nel giudizio nostro ~ era sembrato che il contrasto con la Romania fosse per ragioni geografiche ed etnografiche altrettanto difficilmente sanabile quanto quello con la Cecoslovacchia e che forse era la Jugoslavia, tra i pasi della Piccola Intesa quello con cui le difficoltà di accordo si presentassero, se non agevolmente eliminabili, tuttavia di natura non così insormontabile, come appare nei riguardi della Cecoslovacchia e della Romania.

D'altronde di tutto ciò avrò occasione di intrattenermi col signor Goemboes atteso qui in questi giorni (l)

(l) -Annotazione a margine di Mussolini: «No». (2) -Cfr. n. 96.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1420/301 R. Roma, 7 novembre 1934 (2).

Il R. console a Gondar ha telegrafato in data di ieri al Governo dell'Eritrea che ha trasmesso il telegramma a S. E. De Bono a Mogadiscio e al ministero delle colonie a Roma, quanto segue:

«Ieri sera nostro consolato è stato improvvisamente attaccato a fucilaté da numerosi aggressori. Un nostro ascari è stato ucciso, due sono stati feriti, di cui uno gravemente nella sua abitazione e depredato fucile. Anche moglie quest'ultimo è stata ferita. Ci siamo dovuti difendere ed abbiamo respinto attacco catturando un aggressore. Informato telegraficamente deggiac Uoundussen perché polizia Cantibai affidata, come è noto, al negriero Belai Ghebresghier, non è estranea improvviso attacco che pare avesse mira distruzione nostra stazione radiotelegrafica » (3).

Salvo che nel frattempo non le sia pervenuta analoga comunicazione direttamente dal R. console prego farsela confermare dal R. console medesimo

-o dal Governo dell'Eritrea. Pregola inoltre presentare proteste a codesto Governo domandando scuse e indennità per i danneggiati. Faccia rilevare gravità incidente e assoluta necessità che non abbiano a ripetersi casi del genere (4).
(l) -Poiché Gombos era arrivato in realtà a Roma la sera del 5 novembre, 11 telegramma è stato evidentemente redatto alcuni giorni prima della trasmissione. (2) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

(3) Il t. da Gondar è ed. In Il conflitto italo-ettoptco, p. 109.

(4) Vinci Informò con t. uu. 3712/585 R., pari data, ore 10,45, incroclatosl con questo telegramma, di aver fatto passi presso le autorità etiopiche perché fossero urgentemente presiprovvedimenti.

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COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS (1)

APPUNTO. Roma, 7 novembre 1934.

Il Presidente Gombos continuando nella propria esposizione tocca la questione relativa ad una eventuale estensione del patto a tre. Egli conferma di non avere alcun interesse a tale estensione per quanto riguarda i Paesi della Piccola Intesa: Romania e Jugoslavia sono concorrenti nel campo agricolo e la Cecoslovacchia fa a sua volta una polLtica di protezione agricola che non lascia nessuna possibilità per la importazione ungherese; d'altra parte egli non intende entrare in trattative economiche con paesi della Piccola Intesa se non viene risolta o almeno se non c'è un principio di risoluzione della questione politica.

Il Capo del Governo risponde che per noi la situazione è molto chiara: noi possiamo accettare la partecipazione dei paesi della Piccola Intesa a quelle stesse condizioni a cui è disposta di accettarle l'Ungheria.

Suvich informa che tempo fa è stato da lui l'Ambasciatore di Francia a proporre che si formasse un comitato a Vienna tra Francia, Italia, Cecoslovacchia e Austria per trovare il modo di dare un maggior sostegno all'economia austriaca.

È stato osservato all'Ambasciatore che dato l'accordo a tre, non si poteva in nessun caso lasciare fuori l'Ungheria. L'Ambasciatore dopo aver avuto istruzioni da Parigi è ritornato per informarmi che la Francia vedeva volentieri la partecipazione dell'Ungheria.

Discutendosi sugli eventuali compiti di questa Commissione, Suvich ha fatto presente che non pareva possibile superare la pregiudiziale politica ungherese: egli riteneva che l'Ungheria fosse disposta a fare con la Piccola Intesa dei normali trattati di commercio, ma non entrare con la stessa in un sistema, sia pure di carattere economico.

Non può nascondersi però che la situazione è delicata per quanto riguarda l'Austria in quanto la Cecoslovacchia afferma di volere partecipare agli accordi per l'Austria, essendo disposta anche a qualche sacrificio nell'interesse del mantenimento della indipendenza austriaca.

Gombos osserva che la Cecoslovacchia ha sopratutto un interesse, quello di rovesciare l'attuale sistema politico austriaco per introdurre un regime liberale social-democratico che potrebbe asservire l'Austria alla Cecoslovacchia.

Gombos riferisce del colloquio avuto con von Hassell che non si scosta dalle conversazioni che ha avuto con gli altri uomini politici tedeschi. Parla poi delle condizioni della politica interna ungherese, che sono buone: egli intende procedere alle elezioni fra non molto, sicuro di poter costituire

una maggioranza omogenea. È già d'accordo su questo punto col Reggente. Intende parlare molto chiaro al riguardo col conte Bethlen (1).

Il Capo del Governo ritiene buono il programma di politica interna.

Gombos afferma che il progresso verificatosi è dovuto anche alle migliorate condizioni economiche, miglioramento per il quale egli deve ancora una volta ringraziare il Capo del Governo. Si passa poi alla redazione del comunicato.

(l) Al colloquio era presente Suv!ch che redasse l'appunto.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 7 novembre 1934.

Sir Eric Drummond mi chiede notizie sulla visita di Gi:imbi:is.

Gli do' qualche sommario ragguaglio.

Mi parla poi della estradizione, rendendosi conto delle ragioni di indole giuridica che si oppongono alla stessa. Non può però non preoccuparsi della ripercussione che un nostro rifiuto avrà in Jugoslavia, dato lo stato d'animo di enorme tensione che colà esiste.

Gli osservo che bisognerà preoccuparsi anche di qualche altro fatto, come della campagna di calunnie che la stampa jugoslava e cecoslovacca conducono contro l'Ungheria eccitando gli animi.

Mi dice che la campagna della stampa cecoslovacca cesserà perché il Governo inglese è intervenuto a Praga ottenendo soddisfacenti assicurazioni da Benès.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1423/214 R. Roma, 8 novembre 1934, ore 22,30.

Suo telegramma 185 del 5 corrente (2).

Conviene che ella faccia presente opportunità, anche per ragioni di principio generali, di non estradare né in altro modo consegnare persona di cui al n. 2 suo telegramma suddetto (3) o altri in condizioni analoghe.

<<Alla vigilla della partenza di questo presidente del consiglio per Roma, riprendono a circolare in vari ambienti politici di Budapest voci contrarie al Governo Goemboes e scettiche sulla sua vitalità.

I critici prendono principalmente di mira la sua politica estera: Goemboes -vanno ripetendo -per aver dato eccessivo ed intempestivo rilievo alle richieste revisioniste ha finito col provocare un peggioramento allarmante della situazione delle minoranze ungheresi, la cui conservazione è invece premessa indispensabile della revisione; lesina per di più alle minoranze stesse gli appoggi finanziari di cui il Gabinetto Bethlen era largo; con le sue tendenze e manifestazioni soverchiamente germanofile, con la fredda risposta al telegramma inviatogli dal Duce dopo il discorso di Milano ha determinato un intiepidimento dell'amicizia dell'Italia verso l'Ungheria».

Pregola seguire la questione discretamente e farmi intanto anche conoscere come essa si presenti dal punto di vista della pratica e del diritto austriaco (1).

(l) Colonna aveva comunicato con t. per corriere 3761/10765/061 R. del 29 ottobre:

(2) -Con il t. per corriere 3791/0185 R. del 5 novembre Preziosi aveva comunicato: « Berger mi ha detto che tutto lascia ormai trasparire l'impegno della Francia a soddisfare 11 più possib!le il Governo jugoslavo, onde distoglierlo da Berlino; e la crescente velleità della Jugoslavia, in dipendenza della remissività francese». (3) -Percevic.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3819/0258 R. Berlino, 8 novembre 1934 (per. il 10).

Il signor von Btilow mi disse ieri che l'ambasciatore von Hassell aveva avuto con S. E. il Capo del Governo un colloquio (2) circa il quale aveva sinora riferito soltanto brevemente per telegrafo. Riteneva che un rapporto più esteso giungerebbe fra breve.

Ambasciatore dimostravasi nel suo telegramma assai soddisfatto e rilevava la chiarezza delle idee espostegli da S. E. il Capo del Governo.

Alle mie espressioni di compiacimento il signor von Btilow osservò che le relazioni fra la Germania e l'Italia erano però sempre ancora influenzate dalle espressioni violente della stampa italiana che avevano prodotto in tutto il Reich una funesta impressione.

Gli risposi che se riconoscevo che qualche giornale di secondaria importanza aveva scritto articoli che sarebbero stati più utilmente omessi, dovevo dire anche a lui quanto avevo già detto all'ambasciatore von Hassell, trovandolo consenziente nel mio apprezzamento, e cioè che il linguaggio della stampa italiana dopo i fatti del 25 luglio era stato molto vibrato in ragione del fatto che le si era vietato di commentare in qualsiasi modo gli avvenimenti del 30 giugno i quali avevano invece dato luogo ad una campagna violentissima contro la German~a da parte di tutte le altre stampe del mondo.

D'altra parte il linguaggio della stampa tedesca non era certo stato amichevole verso l'Italia. Esso era anzi stato offensivo perché si era accusata l'Italia di avere nuovamente tradito la Germania. Simili apprezzamenti, assolutamente infondati perché l'Italia fu essa vittima nel 1914 della slealtà dei suoi alleati di allora e non assunse dal 1918 in poi alcun impegno che la obblighi ad appoggiare o anche solo ad approvare la politica della Germania, arrecano un nocumento enorme alle relazioni fra i due paesi.

Il signor von Biilow mostrò stupore per quanto gli dicevo non risultandogli che alcun giornale tedesco avesse formulato simili apprezzamenti. Osservai essere naturale che egli non potesse avere conoscenza di tutto quanto scrivevano i giornali tedeschi, ma purtroppo quanto io gli avevo detto corrispondeva alla verità.

(l) -Preziosi rispose con il telespr. r. 2330 del 10 novembre di cui si pubblica !l brano seguente: «Berger mi ha confermato non essere assolutamente nelle vedute del governo federale di procedere alla nota estradizione recentemente richiesta dal governo francese; e che anzi tale determinazione si era rafforzata in seguito alla notizia -qui recata da Gi:imboes di ritorno dal suo viaggio costà -che anche !l R. Governo non procederà alla estradizione di incolpati polltici ». (2) -Non sl è rinvenuto il verbale di tale colloquio.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1934.

L'Ambasciatore von Hassell è venuto a mettere al corrente il governo italiano del punto di vista tedesco relativo all'atteggiamento francese per la questione della Sarre.

Von Koster è stato chiamato da Lavai l'altro giorno e ha avuto delle assicurazioni: Lavai è arrivato anzi a dire che riconosce il carattere tedesco della Sarre e che spera che questa sarà quanto prima unita alla Germania. Queste dichiarazioni di Lavai, secondo le impressioni del Governo tedesco, sono state una mossa per mettere le mani avanti in previsione di un passo germanico provocato dal comunicato Havas. Ad onta di tali dichiarazioni il Signor von Kèister ha avuto incarico di fare un passo presso il Ministro degli Affari Esteri francese, passo che sarà fatto oggi o domani.

Il Signor Kèister ha l'incarico di prendere posizione contro l'atteggiamento francese nella questione della Sarre, di esprimere però la soddisfazione del Governo tedesco per le dichiarazioni fatte da Lavai e di dichiarare che il Governo tedesco confida che tali dichiarazioni avranno attuazione pratica venendo così a cessare la politica aggressiva della Francia nei riguardi della Sarre.

La Germania non può ammettere che si parli di invadere un territorio che è -ad onta delle condizioni del plebiscito -di sovranità tedesca, so'IJ"anità che sarà riconfermata dal plebiscito stesso.

Questa minaccia della Francia, cioè di un paese che passa per uno dei maggiori sostenitori della Società delle Nazioni, rende molto problematica la funzione che quest'ultima può avere come equilibratrice degli interessi opposti.

Le deliberazioni del Consiglio del 25 e del 26, alle quali la Germania non ha partecipato, si riferiscono a una situazione sorpassata, al momento cioè in cui esisteva ancora l'occupaziòne renana. Evidentemente se si deve fare appello a truppe stazionanti al di fuori del territorio della Sarre, si potrà fare appello anche a truppe tedesche.

Ho chiesto all'Ambasciatore von Hassel se queste comunicazioni egli ce

le faceva nella nostra qualità di firmatari di Locarno, come appariva da al

cune comunicazioni dei giornali.

Mi è parso non del tutto chiaro su tale punto, ma mi ha risposto che la

dichiarazione doveva ritenersi fatta appunto in tale nostra qualità perché una

dichiarazione analoga si faceva a Bruxelles e a Londra.

Ho chiesto all'Ambasciatore se il governo tedesco richiedeva da noi qualche

intervento nella questione.

Mi ha risposto di no; domandava soltanto che si prendesse atto del punto

di vista tedesco (1).

«Il Comitato ha formulato l due principi seguenti: a) che la formula "mantenimento del regime stabilito dal Trattato " non deve essere presa alla lettera, ma nel senso che, ove tale

(l) In data 13 novembre Alois! redasse un promemoria per Mussol!ni sulla questione della Saar. Se ne pubbl!cano i passi seguenti:

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1934.

A proposito dell'Austria l'Ambasciatore rileva che le cose paiono calmarsi. Gli dico che effettivamente nel momento attuale i nazi paiono non attivi, ma la situazione sostanziale non è mutata. L'Ambascia,tore von Hassell mi dice che non vede che cosa si potrebbe fare per regolare la questione austriaca.

Gli osservo che secondo me ci sono delle possibilità. Per esempio la Germania potrebbe aderire ad un patto di garanzia per l'indipendenza dell'Austria, patto che, come gli accordi del genere, avrebbe una durata determinata e che lascerebbe impregiudicati i rispettivi punti di vista per l'avvenire. In tale patto si potrebbe anche comprendere l'obbligo da parte degli Stati firmatari di non tollerare sul proprio territorio organizzazioni o tendenze che possano turbare la pace in Austria. Potrebbero partecipare al patto l'Italia, la Francia e la Germania trovando una forma per fare aderire l'Inghilterra, che non vuole assumere nuovi impegni sul continente.

L'Ambasciatore von Hassen ritiene che il patto potrebbe anche avere un carattere esclusivamente continentale. Gli pare che la cosa sia pregiudicata dalla dichiarazione di Gineva (1), trattata in assenza della Germania e che ha messo la Germania di fronte ad un fatto compiuto. In Germania la dichiarazione di Ginevra è stata interpretata come una. mossa anti-tedesca.

Gli rispondo che la sua osservazione non mi pare fondata. In primo luogo a Ginevra non si poteva trattare con la Germania che non era presente; in secondo luogo la dichiarazione di Ginevra non è stata che la riaffermazione della dichiarazione del febbraio fra le stesse tre Potenze: Italia, Francia, Inghilterra; in terzo luogo l'accordo di cui ho fatto cenno sarebbe indipendente da tale dichiarazione.

L'Ambasciatore von Hassell ritiene la cosa interessante e si riserva di esaminarla.

alternativa prevalesse, la sovranità sulla Sarre passerebbe dalla Germania alla Società delle Nazioni. Per ora la S.d.N. non ha che il Governo della Sarre mentre la sovranità è rimasta alla Germania; a seguito di un voto favorevole al mantenimento dell'attuale regime la S.d.N. acquisterebbe la piena sovranità sul Territorio...

Il Comitato delle Delegazioni ebraiche inoltre in un promemoria al Consiglio, corredato del parere giuridico del Prof. Bourquin e Hudson, ha insistito per l'instaurazione nella Sarre di un regime di tutela delle minoranze di religione e di razza. Il Comitato dei Tre si è dichiarato d'avviso che l'applicazione delle garanzie concesse sinora ai votanti sia da estendersi in qualche modo anche ai non votanti. Sono in corso conversazioni col Governo Tedesco il quale esclude comunque da tali garanzie i profughi politici ricoveratisi nella Sarre a seguito dell'avvento al potere del nazional-socialismo...

Il Comitato ha invitato il Presidente della Commissione di Governo, Signor Knox, a riferirgli sulla situazione economica e politica della Sarre...

Come V. E. rileverà ho fatto tener conto di tutte e tre le possibilità sulle quali la popolazione della Saar sarà chiamata a dare il voto, compresa quella dello status quo molto delicata e particolarmente invisa ai tedeschi. Su mia richiesta il Comitato ha esaminato per ciascuna soluzione i problemi che vi sono connessi.

Come V. E. ha rilevato, la realizzazione pratica delle varie questioni darà luogo, qualunque sarà l'esito della votazione, a contrasti ed a conseguenze che potranno interessare anche l'Italia e che quindi lo ho sempre tenute presenti nelle mie conversazioni e nelle mie trattative».

(l) Del 27 settembre.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1934.

L'Ambasciatore Wysocki è venuto a chiedermi notizie sulla visita di Gtimbtis. Gli dò qualche ragguaglio mettendo in rilievo le buone impressioni riportate da Gtimbtis in Polonia.

A proposito della possibilità di costituire una frontiera comune tra Ungheria e Polonia, l'Ambasciatore mi dice che egli non ritiene che la Polonia farà mai per ciò la guerra alla Cecoslovacchia, eh etuttavia la Polonia se scoppiasse un conflitto europeo ne approfitterebbe per allargare i confini verso l'Ungheria.

Quello che può garantire è che la Polonia non interverrà mai a favore della Cecoslovacchia. Mi conferma che nella popolazione polacca, specialmente in quella ex austriaca, c'è una viva antipatia per la Cecoslovacchia mentre in tutta la Polonia è molto diffuso il sentimento di amicizia per l'Ungheria.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1934.

Il Ministro Ducié viene a parlarmi della rinnovazione del «clearing » che scade il 15 p.v., per cui la Jugoslavia domanda di elevare il margine a proprio favore dal 15 al 35 %.

Rispondo che ce ne stiamo già occupando e che cerchiamo di arrivare ad un accomodamento su tal materia.

Il Ministro di Jugoslavia mi parla poi ~ premettendo di non avere nessun incaricato ufficiale~ della estradizione di Pavelié e di Kvaternik, chiedendo a che punto stiano le pratiche (1).

Gli rispondo che la cosa è demandata al parere della Corte di Appello di Torino.

Mi chiede l'opinione del governo al riguardo.

Gli dico che il Governo non può che attendere quello che sarà il responso del dicastero competente. Ho avuto già occasione di dirgli nel precedente nostro incontro (2) la mia opinione personale che è quella che una estradizione nel caso in oggetto non sia possibile.

«Infine circa il fermo a Torino dei noti Pavelié e Kvaternik, questi capi dell'opposizionemi hanno fatto sapere essere loro idea che il Governo Fascista non aderirà alla richiesta della loro estradizione presentata dalle autorità francesi, ma che Io stesso nostro Governo farà processare le dette persone in Italia, in modo che dal dibattimento possa risultare con la massima pubblicità la grande responsabilità del governo serbo contro la libertà e la vita del croati e della croazia».

Il Ministro si rende conto delle ragioni giuridiche ma fa presente l'enorme impressione che farebbe in Jugoslavia se si negasse la consegna dei due principali responsabili dell'eccidio di Marsiglia. Non si tratta di esaltati che abbiano agito in un momento di passione, ma di gente che ha preparato freddamente l'assassinio dopo avere compiuto tutta un'altra serie di delitti e di attentati, di cui sono rimasti vittime degli innocenti.

Ribatto al Ministro che non c'è nessuna prova che le due persone detenute in Italia abbiano alcuna responsabilità nell'eccidio di Marsiglia; anzi noi dobbiamo ritenere il contrario.

Il Ministro Ducié replica che tutto era organizzato da lunga mano e che nei campi di concentramento si è fatta scuola di terrorismo con risultati cosi funesti, risultati che del resto egli prevedeva e il cui pericolo ha tante volte denunciato.

Gli rispondo che egli si muove nel campo della più pura fantasia perchè il fatto di tener concentrati in un campo i rifugiati croati poteva considerarsi piuttosto una misura di precauzione che un pericolo. Il vero pericolo sarebbe stato quello di !asciarli girare liberamente per il paese. Del resto le nostre misure di precauzione si sono dimostrate inefficaci perché l'organizzazione terrorista croata, a cui aderiscono migliaia di croati rifugiati all'estero, è estesa a tutto il mondo. Chi può dire dove sia stato organizzato l'assassinio di Marsiglia?

Il Ministro dice che, se come tutto sembra indicare è effettivamente il Pavelic l'organizzatore dell'eccidio, si deve ritenere che lo stesso sia stato organizzato in Italia.

Gli ripeto che quanto afferma riguardo al Pavelié è una sua induzione del tutto arbitraria, che io non posso accettare. Abbiamo dichiarato -e manteniamo -di essere disposti a fare tutto quello che possiamo per contribuire alla ricerca della verità, ma non si possono domandare da noi degli atti che ci sono vietati dai trattati esistenti.

Il Ministro mi chiede cosa intendiamo fare dei croati che sono in Italia.

Gli rispondo che continueremo a sorvergliarli.

Mi chiede perchè non ce ne sbarazzeremmo.

Gli rispondo che non ne vedo il mezzo.

Mi dice che si potrebbe trattare; non è escluso che il suo governo possa considerare di riprenderli in quanto si tratta di povera gente che ha agito in buona fede. Avverte però che questa è una sua idea che non è per niente autorizzata.

Gli rispondo che sono liberi di partire, se vogliono ritornare in Jugoslavia noi siamo anche pronti a pagar loro il viaggio. Credo però che se andassimo a far loro una simile proposta non saremmo presi sul serio.

Il Ministro ripete che --senza volerei dare dei consigli -egli nel caso nostro esporrebbe la situazione del disagio che ci arrecano questi profughi croati alla Jugoslavia, magari anche alla Francia, in occasione delle prossime trattative, di modo che assieme si possa cercare una soluzione.

Gli rispondo che non escludo per principio nessuna eventualità, ma che questa sua proposta non mi pare attuabile.

Il Ministro Ducié raccomanda poi di voler mantenere in arresto quel prete turco Durié, arrestato a Trieste, e di voler rispondergli al più presto sulle ricerche fatte per il Budac e per l'Artucovié.

Gli rispondo che solleciterò le pratiche, ma gli faccio nello stesso tempo presente che sarebbe più opportuno, per rapidità e uniformità di procedura, che le domande ci venissero fatte soltanto dalla autorità inquirente che è quella francese.

(l) Cfr. l'ultimo capoverso, sottolineato da Mussolini, del t. posta 4535/604, inviato da Zagabria 1'8 novembre:

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1432/216 R. Roma, 9 novembre 1934, ore 24.

Conviene che in occasione visita Schuschnigg, alla quale si vuole dare carattere particolarmente importante, siano presenti Roma alcuni giornalisti austriaci ad esempio un redattore per ciascuno dei più importanti giornali di Vienna e della provincia. Calcoliamo che possano così convenire a Roma una dozzina di giornalisti.

Essi saranno considerati ospiti del Governo italiano. Pregola opportunamente disporre in conseguenza per il tramite di cotesto addetto stampa.

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE U.P..../0186 (l) Vienna, 9 novembre 1934.

Parlandomi in via del tutto confidenziale, Starhemberg mi ha fatto presente che se Schuschnigg ha proceduto con senso di grande correttezza politica nella delicata questione dell'armonica composizione (fra Heimwehren e cristianosociali) dei nuovi Consigli consultivi e delle amministrazioni locali, egli dimostra invece una grande debolezza ed incertezza nell'assai più grave questione della delineantesi « dittatura clericale ».

Questa che Starhemberg chiama «dittatura clericale» è lo stato di cose che ho già descritto a V.E. nella precedente corrispondenza (miei rapporti n. 2122 e 2165 delli 11 e 15 ottobre u.s.) (2). È vero che in oggi è scomparso il pericolo d'una predominanza cristiano-sociale nella costituzione delle nuove assemblee politiche ed amministrative, ed è attenuato di conseguenza il pericolo di partigiani favoritismi da parte degli stessi cattolici nelle amministrazioni comunali

e provinciali, ma sfortunatamente ne restano tuttora ben altri, concernenti specialmente la grave questione della educazione della gioventù. Fra di essi, Starhemberg preoccupasi specialmente dei seguenti:

l) della lotta aperta, e sempre più serrata, che il clero in generale, e quello avente cura d'anime in particolare, va menando contro le formazioni giovanili dello Heimatschutz -cioè la «Jung Vaterland » -, tanto col negare ogni ufficio religioso (benedizione di bandiere, gagliardetti, nuove caserme, ecc.), quanto coll'astenersi da ogni pratica religiosa in seno alle organizzazioni stesse.

In questa lotta si contraddistingue, per severità, il vescovo di Linz. Tuttavia anche il cardinale Innitzer si è rifiutato qualche giorno fa di scrivere un articolo per il nuovo calendario heimwehrista, opponendo che non trattavasi di organizzazione dipendente dalla Chiesa.

2) Di tutte le arti impiegate dal clero stesso sia per attrarre la gioventù alle organizzazioni cattoliche; sia per dissuaderla dall'irreggimentarsi nello Heimatschutz; e sia infine per impedire che nuovi adepti accorrano nei ranghi di quest'ultimo.

3) Dell'insieme infine dell'attività del clero e dell'Azione Cattolica per conferire allo Stato, nonostante la nuova costituzione, una tinta cosi accentuatamente clericaleggiante da screditare il governo (e quindi anche il movimento heimwehrista, rappresentato ormai nel Gabinetto non più come una minoranza), allontanando ogni possibilità di riavvicinamento da parte degli oppositori, e specie da parte dell'intelligentia e delle masse lavoratrici. Ad esempio risulta che questo nunzio si è recato da questo ministro degli esteri per protestare contro la nomina del sig. Stepan a capitano provinciale della Stiria, al posto del sig. Dienstleder, ritenuto assai più intimo -che non lo Stepan -del vescovo di Graz Pawlikowski.

Starhemberg rinviene in questo stato di cose non solo un pericolo per le fortune delle Heimwehren --considerate ormai dei vescovi come «cattolici di seconda classe» --, ma sovrattutto quello che gli elementi meglio disposti in favore d'un profondo rinnovamento morale e politico del paese (e fra questi le stesse Heimwehren) passino, per reazione all'arrivismo dei clericali, al nazionalsocialismo. Egli pensa pertanto che la questione è di estrema importanza, non potendo egli ammettere in nessun caso compromessi o transazioni di sorta in un fatto cosi grave come è quello delle organizzazioni giovanili di tutta la nazione, cui egli è, per di più, preposto. Ha aggiunto esser pronto ad ammettere sacerdoti -assicurando loro la maggiore libertà per l'esplicazione del loro ministero religioso -in seno a dette organizzazioni; ma assolutamente non altro.

Ora Starhemberg trova che Schuschnigg non si rende conto di tutto questo. Ha rilevato principalmente che il cancelliere mostra sempre in apparenza di essere perfettamente consapevole della vitale importanza della questione, come pure dei pericoli insiti nell'accentuata intonazione clericale del regime, ma nel fatto egli dà costantemente prova di inesplicabili esitanze nell'assumere un atteggiamento netto e deciso verso i vescovi delle diverse diocesi, e tanto più verso il Vaticano, cui pure, a suo avviso, non gli dovrebbe essere difficile rappresentare quanto l'attività del clero austriaco sia contraria all'interesse stesso dello Stato sovrattutto per il fatto della profonda reazione che essa suscita in tutte le classi sociali, prevalentemente ostili ad ogni dominazione o sopravvento clericale, e pertanto avviandole verso il nazionalsocialismo.

Starhemberg mi ha pertanto raccomandato di far giungere in segreto a S. E. il Capo del Governo la sua viva preghiera di voler portare la sua attenzione sulle questioni succennate, allo scopo di spendere eventualmente con Schuschnigg, nell'imminente visita a Roma, quelle parole che nel suo alto giudizio ritenesse opportune.

Starhemberg, che non desidera naturalmente apparire in nessuna guisa quale fonte delle predette informazioni, ha insistito sul punto che Schuschnigg, che nutre il più profondo rispetto per il riostro Duce, non mancherebbe di attenersi --questa volta con i fatti --ai consigli che S.E. eventualmente si compiacesse dargli sul modo con cui potrebbero venir regolati i rapporti tra lo Stato austriaco e la Chiesa, sovrattutto in tema di educazione giovanile.

Starhemberg si augura anche che un'opportuna azione possa esser svolta dal Vaticano, parimenti· interessato a tenere buona parte dei cattolici austriaci lontani dal nazionalsocialismo.

Da parte mia aggiunto che il cancelliere sarà accompa-gnato nel suo viaggio a Roma dal sottosegretario di Stato per l'educazione, Pernte. Questi verrà costà esclusivamente per intrattenersi col cardinale segretario di Stato in merito alla questione dell'educazione giovanile. A quanto ho potuto apprendere egli vorrebbe prospettare le seguenti soluzioni: l) creazione di due organizzazioni giovanili distinte: una heimwehrista, ed una cattolica, con sacerdoti facenti parte anche della prima; 2) direzione superiore di tutte e due le organizzazioni al principe Starhemberg, coadiuvato da un ecclesiastico.

(l) -Privo di numero di protocollo generale, non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo. (2) -R.r. 4051/2122 e R.rr. 4106/2165, non pubblicati.
126

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R.R 3864/0187 R. Vienna, 9 novembre 1934 (per. il 14).

Mio telegramma per corriere 0184 (1).

Starhemberg non mi ha nascosto la sua preoccupazione per la questione dei nazionali. Egli non attribuisce importanza a questi ultimi, di cui ritiene più numerosi i pretesi capi che gli effettivi seguaci, ma ne attribuisce molta al modo con cui il cancelliere, nel suo intimo, considera l'intera questione dell'Austria.

Ha rilevato che non trattasi infatti di precisare questa o que'lla condizione cui dovrebbesi subordinare l'adesione del gruppo nazionale al fronte patriottico; ma trattasi invece dell'impostazione morale dell'intero problema politico del

l'Austria. Al riguardo ha notato, in via del tutto confidenziale che una frase sfuggita al cancelliere nella nota riunione coi nazionali (la frase è riprodotta nel mio su citato telegramma), e giusta la quale l'attuale stato di cose in Austria è * essenzialmente in dipendenza delle presenti esigenze internazionali e quindi passibile di mutamento col variare delle condizioni politiche dell'Europa svela appunto la fallace impostazione che lo Schuschnigg dà all'intero problema, * (1). Ha aggiunto che del resto Schuschnigg, negli anni passati, si occupò vivamente d'una possibile unione dell'Austria agli Stati cattolici della Germania, ammettendo così l'assorbimento dello stato austriaco, mentre egli -Starhemberg se qualche anno fa, allorquando la situazione interna della Germania era delle più oscure, pensò ad un'unione dell'Austria al Reich, lo fu perché ritenne che l'Austria avrebbe potuto pretendere essa la direzione effettiva delle genti tedesche; quindi assorbire, e non già essere assorbita.

Starhemberg ha concluso che, ad ogni modo, egli intende prendere netta posizione in detta questione dei nazionali, asserendo anche pubblicamente che il Governo austriaco, del tutto consapevole d'essere il più genuino rappresentante del germanesimo, non può che respingere la pretesa dei nazionali a considerarsi come rappresentanti dello spirito dell'avvenire tedesco: che nessun accordo coi nazionali sarà dunque possibile senza che essi abbiano previamente abbandonato detta pretesa (2).

(l) Cfr. n. 110.

127

INFORMAZIONI DA PARIGI (3)

... (4).

Sia il Ministro di Jugoslavia che quello cecoslovacco a Parigi, d'ordine dei rispettivi Governi, da circa 15 giorni svolgono a Parigi una intensa campagna contro l'Italia e l'Ungheria.

Tale azione non viene svolta colle solite forme diplomatiche, ma in una maniera pratica speciale.

Spalajkovié, munito di un voluminoso dossier, va a visitare ad una ad una tutte le personalità politiche francesi che contano qualche cosa, e che sa amiche della Jugoslavia, e sciorina ad esse una serie di documenti ben fabbricati, dai quali risulta la piena ingerenza dell'Italia e dell'Ungheria nella preparazione dell'attentato di Marsiglia.

Documenti relativi cioè:

ai campi di fuorusciti croati, in Italia e nell'Ungheria;

all'intesa fra agenti dell'Italia e gli Ustasi;

alla preparazione dell'Italia per occupare di sorpresa la Dalmazia;

alle dichiarazioni che avrebbe fatto, al riguardo, il Maresciallo Balbo a personalità dalmate, durante il suo viaggio in Dalmazia; alle «spaventose condizioni fatte dall'Italia agli slavi e croati deLla Venezia Giulia», e qui si tratta di giornalisti e di viaggiatori che avrebbero compiuto in gran segreto tali inchieste. Poi lettere collettive di gente della Venezia Giulia, imploranti la liberazione dal giogo italiano; ed infine 10 registri, composti di fogli di diverso formato, empiti di firme di slavi e croati della Venezia Giulia che, secondo Spalajkovié, sarebbero 237.000. I sottoscrittori si erano rivolti a Re Alessandro per essere liberati dalla schiavitù italiana. Tale petizione monumentale sarebbe stata consegnata al Re, alla vigilia della sua partenza per la Francia, e gH doveva servire per dimostrare a Parigi l'impossibilità per la Jugoslavia di abbandonare i fratelli della Venezia Giulia. Osuski, il ministro cecoslovacco, a sua volta, sia con visite e sia con inviti alla Legazione alle personalità anzidette, che genericamente sono designate come «Amici della Piccola Intesa», rinsalda l'opera del collega e conclude col dire:

« Spalajkovié vi ha dimostrato dove siamo arrivati coi rapporti itala-jugoslavi, e le ragioni per le quali tutto il popolo jugoslavo preferisce una Germania padrona dell'Austria, ad ogni possibilità di aumento della potenza italiana sull'oriente europeo. Ed io aggiungo che non solo il popolo e la democrazia cecoslovacca condividono le opinioni dei fratelli jugoslavi, ma che non sarà a lungo possibile frenare il popolo jugoslavo dal correre alla liberazione della Venezia Giulia».

Osuski poi mostra con grandi cautele a quelli cui dice « la vostra provata amicizia per il mio paese fa sì che io abbia in voi sconfinata fiducia», una lettera di Benes, nella quale questi gli comunica confidenziali dichiarazioni fattegli da Sforza ultimamente. Il nobile amico italiano, trepidante delle sorti della sua patria, mi ha detto col pianto agli occhi!!!:

«Il malcontento dilaga, gli alti funzionari dello Stato non ne possono più del Fascismo, e dei capricci di Mussolini. Gli esponenti della industria, del commercio e della banca mordono il freno; le masse operaie e contadine sono in fermento e pronte a sollevarsi. E per ciò solo basterebbe che i battaglioni della Milizia si allontanassero dall'interno per andare alle frontiere.

L'esercito è in preda al disordine ed al malcontento, in seguito alle leggi sulle promozioni, volute da Mussolini per eliminare gU ufficiali non fascisti. Tutto ciò porterà il paese alla rovina e non sarà facile rimediare ai danni ed ai lutti che lascerà dietro il Fascismo».

Tali panzane vengono bevute con avidità nei circoli massonici e radicalsocialisti francesi, ed è facile comprendere come così si prepari l'ambiente, per accettare qualsiasi avventura che vogliano tentare gli uomini della Piccola Intesa, i quali insistono, e sono ascoltati almeno a Parigi, sul dilemma:

« Se si vuole la pace in Europa, bisogna abbattere il fascismo in Italia. *Ed a ciò non si può arrivare che attaccandolo dall'esterno :1> (dichiarazione testuale fatta da Titulescu a Pétain, mentre questi era a Belgrado per l funerali di Re Alessandro, e da Pétain riferita in consiglio dei Ministri) * (l).

Un rapporto deUa Legazione francese a Belgrado segnala delle gravi dichiarazioni fatte dal Generale Ziwkovié all'addetto militare francese a Belgrado.

* Ziwkovié ha detto: «L'esercito jugoslavo non permetterà che resti impunita l'uccisione del suo Re: checché dicano o facciano diplomatici, noi vogliamo giustizia, anche se per farla si dovessero varcare i confini con le armi alla mano :1>.*

Il Ministro Lavai è rimasto molto impressionato di tale comunicazione, ed ha incaricato il Segretario Generale Léger di prendere contatti col Ministro jugoslavo a Parigi, amico di Ziwkovié.

La visita di Goemboes a Roma ha urtato moltissimo l'ambiente del Ministero degli esteri.

Il Segretario G€nerale Léger ha espresso il timore che il Ministro ungherese abbia fatto opera fattiva per la riappacificazione itala-germanica. Inoltre egli pensa, e lo ha detto ai suoi collaboratori, che l'ungherese abbia ripreso con Mussolini l'idea di un blocco cattolico *italo-aus,tro-ungaro-polacco, in rapporti di amicizia e di collaborazione con la G€rmania.

Lavai condivide le apprensioni del suo Segretario Generale, e ne ha fatto parte ad Herriot ed a Flandin, nuovo Presidente dei Ministri*.

Al Quai d'Orsay, fra i funzionari direttivi, il 9 corrente, si è parlato molto della cosa, ed alcuni di essi discutevano sull'opportunità di mettere i bastoni fra le ruote ad un eventuale accordo itala-germanico, lasciando mano libera agli jugoslavi di far agire la legione austriaca social-nazionalista, che si trova in Jugoslavia.

Essi dicevano: «Se i social-nazionalisti che sono in Jugoslavia vengono fatti passare in Stiria ed in Carinzia, e cominciano ad operare contro le forze del Governo di Schuschnigg e di Starhemberg, e la popolazione locale social-nazionalista si unisce ad essi, la Germania non può abbandonarli al loro destino, e certamente si verificherà un nuovo urto con l'Italia :1>.

Il nuovo Ministero Flandin viene considerato nei circoli ben informati come un ministero di transizione.

Per quanto riguarda accordi con l'Italia, sia fra gli amici di Herriot che fra quelli del Ministro degli Esteri La val, si afferma in forma perentoria «che non si giungerà a nessuna conclusione, e che l'unico desiderio positivo è quello di tirare avanti fra il sì ed il no, fino a dopo il plebiscito della Saar :~>.

*Il nuovo presidente del Ministero Flandin è personalmente un accanito avversario del Fascismo e piccolo-intesista ad oltranza.

Il nuovo ministro della Guerra è uno dei più noti generali anti-italiani dell'esercito francese-jugoslavofilo ad oltranza ed è misconoscitore, per partito preso, di ogni capacità militare dell'esercito italiano *.

14 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

(l) -n passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini. (2) -Cfr. quanto comunicava Cerrut! il 10 novembre con 11 t. per corriere 3880/0259 R. relativo ad un colloquio col ministro d'Austria: «Per quanto concerneva le trattative di Vienna fra 11 Governo austriaco, 11 Generale von Bardolff e gli altri naz!st! e Grossdeutsche, 11 signorTauschitz mi disse d! considerare opportuna la tattica seguita dal signor von Schuschnigg perché essa dimostrava ch'egli non aveva timori d! ascoltare i naz!sti ai quali, al tempo stesso, poteva dare, con 11 suo fermo l!nguagg!o, l'impressione netta che non dovevano farsi alcuna musione ». (3) -Annotazione a margine di Mussol!ni: «Importante». (4) -Privo d! data, si colloca qui poiché fa riferimento nel testo al Governo Flandin che entrò !n carica 11 9 novembre.

(l) I passi fra asterischi sono stati sottolineati o segnati a margine da Mussol!ni.

128

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. 12870/151 P.R. Roma, 10 novembre 1934, ore 17.

Radio Vienna anuunziava ieri sera che frazione deputati croati avrebbe indirizzato al reggente Paolo memoriale affermante lealtà popolo croato che desidera ristabilimento libertà costituzionali e grazia croati condannati per motivi politici.

Prego telegrafare quanto risultasse al riguardo (l).

129

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.R. 3825/349 R. Vienna, 10 novembre 1934, ore 18,20 (per. ore 21).

Mio telegramma n. 348 (2).

È a quest'ultima visita che si rl!erlsce Il telegramma di V. E. n. 151 del 10 novembre... Non si erra quindi menoma.mente nell'affermare che oggi Il principe Paolo e la Reggenza vogllano costituire ad un determinato momento un nuovo Governo con gli ex capi partito11 quale avvii 11 paese su un cammino di più sicura concordia fra 1 vari gruppi che lo compongono.

Ed oggi come oggi è anche sempre più probabile, e ciò ho pure già accennato a V. E. nei miei rapporti precedenti, che sia proprio Il generale Zlvkovic quegli che presiederà Il nuovo Gabinetto che sarà chiamato a rifare le elezioni, ristabilire una relativa libertà di stampa, annullare quanto di male fatto dal Regime, senza per altro ricorrere a vendette o sanzioni contro coloro che ne hanno fatto parte. Su questo punto tutti i capi partiti sono concordi. Essi vogliono arrivare alla nuova situazione senza duri contrasti e senza scavare barriere nuove nel paese e senza lasciare strascichi di inut111 postume sanzioni... resterà aperta la questione Macek.

Io debbo nuovamente ricordare quello che ho sempre creduto affermare riguardo a Macek. Che egli faccia pervenire al nostro Console di Zagabria diversi sentimenti non mi Impressiona troppo. Anzitutto per molte ragioni e per molte prove precise su altri punti lo ho Il diritto di chiedermi se chi reca tali ambasciate al Comm. Umiltà sia proprio persona autorizzata ed tnformata da Macek e se queste siano esattamente Intese ed esattamente rl!erlte. Inoltre debbo ricordare come In altra circostanza potei dimostrare luminosamente a V. E. come Macek fosse In piena ed esplicita contraddizione con se stesso, che quindi ciò mi autorizzava a credere che egli adoperasse lo spauracchio dell'italofllia verso Belgrado come un mezzo di manovra e di pressione. Oggi per questo ultimo caso si è di fronte ad un fatto espressione di cordoglio fatta pervenire alla Regina con quella di rammarico di non potere seguire Il feretro. Più ho la comunicazione riservata rl!erita che da ottima fonte ho appreso fatta pervenire da Macek al Governo, e della quale egli ha dato conoscenza anche a Korosec.

Aggiungo in fine che 11 Governo jugoslavo ha fatto dovunque possibile sapere che esso è soddisfattisslmo della attitudine di Macek, al quale, nella sua qualità di prigioniero, non si poteva chiedere di più. Le sue dichiarazioni sono sostanzialmente unitarie e monarchiche. Quello che sarà poi il definitivo pensiero di Macek sull'assetto autonomo della Croazia farà parte di quella discussione che si aprirà non appena con una relativa libertà di parola e di stampa, le opinioni potranno essere espresse senza timore. E ripeto a conclusione: Pavelic separatista ad oltranza è il peggiore nemico di Macek. Macek rappresenta il maggior partito organizzato in Croazia, quelLo dei contadini, ma non è la maggioranza della Croazia».

Goemboes, parlando col cancelliere, col vice-cancelliere e con questo ministro degli esteri, recatisi ieri a vederlo al Semmering, ha dichiarato aver riportato da Roma le migliori impressioni.

Goemboes ha detto non mai, come questa volta, egli aveva avuto la netta sensazione di godere dell'appoggio assoluto di S.E. il Capo del Governo: il che gli era di particolare conforto in questo momento, specie di fronte alle preoccupazioni di cui gli è causa l'atteggiamento della Jugoslavia.

Nei riguardi di quest'ultima ha riferito che le prime notizie pervenutegli di spostamenti di truppe verso la frontiera ungherese sono state rettificate nel senso che tratterebbero solo di _rafforzamenti nei corpi di gendarmi su det·ta frontiera.

Ministro affari esteri mi ha poi detto che Goemboes aveva tenuto a dichiarargli di * «nutrire assolutamente le stesse idee di Mussolini per quanto riguarda la questione austriaca nei rispetti della Germania»* (1).

(l) Galli rispose con 11 t. posta 6724/1852 del 13 novembre: «La Reg.genza ha ricevuto tutti i capi partito restati fuori del Regime, anzi da questo messi al bando e boicottati quando non incarcerati, processati, condannati o confinati. Cosi sono stati o sono tornati dal principe Paolo, Korosec Davidovlc, Aza Stanojevic, Spaho e finalmente un autorevole gruppo di croati con a capo monslgnor Bauer 1 quali lndiscutlbilmente rappresentano la opinione se non di tutta la Croazia almeno della maggior parte di essa.

(2) T. 3779/348 R. del 5 novembre di cui si pubblica solo il seguente capoverso: «Ministro degli affari esteri mi ha inoltre accennato che Giimbiis è grandemente preoccupato della Jugoslavia che sarebbe, a suo avviso, Intimamente decisa a passare sopra conslgll della Francia, sia nei riguardi dell'Italia che dell'Ungheria».

130

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3843/0186 R. Parigi, 10 novembre 1934 (per. iZ 12).

Con telespresso in pari data n. 5759/2249 (2), ho riferito all'E. V. l'idea avanzata dal senatore Bérenger di inaugurare il busto di Chateaubriand fra il 1° e il 10 dicembre p.v.

Nel corso della conversazione il senatore Bérenger mi ha fatto capire che il ministro degli esteri desidera cogliere l'occasione della cerimonia di cui si discorre, per affidare a lui l'incarico d'intrattenere V. E. sulle trattative in corso fra i nostri due paesi. L'accenno surriferito mi ha dato l'opportunità di portare il discorso su quell'argomento. Il senatore Bérenger mi ha detto che, dopo il nostro incontro (3) aveva parlato tre volte col signor Lavai che aveva visto anche ieri. Ha soggiunto che iersera aveva avuto una lunga conversazione col segretario generale del Qual d'Orsay «qui a en main l'affaire » così mi ha detto testualmente il mio interlocutore. Ho potuto constatare subito che il signor Léger doveva aver influito fortemente sul presidente della commissione degli esteri del Senato che ho trovato assai più risoluto, della prima volta che l'ho visto, nel sostenere le idee care ai funzionari del Quai d'Orsay. Riguardo alla costa dei Somali, il senatore ha ribadito con energia l'impossibilità di mettere in discussione la cessione della ferrovia, pure ammettendo la possibilità di un'intesa sulla base economico-finanziaria. Ha soggiunto che la questione più delicata era, però, indubbiamente quella di Tunisi, circa la quale il Governo francese considera indispensabile escogitare una soluzione che consenta di considerare totalmente liquidato quell'affare, dopo un determinato numero d'anni.

Anche a proposito dei problemi centro-balcanici, il presidente della commissione degli esteri del Senato deve aver avuto l'imbeccata dal segretario generale del Quai d'Orsay. Egli mi ha parlato in termini vaghi, ma non inintellegibili dei riguardi che la Francia deve alla Jugoslavia, specialmente dopo l'eccidio di Marsiglia. Ho risposto secco secco che non vedevo un nesso tra la tragedia di un mese fa e le trattative per il regolamento di alcune questioni da tempo pendenti tra l'Italia e la Francia. Sorge, comunque, il dubbio che Belgrado agisca in funzione di freno su Parigi per rinviare la visita del ministro degli esteri a Roma, e che il Quai d'Orsay presti il fianco alla manovra. Ho detto nel telespresso n. 5759/2249 al quale mi sono riferito al principio del presente telegramma, che mi propongo di controllare a fonte competente, le dichiarazioni fattemi dal senatore Bérenger. Come ho riferito, egli ha insistitò nel dirmi che Laval desidera che la sua visita a Roma sia preceduta da quella del presidente della commissione degli esteri del Senato, e si è lasciato anche scappare che il ministro potrebbe essere indotto a rinviare il suo viaggio in Italia all'anno nuovo. Rammento che il signor Laval mi disse, invece, nella prima conversazione che ebbi con lui (l) che egli intendeva effettuare la visita prima della fine dell'anno.

Ho domandato, infine, al senatore Bérenger se da tutto quello che egli mi aveva riferito dovevo dedurre che il conte de Chambrun sarebbe ritornato · a Roma senza istruzioni. Dopo avere tergiversato un po' il senatore ha finito per dirmi che l'ambasciatore francese ritornerà presto al suo posto con delle istruzioni.

Riferisco quanto precede per notizia, profittando della partenza del corriere. Ripeto che mi propongo di controllare e di riferire ulteriormente.

(l) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussollnl. (2) -Non pubblicato. (3) -Del 4 novembre su cui Plgnatti aveva riferito con t. 3769/442 R., non pubblicato.
131

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3865/11233/062 R. Budapest, 10 novembre 1934 (per. il 14).

l. Dai telegrammi Stefani di questa R. legazione V. E. avrà rilevato come l'intera stampa ungherese, in ciò interprete fedele dei sentimenti di tutti gli strati dell'opinione pubblica, abbia seguito con ansioso interesse il viaggio di questo presidente del Consiglio a Roma, si sia affretta,ta a dare fin dal primo momento eccezionale rilievo ad ogni esteriorità che potesse essere sintomo dell'immutata benevolenza di V. E. verso il Governo magiaro, abbia infine preso atto con entusiastica soddisfazione del comunicato ufficiale e dell'eco che l'incontro ha suscitato in Europa.

Preoccupata da tre mesi delle conseguenze che, per il mutamento sopravvenuto nei rapporti itala-germanici in relazione alla crisi austriaca del luglio, sarebbero potuti derivarle a cagione dell'orientamento del suo Governo, inquieta da due mesi per le trattative dirette all'avvicinamento itala-francese, assillata

nelle ultime settimane dell'apprensione suscitata dall'atteggiamento della stampa cecoslovacca e francese prima, dell'opinione pubblica e della stampa jugoslava poi in relazione all'attentato di Marsiglia tutta l'Ungheria ha, per così dire, respirato di sollìevo all'annuncio dei risultati del convegno di Roma. Ne danno la misura da un Iato il calore delle manifestazioni di gratitudine rivolte all'Italia e, come sempre, in primo luogo alla persona dell'E. v., dall'altro la sicurezza di tono assunta nell'esame dell'intera situazione internazionale da questa stampa, che identifica ormai apertamente e nettamente le note «premesse reali», da tempo poste da questo Governo ad ogni approfondita collaborazione con gli Stati della Piccola Intesa (revisione territoriale, parità degli armamenti, protezione delle minoranze), con le «condizioni effettive» che il comunicato di Roma definisce determinanti per un'eventuale adesione di altri Stati agli accordi tripartiti del ~arzo.

Oggi, nell'attesa delle dichiarazioni con le quali il generale Gombos illustrerà al partito dell'unità nazionale il 12 corrente, alla commissione degli affari esteri della Camera il 14 e del Senato il 15 la portata delle sue conversazioni con V. E., giornali ed uomini politici prendono a precisare le rispettive posizioni: unanimi tutti nella valutazione del successo conseguito dall'Ungheria e nell'esaltazione della collaborazione tripartita, i liberali ed i legittimisti accentuano la nota della garanzia dell'indipendenza àustriaca, i piccoli possidenti e l'ala germanofila del partito dell'unità nazionale quella, invece, del ripristino dell'« asse Roma-Berlino».

2. Le impressioni che qui sopra ho avuto l'onore di riassumere trovano riscontro in quelle tratte da una conversazione che ho avuto stamattina con questo presidente del consiglio, tornato ieri sera da Vienna.

Ottimista come non mai sulla situazione del suo paese e sulla sua posizione personale, il generale Gombos ha voluto informarmi delle grandi linee sulle quali si erano svolti i suoi colloqui con l'E. V. per rilevare « quanta lungimiranza e quanta generosa comprensione» avesse trovato ancora una volta in V. E. degli interessi magiari, «tanto più grande quanto maggiore ne appariva il bisogno per l'Ungheria ».

Egli, Gombos, considerava ormai così gli attacchi esterni come quellì dei suoi oppositori interni, nascosti e palesi con tranquillità assoluta: il pensiero delle eventualità prossime e remote, quali che fossero, non turbava la sua serenità, ora perfetta.

3. In verità la posizione di questo presidente de'l consiglio appare qui oggi, come era da prevedersi, nettamente migliorata in confronto a quella della settimana scorsa (telecorriere di questa R. legazione n. 061 del 29 ottobre U.IS.) (l).

Circa le ripercussioni definitive dell'incontro di Roma sulla situazione interna, come anche e soprattutto sull'atteggiamento internazionale dell'Ungheria, mi riservo di riferire ulteriormente a V. E.

(l) Cfr. n. 91.

(l) Cfr. n. 116, nota l, p. 126.

132

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, DAMPIERRE

APPUNTO. Roma, 10 novembre 1934.

Il Conte Dampierre è venuto a chiedermi se potevo dargli qualche notizia sulla visita di Gombos a Roma avvertendo che per certe informazioni diffuse nei circoli giornalistici c'era molto interesse e una certa nervosità al riguardo.

Gli rispondo che il comunicato riassume fedelmente le conversazioni. Posso dargli qualche altra informazione: a proposito della campagna contro l'Ungheria per il delitto di Marsiglia, GombOs ha affermato di distinguere nettamente i due elementi: ospitalità ai rifugiati croati, responsabilità per l'attentato. Riguardo al primo punto, l'Ungheria, come tutti gli altri paesi, ha dato ospitalità ai croati che sono rifugiati politici, né avrebbe potuto fare diversamente. Riguardo al secondo punto, GombOs respinge nel modo più energico la campagna della stampa jugoslava e cecoslovacca, deciso a non tollerare una tale manovra. Per quanto ha riferimento alle aspirazioni dell'Ungheria, queste sono note. Fino a che non sarà data soddisfazione alle richieste ungheresi per il revisionismo, non si potrà avere la pace nell'Europa centrale, né l'Ungheria, fino a che non le sia dato un principio di soddisfazione politica, intende entrare in più stretto rapporto con gli Stati della Piccola Intesa neanche nel campo economico.

L'Incaricato d'Affari mi chiede poi se c'è nulla di nuovo riguardo all'Austria.

Gli rispondo che per il momento c'è tranquillità ma non si sa quanto la stessa possa durare. Sarebbe questo forse il momento, prima che la Germania risolta la questione della Sarre -si trovi ad avere una maggiore libertà di azione, di fare un passo avanti nella questione dell'indipendenza dell'Austria. Si potrebbe, ad esempio, fare un patto di garanzia per l'indipendenza dell'Austria tra Italia, Francia, Germania, con l'adesione della Gran Bretagna. Fino ad ora si è dichiarato di riconoscere la necessità dell'indipendenza dell'Austria ma non si è assunta la garanzia per l'indipendenza stessa. Ora si potrebbe fare questo ulteriore passo, assumendo nel contempo l'obbligo da parte degli Stati firmatari di non tollerare sul proprio territorio organizzazioni o movimenti atti a turbare la pace in Austria.

Il Conte Dampierre ritiene la cosa interessante.

*A proposito della Sarre egli mi dà notizia della risposta data al passo del

la Germania fatto a mezzo dell'Ambasciatore von Koster a Parigi. Il Governo

francese ha riassunto il proprio punto di vista nei seguenti tre punti:

1° -la Francia intende mantenersi strettamente agli obblighi sanciti dai trattati e dagli accordi internazionali. 2° -la Francia intende che la regolazione della questione della Sarre sia fatta nell'ambito della Società delle Nazioni. 3° -la Francia, se dovesse essere richiesta di inviare delle forze nella Sarre, cercherà di limitare queste forze a quelle di Polizia.

Informo l'Incaricato d'Affari che, secondo quanto mi ha detto von Hassell (1), Lavai avrebbe dichiarato di riconoscere il carattere tedesco della Sarre e di sperare che la Sarre sarà ricongiunta ana madre Patria tedesca.

Gli chiedo se gli consti di tali dichiarazioni. Mi risponde di no, anzi la cosa gli pare inverosimile. Si riserva di assumere informazioni a Parigi* (2).

Mi chiede poi se possiamo dare una risposta riguardo all'ultimo appunto presentato sulle dichiarazioni che l'Austria dovrebbe fare per calmare le apprensioni anti-absburgiche della Piccola Intesa.

Gli rispondo che le informazioni avute da Benes non sono corrispondenti a quelle che avemmo da altra fonte. È meglio che attendiamo la venuta del Cancelliere Schuschnigg, che verrà qui il 16 per chiarire la cosa.

133

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3840/599 R. Addis Abeba, 11 novembre 1934, ore 8 (per. ore 18).

Telegrammi di V. E. nn. 299 e 301 (3). In ottemperanza istruzioni di V. E. ho formalmente presentato al Blatingheta Herui a nome R. Governo ferma protesta; ho chiesto inoltre:

l) che capo della polizia di Gondar Belai Gheresghier e gli altri poliziotti etiopici, autori dell'attentato, siano immediatamente arrestati, destituiti, quindi tradotti dinanzi tribunale competente;

2) che altJri complici, che mi riservo indicare, siano debitamente puniti;

3) che sia concessa indennità di legge alle vittime;

4) che siano presentate immediatamente con forme stabilite dalle norme internazionali a nome Governo etiopico imperiale ampie e formali scuse per gravissimo attentato.

Ho subito stroncato tentativo Blatingheta Herui che avrebbe voluto discutere sui possibili moventi dell'incidente.

Non era il caso di discussione; attentato era un fatto nudo e crudo di estrema gravità che richiedeva una immediata riparazione e soddisfazione, e vi erano per me solo ordini precisi R. Governo che comunicavo; al Governo etiopico di provvedere.

Egli mi ha detto che essendo Cantibai a Debra Tabor non aveva ricevuto che una informazione dal suo sostituto secondo cui si parlava solo vagamente di un incidente in cui anche due etiopici sarebbero stati feriti.

Che anche Ras Cassa aveva subito chiesto dettagli.

Che tanto Imperatore quanto egli stesso erano molto rammaricati dell'incidente, che non possedendo informazioni, non poteva darmi risposta definitiva prima di lunedì, ma mi assicurava:

l) che tutti i colpevoli sarebbero arrestati, destituiti e puniti; 2) che sarebbe corrisposta indennità secondo la legge; 3) che «se fatti si sono svolti come ho dichiarato» sarebbero state pre

sentate scuse.

Specie su quest'ultimo punto, che ritengo di capitale importanza e di necessaria immediata esecuzione, le dichiarazioni del Blatingheta Herui non potevano essere più vaghe, reticenti e insoddisfacenti.

Mi sono limitato ripetere le formali richieste del R. Governo, che presenterò per iscritto appena ricevute le ulteriori precisioni Gondar e in ogni modo lunedì, dopo la risposta del ministro degli affari esteri.

Insisterò quindi per l'udienza dall'Imperatore per cui ho oggi rinnovato richiesta.

(l) -Cfr. n. 120. (2) -Il brano fra asterischi fu comunicato a Londra e Parigi con t. 1445/C.R. del 15 novembre. (3) -Cfr. n. 115. Con t. 12798/299 P. R. dell'8 novembre, non pubblicato Mussolini aveva dato istruzioni di richiedere la destituzione del capo della polizia <il Oondar ove fosse stata confermata la sua responsabllltà nell'accaduto.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BELGRADO, GALLI

T. R. P. 12914/155 P.R. Roma, 11 novembre 1934, ore 23.

Decifri ella stessa.

In pari data è stato chiesto Governo turco gradimento per nomina V. S. a titolare R. ambasciata Angora. Pregola tenere per ora notizia segreta e chiedere gradimento per nomina costà Viola di Campalto.

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L'AMBASCIATORE AD ANKARA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1908/837. Ankara, 12 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

l. -Dopo che io ebbi l'onore altissimo di essere ricevuto da V. E. il 12 ottobre scorso, il nuovo Ambasciatore di Turchia a Roma, al quale mi recai a fa:r visita prima di rientrare in questa sede, ebbe con me un colloquio il cui tema quasi esclusivo fu quello delle nostre fortificazioni nel Dodecanneso, come causa precipua delle difficoltà politiche che amareggiano le relazioni italaturche.

Il fatto che l'Ambasciatore stesso non abbia avuto altro argomento da svolgere nel suo colloquio con S. E. Aloisi (l), e quello, ben più importante, di essersi egli soffermato sulla questione di Leros sin dalla prima udienza di arrivo concessagli da V. E., fanno pensare che il Signor Hussein Raghib abbia avuto quale compito fondamentale quello di migliorare le relazioni del suo Paese col nostro sulla base di un coefficiente di tranquillità che il suo Governo ripone nel fatto materiale dell'abbandono del nostro programma di rafforzamento della base di Leros.

2. -Il Signor Hussein Raghib ha sostenuto di fronte a me la tesi che la Turchia, assi:curando all'Italia il libero passaggio degli Stretti, non considera giustificato il rafforzamento di Leros e deve trarne motivo di preoccupazioni.

A parte gli esempi ormai noti di Gibilterra e di Malta ed a parte l'argomentazione che le fortificazioni di Leros non hanno e non potranno mai avere un minimo di ampiezza qualsiasi per servire di base ad operazioni terrestri contro l'Anatolia, ho risposto all'Ambasciatore di Turchia che la disponibilità del passaggio degli Stretti -del resto garantitaci dal trattato di Losanna in tutte le ipotesi di neutralità turca -era certo uno dei vantaggi e degli scopi della politica di pace e di amicizia dell'Italia verso la Turchia e ne costituiva una garanzia molto più fondata di tante chiacchiere contrarie a cui la Turchia presta fede; tuttavia essa rappresentava una condizione necessaria ma non sufficiente ad assicurare le comunicazioni dell'Italia col Mar Nero. Ed infatti, uscite le nostre navi di commercio dalle acque territoriali turche nell'Egeo, che assistenza potrà mai dar loro la Turchia? A sei miglia dalla punta di Capo Helles, il nostro traffico resta affidato a se stesso, cioè alla protezione che potremo accordargli. Ed è a questa protezione che mira la base di Leros, in sostituzione della quale la Turchia non potrà mai offrirei una attività equivalente. Che egli dunque non chiedesse all'Italia, in nome dell'amicizia, un sacrificio che sarebbe del tutto impari nei suoi effetti sulla Turchia e sull'Italia dato che esso darebbe alla Turchia una semplice diminuzione di preoccupazioni fantastiche, mentre a noi decurterebbe la possibilità di respiro nel Mediterraneo Orientale. Sarebbe troppo comodo se fra due amici uno potesse chiedere il benessere assoluto lasciando l'altro a piedi nudi nel pantano; e tutto questo come condizione per essere amici. Che egli dunque volgesse meglio la sua attenzione a rafforzare l'amicizia italo-turca nelle sue linee essenziali e cioè sopra interessi comuni, come quello della Turchia di rimanere neutrale e quello dell'Italia di assicurarsi -e quindi di promettere -l'inviolabilità di tale principio di neutralità, ai fini dei suoi rifornimenti attraverso il Mediterraneo Orientale.

3. --Naturalmente, l'Ambasciatore di Turchia non terrà alcun conto di queste argomentazioni, tanto è vero che è tornato già alla carica con S. E. Aloisi, come se non avesse già ascoltato chiare parole, non dico da me, ma addirittura da V. E. Gli è che lui ed il suo Governo debbono dare un nome a questo continuo agitarsi della Turchia assillata da una certa mania di persecuzione. Se per inconcepibile ipotesi noi sospendessimo le fortificazioni di Leros (ma sono poi così temibili? me lo augurerei...) e se anche le smantellassimo, i turchi troverebbero un altro pretesto qualsiasi per agitarsi. Non sono infatti i soli cannoni di Leros che preoccupano il Governo turco, ma la forza di espansione dell'Italia, la quale non può essere né sospesa né smantellata. 4. --Debbo inoltre riferire che nei due anni di durata della mia missione in Turchia sono venuti a rilevarsi dei fatti e degli atteggiamenti che mi fanno credere all'esistenza di un irredentismo turco nei riguardi del Dodecanneso.

A differenza di molti irredentismi tradizionali, si tratta in questo caso di un atteggiamento di Governo che non trova risonanza né sulla stampa, che non ha qui un pensiero proprio, né sull'opinione pubblica, che non esiste. Ma non bisogna dimenticare che in seno a questo Governo, il cui carattere di continuità conferisce il significato di direttiva politica a certi sentimenti personali dei suoi membri, si trovano uomini preponderanti i quali hanno avuto i natali nelle nostre Isole e vi hanno ancora famiglie e beni.

Questo irredentismo turco non implica alcuna minaccia al nostro Possedimento data la sproporzione di forze tra l'Italia e la Turchia e l'interesse vitale di quest'ultima di non provocarci, se è vero che ci crede così pericolosi. Si tratta dunque di uno stato d'animo, più che altro, sufficiente però ad aggiungere elementi sfavorevoli alla situazione dei rapporti italo-turchi. In quanto alle noie che esso potrà procurarci nella politica interna delle Isole, non vi ha dubbio che l'attuale Console di Turchia a Rodi vuole fornircene un saggio; ma in fin dei conti io non vedo male che accanto all'irredentismo greco fiorisca quello turco, in modo che ambedue si facciano di contrappeso reciproco e si tolgano forza vicendevolmente, a differenza di ciò che avverrebbe se esistesse nelle Isole un irredentismo a carattere nazionale unico.

5. -Gli svantaggi materiali che la Turchia vede nella nostra presenza in Egeo e nel rafforzamento di alcune nostre posizioni militari investono un suo problema di sicurezza che non riguarda soltanto l'lpotesi di invasione. Come ho avuto occasione di dire in precedenti rapporti, le preoccupazioni della Turchia per una espansione territoriale dell'Italla in Asia Minore sono di gran lunga precedute da quelle relative alla sicurezza degli Stretti. Queste ultime hanno un valore di primo piano in tutta la politica del Governo turco sia perché sono connesse al pericolo di una conflagrazione generale, cioè ad un fenomeno che diremo quasi superiore alle volontà umane, e sia perché, presentandosi, esse investirebbero una azione di grande stile di gruppi di potenze in cui la Turchia potrebbe essere travolta.

Anche senza ricorrere a queste ipotesi estreme, la Turchia considera il possesso degli Stretti come una carta di grande valore per pesare sulla politica europea e teme tutto ciò che possa svalorizzarla.

La base di Leros è appunto un fattore di svalorizzazione degli Stretti.

Infatti, la Turchia sin da ora annunzia che al minimo incidente balcanico o mediterraneo, il suo primo gesto sarà di chiudere i Dardanelli, salvo poi a concedere il passaggio «a coloro che daranno sicure garanzie di amicizia». Ma i Dardanelli sono altrettanto facili a chiudere da dentro che da fuori; e se la Turchia veramente esercitasse quel ricatto all'Europa o ad una delle Potenze dell'Europa, può essere sicura che l'Europa e quella fra le Potenze europee più danneggiata dal blocco interno dei Dardanelli risponderà con un blocco esterno. In questo caso, chi sarà dentro si troverà certamente peggio di chi rimane fuori.

Il blocco esterno dei Dardanelli sarà tanto più facile quanto più prossima sarà la base navale destinata ad avvicendare le navi di guardia. Il che spiega la funzione di Leros nei rispetti dei Dardanelli e l'avversione turca contro la creazione di detta base italiana.

6. -Dalla Turchia questa avversione si propaga, e con più ragione, alla Russia, la quale vede nella fortificazione di Leros un elemento che può frustrare tutta la sua sapiente politica verso la Turchia, intesa al condominio sugli Stretti. Quando tutto sembrava assicurare il successo di questa politica, sorge il terzo incomodo, col quale bisogna fare nuovi conti.

Questa sensibilità russa, oltre che logica, appare confermata dai seguenti fatti:

a) da ripetuti avvertimenti dati in questi giorni da questo Ambasciatore di Polonia al Consigliere di questa Ambasciata sull'opera di eccitamento che la Russia farebbe sulla Turchia per indurla a reagire contro le fortificazioni di Leros;

b) da dichiarazioni fatte a me ed a di Giura da Karakan sul fondamento di alcuni atteggiamenti turchi verso l'Italia, dovuti -secondo lui ai nostri rafforzamenti nel Dodecanneso;

c) da qualche quesito mosso dallo stesso Karakan per sapere se per caso la Turchia non ci abbia fatto delle proposte di accordi che potrebbero eliminare questa questione di Leros (suppongo che egli si riferisca alla domanda fatta a V. E. da Hussein Raghib e da V. E. respinta: se cioè l'Italia sarebbe stata disposta a rinunziare ad ulteriori rafforzamenti di Leros se la Turchia le garantisse in ogni eventualità il passaggio degli Stretti; dal che si arguirebbe che la domanda era fatta di accordo con la Russia).

d) dal proposito vagamente accennato a me da Karakan di esaminare quali eventuali accordi possano intervenire per garantire alla Turchia la sicurezza che essa desidera e che noi asseriamo di volere mantenere integra; al che io ho risposto che tali accordi esistono e si tratta soltanto di prestarvi fede; che se un accordo non basta a dare fiducia, la stessa sorte avrebbero gli accordi che ripetessero le stesse od altre cose.

7. -Da tutto quanto precede si deduce che la nostra posizione nell'Egeo, rafforzandosi, comincia a cogliere i suoi obiettivi di influenza sui problemi del prossimo oriente e sopratutto sul problema fondamentale degli Stretti; funzione che è rivelata dal grado di sensibilità dei turchi e dei russi e che ci procurerà una minore cordialità ma un maggiore ascendente sugli uni e sugli altri.

(l) Cfr. n. 59.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3884/0264 R. Berlino, 13 novembre 1934 (per. il 15).

Consigliere di questa legazione di Cecoslovacchia mi ha detto avere avuto notizia che elementi austriaci dei partiti di sinistra avrebbero tentato approcci presso il principe Starhemberg *e che questi avrebbe acconsentito ad un abboccamento ed uno scambio di idee con alcuni esponenti di quei partiti.

Cancelliere Schuschnigg avrebbe appurato tale attività di Starhemberg e la seguirebbe con preoccupazione e malcontento * (l).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3902/0266 R. Berlino, 13 novembre 1934 (per. il 16).

Il barone Kurt von Lersner, consigliere di legazione a riposo, che fu qualche mese fa inviato dal Governo del Reich a Parigi per trattare col defunto ministro Barthou questioni connesse con il plebiscito nella Sarre, e che poi trattò pure a Ginevra e Roma con S. E. il barone Aloisi, mi informò testé che si recherà nuovamente il 21 corrente a Parigi, proseguendo poi per Londra e che sarà ricevuto, prima della sua partenza, dal cancelliere del Reich.

Il barone von Lersner mantenne per il momento meco la più assoluta riserva circa lo scopo del suo viaggio.

Nel corso delle conversazioni avute meco egli mi domandò peraltro che cosa si pensasse a Roma degli armamenti della Germania. Risposi che essi non ci sorprendevano perché eravamo sempre stati convinti -e S. E. il Capo del Governo lo aveva ripetutamente ed anche pubblicamente dichiarato -che qualora non si fosse riusciti a concludere una convenzione relativa agli armamenti, si sarebbe fatalmente iniziata la corsa ai medesimi.

Dopo aver discorso meco di altre cose, ritornò sull'argomento dicendomi che, una volta terminata la questione della Sarre sarebbe giunto il momento opportuno per tentare di trattare direttamente colla Francia e mettersi d'accordo circa gli armamenti.

Era infatti questa la sola divergenza che sarebbe esistita colla Francia, una volta regolata la questione della Sarre. La Francia doveva constatare che le sue resistenze al riarmamento della Germania non avevano valso a fermare quest'ultima e rendersi quindi conto dell'utilità anche per essa di addivenire ad un accordo con il Reich circa gli armamenti reciproci.

Era stato un errore madornale da parte della Francia quello di opporsi alla conclusione di una convenzione qualche mese fa, perché il cancelliere sarebbe stato disposto a fare le più ampie concessioni, persino ad ammettere un controllo degli armamenti della Germania. Il cancelliere si manteneva del resto sempre favorevole ad accordi a due con tutti gli Stati finitimi della Germania ed essendo sicuro di avere dietro a sé tutto il Paese poteva anche in avvenire mostrarsi assai arrendevole.

Da quanto precede mi sembra poter concludere che la missione affidata al barone von Lersner abbia lo scopo di tastare il terreno per un accordo con la Francia circa gli armamenti.

L'opera sua dovrà svolgersi, olt"re a Parigi, anche a Londra probabilmente per indagare quali siano gli umori al riguardo in Inghilterra, spendere parole onde indurla a non opporsi a tale accordo e forse proporre di concluderne essa stessa uno analogo con il Reich.

Quale conto verrebbe fatto in tutto ciò dell'Italia? La circostanza che il barone von Lersner chiese di avere un colloquio meco e m'informò in esso del suo viaggio a Parigi e Londra, sia pure senza indicarne esplicitamente lo scopo, sembrerebbe indicare che non ci si voglia tenere all'oscuro delle trattative. Farò ulteriori riservate indagini e riferirò all'E. V.

Si conferma ad ogni modo l'impressione da me comunicata a V. E. col mio telegramma per corriere del 26 settembre scorso n. 0228 Cl) che al di sopra di tutti. i pensieri del cancelliere Hitler vi è quello di concludere un accordo colla Francia e che, pur di raggiungerlo, egli è disposto ad essere arrendevolissimo,

così come lo fu nei riguardi della Polonia.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolinl.

(l) Cfr. serie VII, vol. XV, n. 882.

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IL MINISTERO DELLE COLONIE AL MINISTERO DEGLI ESTERI

T. 48696. Roma, 13 novembre 1934.

Per opportuna conoscenza di codesto R. Ministero si ha il pregio di trascrivere il seguente telegramma in data 4 corrente del governatore dell'Eritrea:

« In questi ultimi giorni R. console Adua ha segnalato a questo Governo e a R. legazione Addis Abeba vari provvedimenti adottati da Ras Seium con carattere nettamente a noi ostile. Ricordo i principali:

1° -Ras Seium lo ha in via confidenziale informato avergli Ligg Tedla richiesto isolare completamente R. consolato per rappresaglia contro questo Governo. Ras ha assicurato che non intendendo accettare simili ordini aveva risposto a Tedla rivolgersi Addis Abeba. Risulta però che ha anche assicurato che avrebbe agito verso R. console come questo Governo agisce contro di lui.

2° -Trattamento ex ascari originari Etiopia, compresi reduci Adua, come segnalato codesto ministero. 3° -Minacciate restrizioni per visite doganali a passaggio confine. 4° -Proibizione importazione Eritrea muletti, cereali, burro, miele e bestiame da macello. 5° -Proibizione escursione R. console non precedentemente autorizzata.

Commissario Franca, con telegramma a R. legazione e a questo Governo, dopo ricordato tutto ciò, fa seguenti considerazioni:

« Trattasi di provvedimenti parzialmente o affatto attuati, ma sufficienti a far rilevare come si crei una situazione politica che riterrei particolarmente delicata. Sono convinto che Ras Seium, prendendo nota dei preparativi militari o presunti tali in colonia, consideri ormai guerra come imminente o per lo meno certa. Mi porta a questa convinzione, oltre quanto precede, una somma di imponderabili quali possono essere: la frase di un sottocapo di fiducia del Ras « certamente dobbiamo volere dei buoni rapporti, è inutile tirare delle fucilate quando si è ancora in pace »; l'affluenza, ben maggiore del solito, di malcontenti che vengono ad esporre le loro aspirazioni ed i loro diritti sui vari comandi del Tigré ricordando pretese benemerenze verso il R. Governo; la condotta, piena di contraddizioni, del Ras, più che mai preoccupato di mantenere buone relazioni col consolato e nello stesso tempo dare continue prove di lealismo al Negus; personale indifferenza con cui è stato accolto noto comunicato Stefani; fatto stesso, quest'ultimo, che sui mercati, ave spesso le fantasie si sbizzarrivano, oggi non si tengono più parole né di guerra né di buoni rapporti.

Tale stato di cose che dal Maschel si va delineando ed accentuando potrebbe sboccare in un totale asservimento del Ras Seium Mangascià al Governo di Addis Abeba che non mancherebbe di portare grave inasprimento se non propriamente rottura, quale inevitabile effetto dell'esecuzione degli ordini e delle direttive del governo centrale; oppure (che è meno verosimile dato carattere Ras) in qualche tentativo di accostamento al R. Governo. Trattasi di eventualità che mi permetto segnalare all'E. V. anche per prevenire possibilità di sorprese dato che ritengo più che mai aleatori ottimi rapporti oggi esistenti col comando locale e precaria assai in genere la situazione attuale~.

Credo mio dovere richiamare l'attenzione di codesto ministero su queste considerazioni. Per mio conto credo sopratutto opportuno rilevare che intensa azione di preparazione militare, che almeno nelle sue linee generali non può tenersi nascosta, minaccia distruggere completamente favorevoli effetti in principio creati da noto comunicato italo-etiopico. Principalmente hanno destato allarme avvenuti passaggi piccoli posti confinari ad autorità militari e notizia giunta Adua prossima costruzione di reticolato sul confine.

Quale sia punto di vista sfere dirigenti etiopiche rilevo da seguente frase lettera inviata da noto Martin, governatore Cercer, a suo genero Ligg Tedla: «Poiché italiani stanno cercando un pretesto, ti raccomando di stare molto attento su tutto loro lavoro~. Martin è uomo intelligente ed educato in Inghilterra: ha una mentalità quasi europea.

È necessario che questa situazione sia conosciuta e tenuta presente da R.

Governo~.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 13 novembre 1934.

Il Signor Lugosianu mi intrattiene sulla opportunità di convocare la Commissione Mista prevista dal Protocollo del 5 gennaio 1934, ciò anche in vista della prossima scadenza del Trattato di Commercio e di Navigazione.

Mi rimette l'unita Nota verbale (1).

Mi parla poi della questione del prestito emesso dallo Stato all'estero per cui ora si devono emettere dei titoli di consolidato (funding) rappresentanti la parte non pagata delle cedole scadute fra l'ottobre 1933 e il marzo 1934.

Mi rimette l'unita Nota verbale (1).

Mi parla anche della Società italo-romena A.P.I.R. (Azienda dei Petroli Italo-Romena), filiazione del Crédit Minier, che ha chiesto una licenza per l'importazione di 120 mila tonnellate di petrolio.

La quantità è riducibile e il petrolio anziché raffinato, potrà essere importato bruto. Chiede se si voglia appoggiare la cosa presso il Ministero delle Corporazioni.

Assicuro il Ministro che mi occuperò senz'altro delle tre questioni da lui prospettatemi.

Mi parla poi della visita di Gombos chiedendomi se potevo dargli qualche dettaglio che completasse il comunicato.

Gli dò qualche informazione.

A proposito di Marsiglia, gli dico che Gombos si è mostrato gravemente irritato per la campagna della stampa jugoslava e cecoslovacca e che è fermamente deciso a non tollerare una simile manovra. Mi ha chiesto se noi abbiamo promesso un intervento per l'eventualità di un conflitto determinato dagli avvenimenti relativi alla tragedia di Marsiglia.

Ho risposto che di ciò si è discusso (1).

Riguardo all'eventuale allargamento del Patto di Roma, gli ho risposto quale è il punto di vista ungherese: bisognerà trovare qualche soluzione politica prima di poter venire a degli accordi economici di più vasta portata.

Il Ministro si rammarica molto per questa mia risposta: egli sperava che si fosse fatto un progresso e si fosse condotto Gombos ad accantonare la questione del revisionismo collaborando con gli altri nel frattempo al rilevamento dell'economia danubiana; ciò anche nell'interesse dell'Austria. Ciò gli pare corrispondere anche allo spirito del piano italiano per i paesi danubiani.

A proposito dell'Austria chiede se Gombos abbia cambiato idea e se ora si sia dichiarato contrario all' Anschluss.

Gli rispondo che Gombos non ha cambiato idea: si è sempre dichiarato contrario all'Anschluss; ha però anche sempre dichiarato che l'Ungheria era un Paese troppo piccolo per prendere un posto di primo piano in tale questione e che lasciava andare avanti le grandi Potenze.

In complesso, ho riassunto che la visita di Gombos rappresenta una conferma dell'amicizia fra i due paesi.

(l) Non si pubblica.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 13 novembre 1934.

Il Barone Villani è venuto ad informarmi che la Jugoslavia proporrebbe un accordo internazionale contro le tendenze terroristiche nei singoli paesi. Egli trova che questa soluzione non sarebbe cattiva, in quanto servirebbe a convogliare la questione su questo binario morto. La cosa però non gli pare facile per la grossa questione dei rifugiati che esistono nei singoli paesi. Mi chiede se non ne sappiamo niente.

sul terreno dell'azione pacifica. In caso di conflitto, cioè di attacco jugoslavo all'Ungheria, la Romania non (dico non)sarebbe intervenuta. Le clausole delle convenzioni militari non la obbligavano infatti ad una

partecipazione in caso di azione punitiva da parte Jugoslavia». ·

Gli rispondo che noi non abbiamo nessuna informazione precisa sulle intenzioni della Jugoslavia. L'idea di avviare la discussione dei fatti di Marsiglia su un accordo internazionale del genere è sorta da varie parti. Se ne era parlato anche da noi; me ne aveva parlato a suo tempo l'Ambasciatore di America e più recentemente il Ministro d'Austria. La cosa può avere un certo interesse.

Il Ministro mi parla poi del Bureau dicendomi che l'Ungheria è contraria per quanto riguarda il controllo sulla fabbricazione e il commercio di armi da parte di privati.

Gli rispondo che anche noi siamo per principio contrari; bisognerà tuttavia vedere come si mettono le discussioni a Ginevra; le due delegazioni potranno tenersi in contatto per tale questione. Infine il Ministro mi chiede se posso consegnargli l'incartamento sulle domande da lui fatteci relative al delitto di Marsiglia. Gli rispondo che provvederò a farglielo avere al più presto.

(l) Si pubblica qui un passo del t. 4119/150 R. di Sola, Bucarest, 3 dicembre 1934: «Titulescu ha aggiunto che egli era venuto d'urgenza a Bucarest per decidere, d'accordo con n Re fino a che punto la Romania poteva impegnarsi accanto alla Jugoslavia. A suo dire si er~ qui deciso di offrire ogni consenso ed appoggio alla Jugoslavia finché questa fosse rimasta

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 3964/0270 R. BerUno, 14 novembre 1934 (per. il 22).

Mio telegramma per corriere n. 262 (l).

Tornando a parlarmi del signor von Ribbentrop il signor von Biilow mi ha detto che alla smentita da questi pubblkata ne era seguita una anche da parte del Governo inglese. Von Ribbentrop aveva sbagliato tattica. Se, giungendo a Londra, voleva come era giusto ed anche opportuno, vedere Simon e Eden, coi quali aveva avuto da fare in passato, avrebbe dovuto pregare uno dei suoi conoscenti di farlo incontrare ad una colazione con quei due uomini politici. Così avrebbe potuto intrattenersi con loro senza che la stampa vi facesse sopra commenti più o meno graditi per lo stesso von Ribbentrop, dato che non deve essere stato per lui piacevole 'leggere che Simon aveva dichiarato di non avere affatto parlato di politica con lui. Il signor von Biilow osservò anche meco che forse in questo modo era però stato raggiunto lo scopo cui tendeva il signor von Ribbentrop, che era quello di dare pubblicità al proprio nome.

Sempre secondo von Biilow il cancelliere del Reich non farebbe un gran conto di von Ribbentrop, ma lo ascolterebbe talvolta volentieri. Lo sbaglio tanto di Hitler che di von Ribbentrop era non già quello di fare della diplomazia a latere, cosa che si è sempre fatta e che è talvolta indispensabile (ai tempi di Stresemann Briand gli fece più di una volta sapere che di certi argomenti egli non poteva parlare con l'ambasciatore di Germania a Parigi ma avrebbe potuto farlo, senza dover pesare le sue parole, con altra persona di fiducia del cancelliere del Reich) ma quello di farla pubblicamente ed a mezzo di una persona che aveva avuto la piccola ambizione di farsi dare il titolo ufficiale di «plenipotenziario del Fiihrer per le questioni del disarmo».

15 -Documenti Dlplomatici -Serie VII -Vol. XVI

(l) T. per corriere 3883/262 R. del 12 novembre, non pubblicato: colloquio con BU!ow circa 11 viaggio a Londra di Ribbentrop.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3892/614 R. Addis Abeba, 15 novembre 1934, ore 10 (per. ore 18).

Mio telegramma n. 602 (l). Ministro degli affari esteri mi ha convocato per comunicarmi risposta del Governo etiopico.

Anche a nome Imperatore ha innanzi tutto riconfermato rincrescimento per incidente e l'assicurazione che Governo etiopico e capi Etiopia ne sono del tutto estranei.

Dopo varie discussioni (poiché secondo il Blattengheta Herui le sue informazioni asserirebbero che incidente sia avvenuto fuori del campo consolare) in definitiva risposta Governo etiopico è seguente:

la Tutti coloro che sono stati implicati nell'incidente sono stati arrestati, legati e destituiti dalle loro funzioni. Ho dichiarato che questa risposta non era soddisfacente, sia perchè occorreva anche fossero deferiti al tribunale sia perchè non sapevo se anche capo polizia fosse stato arrestato e destituito come richiesto. Blattengheta Herui si è riservato chiedere subito questa precisazione:

2° che saranno pagate indennità alle vittime; 3° che Governo etiopico è disposto a incaricare deggiac Uonduosèn di recarsi Gondar per compiere inchiesta insieme di Lauro e stabilire soprattutto dove si siano svolti fatti; 4° Che Governo etiopico darà istruzioni perché siano subito presentate debite scuse al R. console.

Ho detto che avrei comunicato questa risposta al mio Governo e mi riservo fare conoscere decisioni.

Circa scuse ho trovato la maggiore resistenza, perchè etiopi avrebbero preteso presentarle eventualmente dopo l'inchiesta, ora accettano presentarle subito, ma non sono specificate modalità.

Nella mia nota ho chiesto «le più ampie scuse nelle forme stabilite dalle norme internazionali». Secondo queste si dovrebbe chiedere che capi provincia si rechino solennemente al R. consolato con armati che .rendano onori alla bandiera.

In ogni modo non ci possiamo assolutamente accontentare di semplici scuse verbali. Questo sarà tuttavia punto litigioso anche perchè etiopi, come è noto, contestano qualità e prerogative consolari al R. ufficio Gondar. Gradirei pertanto cortesi istruzioni di V. E.

{l) T. 3854/602 R. del 12 novembre, non pubblicato: risposta dllatorla ricevuta da Blatlngheta Herul; presentazione d! una nota scritta.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3887/339 R. Berlino, 15 novembre 1934, ore 20,40 (per. ore 24).

Von Bulow mi ha detto avere esaminato il progetto di relazione alla Società delle Nazioni relativo alla amnistia da accordare nella Saar e di avere constatato che il documento redatto dai diplomatici italiani era compilato in modo abilissimo.

Era stato lasciato in bianco accertamento data relativa alla estensione dell'amnistia ed egli riteneva che una intesa al riguardo sarebbe stata facile.

Ciò che era invece impossibile per la Germania accettare, come mi aveva già dichiarato qualche giorno fa (mio telegramma n. 330), (l) era il principio che la Società delle Nazioni dovesse decidere in una materia che era di esclusiva spettanza dello Stato sotto la cui sovranità cadrà la Saar in seguito al plebiscito.

Voigt era stato pertanto da lui incaricato di esporre punto di vista del Governo germanico al comitato presieduto da S. E. barone Aloisi ed aveva al tempo stesso ricevuto istruzioni di mostrarsi arrendevole in tutto quanto concerne l'amnistia, tranne che sulla questione di principio suddetta.

144

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3890/721 R. Londra, 15 novembre 1934, ore 20,48 (per. ore 2 del 16).

Foreign Office mi ha messo al corrente dei colloqui che Ribbentrop ha avuto in questi giorni con Simon e con Eden.

Ribbentrop, che è stato già altre volte in Inghilterra in missione di propaganda, è stato questa volta presentato al Foreign Office dall'ambasciatore di Germania e Simon non ha creduto possibile rif,iutarsi di riceverlo.

Conversazione è stata di natura assolutamente generica. È stato fatto evidente che Ribbentrop non aveva nulla da dire, né Simon ha creduto di dovere egli prendere iniziativa di uno scambio di idee. Fuori di qualche accenno alla questione della Sarre, nessun problema politico è stato toccato. Prima di vedere Simon, Ribbentrop aveva visto Eden ma anche con lui aveva avuto solamente una conversazione di nessun interesse. Problema disarmo non è stato nemmeno toccato.

Informazioni pubblicate dai giornaU circa preteso scambio di vedute sugli armamenti tedeschi sono pertanto del tutto infondate e Eden le ha formalmente smentite ieri stesso ai Comuni (mio telegramma in chiaro n. 720) (1).

Foreign Office ha dato istruzioni ai giornali mettere in evidenza carattere personale missione di Ribbentrop ed assenza di ogni contenuto e significato politico questi colloqui.

Da Londra Ribbentrop si recherà forse a Parigi.

(l) Non pubblicato.

145

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. RR. 1447/322 R. Roma, 15 novembre 1934, ore 24.

Suoi telegrammi n. 602 (2) e precedenti.

Prego telegrafare se, persistendo codesto Governo nell'atteggiamento dilatorio assunto circa nostre richieste di soddisfazioni, V. S. ritenga utile sua azione costì sia appoggiata con qualche misura che dia sensazione a codesto Governo della nostra fermezza. All'uopo potrecbbe pensarsi ad una dimostrazione aerea su Gondar da parte di alcuni nostri aeroplani.

Con l'occasione prego telegrafarmi numero aeroplani in efficienza (ripeto in efficienza) dei quali attualmente dispone codesto Governo, per valutare pos,sibilità che Governo abissino avesse a rispondere con una controdimostrazione aerea (3).

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TIRANA, INDELLI

T. 1448/118 R. Roma, 15 novembre 1934, ore 24.

Rapporto V. S. n. 3847/1697 del 5 corrente (4).

Mi compiaccio delle disposizioni amichevoli di Re Zog verso l'Italia e confido che questa volta esse possano trovare un'espressione concreta nel sollecito regolamento delle questioni in discussione.

Nelle attuali circostanze ritengo che interesse dell'Albania consista più

che mai in un'azione diretta a consolidare la compagine politica ed economica

dello Stato col conseguente rafforzamento della posizione del Re che non può non

risentire del malcontento esistente. Perciò Re Zog dovrebbe cercare di liquidare

senza ulteriori indugi e in modo equo e dignitoso la questione scolastica che si

frappone alla ripresa di quei migliori rapporti fra i nostri due paesi, che po

(-4) Cfr. n. 109.

trebbe eliminare molte delle cause dell'attuale malcontento. Se Re Zog nel suo giudizio ha ritenuto l'invio di una delegazione a Roma come il mezzo più conveniente per la liquidazione della questione, noi potremo continuare a prestare il nostro appoggio per facilitare la riuscita del negoziato.

Quanto al regolamento degli scambi commerciali sono disposto ad esaminare con la massima benevolenza ogni proposta tendente a rendere quanto più intimi possibile i rapporti economici tra i due paesi giungendo magari sino ad una unione doganale di fatto pur escludendo, tenuto conto anche dei precedenti, la denominazione.

Per quanto concerne la creazione di un Istituto di Credito agrario e le questioni riferentesi all'organizzazione civile e militare ecc. sono ugualmente disposto a esaminare benevolmente le proposte albanesi.

Trattazione tutte tali questioni e sopratutto quelle che più stanno a cuore a Re Z·og dovrà essere condotta in modo da non giungere ad alcun accordo, sia pure di massima, sinché non venga risolta quella dell'insegnamento.

(l) -T. 3894/720 R .• pari data, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 142, nota l. (3) -Per la risposta cfr. n. 165.
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APPUNTO (l)

Roma, 15 novembre 1934.

La questione della pubblicità e del controllo della fabbricazione e del commercio dei materiali da guerra sta specialmente a cuore al Governo di Washington causa la campagna che si sta facendo in America a proposito dell'inchiesta senatoriale sui produttori di armi. Il Governo britannico, favorevole alla pubblicità del commercio delle armi, non lo sembra altrettanto per quanto concerne la pubblicità delle fabbricazioni, ma per ragioni di politica interna, in vista dell'attitudine del partito laburista e delle molte associazioni pacifiste evita con ogni cura di pronunziarsi apertamente in proposito.

Fin da prima dell'inizio della Conferenza del Disarmo, il Consiglio della Società delle Nazioni riconobbe che la questione della pubblicità e del commercio della fabbricazione era strettamente legata alle disposizioni che sarebbero state prese dalla Conferenza in fatto di limitazioni qualitative e quantitative dei materiali da guerra. Ad eguale conclusione giunse la Commissione della Conferenza del Disarmo che si occupò del commercio e della produzione dei materiali bellici: e anzi essa non riuscì a concludere il proprio rapporto mancando un accordo circa la limitazione dei materiali da guerra, cioè in sostanza sul problema generale del disarmo.

La tesi costantemente sostenuta dalla Delegazione italiana a Ginevra è che un sistema di pubblicità e di controllo delle fabbricazioni sarebbe illogico e non ammissibile se non concomitante con la pubblicità ed il controllo dei materiali da guerra e «stockés », ossia in deposito per i bisogni della mobilitazione, in quanto che un tal sistema sarebbe a tutto vantaggio degli Stati

potentemente armati, di cui i materiali da guerra sono i più abbondanti ed i più moderni, che sono attrezzati per la produzione in massa e di cui l'organizzazione difensiva è un fatto compiuto.

Gli obblighi della pubblicità delle commesse di materiali bellici per conto proprio e di terzi potrebbero risultare pregiudizievoli alle esigenze della difesa nazionale, e prestarsi alla concorrenza commerciale sleale. Inoltre, la condizione precaria in cui verrebbero a trovarsi in caso di guerra gli Stati non produttori di armi, li spingerebbe fin d'ora a cercare di divenire produttori incoraggiando la creazione di succursali di grandi fabbriche di armi sul loro territorio.

Per tutte queste ragioni e mancando un accordo sul disarmo, sembra assolutamente prematuro pensare alla conclusione di un protocollo sulla pubblicità della f,abbricazione dei materiali da guerra, pubblicità cui i nostri Dicasteri militari sono concordemente contrari.

Ove fosse necessario tentare di sviare il pericolo che l'influenza dell'America e di altri potesse condurre ad una convenzione che includesse la pubblicità della fabbricazione, si potrebbe cercare di avviare la soluzione verso il controllo del solo commercio delle armi basandosi sulla convenzione di Ginevra del 17 giugno 1925 con le opportune e possibili modifiche. Ciò ci permetterebbe eventualmente di fare della resistenza senza assumere posizioni puramente negative.

(l) L'appunto, redatto su carta intestata del Servizio Istituti Internazionali, è privo di !irma.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3899/455 R. Parigi, 16 novembre 1934, ore 12,40 (per. ore 15).

Mio telegramma n. 452 (l).

Ho chiesto al segretario generale del Quai d'Orsay se poteva informarmi dei termini della deliberazione della commissione esteri Senato e chiarirmi atteggiamento Governo francese al riguardo.

Léger mi ha dichiarato che giornali hanno equivocato. Commissione esteri senato udrà oggi venerdi il ministro affari esteri. Come di consueto essa ha indicato preliminarmente in un questJionario punti sui cui intende interrogare il ministro. Repressione terrorismo internazionale è una delle questioni che saranno toccate. Ho osservato che da Belgrado giunge notizia che il Governo jugoslavo si propone far passi a Ginevra riguardo attentato Marsiglia.

Léger ha risposto che effettivamente in Jugoslavia vi è grande effervescenza. Sembra che anche lentezza, del resto normale, della giustizia francese sia considerata ingiustificata.

Jeftich tiene contegno mod·erato ma, appunto per questo perde terreno e non si può escludere che sia messo da parte per la prevalenza deHa tendenza opposta.

D'a'ltra parte la Germania soffia nel fuoco.

Comunque -così mi ha detto Léger confidenzialmente -il Governo jugoslavo è stato invitato a non mettere in giuoco l'Italia in nessun caso e per nessuna ragione. Se pure Belgrado fosse a conoscenza di circostanze o di fatti che potessero ·in qualche modo riferirsi all'Italia dovrebbe evitare con cura che questi apparissero.

Ho ascoltato e ho osservato che il lisentimento di Belgrado verso l'Ungheria, quale trapelava ormai dal linguaggio di certa stampa, doveva preoccupare ... Il Governo jugoslavo avrebbe commesso un errore se si fosse lasciato indurre a dare sfogo al suo rancore contro l'Ungheria ricorrendo a Ginevra. Il segretario generale del Quai d'Orsay ha detto essere impossibile negare questa soddisfazione a un popolo esarcebato.

La Jugoslavia si credeva tuttora minacciata e sperava con ·l'intervento a Ginevra di riuscire a salvare la vita che considera in pericolo del principe Paolo e di altri uomini politici.

Léger ha finito per ammettere che miglior cosa sarebbe di lasciare da parte Ginevra, aggiungendo però che un'ulteriore mossa francese a Belgrado in tal senso rischiava di rafforzare la temibile propaganda tedesca.

(l) T. 3862/452 R. del 13 novembre, non pubbl!cato.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3903/456 R. Parigi, 16 novembre 1934, ore 14 (per. ore 18,30).

Consiglio dei ministri ha approvato ieri istruzioni che saranno impartite al conte de Chambrun, il quale partirà per Roma stasera o domani sera 17 corrente.

Credo che egli intenda chiedere di essere ricevuto da· V. E. al più presto, forse già lunedì 19 corrente, per comunicare controproposte francesi.

Ho preso accordi con segretario generale affari esteri per essere ricevuto da Lavai subito dopo che l'ambasciatore di Francia avrà fatto a V. E. comunicazioni in discorso.

Léger mi ha detto che per ciò che concerne i problemi europei la maggiore difficoltà per un'intesa itala-francese è rappresentata a suo avviso dalla chiarificazione dei nostri rapporti con la Jugoslavia.

II mio interlocutore ha soggìunto che beninteso la Francia sì terrà in disparte e lascerà che intesa si faccia direttamente fra noi e Jugoslavia.

Suppongo che il Quai d'Orsay desideri di essere frattanto assicurato sulle nostre intenzioni verso la Jugoslavia e intenda impegnarci a non intraprendere nulla che possa condurre alla disgregazione di quello Stato. Nello stesso ordine

di idee è prevedibile che Jugoslavia ci domandi di adottare misure efficaci per frenare azione dei croati rifugiati in Italia.

Osservò di sfuggita che la Francia ha consentito qualche cosa di analogo impegnandosi a vietare azione guardie bianche russe in Franc,ia aUorché ha stipulato circa un anno fa noto accordo coi sovietici.

A proposito nostre domande africane segretario generale degli affari esteri ha espresso avviso che il problema tunisino rappresenti l'ostacolo più serio a una intesa.

Léger mi ha dichiarato che il consiglio dei ministri è stato unanime nel ritenere che sarebbe impossibile fare accettare al paese un accordo con l'Italia che lasciasse aperta la questione tunisina. Essere indispensabile, alla fine di un periodo transitorio, liquidazione definitiva dell'annosa vertenza.

Ho mantenuto intransigenza assoluta e combattiva.

Avendo il mio interlocutore accennato a un certo punto alla possibilità di una denunzia francese degli esistenti accordi ho osservato che in tale caso si rimonterebbe agli accordi anteriori che riprenderebbero vigore automaticamente. Segretario generale affari esteri ha obiettato che un tale punto di vista non sarebbe sostenibile in linea giuridica ma è rimasto sorpreso e perplesso di fronte a una replica che evidentemente non si aspettava. Controproposte francesi per la Costa dei Somali saranno probabilmente all'incirca quelle attese ossia rettifica frontiera e offerta di vantaggi d'ordine economico-finanziario con riguardo specialmente alla ferrovia.

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3911/624 R. Addis Abeba, 16 novembre 1934, ore 19 (per. ore 12,30 del 17).

Mio telegramma n. 614 (1).

Blattengheta Herui mi aveva inviato nota per nulla soddisfacente.

In seguito mie insistenze l'ha ritirata.

Oggi ha accettato in massima tutti i punti delle mie richieste.

Dopo lunga discussione, Blattengheta Herui ha accettato che le scuse siano presentate dal rappresentante Governo etiopico che in forma ufficiale si recherà al consolato accompagnato da armati.

Egli presenterebbe scuse e esprimerà il rammarico del Governo etiopico a di Lauro, mentre gli armati che lo accompagnano renderenno onori alla bandiera italiana.

Il ministero affari esteri darà istruzioni che il Cantibà si metta d'accordo con di Lauro circa modalità della cerimonia. Resta solo il primo punto: cioè Blattengheta Herui mi assicura che «colpevoli sono stati arrestati e destituiti» e saranno processati.

n ministro degli affari esteri specifica che fra di essi si trova il capo polizia. Ho detto che desideravo conoscere questa precisazione insistendo sulla richiesta dell'immediata destituizione del capo polizia. (Dal telegramma n. 1100 del R. consolato Gondar giunto ora vedo però che sarebbe glà arrestato).

Ho risposto che avrei fatto conoscere risposta del mio Governo.

Riceverò nuova nota scritta in questi termini.

Sarò grato a V. E. cortesi istruzioni.

(l) Cfr. n. 142.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. RR. 1449 R. Roma, 16 novembre 1934, ore 22.

Secondo alcune informazioni (l) sembra che la Jugoslavia intenda sollevare a Ginevra questione attentato di Marsiglia prendendo posizione molto decisa contro l'Ungheria (2). 'Sarà bene che V. E. trovi occasione di intrattenersi con codesto ministro esteri di tale argomento e gli faccia comprendere come un attacco violento della Jugoslavia o di tutta la Piccola Intesa contro l'Ungheria provocherà da parte nostra una reazione altrettanto violenta che potrà rappresentare un turbamento molto serio della situazione politica internazionale (3).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI AFFARI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE IN GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

L. CONFIDENZIALE. Roma, 16 novembre 1934.

Mi è gradito di riferirmi alla Sua recente lettera (4) nella quale Ella ha indicato il punto di vista britannico a proposito della Dichiarazione delle Tre potenze del 27 settembre per l'Austria.

(:l,) Cfr. quanto scriveva Galli nel t. posta 6724/1852 del 13 novembre: «lvi essa avrà certamente !"appoggio della Piccola Intesa e verosimilmente, a stare a tutto l'andamento delle ultime riunioni di Belgrado e di Angora, anche quello della Intesa Balcanica o per lo meno della Turchia, con la quale l legami politici e militari si fanno di giorno in giorno più intimi...

Sarà questa azione accompagnata o no da misure militari? Non vi è alcun certo sintomo per affermarlo anche in via di ipotesi. Ma molte piccole notizie che giungono dai nostri Consoli, molte impressioni private portano a supporre che l'autorità militare pensi fino da questo momento a delle predisposizioni per non trovarsi sorpresa. Il nervosismo che si diffonde in tutta la Jugoslavia, e che si sente anche a Belgrado, trova qualche causa anche in queste incontrollabili voci che riferiscono di predlsposizionl militari».

Non posso che confermarLe, a mia volta, che il Governo italiano annette la più grande importanza ad una comunità di vedute e di azione nei riguardi del problema austriaco e che esso intende attenersi a tale criterio, persuaso che il problema austriaco non potrebbe trovare assetto, né attraverso l'azione individuale di un singolo Stato, né senza il rispetto dell'indipendenza e dell'integrità dell'Austria.

Tale criterio si applica naturalmente anche ai rapporti italo-austriaci, pur tenendo conto dell'esistenza dei Protocolli del marzo scorso, che prevedono delle consultazioni tra il Capo del Governo Italiano, il Cancelliere austriaco e il Presidente del Consiglio del Governo Reale di Ungheria (1).

(1) La notizia era stata data dalla delegazione a Ginevra con t. 3872/150 R. del 14 novembre.

(3) -Questo telegramma fu comunicato, in via strettamente confidenziale, a Praga, Belgrado, e Bucarest con t. per corrLere 1466 R. del 19 novembre. Pignatti rispose con t. 3914/459 R. del 17 novembre: «In seguito alle Istruzioni dell'E.V.... ho fatto fare immediatamente analoga comunicazione al direttore generale degli affari politici informando in pari tempo Qual d'Orsayche Intendo intrattenere della cosa personalmente Lavai». (4) -Cfr. n. 78.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, LOJACONO, E AI MINISTRI AD ATENE, DE ROSSI, A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A SOFIA, CORA, E A TIRANA, INDELLI

T. PER CORRIERE 1450/C R. Roma, 17 novembre 1934, ore 18.

(Per tutti meno Sofia) Mio dispaccio 10 corr. n. 235867 (2).

(Per tutti) Ho letto con interesse il rapporto de'Ila S. V. n. 54 del 26 ottobre u.s. (3) il cui contenuto è stato opportunamente comunicato alle RR. rappresentanze nei vari paesi che hanno più dirette relazioni con la Bulgaria.

Poiché dall'insieme delle sue segnalazioni risulta in complesso una valutazione progressivamente ottimista circa le conseguenze del mov1mento del maggio scorso ed un consolidarsi, sia pure con incertezza e cautela, delle tendenze militari e una ripresa del potere e prestigio della Corona, approvo che ella faccia opportunamente sentire costì che la sostanza della nostra politica verso la Bulgaria non è mai mutata ed è piena di comprensione verso la realtà della situazione bulgara.

Certamente l'atteggiamento così pieno di cauta e prudente riserva del Governo bulgaro impone uguali riserve formali.

Poiché gli accenni apparsi nella nostra stampa dell'ottobre scorso sono stati costì particolarmente apprezzati, non avrei nessuna difficoltà a far sì che i giornali italiani tornino ad occuparsi serenamente della Bulgaria ed ella potrebbe al caso indicarmi spunto o argomento più atto ad essere favorevolmente commentato in Bulgaria.

Circa gli accenni che le ha fatto il signor Batoloff su presunti intrighi della signora Wolkoff e della giornalista Unterberg, ella può tornare di proposito sull'argomento e dichiarargli formalmente a mio nome che le due dette persone si aggirano in ambienti assolutamente estranei a nostri circoli responsabili e non possono esercitare la più piccola influenza sulle direttive politiche del Governo italiano e sulla valutaz·ione che in Italia si fa della situazione bulgara (1).

(l) -Si pubblica il brano seguente di un appunto di Buti per Suvich del 15 novembre inteso a illustrare un progetto di risposta a Drummond: «Il progetto di lettera. conformemente alle istruzioni di V. E., evita una precisa risposta al Governo britannico; ma -in più dell'invio della lettera -è da chiedersi se la proposta di consultazione contenuta nella lettera a Drummond non potrebbe essere utilmente ripresa per avviare ulteriori conversazioni col Governo dl Londra per la questione austriaca, anche per farsi indicare dal Governo britannico che cosa esso abbia Inteso con questa proposta di un impegno di consultazione per l'Austria, avanzata ad un mese di distanza dalla Dichiarazione del 27 settembre, e a 4-5 mesi dalla primitiva Dichiarazione !taio-franco-britannica». (2) -Ritrasmlssione del t. di cui alla nota 3. (3) -T. per corriere 3731/054 R., relativo ad un colloquio con il Ministro degli Esteri bulgaro,di cui si pubblica solo Il se.guente brano: «Infine il signor Batoloff mi ha espresso la sua soddisfazione per il trafiletto comparso nella Stampa del 17 ottobre circa i rapporti !taiobulgari e riprodotto in prima pagina dai giornali ufficiosi Novi Dni e Bulgarie. Egli mi ha assicurato che alle voci di certa stampa non era stato dato alcun credito ma ha convenuto nella opportunità di farle cessare. A tale riguardo mi ha accennato in confidenza a intrighi ed a voci sfavorevoli al Governo bulgaro che sarebbero sparse negli ambienti giornalistici romani dalla signora Volkoff e dalla nota signora Unterberg, già corrispondente da Sofia del Giornale d'Italia».
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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 13131/223 P. R. Roma, 17 novembre 1934, ore 24.

Sarebbe molto utile avere massima urgenza copia tradotta libro bruno corredata ogni utile elemento atto provare preparazione assassm1o Dollfuss in territorio germanico e responsabilità autorità del Reich (2).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A LONDRA, GRANDI, A PARIGI, PIGNATTI, E A VARSAVIA, BASTIANINI, AI MINISTRI A BELGRADO, GALLI, A BUCAREST, SOLA, A PRAGA, ROCCO, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI

T. 1460/c R. Roma, 17 novembre 1934.

(Per tutti meno Budapest) Ho telegrafato alla R. legazione a Budapest quanto segue:

(Per tutti) È opportuno che ella trovi modo di fare rilevare costì atteggiamento veramente servile assunto dalle autorità germaniche verso il Governo

Secondo tale versione i mandanti dell'uccisione sarebbero da ricercare fra elementi dipendenti dal II Bureau e dalla Sureté générale i quali si sarebbero proposti di creare uno stato dl

jugoslavo, col rimettere a questo tutti i documenti sequestrati ai profughi croati stabiliti in Germania, e deliberatamente prestandosi così ai torbidi disegni di Belgrado.

(l) -Si pubblica qui un brano del telespr. 4451/1253 di Cora del 23 novembre: «La Germania, malgrado la ooonfitta nella quale ha trascinato la Bulgaria, gode qua di grande prestigio negli ambienti militari e culturali, ai quali non è sfuggita, fra altro, la dichiarazione fatta tempo addietro da Hitler ad un giornalista " che la Germania vede di buon occhio un riavvicinamento bulgaro jugoslavo". Se il riavvicinamento tedesco-jugoslavo dovesse svilupparsi molti qui si vedono già trascinati nell'orbita della antica alleata, come anello della catena germanica del Drang-nach-osten ». (2) -Si pubblica qui un brano di un'informazione confidenziale del 7 novembre: <<Nei circoli orientali della Svizzera e della Germania si dà una versione assolutamente nuova dei motivi dell'uccisione di Cancelliere Dollfuss.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3157/0272. Berlino, 17 novembre 1934 (per. il 22).

Ho ,riferito negli ultimi giorni alla E.V. quanto mi disse il signor von BUlow a proposito del viaggio in Inghilterra del signor von Ribbentrop (1). Le sue confidenze sono interessanti soprattutto come prova del permanere di una anarchia nel campo della politica estera del Reich a cui a quest'ora avrebbe potuto essere posto termine.

Ho pure riferito col telegramma per corriere n. 0266 del 13 corrente (2) che il barone Kurt von Lersner disimpegnerà, a sua volta, alla fine del mese una missione politica affidatagli dal cancelliere Hitler, recandosi a tal uopo a Parigi e Londra. In mancanza, per H momento di informazioni precise ho riferito all'E.V. quali potrebbero, a mio avviso, essere gli scopi del viaggio del barone von Lersner in Francia ed Inghilterra.

Sino dal settembre scorso avevo avuto sentore (mio telegramma per corriere

n. 0228) (3) che Hitler riteneva che si sarebbe andata rapidamente creando in Inghilterra un'atmosfera favorevole alla Germania e quindi atta per la conclusione di accordi anglo-germanici. È quindi probabile che il signor von Ribbentrop -il quale probabilmente sarà stato la fonte delle informazioni del cancelliere -abbia chiesto di poter ora sondare il terreno a Londra. Il risultato non sembrerebbe essere stato brillante a giudicare dai termini in cui si espresse meco il signor von Btilow e dall'informazione datami dal mio collega inglese, di essere stato una delle scorse sere chiamato al telefono da Mr. Anthony Eden il quale disse che né egli stesso, né sir John Simon avevano trattato argomenti di natura politica nelle loro conversazioni con il signor von Ribbentrop.

Le indagini che mi propongo di fare ulteriormente permetteranno probabilmente di ottenere maggiori precisioni sullo scopo del viaggio del barone von Lersner. Questi, a differenza del signor Ribbentrop, conosce, per essere stato vari anni in servizio attivo diplomatico, le finezze del mestiere, non è esibizionista, non ha aspirazioni personali; eseguirà quindi con maggiori cautele il mandato affidatogli che, con ogni probabilità consisterà in una presa di contatti tanto a Parigi che a Londra per rendersi conto degli umori colà esistenti e della possibilità, subito dopo la votazione per la Sarre, di intavo

fatto tale da provocare una rottura fra l'Italia e la Germania e aprire un abisso incolmabile fra l due popoli la cui collaborazione avrebbe potuto segnare la fine della egemonia francese In Europa. A tal fine sarebbe stato richiesto il concorso della Jugoslavia, per il cui tramite sarebbero state Inviate le istruzioni ai capi del movimento, mentre la massa anonima dei Nazisti austriaci avrebbero creduto di agire per conto della Germania».

lare trattative per la conclusione di una convenzione· circa gli armamenti. Lo scoglio da superare è tuttora quello della preg·iudiziale francese del ritorno della Germania a Ginevra nelle condizioni in cui il Reich abbandonò la Società delle Nazioni nell'ottobre 1933. Probabilmente si spera a Berlino che Flandin e Lavai entrambi giovani e perciò ritenuti più accessibili ad idee pratiche, potrebbero indursi a saltare di pié pari lo scoglio sopra menzionato per mettersi sopra una via che, riconoscendo lo stato di fatto della parità di diritto ormai raggiunta dalla Germania in materia di armi, argini di comune accordo la corsa agli armamenti.

Il cancelliere del Reich spera, evidentemente, di trovare un appoggio in Inghilterra e conta sulla mentalità britannica che dovrebbe preferire -anche per compiacere Henderson -una qualsiasi convenzione sugli armamenti con conseguente ritorno a Ginevra della Germania ad una sterile presa di posizione negativa, basata sopra la pregiudiziale politico-giuridica posta dal defunto signor Barthou.

n mio collega inglese col quale ho avuto occasione di intrattenermi ieri sera mi ha detto che risultava anche a lui che si nutrono nei circoli governativi di Berlino grandi speranze sopra Flandin e Lavai, considerati quali elementi di destra e quindi non pervasi dallo spirito settario e germanofobo dei radicali e loro alleati. Sir Eric Phipps, esprimendosi a titolo personale, mi diceva di augurarsi che la Francia possa abbandonare l'atteggiamento intransigente sinora tenuto perché una convenzione per la limitazione degli armamenti costituirebbe una seria garanzia di pace, a condizione beninteso che essa fosse generale e che vi fosse da parte di tutti i firmatari l'intenzione di attenervisi scrupolosamente.

(l) -Cfr. n. 141. (2) -Cfr. n. 137. (3) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 882.
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COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SCHUSCHNIGG (l)

APPUNTO. Roma, 17 novembre 1934.

Il Cancelliere Schuschnigg riferisce sulla situazione austriaca che può considerarsi soddisfacente sia dal lato politico che dal lato economico; c'è un problema di finanza pubblica determinato da un deficit nel bilancio dello Stato che si calcola sui 115 milioni di scellini; 100 milioni però si potranno recuperare con la conversione del Prestito della Società delle Nazioni.

Rimane però aperto un altro problema; il bilancio austriaco non ha previsto nessuna somma né per il riarmo, né per investimenti (sopratutto lavori pubblici) per alleviare la disoccupazione. Ciò dipende dal fatto che tutte le riserve che il bilancio dello Stato poteva accantonare per tali scopi sono state consumate per reprimere i moti del febbraio e del luglio con una spesa superiore ai 100 milioni di scellini.

n Capo del Governo chiede quale sarebbe il fabbisogno.

Schuschnigg risponde che il fabbisogno per gli armamenti sarebbe di circa 100 milioni di scellini; secondo il Berger altri 100 milioni accorrerebbero per investimenti.

Il Capo del Governo chiede se non si possa ottenere un prestito interno. Il Cancelliere risponde che sarebbe difficile per una somma così forte, comunque il prestito interno sarebbe l'ultima ratio.

Schuschnigg crede difficile l'emissione di un prestito estero. Si rivolge al Governo italiano per vedere se sia possibile ottenere dei crediti internazionali per gli scopi sopradetti.

Suvich chiede se almeno per il momento non si potrebbe provvedere alle prime spese con l'emissione di Buoni del Tesoro. Schuschnigg ritiene delicata la situazione monetaria austriaca e pensa sia meglio evitare tale provvedimento.

Il Cancelliere parla poi della tragedia di Marsiglia.

In Austria c'è Percevic, del quale è stata chiesta l'estradizione dal Governo francese; ora la Camera di Consiglio sta deliberando e si può fin d'ora prevedere che la risposta sarà negativa. Non risulta che il Percevic abbia avuto nessun rapporto con gli attentatOli di Marsiglia. Il Capo del Governo informa che anche noi rifiuteremo l'estradizione di Pavelic e Kwaternic. Il Capo del Governo chiede se il Governo austriaco attende che la Jugoslavia possa fare qualche azione più decisa contro l'Austria.

Il Cancelliere risponde che non lo si può escludere; egli ha nmpressione che si domanderà a lui qualche cosa a cui non potrà aderire, per esempio una dichiarazione che involga anche la questione degli Absburgo. Tale questione è stata trattata anche recentemente a Praga su insistentissime pressioni di Benes. Sa che anche il Governo italiano è stato interessato al riguardo.

Suvich informa che l'Ambasciatore di Francia ha chiesto se eravamo d'accordo di ottenere dall'Austria delle dichiarazioni pubbliche riguardo il suo atteggiamento con gli Asburgo. Gli è stato risposto che c'era una contraddizione fra quanto si riferiva da parte austriaca e da parte cecos-lovacca al riguardo. Comunque Suvich ha detto all'incaritaco d'Affari di Francia che si intendeva trattare della cosa con il cancelliere. Ora si potrà rispondere che noi siamo contrari a tali dichiarazioni pubbliche.

Il Cancelliere prega di seguire tale unea. Il Capo del Governo chiede quali sono state le impressioni di Gombos che al suo ritorno da Roma ha incontrato il CancelUere. Il Cancelliere risponde che Gombos era molto soddisfatto e molto rassicurato. Il Capo del Governo chiede al Cancelliere se conosca n programma revisionista di Gombos. Il Cancelliere conosce il così detto programma minimo. Ritiene cne la rea

lizzazione sia molto difficile; ad ogni modo Gombos potrebbe cominciare con concretare questo suo programma specia:lmente per quanto riguarda la parte nord.

Il Capo del Governo è persuaso che il programma non sia realizzabile in via pacifica.

Il Capo del Governo chiede quale sia secondo il Governo austriaco l'atteggiamento dell'Ungheria verso Berlino. Berger ha nmpressiOne che ci sia un certo raffreddamento.

Nei riguardi della Germania, il Cancelllere ha le notlzle plù contraddittorie. Comunque il regime non pare scosso. Quello che è certo è che la Reichswehr acquista sempre ma;ggiore autorità. Non è ben chiaro neanche cosa succede con le organizzazioni di carattere antiaustriaco (La Legione, la Direzione del Partito, il Kampfring). Von Papen continua ad assicurare che tutte queste organizzazioni sono sciolte o in via di scioglimento. D'altra parte però si potrebbe avere l'impressione che queste organizzazioni siano per il momento smobilitate ma mantenute tuttavia in piedi per ogni futura eventualità. Von Papen a Vienna si agita molto -in tutti i circoli -; ora si dedica ai circoli legittimisti, ma in complesso non si è creata una buona situazione.

Il capo del Governo chiede chi sta dietro ai «nazionali ~.

Il CancelLiere risponde che sono dei mezzi intellettuali. Non si sa in quanto gli stessi possono avere delle attaches con dei circoli germanici. Sta il fatto che recentemente i «nazionali~ di Stiria e Carinzia si sono presentati al Cancelliere per fargli una dichiarazione di lealtà senza riserve e senza chiedere nulla.

Il capo del Governo domanda come proceda l'inquadramento della gioventù

Il Cancelliere risponde che ci sono delle difficoltà soprattutto in provincia dove ci sono delle frizioni coi vescovi. Queste difficoltà però dimostrano che si stanno facendo dei progressi. Si tende per ora ad inquadrare tutta la gioventù sia pure raccolta in organizzazioni di.verse, sotto un «gemeinsames Dach ~.

Il Capo del Governo è di opinione che occorra insistere per arrivare al più presto ad una unificazione delle forze giovanili sotto il controllo dello Stato. Chiede poi a che punto ci troviamo con l'unificazione delle formazioni paramilitari.

Il Cancelliere Schuschnigg risponde che si sono fatti dei progressi in quanto il comando è unico, l'uniforme è unica -c'è soUanto un distintivo diverso per le singole provenienze.

Il Cancelliere passa poi a parlare delle forze armate. L'Austria come forze armate distingue tre linee: la prima è l'esercito; la seconda: gendarmeria, forze di polizia e forze ausiliarie; la terza le formazioni volontarie.

Per quanto riguarda l'esercito, oggi il numero dei militari in Austria è di 32 mila, di cui però combattenti poco più della metà. La disciplina è buona. Si è proceduto ad una severa selezione. Oggi esistono 6 brigate che si spera durante il 1935 di portare a 6 divisioni con una riserva. Il programma massimo sarebbe di poter raddoppiare tali formaztoni in tempo di guerra, ma per ora le finanze dello stato non consentono tale possibilità.

La questione del riarmo, per cui l'Austr,ia ha bisogno di crediti, è urgente. Il Capo del Governo chiede come si giudichi la situazione austriaca con riflesso a quello che potrà essere l'esito del plebiscito della Sarre.

Il Ministro Berger risponde che è probabile che la Germania riprenda in qualunque caso la sua azione contro l'Austria, sia che nella Sarre abbia un successo, sia che abbia un insuccesso. Nel primo caso però l'azione tedesca sarebbe veramente pericolosa, mentre nel secondo ·caso l'Autria ritiene di poter resistere.

Da notizie che il Ministro austriaco ha raccolte, oggi l'opposizione nella Sarre può rappresentare circa il 30-35 % dei votanti. L'opposizione però è in aumento. Egli sa che un numero così rilevante di voti contrari sarebbe considerato dal Governo del Reich come un insuccesso.

Il Cance!Uere passa poi a parlare delle questioni economiche e delle possibilità di intensificare gli scambi tra l'Austria e l'Italia. Il desiderio del Governo austria·co è di venire ad una completa libertà di scambi senza darvi il nome di Zollverein.

Il Capo del Governo risponde che questa è anche l'intenzione italiana. Si decide di esaminare questa possibilità all'arrivo del Ministro Schtiller che deve venire a Roma alla fine deJ mese con delle proposte precise al riguardo. A questo punto si sospende la conversazione che riprenderà Iunedì nel pomeriggio (l).

(l) Al colloquio erano presenti Berger e Suvich il quale redasse l'appunto.

158

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3915/725 R. Londra, 18 novembre 1934, ore 1,15 (per. ore 7,45).

Giornali hanno pubblicato stamane notizia circa memoriale sull'assassinio Re Alessandro che Governo jugoslavo si prepara presentare alla Società Nazioni. Tale notizia mi è stata confermata al Foreign Office il quale tuttavia non ha ricevuto da Belgrado che informazioni per ora generiche.

In seguito tel. di V. E. 274 (2) ho chiesto di vedere subito Simon che sarà di ritorno a Londra lunedì mattina. Intanto al Foreign Office mi è stato detto che iniziativa jug.oslava è giunta al Governo britannico inattesa. Foreign Office si è sforzato nel corso di queste ultime settimane di fare intendere a BeLgrado la neceiSsità di adottare un atteggiamento calmo e prudente ed esso non può considerare senza la più se~ia preoccupazione decisione che Governo jugoslavo sembrava avere adottato. È opinione del Foreign Office che bisognava evitare a Ginevra ogni d·iscussione valendosi dei mezzi di procedura che favoriscono un'azione dilatoria. Eden che è partito stamane per Ginevra riceverà istruzioni di mettersi domani stesso in contatto con nostro delegato e di procedere con lui ad uno scambio di vedute sull'argomento. Fore.ign Office anzi mi prega di segnalare a V. E. utilità che ove barone Aloisi non sia a Ginevra funzionario che sia al corrente deHa questione venga subito incaricato prendere contatto con lui.

Telegraferò di nuovo lunedì dopo colloquio con Simon (3).

(l) -Copia di questo documento e di quello edito al n. 164 fu inviata da Suvich al re. (2) -Protocollo particolare per Londra del n. 151. (3) -Cfr. n. 163.
159

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 1463/380 R. Roma, 18 novembre 1934, ore 1,30.

Codesta ambasciata britannica ha attirato attenzione Governo francese su trattative fra Austria e Francia per conversione prestito austriaco 1923-43. Poiché è opportuno che venga da noi svolta analoga azione riassumo a

V. E. stato attuale questione:

Inghilterra ha in massima preso accordi con Austria per emettere sua tranche nuovo prestito 1934-59 al tasso 4,50% e al corso 95. Per di più impegnasi emettere metà della tranche americana. Ammontare complessivo da convertire in Inghilterra è quindi circa sterline 11.114.000.

Trattative italiane svoltesi stesse basi e anche Italia è disposta emettere al 4,50% sua nuova tranche. Cifra da convertire in Italia è lire italiane 119.234.500.

Richieste francesi sono:

1° Fare l'emissione in modo che reddito sia circa 5,3/4%;

2° Lasciare a carico Austria tassa cedolare che ammonterebbe a circa franchi 1,15 per ogni cedola (circa 20% dell'ammontare). Costo nuovo prestito sarebbe perciò 6,90 %. cioè maggiore del tasso del prestito da convertire che è del 6,50%.

Inoltre Francia chiede che Stati garanti garantiscano pro-quota anche pagamento tassa francese. Richiesta questa inaccettabile e alla quale inglesl hanno già da parte loro opposto reciso rifiuto.

In queste condizioni preme che codesta R. ambasciata faccia presente a Governo francese: 1° Agevolazioni concesse da noi e da Inghilterra per realizzare questa conversione.

È certo di considerevole importanza che Inghilterra siasi assunta emettere nel proprio mercato metà tranche americana da convertire e, data nostra capacità finanziaria, anche azione italiana è ispirata alle considerazioni economicopolitiche in questo caso prevalenti.

2° Per ragioni sia finanziarie che politiche è necessario che operazione si realizzi e non oltre data improrogabile 1° dicembre p.v. alla quale occorre che Austria dia preavviso per conversione prestito 1923-43.

3° Che tranche francese ammontando a soli franchi 92.899.000 non può costituire, qualunque siano aspetti teoricamente tecnici dell'operazione, un problema o una difficoltà per paese che come la Francia dispone di cosi considerevoli risorse finanziarie.

Analoghe considerazioni sono state prospettate al Quai d'Orsay dall'addetto finanziario inglese presso codesta ambasciata britannica. Prego v. E. riferire appena possibile esito suoi passi (l).

16 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

(l) Fransonl comunicò con t. 4028/477 R. del 27 novembre non pubblicato che la delegazione austriaca aveva raggiunto un accordo con 11 Governo francese sulla base del tasso 5,30 % e che aveva espresso viva riconoscenza per l'intervento Italiano e britannico.

160

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1465/323 R. Roma, 18 novembre 1934, ore 16.

Suo telegramma n. 624 (l).

Sta bene circa modalità scuse come verbalmente concordato col Blattingheta, nonché circa arresto e destituzione dei colpevoli (capo della polizia compreso) che dovranno essere processati.

Per ammontare indennità per morto e furto fucili e munizioni, lascio V.S. stabiLire cifra secondo usi locali.

161

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI AUSTRIACO, BERGER WALDENEGG

APPUNTO. Roma, 18 novembre 1934.

[Berg]er (2) Wald.enegg mi dice che la dichiarazione di Gin[evra sull'indi]pendenza dell'Austria (che è di massima una conferma de[lla dichia]razione precedente del febbraio) è considerata dall'Au[stria punto] di partenza e non punto di arrivo. [Domanda come] vediamo noi la questione per gli eventuali ulteriori sviluppi.

Gli rispondo che si potrebbe passare dal campo delle affermazioni a quello delle realizzazioni. Si potrebbe cioè non soio affermare la necessità dell'indipendenza dell'Austria, ma garantire l'indipendenza stessa.

Questo patto di garanzia dell'indipendenza dell'Austria, po[trebbe] essere completato c[on un'al]tra disposizione per cui ogni Stato contraente [si impegnasse a] non tollerare sul proprio te[rritorio] movimenti ed organizzazioni dirette a sconvolgere o a ... la situazione interna austr~aca.

Ritengo che sia inutile volere ottenere la partecipazione dell'Inghilterra a simile patto in quanto si sa che l'Inghilterra non vuole prendere altri impegni sul Continente; sarebbe invece... [come] terza partecipasse a tale patto la Germania verrebbe... un impegno... [pe]r il mantenimento dell'indipen[denza] ... ognt propaganda nazista in [Austria].

Ora le difficoltà [che può] sollevare la Germania sono le [segue]nti:

-in primo luogo la Germania può dire che riconosce che l'Anschluss non è una questione di attualità, ma che non può rinunciare in principio all'Anschluss stesso anche per considerazioni di politica interna.

A ciò si può rispondere che l'accordo sarà fatto per un periodo determinato, per esempio di dieci anni lasciando d.mpregiudicato il rispettivo punto di vista sulla definitiva sistemazione dell'Austria.

-in secondo luogo la Germania può sostenere che la questione ,dell'Austria è già pregiudicata da un atteggiamento antigermanico delle tre Potenze Italia, Francia, e Inghilterra: dichiarazioni del febbraio -dichiarazioni di Ginevra (l'osservazione mi è già stata fatta dall'Ambasciatore di Germania a cui ho fatto un accenno molto vago della possibi1ità di tale accordo).

A ciò si può rispondere che in primo luogo la dichiarazione delle tre Potenze non ha un contenuto antigermanico e che in secondo luogo ora appunto si tratta di mettere la questione su una base nuova col concorso della Germania a parità di condizioni con gli altri due paesi Francia e Italia salvo poi vedere in un secondo tempo se fare intervenire gli altri Stati vicini dell'Austria come Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia (la questione della Svizzera va considerata a parte).

-[in terzo] luogo la Germania [può] dire che è disposta a ... indipendenza [di un Austr}ia che sia l'espressione ... Austria che sia diretta da ... [A cJiò si può rispon[dere che que]sta è questione interna [dell'Aust]ria la quale può [darsi] il Governo che vuole .

... Berger è d'accordo con tale progetto e prega il Governo italiano di voler sentire l'opinione della Francia, della Germania, ed eventualmente dell'Inghilterra.

Successivamente il Cancelliere, messo al corrente della cosa, si dichiara d'accordo con tale progetto. Su questa base si [rimanJe in attesa.

(l) -Cfr. n. 150. (2) -Le lacune sono dovute al deterioramento del documento.
162

IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3927/160 R. Tirana, 19 novembre 1934, ore 21 (per. ore 4 del 20).

Ho avuto col Re lungo colloquio riassuntivo della situazione che mi riservo riferire verbalmente ottenendo da V. E. autorizzazione già richiesta di venire a Roma.

Intanto, per norma nostra azione presso Santa Sede, informo V.E. che nel corso del colloquio, avendomi il Re accennato desiderio che nostre premure presso il Vaticano agevolino opera negoziatori albanesi Concordato, ha aggiunto che questi avevano avuto da lui facoltà di fare le maggiori concessioni possibili nel campo re1igioso.

Per altro sulla questione delle scuole cattoliche Re Zog si è dilungato sui motivi che lo inducono a riservare allo Stato l'educazione della gioventù in ispecie nello scutarino per eliminare divisioni fra musulmani e cattolici che scuole confessionali delle due religioni contribuivano a mantenere.

Ho replicato facendo presente considerazioni e precedenti che motivano aspettativa Governo fascista di una soddisfacente soluzione della questione scolastica ponendo in luce quale importanza essa venga ad avere per discussioni concrete per ripresa rapporti fiducia collaborazione due paesi.

Ritengo che egli si attenda di potere attraverso vantaggi religiosi ottenere il consenso della Santa Sede alla eliminazione della spinosa questione delle scuole confessionali.

163

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3925/728-729 R. Londra, 19 novembre 1934, ore 21,14 (per. ore 6 del 20).

Seguito telegramma n. 725 (1).

In un colloquio avuto stamane con sir John Simon questi mi ha confermato quanto mi era stato detto sabato al Foreign Office circa atteggiamento del Governo britannico di fronte iniziativa jugoslava.

Simon è stato tanto preciso nel deplorare tale iniziativa quanto categorico nell'affermare che inchiesta per assassinio Re Alessandro non può formare oggetto di una azione internazionale.

Egli mi ha aggiunto che sabato stesso Foreign Office aveva inviato opportune istruzioni a Eden a Ginevra ed a Henderson a Belgrado perchè scoraggino jugoslavi da azione che essi hanno intrapresa.

Nel corso della conversazione ho avuto cura di mettere in chiaro che in nessun caso noi potremo abbandonare Ungheria agli attacchi della Piccola Intesa.

Ho aggiunto che -a parte costante protezione che V.E. ha sempre accordata all'Ungheria -un abbandono dell'Ungheria in queste circostanze equivarrebbe a favorire indirettamente opera di coloro che lavorano per gettare Ungheria nelle braccia della Germania.

Con questo Simon ha perfettamente convenuto.

Venuti a parlare di Pavelich, ho creduto opportuno ricordare ancora a Simon,

secondo le istruzioni datemi da V.E. nella mia udienza di palazzo Venezia, che

non è da pensare che il R. Governo avrebbe in qualunque circostanza proceduto

all'estradizione di Pavelich.

Ciò sarebbe contrario al nostro trattato di estradizione con la Francia, che

la Francia non ci potrebbe chiedere di violare, ed al quale noi non saremmo in

nessun caso venuti meno.

Noi avevamo già fatto moltissimo procedendo al fermo di Pavelich ed abbia

mo dato e stiamo dando ogni assistenza alla giustizia francese.

Gli dicevo questo tanto per mettere in chiaro le cose.

Simon mi ha risposto che si rendeva perfettamente conto della nostra

opposizione.

Governo britannico nel nostro caso non si sarebbe regolato diversamente da come ha fatto H Governo italiano.

Nelle questioni di estradizione non vi è dubbio che bisogna attenersi strettamente ai trattati e nessun paese più che Inghilterra è fedele a questo prlncipio (l).

(l) Cfr. n. 158.

164

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SCHUSCHNIGG (2)

APPUNTO. Roma, 19 novembre 1934.

Il Cancelliere parla anzitutto dei crediti necessari per gli armamenti austriaci. Decorrerebbero almeno 100 milioni di scellini, che dovrebbero essere procurati possibilmente da Francia, Inghilterra ed Italia, con una operazione di credito senza lanciare un nuovo prestito. Possibilmente questi crediti dovrebbero essere allargati per dar modo all'Austria di fare anche qualche investizione (lavori pubtilici ecc.). La situazione in tale riguardo diventerà critica dal 10 gennaio prossimo perché nel nuovo bilancio non è riservato nessun credito per investimenti. Il Cancelliere prega il Capo del Governo di voler sondare a tale riguardo i Governi francese ed inglese.

Il Capo del Governo lo farà senz'altro; ritiene che con la Francia la cosa potrà non offrire grandi difficoità, specialmente se si viene ad un accordo tra Francia ed Italia; dove si potranno incontrare più serie resistenze è da parte della Gran Bretagna.

n Cancelliere Schuschnigg fa poi delle altre richieste per armamenti, come da appunto a parte (3).

Per quanto riguarda la dichiarazione dell'indipendenza austriaca e gli ulteriori sviluppi di questo problema, i Ministri austriaci si rimettono a quanto già discusso col Sottosegretario Suvich ed approvato dal Capo del Governo (come da appunto a parte) (4).

Per la Società di Navigazione danubiana il Ministro Berger presenta un appunto pregando il Governo Italiano di una pronta decisione perché la cosa non è ulteriormente dilazionabile.

Il Capo del Governo si riserva.

Il Cancelliere presenta poi un appunto sulla questione dell'insegnamento privato del tedesco in Alto Adige. Chiede vivamente al Capo del Governo che voglia dare disposizioni perché l'applicazione del provvedimento sia fatta

Origine del movimento nazionale croato doversi però ricercare in primo luogo con altri movimenti interni jugoslavi, cosicché riesce difficile comprendere, né si può approvare passo tatto a Ginevra tanto più che esso è diretto in primo luogo contro Ungheria e ha quindi apparenza di una manovra ordita dalla Piccola Intesa».

secondo lo spirito che ha informato il provvedimento stesso, che è stato talmente apprezzato in Austria. Ciò è necessario anche per combattere la propaganda contraria che fa il nazionalsoci:alismo in Alto Adige, basata sulla affermazione che la questione non potrà essere risolta che con l'avvento dell'hitlerismo al potere in Austria.

Il Capo del Governo si riserva di ristudiare la questione.

Infine il Cancelliere chiede ru1 Capo del Governo di voler facilitare l'istituzione del nuovo Istituto di Cultura austriaco in Roma che dovrà sorgere in Valle Giulia.

Il Capo del Governo promette di dare il suo appoggio.

Dopo di che si passa alla redazione del comunicato.

(l) Cerrutl riferì con t. 3939/342 R. del 20 novembre che Biilow gli aveva detto di aver dato direttive alla stampa di intonare gli articoli alla seguente linea: «Fatti occorsi erano stati spiacevolissimi e si comprende che il Governo jugoslavo desideri trovare gli istigatori del delitto.

(2) -Al colloquio erano presenti Berger e Suvich che redasse l'appunto. (3) -Non allegato. (4) -Cfr. n. 161.
165

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3933/633 R. Addis Abeba, 20 novembre 1934, ore 11 (per. ore 18,15).

Telegramma di V. E. n. 322 (1).

Benché attuale situazione mi faccia considerare superata progettata dimostrazione, ad ogni buon fine comunico che tutta aviazione etiopica consiste in cinque apparecchi militari e tre da turismo attualmente in grado di funzionare.

Tuttavia non ci sono qui che un pilota francese, uno tedesco e tre etiopici.

166

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3932/461 R. Parigi, 20 novembre 1934, ore 13,12 (per. ore 17,15).

Questo :ininistro degli affari esteri mi ha ricevuto ieri sera prima della sua partenza per Ginevra. Lavai non è entrato in particolari sulle controproposte delle quali è latore Chambrun. Egli desidera parlarne con me solo dopo che V. E. ne abbia avuto comunicazione ufficiale. Si è perciò espresso in termini generici. A proposito della Tunisia mi ha ripetuto all'incirca quello che mi ha detto Léger a varie riprese.

Quai d'Orsay desidera liquidare a suo favore gradualmente ma in modo definitivo questa vertenza. Ho ripetuto al ministro argomenti svolti al segretario generale per gli affari esterL

Ho detto che, conoscendo politica demografica del Governo fascista, non si può chiedergli di consentire ad un accordo che legittimerebbe perdita di migliaia di Ualiani.

Lava! ha poi magnificato cessioni di territori nel sud Libia. Mi pare che mi abbia detto che si tratti di mille kilomertri quadrati.

Ho osservato che si tratta di sabbia con qualche pozzo.

Per la costa dei Somali pare sarà offerta una rettifica di frontiera ed un secondo rappresentante ital.iano per la ferrovia. Ministro degli affari esteri ha parlato ·in seguito dell'Etiopia. Ho replicato non constarmi che si fosse sollevato da parte nostra pro

blema dell'Abissinia.

Lavai ha precisato che si tratta di vantaggi economici. Mi pare avere capito che possa trattarsi di un parziale disinteressamento della Francia a nostro favore in materia economico-commerciale.

Francesi sarebbero ben lieti di pagare propri debiti con beni altrui.

Nel caso specifico essi conseguirebbero anche lo scopo di crearci dei guai.

Il presente telegramma continua col numero successivo (1).

(l) Cfr. n. 145.

167

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AGLI AMBASCIATORI A TOKIO, AURITI, E A WASHINGTON, ROSSO

T. 1478 R. Roma, 20 novembre 1934, ore 15,45.

Ministro Wilson nella sua visita a Roma ha ·intrattenuto questo ministero sulla questione del controllo sulla fabbricazione e il commercio delle armi. Questo ministero gli ha fatto presente che tale questione è stata costantemente considerata come connessa con quella della limitazione qualitativa e quantitativa del materiale da guerra. Secondo tesi italiana pubblicità e controllo devono estendersi anche ai materiali in servizio e a quelli in deposito per non creare situazione privilegio a Stati più armati. Occorre evitare altresì che pubblicità del commercio armi preg-iudichi esigenze difesa nazionale mettendo nella necessità Stati non produttori iniziare fabbricazione per evitare difficoltà in caso di guerra. Comunque f,inché non sarà realizzato accordo sul disarmo sembra doversi escludere conclusione protocollo sulla pubblicità della fabbricazione materiali guerra.

168

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3936/462 R. Parigi, 20 novembre 1934, ore 18,55 (per. ore 0,15 del 21).

Il presente telegramma fa seguito a quello col numero di protocollo precedente (2).

Ho portato quindi il discorso suLla Jugoslavia.

Mi sono espresso secondo le istruzioni impartitemi col telegramma n. 373 (1).

Ministro era al corrente del passo fatto dal consigliere della R. ambasciata al quale si riferisce mio telegramma n. 459 (2).

Mi ha dichiarato che, informato del nostro intervento in forma così decisa, ne aveva provato meraviglia perché tanto Fotic che questo ministro di Jugoslavia avevano tenuto a lui e a Léger linguaggio assai calmo.

Ho replicato che il contegno del Governo jugoslavo è insidioso e per questo particolarmente temibile.

Jugoslavia, col codazzo della Piccola Intesa e balcanico, va a Ginevra con cattive intenzioni.

Per raggiungere più facilmente i suoi fini fa mostra apparente di moderazione per trarre in inganno la Francia.

In ogni caso l'Italia è decisa a non permettere che la Jugoslavia umilii l'Ungheria.

Ministro mi ha assicurato che l'azione Governo francese è fortemente moderatrice.

Ha soggiunto confidenzialmente che se egli ha anticipato di un giorno partenza per Ginevra lo ha fatto anche per continuare a fare opera sedativa sui rappresentanti Jugoslavia e in genere su quelli della Piccola Intesa.

Ho osservato che non si possono prevedere conseguenze della presentazione a Ginevra della domanda jugoslava.

Ministro ha dichiarato essere impossibile dissuadere Jugoslavia dal suo proposito se si vuole sottrarla... (3).

Ho risposto che si esagerava nel valutare quell'ipotetico pericolo.

Il Governo jugoslavo sa che l'amicizia della Germania rappresenterebbe una soluzione di ripiego che potrebbe costare cara al paese.

Se la Germania sarà posta in condizioni di scegliere, si può prevedere con fondamento che, anche in regime amicizia, la Jugoslavia sarà alla fine sacrificata alla fedele Ungheria.

II ministro ha insistito sul pericolo che la Jugoslavia si accosti alla Germania, non riuscendo ad avere qualche soddisfazione a Ginevra. La Francia non ammetterà d'altra parte che la Jugoslavia vada oltre certi limiti avanzando esigenze insostenibili.

Lavai non si è spiegato più chiaramente su questo punto.

Parrebbe che il Quai d'Orsay sia di parere che la Jugoslavia debba contentarsi di ottenere che si organizzi una difesa interstatale contro il terrorismo internazionale. ,

Ho insistito sul mio punto di vista cioè che predisposto attacco jugoslavo a Ginevra contro l'Ungheria costituiva una mossa pericolosa che, nel turbamento generale, avrebbe potuto avere serie ripercussioni.

Ho domandato infine al ministro se avesse pensato ad una data per il suo viaggio a Roma.

Mi ha. ripetuto che, non appena. raggiunto l'accordo, egli sarebbe pronto a partire per fare visita a V. E. Ministro degli affari esteri non mi è sembrato ancora completamente orientato sui problemi centro-balcanici. Egli si lascia guidare da Léger.

(l) -Cfr. n. 168. (2) -Cfr. n. 166. (l) -Protocollo particolare per Parigi del n. 151. (2) -Cfr. n. 151, nota 3. (3) -Gruppo indec!frato. Probab!lmente «all'amicizia della Germani!'».
169

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1481/325 R. Roma, 20 novembre 1934, ore 21.

Mio telegramma n. 323 (l) essendosi incrociato con i suoi telegrammi nn. 625 e 631 (2), pregola chiarirmi telegraficamente se ella abbia creduto insistere presso codesto Governo perché scuse siano ripetute con le modalità concordate fra V. E. e Blatingheta, o se pure ella ritenga sufficienti scuse presentate.

Ciò onde averne norma in un comunicato da diramars-i alla stampa.

170

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DE VECCHI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI MUSSOLINI (3)

L. P. Roma, 20 novembre 1934.

Ho intrattenuto ancora stamane il Cardinale Pacelli sulla questione austriaca e specialmente su quella delle organizzazioni giovanili. Il rapporto che ti restituisco (4) è inesatto o quanto meno incompleto nelle notizie che dà. Il Sottosegretario di Stato Pertner si è infatti recato nei giorni scorsi dal Cardinale e gli ha lasciata una memoria sul progetto del governo austriaco per regolare la questione della «Educazione giovanile :.. La soluzione starebbe nel dare corpo a due leggi:

-una per la formazione di una specie di «dach organisation '> che comprenderebbe tutte le organizzazioni ca,ttoliche ed anche quelle non cattoliche, con garanzia per ciascuna di vita propria e collo scopo di dare alla gioventù una educazione unica patriottica sotto una direzione suprema chiamata: « jungosterreich :&.

L'altra organizzazione per arrivare a prendere anche i giovani che non partecipassero comunque alla prima, sempre allo scopo di esercitare una influenza unica patriottica (noi diremmo « unitaria») esercitando una specie di ampliato obbligo scolastico a tale fine.

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha dichiarato anche in risposta alla raccomandazione fattagli a tuo nome per una organizzazione unica, con quanti preti si vogliono ma unica, che questa proposta del Pertner gli sembrava ragionevole. Io ho storto il naso.

Mentre io uscivo dalla udienza entrava il Cancelliere Schuschnigg per trattare questa con le altre questioni.

(l) -Cfr. n. 160. (2) -T. 3912/625 R. del 16 novembre e t. 3917/631 R. del 18 novembre, non pubblicati. (3) -Annotazione a margine di Mussol!n1: "notevole». (4) -Non pubblicato.
171

COLLOQUIO FRA L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI FRANCESE, LÉGER (l)

APPUNTO. Parigi, 21 novembre 1934, ore 11,30.

Il Signor Léger mi ha pregato di passare da lui per informarmi del contenuto delle controproposte francesi e della conversazione che il Conte de Chambrun ha avuto ieri con il Capo del Governo italiano (2).

l. DISARMO.

a) La Francia ha domandato che l'Italia s'impegni a conversazioni preliminari nel caso in cui la questione del rlarmamento della Germania fosse posta nuovamente sul tappeto. Risposta d'accordo.

b) Nell'eventualità che la questione del disarmo ritorni in discussione, la Francia domanda che le sia riconosciuta una superiorità d'armamenti sulla Germania per compensare il vantaggio di quest'ultima in fatto di potenzialità industria;Ie.

2. AUSTRIA.

Il Duce è d'accordo nell'idea avanzata dalla Francia di garantire convenzionalmente l'indipendenza dell'Austria. L'accordo che dovrebbe essere poggiato, almeno moralmente, a Ginevra comprenderebbe l'Italia, Francia, Inghilterra, se possibile, e gli Stati limitrofi all'Austria sul piede d'eguaglianza. L'Ambasciatore ha nominato espressamente la Piccola Intesa.

3. JUGOSLAVIA.

La Francia ha domandato che i nostri rapporti con la Jugoslavia siano migliorati. Léger mi ha parlato di un Patto di amicizia che potremmo concludere coi nostrd vicini. Il Duce non avrebbe avanzato obiezioni di massima. Egli avrebbe però dichiarato che intende aspettare che si sia formata un'atmosfera propizia all'accordo, atmosfera che per il momento non esiste. Il Duce ha dichiarato che riunirà i croati nell'isola di Lipari.

4. CONFINI LIBICI.

D'accordo in massima. L'intesa potrà facilmente realizzarsi dopo esame della questione da parte dei tecnici italiani.

5. TUNISI.

Il telegramma di de Chambrun non è chiaro su questo punto. Il Duce ha detto che gli occorre un periodo assai lungo, ma l'Ambasciatore ncm dice se il capo del Q{)verno italiano abbia accettato o no, che, dopo il periodo d·i transizione, l'ipoteca italiana sulla Tunisia sia tolta interamente. Il Qual d'Orsay domanderà a de Chambrun di chiarire meglio questo punto.

6. COSTA DEI SOMALI.

È sembrato che il Duce non prestasse molta attenzione alla questione della ferrovia. L'Ambasciatore ha offerto di portare, da uno a due, i rappresentanti italiani nel Consiglio di Amministrazione della Ferrovia. Fino ad ora il rappresentante italiano era fittizio, e ora diventerebbe effettivo. Ci sarebbe trapasso, a noi, di azioni o obbligazioni.

Circa la rettifica di frontiera offerta, il Duce ha domandato che sia visibile sulla carta. La presente offerta francese non è invece visibile.

7. ABISSINIA.

Il Duce ha prestato molto interesse a questo punto della conversazione. La Francia è disposta a non intralciare la nostra azione economico-commerciale, limitando la propria alla zona di inftl.uenza francese. Secondo Léger, Roma avrebbe domandato il passaggio di truppe italiane sulla ferrovia.

L',impressione generale di de Chambrun è stata buona. La grossa difficoltà consiste nei rapporti itala-jugoslavi. Per Tunisi bisogna aspettare le chieste delucidazioni (l).

(l) -Ed. In DE FELICE, pp. 519-520. (2) -Non si è rinvenuto Il verbale di tale colloquio. Cfr. DDF, vol. IX, pp. 131-133, 135-136.
172

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 13235/224 P.R. Roma, 21 novembre 1934, ore 18.

Risulterebbe che autorità austriache sono in possesso di documenti comprovanti la connivenza delle autor-ità jugoslave nell'attentato contro Re Zogu compiuto in codesta capitale nel 1931. Pregasi cercare di avere possibilmente copia di tutti i documenti o quanto meno dei più importanti. Codesto ministro deg1i esteri è stato già intrattenuto a Roma dell'argomento.

(l) Pignatti riferi su questo colloquio con Léger con il t. 3948/464 R. dello stesso 21 novembre, non pubblicato.

173

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 3991/11702/064 R. Budapest, 21 novembre 1934 (per. il 24).

Mi sono procurato l'occasione di far rilevare a questo vice ministro esteri quanto V. E. si è compiaciuta disporre con il telecorriere n. 1460 C.R. in data 17 corrente (1).

La reazione è stata quella che mi aspettavo: il signor de Hory non ha fiatato.

Ho l'impressione che la ferita bruci ma che, almeno per il momento, non lo si voglia ammettere con nessun terzo, neanche o forse tanto meno con noi. A giudicare dai precedenti dovrei ritenere che ce ne parlerà, se mai, il presidente Goemboes, quando stimasse di avere avuto in proposito da parte germanica sufficienti assicurazioni o soddisfazioni.

174

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 3994/0279 R. Berlino, 21 novembre 1934 (per. il 24).

Miei telegrammi per corriere nn. 0266 e 0272 del 13 e 17 novembre corrente (2).

Il Barone Kurt von Lefsner, che ho avuto occasione di incontrare nuovamente ieri sera, mi ha confermato che si sarebbe recato oggi a Londra, via Amburgo, e che dopo un soggiorno di una decina di giorni in Inghilterra, avrebbe proseguito il suo viaggio recandosi per uguale periodo di tempo a Parigi. Quest'ultimo aveva scopo e carattere puramente privato: quello di visitare amici tanto in Inghilterra che in Francia. Egli aveva peraltro creduto opportuno di informare il cancelliere Hitler della sua intenzione ed aveva subito ricevuto una convocazione alla Cancelleria. Aveva trovato Hitler in stato d'animo calmo, aveva avuto modo di intrattenerlo a lungo di argomenti politici vari constatando che egli era soddisfatto dell'andamento delle cose per la Sarre. Non aveva trovato maniera di parlare delle relazioni itala-germaniche né del problema austriaco. Per quanto riguardava la Francia e l'Inghilterra il cancelliere si era espresso in termini estremamente ragionevoli dando prova di sentimenti pacifici e del sincero desiderio di poter giungere ad intese con quei due paesi.

Il barone von Lersner agg,iunse che una riprova che il suo viaggio non aveva alcuno scopo politico era costituita dalla circostanza che egli non aveva creduto di renderne edotto l'Auswartiges Amt. Osservai scherzando che aveva però informato il cancelliere del Reich, il che era anche più importante. Il mio interlocutore rispose che lo aveva fatto perché evidentemente avrebbe veduto

personalità politiche dei due paesi coll'intenzione di rendersi conto dei sentimenti che si nutrono presentemente verso la Germania e che aveva ritenuto utile conoscere, prima di partire, quali fossero le idee di Hitler nei riguardi dell'Inghilterra e della Francia. Mi ripeteva che le sue intenzioni non potrebbero essere migliori. Il cancelliere lo aveva pregato di tornare a vederlo al suo ritorno desiderando conoscere le sue impressioni.

Il barone von Lersner mi disse che era suo proposito di avere un colloquio meco, al suo ritoPno da Londra e Parigi, verso la metà di dicembre, ancora prima di recarsi da Hitler, per informarmi delle impressioni riportate e per vedere meco se ed in qual modo convenisse che egli procurasse di parlare al cancelliere anche delle relazioni con l'Italia. Mi sono limitato a ringraziarlo della cortese intenzione.

Proseguendo la conversazione il mio interlocutore mi informò di avere pochi minuti prima discorso con l'ambasciatore di Inghilterra il quale aveva insistito con lui sulla necessità che la Germania ritorni al più presto possibile a Ginevra. Egli comprendeva che Francia ed Inghilterra tenevano moltissimo a tale passo da parte del Reich e riteneva che, avendo ormai conquistato di fatto con i propri armamenti la parità dei diritti alla quale aspirava, la Germania avrebbe potuto studiare il modo di rientrare nella Società delle Nazioni. Le difficoltà erano però di duplice natura e consistevano in primo luogo in una vera e propria idiosincrasia per l'organismo ginevrino da parte del barone von Neurath e del signor von Bulow, in secondo luogo nella mancanza di malleabilità politica dei suoi connazionali cosicché sarebbe stato assai difficile per essi di accettare una formula che, pur tenendo conto della nota pregiudiziale, francese (ritornare in primo luogo a Ginevra, discorrere poi della parità dei diritti) consentisse loro di ricevere la sanzione legale degli armamenti compiuti in contravvenzione alle clausole del trattato di Versailles. A suo giudizio questa sanzione avrebbe costituito un elemento importante di garanzia di pace, per conseguirla la Germania avrebbe dovuto consentire a ritornare a Ginevra anche se la stragrande maggioranza del paese nutre sfiducia nella S.d.N. Anche in Italia quest'ultima godeva di ben scarsa fama, ma gli italiani infinitamente più politici dei tedeschi sapevano valersene ai loro fini per quel tanto che la Società delle Nazioni poteva offrire.

Osservai solamente che la Società delle Nazioni, alla cui efficacia per risolvere problemi importanti non avevamo mai creduto, costituiva però un organismo in cui si poteva mostrare la propria solidarietà con le altre Potenze. Questa era certamente una cosa che non nuoceva ad alcun paese e che avrebbe potuto gwvare assai alla Germania hitleriana.

n barone von Lersner ne convenne e disse che di ciò si sarebbe potuto anzi dovuto parlare dopo il plebiscito della Sarre, come del resto anche di altri problemi.

n colloquio suddetto ha confermato intieramente la sensazione da me esposta a V. E. con i due telegrammi per corriere sopra menzionati che si stia qui cercando per ogni via e con ogni mezzo di creare in Inghilterra ed in Francia una atmosfera favorevole all'inizio eventuale di conversazioni per un accordo avente come base la questione degli armamenti.

Aggiungo che si trova in questo momento a Londra, probabilmente pure con un incarico analogo, il signor Silex, redattore-capo della Deutsche Allgemeine Zeitung, che fu per molti anni corrispondente dello stesso giornale dall'Inghilterra e che vi conta conoscenze, amicizie ed anche parentele, avendo sposato un'inglese.

Contribuì a dare in taluni ambienti politici e sociali tedeschi la sensazione che il momento attuale sarebbe propizio per una politica di avvicinamento alla l<,rancia la presenza a Berlino, nei giorni scorsi del conte Jwa.n de Castellane, ex présidente del consiglio municipale di Parigi. Egli venne qui nella sua qualità di membro del comitato olimpionico francese per trattare alcune questioni col comitato tedesco che sta preparando le Olimpiadi del 1936, ma profittò del suo soggiorno per dichiarare a destra ed a manca, con l'esuberanza propria dei francesi, che il binomio Flandin-Laval costituiva la massima probabilità per la Germania di poter raggiungere una intesa franco-germanica e che non bisognava lasciar perdere una così favorevole occasione di garantire la pace all'Europa.

(l) -Cfr. n. 155. (2) -Cfr. nn. 137 e 156.
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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 21 novembre 1934.

Colloquio col ministro d'Ungheria

M'ha detto che il suo Governo, pur non opponendosi al rinvio alla sessione del Consiglio della società delle Nazioni di gennaio, preferirebbe che la discussione sul memorandum jugoslavo avesse luogo nei prossimi giorni. Ha addotto come motivo il desiderio di mitigare l'attuale stato di tensione. Che se poi il rinvio dovesse aver luogo, il Governo ungherese si proporrebbe di prendere esso l'iniziativa, richiedendo che venisse decisa la discussione per la data fissata. M'ha assicurato che in ogni modo il Governo ungherese nulla farebbe senza prima essersi concertato con l'Italia e che per ora si asterrebbe dal riporre in discussione la questione delle minoranze.

Gli ho risposto consigliando la calma, tanto più conoscendo inequivocabilmente l'attitudine di V. E. nei riguardi dell'Ungheria. Ho cercato quindi di convincerlo essere assai più adatto a mitigare la tensione, dissolvendola nell'attesa, un rinvio anziché un pronto inizio della discussione. L'esperienza disastrosa fatta dalla stessa Ungheria a Ginevra or sono pochi mesi allorché volle precipitare la discussione sulle minoranze, riuscendo a stento a trarsi in salvo mercé il nostro aiuto, non doveva lasciare dubbi in proposito.

In ogni modo l'ho assicurato che avrei informato V. E. del punto di vista del Governo ungherese (l).

(l) Baldoni comunicò con t. per corriere 3990/11672/063 R. dello stesso 21 novembre che Hory gli aveva detto «essere sempre suo personale pensiero -pensiero ch'egli sperava tuttavia potesse finire con l'esser condiviso dal Governo ungherese e da V. E. -che all'Ungheria

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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3965/643 R. Addis Abeba, 22 novembre 1934, ore 8 (per. ore 15).

Telegramma di V. E. n. 325 (1).

Assicuro V. E. non essermi affatto accontentato del passo fatto a Gondar.

Ho in questo senso telegrafato anche R. Console (mio telegramma numero 625 del 16 novembre) (2).

È già concordato, come da mio telegramma n. 624 (3), che scuse saranno presentate ufficialmente dal rappresentante Governo etiopico con armati che renderanno gli onori alla bandiera.

Esecuzione ancora in sospeso per alcuni dettagli circa indennità. Altri punti completamente accettati da Etiopia secondo miei telegrammi 624 e 631 (2) e conformi al telegramma di V. E. n. 323 (4). Riterrei preferibile che il comunicato sia dato alla stampa dopo presentazione scuse e definizione incidenti. Mi riservo telegrafare.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 39661466 R. Parigi, 22 novembre 1934, ore 13,32 (per ore 17,30).

Presidente del Consiglio ha fatto ieri la sua prima visita all'ambasciata. Egli era al corrente delle dichiarazioni di V. E. a codesto ambasciatore di Francia. Conversazione si é aggirata prevalentemente sull'atteggiamento della Jugoslavia.

Credo essere nel vero affermando che il Governo francese segue a malincuore azione ginevrina promossa da quel Governo. In un momento di espansione Léger mi disse teri che la Jugoslavia è andata a Ginevra contro la volontà della Francia e che Quai d'Orsay non si pone attraverso l'iniziativa di Belgrado solo per timore di peggio.

n presidente del Consiglio, come il ministro degli aff.ari esteri e il segretario generale degli affari esteri, sembrano temere, in mancanza di qualche soddisfa-

convenisse adoperarsi in ogni guisa, -magari presentando durante la presente sessione del Consiglio una nota decisa e recisa ch'egli ad ogni buon fine aveva già fatto pervenire alla sua delegazione -perché la discussione non fosse rinviata a gennaio. Ciò in primo luogo per il mutamento che nel frattempo sarebbe potuto avvenire nell'attitudine del Governo francese in relazione con gli sviluppi della questione della Sarre; in secondo luogo per il timore che il Governo jugoslavo, che oggi gli risultava impreparato, potesse per quell'epoca procurarsl serio materiale di accusa».

(-4) Cfr. n. 160.

zione, popolo jugoslavo, profondamente esacerbato, spazzi via Gabinetto Usunovich, si dia anima e corpo alla Germania.

Piccola Intesa si sfascerebbe.

Léger ha soggiunto che la condiscendenza della Francia per Belgrado mira ad impedire una guerra jugoslava-ungherese, che non potrebbe ess,ere esclusa se la Jugoslavia fosse abbandonata a se stessa. A mia volta ho fatto presente al signor Flandin che atteggiamento della Jugoslavia non facilità la ripresa di rapporti normali itala-jugoslavi.

Quai d'Orsay domanda una cosa impossibile quando ci chiede di fare un atto pubblico o diplomatico (così mi ha detto Léger) che dimostri la nostra volontà di raggiungere un'intesa.

L'offerta, ho soggiunto, è stata fatta all'indomani discorso di Milano.

Che cosa si vuole ancora?

Dichiarazioni fatte da V. E. all'ambasciatore di Francia a proposito modo di garantire indipendenza Austria e circa rifugiati croati in Italia, valgono ben più di una ripetizione della dichiarazione di Milano che, oltre tutto, potrebbe anche non essere compresa da un popolo che sembra sul punto di perdere la calma.

Presidente del Consiglio ha ammesso che infatti una nuova nostra avance potrebbe avere nel momento presente effetto opposto a quello desiderato. Ho concluso osservando doversi escludere eventualità di un riavvicinamento itala-jugoslavo a breve scadenza. Se perciò visita Lavai a Roma fosse subordinata alla precitata circostanza, mi sembrava azzardato fissarne una data prossima.

Flandin mi ha dato impressione voler accelerare corso trattative e mi ha detto infine essere suo desiderio che ministro degli affari esteri si rechi Roma fra le due riunioni ginevrine, la presente e quella di gennaio.

Presidente mi ha incaricato fare sapere a V. E. che serba gradito ricordo della visita fattale anni sono e si augura che il riavvvicinamento nostri due paesi si concreti durante suo Ministero.

(l) -Cfr. n. 169. (2) -Cr. n. 169, nota 2. (3) -Cfr. n. 150.
178

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 1485/228 R. Roma, 23 novembre 1934, ore 16.

Suo 355 (l). Interessa soprattutto chiarire se effettivamente Starhemberg abbia ripetuto facendoli propri concetti cristiano sociali su derivazione nuovi ordinamenti austriaci da enciclica « Quadragesimo anno ~ senza accennare esempio e ispirazione fascismo.

Prego inviare testo discorsi più notevoli tenuti nelle attuali riunioni propaganda fronte patriottico.

(l) T. 3935/355 R. del 20 novembre non pubblicato: attirava l'attenzione sul rlscorso pronunciato da Starhemberg 11 giorno precedente e trasmesso con Stefani n. 214.

179

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3980/194 R. Budapest, 23 novembre 1934, ore 19,10 (per. ore 20,30).

Mie Stefani odierne 11721 e 722.

lo Presidente del Consiglio, che ho visto testé, mi ha detto che continua considerare con tranquillità situazione: ne era prova che non avrebbe rinunziato partire per Austria ove trascorrerà week-end e incontrerà privatamente Schuschnigg, il quale è qui atteso a sua volta in visita ufficiale prima settimana dicembre.

Circa divisato passo a Londra ha tenuto sottolineare che, anche in questo, intendeva rimettersi in tutto decisioni V. E.

All'E. V. desiderava pure sottoporre ora a mio mezzo preghiera esaminare opportunità « influire in qualche modo presso Potenze affinché Piccola Intesa attenuasse sua campagna stampa e cessasse persecuzioni in corso contro ungheresi ».

2° A me presidente del Consiglio è sembrato più preoccupato di quanto non volesse apparire.

Anche opinione pubblica sembra più nervosa di quanto non appaia finora dall'atteggiamento stampa che Governo continua controllare.

180

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 39831472 R. Parigi, 23 novembre 1934, ore 21,15 (per. ore 5 del 24).

Ho veduto nuoval?ente stasera presidente del Consiglio.

L'ho trovato meno tranquillo sulla situazione.

Gli ho detto che la comunicazione fattami fare iersera da Lava! (l) non ml aveva dato impressione che l'invio alla Società delle Nazioni della nota jugoslava e la sua pubblicazione fossero imminenti, né che il documento fosse redatto in una forma acre.

Flandin mi ha dichiarato che la lettera nella forma primitiva era violenta.

Lavai aveva ottenuto che fosse attenuata.

Presidente del Consiglio mi ha detto di domandare a V. E. in suo nome, nel mio prossimo viaggio a Roma, di mode,rare reazione dell'Ungheria nell'interesse superiore della pace e ha soggiunto:

«La pace e la guerra sono nelle mani del signor Mussolini ».

17 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Presidente del Consiglio ha ribattuto che il Governo francese ha fatto tutto queno che stava in lui nei limiti del possibile ed ha ripetuto solito argomento e cioè che forzando le cose si sarebbe gettata la Jugoslavia nelle braccia della Germania.

Ho replicato di non crederlo.

La forza della Jugoslavia sta nella sua politica di altalena.

Se si staccasse dalla Francia per darsi alla Germania, amica dell'Ungheria, la sua influenza politica sarebbe ridotta quasi a zero. Anche al Qual d'Orsay è pervenuta notizia dell'intenzione dell'Ungheria di pretendere discussione immediata del reclamo jugoslavo.

Flandin mi ha pregato di domandare a V. E. di influire perchè la discussione sul ricorso sia rinviata al mese di gennaio per avere possibilità di esercitare azione moderatrice sugli animi sovreccitati dei due contendenti.

Ho risposto che, se nota jugoslava fosse stata redatta in modo conciliante, intervento di V. E. avrebbe potuto essere considerato.

Di fronte al linguaggio provocatore del Governo jugoslavo ero in dovere di mantenere la più rigorosa riserva e di non impegnare in nulla il Governo che rappresento.

Presidente del Consiglio mi ha detto che Lavai ripartirà per Ginevra domenica sera. Per opportuna notizia di V. E., informo che gli ambienti vicini a questa legazione ungherese manifestano viva agitazione. Si dichiara che Ungheria intende prevalersi del diritto di chiedere discussione immediata del reclamo jugoslavo.

Si dice inoltre che Ungheria è disposta a tutto.

Non posso esdudere che sia del «bluff».

(l) T. 3972/468 R. del 22 novembre, non pubblicato.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA (l)

T. 1486/52 R. Roma, 23 novembre 1934, ore 24.

È opportuno che V. S. si tenga in stretto contatto con delegazione ungherese, seguendone da vicino azione e assistendola con quei consigli e suggerimenti che circostanze consigliassero.

Voglia tenere presente che, come è stato detto a questo ministro di Ungheria, noi non condividiamo opLnione Governo ,ungherese che discussione immediata potrebbe facilitare superamento attuale stato tensione. Riteniamo preferibile rinvio come più atto a mitigare tensione dissolvendola nella attesa. Abbiamo comunque consigliato calma e assicurato Governo ungherese nostra cordiale assistenza.

(l) Il telegramma venne Inviato tramite Il consolato a Ginevra.

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IL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA, AL COMANDANTE DEL CORPO TRUPPE COLONIALI DELLA SOMALIA, CARNEVALI

N. s. U. RR. 484. Mogadiscio, 23 novembre 1934.

Telegrammi pervenuti oggi da Uardere a firma del Tenente Musti, ed altri successivi del Commissario Maltese, darebbero Uardere come accerchiata da un numero imprecisato di ciufta e di abissini, che tuttavia il Tenente Musti valuta a circa seicento.

Avevo telegrafato al Commissario Maltese per avere d'urgenza più esatti particolari sulla situazione, e chiedergli se ritenesse necessario, o quanto meno opportuno, l'invio di velivoli. Ma nel frattempo un altro suo telegramma incrociatosi col mio richiedeva appunto l'ausilio dell'aviazione e delle autoblindo.

V. S. vorrà pertanto disporre che il più presto possibile, ed in ogni caso non più tardi del primo mattino di domani 24, una squadriglia di non meno di tre aeroplani parta per Uardere, ed anche una squadriglia di autoblindo sia avviata alla medesima località.

Troveranno a Uardere il Capitano Cimmaruta · che, partito ieri di qui in automobile, vi giungerà indubbiamente nella mattinata di domani, e si porranno a sua disposizione.

A secondo delle notizie che riceverà sull'ulteriore sviluppo degli avvenimenti, mi riservo di inviare subito, o più tardi, sui luoghi, l'Ispettore delle Bande Maggiore Cav. Montanari. Ove il Maggiore Cav. Montanari giunga ad Ual-Ual Uardere, le squadriglie passeranno a sua disposizione.

Intanto V. S. vorrà impartire alla squadriglia degli aeroplani i seguenti precisi ordini:

1° Procurar di giungere a Uardere al più presto; 2° Assumere immediate informazioni verbali dal Capitano Cimmaruta, o qualora non fosse ancor giunto -dal Tenente Musti, sulla situazione del momento; 3° Senza spingersi troppo visibilmente oltre le nostre posizioni, eseguire subito un volo di ricognizione;

4o Eseguire il volo in modo da essere chiaramente veduti dai ciufta e dagli abissini, cosicché per essi ne risulti un salutare ammonimento; ma non cosi basso da poter essere fatti segno a troppo facili fucilate;

5° Finché i ciufta o gli abissini non abbiano fatto uso delle armi contro le bande, astenersi da qualsiasi atto ostile; ma qualora i ciufta o gli abissini, oppure gli uni o gli altri, avessero attaccato o attaccassero le nostre posizioni, rispondere bombardando e mitragliando vigorosamente.

Prego V.S. di volermi dare assicurazione, e di indicarmi l'ora di partenza, sia della squadriglia di aeroplani, sia della squadriglia di autoblindo.

(l) Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Inviato, per conoscenza, anche al maggiore Montanari, ispettore delle blliilde.

183

L'AMBASCIA'I10RE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3999/475 R. Parigi, 24 novembre 1934, ore 13,55 (per. ore 18,40).

Segretario generale degli affari esteri mi ha confermato stamane che Jeftich ha dichiarato nel modo più esplicito a Lavai a Ginevra, che il Governo jugoslavo, malgrado ricorso ginevrino, rimane fermo nel proposito di ricercare intesa con l'Italia (1).

Analoga esplicita dichiarazione ha fatto iersera a questo ministro degli affari esteri principe reggente di Jugoslavia di passaggio da Parigi diretto a Londra per il matrimonio della cognata principessa Marina.

Lavai ritorna a Ginevra domani animato dal proposito di proseguire opera di moderazione, appoggiato in questo dal presidente del Consiglio e da tutto il Gabinetto.

Léger ha soggiunto che il Governo francese sa che non può chiedere all'Italia cose impossibili e si astiene dal farlo. Esso considera tuttavia che il rinvio a gennaio della discussione del reclamo jugoslavo sia opportuno per preparare atmosfera più calma. Se V. E., cosi ha detto segretario generale degli affari esteri, vorrà influire in tal senso sull'Ungheria, causa della pace ne sarà rafforzata. Parlando infine delle conversazioni in corso italo-francesi, Léger si è espresso stamane con caloroso ottimismo.

Egli mi ha detto come conclusione esser possibile che gli ufHci abbiano delle loro vedute particolari di politica estera ma desiderava dichiararmi che l'idea del riavvicinamento dei nostri due paesi era solidamente ancorata nell'animo di tutti.

184

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA

T. 1503/53 R. Roma, 24 novembre 1934, ore 18,40.

Agenzia Stefani comunica:

«Negli ambienti responsabili italiani, si seguono con molta attenzione sviluppi che la presentazione dell'atto di accusa di Jeftic e Piccola Intesa può provocare nella Lega ginevrina e altrove. In tali ambienti si riconosce pienamente diritto dell'Ungheria reclamare discussione immediata in sede Consiglio

della Lega tali accuse e tale punto vista magiaro sarà appoggiato nettamente rappresentanti italiani Lega stessa.

Ambienti responsabili italiani ritengono che una nazione non può rimanere sotto accuse così gravi come quelle avanzate contro Ungheria dal memoriale serbo. Ambienti responsabili italiani considerano situazione delicata ma non credono che possa condurre ad immediate più serie complicazioni~.

(l) Con t. 3972/468 R. del 22 novembre Pignatti aveva comunicato: «Bargeton mi ha dichiarato espllcltamente che Jeftic ha detto di concordare nella politica della Francia intesa facllltare una d(tente ed a preparare, col riavvicinamento ltalo-francese, que!)o itala-jugoslavo».

185

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL DELEGATO AGGIUNTO A GINEVRA, SORAGNA (l)

T. R. 1504/53 R. Roma, 24 novembre 1934, ore 18,40.

Richiamo sua attenzione su Stefani odierna che le telegrafo in chiaro (2). Essa definisce nostra linea di condotta quale è stato deciso adottare in seguito a nuovo esame situazione. Voglia quindi regolarsi in conformità nei suoi rapporti con delegazione ungherese che da parte sua avuto istruzione tenersi con noi in stretto contatto. Ciò in relazione e a rettifica seconda parte telegramma di ieri (3).

186

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 3997/346 R. Berlino, 24 novembre 1934, ore 21,12 (per. ore 22,30).

Negli ultimi giorni si sono andate spargendo voci sopra crescenti dissidi fra la Reichswehr e le organizzazioni armate nazionalsocialiste con ripercussioni nella Reichswehr medesima in cui sarebbe scossa la stessa situazione del generai~ von Blomberg.

Mi risulta che fu comunicato all'estero da informatori fiduciari che si può persino ritenere imminente un colpo della Reichswehr contro Hitler.

Riferirò a V. E. ragguagliatamente col prossimo corriere.

Credo poter escludere, dati i precedenti della Reichswehr, che si sia alla "igilia di un pronunciamento.

È viceversa vero che le cause di malcontento si vanno aggravando tal che potrà crearsi in epoca più o meno prossima una situazione in cui Reichswehr dirà parola decisiva.

(-2) Cfr. n. 184.
(l) -Il telegramma venne Inviato tramite il consolato a Ginevra. (3) -Cfr. n. 161.
187

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 3996/347 R. Berlino, 24 novembre 1934, ore 21,14 (per. ore 22,30).

Non ho potuto vedere oggi von Btilow causa suoi precedenti impegni e neanche Koepke, perché è ammalato.

Ho però appreso indirettamente che quest'incaricato d'affari di Jugoslavia, interrogato dal sostituto di Koepke circa intenzioni reali del suo Governo, avrebbe risposto che esso non vuole un conflitto armato con l'Ungheria ma intende che sia posto fine ll!llo stato delle cose che costò la vita al Re Alessandro.

Decisione scelta, che pone nel più serio imbarazzo le varie Potenze disturba Germania soltanto in quanto che essa deve barcamenarsi per non spiacere all'Ungheria e per non alienarsi d'altro canto le crescenti simpatie della Jugoslavia.

A parte ciò e data sua assenza da Ginevra, Germania si trova in una situazione privilegiata traendo vantaggi dalla delicata posizione in cui si trovano F:-ancia e Italia.

188

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 24 novembre 1934.

Il signor Chambrun si riferisce al colloquio avuto col Capo del Governo al quale ha esposto le idee di Parigi riguardo alle conversazioni in corso tra nostri Paesi. Egli mi riassume la situazione nei termini seguenti:

l) Questione disarmo -Scambio di vedute sulla base delle idee che hanno formato oggetto dei precedenti colloqui per preparare su questa questione le conversazioni tra i due uomini di Stato.

2) Jugoslavia -La Francia non intende farsi mediatrice per un avvicinamento itala-jugoslavo. Confida tuttavia che in previsione dell'accordo italafrancese, Ja tensione esistente tra Italia e Jugoslavia, che costituisce una effettiva difficoltà per la Francia, possa essere eliminata.

3) Austria -La Francia desidererebbe fare un passo avanti di fronte all'ultima dichiarazione di Ginevra, che non è che la conferma della precedente dichiarazione delle tre Potenze.

Venendo a parlare delle nostre richieste, l'Ambasciatore espone:

l) Tunisia. -La Francia è disposta ad accettare la prolungazione degli attuali accordi per dieci anni. Chiede però che dopo dieci anni si cominci una smobilitazione della «ipoteca italiana», smobilitazione graduale che potrebbe estendersi al periodo dell'attuale generazione.

2) Contini meridionali della Libia. -La nostra proposta in massima sarebbe accettata. Il Governo francese proporrebbe solo una leggera modificazione che ci darebbe qualche cosa di più nel Tibesti e qualche cosa di meno verso i confini del Sudan. Complessivamente, tra le concessioni già fatte e queste nuove, la Francia verrebbe a cederci ai confini della Libia un territorio di circa 240 mila chilometri quadrati.

3) Somalia. -La Francia ci darebbe una leggera modifica di confini a spese della Somalia francese. Di più ci farebbe cedere un pacchetto di azioni della ferrovia perché noi si possa entrare con un rappresentante nel Consiglio. Oltre a ciò la Francia ci dichiarerebbe che limita i suoi interessi in Abissinia a quelli di carattere economico, e anche questi per una striscia lungo la ferrovia, e per quelli che sono gli interessi della ferrovia stessa. Chiede che questa proposta francese sia mantenuta segretissima perché se essa venisse conosciuta darebbe luogo certamente ad una campagna tanto in Francia che fuori.

L'Ambasciatore poi mi chiede come vediamo la questione della nota jugoslava e deH'atteggiamento ungherese.

Gli rispondo che la nota jugoslava è molto aspra e contiene delle accuse per le quali manca qualsiasi prova. Gli ungheresi hanno ragione di reagire con la massima energia e di chiedere l'immediata discussione. Bisogna preoccuparsi non solo dello stato d'animo jugoslavo ma anche di quello degli ungheresi che si trovano sotto un'accusa così grave ed ingiusta.

189

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PO~TA 6007/2348. Parigi, 24 novembre 1934 (per. il 26).

Onoromi trasmettere l'unita relazione presentatami da S. E. il Generale Piccio su una conversazione da lui avuta con il Signor Flandin, presidente del Consiglio dei Ministri francese.

ALLEGATO

COLLOQUIO PICCIO-FLANDIN

APPUNTO

Parigi, 21 novembre 1934.

Ho ricordato al Presidente quanto egli mi aveva dichiarato a varie riprese fin da molti anni or sono (1925) e cioè: «Il giorno in cui sarò al potere risolverò in brevissimo tempo le questioni con l'Italia».

Ecco quanto egli mi ha allora dichiarato:

«Io sono oggi assolutamente dello stesso parere ed ho la stessa volontà di riuscire. Io ho dato a Chambrun le istruzioni che erano state preparate da Laval. Tenete ora presente quanto io vi dico circa il mio pensiero; esaminiamo per ordine le tre questioni: parità navale -questione tunisina -concessioni coloniali in esecuzione del trattato di Londra.

In quanto alla prima questione essa è quasi sorpassata e non credo valga la pena discuterne. Il trattato di Washington ha subito violenti attacchi ed è e si può dire denunziato. In ogni modo, siamo pratici, questa questione non è che di parole.

Sulla questione tunisina le istruzioni che sono state date a Chambrun sono di natura da giungere llil più presto ad un risultato (rinnovo per un lungo periodo).

Per la ,terza questione occorre materializzare. In una maniera o nell'altra arriveremo ad un accordo; io spero però che non si debba perder troppo tempo in discussioni su 10.000 m• in più od in meno.

Entriamo dunque in pieno in questo momento nelle trattazioni; esse non debbono essere rivolte ad affermazioni teoriche che lasciano il tempo che trovano ma a precisare e risolvere effettivamente le varie questioni in sospeso. E conto sul concorso del vostro Governo per accelerare al massimo queste conversazioni; occorre della buona volontà e far presto.

Ma questo non è tutto.

La situazione franco-itailiana è più complessa per quanto riguarda la Jugoslavia.

Resta inteso che d'ora in poi l'influenza francese in Jugoslavia sarà diretta non a

rendere più aspre ma a facilitare le relazioni !taio-Jugoslave. Ma non facciamoci illusioni; la Germania lavora attivamente in quel settore ed è facile che tale attività sia appunto diretta a rendere difficile il riavvicinamento !taio-Jugoslavo.

E' quindi nostro interesse Italia e Francia che tutto sia messo in opera per neutralizzare tali influenze con un contatto amichevole tra Italia e Francia -Italia e Jugoslavia -Italia e Piccola Intesa.

E qui il Signor Flandin ha accennato alla apparente contraddizione del nostro

atteggiamento da un lato conservatore in Austria e dall'altro revisionista in Ungheria

e mi ha espresso la sua certa convinzione che l'Ungheria, per interessi e tradizione,

finirà inesorabilmente per gravitare nell'orbita tedesca.

Ed il Signor Flandin ha continuato:

In Austria invece gli interessi sono comuni e noi possiamo lavorare utilmente Italia

Francia e Piccola Intesa a consolidare e sviluppare le posizioni già acquistate in

Austria dall'influenza Italiana. Bisogna dunque decidersi.

Vi è poi una questione (l) molto più delicata su cui io posso si parlare, ma sulla

quale io non potrei scrivere una sola parola senza attirarmi contro tutti gli idealisti

del tipo Herriot-Società delle Nazioni ecc. ecc.

Di questo ve ne avevo già parlato all'epoca delle conversazioni che ho avuto con

voi quando ero ministro delle finanze nel Ministero Lavail.

Nel campo economico io posso fin d'ora ostaco~are le iniziative francesi in quel Paese

in modo che effettivamente la vostra influenza venga ad aumentare.

Potremmo magari accettare una vostra partecipazione economica sulla ferrovia Gi

buti. Addis Abeba -potremmo prevedere la possibilità di una linea di allaccia

mento da un vostro porto sulla costa somala con l'attuale tronco ma questo non ·Sareb

be ora spiegabile dal lato economico poiché l'attuale linea smaltisce a mala pena 80.000

tonnellate annue.

Certo non posso cedere Gibuti nostra colonia; avrei contro tutti, Paese, Parla

mento, Guerra, Marina, Colonie.

Tutte queste cose direte voi sono poco; ma non dimenticate che la nostra attuale

situazione al Marocco è la conseguenza di una ipoteca presa coll'accordo Delcassé col

Governo inglese, ipoteca che fu tolta dalla Francia quattro-cinque anni più tardi. Quello

che io vi offro oggi è una ipoteca dello stesso genere.

Io non so quanto tempo resterò in carica come Presidente, un giorno me ne dovrò

andare ma ritornerò; guardate dietro a me non vi sono concorrenti ritornerò, abbiate

fiducia in me; ho sempre tenuto e terrò sempre la mia parola (2).

(l) -Allude evidentemente all'Abissinia. (2) -Non si pubblica una relazione (trasmessa da Pignatti con t. posta 5989/2339 del 24 novembre) su un colloquio avvenuto il 20 novembre fra Flandin e l'amministratore delegato per la Francia della Fiat, F. Pigozzi ln cui Flandin aveva espresso concetti analoghi a quelli detti a Plccio. Altra copia della relazione fu trasmessa da Agnelli a Mussolini.
190

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A LONDRA, GRANDI, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 1497/c R. Roma, 25 novembre 1934, ore 17.

In relazione a comunicato Stefani di ieri (l) che definisce atteggiamento italiano di fronte passo jugoslavo a Ginevra, V. E. (V. S.) vorrà tener presente quanto segue per norma linguaggio in eventuali conversazioni:

È in corso un tentativo da parte della Piccola Intesa di approfittare delle circostanze attuali per umiliare l'Ungheria. Si trae profitto esagerando stato esasperazione opinione pubblica jugoslava.

Domanda ungherese appare perfettamente giustificata seguenti considerazioni:

l) Non si può ammettere che un paese rimanga neanche per qualche tempo sotto accuse così gravi come quelle fanno oggetto passo jugoslavo.

2) Richiesta di discussione immediata da parte Ungheria non può che essere accolta favorevolmente da Jugoslavia che se ha sollevato questione deve dimostrare tutto interesse a che la stessa sia rapidamente risolta.

È inutile aggiungere che Ungheria che è accusata ingiustamente sarà da noi sostenuta anche nel merito della discussione quando questa sia iniziata.

Da quanto sopra risulta che unico mezzo per evitare aggravarsi situazione data irriducibilità della difesa ungherese e del nostro appoggio è quello di modificare la condotta degli avversari dell'Ungheria ( 2).

191

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI

T. 1499/164 R. Roma, 25 novembre 1934, ore 17.

Prego V. S. richiamare attenzione presidente Consiglio su comunicato Stefani telegrafatole ieri (l).

Potrà anche dargli comunicazione contenuto telegramma odierno n.l497/C (1).

Vorrà aggiungere che a mio modo di vedere conviene dimostrare in questo momento la massima decisione mantenendo però una linea di assoluta calma ed obiettività. A trule direttiva dovrebbe informarsi anche la stampa.

È necessario che in questi giorni si mantenga il più stretto contatto fra i nostri Governi comunicando a tempo qualunque informazione od iniziativa. Sarà parimenti indispensabile che delegazione ungherese a Ginevra sia in istretto contatto con la nostra delegazione sottoponendo tempestivamente alla stessa qualsiasi iniziativa divisata per l'azione da svolgere di intesa. Ciò anche in considerazione delle probabili sorprese che la delegazione jugoslava terrà in riserva per farne uso nel corso ulteriore della discussione.

A tale riguardo informo che nostro primo delegato si troverà a Ginevra un giorno prima l'inizio delle discussioni.

(l) -Cfr. n. 184. (2) -Questo telegramma fu comunicato in pari data ad Ankara, Praga, Belgrado, Bucarest, Sofia, Atene e Berna con t. 1500/C. R.
192

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4040/0194 R. Vienna, 26 novembre 1934 (per. il 28).

Ministro degli esteri mi ha detto che il cancelliere, trovandosi ieri in una città vicina alla località di caccia dove GOmbOs risiede, si è recato a trovarlo. Berger ha soggiunto che il cancelliere gli aveva stamani telefonicamente riferito:

l) che Gombos è tuttora «nello stesso stato d'animo di quando tornò dalla sua recente visita a Roma:.; 2) che egli desidera « pervenire a legami quanto più stretti possibili con l'Austria; 3) che egli ha ribadito voler seguire «una politica assolutamente parallela a quella austriaca:.; 4) che egli infine ha chiesto con insistenza che abbia al più presto luogo una visita ufficiale -del cancelliere e del ministro degli esteri austriaco -a Budapest; visita che è stata poi fissata per il 15 dicembre.

Da parte sua Berger si tratterrà con Gombos domani al suo passaggio da Vienna.

Nel prosieguo della conversazione Berger ha rilevato che GOmbtis continua a mostrare freddezza e risentimento nei riguardi di Berlino e che su tale suo stato d'animo ha dovuto influire grandemente l'atteggiamento antirevisionistico assunto da Gtiring: un atteggiamento contro il quale il Governo ungherese aveva fortemente protestato. Berger ha poi aggiunto essergli stato riferito da Berlino che Neurath, in seguito alle rimostranze ungheresi, era personalmente intervenuto presso Gtiring, il quale avrebbe obbiettato che le sue dichiarazioni antirevisionistiche sarebbero state svisate, avendo egli soltanto accennato alla sua contrarietà verso ogni revisionismo che dovesse effettuarsi per mezzo delle armi.

(l) Cfr. n. 190.

193

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4041/0195 R. Vienna, 26 novembre 1934 (per. il 28).

Berger, nel ripetermi che Barthou, durante l'ultima assemblea ginevrina, ebbe ad invitarlo, assieme al cancelliere, a recarsi in visita a Parigi, mi ha detto che questo ministro di Francia, ritornato testé dal congedo, gli ha ripetuto lo stesso invito. Ha aggiunto che egli aveva risposto che della cosa si sarebbe potuto parlare «dopo la visita di Laval a Roma».

Berger mi ha quindi pregato di fargli sapere al più presto se questa sua risposta corrisponde ai desiderata di V. E. Egli mi ha pure raccomandato di farle presente il suo desiderio di ricevere dall'E. V., dopo l'eventuale visita di Lavai a Roma, qualche informazione o qualche dato che potesse essergli utile nelle sue conversazioni in Parigi, allo scopo di dimostrare colà la completa identità di vedute intercedenti fra Vienna e Roma.

Per connessione d'argomento riferisco che il Governo francese ha invitato questo Governo ad inviare una rappresentanza austriaca al raduno aeronautico di Parigi; che Starhemberg aveva deciso di recarvisi con una piccola squadriglia; ma che poi, in considerazione che in questi giorni si riuniranno per la prima volta i nuovi corpi legislativi, ha rinunziato al suo progetto, notificando stamani stesso a questa legazione di Francia la sua impossibilità ad accogliere l'invito (1).

194

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4062/0280 R. Berlino, 26 novembre 1934 (per. il 29).

Mio telegramma n. 346 del 24 corrente (2).

Una ventina di giorni fa ebbi sentore del crescente malumore nella Reichswehr a causa dei nuovi tentativi fatti da Himmler di ottenere un maggiore armamento per i suoi S.S. e delle aspirazioni risorte di molti appartenenti alle

S.A. di entrare a far parte del corpo di ufficiali della Reichswehr. Si trattava di voci vaghe che cercai di controllare, sia pure con la maggiore cautela.

Persona molto al corrente di quanto si passa nella Reichswehr, parlandomi della malattia del generale von Blomberg (questi era da circa due mesi ricoverato nel sanatorio « Weisser Hirsch » di Dresda per curarsi di una malattia

intestinale) e della visita fattagli un mese fa circa dal cancelliere del Reich, mi disse che sarebbe stato necessario, anzi urgente, che si potesse ripetere il viaggio nei fiordi della Norvegia della Pentecoste scorsa* (1). Fu durante quel viaggio infatti, compiuto a bordo di una nave da guerra, che il generale von Blomberg riuscì a conquistare le chiavi del cuore di Hitler e a convincerlo della necessità di opporre un reciso rifiuto alle pretese di Roehm che voleva divenire lui stesso ministro della Reichswehr, per poi inquadrare nell'esercito i suoi S.A. Chiesto al mio informatore se la posizione del generale von Blomberg fosse per avventura scossa, mi fu risposto che gli assenti avevano sempre torto, sopratutto quando vi erano persone interessate a profittare della loro lontananza per infiltrare nell'animo di Hitler idee rispondenti ai loro interessi e scopi.

Proseguii le indagini ed appresi che il generale von Fritsch, capo di S.M., della Reichswehr ed esponente della tendenza intransigente, aveva disposto che nella riassunzione di numerosi uff.iciali superiori, *richiesta dall'aumento più che doppio delle forze armate tedesche compiutosi durante gli ultimi mesi, fossero esclusi gli ex-ufficiali, i quali fossero entrati nelle fila delle S.A. *. Donde un risentimento da parte loro che generava il desiderio di vendetta. D'altra parte lo stesso generale von Fritsch, sostenendo che la Reichswehr doveva essere l'unico corpo armato del Reich, opponeva un reciso rifiuto ad accordare maggiori armi agli S.S. che il loro capo, Himmler, avrebbe invec~: voluto equipaggiare ed armare, almeno quanto lo è il corpo della polizia statale che dipende da Goering. Donde una rivalità e dei malumori aggravati dal fatto che nella Reichswehr stessa ancorché in infima minoranza, esistono elementi che nutrendo sentimenti socialnazionalisti assai forti, non sono convinti che la linea di condotta seguita dal generale von Fritsch sia la migliore. Il sospetto che in un organismo disciplinato per eccellenza quale è l'esercito si inflltrlno divergenze di opinione in materia politica ha probabilmente creato il malessere di cui si parla sottovoce. * Nessuno degli ufficiali della Reichswehr è infatti sicuro che non si eserciti lo spionaggio a loro danno per parte di compagni esercitanti forse anche la parte di agenti provocatori*.

Pochi giorni or sono comparve nei giornali una conferenza che il maggiore

Foertsch tenne agli ufficiali della Reichswehr sul tema «Rapporti fra la

Reichswehr e lo Stato nazionalsocialista », che mi affrettai a trasmettere col

telespresso n. 4157/1914 del 19 corrente (2). La pubblicazione stessa mi sembrò

comprovare che la crisi interna dell'organismo militare tedesco doveva essere

forte, tale anzi da richiedere la pubblica esposizione del punto di vista orto

dosso quasi che fosse necessario procurarsi, nel consenso della pubblica opinione,

un alleato per la difesa di queste idee contro quelle che gli antagonisti pote

vano cercare di far prevalere nell'animo del FUhrer e cancelliere del Reich.

Quasi contemporaneamente mi pervenne l'informazione che taluni alti

ufficiali della Reichswehr facevano ormai. il nome del generale von Rundstaedt,

comandante del Wehrkreis (corpo d'armata) di Berlino come quello del suc

cessore del generale von Blomberg. Questi è un ufficiale distintissimo, molto

ligio al generale von Hammerstein, predecessore dell'attuale comandante della Reichswehr, generale barone von Fritsch, il quale fu allontanato un anno fa per la sua assoluta intransigenza nei riguardi del partito nazionalsocialista che voleva non si ingerisse menomamente negli affari della Reichswehr. Sino ad ora non ho avuto conferma che vi sia qualche fondamento nella voce suddetta. *È ad ogni modo sintomatico che si parli tra ufficiali di un'eventuale sostituzione dell'attuale ministro della Reichswehr *.

Ieri ho poi appreso indirettamente che questo ambasciatore d'Inghilterra ricevette dal suo collega di Parigi la notizia fornita a quest'ultimo dal signor Wickam Steed -il quale l'avrebbe avuta da un proprio fiduciario a Berlino secondo la quale il conflitto tra la Reichswehr ed i corpi organizzati degli S.S. e S.A. sarebbe giunto ad un punto tale da far ritenere imminente un aperto conflitto. Si parlava anzi delle notizie pervenute a sir Eric Phipps di un tentativo che gli S.A. di Treviri avrebbero dovuto fare per impadronirsi di armi della Reichswehr.

Contemporaneamente, ancorché da altra fonte, apprendevo che le simpatie che la Reichswehr nutre per il presidente del consiglio prussiano generale Goering sono andate scemando negli ultimi tempi in proporzione con il progresso fatto dagli armamenti aerei del Reich. La cosa è del resto comprensibile. *L'ambizione di Goering è sconfinata*. Non è un mistero per alcuno che egli aspira a diventare il ministro della difesa nazionale riunendo nelle sue mani la direzione della Reichswehr, della marina e dell'aeronautica militare. Si comprende quindi come la Reichswehr aspiri ad incorporare essa stessa l'arma aeronautica e come Goering speri invece di riuscire ad indurre il cancelliere ad affidare a lui, oltre che l'aeronautica, anche _l'esercito e l'armata. *La Reichswehr sarebbe inoltre in disaccordo completo col Partito nella questione religiosa, desiderando che i propri ufficiali e soldati siano dei buoni cristiani perché rit,iene che la fede sia una garanzia per la disciplina *.

Ad aggravare la situazione già assai satura di elettricità sarebbe giunto un recente animato dibattito al consiglio dei ministri dove il dr. Schacht avrebbe dichiarato che rifiutava di fornire i fondi richiesti dalla Reichswehr per condurre con ritmo accelerato il riarmamento dell'esercito più che triplicato.

I militari avrebbero opposto una resistenza accanita e sostenuto che il rifiuto dei mezzi finanziari ritenuti indispensabili avrebbe potuto avere le conseguenze più nefaste. Era infatti preferibile aver una Reichswehr di 200.000 uomini perfettamente omogenea ed armata che un esercito di 300 o 400.000 uomini privo in parte di quanto occorre a truppe moderne per essere efficienti.

Schacht avrebbe confermato il suo rifiuto giustificandolo con la necessità, nell'interesse supremo del paese, di mantenere intatte le ultime riserve del Rei:ch costituite dai valori e dai titoli posseduti da ctttadini tedeschi in Stati esteri che il Governo si era fatto mettere a disposizione per valersene in un caso estremo. Ora questo, secondo il dittatore economico del Reich, si sarebbe presentato il giorno in cui, verificandosi un cattivo raccolto, il Reich avesse dovuto provvedere a rifornire di viveri la popolazione. Tale pericolo non esiste

per il 1935, dato che il raccolto dell'anno corrente è stato normale, ma potrebbe presentarsi in futuro e ci si doveva pensare.

Il cancelliere del Reich aveva dato ragione al dr. Schacht ed il consiglio dei ministri deliberato quindi di non accordare ulteriori fondi per il riarmamento del Reich.

Questo provvedimento ~ se vero ~ e mi riservo di controllarlo ~ colpirebbe gravemente, per i motivi sopra esposti, la Reichswehr ed anche l'aeronautica, meno la marina dato che essa aveva un programma modesto che può probabHmente svolgere con le disponibilità ordinarie.

*Si può facilmente immaginare quale impressione tale atteggiamento del cancemere del Reich abbia potuto produvre nella Reichswehr la quale nutriva da qualche tempo dubbi che Hitler non parteggiasse più in modo assoluto per essa, siccome aveva fatto subito dopo l'eccidio del 30 giugno*.

Devo anche segnalare un'ultima voce che circola a Berlino, quella che il partito, convinto che la Reichswehr non possegga la ideologia nazionalsocialista, penserebbe a porre a lato dei comandanti dei commissari politici, così come fu fatto ai tempi della rivoluzione francese e più recentemente dall'U.R.S.S.

Se questa notizia fosse vera, essa potrebbe acuire il dissidio.

Mercoledì scorso il cancelliere Hitler, nel tornare a Berlino da Monaco, fece una punta a Dresda per visit~re nuovamente il generale con Blomberg sempre ancora degente nel sanatorio. Tale visita fu messa in connessione con il malumore esistente nella Reichswehr.

Stamane i giornali pubblicano poi la notizia che il gene,rale von Blomberg ha fatto rHorno a Berlino.

È probabile che sì cercherà dì specularci sopra, a me risulta che lo stato di salute del generale von Blomberg è ormai buono e che anzi la recente visita del cancelliere del Reich a Dresda aveva avuto lo scopo di convincere il suo collaboratore militare a rimanere ancora qualche giorno nel sanatorio per non compromettere con un affrettato ritorno alla capitale la guarigione completa.

Non si può d'altra parte negare che il generale von Blomberg dimostrò premura di ritornare nel suo ministero e le ragioni possono essere quelle sopra menzionate, unite alla considerazione che gli assenti finiscono per avere sempre torto.

A mio giudizio, pur constatando che esiste uno stato di cose delicato nella Reichswehr ed intorno ad essa, sarebbe fuori di luogo pensare a complicazioni del genere di quelle segnalate al mio collega inglese da una fonte spesso informata in modo fantastico qual è quella di Wickam Steed.

In conclusione lo stato di cose attuale si può riassumere così: la Relchswehr, che dopo il 30 giugno accordò il suo appoggio al cancelliere del Reich, rimane il più valido appoggio del Governo hitleriano, anche se in alcuni punti è in disaccordo col partito. Essa è irremovibile sulla questione di dover restare il solo corpo armato dello Stato e resisterà alle pressioni in senso contrario esercitate dagli S.S. e S.A. La sua fedeltà giurata a Hitler non fu una lustra, ma provenne dal convincimento che il Governo nazionalsocialista saprà ridare alla Germania il posto che le spetta fra le Nazioni e quindi anche un esercito agguerrito. Fu dunque una fedeltà dirò così condizionata e se ne ebbe una prova neHe dichiarazioni fatte da Hitler nel suo primo discorso come capo dello Stato relative alla Reichswehr «unico organismo armato della nazione». I malumori attuaLi provengono dal timore che la Reichswehr nutre che 11 cancelliere non sappia sempre resistere alle aspirazioni del Partito che contrastano con quelle proprie. Dedurre da questo stato di cose che la Reichswehr possa in un lontano giorno rivoltarsi mi pare fuor di luogo. Non si può escludere invece che essa possa far sentire a Hitler di non essere più in grado di sostenerlo in determinate circostanze, tanto più che ciò probabilmente lo rimetterebbe sulla retta via. In caso contrario potrebbe accentuarsi quell'orientamento verso destra della Reichswehr che la potrebbe condurre ad auspicare la restaurazione monarchica con la certezza di avere consenziente tutta la parte conservatrice della Germania.

Perciò gli umori della Reichswehr devono essere seguiti con la massima diligenm, come mi sforzo di fare.

(l) -Annotazione a margine di Suvich: «D'accordo. Prima venga Lavai poi la cosa può andare ». Il 4 dicembre venne inviato a Preziosi il seguente t. 1549/235 R.: «Pregola dire a Berger che approviamo sua risposta. Ci riserviamo naturalmente fargli pervenire a suo tempoogni utile informazione per colloqui che egli potesse avere a Parigi». (2) -Cfr. n. 186. (l) -I brani fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini. (2) -Non pubblicato.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 26 novembre 1934.

L'ambasciatore Chambrun prima di entrare nell'argomento degli accordi itala-francesi, mi chiede se egli debba riferire a Parigi qualche cosa d~ particolare nei riguardi della questione jugoslavo-ungherese, per corrispondere a qualche nostro desiderio suli'argomento.

Gli rispondo che non abbiamo alcun desiderio particolare; la cosa per noi è semplice: l'Ungheria è stata accusata ed offesa, deve difendersi e reagire. Lo vuole far subito ed in ciò non fa altro che precorrere il desiderio degli accusatori. Non vedo la possibilità che si contrasti tale desiderio dell'Ungheria.

L'Ambasciatore mi dice che fino ad ora egli aveva agito su Parigi in senso contrario -quello cioè di rinviare tutto a gennaio -credendo di corrispondere in ciò ad un nostro desiderio.

Gli rispondo che effettivamente se la nota jugoslava avesse avuto un altro tono, si sarebbe potuto anche rinviare la discussione. Di fronte però all'attacco preciso contenuto nella nota jugoslava ed alla reazione che immancabilmente ne sortirà, la questione ha cambiato completamente aspetto.

L'Ambasciatore che tuttavia vede dei pericoli nel voler discutere la cosa mentre l'opinione pubblica jugoslava è in uno stato di effervescenza, riferirà il nostro punto di vista a Parigi, persuaso che il suo Paese farà, in ogni circostanza, opera di pacificazione.

Mi chiede poi se comunicheremo alla Francia la decisione riguardo alla negata estradizione di Pavelic e Kwaternic: gli rispondo che lo faremo certainente.

Mi chiede poi quale sarà la sorte di questi due arrestati.

Gli rispondo che su ciò non si è ancora presa una decisione; a mio modo di vedere tuttavia l'autorità giudiziaria si regolerà secondo la documentazione che potrà essere fornita dalla Francia sulla loro presunta colpevolezza.

L'Ambasciatore deve intrattenermi ancora sulla questione del busto a Chateaubriand. Egli conosce le eccezioni fatte dalla nipote di Chateaubriand che è una sua buona conoscente. Trova che si tratta di una pretesa un po' esag.erata in quanto la famiglia è semplicemente invitata, ma anche se non potesse intervenire, la cerimonia avrà luogo lo stesso; d'altra parte le ragioni familiari addotte dalla detta Signora non hanno nessuna serietà. Sta invece il fatto che il Governo francese aveva insistito perché la cerimonia avesse luogo subito per tagliar corto a tutte queste tergiversazioni che avrebbero potuto prestarsi a delle critiche, che Bérenger (che può essere giudicato in vario modo, ma che è certamente un sincero amico dell'Italia) ha ricevuto nncarico ufficiale dal Governo francese ed ha già pr.eparato il discorso; che l'Accademia di Francia ha già dato l'incarico di rappresentarla ad Henri Bordeaux il quale aveva accettato e che si disponeva a partire. Un rinvio in queste condizioni lascerebbe un po' male queste brave persone che non domandano di meglio che venire a fare un inno all'Italia.

Dico all'Ambasciatore che noi ormai abbiamo comunicato alla famigUa che si era d'accordo sul chiesto rinvio.

L'Ambasciatore mi chiede di attendere ad ogni modo una comunicazione, perché egli oggi stesso si rivolge in via di urgenza al Signor Lavai per sentire se egli insiste per tenere la cerimonia ora. Se la risposta fosse in questo senso, egli si permetterà di fare nuove premure al Capo del Governo.

L'Ambasciatore ha ancora un'altra preghiera. È a Roma il Signor Jules Sauerwein per incarico del Paris-Soir. Intende fare una serie di articoli sui rapporti itala-francesi. Recentemente l'Ambasciatore ha incontrato a Parigi il direttore del Paris-Soir, Prounot il quale gli ha dichiarato che intende fare tutto quanto sta in lui per un avwcinamento tra la Francia e l'Italia. Il Signor Sauerwein non chiede interviste, ma domanda soltanto di ess.ere ricevuto dal Capo del Governo per un atto di omaggio. Non pubblicherà nulla che non abbia l'autorizzazione del Capo del Governo.

Mi riservo di dare una risposta all'Ambasciatore. L'Ambasciatore Chambrun mi dice che i negoziati della Sarre sono bene avviati. Gli rispondo che questa è anche la mia impressione. A ciò ha contribuito l'atteggiamento conciliante assunto dal Governo francese. L'Ambasciatore dice che al Governo francese interessano tre punti:

-il riscatto delle miniere;

-la regolazione della valuta francese che circola nella Sarre;

-la garanzia dei votanti e dell'altra popolazione abitante nella Sarre.

Gli osservo che se, come pare, non sarà stabilito un termine allo statu quo con un secondo plebiscito, è probabile che tutto si risolva con una grande ma::;gioranza a favore della Germania, il che costituirà un notevole successo per Hitler.

L'Ambasciatore è d'accordo che valeva meglio negoziare la cessione della Sarre anziché dar battaglia se questa non doveva essere sostenuta fino in fondo.

A proposito delle discussioni itala-francesi l'ambasciatore mi fa presente che la questione è urgente perchè il Signor Lavai dovrebbe venire a Roma al più tardi fra tre settimane.

Gli dico che io sono a disposizione. Si decide di trovarci ogni giorno alle 5 del pomeriggio fino ad esaurimento della cosa. Gli osservo che la questione jugoslava sarà bene !asciarla da parte in attesa dello sviluppo delle cose a Ginevra.

L'Ambasciatore mi dice che, come ha già affermato, la Francia non intende per niente intervenire nelle nostre questioni con la Jugoslavia. A Parigi tuttavia si erano considerate alcune possibilità per uscire dall'attuale tensione. Una di queste era che la Jugoslavia, che non ha aderito al Protocollo generale di arbitrato, accettasse la discussione di tale Protocollo nei riguardi dell'Italia.

Gli ripeto che questa discussione è prematura perchè nel momento attuale non vedo nessuna possibilità di avvicinamento tra Jugoslavia e Italia.

L'Ambasciatore mi dice però che in tali condizioni sarà difficile che l'avvicinamento avvenga prima della visita di Lavai prevista come è detto, per la metà di dicembre.

Gli rispondo che anche io vedo questa difficoltà. Ad ogni modo bisogna lasciare per ora libero corso alle discussioni di Ginevra.

ALLEGATO LAVAL A CHAMBRUN

Parigi, 15 novembre 1934 (1).

Conformément aux indications générales que vous a'~<'ez déjà été invité à fournir au Chef du Gouvernement italien, le Governement français demeure sincèrement dèsireux de voir se réaliser le projet d'entrevue à Rome dans un dé1ai aussi rapproché que possible, compte tenu des ménagements à prendre, d'un commun accord, à la suite des demiers événements.

Je me suis donc préoccupé, sans perte de temps, de hater l'aménagement des bases d'accord dont le détermination préalable a toujours conditionné, dans la pensée commune des deux Gouvernements, la possibilité de réalisation du projet en question.

En conclusion de l'étude instituée à cet effet, et pour vous mettre en situation de poursuivre utilement la négociation préParatoire engagée per la voie diplomatique, je tiens à vous bien préciser l'objet, le cadre et les éléments essentiels de l'accord à réaliser pour assur à ma visite à Rome toute la justification, toute la signification et toute la portée qu'exige, dans les circonstances actuelles, l'intérèt d'un rapprochement effectif et durable entre la France et l'Italie.

QUESTIONS GENERALES

A diverses reprises vous avez eu à rappeler à M. Mussolini qu'un règlement des questions purement franco-italiennes, n'aurait qu'une valeur très réduite si en mème temps n'était établie, entre les deux Gouvemements, une communauté de vues durable au regard des principaux problèmes de politique européenne.

Voici, à cet égard, les données essentielles qui doivent vous guider dans la conduite de votre négociation:

18 -Documenti Diplowatici -Serle VII -Vol. XVI

I -ARMEMENTS.

Dans l'impossibilité d'envisager à l'heure actuelle la signature prochaine d'une Convention pour la limitation des armements terrestres et aériens, il n'y a pas l'intéret à rechercher l'entente des deux Gouvernements sur !es bases techniques d'un futur accord international, encore moins à épiloguer sur !es possibilités respectivement envisagées au cours des négociations antérieures entre Gouvernements français et italien. Mais le développement des armements allemands, la reconstitution de la puissance militaire du Reich au mépris des dispositions du Traité de Versailles, posent des problèmes de politique générale au sujet desquels il importe d'accorder nos vues.

Le jour où l'Allemagne chercherait à faire sanctionner par les Puissances le réarmement auquel el1e a procédé, si la France et l'Italie ne se trouvaient pas immédiatement d'accord sur l'attitude à adopter, tout le bénéfice de l'effort de rapprochement qu'aurait paru consacrer le voyage à Rome se trouverait irrémédiablement perdu. A plus forte raison, est-il nécessaire de prévoir l'hypothèse où, au lendemain du plébiscite de la Sarre, le Gouvernement allemand semit améné à déclarer qu'il se considère comme délié de ses obligations en matière d'armements et qu'il reprend dans ce domaine sa liberté d'action.

sur une question aussi grave, la concordance des points de vue français et italien doit ètre assurée dès maintenant.

M. Suvich vous à déjà laissé entrevoir, le 10 septembre (1), la possibilité d'une entente en pareille matière, lorsqu'il vous a déclaré que l'Italie n'était pas, plus que la France, disposée à admettre les atteintes portées au Traité, ajoutant que la situation n'était plus celle qu'avait en vue le Mémorandum Italien de janvier dernier, puisque la solution alors envisagée « était basée sur la possibilité, désormais exclue, de demandes raisonnables de la part du Reich ». C'est cet état d'esprit qu'il convient de dégager suffissamment pour faire préciser et enregistrer l'entente du Gouvernement italien et du Gouvernement français sur quelques points essentiels:

l) Accord pour maintenir le principe que, pas plus qu'une autre Puissance, le Reich n'est autorisé à s'affranchir par décision unilatérale des obligations en matière d'armements qui lui incombent par application du Traité de Versailles.

2) Engagement, au cas où le Gouvernement allemand déclarerait reprendre sa liberté d'action en matière d'armements de se préter un mutue! appui pour faire face à la situation ainsi créée, et de se concerter sur !es mesures, à prendre.

3) Assurance de solidarité du Gouvernement italien pour le cas où l'évolution de

la situation internationale et l'orientation d'une politique plus conciliante de l'Allema

gne conduirait à la reprise d'une conférence de limitation des armements, l'appui italien

devant en pareil cas nous étre acquis pour faire prévaloir un système propre à assurer

la France d'une marge de supériorité d'armements suffisant à compenser la supériorité

de ressources générales de l' Allemagne.

D'une façon générale, il importe que le Gouvernement italien comprenne bien les données essentielles de notre politique militaire, dominée en fait par le problème allernand et qui né saurait, à nos yeux impliquer la moindre compétition francoitalienne. Votre effort doit tendre à faire reconnaitre explicitement la position spéciale que nous crée le voisinage immédiat d'une Allemagne en armes. Au surplus, dans la mesure méme où l'Italie peut redouter l'expansion germanique en Europe Centrale, elle doit souhaiter que les Puissances voisines du Reich conservent toutes leurs forces et que l'équilibre actuel ne puisse étre modifié à leur détriment.

II -AUTRICHE.

r• Les conversations poursu1V1es au mois de septembre à Genève en vue de la conclusion d'un pacte de garantie de l'indépendance autrichienne ont abouti seulement à la déclaration du 27 septembre. Les conditions dans lesquelles a pu ètre aménagée cette

conclusion prov1s01re ont révélé la limite des engagements que l'on pouvait attendre alors de l'Angleterre.

En fait, quelle que soit la portée morale de la declaration du 27 septembre, elle ne saurait ètre considérée comme un résultat en lui mème suffisant. La nécessité qui s'y trouve affirmée d'une politique commune des signataires doit nous fournir l'amorce d'un engagement plus précis à rechercher entre la France, l'Italie et la Petite Entente.

La situation internationale résultant du drame de Marseille assure au Gouvernement de Rome l'occasion d'accomplir un geste qui aurait, à Belgrade comme à Prague, l'effet le plus heureux. La Yougoslavie, cruellement atteinte et repliée sur elle-mème, attachée seulement au resserrement de son unité nationale et à la sauvegarde de sa sécurité extérieure, ne saurait constituer une menace pour l'Italie. Par contre, tout sentiment d'inquiétude que pourrait lui inspirer, à l'heure actuelle, la politique italienne, ne manquerait pas de la rendre plus accessible que par le passé aux avances venant de Berlin, ce qui exposerait l'Italie au danger d'une pression allemande s'exerçant à travers l'Europe centrale jusqu'aux Balkans et à la Mer Noire. Il dépend de l'Italie d'empècher une telle évolution en acceptant que la solidarité des pays également intéressés au maintien de l'indépendance autrichienne se traduise per la conclusion d'un engagement négocié et signé en commun.

La France, en tout cas, étant aussi intéressée que l'Italie à écarter le risque d'un rapprochement germano-yougoslave dans la question de l'Anschluss, nous sommes fondés à insister à Rome pour la poursuite de l'entreprise amorcée à Genève.

2e) La question de la Restauration des Habsbourg devrait ég!!ilement faire l'objet d'une entente entre les deux Gouvernements si nous ne recevions pas bientòt l'assurance que l'initiative déjà prise par le Gouvernement autrichien lui-méme et dont je vous ai signalé récemment tout l'intérét rencontrait effectivement les conclusions itruliennes.

3•) Le problème économique autrichien étant inséparable du problème politique, vous rappellerez les suggestions françaises faites par votre entremise à Rome, au début de septembre et qui n'ont encore aucune suite.

Il importerait qu'avant mème ma venue à Rome, une réponse favorable nous fU.t faite à ce sujet et que l'organisation, à Vienne, de la con:férence diplomatique envisagée put étre annoncée en conséquence.

L'acquiescement italien au programme suggéré marquerait de la maniere la plus heureuse que l'on reconnait à Rom~t la nécessité de rechercher en Europe centrale des solutions qui aient le caractère de large coopération sans lequel un succès durable est impossible.

III-RAPPORTS ITALO-JOUGOSLAVES.

Nous devons avant tout nous assurer que le Gouvernement italien est bien d'accord avec nous, comme le Gouvernement yougoslave lui-mème, pour concevoir un rapprochement franco.

(l) L'allegato è la prima parte, con qualche omissione del dispaccio Inviato da Lava! a Chambrun In data 31 ottobre (cfr. DDF, vol. VII, pp. 919-923) e che evidentemente Chambrun rielaborò apponendovi la data 15 novembre. Una seconda parte dello stesso dispaccio è allegata al n. 225.

(l) Cfr. serie VII, vol. XV, n. 794.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 1512/339 R. Roma, 27 novembre 1934, ore 16.

Suoi telegrammi nn. 644, 645 e 653 (l).

Mi compiaccio con la S. V.

Considero l'incidente regolato con soddisfazione, salvo naturalmente il perfezionamento di tutti ,i punti dell'accordo convenuto.

(l) T. 3986/644 R., t. 4003/645 R. del 23 novembre e t. 4016/653 R. ,del 26 novembre, non pubblicati, con cui Vinci riferiva sulle scuse presentate dalle autorità etiopiche per l'incidente al consolato di Gondar.

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI,

T. 1513/296 R. Roma, 27 novembre 1934, ore 18.

Dopo interminabili conversazioni durate intere giornate ed avere discusso e criticato ogni singolo punto del progetto di dichiarazione relativa alle garanzie che Germania volontariamente accorderebbe agli abitanti della Saar, la delegazione tedesca ha finito coll'accettare il progetto dichiarazione sottopostole dal Comitato del Consiglio concentrando le sue resistenze su due punti e mostrandosi su di essi irremovibile.

Il Comitato non crede di poter proporre al Consiglio che prenda atto di una simile dichiarazione per ovvie ragioni umanitarie ed anche in vista delle conseguenze gravi che potrebbe avere dal punto di vista delle responsabilità della Società delle Nazioni.

2°) Che il beneficio della disposizione escludente le discriminazioni sia limitato alle persone che avranno fatto dichiarazione di voler abbandonare il territorio.

Il Comitato non crede di poter accettare questa restrizione la quale contraddice allo scopo delle disposizioni che è quello di rendere possibile il cambiamento di regime senza immediati e gravi turbamenti per quanto concerne i diritti e gli interessi degli abitanti in generale. La responsabilità che incombe alla Società delle Nazioni per il fatto di aver esercitato il governo del territorio per 15 anni esige che essa si assicuri che il passaggio dal regime attuale al nuovo abbia luogo in condizioni che tengano conto della realtà della situazione.

Si tratta di due questioni che non devono essere esaminate col criterio strettamente tecnico ma in base a considerazioni di carattere più elevato ed alle ripercussioni che avrebbero nel consiglio e nell'opinione pubblica. Per questo ho creduto utile di rivolgermi direttamente all'ambasciatore di Germania perché illumini il suo Governo sulla reale portata di esse e lo induca ad accettare la formula proposta dal Comitato senza aggiunte né soprastrutture.

L'ambasciatore di Germania si è mostrato convinto ed ha promesso di tele

grafare subito a Berlino.

Prego agire analogamente costì.

Delegazione tedesca ha anche chiesto di aver comunicazione dell'intero

rapporto del Comitato. È stato fatto rilevare che avendo la Germania dichiarato di voler esaminare la sola eventualità del ritorno dalla Saar alla Germania era la delegazione tedesca che si er,a messa con ciò volontariamente in disparte per le due altre eventualità del plebiscito: che peraltro non si aveva difficoltà ad aderire al desiderio ora manifestato alla condizione che il rilascio della dichiarazione germanica di garanzia non fosse in alcun modo connesso subordinato alla redazione definitiva del rapporto perchè questo non era praticamente possibile ed avrebbe messo la Germania in condizione di dire essa l'ultima parola sul rapporto ed essere cosi in una situazione di privilegio di fronte agli altri membri del consiglio.

l 0 ) Che per quanto riguarda i cittadini germanici e la dichiarazione di abbandonare il territorio, sia detto esplicitamente che una tale dichiarazione sarà considerata come rj;nunzia alla cittadinanza germanica e che la perdita della cittadinanza stessa si estende, in tal caso, alla moglie ed ai figli minori non coniugati.

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 4088/0196 R. Vienna, 27 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

Una personalità francese, con cui sono in relazioni di amicizia, mi ha fatto, in via del tutto personale, alcune confidenze, che onoromi comunicare a V. E.

In succinto, detta personalità, che è tornata da qualche giorno da Parigi, mi ha riferito avere avuto l'impressione che Lava!, con cui ha avuto l'occasione di intrattenersi due volte, presti troppo facile orecchio a quelle correnti politiche, che si dimostrino particolarmente vivaci ed insistenti; che fra queste correnti, ne predominerebbe una assai attiva, decisamente propensa ad una sollecita intesa franco-tedesca, sostenendo la tesi che la Francia, a costo di ben pochi sacrifici, potrebbe raggiungere quella situazione di sicurezza, che difficilmente sarebbe in grado di conseguire col permanere in uno stato d'antagonismo o di diffidenza con Berlino; che infine, giusta questa corrente, anche la questione austriaca dovrebbe essere considerata dal Governo francese con assai minore calore ed impegno, onde evitare che essa potesse formare un qualche motivo di frizione o di freddezza fra Berlino e Parigi.

Mio interlocutore, pur non nascondendo una qualche preoccupazione, ha aggiunto che il Quai d'Orsay non manca di opporre alla corrente in parola la sua viva resistenza, imperniata, fra l'altro, sulla necessità, profondamente sentita, di un completo chiarimento nei rapporti itala-francesi. A tale ultimo riguardo personalità in questione mi ha accennato: l) che Lava!, pur essendo disposto a recarsi in visita a Roma, non avrebbe tuttavia ancora, anche a causa dei diversi avvenimenti, fissata l'epoca; 2) che a Chambrun, qualche tempo fa, sarebbe stato mosso il severo appunto di avere dato alle sue conversazioni relative alle questioni in sospeso fra Italia e Francia un tono troppo generale e sommario, trascurando così di venire a quelle precisioni, che avrebbero potuto avviare rapidamente il negoziato alla desiderata soluzione.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 27 novembre 1934.

Il Signor Chambrun mi chiede una risposta per Sauerwein (1).

Mi riservo di dargliela domani.

A proposito del busto di Chateaubriand, mi mostra un telegramma del Governo francese, che si è incrociato col suo, col quale sl chiede vivamente al Governo italiano di non rinviare la cerimonia già fissata per il 10 dicembre. A proposito del disarmo gli ripeto quanto dettogli antecedentemente sui

punti che eventualmente potrebbero formare base d'accordo:

l) nessun disarmo da parte italiana e francese;

2) non legittimare un cambiamento dell'attuale stato di diritto degli armamenti per infrazioni unilaterali della Germania, ma in base ad un accordo con la partecipazione della Germania stessa;

3) ,eventuruli reciproche informazioni sui rispettivi atteggiamenti nella questione del disarmo.

L'Ambasciatore mi dice che il suo Governo chiederebbe una delle due seguenti soluzioni:

-se la Germania dichiara unilateralmente di considerare decaduto il Trattato e di voler riarmarsi a suo beneplacito, consultazione tra i Governi francese ed italiano per stabilire l'atteggiamento da prendere;

-se la Germania dichiara bensì di avere riarmato, ma chiede nello stesso tempo di fare un accordo, la Francia vorrebbe che in tale accordo le fosse consentito un margine negli armamenti per poter controbilanciare le maggiori ri~orse che per altre ragioni ha la Germania.

Per quanto riguarda l'Austria l'Ambasciatore si richiama ai punti contenuti nelle istruzioni di Parigi da lui consegnatemi (2). In particolare egli crede che il suo Governo non sarebbe disposto ad aderire ad un accordo per garantire l'indipendenza dell'Austria, fatto assieme con la Germania, senza la Piccola Intesa, accordo di cui io altre volte gli ho parlato. Egli pensa che si potrebbe fare un accordo tra l'Italia, Francia e Piccola Intesa (eventualmente Cecoslovacchia, Jugoslavia, Ungheria) per consultarsi e prendere immediata decisione sul da farsi nel caso che l'autonomia dell'Austria fosse minacciata sia da movimenti esterni che da movimenti interni.

Gli osservo che l'obbligo di consultazione può far perdere del tempo prezioso. Bisognerebbe che fosse riservata a ciascuno Stato la libertà di azione necessaria per intervenire immediatamente anche in corso di consultazione, salvo a discutere in un secondo tempo. Sarebbe meglio fare un accordo tra le grandi Potenze, salvo l'eventualità di estenderlo poi agli Stati minori.

L'Ambasciatore ritiene che bisognerebbe fare partecipare ai provvedimenti economici per l'Austria anche la Cecoslovacchia che è disposta a fare dei sacrifici a tal fine.

Gli dico che secondo il nostro progetto, ciascuno può intervenire a favore dell'Austria sulla base di patti bilaterali concedendo delle preferenze unilaterali. Un accordo che riunisse due Stati è reso difficile dal fatto che l'Ungheria non vuole entrare in un sistema di accordi con gli Stati della Piccola Intesa se non ha un principio di risoluzione delle sue richieste politiche.

Faccio presente all'Ambasciatore che l'Austria ha anche un problema finanziario che deve essere risolto. Il bilancio austriaco del 1935 non contiene alcuna spesa per investimenti, il che vuoi dire non fare lavori pubblici e aggravare nuovamente la disoccupazione. Ciò nella situazione attuale dell'Austria può e'3serB molto pericoloso. D'altra parte l'Austria è buon pagatore e conviene aiutarla. Io calcolo che occorrerebbe all'Austria un prestito di almeno 100 o 150 milioni di scellini. Non pare che si possa considerare l'eventualità di un prestito internazionale pubblico, dato che si è appena conchiuso il prestito precedente e che è in corso la domanda di conversione dei prestiti austriaci. Bisognerebbe che il credito fosse concesso dalle tesorerie delle grandi Potenze (Gran Bretagna, Francia, Italia). In un secondo tempo si potrebbe vedere come regolarizzare la cosa.

L'Ambasciatore non ha nessuna istruzione al riguardo, ma pensa che la Francia potrebbe entrare in quest'ordine di idee se si facesse un accordo per garantire l'indipendenza austriaca facendo intervenire anche gli Stati della Piccola Intesa.

L'Ambasciatore chiede se non si potrebbe fare una convenzione per rinviare a dieci anni la soluzione delle questioni politiche tra l'Ungheria e la Piccola Intesa.

Gli rispondo che non mi pare possibile anche perché nel frattempo la Piccola Intesa potrebbe approfittare per snazionalizzare le minoranze magiare.

(l) -Cfr. n. 195. (2) -Cfr. n. 195, allegato.
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L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. CONFIDENZIALE. Roma, 27 novembre 1934.

J'ai réfléchi aux idées que nous avons échangées tout à l'heure (l) en ce qui concerne l'Autriche et, pour faciliter la recherche d'une solution, je crois devoir vous préciser !es différents points que mon Gouvernement désire voir prendre en considération:

l) La Petite Entente, ou du moins la Tchécoslovaquie et la Yougoslavie, limitrophes de l'Autriche, doivent étre parties sur un pied d'égalité à tout accord concernant le maintien et la garantie de l'indépendance autrichienne.

2) Un tel accord ne peut ignorer le Conseil de la S.d.N. en raison notamment des responsabilités spéciales que le traité de Saint Germain et les protocoles de 1922 lui ont conférées à cet égard.

3) Le fait que l'arrangement envisagé serait connu du Conseil aurait, d'autre part, l'avantage d'y associer moralement la Grande Bretagne, à défaut d'une participation directe à laquelle le Gouvernement anglais ne parait pas disposé.

J'ai pensé par ailleurs que, si le temps nous manquait pour mettre dès maintenant sur pied un arrangement définitif, nous pourrions prévoir la signature d'un accord préparatoire se rapprochant de celui qui avait été envisagé lors de la dernière session de Genève et qui serait, par exemple, libellé comme suit:

«Les soussignés agissant au nom de leurs Gouvernements;

Vu l'article 88 du Traité de St. Germain,

Considérant que la déclaration du 27 Septembre 1934 signée au nom des

Gouvernements de la France, du Royaume-Uni et de l'Italle, a affirmé la nécessité de maintenir, conformément aux traités en vigueur, l'indépendance et l'intégrité de l' Autriche,

Déclarent que toute perturbation venant du déhors et mettant en danger l'indépendance politique, l'intégrité territoriale et la souverainété de l'Autriche, serait contraire au maintien de la paix en Europe.

En conséquence, les Gouvernements ... s'engagent à se concerter sans retard en vue de la conclusion de tous les arrangements propres à assurer éventuellement l'observation de ce principe.

La présente déclaration sera communiquée au Conseil de la Société des

Nations ».

(l) Cfr. n. 199.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, MURRAY

APPUNTO. Roma, 27 novembre 1934.

Il Signor Murray è venuto a dirmi che ha avuto un telegramma da Londra

nel quale si dice di apprezzare l'atteggiamento dell'Italia e i propositi manifestati

per quanto riguarda l'incidente ungaro-jugoslavo. Il Governo inglese considera

la situazione che si determinerà a Ginevra molto delicata in quanto la funzione

delle grandi Potenze sarà quella di un tribunale che deve mantenere la massima

imparzialità nei riguardi dei due contendenti. Il Governo inglese volendo pro

cedere di accordo con le grandi Potenze, chiede qual'è il punto di vista dell'Italia

in proposito.

Gli rispondo che il Governo italiano intende mantenere la massima calma

e spiegare la massima oggettività, ma che intende intervenire a difesa dell'Un

gheria se questa sarà, come pare, ingiustamente attaccata. Quest'atteggiamento rientra appunto in quello di giudici imparziali. Il signor Murray ringrazia. Comunicherà a Londra e confida che riuscirà alle grandi Potenze di risolvere la vertenza pacificamente (1).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4036/750 R. Londra, 28 novembre 1934, ore 0,42 (per. ore 3).

Sir Simon mi ha pregato oggi di passare da lui [per intrattenermi] a titolo confidenziale su dichiarazioni che egli e Baldwin faranno domani Comuni in risposta a discorso lord Churchill sugli armamenti tedeschi, (mio telegramma odierno n. 749) (2).

Egli mi ha detto che di fronte alle critiche che gli verranno mosse il Governo -pur correggendo quelle che saranno le esagerazioni di Churchill dovrà tuttavia mettere al corrente Camera dei Comuni del fatto che Germania ha intensificato in questi mesi suoi armamenti in una maniera che può essere tema non lievi preoccupazioni. Senza entrare in polemica col Governo tedesco circa carattere più o meno difensivo di questi armamenti, Baldwin rileverà che politica militare tedesca ha suscitato e suscita apprensioni e aumenta incertezza ed instabilità politica Europa.

Governo britannico ha tenuto a fare conoscere questo punto vista al Govemo del Reich e ambasciatore d'Inghilterra a Berlino ha ricevuto istruzioni intrattenere Hitler sull'argomento.

lt'oreign Office, nel concretare il suo passo a Berlino, non intende tuttavia aprire cautamente una discussione col Governo tedesco sulle violazioni trattato Versailles discussione che [non potrebbe] in ogni modo avvenire se non d'intesa con l'Italia e con la Francia.

Ambasciatore Phipps non chiederà perciò ad Hitler nessuna risposta, ma si limiterà ad una comunicazione del punto di vista del suo Governo, per cui Simon mi ha aggiunto che egli avrebbe voluto prima di fare questo passo a Berano consultarsi con V. E. e con Governo francese, ma di fronte iniziativa improvvisa di Churchill e alle precise domand·e che questi porrà al Governo, e.gli è stato costretto agire d'urgenza.

Mi ptega tentare perciò spiegare a V. E. situazione aggiungendo che egli precisando Camera dei Comuni programma politico, si sarebbe tenuto in contatto con V. E. e con Governo francese.

(l) -Cfr. quanto scriveva Grandi in una lettera a Mussolini del 30 novembre: «Il guaio è che in tutta questa faccenda il Foreign Office non sa veramente che cosa fare e spera sopratutto che si trovi a Ginevra la maniera di liquidare la cosa. Qui entra in gioco la solita mania inglese di trovare qualche compromesso, di dare qualche cosa agli uni e agli altri, all'Ungheria da una parte alla Jugoslavia dall'altra, la preoccupazione di non alienarsi la Jugoslavia, spingendola verso la Germania, e gli altri motivi che sai. Al merito della cosa gli Inglesi non mi pare che tengano. Quello che il Foreign Office esplicitamente vuole impedire è che la discussione ginevrina sull'eccidio di Marsiglia, venga a incidere sui rapporti franco-italiani ed è da questo punto di vista che esso sopratutto sorveglia con vera ansietà lo sviluppo di questa controversia». (2) -T. 4037/749 R. del 27 novembre, non pubblicato: presentazione da parte di un gruppo di deputati conservatori di una mozione a proposito degli armamenti tedeschi che sarà illustrata da Churchill.
203

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4045/200 R. Budapest, 28 novembre 1934, ore 15 (per. ore 17,30).

Mio telegramma n. 199 (1).

l) Ho fatto presidente del consiglio, tornato da Vienna, comunicazioni prescrittemi telegramma di V. E. n. 164 (2).

Mi ha risposto: essere profondamente grato E. V. decisione, manifestazioni e comunicazioni di cui apprezzava intera portata; concordare pienamente tutte vedute V. E.; ritenere avere preso via buona e, proseguendo su questa con appoggio accordatogli E. V. e in stretto contatto con R. Governo, non potere che raggiungere meta desiderata (3).

2) Circa incontro con cancelliere austriaco mi ha detto: avere preso notizia con gioia e riconoscenza delle ... (4) direttive date a Schuschnigg dal Duce in anrwnia colloqui da V. E. avuti con lui Gombos a Roma; ritenere Austria anche nella questione ungaro-jugoslava avrebbe marciato con l'Italia Ungheria; avere invitato cancelliere austriaco effettuare visita Budapest 13, 14 e 15 dicembre affinché festeggiamenti non interferissero con manifestazioni omaggio al reggente Horthy.

Segue rapporto.

204

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4053/366 R. Vienna, 28 novembre 1934, ore 20 (per. ore 23).

Mio telegramma per corriere n. 0194 (5).

Nei riguardi passo jugoslavo a Ginevra, questo ministro degli esteri ha sostenuto ieri con Gombos che Budapest e Vienna dovranno attenersi stn~ttamente a quanto V. E. giudicherà opportuno.

v. -E. delegazione Italiana Ginevra qui riferite da deputato Eckhardt e comunicato Stefani telefonatomi dal Gabinetto di V. E. hanno suscitato questo ministero degli affari esteri e presidenza del consiglio grande gioiosa impressione.

Signor de Hory mi ha dichiarato testè che tanto egli quanto signor Kanya non si attendevano altro dall'amicizia dell'E.V. per il loro paese».

Bova Scoppa aveva comunicato con t. per corriere 4047 R., Ginevra, 27 novembre: «Decisione ungherese chiedere discussione urgenza e aperto appoggio italiano tesi ungherese hanno prodotto in questi circoli profonda impressione che tuttora perdura. Si è chiaramente capitoche la speculazione della Piccola Intesa di mettere Ungheria in stato di accusa tentando colpire Italia attraverso di essa, è già fallita per deciso, energico atteggiamento italiano».

Che pertanto, mentre Governo ungherese dovrà fare capo d'ora innanzi a quello italiano, da parte sua Governo austriaco continuerà ad inviare esclusivamente a Roma noto materiale, riservandosi seguire linea di condotta che sarà per essere convenuta fra Roma e Budapest, in guisa che resti assicurata unità atteggiarr1ento condotta.

Gombos ha annuito.

Egli mi ha detto inoltre che il Governo federale farà non soltanto pubblicare ragioni giuridiche che si oppongono estradizione noto colonnello, ma renderà altresì noto che non è risultato alcunché a di lui carico, e ciò ai fini di una completa giustificazione morale della persona in questione, che verrà messa in libertà al più presto.

(l) -T. 4033/199 R., pari data, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 191. (3) -Baldoni aveva comunicato con t. 4004/196 R. del 25 novembre: «Istruzioni impartite da (4) -Gruppo indecifrato. (5) -Cfr. n. 192.
205

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI,

T. 1:~474/231 P. R. Roma, 28 novembre 1934, ore 24.

È corsa voce che alla partita di caccia cui Schuschnigg ha invitato Gombos ha partecipato anche von Papen. Prego S. V. indagare se notizia esatta riferendo se comunque le risulti che von Papen abbia visto GOmbèis dopo suo viaggio Roma (l)

206

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4087/12048/065 R. Budapest, 28 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

Onoromi far seguito all'odierno telegramma filo n. 200 (2) di cui ad ogni buon fine allego copia.

l) Tensione ungaro-jugoslava:

Il presidente ha aggiunto essere sempre sua impressione che «spiritus rector » di tutta l'offensiva scatenata contro Budapest fosse Benes: era la

Cecoslovacchia e non la Jugoslavia quella cui l'Ungheria poteva ispirare preoccupazioni per la sua esistenza statale.

Avendogli io a tale proposito domandato se le ultime notizie a lui pervenute dalla Jugoslavia lo inducevano per avventura a ritenere che si fosse colà attenuato il risentimento contro l'Ungheria conseguente all'attentato di Marsiglia il presidente ha risposto che le informazioni più recenti non segnalavano alcun mutamento del genere: al contrario, ufficiali della guarnigione di Subotica -ad esempio -discorrevano addirittura di una prossima marcia su Budapest ...

La simpatia che egli, Goemboes, sembrava godesse una volta in Jugoslavia, appariva ora mutata in odio. Gli risultava che per il tramite dell'addetto stampa di quEsta legazione di Jugoslavia Bozidan, coadiuvato dal collega cecoslovacco Straka, si era negli ultimi giorni cercato di prendere contatto con alcuni esponenti dell'opposizione, per diffondere la persuasione che occorreva che il Gabinetto Goemboes desse le dimissioni « affinché al paese fossero evitate le conseguenze della vendetta serba »: se il Gabinetto se ne fosse andato, Belgrado si sarebbe dichiarata soddisfatta. Era stato così avvicinato l'ex ministro degli esteri Gratz, legittimista e noto fautore della collaborazione con gli Stati della Piccola Intesa; sembrava fossero stati fatti approcci anche con l'ex presidente del Consiglio Friedrich, il quale peraltro lo negava. Il presidente non credeva che l'ispiratore della manovra -che questo vice ministro esteri mi diceva avantieri identificare nel ministro di Jugoslavia Vukcevic -s'illudesse di riuscire ad abbattere il Governo: riteneva invece mirasse semplicemente a creargli imbarazzi e scuoterne la popolarità.

~-Austria. Aveva trovato il cancelliere straordinariamente soddisfatto del suo recente incontro con V. E. e più che mai ammirato dell'Italia fascista e di Roma.

Aveva avuto altresì conferma dell'impressione che il Reich osservasse tuttora nei riguardi dell'Austria un atteggiamento di attesa: forse aspettando di vedere come le cose si sarebbe,ro messe a proposito della Sarre, la Germania mostrava di non essersi ancora decisa né per una ripresa della lotta, né per una politica di conciliazione e transazione. Quanto al signor von Papen, i suoi discorsi in provincia erano belli, ma egli, Goemboes, li considerava intempestivi e inopportuni; non gli apparivano certo atti a facilitare la posizione di quel ministro di Germania, già abbastanza difficile.

Circa la situazione interna, aveva ripetuto a Schuschnigg che a suo parere

«non doveva andar troppo cauto nell'attaccare i nazisti e la loro ideologia:.;

non si fanno offensive con il 60% di slancio: occorre 11 cento per cento. Trovasse

parole atte a scolpire l'idea austriaca nell'animo delle masse e a trascinarle

dietro il suo programma.

Gli risultava infine che il cancelliere aveva dedicato serie cure all'esercito

federale e che questo stava compiendo sensibili progressi. Tutto l'« esecutivo»,

del resto, sembrava essere in mano al Governo; ma c'era ancora nell'aria un

certo senso di anormalità e di disagio.

Del resto in Austria, -ha concluso -chi ci capisce è bravo.

(l) -Per la risposta cfr. n. 219. (2) -Cfr. n. 203.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4093/0281 R. Berlino, 28 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

Riferisco qui appresso informazioni fornitemi in via strettamente confidenziale da persona di nazionalità francese con molte relazioni nel mondo parlamentare e giornalistico che è stata recentemente a Parigi.

La politica estera della Francia starebbe subendo un nuovo mutamento. Lavai ritiene tuttora possibile un'intesa con la Germania, dichiara che è stato un errore attribuire ai nazionalsocialisti intendimenti bellicosi e che, sapendoli prendere per il loro verso, sarebbe invece agevole concludere ora l'accordo che non si potè fare ai tempi di Brtining.

Nei riguardi dell'URSS le opinioni sono molto divise a Parigi. Indipendentemente dalle tendenze di destra o di sinistra gli uomini politici francesi riconoscono tutti che l'URSS ha un esercito bene organizzato, meglio istruito ed armato che quello czarista, e soprattutto un'aviazione potente che dal punto di vista tecnico non lascia nulla da desiderare in confronto di quella degli Stati più progrediti. Le divergenze sorgono a proposito deH'ideologia politica dell'URSS.

Così Lavai ha ora intrapreso una politica di riconquista della Polonia con la mossa fatta a proposito del patto orientale. Se il tentativo dovesse fallire lo stesso Lavai cercherebbe di riprendere le trattative con l'URSS per l'accordo già negoziato da Barthou. Si deve però contare con un risentimento assai forte di Litvinov al quale non garba punto la politica dell'attuale ministro degli esteri francese.

Il cinismo degli uomini politici francesi è tale che taluni di essi che furono colleghi di Barthou dicono che questi è scomparso al momento giusto e che anzi ha reso il maggiore servizio alla Francia con la sua morte, non solo nei riguardi della Jugoslavia di cui si è lasciato uccidere il Sovrano in territorio francese. Parlano così soprattutto quelli che sono contrari ad un accordo con l'tJRSS.

Pierre Cot il quale, ancorché si sia molto compromesso con l'affare Stawiski, è uomo che conta tuttora, esprime la convinzione che Francia debba concludere l'accordo con URSS in vista soprattutto del numero di aeroplani che questa possiede. Egli quando era ministro aveva inviato nell'URSS un tecnico scegliendolo fra quelli ideologicamente opposti al comunismo. Questi era ritornato pieno di ammirazione per organizzazione aviatoria dell'URSS e convinto che Francia dovesse valersene concludendo una convenzione militare.

Le trattative con l'Italia erano state g,ravemente danneggiate dall'attentato di Marsiglia. Pareva che le pretese italiane non fossero facilmente conciliabili con quanto la Francia sarebbe disposta a concedere. Paul Boncour aveva detto che ciò dipendeva in parte dal fatto che al di fuori delle conversazioni normali fra le cancellerie, vi sono degli uomini politici francesi che credono di far bene recandosi a Roma a dire che la Francia nutre disposizioni assai più

concilianti di quelle rese note in via ufficiale. Essi traggono così in inganno l'opinione pubblica italiana.

Contrariamente a quanto è stato pubblicato il signor von Ribbentrop avrebbe fatto a Londra delle vere e proprie «avances » per la conclusione di una convenzione circa gli armamenti. L'ambasciatore Corbin aveva inviato al riguardo un lungo rapporto a Parigi.

V. E. giudicherà se e quali di queste notizie siano meritevoli di controllo.

Per parte mia ho cercato di appurare qui la notizia relativa a von Ribbentropp. Il mio collega inglese, rientrato ieri da Londra, mi ha assicurato che quest'ultimo non aveva intrattenuto né sir John Simon, né Mr. Eden di alcun argomento politico importante e che aveva appena sfiorato il tema degli armamenti, dicendo che se ne avrebbe potuto forse riparlare dopo il plebiscito della Sarre.

Ricordo infine che François-Poncet, ritornato da pochi giorni da Parigi, in una conversazione meco, parlando delle favorevoli intenzioni di Laval verso la Germania, soggiunse però subito che gli elementi di sinistra (ed Herriot domina sempre il mondo politico in Francia) stavano all'agguato, decisi a scatenare la loro offensiva contro il ministro degli affari esteri, non appena questi avesse dato prove concrete della sua intenzione di addivenire ad una forma qualsiasi di intesa con il Governo del Reich.

208

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4097/0282 R. Berlino, 28 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

Mio telegramma 355 (l).

Sir Eric Phipps mi ha detto di essere stato chiamato a conferire con sir John Simon nella notte sul 22 corrente e di essere partito per Londra in mattinata. Aveva trascorso il 23, sabato, in campagna con sir John ed era rientrato a Londra con lui nel pomeriggio della domenica per avere insieme un colloquio con Mac Donald.

Aveva trovato tanto l'uno che l'altro uomo di Stato preoccupati di quello che in Germania si sta facendo e dicendo, del testo dei libri di scuola nazionalsocialisti, degli armamenti terrestri ed aerei, delle questioni religiose, ecc., cosicché vi è un aumento di ostilità contro la Germania da parte dell'opinione pubblica, cosa che riesce assai sgradita al Governo britannico.

Tanto sir John Simon che Mac Donald avevano voluto avere da lui molti chiarimenti e gli avevano poi domandato se avesse un progetto per migliorare le relazioni anglo-tedesche. Egli aveva detto che non aveva alcun piano concreto, ma che gli sembrava sarebbe stato assai opportuno pensare sin d'ora a riprendere non appena il momento sembrasse propizio le trattative per con

eludere,una convenzione circa gli armamenti. Pertanto riteneva che il Governo inglese dovesse cercare di conoscere il pensiero dei Governi italiano e francese al riguardo.

Ho chiesto a sir Eric Phipps se egli credeva che il Governo francese attuale fosse disposto a non far caso della nota pregiudiziale ginevrina del defunto ministro Barthou ed a trattare quindi colla Germania sulla base dei suoi armamenti attuali. Egli rispose che nulla gli risultava in modo positivo ma che aveva l'impressione che Laval non avrebbe avuto difficoltà a seguire una linea di condotta diametralmente opposta a quella tracciata dal suo predecessore. E mi domandò se io conoscessi il modo di vedere attuale del Governo italiano. Gli dissi che il pensiero di S. E. il Capo del Governo in materia di armamenti era stato enunciato in modo così limpido da non lasciar sussistere alcun dubbio. Ritenevo che il Duce non avesse ragione di mutare l'atteggiamento assunto alcuni mesi or sono, ma non potevo dire di più.

Sir Eric Phipps mi domandò allora se io non ritenessi che sarebbe utile cercare di «ripescare » la Germania per riportarla a discutere dei vari problemi di ricostruzione europea offrendole la mano sul terreno degli accordi per la limitazione degli armamenti. Finché la Germania ha l'impressione che si sta lavorando ad un suo accerchiamento, essa cerca in qualsiasi modo di rompere l'eventuale cerchio proponendo accordi bilaterali a destra ed a manca e per concluderli non lesina sul prezzo, come si è veduto nel caso della Polonia. Se la si convincesse che nessuno pensa ad attaccarla, essa potrebbe diventare più ragionevole.

Mi sono limitato a rispondere sembrarmi che la cosa potrebbe formare oggetto di consultazione fra i nostri due Governi.

(l) T. 4050/355 R. del 28 novembre, non pubblicato: riarmo tedesco e atteggiamento del Governo inglese.

209

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 28 novembre 1934.

Riprendendo la discussione comunico all'Ambasciatore Chambrun che le proposte francesi riguardo al disarmo potevano essere da noi accolte.

L'Ambasciatore ringrazia della comunicazione. Rileva che questa nostra risposta naturalmente risolve anche il punto della non legittimazione delle infrazioni al trattato.

Gli rispondo che il punto di vista italiano è sempre stato quello di sostenere la necessità di una revisione dei trattati fatta di mutuo accordo quando gli stessi non rispondono più alle nuove situazioni, non quello di favorire la rottura unilaterale dei trattati stessi.

Per la questione dell'Austria dico all'Ambasciatore che le proposte francesi non possono essere da noi accolte. Ci riserviamo di ritornare sull'argomento. Conviene per ora rimandare la cosa.

L'Ambasciatore si preoccupa per questo accantonamento, dicendo che se non risolviamo la questione dell'Austria né quella della Jugoslavia, rimangono in sospeso due dei punti più delicati della situazione. Per la Jugoslavia ripete che la Francia non vuole farsi mediatrice, e che il desiderio francese che non sorgano poi delle sorprese in Adriatico è più che legittimo.

Si parla poi della questione di Tunisi.

Espongo all'Ambasciatore che il regime che noi potremmo accettare dopo i dieci anni è il seguente: tutti gli italiani già nati alla fine dei dieci anni rimangono definitivamente italiani; i figli di questi italiani hanno diritto di optare; i figli degli optanti saranno francesi. Aggiungo che i nati in Italia saranno sempre italiani.

L'Ambasciatore ha l'impressione che questo periodo transitorio sia eccessivamente lungo. Non si arriverebbe ad una soluzione prima di parecchie diecine di anni.

Gli osservo che ciò non è esatto perché le prime opzioni potranno aver luogo entro venti anni dalla fine del periodo di dieci anni.

L'Ambasciatore vuoi mettere in rilievo che questo statuto vige per gli italiani oggi esistenti in Tunisia ma non per i nuovi che andrebbero nei prossimi anni a stabilirsi in Tunisia.

Gli rispondo che mi riservo di esaminare questo punto. Comunque bisognerebbe stabilire che i nuovi italiani sono da considerarsi quelli che vannp a stabilirsi colà dopo la fine dei dieci anni.

All'Ambasciatore non pare accettabile questa interpretazione. Osserva che ad ogni modo i nuovi avrebbero i diritti che hanno gli altri italiani in Francia e il trattamento della Nazione più favorita.

Ci riserviamo di ritornare su questo punto domani.

Il signor Chambrun mi consegna poi una carta (l) con l'indicazione (come da allegato) dei confini di quelle che sarebbero le concessioni francesi a sud della Libia.

Mi riservo di esaminare, facendogli presente che tutti i punti delle nostre richieste sono collegati tra loro. Per il seguito della discussione si rimanda a domani.

L'Ambasciatore ritorna poi sulla questione di Marsiglia, manifestandomi la sua preoccupazione che tale questione possa rendere più difficile l'avvicinamento tra Italia e Francia. Egli si rende conto del nostro punto di vista relativo all'Ungheria ma osserva che anche la Francia è legata con la Jugoslavia, che non può abbandonare, persuasa che se ciò avvenisse, la Jugoslavia andrebbe a finire dritta in braccio alla Germania. Ciò è contrario anche agli interessi italiani.

Mi chiede, in via di discorso, se l'Ungheria ha insistito molto con noi per fare accettare il suo punto di vista.

Gli rispondo che non ha insistito per niente. Ci ha soltanto comunicato che intendeva chiedere l'immediata discussione e noi abbiamo trovato che aveva perfettamente ragione.

(l) Non allegata.

210

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DEL GIAPPONE A ROMA, SUGIMURA

APPUNTO. Roma, 28 novembre 1934.

L'Ambasciatore del Giappone viene a fare una visita di, presentazione auspicando a-llo sviluppo dei buoni rapporti tra i due Paesi. In Abissinia il Giappone non ha mire espansioniste (1).

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. U. 1527 R. Roma, 29 novembre 1934, ore 23.

(Solo per Addis Abeba) Ho telegrafato Londra quanto segue:

(Per tutti) Questa ambasciata britannica comunicava verbalmente qualche giorno fa a questo ministero che taluni dei tecnici incaricati delimitazione frontiera Somali:land e Etiopia avrebbero avuto intenzione recarsi visitare i pozzi di Ual-Ual e Uarder, da noi presidiati.

Notizia di tale probabile visita non era ancora pervenuta alle autorità locali, quando il giorno 23 corrente, senza dare alcun preavviso al comandante del nostro settore di frontiera, si sono presentati dinanzi ai pozzi anzidetti alcune centinaia di armati etiopici ed insieme i commissari britannici ed etiopici, i qua-li hanno senz'altro diretto al comandante italiano, capitano Cimmaruta, una lettera in cui «constatano con rincrescimento che un impedimento a mano armata è stato opposto alla loro libera circolazione in Etiopia dall'autorità italiana nella regione di Ual-Ual-. La lettera continua spiegando che i commissari si trovano in quella regione per studiare la questione dei diritti pascolo previsti dall'accordo anglo-etiopico del 1897, riconosciuto dall'Italia nell'art. I dell'accordo tripartito. Termina protestando « contro le azioni delle autorità italiane a loro riguardo».

Ricevuta tale lettera il cap. Cimmaruta prese contatto con i commissari inglesi ed etiopici e fece noto che non poteva ammettere che un così ingente numero di armati entrasse in territorio italiano.

Commissario britannico Clifford ha tratto motivo da queste dichiarazioni e dal volo di nostri aeroplani, che nel frattempo sorvolano la zona onde riconoscere il quantitativo di armati etiopici, per interrompere le conversazioni ed inviare una nuova lettera nella quale dichiara «provocatrice l'attitudine adot

011 rispondo che effettivamente il nostro interesse è prevalentemente di natura economica; l'interesse polltico consiste nella necessità di essere presenti in un settore dove agiscono le maggiori possibiUtà del mondo e di avere una situazione tale da poter diventare efficace alla

nostra bandiera •·

19 -Documenti Diplomatici -Serle VII -VoL XVI

tata dalle autorità italiane», afferma stranamente che gli aeroplani italiani avevano sorvolato il suo accampamento con le mitragliatrici puntate sui membri della commissione; e termina dichiarando che ad evitare incidenti la commissione si ritirava ad Ado, dove avrebbe atteso le decisioni dei Governi interessati.

Prego V. E. chiarire immediatamente in modo opportuno al Foreign Office i seguenti punti:

l) Da vari mesi bande di briganti capeggiate da fuoruscito somalo Ornar Samantar si aggirano dinanzi ai pozzi di Dal-Dal e D arder. L'arrivo di numerosi gruppi di armati etiopici è stato dalle autorità locali, cui non era giunta la notizia di una probabile visita di tecnici inglesi, interpreto come una minaccia che ha reso necessario adottare misure precauzionali fra cui il volo degli aeroplani.

2) Nessuna comunicazione, nemmeno a titolo personale, era intervenuta -prima della protesta scritta -fra il cap. Cimmaruta e il col. Clifford, il quale non poteva naturalmente ignorare la nostra presenza ad Ual-Ual. Una previa comunicazione appariva tanto più necessaria, data esistenza bande briganti nei dintorni.

3) Come ovvio, è assolutamente falso che nostri aeroplani abbiano comunque minacciato commissari inglesi ed etiopici.

Ciò premesso, prego V. E. di volere far presente al Foreign Office che -a parte la stranezza delle frasi usate dal col. Clifford nelle sue lettere al cap. Cimmaruta -manca di ogni fondamento la pretesa del col. Clifford di estendere il compito della commissione di frontiera anglo-etiopica, in una zona dove, se pure la frontiera itala-etiopica non è sinora dete,rminata, noi siamo da tempo stabiliti, e che --nei confronti inglesi -trovandosi detta zona a sud dell'So parallelo è stata riconosciuta dal Governo di Londra di influenza italiana, in base al protocollo anglo-italiano del 1894 richiamato nell'art. I dell'accordo tripartito. V. E. vorrà altresì far notare come il col. Clifford nella sua prima lettera diretta al cap. Cimmaruta abbia senz'altro adottato la tesi etiopica nella contestazione circa i pozzi di Ual-Ual e Uarder, contestazione che riguarda evidentemente soltanto il Governo italiano ed etiopico.

Pregola infine comunicare al Foreign Office che noi non ci opponiamo acché i commissari inglesi vengano a visitare -beninteso senza nessun accompagnamento di armati -i nostri posti di frontiera di Ual-Ual e Uarder; ma, come è evidente, riaffermiamo che ogni eventuale pretesa di diritti di abbeverata o pascolo in detta zona da parte di tribù somale inglesi, deve venire discussa con noi.

Poiché infine Clifford nelle sue comunicazioni ha accennato al riconosci

mento di diritti di pascolo ed abbeverata in favore delle tribù somale inglesi

da parte del Governo etiopico in Ogaden, prego V. E. riconfermare al riguardo

la nostra nota tesi, con riserva di controbattere le argomentazioni contenute

nell'ultima nota britannica (vedi telespresso di questo R. ministero n. 235293

del 6 corrente) {1).

(l) Si pubbllca qui 11 seguente passo di un altro più ampio appunto di Suvich sullo stesso colloquio: «L'Ambasciatore mi dice poi che il suo paese si rende perfettamente conto del nostro interesse per la Cina chiedendomi se 11 nostro interesse sia prevalentemente commerciale.

(l) Non pubblicato.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI (l)

T. 13486/232 P.R. Roma, 29 novembre 1934, ore 24.

Avendo chiamato a rapporto il prefetto di Bolzano ed il provveditore agli studi, reputo opportuno ragguagliarla sulla situazione per quanto concerne l'insegnamento privato deUa lingua tedesca in quella provincia. Gli allogeni che hanno conf,erito col prefetto sono gli ex deputati Toggemburg e Sternbach. Essi chiedevano che fosse consentita la costituzione di un comitato di nove persone tutte alloglotte per organizzare detto insegnamento e raccogliere i fondi. Accanto a questo comitato doveva costituirsene un secondo di cinque persone di cui due alloglotte e le altre rappresentanti del Governo e del partito. Nell'attesa sono giunte 15 domande per organizzare tale insegnamento e per 12 vi è parere favorevole. Ho detto al prefetto che costituzione primo comitato con esclusione assoluta di qualsiasi rappresentanza italiana nonché autorizzazione a raccogliere fondi non poteva essere accettata. È preferibile che Governo ttaliano provveda anche dal punto di vista finanziario alla istituzione e mantenimento di queste scuole che potrebbero essere vigilate e controllate dal comitato numero due. Su queste basi il prefetto chiamerà i signori Toggemburg e Sternbach. Se il discorso a Vienna cadesse su questo argomento ella è in grado di prospettare la situazione quale si presenta oggi (l).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4096/0285 R. Berlino, 29 novembre 1934 (per. il 1° dicembre).

Questo ministro di Ungheria mi ha letto un promemoria redatto in tedesco che H presidente del consiglio Gombos ha fatto rimettere a von Papen a proposito di un eventuale regolamento delle questioni itala-germaniche. Il documento menziona la necessità di fare una pubblica dichiarazione da parte del Governo del Reich circa l'indipendenza dell'Austria. Ove ciò non fosse possibile e se non si potesse nemmeno aderire alla dichiarazione fatta a Ginevra dall'Italia, Francia e Inghilterra, viene consigliato di addivenire a tale dichiarazione per l'ordinario tramite diplomatico. L'epoca propizia, secondo Gombos, sarebbe il mese di dicembre. Il memorandum aggiunge, che, visto

219 che l'Italia non intende prendere alcuna iniziativa, questa dovrebbe esser presa dalla Germania.

Il signor de Masirevich ritiene che tale promemoria sia stato comunicato all'Auswartiges Amt perché in occasione di una visita da lui fatta recentemente al barone von Neurath questi gli disse di avere avuto conoscenza deUe condizioni *presentate da Gombos, senza peraltro precisarle meglio, e che le proposte fatte non sono accettabili. Il ministro di Ungheria aveva quindi lasciato cadere questo discorso* (1). Aveva viceversa detto al barone von Neurath in seguito ad esplicite istruzioni impartitegli al riguardo dal generale Gombos, che un «deputato dell'opposizione» conversando con lui aveva espresso l'opinione che qualora la Germania continuasse la politica che aveva intrapreso nel Balcani fra un anno essa finirebbe per essere il più valido sostegno della Piccola Intesa e della politica antimagiara di quest'ultima. Il barone von Neurath aveva risposto che si trattava di una supposizione priva di fondamento. Il signor de Masirevich aveva pure richiamato di nuovo d'ordine esplicito di Gombos, l'attenzione del ministro degli affari esteri del Reich sopra il noto linguaggio di Goering a Belgrado. Barone von Neurath aveva perduto la sua calma ed aveva risposto in tono energico di non tollerare che gli si riparlasse di una tale questione dopo le assicurazioni da lui date al Governo ungherese che le dichiarazioni attribuite a Goering non erano esatte. Egli aveva parlato non solo in nome proprio ma anche in quello del cancelliere ed il fatto di ritornare sull'argomento significava dubitare della parola di Hitler

e sua.

Il ministro d'Ungheria aveva osservato che né egli né il suo Governo dubitavano delle assicurazioni ricevute. Il generale Gombos aveva creduto peraltro suo dovere mettere al corrente il barone Neurath dell'eccitazione che perdurava in Ungheria in seguito alle dichiarazioni di Goering che era in fondo superfluo smentire perché esse erano state fatte. Le assicurazioni date al Re di Romania dal presidente del consiglio prussiano avevano fatto tanto peggiore impressione a Budapest lnquantoché nel maggio scorso Goering di sua iniziativa aveva creduto fare, durante una fermata del suo aeroplano in Ungheria, delle pubbliche dichiarazioni secondo le quali gli interessi dell'Ungheria sui Carpazi erano pure interessi tedeschi. Egli era convinto che il barone von Neurath avrebbe riconosciuto con lui l'assoluta contraddizione delle due affermazioni. Fra amici si doveva potersi parlare liberamente onde eliminare i malintesi. Il barone von Neurath evidentemente molto imbarazzato aveva ostentato di non essere convinto delle cose dettegli dal signor de Masirevich. Il suo malumore non si era certo modificato quando U ministro di Ungheria gli fece presente che a Budapest intendevano conoscere esattamente quale sa;rebbe stato l'atteggiamento futuro della Germania perché, se questo avesse dovuto essere di disinteresse per i magiari, l'Ungheria avrebbe dovuto, ancorché a malincuore, prendere in considerazione le proposte che la Francia ed il signor Benes le fanno per una cooperazione nel bacino danubiano.

(l) Minuta autografa dl Mussollni.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussollnl.

214

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 29 novembre 1934.

Il signor Chambrun mi chiede se ho potuto esaminare la carta ( 1).

Gli rispondo che non sono ancora in grado di dargli una risposta precisa. Ad ogni modo come prima osservazione posso d1rg:li che non si capisce perché se noi arriviamo sul Tibesti non ci vogliano dare addirittura la displuviale.

L'Ambasciatore dice che la linea è stata studiata molto attentamente dai tecnici coloniali e rappresenta una buona linea di difesa tanto da parte italiana quanto da parte francese. Questa delimitazione segue il criterio di includere anche nel territorio libico le tribù che gravitano verso i centri libioi e di lasciare invece in territorio francese le tribù che gravitano verso il centro sahariano.

Osservo all'Ambasciatore che la questione delle frontiere libiche non può essere presa a sé ma è strettamente collegata con una soluzione favorevole dalla parte della Somalia italiana. Ora mi pare che da quella· parte i francesi non vogliono darci niente, sicché tutta la questione è in sospeso.

L'Ambasciatore spiega che la difficoltà per la Francia deriva dal fatto che essa deve dominare la ba1a di Tagiura che in caso di conflitto può servire come rifugio per una parte della flotta. Disgraziatamente la Somalia francese è cosi piccola e costituita in modo che cedendo qualsiasi parte un po' rilevante della colonia, sarebbe compromessa la sicurezza della baia di Tagiura. Perciò la Francia non può che fare una rettifica di frontiera verso i confini dell'Eritrea con una cessione di territorio che ha più che altro valore simbolico. Si tratta soprattutto di cedere alcuni tratti di terreno per far passare completamente in territorio italiano la strada che dalla costa va all'interno.

Osservo all'Ambasciatore che ciò è molto lontano dalle nostre richieste. Nostro scopo è quello di avere un porto in territorio italiano con un bra.ccio della ferrovia sempre in territorio italiano che vada a congiungersi con la ferrovia di Gibuti ai confini dell'Etiopia. Un tratto della ferrovia, sul territorio etiopico poi se non è possibile sia ceduto esclusivamente all'Italia, dovrebbe servire i due Paesi. Naturalmente tutto ciò previe le opportune operazioni di carattere finanziario per regolare la questione della proprietà.

L'Ambasciatore fa J>['esente che la ferrovia è una iniziativa del capitale privato francese, garantita però dallo Stato francese. A Parigi si era pensato di venire incontro ai desideri dell'Italia cedendo all'Italia un pacchetto di azioni e dandole un posto nel Consiglio di amministrazione.

Gli osservo che ciò per noi non rappresenta niente. L'Ambasciatore mi prega allora di fargli sapere i nostri desideri nei riguardi della ferrovia.

Si decide che della questione Somalia Etiopia si riparlerà domani.

Ritornando su Tunisi dico all'Ambasciatore che se si deve fare una distinzione tra italiani vecchi e italiani nuovi immigrati, questa distinzione nella più favorevole delle ipotesi non potrà partire che dalla fine dei dieci anni.

L'Ambasciatore dice che poi sono da regolare altre questioni come quella della scuola, delle professioni e della pesca. Per quanto riguarda la scuola sarebbe desiderio del Governo francese che la stessa che oggi è scuola di stato italiana venisse trasformata in scuola privata italiana, tutto ciò senza toccare il numero e l'efficienza della scuola stessa.

Rispondo all'Ambasciatore che è mia opinione che gli statuti delle scuole non debbano essere modificati.

L'Ambasciatore insiste.

Si ritornerà su questo punto.

L'Ambasciatore viene a parlarmi dell'Austria, mostrandomi l'unito appunto che non ha nessun camttere di proposta, e chiedendomi se non ritenevo che questo rispondesse ai desideri del Capo del Governo. Gli chiedo se egli intende che alla garanzia complementare di cui all'ultima parte, debbano partecipare Italia, Francia e Germania. Egli risponde che preferirebbe soltanto l'Italia e la Francia, e che la questione rimanesse segreta.

Mi riservo una risposta.

L'Ambasciatore viene poi a parlare dell'affare di Marsiglia. Mi chiede se la nostra dichiarazione di voler sostenere l'Ungheria riguarda solo l'urgenza della discussione o anche il merito.

Gli rispondo che riguarda tanto l'urgenza della discussione quanto il merito, premesso naturalmente che l'Ungheria abbia ragione. Poiché però noi siamo persuasi che l'Ungheria nel merito ha ragione, egli può calcolare già sul nostro appoggio all'Ungheria anche a questo riguardo.

ALLEGATO

PROGETI'O D'ACCORDO SULL'INDIPENDENZA DELL'AUSTRIA

Signataires initiaux: Allemagne, Autriche, France, Grande-Bretagne, Hongrie, Italie, Roumanie, Tchécoslovaquie, Yougoslavie.

Préambule marquant le désir des contractants de contribuer, autant qu'il est en leur pouvoir, à la tranquillité de l'Europe. Premier artiole, portant engagement mutue! des contractants de ne s'immiscer en aucune façon dans leurs affaires intérieures respectives.

'Deuxième article, portant engagement mutuel de ne susciter ou favoriser aucune agitation, propagande ou tentative d'intervention ayant pour but dc porter atteinte par 1a force à l'intégrité territoriale ou de transformer par la force le régime politique ou social d'un des pays contractants.

Troi.sième article, portant engagement de ne tolérer sur lcur territoire aucune organisation poursuivant l'un des buts visés à l'article précédent.

Quatrième article -Clause réservant aux signataires la faculté de conclure des accords particuliers en vue d'assurer avec le concours du Conseil de la S.d.N. l'exacte application de ces principes.

Ginquième article ouvrant l'accord à l'adhésion de toutes les Puissances européennes.

Dans la pensée du Gouvernement français, cet accord devrait recevoir la garantie complémentaire et unilatérale des Puissances plus spécialement intéressées à s'assurer de son respect en ce qui concerne l'Autriche.

(l) Allude evidentemente alla carta del confini llb!ci che avrebbe dovuto trovarsi allegata al n. 209.

215

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 29 novembre 1934.

Parlando dell'Austria comunico all'Ambasciatore Chambrun che il Capo del Governo ha esaminato col cancelliere Schuschnigg l'opportunità di una dichiarazione pubblica anti-asburgica dell'Austria come proposto dal Governo france,se.

Si è giunti alla conclusione che questa dichiarazione non era oppolltuna. In primo luogo le dichiarazioni erano state fatte da Schuschnigg soltanto al Ministro Benes sotto la pressione da questi esercitata per dare il consenso alla conversione del prestito austriaco. In secondo luogo bisogna tener conto che una buona parte della popolazione austriaca che segue il governo è di sentimenti legittimisti; il giorno che il Governo facesse una dichiarazione del genere è molto probabile che questa passerebbe all'opposizione venendo ad aggravare la posizione politica del Governo austriaco.

L'Ambasciatore prende nota e riferirà a Parigi.

216

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 29 nm;embre 1934.

Il ministro di Ungheria mi dice che Avenol avrebbe detto al Rappresentante di Ungheria a Ginevra che le Grandi Potenze sono d'accordo per non fare immediatamente la discussione sulla nota jugoslava. Egli chiede cosa ne sappiamo noi.

Gli rispondo che noi non abbiamo nessuna notizia né da Ginevra, né da Parigi, né da Londra. Ad ogni modo autorizzo il rappresentante ungherese a Ginevra a dichiara;re al signor Avenol che l'Italia non ha nessuna intenzione di rinviare la discussione (l).

Si tratta di cosa troppo grave perché sia possibile pensare ad un rinvio. Egli aveva anzi fatto del suo meglio per convincere gli inglesi, che erano favorevoli al rinvio, di desistere da tale loro Idea. Riteneva quindi che ormai tutte le delegazioni erano favorevoli alla discussione immediata».

Il Ministro mi dice poi che nel caso si dovesse venire ad un rinvio, l'Ungheria chiederebbe due condizioni:

l) che comunque la cosa sia rinviata in febbraio;

2) che in nessun caso possa essere stigmatizzata l'opera dell'Ungheria.

Gli rispondo ,che mi pare meglio non cominciare a fare l'ipotesi a cui egli accenna. D'altra pa~rte io non so vedere a che titolo si possa rifiutare la discussione immediata. Mi pare poi difficile mettere la seconda condizione di cui egli parla, ammesso che si accetti l'intervento della Società delle Nazioni.

(l) Questa prima parte del colloquio fu comunicata a Ginevra con t. 1532/57 R. del 30 novembre. Bova Scappa rispose con il t. 4104/170 R. del 10 dicembre di cui si pubblica quila prima parte: ,«Avena! mi ha detto che egli è assolutamente favorevole· a che questione magiara-jugoslava venga discussa nell'attuale sessione del Consiglio.

217

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI,

T. 1531/286 R. Roma, 30 novembre 1934, ore 18.

Telegramma V. E. n. 750 (1).

Ringrazi Simon della comunicazione fattale. Mi rendo conto delle circostanze che hanno indotto Governo inglese a precisare dichiarazioni ai Comuni prima di uno scambio di vedute con gli altri Governi. Circa il proposito inglese di avviare una discussione col Governo tedesco sulle violazioni del trattato di Versailles e di procedere in tale discussione di intesa con l'Italia sono d'accordo sull'opportunità di uno scambio di vedute con codesto Governo in argomento.

218

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4090/161 R. Praga, 30 novembre 1934, ore 20,28 (per. ore 1,40 del 1° dicembre).

Telegramma di V. E. n. 1500, C. (2). Avendo visto Benes per l'affare Thun di cui telegramma di V. E. n. 89 (3) ho appreso incidentalmente quanto segue:

1° Benes parte lunedì 3, sarà Ginevra martedì per presiedere dibattito Saar che prevede dovrebbe liquidarsi entro settimana dopo di che egli lascerà presidenza.

2° Benes non (dico non) si opporrà alla richiesta ungherese per immediata discussione memorandum jugoslavo.

Sua precedente azione persuasiva presso Jugoslavia per il rinvio a gennaio si era svolta conformemente suggerimenti franco-inglesi e tendenza generale lasciare raffreddare atmosfera e calmare gli animi.

Discussione immedia-ta, corrispondendo primitivo desiderio jugoslavo, dovrebbe trovare consenso generale.

3° Benes ritiene finalità essenziale dibattito Ginevra debba essere miglioramento e non peggioramento situazione europea.

Sforzi Grandi Potenze e Stati buona volontà dovrebbero tendere moderare parti contendenti e ricercare soluzione accettabile da tutti. Tale potrebbe forse essere risoluzione del Consiglio in termini opportunamente elaborati; ma naturalmente nulla può dirsi ancora dovendosi prima svolgere discussione, che Benes ritiene inevitable e che, nella migliore ipotesi, dovrebbe servire a dare sfogo alla tensione reciproca affinché sforzi del Consiglio possano canalizzarsi.

4° Benes ritiene molto probabilmente decisiva la misura e forma dell'appoggio che l'Italia darà all'Ungheria.

Egli si rende conto essere tale atteggiamento logico da parte dell'Italia, ma spera che ad appoggio corrisponderanno pure consigli di moderazione all'Ungheria così come F'rancia, Cecoslovacchia e Romania continueranno adoperarsi per moderare Jugoslavia.

5° Situazione interna jugoslava va tenuta presente -secondo Benes nel senso che correnti estremiste vorrebbero sbarazzarsi di Jeftic, ritenuto troppo moderato, per poter magari fare colpo di testa, come sarebbe marciare su Budapest.

Per queste ragioni Benes crede si debba trovare il modo dare una soddisfazione Jugoslavia per consolidare Jeftic ed evitare mali peggiori.

6° Ho trovato Benes tuttora molto desideroso mostrarsi volenteroso verso Italia e lusingato che suo atteggiamento moderatore nella Piccola Intesa ed a Ginevra sia stato apprezzato e rilevato anche grande maggioranza stampa italiana.

7° Verso Ungheria Benes si è mostrato piuttosto pessimista. Ha qua1ificato azione Eckardt poco abile ed inesperta ambienti Ginevra. Appony non avrebbe chiesto ritiro Benes presidenza, come ha fatto delegato ungherese sfondando porta aperta e facendo brutta figura. Amicizia itala-ungherese è punto scottante evoluzione di Benes e Piccola Intesa.

Avendogli io fatto presente interesse cecoslovacco che Budapest graviti verso Roma piuttosto che verso Berlino, Benes ha insinuato che Budapest sarà in definitiva sempre più fedele a Berlino che a Roma.

Indipendenza Austria non potrà mantenersi, secondo Benes, che mediante cooperazione Italia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, per cui non potendo Italia abbandonare Ungheria, unica speranza è che cooperazione italo-francese possa arrivare a determinare détente tra Ungheria e Piccola Intesa.

Ma trattasi lavoro lungo, difficile, paziente.

(l) -Cfr. n. 202. (2) -Cfr. n. 190, nota 2. (3) -Non pubblicato.
219

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 11789/369 P.R. Vienna, 30 novembre 1934, ore 22 (per. ore 2.40 del 1° dicembre).

Telegramma di V. E. n. 231 (l).

Gombi:is ricevette Papen alla vigilia suo viaggio Roma, nella breve sosta da lui fatta Vienna (mio telegramma n. 346 del 3 novembre) (2). Non mi risulta invece che Gombos lo abbia rivisto, né al suo ritorno da Roma, né durante sua recente partita di caccia in Austria.

Papen si è recato tuttavia da questo ministro di Ungheria per chiedergli ragguagli circa ultima venuta Gombi:is in Austria. Mio collega ungherese gli ha risposto che visita presidente del Consiglio rivestiva stesso carattere sportivo dl quella fatta da lui, Papen, nel mese passato in Ungheria.

220

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 30 novembre 1934.

Colloquio col ministro di Ungheria.

Per mio tramite prega V. E. di compiacersi disporre che venga fatta fare da Pav·elic una dichiarazione in cui egli attesti che Georghieff, l'attentatore di Marsiglia, non è mai stato in Ungheria (3).

221

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, CAVAGNARI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (4)

L. :;;. 801 Roma, 30 novembre 1934.

Ti mando un Pro-memoria sintetico delle posizioni assunte dalle Potenze Oceaniche durante le conversazioni navali di Londra dal quale potrai rUevare il nostro punto di vista circa la denuncia del Trattato di Washington.

ALLEGATO

PROMEMORIA S.

Roma, 30 novembre 1934.

l) Il Giappone, essendo l'unica potenza oceanica che abbia spinto le sue costruzioni navali sino al limite massimo consentitogli dal trattato di Washtngton, si trova a possedere attualmente una forza navale quasi pari a quel<la dell'Amertca.

2) Tale condizione di parità il Giappone è fermemente deciso a difendere, e con la tesi sostenuta a Londra dalla sua delegazione nelle conversazioni navali in corso esso ad altro non mira se non ad ottenere il riconoscimento e la sanzione di detta parità per il futuro (identico diritto per tutte le nazioni a provvedere alla propria sicurezza tonnellaggio globale eguale per tutti -diritto di investire tale tonnellaggio nel modo che ciascuna potenza giudica più rispondente alle proprie necessità -riduzione negli armamenti offensivi -accordo per una riduzione in quelli difensivi).

3) Tali principi sono in non sanabile contrasto con le clausole del trattato di Washington, che fissano per le tre potenze oceaniche gli armamenti navali nel rapporto

5: 5: 3 e rigidamente ne stabiliscono la ripa;rtiziOIIle in due categorie: navi da battaglia e navi porta aerei.

L'Inghtlterra, che grazie alla prevalenza in ciascuna categoria, confortata da una rete di basi navali sparse in tutto il mondo e dalla superiorità del proprio personale reclutato tutto a lunga ferma, si era garantita la suprema2lia nel campo navale, e l'America, che attraverso alla superiorità quantitativa, 5 contro 3, si era assicurata contro una prevalenza del Giappone in Estremo Oriente, hanno rifiutato di aderire alle richieste del Giappone.

5) Nella impossibilità di ottenere il riconoscimento della propria tesi attraverso ad una modifica delle clausole del Trattato di Washington, il Gdappone si trova quindi nella necessità di denunciare quel trattato per cercar di raggiungere il riconoscimento delle propr~e aspirazioni o attraverso ad una convenzione pattuita completamente ex novo, o, se una simile convenzione non potesse venir conclusa, attraverso a;lla libertà di azione, non più vincolata da alcun trattato.

6) La posizione del Giappone sarebbe rafforzata qualora qualcun'altra fra le potenze firmatarie di Washington si associasse a lui nella denuncia; perciò esso chiede e ricerca la collaborazione francese ed italiana nel passo che egli si prepara ad effettuare.

7) Per quanto riguarda la Francia e l'Italia, il trattato di Washington, come è noto, riconosce ad entrambe le nazioni il diritto ad un egual tonnellaggio di navi da battaglia e di navi porta-aerei, limitato nel confronto dell'Inghilterra e dell'America nel rapporto 1,75 a 5 e del Giappone nel rapporto 1,75 a 3.

8) Durante questi ultimi anni la Francia, che già non aveva mai voluto accettare una estensione di quelle proporzioni alle altre categorie di navi, ha ripetutamente manifestata la propria decisa insofferenza contro le clausole di quel trattato, sia per quanto riguarda il rapporto di forze da esso concessole, rispetto alle potenze oceaniche, sia per quanto riguarda la eguaglianza nel coefficiente di proporziona:lità assegnatole rispetto all'ItaJ:ia.

9) La denuncia del trattato di Washington sarebbe quindi favorevole alla Francia; non è perta:nto da escludersi che, se ragioni di carattere politico non le consiglieranno di astenersene, essa possa associ:arsi al passo del Giappone, in modo da presentarsi alle future conversazioni navali avendo già preso una decisa posizione, sia verso le potenze ocea;niche, sia verso l'Italia, contro le proporzioni di forze, assegnate ad essa da quel trattato (1).

(l} Ma Fransoni comunicò da Parigi con t. 4075/485 R., del 30 novembre che la risposta francese declinava l'invito giapponese.

10) All'opposto di quelli francesi sono invece gli interessi italiani.

Con l'assegnare alla Francia ed all'Italia un egual tonnellaggio di navi da battaglia e di navi poroa-aerei, il trattato di Washington ha infatti sancito per dette due categorie di navi il preciso diritto per l'Italia di possederne un tonnellaggio identico a quello francese, e cioè a quello della Potenza continentale più armata, il che corrisponde appunto al principio che noi abbiamo sempre sostenuto.

11) È pertanto del massimo interesse per l'Italia che qualunque nuova formula di limitazione o riduzione degli armamenti navali derivi da una modifdca delle clausole attuali del trattato di Washington, e non già dalla sua abrogazione, in modo che ne rimanga integro il principio informatore, e cioè il riconoscimento del diritto dell'Italia alla parità in fatto di armamenti navali con la Francia.

12) Il Trattato di Washington contiene inoltre il divieto di cedere navi da guerra a potenza non firmataria. Questa clausola è particolarmente interessante per noi giacché previene la possibilità da parte della Jugoslavia di arricchirsi in naviglio da guerra in forma improvvisa e senza limitazione.

13) Per tali motivi è parere di questo Ministero Marina debba venir comunicato al Governo del Giappone che l'interesse dell'Italia è contrario all'abrogazione del Trattato di Washington e che perciò essa non intende associarsi nella denuncia del trattato stesso.

(l) -Cfr. n. 205. (2) -T. 3765/346 R., non pubblicato. (3) -Annotazione a margine di Mussolini: <<No». (4) -Da Ufficio Storico della Marina.
222

IL SEGRETARIO GENERALE DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4084/166 R. Ginevra, 1• dicembre 1934, ore 0,45 (per. ore 6,30).

Primo delegato ungherese Eckhardt mi ha detto che egli preferirebbe comitato costituito da Italia, Francia ed Inghilterra, Russia e Polonia sotto presidenza Eden piuttosto che comitato a basi più larghe come comunicai con mio rapporto n. 1263 del 29 corrente {1).

Per quanto concerne suo piano difesa ha aggiunto che, mentre contesterà, attraverso stampa, in successive riprese, tutto memoriale jugoslavo, che non gli sembra contenere accuse inconfutabili, sosterrà in Consiglio:

l. -Che regicida Gheorghieff non è mai stato Ungheria e non ha avuto rapporti di nessun genere con Ungheria;

2. --Che fattoria Janka Pusta fu evacuata completamente prima del 1° ottobre mentre gruppo emigrati era stato disciolto fin da marzo; 3. --Che passaporti ungheresi in possesso congiurati non sono stati rilasciati legalmente e possono anche essere falsi.

Eckhardt ha aggiunto che egli proporzionerà tono sue dichiarazioni alle

dichiarazioni del delegato jugoslavo.

Egli si propone dimostrare che cause reeigicidio sono da ricercarsi nella

situazione interna Jugoslavia. Ha aggiunto che Jeftic è personalmente mode

rato, ma è soprattuto da temere che Benes ne ispiri condotta davanti al

Consiglio.

Per quanto concerne attitudine Turchia nei nostri riguardi ha parimenti aggiunto che Tewfik Ruscdi bey si era dichiarato disposto a presentare comunicazione analoga a quella romena e cecoslovacca al Consiglio, qualora memorandum jugoslavo non fosse stato diretto esclusivamente contro un solo paese e ciò evidentemente perché mirava ad includervi anche l'Italia.

Eckardt ha confermato notizia secondo cui Goering avrebbe dato Jugoslavia documenti del club croato di Berlino ma ha aggiunto che politica filo-jugoslava di Goering non era divisa da Governo tedesco.

Eckardt ha infine detto che l'azione, intesa a scaricare contro la sola Ungheria tutte le responsabilità, era stata ispirata da Benes, oltre che come manovra antirevisionista, anche per impedire che Jugoslavia mettesse in causa l'Italia e pregiudicasse possibile accordo itala-francese.

(l) Non pubblicato.

223

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA GRANDI, A PARIGI PIGNATTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, DI GIURA, AL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA.

T. 1530 R. (l) Roma, 1° dicembre 1934 (2).

(Per Londra, Parigi ed Atene). Ho telegrafato a Ankara quanto segue:

(Per tutti). Da varie fonti pervengono notizie su un negoziato che sarebbe stato condotto da Rouschdy bey a Ginevra e Parigi per la conclusione di un patto di assistenza fra Turchia e Francia. Sembra che tale negoziato venga appoggiato vivamente da Titulescu e da Benes, particolarmente dal primo, e che miri a realizzare maggiore connessione tra Intesa Balcanica e Piccola Intesa coordinata al sistema di alleanze francese.

Pregola parlare con Ismet pascià e telegrafare quello che dirà in proposito.

Mentre codesto Governo continua a dichiarare che la sua politica si inspira a un bisogno sempre maggiore di sicurezza, l'attività di Rouschdy bey, destinata a portare sempre più alla divisione dell'Europa in gruppi di Stati contrapposti, non può in definitiva che accrescere il senso di incertezza e di preoccupazione generale.

224

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. PER CORRIERE R. 1535 R. Roma, 1° dicembre 1934.

Ringrazio V. E. dell'interessante segnalazione fatta col suo telegramma

n. 346 del 24 corrente (3), come delle altre sull'argomento (4).

Giungono effettivamente anche da fonti fiduciarie frequenti segnalazioni sulla tensione determinatasi fra la Reichswehr e le formazioni armate nazionalsocialiste. Esse non contengono, in generale, elementi nuovi, che già non risultino dalle comunicazioni di V. E., le quali riescono molto utili per vagliare la serietà di tali segnalazioni sia nella parte informativa, sia negli apprezzamenti e nelle previsioni che contengono, e per formarsi quindi un giudizio complessivo sulla situazione.

Nel pregarla di continuare a seguirla e a tenermi informato, desidero anche attirare la sua attenzione sull'opportunità che vengano da V. E. date disposizioni perché le comunicazioni su argomento cosi delicato vengano normalmente inviate per corriere, limitando quelle telegrafiche ai casi di assoluta urgenza.

(l) -A Londra, Parigi e Ginevra il telegramma venne inviato per corriere. (2) -Sic, ma dal numero di protocollo e dalla risposta da Ankara (cfr. n. 235) sembra che l! telegramma sia stato spedito il 30 novembre. (3) -Cfr. n. 186. (4) -Cfr. n. 194.
225

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, to dicembre 1934.

Ritorno col Signor Chambrun sulla questione del riarmo della Germania. Gli dico che pure avendo noi dichiarato di essere d'accordo con un margine da lasciare alla FranC'ia, vanno tenute presenti le seguenti due condizioni:

l) noi dobbiamo continuare a sostenere il principio delle « Gleichberechtigung » che è stato uno dei punti del nostro programma;

2) intendiamo anche noi, al lato pratico, avere un margine di superiorità sulla Germania e chiediamo che la Francia ci riconosca questo nostro diritto.

Di fronte ad alcune obiezioni dell'Ambasciatore io osservo che questa ultima condizione non può che essere gradita alla Francia poiché questa serve a mantenere un livello ancora più basso degli armamenti tedeschi.

Per quanto riguarda la Tunisia gli dico che noi intendiamo continuare per le scuole l'attuale regime anche dopo i dieci anni.

All'Ambasciatore pare questa una gravissima difficoltà, perché si verrebbe cosi a mantenere una specie di regime capitolare che non può essere riconosciuto come definitivo.

Per quanto riguarda la Somalia l'Ambasciatore mi dice che per le ragioni già indicate non si possono fare delle cessioni territoriali di rilievo, ma soltanto una rettifica verso il confine dell'Eritrea, come già è accennato, che lascerebbe il nostro territorio sulla strada che va dalla costa all'interno; per la ferrovia dove abbiamo già un consigliere, la società esercente le ferrovie sarebbe disposta a cederci 2.000 azioni in modo da dare anche una base patrimoniale alla nostra ingerenza nella ferrovia stessa; il Governo francese chiede di conoscere se noi abbiamo degli altri desideri per quanto riguarda la possibilità di un nostro interessamento maggiore nella ferrovia.

Quella che secondo l'Ambasciatore è la concessione più importante, è la dichiarazione del disinteresse francese per l'Abissinia salvo la parte economica dell'esercizio della Ferrovia.

Rispondo all'Ambasciatore che per quanto riguarda l'Abissinia è un affare a parte; esaminando le concessioni in Somalia devo osservare che la Francia non ci dà nulla; ora noi siamo disposti a rinunziare alla spinta verso il Ciad soltanto per delle concessioni in Somalia; se queste non avvengono tutta la questione è rimessa in discussione.

Dalla lettura delle istruzioni pervenute da Parigi che l'Ambasciatore mi consegna, e per cui lo ringrazio, devo constatare che la cosa è trattata con uno spirito molto piccino. La questione viene completamente deformata: secondo l'impostazione delle nostre discussioni si trattava di liquidare l'art. 13 del Trattato di Londra per cui noi abbiamo diritto ad un compenso per i vantaggi avuti dalla Francia in Africa, vantaggi che consistono nella retrocessione di un territorio nel Congo francese e nei mandati ottenuti dalla Francia sulla massima parte del Togo e del Camerun. La conclusione è invece che: in Tunisia ci si chiede di rinunciare ad una situazione che oggi possediamo; in Libia ci si concede una rettifica di confini, inferiori alle rivendicazioni che noi abbiamo in quella regione; in Somalia non ci si dà nulla. Di più si vuole chiedere la modificazione di una nostra posizione per quanto riguarda il Marocco e la Siria.

L'Ambasciatore risponde che pure rendendosi conto del mio punto di vista non gli pare che la mia critica sia giustificata.

In Tunisia c'è una situazione italiana che non può continuare per l'avvenire e che la Francia potrebbe modificare a suo vantaggio con la denuncia del trattato; invece di ciò è disposta a continuare la situazione attuale per un decennio ed a concedere una lunghissima fase di transizione per arrivare al regime nuovo; in Libia non si può partire dalle aspirazioni, ma dai confini attuali; di fronte alla situazione attuale di occupazione la Francia ci concede un territorio di 120.000 chilometri quadrati che arrotonda la nostra colonia verso il sud e che cioè ci dà il possesso delle pendici settentrionali del Tibesti venendo così a soddisfare in parte quella che era stata una delle principali aspirazioni coloniali italiane. Se alla cessione attuale si uniscono gli altri 120.000 chilometri quadrati che la Francia ci ha ceduto coi salienti fra Gadames, Gat e Tummo, si verrebbe a costituire cosi una cessione complessiva di 240.000 chilometri quadrati, cioè circa metà del territorio metropolitano francese.

Per quanto riguarda la Somalia, le ragioni addotte dalla Francia nel possesso di Gibuti e della baia di Tagiura per motivi di ordine militare, paiono cosi importanti che l'Ambasciatore non vede molto di superarle. Quello che a lui pare molto importante però, lo ripete, è la posizione che il nostro paese prenderebbe nei riguardi di una nostra espansione nell'Abissinia.

L'Ambasciatore si riserva ad ogni modo di fare conoscere a Parigi il nostro punto di vista e prega nel frattempo di volergli fare qualche proposta pratica per quanto riguarda un nostro maggiore interessamento nella ferrovia, tenendo conto del punto di vista sopra indicato del governo francese.

Dico all'Ambasciatore che non vedo per ora la conciliabilità dei due punti di vista, ad ogni modo mi riservo di tornare con lui, lunedì, sull'argomento.

ALLEGATO

LAVAL A CHAMBRUN

Parigi, 15 novembre 1934 (1).

Cette rectification de frontière suffi.t dans notre pensée à obtenir définitivement. quitus de l'engagement contracté envers l'Italie par l'article 13 du Pacte de Londres.

3. -CòTE DES SoMALIS ET ETHIOPIE.

Prise à la lettre, la rectification de frontière entre l'Erythrée et la Còte française des Somalis qui vous a été demandée par le Palais Chigi réduirait le territoire de notre colonie à son extrémité méridionale, nous laissant la ville de Djibouti et l'amorce du chemin de fer franco-éthiopien, attribuant à l'Italie Obock et la baie de Tadjourah.

Un te! règlement menacerait directement la sécurité de Djibouti, escale indispensable pour !es communications de la Métropole avec Madagascar et l'Indochine. Il nous enlèverait le point d'a;ppui que peut offrir à nos batiments de guerre la baie de Tadjourah. Il ne ménagerait plus l'hinterland nécessaire à la surveillance des tribus et de la voie ferrée. Il présenterait, en fait, à peine moins d'inconvénients qu'un abandon total de la colonie. Nous ne saurions y souscrire sans compromettre toute l'armature de notre établissement dans l'Océan Indien et en Extrème-Orient.

Si malgré l'atteinte qui en résulterait pour notre prestige (non seulement auprés des Abyssins mais sur l'autre rive de la Mer Rouge), nous devions consentir quelque modification de la frontière délimitée par les protocoles franco-italiens des 24 janvier 1900 et 10 juillet 1901, il ne pourrait s'agir que d'aménagements territoriaux tenant strictement compte des nécessités immédiates de politique indigène ou d'intérèts économiques locaux dans la region du Raz Doumeira, de la vallée de la Weimé et aux environs de Daadato.

La ligne de Djibouti à Addis-Abeba protégée par l'article 9 de la convention anglofranco-italienne de 1906 contre la concurrence des voies de pénétration partant des colonies étrangères, est exploitée dans un esprit commerciai et s'ouvre, dans des conditions de pariaite égal1té, au trafic des différents pays. En outre, bien qu'elle ait été construite entièrement avec des capitaux français et avec la garantie du Gouvernement français, elle admet, dans son conseil d'administration, un représentant du Gouvernement italien.

C'est dire que celui-ci a déjà tous !es moyens d'utiliser au mieux de ses interèts commerciaux la ligne française sous son régime actuel. Nous examinerions dans un esprit bienveillant toutes !es possibilités nouvelles qu'il pourrait nous signaler dans cet ordre d'idées. En particulier nous sommes assurés qu'au cas où il souhaiterait donner une base financière à sa représentation dans le Conseil !es actionnaires du groupe français ne se refuseraient pas à lui céder !es 2.000 actions qui correspondent normalement à un siège d'administrateur.

Certaines indications permettent de croire que le Gouvernement italien souhaiterait raccorder le port d'Assab, qu'il a équipé à grand frais dans la partie sud de l'Erythrée, au chemin de fer franco-egyptien, probablement dans la région d'Afdem. La concession de cet embranchement, dont la réalisation exigerait notre consentement aux termes de l'arrangement de 1906, soulèverait de sérieuses objections, que l'an considère les intérèts de Djibouti et de la Còte des Somalis ou mème ceux du budget français. Le partage entre deux ports du trafic, qui est à peine suffisant pour la ligne unique actuelle et dont le développement n'est pas à prévoir dans un avenir immédiat, tarirait les ressources de la colonie dont le budget est alimenté pour les deux tiers 8 millions sur 12 -par les droits de port. En outre de la subvention qui lui serait probablement demandée pour ,le budget de la colonie, le Gouvernement français qui, en

vertu de l'acte de concession passé en mars 1909 avec la Compagnie, est tenu de couvrir deficit d'exploitation et l'intéret des obligations, risquerait de se voir appeler en garantie pour une somme pouvant dépasser 20 millions de francs par an.

Sans donc refuser la conversation sur le chemin de fer, vous ne devrez pas donner l'impression que nous soyons prets à abandonner les garanties que l'arrangement de 1906 nous accorde pour la protection efficace de la voie ferrée et pour le développement normal du trafic. Bien au contraire, toute confirmation ou extension que nous accorderions à l'Italie des droits que lui confère l'arrangement de 1906 devrait comporter en contre-partie une délimitation de la zone du chemin de fer.

En outre, nous devons éviter de porter atteinte à l'intégrité territori!llle et à l'indèpendance politique de l'Ethiopie principes dont le premier est inscrit dans l'arrangement de 1906 et qui ont ètè tous deux consacrès expressément par le traité anglofranco-italo-éthiopien du 22 aout 1930 sur la réglement!lltion de l'importation des armes et munitions lequel se fondait sur le pacte de la S.d.N. et le pacte generai de renonciation à la guerre.

Dans cet esprit, on pourrait concevoir que les deux Gouvernements, se référant à l'arrangement de 1906, définissent la zone nécessaire au trafic du chemin de fer et que le Gouvemement français, en donnant ainsi des limites nettes et précises à son champ d'activité économique en Ethiopie, prenne envers le Gouvernement italien l'engagement de ne pas ,les franchir.

4. -MARoc et LEVANT.

Si la Tunisie, la Libye et la Còte des Somalis ont été seules en jeu, en fait de questions extra-européennes, dans les conversations fTanco-italiennes de ces dernières années, il est d'autres possessions où nous n'avons pas rencontré, de la part du Gouvernement itllillen l'attitude sympatique ou meme simplement équitable sur laquel:le nous étions en droit de compter.

Le 25 juillet 1928, renonçant à nous prévaloir des engagements répétès de dèsinteressement que nous avions obtenus de l'Italie au sujet du Maroc en 1900, 1902 et 1912, nous acceptions de signer la Convention de Paris qui faisait à cette Puissance une piace de premier rang dans l'Administration internationale de Tanger. Il avait été convenu que ce réglement serait pris en compte pour l'équHibre général de la nègociation. Le Gouvernement italien parait avoir perdu de vue la concession importante que nous lui avons alors consentie. Le moins que nous puissions lui demander aujourd'hui comme contrepartie est de ne pas continuer à méconnaitre, quand nous poursuivons la révision du régime douanier marocain, la portée des accords qui l'obligent à reconnaitre notre liberté d'action au Maroc comme nous avons reconnu la sienne en Libye.

Le Président et le Secrétaire italien de la Commission des Mandats soumettent notre action dans les pays du Levant à une critique dont nous sommes obligès de constater qu'elle fait très exactement écho à l'obstruction systématique du parti nationaliste syrien. Nous avons le droit de nous plaindre quand la Délégation italienne manifeste l'intention de reprendre à son compte, devant le Conseil de la S.d.N., les longues discussions que la Commission des Mandats s'est efforcée de clore par des résolutions tenant un juste compte des explications fournies par les représentants de la Puissance mandataire. De tels débats ne peuvent avoir d'aut~;e portée que d'accorder un encouragement public aux nationalistes syriens. Cette politique, qui tend à nous rendre difficile l'exercice du Mandat et sa transformation en llilliance, suivant l'exemple donné par l'Angleterre en Irak, apparatt incompatible avec la pratique de relations confiantçs entre les deux Gouvernements.

II -TRAITÉ D'ETABLISSEMENT FRANCO-ITALIEN.

Dès 1928 il avait été entendu que le traité envisagé pour fixer le statut des Itali~ns en France et des Français en Italie, ne serait définitivement conclu que le jour où serruient également réglées ,les autres questions en suspens entre les deux pays. Un texte a été signé le 3 juin 1930, que le Gouvernement français, par une loi du 27 juin 1930,

20 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

a été autorisé à ratifier. Vous m'avez d'autre part fait savoir que le Gouvernement italien était également en mesure de procéder à l'échange des ratifications. Je serais disposé à procéder à cet échange le jour méme de la signature des autres actes.

III -DECLARATION GENERALE FRANCO-ITALIENNE.

Je n'ai pas à vous rappeler qu'en 1928, pour marquer la portée générale des accords franco-ita1iens dont la .signature était alors envisagée, il avait été entendu qu'en téte d'un traité spécial d'arbitrage et de conciliation serait affirmé, sous forme de considérant, le caractère permanent de l'amitié franco-italienne. Ce traité serait maintenant sans objet, !es deux Gouvernements ayant depuis lors adhéré l'un et l'autre à l'Acte général d'Arbitrage à l'article 36 du Statut de la Cour de Justice de La Haye. Un acte spécial est donc nécessaire pour affirmer, de façon genérale, l'amitié franco-italienne et conférer toute sa valeur pratique au rapprochement des deux pays. La forme d'une déclaration parait aujourd'hui le mieux répondre à cet objet.

A cet effet le projet ci-dessous a été établi:

Les soussignés, dument autorisés par leurs Gouvernements respectifs.

Considérant que !es Conventions en date de ce jour ont assuré, à la satisfaction réciproque de leurs Gouvernement, le complet règ!ement des questions que !es accords antérieurs laissaient pendantes entre eux et qui désormais appartiennent au passé;

Considérant que Jes questions litigieuses qui pourraient surgir à l'avenir entre leurs Gouvernements trouveront Ieur issue soit par la voie des pourparlers diplomatiques, soit par !es procédures établies par le Pacte de la S.D.N., le Statut de la Cour permanente de Justice Internationale et l'Acte général d'Arbitrage;

Considérant que la ferme intention de chacune des deux Puissances est de respecter et, conformément à ses obligations internationales, de maintenir !es droits dont, sur !es temitoires relevant de l'autorité de l'autre Puissance, celle-ci. jouit actuellement;

Déclarent la détermination de leurs Gouvernements de sauvegarder l'heureuse situation politique ainsi établie, de développer, gràce à elle, l'amitié traditionnelle qui unit !es deux nations et de collaborer, dans un esprit de mutuelle confiance, au maintien de la paix générale.

En vue de cette collaboration qu'ils entendent pratiquer selon !es méthodes et procédures prévues par le Pacte de la S.D.N. ils procéderont entre eux à toutes !es consultations qu'exigeraient !es circonstances.

(l) L'allegato è una seconda parte, con qualche omissione, del dispaccio inviato da Lavai a Chambrun !l 31 ottobre (cfr. DDF, vol. VII, pp. 929-935). Il testo completo del dispaccio, !l quale contiene una parte centrale non trovata !n ASMAE, in DDF, vol. VII, pp. 919-935.

226

IL CAPO DELL'UFFICIO I DEL SERVIZIO STORICO DIPLOMATICO, Q. MAZZOLINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

PROMEMORIA. Roma, 1° dicembre 1934.

Dopo la sentenza della Sezione Istruttoria della Corte d'Appello di Torino

che respinge la richiesta francese di estradizione, il Dr. Pavelich avrebbe dovuto

essere messo in libertà. Egli è stato invece trattenuto perché dovrà essere giudi

cato in Italia.

Occorre ora che la Corte d'Appello di Torino venga invitata a denunciare

il Pavelich ed altri da stabilire al Tribunale Speciale come sembra sia stato

deciso.

In tal modo la Sezione Istruttoria del Tribunale dovrà inoltrare alla Giu

stizia francese, come ho suggerito, le necessarie commissioni rogatorie per es

sere subito edotti di quanto gli altri detenuti in Francia hanno dichiarato sul conto dei loro compagni detenuti o residenti in altri paesi d'Europa.

Intanto, il dr. Pavelich comincia a dar segni di impazienza. Alle sue prime lagnanze circa le condizioni materiali di vita, è stato provveduto concedendo tutto quello che era possibile. Ora è stato ripetuto alle autorità locali lo stesso invito e verrà concesso anche qualche cosa che il regolamento carcerario non consente. Ma evidentemente più che di miglioramento delle condizioni di vita, il Dr. Pavelich vorrebbe essere messo in libertà, non solo per ovvie ragioni, ma perché ho l'impressione che l'immigrazione croata non abbia rinunciato a lavorare, sia pur senza aiuti, per non rompere i fili tessuti in molti anni e che sarebbe difficile riprendere, e per tepere sempre efficiente la possibilità di creare fastidi appena si delineasse la possibilità di un accordo generale o parziale.

Infatti: i dieci a LB danno nello stesso momento segni di impazienza e chiedono di essere trasferiti in altra sede. Ho fatto inviare un funzionario sul posto per avvertirli che nel loro stesso interesse non devono e non possono muoversi;

-la Signora Pavelich ha tentato di telefonare da Torino a Padre Tacchi;

-i detenuti Kwaternik e Jellich hanno rifiutato di rispondere ai quesiti loro fatti per rispondere alle rogatorie;

-il dr. Pavelich ha mostrato il desiderio di poter conferire durante il giorno con gli altri detenuti Jelich e Kwaternik. Ho pregato di non permettere mai e per nessuna ragione tali colloqui.

Da tutto l'insieme, dunque, ho la sensazione che questi gruppi attraversino un momento di irrequietezza. È dunque bene vigilare e studiare tutti i mezzi per fronteggiare lo sviluppo della situazione. Mi riservo presentare al più presto un appunto più dettagliato in merito.

Per quanto riguarda Ja persona attualmente a L. e che potrebbe identificarsi con «la bionda slava'> ho pregato di mutare subito il colore dei capelli salvo a decidere il suo trasferimento in altra sede come sembra sotto molti riguardi opportuno.

227

IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 6968/1951. Belgrado, 1" dicembre 1934 (per. il 3).

Questo ministro di Ungheria è partito ieri per Budapest, e si attende a Belgrado l'arrivo del Ministro di Jugoslavia colà. Le due contemporanee partenze fanno correre la voce di una modificazione dei rapporti diplomatici dei due paesi, e si aggiunge la ipotesi, fatta in questo corpo diplomatico, della denuncia della convenzione confinaria firmata il 21 luglio u.s., come delle altre convenzioni esistenti fra i due paesi fino a giungere alla completa rottura dei rapporti diplomatici e financo alla chiusura delle frontiere {1).

Ritengo prematuro affermare che si sia alla vigilia di questa tesissima situazione, per quanto il quadro di un tale progressivo peggioramento mi sia stato fatto ieri l'altro, come supposizione, dallo stesso Ministro di Ungheria, il quale accennava alla sua imminente partenza per Budapest ma solo per avere istruzioni, e con la intenzione di restare colà due o tre giorni.

In ogni caso il Governo jugoslavo si mantiene in un'attitudine di relativa calma. Financo gli attacchi violentissimi di stampa contro l'Ungheria (quelli contro di noi sono pur sempre di minor tono, anche nella stampa di Zagabria e Lubiana) sembrano messi un poco in disparte.

Su questa calma e per tale relativa moderazione influiscono certamente al massimo grado i consigli inglesi. V. E. sa certo anche da Londra dei contatti avuti colà dal Principe Paolo e dei consigli che gli sono stati dati (2). Da ora in poi è del resto da tenere costantemente presente che sul Principe Paolo, di schi,etta educazione inglese, le pressioni che verranno da Londra avranno sempre maggiore efficacia, anche per gli intimissimi rapporti che lo legano con questo Ministro di Inghilterra Sir Neville Henderson invitato egli pure al matrimonio della Principessa Marina notisi, per il solo titolo di amico della famiglia.

Diverso è invece lo stato della opinione pubblica. Su di essa dal 9 ottobre in poi la stampa ha versato torrenti di imprecazioni di ingiurie di eccitamenti, facendo balenare soddisfazioni sanzioni umiliazioni vendette. Vi è perciò il rischio di una grave disillusione quando il dibattito di Ginevra sarà giunto al suo finale risultato. Della possibilità di un insuccesso della mossa jugoslava a Ginevra ho costantemente fatta la ipotesi a V. E., insuccesso anche parziale. La base di partenza del reclamo jugoslavo essendo quella del comunicato Piccola Intesa e Intesa Balcanica dopo la morte del Re (delitto internazionale), è difficile costruirvi sopra un dibattito diplomatico soddisfacente per la Jugoslavia, tanto più che il memorandum presentato ieri l'altro non pare contenere gran che di nuovo e di sensazionale. Si tratta di denunce ed argomentazioni ormai sfruttate in altre occasioni, che perciò possono essere ribattute senza eccezionali difficoltà.

* Quando il possibile insuccesso totale o parziale sarà evidente solo allora si vedrà in quale modo reagirà l'opinione pubblica montatissima contro l'Ungheria, e quali ripercussioni si potranno avere sulla compagine governativa in generale, sulla posizione di Jeftich in i specie * (3).

Per allora, o per un successivo momento quando fatalmente il Governo Uzunovich dovrà cedere il suo posto ad un successore, si affilano le armi. Ho già informato, e ripeto ancora a V. E., fino ad oggi il candidato più serio alla

236 successione di Usunovich è il Generale Zivkovich il quale per altro non si ripresenterà sotto veste di dittatore (questa la ebbe perché così voleva Re Alessandro) ma piuttosto come colui che armonizzerà le nuove forze con quelle dei vecchi partiti e preparerà il terreno ad una ulteriore fase della vita interna jugoslava. Contatti e colloqui a tal fine si susseguono con vicende varie e contraddittorie che è difficile seguire e precisare, trattandosi di un vasto processo di nuova elaborazione nella quale intervengono tutti gli elementi più inattesi. Ciò che è bene chiarire è che non si tratta di complotto come afferma il R. Console Generale in Zagabria (rapporto n. 4713/637 del 22 Novembre) (l) ma di naturali prese di contatto e di discussioni che più o meno tutti affermano di conoscere o conoscono realmente, ma il cui concreto risultato finale nessuno può in questo momento precisare. Neanche lo stesso Zivkovich. Almeno fin quando egli resti il candidato più probabile alla successione di Uzunovich, che per altro non lascerà, insieme al partito governativo, senza resistenza il potere.

Malgrado queste prospettive relativamente calme la situazione va seguita con ogni possibile intensa attenzione per afferrare e segnalare prontamente a V. E. ogni primo sintomo di un orientamento diverso da quello prospettato e latore di maggiori complicazioni internazionali.

Ciò che è bene mettere in rilievo è la odierna assoluta mancanza di qualsiasi sintomo che possa far credere a provvedimenti militari jugoslavi anche soltanto difensivi (2). A tale proposito richiamo la attenzione di V. E. sul chiaro riassunto della situazione che il R. Addetto Militare ha redatto in data 24 corrente e che trasmetto a V. E. con telespresso n. 6934/1934 del 29 (1).

Sicché la sintesi del momento presente è che tanto la situazione interna, che la esterna, insieme alla militare, sono strettamente legate all'andamento delle discussioni ginevrine sul memorandum jugoslavo. Così come la situazione ginevrina è condizionata principalmente ai rapporti itala-francesi ed al punto fino al quale la Francia è realmente decisa a sostenere la tesi jugoslava con la Piccola Intesa.

I giornali odierni di Belgrado mettono in grande rilievo le frasi pronunciate da Lavai nel suo ultimo discorso che così è ripetuto dall'Avala: «Au sujet des négociations avec l'Italie qui évoluent avec satìsfaction, il précisa que les négociations «ne répondraient pas pleinement à leur inspiration si elles n'assuraient pas toutes les garanties de rapprochement entre l'Italie et la Petite Entente, la Yougoslavie particulièrement, car, souligne M. Lavai, rien ne saurait altèrer la fidélité envers nos alliés. Il rend hommage à la Yougoslavie, si cruellement frappée.

M. Lavai fut applaudì fréquemment, notamment quand il montra que le mantien des frontières actuelles est un principe dont chaque pays doit en fait reconnaitre la nécessité ».

(l) -De Ciutils comunicò con t. per corriere 4220/0116 R. dell'S dicembre che l'incaricato d'affari d'Ungheria gli aveva detto «che nulla finora gli constava circa intenzione concreta del Governo jugoslavo di denunziare la convenzione confinarla firmata il 21 luglio u.s. fra l due Paesi ». (2) -Ne riferiva Grandi a Mussolini con una lettera del 30 novembre che non si pubblica. (3) -Il brano fra asterischi è segnato a margine da Mussol!nl. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. il seguente passo del t. posta 7021/1971 di Galli del 5 dicembre: «Che se poi s! debba ad ogni costo fare la ipotesi di complicazioni milltari è da tenere presente che senza l'aiuto di una grande potenza la Jugoslavia può forse fare la guerra alla Bulgaria od all'Ungheria, non mai contro l'Italia perché le mancherebbe il rifornimento di munizioni come di ogni altro materiale mllltare. Un possibile urto contro l'Italla, quando non vi fosse il contemporaneo concorso della Francia (ed è solo in questa ipotesi che qui si è fatta una preparazione militare offensiva contro di noi) equivarrebbe ad un rapdo ed immancabile suicidio~.
228

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 1544/96 R. Roma, 3 dicembre 1934, ore 22.

Telegramma di V. E. 216 (1).

Ringrazi codesto ministro degli affari esteri per comunicazione fattale su politica navale giapponese e su richiesta rivolta R. Governo partecipare alla denuncia del trattato di Washington. V. E. potrà informarlo che non crediamo di poter partecipare alla denuncia del trattato stesso. Qualora una delle Potenze firmatarie credesse di denunciarlo, R. Governo è naturalmente sempre disposto a negoziare un nuovo accordo navale, conformemente del resto a quanto è previsto nel trattato stesso (2).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4150/0291 R. Berlino, 3 dicembre 1934 (per. il 6).

A qualche giorno di distanza dalla discussione nella Camera dei Comuni sugli armamenti della Germania, mi sembra apparire sempre più chiaro che il Governo britannico, volontariamente o non, rese un eminente servizio al Reich. Questo si trovava infatti nell'imbarazzo, non sapendo se, come e quando rendere noti gli armamenti già compiuti e quelli previsti per il 1935. Avere portato tale spinosa questione alla tribuna parlamentare a Londra, averla dibattuta dopo di averne reso edotto il Governo germanico, primo interessato ed anche quelli italiano, francese e nord-americano senza suscitare soverchie proteste o rimostranze non può che giovare agli interessi della Germania. I tedeschi non se ne resero conto subito per la scarsa loro perspicacia politica, ma mi sembra che vedano ora più chiaro.

Certamente il dibattito inglese mostrò che il Governo britannico non po

trebbe ammettere una discussione degli armamenti « a due ~ fra la Germania

e la Francia, poiché l'argomento interessa non due sole Potenze ma tutte quelle

potentemente armate.

Sotto questo aspetto la seduta della Camera dei Comuni può essere stata

quindi un monito. Essa riapri però anche pubblicamente il problema degli ar

mamenti facendolo ritornare di attualità.

Ho dinanzi agli occhi le dichiarazioni testè fatte dal barone von Neurath al

corrispondente berlinese dell'agenzia Reuter. Il ministro degli affari esteri

tedesco riafferma che la Germania non tornerà a Ginevra sino a che non sia

sicura di non essere trattata alla S.d.N. con ingiusta discriminazione.

Dato che la Francia, dopo avere proclamato di non poter ammettere il riarmamento della Germania, vi assistette impassibile, non scorgo quali timori possa avere questo paese di ritornare a Ginevra oggi che ha realizzato quanto voleva e che possiede gli armamenti che ritiene necessari per difendersi da eventuali attacchi esterni. Mi sembra anzi che la Germania avrebbe ottimo gioco di riprendere il proprio posto nella Società delle Nazioni, senza rumore né preavviso, dichiarando al momento opportuno che considera superata la questione della parità di fatto dei diritti sollevata in passato, per le ragioni che sono note a tutti in seguito al dibattito al Parlamento di Londra. Chi oserebbe chiedere alla Germania di distruggere i propri armamenti? Tutti invece, magari dopo un periodo di innocue proteste, sarebbero soddisfatti di poter concludere una convenzione per limitare gli armamenti tedeschi e non essere costretti a mettersi sulla via della competizione con ingente generale dispendio.

Una simile convenzione renderebbe in definitiva un altro segnalato servizio al Reich, perché esso nelle attuali condizioni economiche difficilmente potrebbe disporre dei fondi occorrenti per portare il suo esercito da 300 a 400.000 uomini e per aumentare la propria aviazione al punto da poter fronteggiare vittoriosamente perlomeno quelle francese e inglese riunite.

Da conversazioni avute in questi ultimi giorni crederei poter dedurre che i dibattiti della scorsa settimana, cioè non solo quello di Londra, ma anche quello di Parigi, vengono ora considerati a Berlino con una maggiore comprensione per quanto essi in realtà rappresentarono.

Credo che esista però tuttora una forte riluttanza da parte dell'Auswartiges Amt ad un eventuale ritorno a Ginevra, anche per ragioni personali. Tanto il barone von Neurath che il signor von BUlow non sono oratori e non hanno pratica di discussioni parlamentari. Essi finirono quindi sempre a trovarsi a disagio a Ginevra ed a constatare la non brillante figura che vi faceva il signor Nadolny. L'idea di apparire anche solo momentaneamente battuti in una discussione da oratori come Paul Boncour, i compianti Briand e Barthou, da qualunque parlamentare francese ed inglese e persino dal signor Benes non può sorridere ai rappresentanti di una nazione di 65 milioni di abitanti. È quindi anche questo movente psicologico che occorre tenere presente come uno dei motivi che potrebbero costituire un forte ostacolo al ritorno della Germania a Ginevra.

(l) -T. 4029/216 R. del 27 novembre, non pubblicato. (2) -Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra, Mosca, Parigi e Washington con t. 1547/C. R. del 4 dicembre.
230

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (l)

Trattative con la Francia. Roma, 3 dicembre 1934.

Austria

I punti da risolvere sono i seguenti: La Francia chiede di fare entrare in qualche modo in un accordo per l'Austria .anche la Piccola Intesa e propone un patto generico di garanzia re

2J9

ciproca contro possibili turbamenti nel territorio dell'altro contraente. In tale caso l'Austria sarebbe come tutti gli altri garante e garantita. A tale accordo parteciperebbero oltre Italia, Francia, Inghilterra, Piccola Intesa, Ungheria e possibilmente la Germania.

Su tale accordo si innesterebbe poi una garanzia speciale data da alcune Grandi Potenze all'Austria. Si può discutere se queste Grandi Potenze siano l'Italia e la Francia o l'Italia, la Francia e la Germania; nel primo caso la cosa dovrebbe essere segreta; nel secondo dovrebbe essere aperta.

L'Austria, in conformità a quanto si è parlato col Cancelliere Schuschnigg e col Ministro Berger, vedrebbe molto volentieri la partecipazione anche della Germania che considera garanzia di tranquillità almeno per un determinato numero di anni.

Trattati Tunisia (Scuole -Professioni -Pesca)

Per la Tunisia, ammesso che la Francia accetti le nostre proposte sulla questione della cittadinanza, rimangono da risolvere le questioni delle Scuole, delle professioni e della pesca.

L'Ufficio competente mi farà delle proposte precise.

Le questioni però ora sono trattate in linea di massima.

Si vuole venire anche in questo campo ad una modificazione della nostra attuale posizione o vogliamo mantenere! intransigenti sulla negativa?

Per quanto riguarda le scuole, la domanda francese è, come è noto, che le stesse da scuole regie statali siano, un po' alla volta, trasformate in scuole private. Salvo il regime diverso, le scuole non sarebbero toccate.

Compensi territoriali

Pare difficile che la Francia possa cedere sulla questione della Somalia francese, dato il modo come ha impostato la questione e cioè la difesa militare. Ora ci sono tre possibilità:

l) o chiedere ulteriori compensi nel Sud della Libia (non pare più il caso di parlare del Togo e del Camerun) ; 2) o mandare a monte le trattative; 3) o ottenere altri vantaggi nella Somalia francese senza cessioni territoriali.

Per quanto riguarda il punto l) (ulteriori cessioni in Libia), non pare che la cosa potrebbe portare notevoli vantaggi. Con le cessioni che la Francia è disposta a farci si ottengono le pendici settentrionali del Tibesti; si potrebbe chiedere di arrivare fino alla displuviale o passare al di là sul versante del Sahara, ma non pare che questo modificherebbe sostanzialmente la situazione.

Per quanto riguarda il punto 2) (mandare a monte le trattative), questo rientra in considerazioni pqlitiche di più vasta portata. Devo aggiungere che tanto gli uffici quanto gli esperti che si sono occupati dell'argomento sono d'avviso di interrompere le trattative perché le concessioni francesi non sono adeguate a quelle che sarebbero le nostre legittime aspettative. Di fronte a ciò va però considerato che questa è la terza o quarta volta che trattiamo con la Francia; che non ci sono prospettive di avere delle concessioni molto più larghe, cne se lasciamo cadere queste trattative sarà difficile riprenderle prima di qualche anno; che nel momento attuale possiamo avere interesse ad un accordo con la Francia, sia per essere più liberi nei nostri movimenti in Europa, che con riguardo ad una nostra espansione in Abissinia.

Per quanto riguarda il punto 3) (chiedere altri vantaggi in Somalia) si potrebbe in primo luogo insistere per un certo allargamento della zona ceduta tanto da dare una consistenza alla rettifica di frontiera che oggi su una carta di scala limitata non sarebbe percettibile. In secondo luogo si può chiedere la cessione in uso di un porto sul mare aperto sulla baia di Tagiura e la costruzione di un tronco ferroviario per congiungersi alla ferrovia di Gibuti ancora in territorio francese; inoltre l'uso di questo tronco di nuova costruzione e l'uso comune della fèrrovia dal punto di congiunzione fino a Addis Abeba; infine la facoltà in caso di guerra di trasportare truppe e materiale o per lo meno il divieto di trasporto di truppe e materiale per la Abissinia. In terzo luogo si potrebbe chiedere una zona nel porto di Gibuti Addis Abeba con uso comune della ferrovia e con le altre condizioni di cui al punto precedente.

In ogni modo per potere avere le necessarie garanzie e il controllo per la esecuzione di questo accordo bisognerà ottenere la cessione di un forte pacchetto di azioni della ferrovia con una adeguata rappresentanza nel Consiglio di Amministrazione, che nella migliore ipotesi potrebbe arrivare al 50% con un presidente scelto di comune accordo.

Incidente ungaro-jugoslavo

Prima eventualità. -Si limita la discussione al memoriale jugoslavo e quindi agli attacchi contro l'Ungheria e alla difesa da parte di quest'ultima. Se l'Ungheria è un po' abile, può difendersi brillantemente data la circostanza, in parte errata, in parte incompleta, portata dal memoriale jugoslavo. L'aiuto italiano dovrà essere assoluto, ma mantenuto in forma tale che non precluda all'Italia di assidersi fra gli altri nella discussione della questione, facendola invece apparire parte in causa. Bisognerà sostenere ad ogni modo che l'Ungheria non ha nessuna responsabilità nell'attentato il quale è di origine interna jugoslava ed ha ramificazioni in tutti i paesi e che il concentramento di Janka Puszta è cosa del tutto indipendente dalla responsabilità di un crimine. Quindi non si dovrà arrivare né ad una sanzione contro l'Ungheria, né ad una deplorazione del suo contegno. Bisognerà poi anche sostenere che si può ammettere un'inchiesta sul posto in Ungheria se contemporaneamente si ammette una inchiesta sul posto in Jugoslavia (questo è il punto di vista ungherese). Potrà essere una via d'uscita un accordo internazionale contro il terrorismo che potrà essere affidato ad una Commissione la quale provvederà poi a tirare le cose per le lunghe ,ed a venire ad una conclusione puramente accademica. Ma è opportuno che la discussione sulla responsabilità per l'eccidio di Marsiglia sia esaurita e liquidata nella presente sessione del Consiglio.

Seconda eventualità -Se invece le cose si mettessero in modo da richiedere un allargamento della discussione, allora converrà consultare tutto il materiale già raccolto chiamando in causa anche tutti i paesi ai cui danni si sono svolte azioni terroristiche all'estero. Anche questo potrà sboccare in una convenzione contro il terrorismo come nel caso precedente.

L'azione dei nostri delegati a Ginevra in tal caso potrà essere accompagnata da una opportuna campagna di stampa che metta in rilievo il terrorismo e i complotti che sono stati organizzati all'estero a danno dell'Italia.

(l) Si tratta in realtà di appunti distinti secondo l'oggetto che per semplicità sono stati un!f!cati.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 3 dicembre 1934.

Avverto il Signor Chambrun che non posso dargli ancora una risposta sulla questione della Tunisia perché sono in attesa che torni a Roma il Capo del relativo servizio che è tuttora assente, ma che ritornerà oggi. Lo avverto però che sarà difficile che per le scuole noi si possa aderire al punto di vista francese.

L'Ambasciatore vi vede una grossa difficoltà.

Gli prospetto l'opportunità di stabilire in forma generica che prima della scadenza dei dieci anni i due Governi si mettano d'accordo sullo statuto da dare in avvenire agli italiani in Tunisia.

L'Ambasciatore non ritiene di potere aderire a questo punto di vista; il suo Governo ha messo fin da principio come premessa per un accordo che si possa fin d'ora stabilire quale sarà il futuro regime per gli italiani della Tunisia; ha già comunicato a Parigi le nostre proposte; mi chiede se intendiamo rivenire sulle stesse. Gli rispondo di no: la mia proposta tende a superare le difficoltà che sorgeranno per le scuole, per le professioni e per la pesca.

L'Ambasciatore mi dice che lasciando la questione della cittadinanza come da noi proposta (non ha ancora l'approvazione del Governo francese che si lamenta che il periodo di transizione è troppo lungo) si potrebbe stabilire di discutere prima della scadenza dei dieci anni il regime per le scuole, le professioni e la pesca.

Mi riservo di tornare domani sull'argomento.

Per la questione dell'Austria gli prospetto la possibilità di un accordo segreto fra i nostri due Governi per la garanzia dell'indipendenza austriaca lasciando da parte tutti gli altri progetti di accordo.

L'Ambasciatore è certo che il suo Governo non riterrà sufficiente questa soluzione dato che la stessa, per ovvie ragioni, deve essere mantenuta segreta. Quindi da una parte non va all'Austria quel rafforzamento della sua posizione che si avrebbe quando si potesse pubblicamente proclamare che le Grandi Potenze la garantiscono: d'altro lato non potendosi prendere preventivi accordi -per la segretezza del patto -con gli altri paesi confinanti dell'Austria al momento dell'azione, si potrebbero avere degli incidenti a tutto detrimento della causa austriaca.

L'Ambasciatore ha cercato di tener conto delle idee che gli ha esposto il Capo del Governo e cioè che per l'Austria sia opportuna una soluzione di carattere internazionale, che in un documento pubblico non si debba più parlare dell'indipendenza dell'Austria; ha tenuto conto anche di quelle che sono le

idee del Governo italiano ed anche del Governo austriaco di fare intervenire

anche là Germania. Infine, anche per tener conto dei nostri suggerimenti, ha

voluto che l'accordo avesse carattere di reciprocità per non menomare il pre

stigio dell'Austria di fronte alle piccole Potenze; su ciò come è detto potrà in

nestarsi un accordo segreto itala-francese.

Egli mi prega vivamente di riprospettare queste ragioni al Capo del Governo.

Mi riservo di tornare sull'argomento.

Mi chiede poi l'Ambasciatore se posso fargli delle proposte precise per quanto riguarda la Somalia.

Gli dico che la questione è molto delicata perché noi non possiamo rinunciare a dei compensi territoriali in quella regione. Una delle soluzioni a cui ho pensato e che gli espongo a titolo puramente personale, sarebbe quella di avere una cessione territoriale più larga di quella proposta senza tuttavia arrivare alla baia di Tagiura. Avere viceversa sulla baia di Tagiura un porto, in concessione e la concessione della costruzione di un tronco ferrovario da tale porto per andare a congiungersi alla ferrovia di Gibuti, in territorio francese; avere poi una maggiore partecipazione alla ferrovia in modo da intervenire efficacemente nella gestione della stessa.

L'Ambasciatore mi prega di concretare queste proposte raccomandandomi di lasciare da parte la baia di Tagiura. Mi riservo di rispondergli.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 3 dicembre 1934.

Questo Ministro d'Ungheria solleciterebbe la risposta richiesta giorni fa circa una domanda da rivolgere a Pavelic: se egli sappia dove, negli ultimi mesi, ha risieduto l'assassino di Re Alessandro (1).

233

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, BALDONI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 12411/1559. Budapest, 3 dicembre 1934 (per. l'8).

Telegramma di V. E. 169 del 2 corrente (2).

Questo Ministro di Polonia avrebbe comunicato oggi al signor de Kànya, d'ordine del suo Governo, che quest'ultimo anche in occasione delle imminenti

tiiscussioni di Ginevra non avrebbe fatto «nulla che in alcuna maniera potesse riuscire di pregiudizio all'Ungheria». Il Governo di Varsavia, anzi, non avrebbe «nascosto la sua amicizia per quello di Budapest, particolarmente se il memoriale jugoslavo avesse dovuto dare origine ad una discussione più ampia».

Nel riferirmi quanto precede il signor Hory, dopo aver precisato a mia richiesta doversi intendere come «discussione più ampia» quella «di una regolamentazione generale delle norme contro il terrorismo», ha aggiunto che per quanto 11 favorevole atteggiamento della Polonia nei confronti dell'Ungheria si manifestasse in forma più riservata che attiva, questo Governo se ne accontentava e non poteva che esserne soddisfatto.

(l) -'Annotazione a margine: «P. non ne sa nulla>>. (2) -T. 1536/169 R., non pubblicato: ritrasmissione del t. 4077/124 R. da varsavia del 30 novembre relativo ad un colloquio con Beck circa l'atteggiamento della Polonia a proposito del ricorso jugoslavo alla Società delle Nazioni.
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L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.U.R. 11863/182 P.R. Mosca, 4 dicembre 1934, ore 5,15 (per. ore 7 ).

A telegramma di V. E. n. 152 (l).

Cose starebbero così:

Constatata intimità Turchia con Romania e Jugoslavia, e quindi pratica entrata della Turchia nell'orbita balcanico-francese, Lavai avrebbe proposto Tewfik Ruschdi bey conclusione di un patto politico (2). Della proposta, Turchia ha dato, a termini trattato turco-sovietico, notizia all'U.R.S.S., chiedendone nulla osta. L'U.R.S.S. lo ha dato e Tewfik Ruschdi bey sarebbe ora a Parigi perfezionare negoziati (3).

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L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, DI GIURA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4126/182-183 R. Ankara, 4 dicembre 1934, ore 10,40 (per. ore 12,30).

Telegramma di V. E. n. 168 (4) 30 novembre.

È stato impossibile parlare in questi giorni con Ismet pascià.

Subito dopo aver ricevuto il telegramma di V. E. intrattenni Nouman bey

che ne riferì immediatamente ad Ismet pascià mentre ieri sera ho avuto una

esauriente conversazione in proposito con questo ministro affari esteri ad in

terim Chukri Kaia bey.

L'origine turca dell'informazione non toglie tuttavia alcun valore al diniego, che è stato esplicito di pressioni ed incoraggiamenti sovietici».

(-4) Protocollo particolare per Ankara del n. 223.

Questi mi ha dichiarato che Governo turco attendeva tuttora precisazioni in merito da parte di Tewfik Ruschdi bey e mi ha affermato che quel ministro affari esteri non avrebbe potuto condurre negoziati senza essere in accordo con Ismet pascià il cui vivo [interesse] nei riguardi dell'amicizia con l'Italia ci era noto.

Chukri Kaia non ha smentito trattative per la conclusione di un patto di assistenza fra Turchia e Francia (e Nouman bey le aveva anzi inquadrate di sfuggita in quelle per il patto Mediterraneo) ma ha affermato che, comunque, esso avrebbe eventualmente rappresentato soltanto un nuovo modo per riassicurare la Turchia nel suo vivo desiderio e bisogno di pace, senza che ciò intendesse realizzare maggiore connessione fra Intesa Balcanica e Piccola Intesa, connessione che in qualche maniera poteva apparire dal fatto che due membri della Piccola Intesa fanno parte della Intesa Balcanica.

Ho fatto bene [comprendere] a Eli Krukaia ed a Nouman quanto V. E. mi aveva espresso nella seconda parte del suo telegramma in riferimento ed ho aggiunto che la nostra perfetta e continuata lealtà verso l'amicizia italo-turca necessitava da parte turca piena reciprocità nonché amichevole comprensione della nostra politica la quale concordava poi nel Mediterraneo orientale con gli stessi veri interessi della Turchia oltre che con la maggiore sicurezza tranquillità possibili.

Eli Krukaia mi ha dichiarato che desiderio del Governo turco era di essere fedele all'amicizia con l'Italia e di vedere anzi tale amicizia rafforzata e liberata completamente da qualsiasi ingombrante reminiscenza di malintesi passati.

Su tali malintesi io ho tenuto a ripetergli tutti i chiarimenti del caso, mentre, d'altro canto, gli ho fatto considerare come certa irrequieta pattomania finisse per complicare ancora maggiormente le cose e rendere la situazione internazionale ancora più difficile.

Eli Krukaia mi ha assicurato anche a nome personale di Ismet pascià che qualsiasi patto concluso dalla Turchia non sarebbe comunque venuto mai in contrasto con l'amicizia per l'Italia, ed in tale recisa e ripetuta sua affermazione egli mi è parso sincero.

Segue rapporto dettagliato (1) e mi riservo di telegrafare quanto prima a

V. E. ciò che nuovamente potesse risultarmi in merito.

(l) -Con tale telegramma, del 2 dicembre, Mussolini aveva domandato se Litvinov stesse esercitando la sua influenza sul Governo di Ankara per spingerlo alla conclusione di un patto franco-turco. (2) -Con t. per corriere 4222/453/3 R. del 6 dicembre Berardis comunicò: «le notizie inviate con questo telegramma sono di fonte turca. Forse per questo, l'iniziativa del patto vi figuraattribuita alla Francia, mentre potrebbe in verità essere anche della Turchia, pronubo -si può bene immaginarlo -l'ineffabile Titulesco. (3) -A margine di questo telegramma Suvich ha annotato: «Aloisi. Chiedere direttamente a Lava! che cosa c'è di vero». Infatti 1'8 dicembre venne inviato ad Aloisi a Ginevra il seguente t. 1566/68 R.: «Anche in relazione a notizia già apparsa giorni fa sulla stampa estera e per cui sono comunque in corso accertamenti Parigi e Ankara prego V. E. chiedere a Lava! che cosa gli risulti su progetto di un patto turco-francese''·
236

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4135/765 R. Londra, 4 dicembre 1934, ore 20,52 (per. ore 5 del 5).

Telegramma di V. E. n. 284 (2). Ho intrattenuto Foreign Office, nel senso delle istruzioni sull'incidente occorso nella regione dei pozzi di Ual-Ual e Uarder.

Foreign Office non ha ancora ricevuto che notizia sommaria dell'incidente e, in attesa di una relazione particolareggiata, non ha potuto formarsi una idea precisa sull'atteggiamento tenuto dal colonnello Clifford.

Io non ho mancato tuttavia di mettere in rilievo la stranezza di questo atteggiamento che non manca di qualche lato grottesco.

Foreign Office non ha conoscenza del contenuto delle lettere che il colonnello Clifford ha inviato al capitano Cimmaruta ma esso tiene comunque a mettere in chiaro che le affermazioni del Clifford, quali che esse siano, non devono essere considerate come l'espressione del punto di vista del Governo britannico.

Colonnello Clifford non ha veste per discutere con l'autorità italiana di questioni che sono in trattazione fra i due Governi e ciò che egli ha scritto non può essere stato altro che espressione del suo pensiero personale.

Ho preso atto di queste dichiarazioni non senza però far notare che la condotta del colonnello Clifford, sopratutto perché egli era accompagnato da un commissario etiopico, è stata di per se stessa più che mai equivoca ed inopportuna.

Venendo alla questione dei diritti di abbeverata e di pascolo ho riconfermato nostra tesi, riserbandomi ritornare sull'argomento e di replicare alla ultima nota britannica.

Resto in attesa delle istruzioni relative al telespresso n. 235293 del 6 novembre (1).

(l) -R. 2090/912, pari data, non pubblicato. (2) -Protocollo particolare per Londra. del n. 211.
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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4128/173 R. Ginevra, 4 dicembre 1934, ore 22,30 (per. ore 1 del 5).

Appena giunto ricevuto stamane visita Eckard cui esposto grandi linee mie vedute. Mi ha assicurato che seguirà compiutamente mie istruzioni. Mi ha comunicato avere preparato difesa su due elementi distinti:

a) confutazione accuse; b) documentazione di attacco rivolta a portare in discussione cause determinanti terrorismo.

Gli ho detto di limitarsi per il momento a spingere a fondo preparazione documentaria della confutazione offrendogli assistenza nostri esperti e ausilio nostra documentazione. Quanto all'attacco, gli avrei comunicato io se, quando ed in che modo ricorrervi.

(l) Non pubbllcato.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 4 dicembre 1934.

Nelle istruzioni inviate dal Quai d'Orsay all'Ambasciatore di Francia, si fa, fra l'altro, nuovamente cenno alla nota tesi francese secondo la quale l'ammissione dell'Italia all'Amministrazione della Zona di Tangeri, concordata con Francia, Gran Bretagna e Spagna con gli Accordi del 1928, avrebbe rappresentato una «concessione» fatta dalla Francia all'Italia, concessione della quale occorrerebbe tener conto nel definire la questione dei compensi coloniali (l).

A questa tesi francese già espressa altre volte e particolarmente nelle Note Beaumarchais del 1928-29. (2), è stato già da noi replicato, con le note responsive a fi.rma di S. E. il Capo del Governo, sostenendo la tesi che l'ammissione dell'Italia a Tangeri non può costituire una concessione né entrare quindi in conto dei compensi, in quanto l'Italia aveva diritto di partecipare all'Amministrazione della Zona Internazionle quale grande Potenza Mediterranea, ed in quanto i precedenti Accordi itala-francesi per il disinteressamento reciproco Libia-Marocco non potevano riguardare la città di Tangeri, che già precedentemente alla stipulazione di detti Accordi aveva uno speciale carattere internazionale.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 4388/2020. Berlino, 4 dicembre 1934.

Ho l'onore di trasmettere qui unito copia di tre promemoria confidenziali, compilati da questi RR. Addetti Militari, Navale ed Aeronautico (3) e nei quali viene esposto il lavoro compiuto e le misure adottate dal principio dell'anno in corso per riorganizzare e sviluppare gli armamenti tedeschi terrestri, navali ed aerei, e quale sia la situazione attuale alla fine dell'anno 1934.

ALLEGATO MANCINELLI A CERRUTI

PROMEMORIA. Berlino, 30 novembre 1934.

Gettate nel 1933 le basi per la ricostruzione della potenza militare l'opera di realizzazione si è sviluppata con ritmo progressivamente accelerato nel 1934.

1 -La forza della Reichswehr, che al 1° gennaio superava di poco i 100.000 uomini stabiliti dal trattato di Versailles, passava al 1° aprile, con l'incorporazione delle reclute, a circa 160-180.000, ed al 1° novembre, con una seconda incorporazione, a 210-230.000 uomini.

2 -Il bilancio per l'esercizio 1934-'35 ammonta a 654,6 milioni di R.M., pari al 10,13 per cento delle spese totali del Reich. Sull'esercizio precedente l'aumento è di oltre 172 milioni di R.M. cioè del 35,6 per cento, devoluto in massima parte ad acquisto di materiale, ad aumento di personale e di quadrupedi, a costruzione di caserme. Per quanto difficile sia il penetrare nei misteri del bilancio e dei conti d'esercizio del Reich si ha l'impressione che le spese, specialmente negli ultimi mesi, abbiano ancora superato le previsioni.

3 -Il reclutamento restava volontario, ma la ferma, dai 12 anni del trattato di Versailles, veniva ridotta a 18 mesi, per le reclute dell'aprile, a 12 mesi per le reclute di novembre. Del contingente 1/3 circa si raffermerà per un secondo anno, per fornire i graduati di truppa, 1/9 circa si raffermerà ancora per un terzo anno, per prepararsi al grado di sottufficiale, conseguendo il quale resterà in servizio per un periodo di 12 anni, compresi i 3 già trascorsi.

La breve ferma della massa è consentita dall'alto grado di istruzione premilitare cui vengono portati i giovani nel paese, attraverso alle varie organizzazioni del partito nazista e al servizio del lavoro. Nelle file di quest'ultimo specialmente sono state cercate le reclute del recente arruolamento, perché ritenute immuni dall'inquinll!IIlento politico delle altre formazioni naziste.

4 -Per sopperire al grande fabbisogno di ufficiali si è ricorso a diversi espedienti: corsi accelerati allievli ufficiali, richiamo in servizio attivo di ufficiali pensionati, di età inferiore ai 40 anni, promozione straordinaria di sottufficiali a sottotenente e tenente. Ciò nonostante si lamenta una grandissima deficienza di ufficiali, specialmente subalterni.

5 -Il problema dei materiali è stato accuratamente preparato, ripartendo fra tutta l'industria lo sforzo veramente immane. La trasformazione della lavorazione, la deficienza dJ. mano d'opera specializzata, l'interferenza delle ordinazli.oni di enti diversi e probabilmente anche un certo ritardo nello studio e nella definizione dei proto-tipi avrebbe portato ad un notevole ritardo sul programma previsto, cui si cercherebbe di riparare negli ultimi mesi accelerando il ritmo generale della lavorazione. La IJ['Oduzione dei cannoni leggeri, fucili, mitragliatrici, mezzi 'automobilistici, carri armati veloci, mezzi dii collegamento procederebbe ormai regolarmente. Non altrettanto progredito sarebbe l'approntamento di artiglierie pesanti campali e pesanti, di carri armati leggeri e medi.

Sono state accaparrate quantità ingenti di materie prime, ordinato all'estero l'acquisto di gran numero di cavalli. E' stato posto mano ad un imponente programma di costruzioni di caserme, tracciato senza ricerca di economie e di ripieghi.

6 -L'ordinamento della Reichswehr è andato progressivamente adattandosi alle nuove condizioni. Dall'aprile all'ottobre non sono state fatte, sostanzialmente, modificazioni al numero delle unità, le quali sono pertanto divenute soprassature di uomini. Parallelamente veniva condotta la preparazione dei quadri, dei materiali, delle caserme in modo da poter effettuare in ottobre, come è stato effettuato realmente, il raddoppiamento delle unità.

Mancano elementi di dettaglio sull'attuale costituzione dell'esercito. Si può con quasi sicurezza affermare tuttavia che esistono oggi 14 divisioni (probabilmente riunite in 7 corpi d'armata e questi riuniti in 2 armate) e 3 divisioni celeri. Mentre la fanteria, l'artiglieria e le altre armi e specialità sono state raddoppiate, la cavalleria, che era già in proporzione esuberante nella vecchiia Reichswehr, non è stata aumentata. Alcuni reggimenti anzi (due) sono stati trasformati in unità motorizzate.

La nuova ripartizione territoriale dell'esercito rivelerebbe qualche misura presa per far fronte all'eventualità di un attacco itaLiano, divenuta attuale dopo H concentramento delle nostre forze al Brennero, nel luglio scorso (1).

In contrasto con la situazione politi<:a, sembra potersi rilevare un maggior sviluppo della preparazione militare verso il confine polacco, anziché verso il francese.

Non sembri un paradosso affermare che alla fine del 1934, mentre appare non lontana la meta della organizzazione dell'esercito di pace di 300.000 uomini, che verrà raggiunta verosimilmente entro il prossimo anno, la Reichswehr è uno strumento militare più debole di quanto non fosse l'anno precedente, agli effetti di un impiego immediato. Il travaglio della trasformazione rende necessariamente inarmonico il complesso dell'organismo, deficienti molti elementi in<lispensabili delle sue articolazioni.

7 -Lo sviluppo della Reichswehr è stato travagliato da contrasti acutissimi con il nuovo regime. L'attrito si è manifestato nella rivalità fra esercito e formazioni militari del partito (S.A.) i cui capi ,tendevano a conquistare materialmente la direzione dell'esercito con la forza delle armi e della superiorità numerica.

Stroncato il tentativo nelle sanguinose repressioni del 30 giugno, alle quali la Reichswehr si è tenuta formalmente estranea, l'esercito ha creduto di dare grande evidenza alla sua adesione al regime nazista; il suo Ministro, generale von Blomberg, non ha perduto occasione per affermare solennemente la fedeltà delle forze armate non tanto all'idea, quanto alla persona di Hitler, andando oltre alle forme consuetudinarie e tradizionali di ogni esercito europeo. Ciò non astante non è riuscito ad eliminare il contrasto, che sembra anzi ripresentarsi non meno aspro con le S.S., rimaste in possesso delle armi tolte in giugno alle S.A. Né è riuscito a guadagnare all'esercito la fiducia dei capi politici del terzo Reich, mentre infine sembra levarsi dalle stesse forze armate un vivo senso di insoddisfazione, di cui è portavoce il capo della Direzione dell'Esercito, generale von Fritsch, la cui ferma personalità sembra opporsi tenacemente ed efficacemente a quella di Blomberg.

Il generale von Fritsch pretende in sostanza che all'interno venga concessa alla Reichswehr la tranquillità necessaria per poter accudire al suo immane lavoro di trasformazione (siano tolte cioè le armi a chi le detiene indebitamente) e che la politica estera sappia evitare ogni causa di aggressione che, nella crisi attuale, potrebbe essere fatale.

8 -In questo ordine generale di idee si inquadra l'atteggiamento dello stato maggiore tedesco nella questione dell'annessione dell'Austria e in Generale verso l'Italiia. Senza entrare in merito alla sostanza della rivendicazione austriaca, la Direzione dell'Esercito riteneva e ritiene errato sollevare oggi un problema che non si ha forza di risolvere e la cui impostazione può provocare l'intervento armato, o quanto meno la perdita dell'assai apprezzabile ed apprezzata amicizia italiana.

Negli stessi ambienti dello stato maggiore non mancano influenti sostenitori del pensiero che sia errato, anche per il futuro, abbandonare la tradizionale via dell'Oriente per andare ad attraversare, a sud, le linee di forza dell'imperialismo italiano. Su questa rinuncia al pensiero dell'Anschluss vorrebbero essi costruire una forma duratura di amicizia e di collaborazione politico-militare itala-germanica.

provocato dalla ultima grande guerra statica sanguinosa lunga ed incerta nei risultati sul campodi battaglia, ha oggi orientato governi, popoli, eserciti, tutti verso la guerra di movimento. Questa potrà realizzarsi, solquando uno dei belligeranti, conscio della sua superiorità,

prenderà l'iniziativa delle operazioni per attaccare con rapidità, violenza e decisione.

Per operare in questa guisa, necessita una organizzazione preventiva ed adeguata ai compiti prefissati.

E nel nostro caso concreto «prepararsi per la prossima primavera» nella eventualità di una guerra a Nord e ad Est (direttive di S. E. il Capo di S. M. Generale) dobbiamo in primo tempo -per essere poi in grado di manovrare verso Est o verso Nord:

a) sbarrare nettamente e sicuramente la frontiera orientale con una difesa elastica e manovrata, appoggiata ad una salda sistemazione difensiva; b) procedere rapidamente verso Nord, in forze tali, da raggiungere il solco dell'Inn e lo sbocco della Drava.

Ne consegue la necessità di: l) portare alla massima efficienza, per la prossima primavera, l'organizzazione difensiva della frontiera orientale. Ogni ostacolo di carattere finanziario e burocratico dev'essere superato, pure tutelando al massimo le esigenze della nostra finanza.

In questo senso, già si lavora con intensità, come da ordini precisi di V. E. e conseguenti direttive da me personalmente impartite e controllate sul posto».

21 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

9 -Il quadro militare della Germania si completa con alcuni dati sulle formazioni paramilitari naziste. Esse sono:

-le S.S. con circa 160.000 uomini, scelti, disciplinatissimi, addestrati, esuberantemente armati; -la S.A. con circa 1.500.000 uomini, bene equipaggiati, sufficientemente disciplinati ed addestrati. Disarmati; -il servizio volontario del lavoro con circa 230.000 giovani fra i 18 ed i 25 anni, organizzati in modo unitario, ottimamente addestrati, disciplinati, inquadrati. Disarmati.

(l) -Cfr. n. 225, allegato. (2) -Cfr. serie VII, vol. VII, nn. 121, 515 e 557. (3) -Si pubblica solo 11 promemoria dell'addetto militare.

(l) Si pubblica qui di seguito il seguente brano di un promemoria di Baistrocchl per Mussolini del 26 novembre (Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito): «L'enorme danno

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 4393/2025. Berlino, 4 dicembre 1934.

Mio telegramma per corriere n. 0280 del 26 novembre (l).

A seguito delle notizie riferite col telegramma per corriere su ricordato, ho l'onore di trasmettere la qui unita copia di un pro-memoria che questo R. Addetto Militare ha inviato, in data odierna, al R. Ministero della Guerra e nel quale sono riassunte le voci che il Ten. Col. Mancinelli ha potuto raccogliere da parte sua circa lo stato d'animo della Reichswehr ed il latente dissidio fra i capi delle forze armate ed i dirigenti delle organizzazioni semi-militari del partito.

ALLEGATO

MANCINELLI AL MINISTERO DELLA GUERRA

PROMEMORIA. Berlino, 3 dicembre 1934.

secondo voci ultimamente raccolte e provenienti da fonte molto attendibile il dissidio fra Reichswehr e nazismo, di cUi molto si è parlato e si parla, wvrebbe avuto le seguenti cause determinanti:

a> Il generale von Fritsch, presente il capo di Stato Maggiore, generale Beck, avrebbe avuto in ottobre una forte discussione col suo ministro, generale von Blomberg. Egli lo avrebbe in sostanza accusato di avere totalmente compromessa la Reichswehr, asservendola al partito (distintivo nazionalsocialista sull'uniforme, giuramento alla persona di Hitler, intervento in tutte le manifestazioni politiche). In tal modo il paese aveva perduto ogni riserva, in caso di fallimento del nazismo e si era inoltre impedito alla Reichswehr di continuare nel sistema, favorevolmente applicato durante i Governi socialdemocratici, di mantenere relazioni di amicizia o di collaborazione con altri eserciti (leggi russo ed italiano) indipendentemente, in apparenza almeno, dall'indirizzo ufficiale della politica estera del Reich.

Il Generale von Fritsch si sarebbe molto doluto che il nazismo non manteneva nessuna delle promesse fatte alla Reichswehr, riferendosi alle armi rimaste in possesso delle S.S. ed alla rinnovata attività delle S.A.

Il Generale von Blomberg avrebbe risposto che poiché non si aveva più fiducia in lui si sarebbe allontanato, ed avrebbe infatti «marcato visita», ritirandosi in un sanatorio nei pressi di Dresda.

b) Verso la fine di ottobre Goebbels avrebbe cercato di riacquistare ascendente sulle S.A. e soprattutto di riattivare la fiamma dell'annessionismo austriaco. La legione austriaca doveva essere rafforzata, svolgere massima attività addestrativa, possibilmente ricevere armi, insomma prepararsi in modo da essere pronta ad esercitare un nuovo colpo in Austria in gennaio, quando l'attenzione generale sarebbe stata rivolta alla Saar e quando la capacità operativa dell'Italia sarebbe stata assai diminuita dalla stagione invernale (1).

Notizia di questi preparativi sarebbe giunta al capo della Direzione dell'Esercito, generale von Fritsch, il quale si sarebbe recato personalmente dal Fuehrer e Cancelliere del Reich dichiarandogli molto energicamente che l'esercito non avrebbe potuto assolutamente tollerare avventure del genere, giacché l'impresa austriaca significava con certezza la guerra e la guerra oggi significherebbe l'annientamento della Germania. Il generale von Fritsch si sarebbe dichiarato prontò ad intervenire con la forza, come capo responsabile della preparazione militare del Paese, se il Ftihrer non avesse provveduto direttamente a far cessare e per sempre i preparativi in questione.

c) Hitler, molto impressionato dall'allontanamento di Blomberg e dalla protesta di Fritsch si sarebbe recato due volte a Dresda per indurre il Ministro a riprendere il suo posto, il che infatti è avvenuto il 25 novembre scorso.

Il giorno successivo veniva diramato un comunicato ufficiale che smentiva ogni voce di « memoriale Fritsch », di dissidi fra Ministro e Capo della Direzione dell'Esercito, fra esercito e nazismo in generale e fra corpo degli ufficiali e Goebbels in particolare.

La firma dell'ordine di scioglimento della legione austriaca (v. telegramma n. 358 del 30 novembre scorso) (2) sarebbe stata il secondo atto dell'intervento di Hitler.

d) Sembra che fra il generale von Fritsch, il capo di Stato Maggiore delle S.A., Luetze, ed il capo della S.A. di Berlino, von Jagow, abbiano avuto luogo delle riunioni per risolvere definitivamente il problema spinoso delle formazioni militari naziste. Si sarebbe combinato un progetto di scioglimento generale delle SS. e delle S.A., nella loro forma attuale, per ricostituirle su nuove basi. Il principio fondamentale della trasformazione dovrebbe essere che i nuovi militari presterebbero giuramento allo Stato, non più al partito, e verrebbero diretti dalle gerarchie responsabili dello Stato.

Il progetto sarebbe stato concretato in un memoriale che si troverebbe allo studio presso il Ftihrer. La notizia merita conferma.

(l) Cfr. n. 194.

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4131/174 R. Ginevra, 5 dicembre 1934, ore 3,23 (per. ore 5).

Ho accondisceso desiderio fattomi esprimere da Lavai avere con lui mio primo colloquio.

Accogliendomi, sua prima preghiera è stata quella di trasmettere a V. E. rinnovata espressione suo vivissimo desiderio di raggiungere intesa con Italia e di poter effetuare sua visita a Roma.

Abbiamo successivamente sfiorato tutte questioni pendenti: l) invio contingenti di polizia nella Sarre. Dopo avermi letto alcuni passi del suo ultimo discorso alla Camera, ha detto Governo francese essere deciso

sollevare domani questa questione nel Consiglio. In particolare ml ha chiesto se nel caso che Governo francese inviasse alcune migliaia di gardes mobiles (polizia di frontiera) nella Sarre, R. Governo sarebbe disposto fare altrettanto. Ho obiettato che data relativa tranquillità attualmente esistente nella Sarre e dato rasserenamento atmosfera dovuto recente accordo Roma non mi pareva opportuna scelta attuale momento per sollevare questione. A sue reiterate insistenze ho aggiunto anche non avere istruzioni in proposito, ma ritenere di interpretare pensiero V. E. rispondendo negativamente. Gli ho spiegato pure che mira costante seguita in tutto il corso recenti trattative di Roma era stata quella di evitare intervento contingenti esteri di polizia. Ho avuto impressione estrema decisione Governo francese su tale punto, dato che Lavai ha concluso pregandomi di sottoporre formalmente il quesito a V. E., ciò che ho fatto stamane per telefono. Seguendo le istruzioni che V. E. si è compiaciuto darmi, parlerò oggi con Eden per rendermi conto linea di condotta inglese al riguardo, riservandomi di riferire.

Fra gli argomenti addottimi da Lavai il più interessante è stato quello del consenso espressogli dallo stesso ambasciatore tedesco a Parigi a un eventuale invio di contingenti di sola polizia, purché appartenenti a differenti nazioni.

2) Relazioni italo francesi. Avendo egli incominciato a parlare delle questioni libica e tunisina, gli ho osservato che pregiudiziale necessaria a un conclusivo proseguimento delle trattative è quella di elevarle dal piano di contrattazioni minute a un piano di organica trattativa politica. Si tratta di un problema di politica internazionale da risolvere e non di appetiti da soddisfare.

Passando alla questione austriaca, Lavai ha detto di proporsi di continuarne a Ginevra la trattazione, in connessione con altri problemi (1). Intanto mi ha pregato di comunicare a V. E. che le sue dichiarazioni sul disarmo hanno completamente soddisfatto il Governo francese.

3) Relazioni itala-jugoslave. Premesso di non voler assumere alcuna veste di mediatore, ma semplicemente quella di amichevole consigliere, mi ha detto che da una conversazione avuta con principe Paolo aveva tratto impressione che se in una qualsiasi formula V. E. facesse conoscere di non avere alcuna intenzione pregiudizievole per la integrità della Jugoslavia, accordo sarebbe raggiungibile. Ho risposto di non riuscire a comprendere come si potesse pretendere ancora una offerta dopo quella di Milano e dopo altri ben noti gesti amichevoli.

4) Memoriale jugoslavo. Gli ho detto di essere venuto armato di documentazione capace di rispondere a ogni esigenza, che mi proponevo di utilizz;ue in vario modo secondo l'impostazione che verrebbe data alla questione. Un solo punto era fermo e cioè che l'Italia non avrebbe permesso che fosse comunque decretato un biasimo all'Ungheria.

Quanto a tattica da seguire, non avevo ancora idee definitive, dipendendo tutto dal corso delle circostanze. Potevo però fargli una anticipazione osser

règlement de la question autrichienne dans les conditions suggérées par M. suvich à M. de Chambrun».

vandogli che, poiché era necessario evitare la menomazione e il pericolo di lasciarsi manovrare dai balcanici, sembrava opportuno deferire la questione all'esame di un comitato composto delle potenze europee facenti parte del Consiglio, ad esclusione delle parti in causa e delle piccole potenze ad esse strettamente legate, come quelle della Piccola Intesa e della Intesa balcanica. Eventualmente il Comitato, allo scopo di ottenere una maggiore efficienza, avrebbe potuto delegare i suoi poteri a un gruppo più ristretto.

Qualora concordassimo in tale ordine di vedute, io potrei da parte mia adoperar·e l'influenza del mio paese per indurre l'Ungheria a circoscrivere la sua azione alla sola confutazione, rinunziando alla controffensiva, che mi constava essere già in preparazione.

Lavai ha ammesso di essere, all'incirca, dello stesso ordine di idee, ma ha detto di dover insistere per l'accoglimento di una formula di biasimo, per quanto larvata, alla Ungheria. Su~ questo punto sono stato irremovibile.

Mi ha chiesto poi se avremmo accettato la costituzione di una commissione di inchiesta o altri espedienti del genere. Ho risposto di non essere alieno dal prendere in esame qualunque genere di espedienti salvo, ho insistito ancora una volta, quello del biasimo. Qualunque fosse la via da seguire, mi pareva però necessario agire rapidamente, e cioè iniziare la discussione del memoriale immediatamente dopo la discussione sulla Sarre.

Ci siamo congedati restando intesi di rivederci questa sera dopo un colloquio che egli aveva già fissato con Jeftic.

Ho esaminato poi la questione anche con Avenol che si è dichiarato anch'egli convinto della bontà del metodo che gli ho esposto, ma scettico sulla possibilità di piegare l'intransigenza jugoslava.

(l) -Osservo che questa notizia sembra trovare conferma nella segnalazione di una ripresa di attività della legione austriaca giunta da varie fonti indipendenti durante 11 novembre scorso [Nota del documento]. (2) -T. 4071/358 R., non pubbllcato.

(l) Cfr. quanto !l Ministero degli Esteri francese trasmetteva a Chambrun sulla questione austriaca: Lava! ha detto a Aloisi «qu'!l ne pourrait en aucune circonstance souscrire à un

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4132/176 R. Ginevra, 5 dicembre 1934, ore 0,54 (per. ore 7,50).

Rivisto Lavai che mi ha detto essersi battuto con Jeftic per fargli accogliere mie proposte sulle quali stamane avevo dichiarato mia assoluta impossibilità transigere.

Risultato: accettazione da parte jugoslava l) che non venga proposto alcun biasimo all'Ungheria; 2) che non si nomini alcuna commissione di inchiesta; 3) che incidente venga chiuso il più rapidamente possibile.

Contro tale integrale accoglimento nostri desiderata Jugoslavia chiede solo: l) che le sia concesso in sede di Consiglio di sfogarsi liberamente contro Ungheria; 2) che si giunga a una regolamentazione internazionale del terrorismo; 3) che possibilmente tanto la Francia quanto l'Italia si astengano dal partecipare a un eventuale comitato.

Ho risposto a Lavai che desideravo consultare delegato ungherese e chiedere istruzioni a V. E. e che mi riservavo rispondergli domani.

Ho subito convocato Eckardt che si è dichiarato felice della soluzione e mi ha incaricato trasmettere suoi ringraziamenti a V. E. per intervento in favore Ungheria.

Soluzione dà soddisfazione tutti nostri desideri fondamentali. Quanto a Comitato, che sarà presieduto da Inghilterra, d'accordo con Lavai avremo possibilità dosarne composizione secondo nostra convenienza. Quanto a concessione sfogo verbale alla eccitazione jugoslava, esso avrà l'eco di un solo giorno e comunque sarà controbilanciato da eguale e contrario sfogo verbale ungherese, che saprò contenere in forma dignitosa che contrasti con violenza jugoslava (1).

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IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4210/(')130 R. Atene, 5 dicembre 1934 (per. il 10).

Mio rapporto n. 10358/1664 del 29 novembre e seguenti (2).

Votazione legge turca circa uso abito sacerdotale, ha avuto qua ragguardevole ripercussione, dando luogo in ogni partito e in ogni ceto a vivo risentimento contro Turchia.

Giornali, non solo opposizione e indipendenti, ma anche alcuni amici Governo, insorgono con insolita asprezza contro provvedimento turco che dichiarano ferire profondamente sentimenti nazionali e interessi ellenici. Esponenti partito opposizione e indipendenti pongono senza ambagi questione se condotta Turchia in questa occasione e in quella precedente della espulsione artigiani greci da Costantinopoli possa ormai conciliarsi con amicizia greco-turca e con sacrifici che Grecia avrebbe fatto per essa.

Ieri sera si è riunito Consiglio ministri, cui partecipò anche generale Metaxas, capo partito liberi pensatori, fiancheggiatore del Governo, ma ostile in genere sua politica estera, per esaminare situazione in seguito provvedimenti turchi. Mi si dice che Maximos e Tsandaris avrebbero comunicato di non essere stati precedentemente posti al corrente da Turchia circa recenti provvedimenti, per quanto sia plausibile che essi fossero da tempo in preparazione, e che di essi non fu fatta parola mentre ministri greci erano stati recentemente ad Angora. Essi avrebbero altresì esposto passi fatti presso Turchia affinché provvedimenti non fossero applicati a clero fanariota, nonché esito quasi totalmente negativo di tali pratiche.

Sembra che spiegazioni date non abbiano completamente soddisfatto, tanto che sarebbe stata esaminata opportunità mantenere o modificare attuale linea politica verso Turchia, dopo avvenimenti suindicati.

Ministro esteri avrebbe avuto incarico continuare sue pratiche presso Governo turco e anche eventualmente presentire Roma e Parigi per conoscere quale

attitudine intendessero adottare e per potere, se del caso, fare comune opera persuasiva verso Turchia.

Ritengo che cauto e tempestivo nostro intervento per aiutare Grecia in questa congiuntura, sostenendola nella sua azione verso Turchia, mentre avrebbe qua, in questo momento di depressione e sfiducia, più simpatica eco, servirebbe altresì a maggiormente scalzare direttive politiche, già in parte compromesse, stabilite in Levante neanche un anno fa dalla stessa Turchia fra l'entusiasmo ignaro e partitario Governo popolare ellenico.

Accordi greco-turchi, chiave di volta dell'attuale politica estera greca, ricevettero primo colpo in seguito provvedimenti presi estate scorsa verso artigiani ellenici di Costantinopoli, facendo raffiorare sopra tutto nel popolo e nell'esercito indubbie manifestazioni secolare animosità antiturca. Provvedimenti turchi odierni colpiscono sentimenti nazionali e religiosi ogni ordine cittadini e sopra tutto classe dirigente che ha sempre notoriamente protetto e fomentato, a scopo politica interna, tradizioni religiose e sentimenti nazionalisti ellenici.

In seguito questi avvenimenti e reazioni da essi suscitata, situazione Gabinetto popolare è assai delicata e specialmente precaria ne risulta posizione ministro Maximos, cui direttive politica estera si imputano attuali insuccessi e disillusioni.

Per quanto siano non pochi, anche partito popolare al Governo, che vedrebbero con piacere sostituzione ministro esteri, sembra difficile che essa possa attuarsi subito poiché si teme che simile provvedimento, che pur potrebbe avere benefico influsso per vitalità Gabinetto e partito popolare, potrebbe adesso aver all'estero risonanza ed echi dannosi per politica estera ellenica. Già stasera si manifesta infatti tendenza in alcuni circoli politici e alcuni organi stampa più ligi Governo, attenuare importanza provvedimenti turchi allo scopo calmare opinione pubblica e farle anche questa volta dimenticare scarsi e meschini risultati politica estera Governo popolare (1).

(l) -MussoUni rispose con t. 1551/60 R. dello stesso 5 dicembre ore 20,30: «Approvo». (2) -Non pubblicati.
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COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

APPUNTO RR. Roma, 5 dicembre 1934 (2).

Situazione interna francese.

C'è una ripresa dei radica-socialisti in unione con i gruppi centristi (Flandin-Pietri). La Camera dei Deputati che Doumergue aveva gradualmente esautorata, riprende a funzionare e, in essa, il partito radica-socialista tende a riacquistare la predominanza. Le ultime elezioni alle Commissioni Parlamentari,

hanno dato una netta prevalenza ai radica-socialisti. Le destre (Tardieu-Franklin-Bouillon) non celano il loro malcontento. Le formazioni armate di destra hanno ricevuto un rude colpo con la partenza di Doumergue. Non hanno funzionato al momento buono. Si sta riformando, nel Parlamento e nel Paese, una situazione analoga a quella precedente al 6 febbraio scorso. Non è dato fare previsioni. La crisi può sboccare in un moto di piazza od anche soltanto nelle elezioni generali. Si crede, generalmente, che il Ministero Flandin-Laval non avrà vita lunga. Il nuovo Gabinetto potrà avere una tinta più accentuata di sinistra. Si è parlato, con insistenza, di Pau! Boncour.

Relazioni franco-tedesche.

Vi è un forte movimento favorevole alla ricerca di una intesa diretta con la Germania. La manifestazione palese di questa tendenza, si è avuta con la visita del deputato combattente Goy, al Cancelliere Hitler. Flandin e Lavai sono favorevoli alla cosa, senza comparire, per ora alla ribalta. È necessario seguire attentamente il movimento che incontra, invero, tenaci opposizioni nei ceti di estrema destra e di estrema sinistra, per ovvie opposte ragioni. In una recentissima discussione alla Camera, il reazionario Franklin-Bouillon ed il socialista Blum, si sono trovati d'accordo nell'osteggiare il riavvicinamento alla Germania. Notevole il fatto che il movimento parte dall'Associazione degli ex-Combattenti, conservatrice, (900 mila aderenti). Se il movimento si affermasse, avrebbe probabilmente l'appoggio dell'Associazione dei Combattenti radica-socialisti (un milione e più di aderenti). Non è escluso che tutto finisca in nulla. Bisogna, però, seguire attentamente lo svolgimento delle cose e fare precedere l'accordo itala-francese ad un'eventuale intesa-franco-tedesca (l).

Il Capo del Governo ha convenuto nelle suesposte conclusioni. Per quel

che concerne la Germal)ia, Egli è di avviso che si trovi in periodo di progressiva

disgregazione, nel senso che di giorno in giorno Egli constata nelle conversa

zioni che ha con personalità germaniche, che i principi del credo razzista per

dono terreno. La Germania accumula gaffes su gaffes e si aliena le simpatie dei

suoi uomini migliori.

Accordi itala-francesi.

Marocco -S. E. il Capo del Governo non mi ha parlato della domanda francese intesa ad ottenere una liberazione dai vincoli doganali al Marocco.

Tunisia -Mi ha spiegato come si svolgerebbe, dopo i dieci anni di statu quo, la questione della cittadinanza nei riguardi dei cittadini italiani. L'ipoteca italiana sarebbe tolta interamente, riguardo alla cittadinanza, nel giro di sessant'anni e forse più.

s. -E. 11 Capo del Governo nell'udienza accordatami !l 5 corr. informo che nella ripresa d! conversazioni a Berlino, fra combaUentl francesi e tedeschi, hanno parte l signori Pichot e Randoux, rispettivamente presidente e segretario generale dell'Associazione Federale degli ex combattenti francesi. È avvenuto dunque, quello che del resto era fac!le prevedere e cioè che, dopo l'associazione combattentistica conservatrice, quella rad!co-socla!lsta s! è messa in diretta relazione con ! combattenti tedeschi. Sono in tutto due mll!onl d! ex combattenti francesi che si interessano al riavvlcinamento con la Germania».

Scuole -Se ne riparlerebbe al nono anno. Libia -C'è possibilità d'accordo, in relazione alle proposte francesi di ces

sioni di territorio.

Costa dei somali ed abissinia -S.E. il Capo del Governo ha osservato che una pure modesta cessione di territorio, ha un valore morale notevole, perché denota la tendenza della Francia a disinteressarsi dell'Abissinia. Ho osservato che, all'infuori della Ferrovia e della baia di Tagiura, si dovrebbe insistere per ottenere dalla Francia una cessione di territorio di maggiore importanza. Credo che si riuscirebbe nell'intento. S. E. il Capo è d'avviso che il Governo francese mìg1iorerà di qualche poco l'offerta. Il disinteressamento della Francia alla Abissinia, all'infuori di una zona intorno alla Ferrovia, interessa in modo specialissimo il Duce. A questo proposito potrei aggiungere particolari a voce.

Jugoslavia -S. E. il Capo non è disposto a fare, almeno per il momento, nessuna dichiarazione riguardo ai nostri rapporti con la Jugoslavia. È necessario che si definisca prima la vertenza jugoslavo-ungherese, introdotta dal Governo jugoslavo a Ginevra. S. E. il Capo del Governo difenderà anche militarmente l'Ungheria, se sarà attaccata. L'Italia deve far vedere al mondo che è fedele alla parola data. Vi sono principi morali comuni, che Stati ed individui sono tenuti a osservare se vogliono essere considerati e rispettati.

Austria -Scambio di note itala-francese per una rapida consultazione se si presentasse la necessità di adottare disposizioni urgenti. Accordo pubblico aperto all'Inghilterra, beninteso, alla Germania, alla Jugoslavia, Cecoslovacchia ecc. ecc.

Disarmo -D'accordo: superio:rità di arn:tamenti sulla Germania, della Francia, ma anche dell'Italia.

Dichiarazione proposta dalla Francia -S. E. il Capo del Governo me ne ha dato lettura integrale. Non ha difficoltà di accettarla. Si tratta dell'impegno generico, reciproco, dell'Italia e della Francia di procedere a consultazioni previe sui problemi di politica estera.

S. E. il Capo del Governo mi ha autorizzato a partire stasera.

(l) -Annotazione a margine di Suvich: «Non facciamo nulla». Il 14 dicembre venne Inviato a De Rossi il seguente t. 1590/192 R.: «Anche in considerazione situazione di partiti da lei prospettata sembra opportuno astenerci per ora da una azione coordinata all'eventuale reazione ellenica ~. (2) -L'appunto venne redatto il 6 dicembre. (l) -Pignattl tornò sull'argomento del riavvlcinamento franco-tedesco nel t. per corriere 4434/0194 R. del quale si pubblica 11 brano seguente: «In relazione a quello che ebbi a dire a
245

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 5 dicembre 1934.

Do lettura all'Ambasciatore degli appunti allegati al presente rapporto che gli comunico a titolo confidenziale e sempre non come proposte definitive, ma come un elemento della conversazione.

Per la Tunisia l'Ambasciatore mi dice che l'idea della Francia sarebbe quella che le scuole entro un determinato periodo, dopo scaduti i dieci anni, siano trasformate in scuole private o riscattate dalla Francia.

Per le professioni libere, dopo i dieci anni gli esercenti le stesse conserverebbero il diritto acquisito vita natura! durante. Per quanto riguarda i confini della Libia la Francia è disposta ad un accordo di frontiera per l'aiuto reciproco nella sorveglianza della frontiera stessa.

L'Ambasciatore vede una grande difficoltà per la soluzione che noi vogliamo dare al problema dell'Austria ed osserva essere un paradosso che tali dj.rfficoltà si abbiano in un problema nel quale sostanzialmente siamo d'accordo. Egli ritiene che un accordo pubblico internazionale per l'Austria (completato da un accordo segreto italo-francese) potrebbe giovare molto ai fini dell'indipendenza austriaca.

La Francia insiste tanto su questo argomento perchè teme, come già detto altre volte, le complicazioni che potrebbero sorgere al momento in cui si verificasse la necessità di un intervento. Egli ha saputo d'altronde che Lavai non è del tutto d'accordo con le proposte da lui, Chambrun presentate a titolo personale; attende di conoscere meglio il pensiero di Lavai.

L'Ambasciatore si riserva di riferire a Parigi sui singoli soggetti e si rimane d'accordo di ritrovare! venerdì per esaminare ancora la questione della Siria, del Marocco e di un eventuale patto generale al quale la Francia terrebbe come corollario degli altri accordi.

ALLEGATO I

APPUNTO

Roma, 5 dicembre 1934.

Tunisia.

Gli accordi del '96 vengono prorogati per dieci anni ed applicati dalla Francia con spirito di comprensione. Dopo 1 dieci anni si stabilisce il regime seguente:

-tutti gli Italiani già nati alla fine dei 10 anni rimangono definitivamente Italiani;

-i figli degli Italiani nati dopo la fine dei 10 anni arrivati all'età di 20 anni possono optare fra le due cittadinanze;

-i figli degli optanti sono cittadini francesi. È inteso che i nati in Italia rimangono cittadini italiani.

Per le scuole, per le professiorù e per la pesca vige per dieci anni il regime attuale; un anno prima della scadenza dei dieci anni i due Governi si accorderanno con spirito di comprensione sul regime futuro.

ALLEGATO II

APPUNTO

Confini meridionali della Libia.

Accettazione di massima delle proposte francesi salvo modificazioni di dettaglio della frontiera, atte a consentire, coll'inclusione di qualche centro di vita, la sorveglianza della frontiera stessa.

ALLEGATO III

APPUNTO

Austria.

I due Governi riconoscono che la questione dell'indipendenza austriaca è di interesse comune e si impegnano a difenderla. Sulla base di questa intesa si esaminerà la possibilità di fare un atto internazionale che potrà essere sottoscritto anche da altre Potenze.

ALLEGATO IV

APPUNTO

Roma, 5 dicembre 1934.

I due Governi non intendono legittimare le infrazioni agli obblighi dei trattati commesse dalla Germania per qùanto riguarda gli armamenti, ma intendono procedere secondo le seguenti direttive:

-se la Germania vuole svincolarsi unilaterialmente dal Trattato riservandosi la più completa libertà di armamenti, i due Governi si consulteranno sul da farsi; se la Germania denunciando il proprio riarmo fosse disposta a venire ad un accordo con le altre Potenze, l'Italia è disposta a riconoscere un margine di superiorità alla Francia corrispondente alle maggiori riserve che in questo campo ha la Germania; anche la Francia è disposta a riconoscere sulla stessa base un margine •di superiorità all'Italia. Ciò senza toccare il principio delle equiparazioni di diritto.

ALLEGATO V

APPUNTO

Roma, 5 dicembre 1934.

Somalia.

Cessione da parte francese all'Italia di un territorio delimitato come segue:

-Diritto ad avere in esercizio un porto sulla baia di Tagiura e la concessione di esercizio di un tronco ferroviario che unisca detto porto con la Ferrovia di Addis Abeba, prima che la stessa abbandoni il territorio francese, oppure, a scelta del Governo Italiano: concessione all'Italia di una zona da fissare nel .porto di Gibuti in libera amministrazione, accordo, tanto nell'una che nell'altra delle due eventualità sopra indicate, per l'uso comune della Ferrovia.

-Partecipazione italiana nella Ferrovia con la cessione di un pacchetto di azioni che le dia diritto di essere rappresentata in rapporto di circa un terzo nel Consiglio; rappresentanza corrispondente nel Comitato ed assunzione anche di qualche funzionario italiano.

ALLEGATO VI

APPUNTO

Roma, 5 dicembre 1934.

Dichiarazione della Francia sul suo disinteressamento per l'Abissinia (e quindi abbandono del diritto riservatole dall'accordo tripartito) salvo gli interessi economici congiunti con l'esercizio della Ferrovia.

ALLEGATO VII

APPUNTO

Jugoslavia. Roma, 5 dicembre 1934.

Il Governo Italiano confida che l'accordo con la Francia possa influire in senso benefico sui rapporti fra l'Italia e la Jugoslavia. Dichiara che quando le circostanze lo consentissero non avrebbe difficoltà, come ha sempre dichiarato, di arrivare ad accordi diretti con la Jugoslavia.

ALLEGATO VIII

APPUNTO

Roma, 5 dicembre 1934.

Nel comunicato alla stampa si potrà dire che i due Governi hanno firmato dei protocolli con cui si è stabilita una linea di azione comune per quanto riguarda il disarmo e l'Austria.

246

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 5 dicembre 1934.

Il Ministro Lugosianu mi chiede informazioni sulle varie questioni politiche di attualità, soffermandosi particolarmente sulla questione dell'Austria. Egli dà a divedere che è al corrente delle proposte Chambrun; mi domanda quale è il nostro punto di vista.

Gli rispondo che noi non siamo favorevoli alle proposte stesse.

Mi chiede se per ragioni di principio o contingenti.

Gli domando cosa intende per questioni di principio.

Risponde: la vostra opposizione a portare l'Austria sul terreno internazionale.

Gli dico a mia volta che, in questo senso, non siamo contrari per principio. Riteniamo tuttavia che non convenga far tanto chiasso sulla indipendenza del~ l'Austria come se facessimo un accordo fra dieci Potenze; bisogna educare l'Austria alla propria indipendenza e lasciare quindi che abbia il senso della propria responsabilità e della necessità di difendersi da sè. D'altra parte un patto che avesse la sanzione di un grosso patto internazionale fra tante Potenze, senza la Germania e quindi contro la Germania, potrebbe mettere in imbarazzo i sentimenti tedeschi degli austriaci stessi.

Il Ministro Lugosianu si rende conto di queste ragioni ma ritiene tuttavia che sarebbe pericoloso lasciare l'Italia sola nella difesa dell'Austria perchè ciò farebbe sorgere tutte le voci -per quanto ingiustificate -che l'Italia voglia infeudare l'Austria a sè, voci atte a creare una reazione negli austriaci stessi.

Gli osservo che ad ogni modo la questione dell'Austria deve essere ancora

discussa.

Il Ministro Lugosianu spera molto in un avvicinamento fra l'Italia e la

Piccola Intesa in seguito ai buoni risultati che egli si augura delle conversa

zioni itala-francesi.

247

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4138/177 R. Ginevra, 6 dicembre 1934, ore 0,35. (per. ore 3,30).

* In tutti colloqui Laval ripetuto insistentemente che pre,giudiziale qualunque accordo italo-francese, è adesione Piccola Intesa (1). *

Appare evidente che defezione Polonia e adescamenti tedeschi alla Jugoslavia hanno posto primo piano politica francese conservazione rafforzamento vincoli con Piccola Intesa.

Mia netta impressione è che quindi trattative minacciano fallire se non si procede tempestivamente a radicale trasformazione loro impostazione.

Non più soluzione problemi particolari italo-francesi quale via per giungere a intesa di carattere generale la quale come corollario porti concessioni coloniali.

Sarà quindi solo una discussione sul problema danubiano, ossia austriaco, che potrà presto rivelare se esista o meno possibilità intesa italo-francese.

Dato che oggi esiste comunanza vedute su questione disarmo, grazie a recenti dichiarazioni V. E., e dato che Francia e Inghilterra hanno già firmato due dichiarazioni di garanzia della indipendenza austriaca, mi sembra che trattative potrebbero essere impostate sulla base della conclusione di un accordo relativo alla integrità austriaca, cui partecipino tutti gli Stati confinanti con Austria, ed essi soli.

E cioè Italia, Germania, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia oltre s'intende, l'Austria. Vantaggi sarebbero:

1°) Assicurazione della indipendenza austriaca;

2°) Intesa con Francia su base del comune interesse;

3°) Ripresa di contatto con Germania entro orbita nuovo patto;

4°) Fine della quarantena per Ungheria con suo ingresso nell'accordo;

5°) Ingresso uti singuli di due sole Potenze della Piccola Intesa: Jugoslavia e Cecoslovacchia, con conseguente vantaggio di poter invocare in qualunque altra sede questo precedente e pretendere che agiscano isolate e non in blocco;

6°) Eliminazione del pericolo della costituzione -attualmente in via di perfezionarsi -di un unico blocco che dalla Francia, attraverso la Piccola Intesa, arrivi alla Intesa Balcanica, sbarrandoci la via non solo verso il Danubio e i Balcani, ma anche verso il vicino Oriente.

I recenti viaggi di Tewfik Ruschdi Bey e di Titulescu a Parigi hanno provocato chiare spiegazioni in proposito da parte di alcune RR. rappresentanze.

7°) I rapporti italo-jugoslavi e ungaro-jugoslavi troverebbero per il momento una sistemazione relativamente conveniente in attesa di più proficua sistemazione futura.

Qualora V. E. lo desiderasse, credo sarebbe anche possibile impostare fin dall'inizio le trattative sulla pregiudiziale del non (dico non) inserimento dell'accordo nel quadro della S.d.N.

Nell'Europa di domani la politica dell'Italia in un simile accordo ritengo sarebbe vantaggiosamente piazzata tra una Francia consenziente, ma esclusa, e una Germania inclusa, ma vincolata al mantenimento dell'indipendenza austriaca (1).

(l) Il passo tra asterischi è stato sottolineato da Mussollnl.

248

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4141/178 R. Ginevra, 6 dicembre 1934, ore 3,50 (per. ore 6,10).

Il Consiglio ha tenuto oggi prima riunione. In seduta privata è stata accolta senza discussione domanda di iscrivere d'urgenza all'ordi,ne del giorno la richiesta jugoslava.

In seduta pubblica ha riferito sui lavori del comitato dei tre mettendo in rilievo opera di conciliazione svolta a Roma e importanza dell'accordo intervenuto tra le parti interessate su tutte le questioni sottoposte all'esame del comitato.

Il delegato francese e quello inglese nel prendere atto hanno chiesto di rinviare le constatazioni e le dichiarazioni di merito. Subito dopo il Consiglio si è riunito in seduta segreta per discutere questione mantenimento dell'ordine pubblico nella Sarre. Come ho riferito telefonicamente, signor Eden mi aveva chiesto ieri se

R. Governo sarebbe stato disposto a inviare dei contingenti di polizia ove Inghilterra avesse fatto lo stesso. Questa mattina mi ha riferito che suo Governo aveva discusso questione in Consiglio dei ministri tenutosi nella notte e l'aveva autorizzato a dichiarare che, ove un appello per l'invio di forze internazionali fosse stato lanciato dal Consiglio, il Governo britannico sarebbe stato pronto a prestare suo concorso qualora:

1°) Francia si fosse impegnata a non mandare sue truppe;

2°) Germania avesse dato il suo assenso;

3°) altri paesi fossero pronti assumere analogo impegno.

Signor Eden ha insistito per conoscere atteggiamento R. Governo. A seguito istruzioni impartitemi da V. E. l'ho assicurato che avremmo seguito stessa linea di condotta.

Il barone Aloisi segnala quindi l'urgenza della questione prospettata nell'unito telegramma :1>.

In seduta segreta signor Lavai ha cominciato col dichiarare che questione Sarre deve essere considerata come questione essenzialmente di carattere internazionale, che impegna come tale responsabilità della Lega. Governo francese è pronto, qualora Consiglio ne faccia richiesta, ad inviare nel territorio delle forze di polizia. Tuttavia, poichè Governo germanico ha contestato fondamento giuridico di una deliberazione Consiglio del 1926 che prendeva atto della possibilità di far ricorso a forze francesi, la Francia era pronta a impegnarsi a non inviare sue forze di polizia qualora si fosse provveduto a garantire l'ordine nella Sarre mediante invio forze internazionali.

Eden ha risposto dichiarando che suo Governo sarebbe stato disposto a partecipare a forze internazionali alle condizioni suddette.

Analoga dichiarazione è stata fatta da me.

Altri delegati, tra cui Litvinoff, Komarnicki e Benes hanno dichiarato che avrehbero interpellato loro Governi sulla possibilità di partecipare alle forze predette.

A seguito delle dichiarazioni di Lavai, mie e di Eden, il Consiglio ha adottato una deliberazione per la quale il comitato dei tre è stato incaricato di comunicare al Governo di Berlino la proposta francese nonchè le dichiarazioni di Eden e mie e di chiedergli il suo punto di vista sulla proposta predetta.

Il comitato dovrà poi presentare al Consiglio delle concrete proposte quanto agli accertamenti dei contingenti internazionali ed alla data d'invio.

Nella discussione è stato messo in particolare rilievo che, ove la Germania non aderisse alla proposta, il Consiglio non potrebbe che confermare sua deliberazione del 1926 che prevede la possibilità di ricorrere in caso di disordini alle truppe francesi.

In seduta pubblica Lavai ha ripetuto sua proposta seguita dalle dichiarazioni di Eden, mie e di altri delegati del tenore suddetto.

Invio per corriere processo verbale con testo dichiarazioni.

Tengo a segnalare che deliberazione britannica partecipare all'invio di forze internazionali mira impedire che il Governo francese mandi sue truppe nel territorio. Nostra adesione al punto di vista britannico è stata accolta da Eden con viva soddisfazione.

È probabile infine che altre Potenze si affretteranno ad assumere analogo impegno per non lasciare soltanto all'Inghilterra e all'Italia merito di intervento che appare già come una forma di collaborazione nello spirito del patto a quattro.

Nel momento di spedire il presente telegramma mi giunge l'istruzione telefonica di v. E. di limitare alle sole forze anglo-italiane la cooperazione internazionale nella Sarre (1).

Riferirò domani sui miei tentativi.

(l) Allegato a questo telegramma si trova il seguente appunto dello stesso 6 dicembre, privodi firma, redatto su carta intestata del Gabinetto: «Le informazioni correnti a Ginevra danno come molto probabile una ripresa di attività nazista per l'Austria subito dopo 11 plebiscito nella Sarre.

(l) Ma cfr. quanto comunicò Aloisi con t. 4196/190 R. dell'8 dicembre: «Su proposta dello stesso rappresentante Inglese, Il Consiglio ha quindi deciso che l'invito a partecipare alla costituzione della forza internazionale di polizia per la Sarre sarà fatto oltre che al Governi italiano e britannico, a quell! dell'Olanda e della Svezia. In questo senso è stata predisposta una risoluzione formale, che è stata poi approvata nella seduta pubblica del Consiglio».

249

IL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO

T. S. MASSIMA PRECEDENZA ASSOLUTA 162/26383.

Mogadiscio, 6 dicembre 1934, ore 10,30.

Maggiore Montanari, questa notte alle ore una, telegrafa che ieri, giorno 5, alle ore 17, gli abissini improvvisamente hanno attaccato in forza nostre posizioni. Combattimento svoltosi accanitamente. Dubat fronteggiata tuttavia situazione subendo però perdita trentina di morti e centinaia di feriti. Due apparecchi eseguito bombardamento; nell'atterraggio di ritiro si sono resi inefficienti e tenente Salvi rimasto fortemente contuso. Terzo apparecchio ha eseguito secondo volo e bombardamento ed è rimasto più volte colpito da proiettili mitragliatrici e fucileria. È stato però riparato ed è pronto riprendere alba sua azione. Aerei ripetono aver individuato nell'accampamenteo abissino un cannone e numerose mitragliatrici che sarebbero sopraggiunti.

Non ho per ora altre notizie. Ho comunque già disposto immediata partenza intera squadriglia aeroplani completa di armamento e disporrò subito gli ulteriori rinforzi del caso. Naturalmente terrò ministero informato man mano che mi giungano notizie.

R. legazione Addis Abeba informata.

250

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4179/675 R. Addis Abeba, 6 dicembre 1934, ore 19 (per. ore 22,30 del 7).

Teleg,ramma di v. E. n. 343 (l) e telegrammi n. 25690 al 25699 del Governo della Somalia diretti a ministero delle Colonie. Blattingheta Herui, convocatomi specialmente stamane ore 11. Il ministro degli affari esteri mi ha fatto comunicazione verbale seguente tenore:

«Imperatore, venuto a conoscenza fatto verificatosi Ogaden di natura poter turbare buone relazioni esistenti fra l'Italia e Etiopia, lo ha specialmente incaricato interessare tale riguardo legazione Italia.

Etiopia è in trattative con Inghilterra per determinazione pascoli in Ogaden: tale scopo ultima commissione anglo-etiopica incaricata tale lavoro si è recata regione Ual-Ual Uardsir, località che fin da tempo remoto sono in territorio etiopico.

Ma con sorpresa hanno trovato truppe italiane che hanno impedito commissione avanzare.

Contegno comandante italiano definito aggressivo.

Accenno sorvolo due aeroplani italiani e minaccia mitragliatrici.

Dice che truppe italiane si sono fortificate in tali località costruendovi forte e portandovi ingenti materiali bellici.

Blattingheta Herui protesta per accaduto, fa presente che data vicinanza truppe italiane e etiopiche Governo etiopico dato ordine evitare incidenti, propone reciproco allontanamento da linee in attesa trattative.

Rivolge preghiera volermi adoperare perchè incidente, che potrebbe guastare ottime relazioni esistenti fra nostri due paesi, venga al più presto risolto.

Rievoca le dichiarazioni amicizia scambiatesi mesi fa fra i due paesi,,

Ho risposto che avrei telegrafato mio Governo e che mi riservavo di fargli le comunicazioni del caso in base alle istruzioni che avrei ricevuto. Desideravo intanto però rettificare alcune sue affermazioni. Segue seconda parte (l).

(l) Cfr. n. 211.

251

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 1555/353 R. Roma, 6 dicembre 1934, ore 24.

Suo telegramma n. 676 (2).

Ella vorrà limitarsi, per ora, nel suo colloquio col Blatingheta, a presentare le più energiche proteste per improvvisa aggressione, per la quale intendiamo esigere ampie scuse e complete riparazioni, che si fa riserva di precisare non appena possibile.

252

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4183/677 R. Addis Abeba, 7 dicembre 1934, ore 8 (per. ore 22,30).

Seguito telegramma n. 676 (2).

Riferendomi colloquio stamane ho comunicato verbalmente questo ministro degli affari esteri che ieri, 5 corrente, alle ore 17 etiopici hanno attaccato in forze nostre posizioni e che erano deplorarsi da parte nostra morti e feriti numero imprecisato.

22 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Ho detto al Blattingheta Herui che, in attesa di ordini di V. E., gli domandavo di portare subito cosa conoscenza Imperatore rappresentandogli gra

•·ità dell'accaduto. Ministro degli affari esteri ha risposto che avrebbe subito informato Sua Maestà e ha aggiunto confidare nell'azione due Governi per risolvere incidente.

Fine colloquio ho tenuto sottolineare che attacco etiopico si era verificato ieri alle 5 allo scopo di svalutare dichiarazioni Blattingheta Herui (mio telegramma n. 675 per esteri (l) e mio telegramma n. 978 per Mogadiscio) circa necessità di prevenire incidenti.

Non è da escludere che Blattingheta Herui fosse già stamane conoscenza attacco quando ha fatto note dichiarazioni (2).

(l) -Cfr. n. 253. (2) -T. massima precedenza assoluta 4157/676 R. pari data, non pubblicato: richiesta urgente di udienza rivolta al ministro degli esteri etiopico.
253

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.. PRECEDENZA ASSOLUTA 4178/680 R. Addis Abeba, 7 dicembre 1934, ore 13 (per. ore 21,15). Mio telegramma n. 675 (3).

Parte seconda.

lo -Ho fatto presente a ministro degli affari esteri che R. ministro conte Vinci, nei due colloqui del 28 aprile 1934 e del 20 luglio 1934, aveva attirato sua attenzione sul fatto che il Deggiac Gabrè Mariam aveva affidato comando armati Scifta al noto fuoruscito, somalo Ornar Samantar e che tali armati si erano dislocati nelle località accennate da Blattingheta Herui: che il Governo della Somalia aveva dovuto prendere misure necessarie: che responsabilità per eventuali incidenti sarebbero ricadute sul Governo etiopico.

2° -Ho aggiunto che 20 luglio 1934, in seguito alla segnalazione del conte Vinci circa minacce Ornar Samantar, Blattingheta Herui aveva assicurato che avrebbe dato a governatore regione tassative istruzioni di non provocare incidenti al confine (telegrammi R. legazione n. 190 (4) e 338) (5).

3° -Ho sottolineato che, dati questi precedenti, Governo etiopico non (dico non) poteva ignorare presenza italiani nelle località accennate da ministro degli affari esteri, e che ritenevo che, se Governo etiopico avesse realmente voluto evitare incidenti non (dico non) avrebbe dovuto inviare improvvisamente truppe nelle località da noi presidiate.

Questo -ho aggiunto -facevo presente in un ordine di idee generali circa l'origine dell'incidente.

(-3) Cfr n. 250.

4° -Ho quindi proseguito che mi occorreva rettificare alcune questioni di dettaglio ma che pure ritenevo importanti: e cioè che comandante italiano capitano Cimmaruta aveva per primo proposto di allontanare i due gruppi armati mantenendo sul terreno con segnali le rispettive posizioni, allo scopo evitare incidenti; che nostri aeroplani avevano compiuto ricognizione zona circostante nostri fortini, allo scopo accertare presenza di Scifta: essi avevano mitragliatrici, essendo apparecchi guerra, ma non avevano minacciato nessuno.

5o -Ho chiuso sottolineando che mia azione sarebbe ulteriormente dipesa da quelle istruzioni che R. Governo mi avrebbe fatto pervenire.

(l) -Cfr. n. 250. (2) -Con t. 4173/679 R. dello stesso 7 dicembre, non pubblicato, Mombelli trasmise 11 testo di una nota comunicatagli del Governo etiopico per protestare contro la presenza di truppeItaliane a Uarder che ostacolava i lavori della commissione anglo-et!op!ca. (4) -Cfr: serle VII, vol. XV, n. 161. (5) -Non pubblicato nel volume precedente.
254

IL CAPO GABINETTO, ALOlSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4171/185 R. Ginevra, 7 dicembre 1934, ore 13.17 (per. ore 17,25).

Ieri a colazione da Lavai ho chtesto a Tewfik Ruschdi bey per quale motivo egli credeva di dover prendere parola nel dibattito ungaro-jugoslavo che non interessa direttamente il suo paese.

Mi ha risposto di avere in tal senso istruzioni precise dal suo Governo, dato che Turchia è alleata della Jugoslavia.

Ho lasciato per il momento cadere il discorso.

Stamane poi ministro degli affari esteri Ungheria mi ha confessato che tempo fa Tewfik Ruschdi bey ha cercato di rassicurarlo delle pacifiche intenzioni della Turchia nei riguardi dell'Ungheria confidandogli che la convenzione militare esistente fra Turchia e Jugoslavia è rivolta esclusivamente contro l'Italia.

Una tale alleanza militare conferisce uno speciale valore a quanto riferito in data 5 corrente nel mio telegramma 177 (l), capoverso 4°, n. 6, circa pericolo formazione blocco anti-italiano che, sotto egida Francia, si estenda ininterrottamente da Parigi ad Angora.

255

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CAPO GABINETTO ALOISI, A GINEVRA

T. 1556/64 R. Roma, 7 dicembre 1934, ore 19.

Riferimento suo n. 177 (1).

V. E. può dire a La val che non pare possibile fare ora della «questione danubiana» punto centrale delle trattative fra l'Italia e Francia. Ella sa che a qualsiasi regolamento del problema danubiano si oppone nota pregiudiziale ungherese. P.er lo stesso aspetto economico del problema danubiano, Ungheria chiede infatti una soddisfazione politica innanzi di concludere degli accordi

con Stati Piccola Intesa; mentre questi ultimi vi si rifiutano. Nè è questo il momento migliore di sollevare questione per l'Ungheria. Essa potrà essere esaminata ulteriormente.

Diverso è per l'Austria. Al riguardo Chambrun ha fatto nei giorni scorsi ripetutamente la proposta di un patto da concludersi fra Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Piccola Intesa e Ungheria per salvaguardia indipendenza austriaca; ha parlato anche possibilità di un patto fra i vicini dell'Austria (esclusa Svizzera) più Francia ed Austria. Nell'idea di Chambrun tale patto sarebbe stato di reciproca garanzia contro turbamenti situazione interna paesi contraenti. Progetto Chambrun si ispira seguenti criteri manifestati da parte italiana:

-non parlare in atto pubblico indipendenza dell'Austria perché si deve considerare questo principio come oramai acquisito; -non fare garantire Austria da paesi della Piccola Intesa sia nel loro complesso sia uti singuli per non umiliare l'Austria; -far partecipare anche la Germania per legarla al riconoscimento dell'indipendenza ed integrità austriaca.

Chambrun ha insistito ripetute volte questi giorni per una soluzione del problema austriaco secondo tale suo progetto o secondo un altro ma su un piano internazionale.

Gli si è risposto che non si escludeva di venire a tale soluzione, ma che si voleva prima fare un accordo con la Francia il quale av~ebbe consacrato i punti del problema austriaco su cui interessi italiani e francesi concordano. Accordo che rientra fra quelli qui in discussione, rimarrebbe segreto e sarebbe press'a poco dei seguenti termini:

«I due Governi riconoscono che la quistione dell'indipendenza austriaca è di interesse comune e si impegnano a difenderla. Sulla base di questa intesa si esaminerà la possibilità di fare un atto internazionale che potrà essere sottoscritto anche da altre Potenze».

Secondo Francia dovrebbero intervenire all'atto internazionale la Piccola Intesa o almeno la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, sia pe·r impegni presi con i detti paesi, sia perchè un nostro eventuale intervento in Austria non abbia a sollevare conflitti con la Cecoslovacchia e con la Jugoslavia. Come indicato per ora non pare conveniente nè possibile aderire a tale desiderio francese, che potrà essere considerato in altre circostanze. Principio fino ad ora espresso all'ambasciatore Chambrun è quello che convenga di cominciare con un accordo franco-italiano che farebbe parte degli accordi attualmente in via di negoziato, secondo formula surriportata.

(l) Cfr. n. 247.

256

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4272/0298 R. . Berlino, 7 dicembre 1934 (per. il 13).

Nella conversazione avuta ieri con il segretario di Stato von Bulow lo trovai molto soddisfatto per l'accordo raggiunto circa la Saar. Poiché egli si erra meco espresso a proposito dell'opera compiuta dalla commissione presieduta da S. E. il barone Aloisi in termini di grande riconoscenza per le direttive impartite da S. E. il Capo del Governo e per l'atmosfera favorevolissima di Roma fascista (mio telegramma del 6 corrente n. 360) (l) manifestando la speranza che il successo della commissione per la Saar influisse favO<revolmente sul completo ristabilimento di relazioni d'amicizia fra la Germania e l'Italia, mi associai di gran cuore a tale suo voto. Colsi anzi l'occasione per parlargli, in via del tutto personale e premettendo di non avere ricevuto alcun incarico al riguardo, delle nostre relazioni facendo un quadro della situazione così come io la vedo. I rapporti fra i due eserciti e le due marine non erano, si può dire, stati offuscati dagli avvenimenti del 25 luglio. Mi constava che era sempre continuata ad esistere grande cordialità fra la Reichswehr e la MaTine Leitung e gli addetti militare e navale della R. ambasciata. Si trovavano in questo momento a Roma il colonnello von Stulpnagel ed il capitano di corvetta Patzenhofer, dell'Ufficio eserciti stranieri della Reichswehr, ivi recatisi per restituire la visita fatta a Berlino durante l'estate scorsa dal colonnello Roatta dello Stato Maggiore italiano. Questa visita confermava che le relazioni suddette erano improntate a reciproca fiducia. Un lieve raffreddamento avevano subito i rapporti anteriormente intimissimi fra le due aviazioni, ma le notizie recentemente fornitemi dal R. addetto aeronautico mi permettevano di desumere che essi stavano riprendendo la primitiva cordialità.

Il problema della Saar, così felicemente risolto, aveva servito a dimostrare all'opinione pubblica tedesca l'errore da essa compiuto nel giudicare erroneamente la politica estera fascista. Una delle sue qualità eccelse era la costanza delle grandi linee direttive le quali non vengono pertanto radicalmente mutate neppure da contingenze sfavorevoli, ancorché possano subirne una certa ripercussione. Il giorno in cui ritornasse sul tappeto la questione della convenzione per gli armamenti terrestri ed aerei si vedrebbe che la politica dell'Italia sarebbe la medesima delle discussioni precedenti, ispirata cioé al riconoscimento del diritto della Germania ad ottenere la parità ed al principio che non si deve discutere la riduzione de,gli armamenti. Quando si intraprenderà la discussione degli armamenti navali non dubitavo che i giusti interessi della Germania sarebbero stati da noi tenuti nel debito conto.

L'unico problema che aveva dato origine ad un dissenso politico non ancora sanato era quello austriaco.

Il signor von Btilow rispose che poteva dal suo lato assieurarmi essere le relazioni fra gli addetti militare, navale ed aeronautico tedeschi a Roma improntati alla maggiore confidenza. Il generale Fischer aveva ancora recentemente inviato un rapporto in cui poneva in evidenza la cordialità verso di lui dell'ambiente militare italiano.

Egli riconosceva pure l'esattezza di quanto gli avevo detto circa l'atteggiamento politico dell'Italia di fronte ai vari problemi politici menzionati. Premettendo che dal suo lato mi avrebbe parlato in via del tutto personale accennò alla «Weltanschauung » di Hitler il quale considera l'ideologia nazionalsocialista come il credo non solo politico ma anche religioso di ogni tedesco, ovunque

esso risieda e di qualunque nesso statale faccia parte. Data questa mentalità è comprensibile come per lui gli austriaci non siano altro che tedeschi ai quali dev'essere lecito di pensare così come la pensano i loro fratelli del Reich e come egli combatta quindi ogni spirito particolaristico in Austria. Dato che questo stato di cose egli doveva purtroppo riconoscere che era assai difficile superare l'abisso esistente fra l'ideologia nazionalsocialista e quella fascista.

Gli pareva d'altra parte che le disposizioni categoriche impartite dal cancelliere del Reich perché cessasse nel Reich ogni specie di propaganda in favore dell'Austria fossero un provvedimento di tale natura da dover tranquillare l'Italia. Era del resto ormai provato che gli avvenimenti del 25 luglio a Vienna non solo non erano stati ordinati da Habicht e dalla frazione nazionalsocialista austriaca devota a Hitler, ma dagli avversari di Habicht e di Hitler, per creare imbarazzi a quest'ultimo.

Ho osservato che io non volevo entrare in un campo che riguardava avvenimenti dolorosissimi dei quali avevamo evitato di parlare anche al momento in cui erano accaduti.

Mi domandavo solamente perché non fosse possibile che il cancelliere del Reich, se realmente desiderasse di fare ritornare normali i rapporti con l'Italia, non cogliesse una propizia occasione per fare una pubblica dichiarazione proclamando il proprio disinteressamento per gli affari interni dell'Austria per un determinato periodo di tempo così come aveva, nei confronti della Polonia, convenuto di rinunciare per dieci anni a discutere i problemi interessanti i due paesi. Una dichiarazione unilaterale sarebbe stata più agevole da fare che un accordo con un altro Stato.

Von Biilow obbiettò che a ciò si opponeva la « Weltanschauung ~ di cui mi aveva parlato, perché una dichiarazione di disinteressamento per l'Austria avrebbe avuto ripercussioni vastissime in tutta la Germania ed anche all'estero ovunque viva un tedesco e scossa probabilmente quella fiducia dell'intiero germanesimo verso il Fiihrer che Hitler vuole creare.

Vedendo che era inutile ogni discussione su questo punto attirai l'attenzione del signor von Biilow sopra i commenti astiosi per l'Italia dei giornali tedeschi, specialmente di quelli bavaresi e menzionai in modo particolare il Volkischer Beobachter che non lasciava passare occasione per criticare l'azione del Governo fascista. Se, come egli mi aveva detto dianzi, l'atmosfera doveva rischiararsi dopo il felice risultato del negoziato per la Saar, mi sembrava che sarebbe stata particolarmente indicata un'azione energica sulla stampa tedesca per indurla ad una diversa valutazione della politica italiana. Rilevai che negli ultimi tempi la stampa italiana era stata molto obbiettiva nel parlare della Germania.

Von Biilow osservò che egli non poteva naturalmente avere una supervisione completa di ciò che pubblicasse la stampa tedesca cosicché non era in grado di esprimere un giudizio sul suo contegno verso l'Italia. Prese ad ogni modo un appunto circa quanto gli avevo detto e mi assicurò che avrebbe fatto pervenire raccomandazioni di moderazione alle redazioni dei giornali. Per quanto concerneva la stampa italiana riconobbe che questa si era occupata negli ultimi tempi meno degli affari tedeschi trattandoli in generale in modo obbiettivo. Aveva però rilevato qua e là degli articoli assai sarcastici che dimostravano l'esistenza della tendenza a voler criticare quanto si faceva in Germania.

Voleva però sperare, e me lo ripeteva, che nella presente atmosfera più serena che l'Italia a v eva grandemente contribuito a creare, le relazioni fra i nostri due paesi potessero ritornare ad essere informate all'antico spirito di amicizia e di collaborazione necessario per garantire la pace dell'Europa (1).

(l) T. 4158/360 R. del 6 dicembre, non pubblicato In quanto di contenuto analogo alla prima parte del presente telegramma.

257

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 7 dicembre 1934.

Si rileva che rimangono ancora delle questioni da discutere: la dichiarazione di consultazione (2), il Marocco e la Siria.

Per quanto riguarda la dichiarazione siamo d'accordo di massima con la proposta francese. Si tratterà di apportarvi qualche modificazione più che altro di forma e di omettere l'accenno alla Società delle Nazioni.

Per quanto riguarda il Marocco, la questione non è di primissimo rilievo (3).

Per quanto riguarda la Siria, espongo all'Ambasciatore il nostro punto di vista. Noi siamo partiti nel Patto di Londra dal principio dell'equilibrio nel Mediterraneo orientale tra Francia, Inghilterra ed Italia. Attraverso una serie di vicende siamo stati completamente privati di ogni vantaggio in quel settore, mentre la Francia ha avuto il mandato sulla Siria e sul Libano e l'Inghilterra il mandato sulla Palestina, sulla Transgiordania, oltre quello sull'Irak.

Non avendo noi avuto nulla, è nostro interesse che i mandati abbiano fine e che quei paesi diventino indipendenti in modo che venga ristabilito l'equilibrio turbato a nostro danno. Perciò noi siamo gli strenui difensori dell'art. 22 del Covenant e perciò ci troviamo sulla stessa linea delle correnti nazionaliste indigene che vogliono l'indipendenza dei paesi ora sottoposti a mandato.

Abbiamo aderito all'accordo britannico-irakiano, dopo molte insistenze, avvertendo che ciò non poteva costituire un precedente. Nell'Irak i nostri interessi sono molto minori di quanto non siano in Siria ed in Palestina. Non siamo disposti invece ad approvare il Trattato franco-siriano, oltre che per le ragioni sopraindicate, per le seguenti: il trattato costituisce una specie di protettorato, ciò che è contrario ai nostri interessi; il trattato vuoi dividere il Libano dalla Siria, ciò è contrario al Patto della Società delle Nazioni. Per di

Quanto ad un'eventuale convenzione per gli armamenti il Governo del Reich l'avrebbe salutata con viva soddisfazione oggi come in passato. Esso era in proposito sicuro di poter contare anche In futuro sulla validissima collaborazione del Governo italiano che aveva seguitoal riguardo una llnea di condotta perfettamente logica ed inspirata alla realtà della situazione».

più il trattato è respinto dal Parlamento siriano, che pure dovrebbe essere ligio alla volontà della Francia. Per queste ragioni non possiamo desistere dalla nostra opposizione alla tesi francese; crediamo si possa fare l'accordo con la Francia, senza compromettere tale punto.

L'Ambasciatore si riserva di tornare con me lunedì prossimo su questo argomento. Mi dà lettura del telegramma da lui inviato a Parigi nel quale riferisce sulle nostre ultime proposte. Egli ritiene che due punti solleveranno delle obiezioni: la questione dell'Austria e la questione delle scuole in Tunisia. Per le scuole è probabile che domanderanno a Parigi che esse siano o riscattate o trasformate in private alla fine di un altro periodo dopo quello di dieci anni; per la Somalia confida che potrà essere accolta la nostra proposta relativa alla cessione territoriale e all'interessamento alla ferrovia, mentre sarà difficile che sia accolta quella relativa alla cessione di un porto o di una zona nel porto di Gibuti.

(l) Cerrutl riferì sulla conversazione con BUlow per ciò che concerneva Il patto orientale con t. per corriere 4233/0297 R., pari data del quale si pubblica solo da parte finale: «se un eventuale nuovo progetto fosse stato presentato alla Germania esso avrebbe potuto essere accettato ora che l'atmosfera polltica si era chiarita in seguito alla fellce soluzione della questionedella Sarre. Sarebbe ad ogni modo stato necessario che vi aderissero anche l'Italia e l'Inghilterra,sia pure Umitando la loro partecipazione alla consultazione. Ciò non gll sembrava dover sollevare obblezloni lnsuperabm da parte dell'Inghllterra perché non sl sarebbe trattato per essa d! assumere nuovi maggiori obblighi in Europa, ma semplicemente di consentire a studiare d'accordo con gll altri Stati -non diversamente di quanto sta facendo costantemente -quale sia li mezzo migllore per ellmlnare attriti e cause di conflitti.

(2) -Ved!ne Il testo in DDF, vol. VII, p. 935. (2) -Sulla questione del Marocco Buti aveva preparato li 6 dicembre un appunto per Suvich di cui si pubblica qui li primo capoverso: «La Francia sostiene che Il disinteressamento italiano per la zona francese del Marocco, stabllito dagli accordi del 1900 e del 1902, confermati dall'accordo del 1912, si estende anche al campo economico ~.
258

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 1561/354 R. Roma, 8 dicembre 1934, ore 24.

Suoi telegrammi nn. 675, 676, 679 (1).

Nota diretta a V. S. da codesto Governo e riferentesi a questione di cui al telegramma di questo ministero n. 343 (2) tende evidentemente a far ricadere sopra di noi responsabilità sanguinoso incidente che si è successivamente verificato nei giorni 5 e 6 corrente e che fu invece, come già noto a V. S., provocato dalla inconsulta aggressione degli armati etiopici al nostro presidio di Ual-Ual il quale infatti in un primo tempo subì improvviso attacco e solo successivamente, sopraggiunti rinforzi, rintuzzò energicamente, come era suo dovere, gli aggressori.

v. s. vorrà pertanto, con nota scritta, rinnovare la protesta già fatta a codesto Governo, sempre per iscritto, in risposta anche alla nota etiopica, aggiungere:

1°) che questione appartenga Ual-Ual e Uarder alla Somalia italiana non può essere posta in dubbio come R. Governo si riserva all'occorrenza, di dimostrare.

2°) che conseguentemente contegno cap. Cimmaruta è stato corretto in quanto egli si è limitato a far presente ai membri della commissione anglo-etiopica che, come ovvio, armati etiopici non potevano entrare in territorio italiano, e a predisporre misure di ordine difensivo, tra cui ricognizione aerea, di carattere precauzionale, e infine a riferire al Governo della Somalia in merito a quanto gli era stato fatto pr.esente dai membri della suddetta commissione.

3°) che invece armati etiopici senza provocazione alcuna da parte nostra hanno giorno 5 corrente attaccato in forze di loro iniziativa nostro presidio Ual-Ual.

4°) che conseguentemente responsabilità sanguinoso incidente ricade completamente su Governo etiopico (la cui attenzione come V. S. ha giustamente già fatto presente al Blatingheta Herui, era stata più volte richiamata da ministro Vinci sulle deplorevoli conseguenze che avrebbero potuto avere noti movimenti sciftà nell'Ogaden) ed esige pertanto da parte di codesto stesso Governo solenni scuse e riparazioni corrispondenti alla gravità delle perdite e dei danni da noi subiti. V. S. vorrà quindi chiedere a nome del R. Governo le seguenti scuse e riparazioni:

1° -Il governatore di Harrar, degiac Gabré Mariam, si recherà a Ual-Ual dove presenterà, a nome del Governo etiopico, formali scuse al comandante del presidio italiano. Nel frattempo un reparto etiopico renderà gli onori alla bandiera italiana.

2° -Il Governo etiopico verserà a codesta R. legazione la somma di 200.000 talleri, quale indennizzo per i numerosi morti e feriti fra le nostre truppe, quale riparazione per i danni arrecati ai nostri fortini, quale rimborso delle spese sostenute dal Governo della Somalia per spostamenti e consumi militari resi necessari dall'aggressione.

3° -I responsabili dell'attacco dovranno essere arrestati e destituiti dai rispettivi comandi, e dopo avere assistito nelle condizioni volute dagli usi locali, agli onori alla bandiera dovranno essere adeguatamente puniti nel più breve tempo possibile.

4° -Verrà consegnato, a cura del Governo etiopico, alle nostre autorità di frontiera il fuoruscito somalo Ornar Samantar (già colpevole di reato di diritto comune assassinio del cap. Carolei).

Ella potrà aggiungere che attendiamo di ricevere entro breve termine risposta alle nostre richieste.

Nel consegnare detta nota la S. V. vorrà verbalmente comunicare che lo scopo del Governo italiano è quello di ottenere legittime soddisfazioni per l'offesa patita; ma che-per quanto superfluo l'osservarlo-non è nei suoi intendimenti di modificare le sue disposizioni verso codesto Governo, augurandosi che abbiano a cessare incidenti che codesto Governo dovrebbe essere il primo a deplorare nel suo stesso beninteso interesse di mantenere buoni rapporti con l'Italia e di non discreditarsi dinanzi al mondo civile. Prego telegrafare (1).

(l) -Cfr. nn. 250, 251 nota 2 e 252, nota 2. (2) -Cfr. n. 211.
259

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BAGDAD, PORTA

T. 1563/56 R • Roma, 8 dicembre 1934, ore 24.

.Suo telegramma n. 80 (2). Questo R. ministero concorda di massima nelle varianti proposte da codesto

Però l1 solo testo francese dovrebbe avere valore».

Governo al testo del trattato di amicizia fra Italia e Irak come pure nel testo del preambolo redatto da V. S.

Per quanto si riferisce lingua in cui trattato verrà redatto questo R. ministero propone doppio originale in italiano e arabo; con scambio di lettere a parte fra codesta R. legazione e codesto Governo verrebbe tuttavia concordato che, in caso divergenze interpretazione, farebbe fede traduzione francese del trattato medesimo; traduzione che verrebbe allegata alle lettere accennate.

Pregola telegrafare se codesto Governo concorda in tale proposta. Spedisco per posta aerea testo italiano trattato e traduzione in francese dello stesso.

(l) -Mombelll comunicò con t. 4256/692 R. del 12 dicembre di aver dato esecuzione alle istruzioni invlategll con questo telegramma. (2) -T. 4058/80 R. del 28 novembre 1934, non pubblicato, col quale Porta aveva comunicato: «Per redazione, qui si propone originale unico in francese ovvero testo in italiano, arabo e francese.
260

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO GABINETTO ALOISI A GINEVRA

TELESPR. 9457. Roma, 8 dicembre 1934.

V. E. è già al corrente delle trattative coi francesi. Secondo opinione signor Chambrun due punti solleveranno opposizione a Parigi: questione Austria e scuole in Tunisia. Per questione Austria V. E. è stata già informata con telegramma n. 1556/64 (1). Nostra proposta relativa scuole in Tunisia risulta da allegato al resoconto del colloquio in data 5 dicembre (2). Per quanto riguarda la Somalia è opinione ambasciatore Chambrun, comunicata a titolo confidenziale, che potremmo avere ragione per quanto riguarda cessione territoriale e partecipazione ferrovia; crede più difficile per quanto riguarda porto baia Tagiura

o zona porto Gibuti.

Sarà opportuno che V. E. intrattenga signor Lavai sui tre punti sopra detti e precisamente: Austria nel senso istruzioni contenute in telegramma sopra citato; scuole in Tunisia, facendogli comprendere che principio francese è già accettato con nostra concessione su cittadinanza, per il resto si discuterà prima della fine del periodo dei 10 anni. Su questione Somalia V. E. potrà accennare prima alternativa, soffermandosi poi particolarmente su seconda (zona porto Gibuti) spiegado al signor Lavai che questo è nell'interesse anche della Francia che vedrebbe maggiormente valorizzato il suo porto.

Avverto per norma di V. E. che siamo disposti a conchiudere anche se su tale

questione porto (nella baia di Tagiura o zona nel porto di Gibuti) non possiamo

ottenere soddisfazione ( 3).

Prego informarmL

(l) -Cfr. n. 255. (2) -Cfr. n. 245. (3) -Annotazione a margine: «Telefonato la mattina del 9 al Barone Alolsi di insistere anche su questo punto».
261

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 8 dicembre 1934.

Di ritorno dalla Cina, dove è stato Delegato tecnico della S.d.N. presso il Consiglio Economico Nazionale, è venuto a questo Ministero il dott. Rajchmann, il quale ha parlato della situazione interna cinese, dei rapporti sino-giapponesi nonché della situazione odierna dell'Italia in Cina e dei suoi possibili sviluppi.

Riassumo qui appresso quanto ha detto il dott. Rajchmann:

l. -Situazione interna cinese.

Il potere del generalissimo Chang Kai-shek si rafforza sempre più; le sorti della lotta contro i comunisti volgono favorevoli al Governo di Nanchino; i rapporti tra il Governo centrale e Canton migliorano.

2. -Rapporti sino-giapponesi.

Un accordo di vasta portata sino-giapponese non è nelle intenzioni di Chang Kai-shek. Questi sa di non essere per ora in grado di attaccare il Giappone e di non poter forse neanche resistere a un eventuale attacco del Giappone e perciò cerca di tenerlo a bada, cedendo nelle cose di minore importanza (accordi locali per le comunicazioni tra Cina e Manciuria) ma resistendo in quelle più importanti (accordo politico-economico generale; riconoscimento del Manciukuo).

Il generalissimo avrebbe anche tenuto duro di fronte alle pressioni che avrebbe fatto il Giappone, per scalzare la Missione aeronautica italiana.

Allo stato delle cose, l'opinione pubblica cinese, specialmente quella del sud, non permetterebbe a Chang Kai-shek d'impegnarsi a fondo con il Giappone. Tuttavia, se si vogliono evitare le incognite di un isolamento della Cina, occorre che l'Europa l'aiuti collaborando con essa.

3. -Situazione odierna dell'Italia in Cina e suoi possibili sviluppi.

Grazie all'ammirazione che suscita la personalità del Duce, al bisogno di rinnovamento nella vita politica ed economica, che fa sì che si guardi con interesse al Fascismo, e ai rapporti personali stabiliti da S. E. il Conte Galeazzo Ciano con i principali uomini politici, l'Italia ha una situazione politica di primisssimo ordine.

Anche nel campo aeronautico, la situazione dell'Italia è attualmente forte.

Non altrettanto può dirsi del campo economico, nel quale converrebbe all'Italia costituirsi un nucleo d'interessi concreti, approfittando delle simpatie politiche di cui indubbiamente gode.

Il Governo cinese vedrebbe con molto favore una collaborazione economica itala-cinese su larga scala. Le attività sulle quali l'Italia potrebbe più opportunamente far convergere sempre secondo il dott. Rajchmann -i suoi sforzi sono: a) riorganizzazione delle industrie della seta naturale e artificiale; b) bonifiche; c) impianti idroelettrici;

d) costruzione di strade. Sarebbe conveniente concentrare tali attività in una sola provincia, ad esempio il Cekiang (a sud di Shanghai). Esse dovrebbero svolgersi mediante la costituzione di società itala-cinesi, tramite la «China Development Finance Corporation », sotto l'egida del Governo italiano da un lato, e del Consiglio Economico Nazionale cinese, dall'altro. Bisogna tener presente che, data la situazione politica, non è più possibile oggi agli stranieri assicurarsi in Cina il controllo finanziario delle società sinostraniere. È norma fondamentale, cui il Governo cinese non deroga, che la collaborazione tra la Cina e gli altri Paesi si stabilisca sulla base della maggioranza delle azioni in mano ai cinesi. Lo svolgimento del programma delineato sopra potrebbe essere iniziato impiegando da parte italiana 50 milioni di lire; la « China Development Finance Corporation », che è finanziata dalle principali banche cinesi, potrebbe contribuire con una somma almeno doppia. L'Italia potrebbe assicurarsi la direzione tecnica delle imprese. Gli inglesi (Hong Kong and Shanghai Bank) hanno già concluso un importante accordo relativo alla costruzione di una ferrovia, sulla base della nuova formula, e cioè controllo finanziario dell'impresa alla parte cinese.

*Sarebbe indispensabile che un progetto di collaborazione itala-cinese della portata di cui sopra fosse studiato sul posto da persona adatta inviata dall'Italia, poiché non c'è da attendersi delle proposte concrete da parte cinese* (1).

Altra iniziativa che riuscirebbe molto gradita al Governo di Nanchino sarebbe l'invio di una * spedizione scientifica italiana nelle provincie del Nord-Ovest della Cina, con centro nel Singkiang (Turkestan cinese) *. Il Governo cinese attualmente si occupa molto dello studio di quelle regioni, che sono state già attraversate da due altre spedizioni, quella di Sven Hedin (finanziata dalla Germania) e quella di Citroen (francese), l'una e l'altra con fini prevalentemente commerciali, mentre ciò che riuscirebbe particolarmente gradito al Governo cinese sarebbe il fine scientifico.

In relazione alle osservazioni del dott. Rajchmann relativamente alle attività economiche italiane in Cina, la Direzione Generale Affari Politici Ufficio IV rileva quanto segue:

Nel luglio 1933 (2). S. E. il Capo del Governo, considerando del massimo interesse i rapporti con la Cina, prese in favorevole esame il progetto di collaborazione itala-cinese tracciato nelle grandi linee e rimessoGli personalmente da T. V. Soong allora Ministro delle Finanze e attualmente Presidente del Consiglio Economico Nazionale Cinese.

I capisaldi del progetto sono: a) impianti idroeletrici e bonifiche in Cina; b) forniture di navi per la marina da guerra e mercantile cinese; c) forniture di aeroplani e mas;

d) trasferimento dall'Italia in Cina di unità industriali complete, specialmente delle industrie seriche.

I R. R. Ministeri competenti hanno espresso parere di massima favorevole, tranne il Ministero delle Finanze, che ha dichiarato di opporsi ad esportazioni di capitali.

D'ordine di S. E. il Capo del Governo, fu comunicato a suo tempo a T. V. Soong che il progetto interessa il Governo italiano e che esso rimaneva in attesa di proposte concrete da parte del Governo cinese.

Finora non è stato possibile ottenere da parte cinese che il progetto venisse elaborato e concretato nel vasto ambito nel quale era stato tracciato.

Invece sono stati presentati singolarmente varii affari previsti dal progetto: alcuni sono stati conclusi * (recente fornitura di 50 aeroplani, per un ammontare di circa 20 milioni di lire); per altri sono in corso trattative (costruzione di una fabbrica di aeroplani del costo di circa 20 milioni di lire; fornitura di due sommergibili per un ammontare di circa 33 milioni di lire; *fornitura a credito di unità mercantili per la «China Merchant ~); un progetto relativo alla organizzazione delle industrie della seta naturale e artificiale, redatto dal dott. Mari valente esperto italiano inviato in Cina dalla S.d.N., è stato riconosciuto come organico e razionale dal R. Ministero delle Corporazioni, il quale però ha escluso la possibilità della partecipazione italiana, nel momento attuale, sia per le difficoltà che il progetto stesso ha incontrato nei circoli interessati, sia per l'inopportunità di esportare capitali; e ciò nonostante le vive raccomandazioni di questo Ministero.

Il fatto che non ci siano state presentate proposte elaborate e complete relative al progetto di collaborazione tracciato da T. V. Soong, non sembrerebbe doversi spiegare con una presunta cattiva volontà, ma piuttosto con le difficoltà che incontrano i cinesi ad elaborare essi stessi il progetto dal lato tecnico. Infatti non solo gli organi cinesi competenti hanno confermato i loro propositi e hanno chiesto che venisse nominata, da parte italiana, una persona con cui discutere; ma hanno anche mandato avanti le trattative circa gli importanti singoli affari di cui sopra.

In base a quanto precede, la Direzione Generale degli Affari Politici -Ufficio IV -esprime l'avviso che, se intendiamo effettivamente occuparci della progettata collaborazione italo-cinese con la mira di costituire un nucleo importante d'interessi italiani in Cina, occorra prima di tutto, affronta·re la questione nel suo complesso, vagliarla anche dal punto di vista politico e -se si decide per l'affermativa -:

*a) trovare i mezzi necessari -almeno 50 milioni di lire (cifra indicata dal dott. Rajchmann);

b) trovare ed inviare in Cina una personalità del mondo degli affa·ri, autorevole e di provata capacità che elabori sul posto il progetto redatto per sommi capi da T. V. Soong. La personalità anzidetta potrebbe forse servirsi di tre tecnici italiani che si trovano attualmente in Cina con compiti specifici: l'ing. Omodeo per studii d'impianti idroelettricf; il dott. Mari, esperto serico -l'uno e l'altro inviati dalla S.d.N. -l'ing. !seppi, inviato dai Cantieri Riuniti

dell'Adriatico per trattare la costruzione di due sommergibili, o a Trieste o a Shanghai, per conto del Governo cinese. La Direzione Generale degli Affari Politici -Ufficio IV -rimane in attesa di conoscere le decisioni che l'E. V. credesse di prendere al riguardo * (l).

(l) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati o segnati a margine da Mussolin!. (2) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 982; vol. XIV, n. 37.
262

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 4796/2547. Vienna, 8 dicembre 1934.

Il ministro degli Esteri mi ha parlato lungamente di alcune informazioni che gli sarebbero pervenute sulla intensa propaganda nazista nell'Alto Adige. Le cose dettemi sono riassunte nella «notizia~ da lui rimessami per esattezza di informazione, e che qui accludo.

Il Ministro Berger mi ha quindi pregato di far presente a V. E. il vivo desiderio suo e del Cancelliere, che da parte nostra si compisse un « gesto ~ onde mettere termine a detta propaganda nazista.

Gli ho chiesto di precisarmi che cosa intendesse per tale << gesto ~.

Berger mi ha allora ricordato il nostro comunicato, emanato dopo l'ultima visita del compianto signor Dollfuss, circa l'insegnamento privato del tedesco, facendomi quindi comprendere la speranza sua e del Cancelliere di una breve nostra notizia alla stampa circa qualche provvidenza presa per l'Alto Adige come conseguenza dell'ultima visita austriaca a Roma: ad es., la costituzione di un qualche comitato incaricato di provvedere al concesso insegnamento privato della lingua tedesca in quella provincia, o quant'altro V. E. credesse opportuno per lo scopo che si vuol raggiungere: quello cioè di stroncare nettamente la tendenziosa propaganda nazista.

Ho domandato al Berger da chi avesse ricevuto le notizie segnalatemi. Egli mi ha assicurato che esse erano di ottima fonte, e che meritavano pertanto attenta considerazione.

Berger mi è sembrato alquanto preoccupato: mi ha rivolto infatti vivissime insistenze perché io attirassi nel miglior modo l'attenzione di V. E. sui fatti denunciatimi, e sulla preghiera che egli ed il Cancelliere Le rivolgevano, nella viva speranza di un favorevole accoglimento.

ALLEGATO

NOTICE

Il apparait de nouvelles de sources dignes de foi que la propagande naziste dans le Alto Adige, et surtout dans la province de Bolzano, se sert de plus en plus d'arguments anti-autrichiens tirés pour la plupart du fait que la pression exercée par les autorités inférieures de la dite contrée sur les habitants de langue allemande a augmenté très sensiblement au cours de ces dernières semaines.

Cette pression se manifesterait a.c. per l'application sévère de l'ancien décret sur les noms de famille qui était déjà tombé en désuétude ainsi que par la persécution particulièrement intransigeante des éléments de langue allemande qui se rendraient coupables de la moindre contravention. Cette récrudescence parait etre provoquée en premier lieu par la propagande naziste elle-meme qui a tout intéret à troubler les esprits et à semer la discorde.

Or, c'est encore la propagande naziste qui profite de cet empirement de la situation pour répandre, avec toute l'astuce qui caractérise la propagande naziste, des bruits portant que le Chancelier Fédéral, lors de sa visite à Rome, aurait déclaré au Gouvernement Royal son désintéressement à l'égard de tous les éléments de langue allemande habitant le Alto Adige, par conséquent aussi des ressortissants aut,richiens qui y résident; cette propagande ajoute la conclusion que ce n'est que le IIIème Reich qui serait à mème d'alléger le sort de l'élément allemand sans distinction de la sujétion des habitants en question.

(2) Annotazione a margine di Suv!ch: «Il Capo è favorevole. Mettere allo studio e fare proposte concrete anche per le Finanze. Informare anche il Conte Volpi».

263

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, LAVAL

T. 1567 R. Roma, 9 dicembre 1934, ore 15.

J'ai été particulièrement sensible au message que V. E. a eu l'amabilité de m'adresser au moment où le Conseil de la Société des Nations a ratifié l'accord auquel ont abouti les négociations relatives à la Sarre conduites à Rome sous les auspices du comité des trois.

J'en remercie vivement V. E. aussi au nom du Gouvernement fasciste qui se réjouit d'avoir collaboré à cet heureux résultat qui n'a été possible que grace à la bonne volonté et à l'esprit de compréhension des parties intéressées.

Je prie V. E. de bien vouloir agréer l'expression de mes sentiments les plus cordiaux.

264

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4206/192 R. Ginevra, 9 dicembre 1934, ore 17 (per. ore 19,15).

Dopo seduta ieri Consiglio situazione improvvisamente divenuta più tesa perchè Piccola Intesa visto dibattito prendere piega sfavorevole ha perduta calma. Che Francia fosse lato Jugoslavia e Italia lato Ungheria era già scontato, ma quello che ha sorpreso e irritato è stata neutralità olimpica delegato inglese e neutralità ungarofila delegati russo e polacco. Piccola Intesa accortasi ritrovarsi isolata con Francia Unde irae. Jeftic minacciato ritirare memorandum e riprendere libertà' azione e Titulescu preteso a ogni costo prendere parola prossima seduta.

Già prima della seduta mi ero abboccato con Lavai cui avevo ricordato pro

gramma di azione fra noi convenuto (mio telegramma 176) (l) e gli avevo con

seguentemente proposto di adoperarci entrambi presso nostri rispettivi protetti ungheresi e della Piccola Intesa perchè rinunziassero a ulteriori interventi oratori in modo che dibattito potesse nella stessa giornata di ieri chiudersi coi discorsi delle Grandi Potenze, rinviando a lunedì esclusivamente presentazione progetto risoluzione. Per facilitare al massimo esecuzione programma ero disposto a chiedere, in più, agli ungheresi di rinunziare anche alla presentazione del memoriale.

Lavai dichiaratosi completamente d'accordo. Senonchè mentre io ottenevo immediatamente l'una e l'altra cosa dagli ungheresi, Lavai non riusciva ottenere nulla nè da Jeftic nè da Titulescu. Allora per non mettere Ungheria in condizioni di inferiorità ho permesso che presentasse suo memoriale.

Riepilogando, situazione peggiorata per tre cause ben precise: l) errore Jugoslavia nel credere che atmosfera ginevrina le sarebbe stata pressochè unanimemente favorevole; 2) errore Jugoslavia nel temere a tal punto azione italiana da porre fin dal principio come condizione pregiudiziale esclusione delegato italiano da costituendo comitato, anche a costo di pagare tale esclusione con parallela esclusione delegato francese; 3) malgrado tutto situazione sarebbe stata egualmente contenuta entro limiti fissati se ieri Francia fosse riuscita a tenere in pugno suoi protetti, imponendo loro rinunzia a parlare, come Italia riuscita a tenere in pugno Ungheria, ottenendo da lei non solo rinunzia a parlare ma anche rinunzia presentazione memoriale.

Stamane visto Lavai, che mi ha comunicato sue preoccupazioni, e Kanya, con cui concertata linea di azione.

Essa sarà seguente: tenendo costantemente di mira istruzioni V. E. salvaguardare posizione Ungheria, mi sforzerò ritardare, se possibile prossima convòcazione Consiglio, per quanto essa sia già stata fissata per domani, finché non saremo riusciti con Eden e Lavai a concertare una formula di progetto di risoluzione accettabile da entrambe le parti.

(l) Cfr. n. 242.

265

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL MINISTERO DEGLI ESTERI (l)

N. 49737. Roma, 9 dicembre 1934.

A seguito dei telegrammi del Governatore della Somalia n. 26383(2) e 26390 (3) comunicati brevi manu, informo che di essi ho dato oggi personalmente comunicazione a S. E. il Capo del Governo.

In tale occasione ho anche accennato al Capo del Governo all'idea già da me espressa nel mio telespresso segreto del 4 agosto (4) e cioè che a noi conviene mostrare che non ci irrigidiamo di fronte alle richieste dell'Etiopia, essenzialmente per quanto riguarda la delimitazione del confine con la Somalia.

Naturalmente non è adesso il momento di farlo; ma se, proprio ~n seguito all'incidente avvenuto, Addis Abeba rimettesse in campo la questione non ritengo sia opportuno rispondere il solito: no. Diciamo di sì; se sono famosi loro, poi, a tirare in lungo le cose, saremo capaci anche noi di fare altrettanto e meglio di loro.

Dati gli scopi finali che vogliamo conseguire -secondo me -è necessario che da nostra parte si dia la sensazione che siamo disposti a trattare. Ho enunciato questa mia opinione verbalmente a S. E. il Capo del Governo, che è stato consenziente.

(l) -Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Cfr. n. 249. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. serle VII, vol. XV, n. 654.
266

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. 1562 R. Roma, 10 dicembre 1934, ore 1-·

(Solo per Addis Abeba) Seguito telegramma 343 (1). R. ambasciata Londra in data 4 corrente ha telegrafato quanto segue: (vedasi telegramma da Londra

n. 765 del 4-12-1934) (2).

In data odierna questo ministero telegrafa R. ambasciata Londra quanto segue:

(Solo per Londra) Suo telegramma n. 765.

(Per tutti) Governatore Somalia telegrafa in data 6 corrente che comandante presidio Ual-Ual ha ricevuto risposta a lettera da lui precedentemente inviata, risposta a firma del colonnello Clifford e del commissario etiopico e che qui di seguito si riassume:

Compito commissione confini riguardando regione Ogaden e tribù sotto protettorato britannico, commissione non ha ma,i voluto passare in territorio italiano, e di conseguenza nessuna notificazione è stata fatta al Governo italiano. Inoltre Governi britannico, etiopico non avevano alcuna conoscenza ufficiale occupazione italiana regione Ual-ual e Uarder. Commissario britannico fa rilevare che bandiera britannica era issata sul campo della commissione, ed afferma non essere possibile che bandiera non sia stata notata da aviatori italiani. Conferma che mitragliatrici piazzate dietro piloti italiani sono state puntate su commissari e loro scorta.

Ci:rca affermazione del colonnello Clifford è da rilevare quanto segue:

l) Pozzi Ual-Ual e Uarder non si trovano nella regione dell'Ogaden ma nel territorio dell'ex Sultano di Obbia che fa parte della Somalia italiana.

23 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

2) È del tutto inesatto che Governi britannico ed etiopico non avessero conoscenza della nostra presenza a Ual-Ual che è ormai di vari anni. Ciò è anche comprovato dal fatto che questo ministero venne verbalmente avvertito da questa ambasciata britannica della visita che tecnici inglesi intendevano compiere ad Ual-Ual (vedi telespresso di questo Ministero n. 237543 del 26 novembre u.s.).

3) Il comandante locale dell'aviazione, che guidava un apparecchio, ha riferito che nell'accampamento della commissione anglo-etiopica era issata soltanto la bandiera abissina; e che da fotografie prese dall'aeroplano ed in via di trasmissione a questo ministero apparre in modo chiarissimo che un'unica bandiera era issata sull'accampamento.

4) Circa il preteso puntamento di mitragliatrici, è evidente che il colonnello Clifford è incorso in equivoco, in quanto sugli apparecchi Ro vi è una sola mitragliatrice che è piazzata avanti e non dietro il pilota, mentre dietro il pilota si trova l'installazione della macchina fotografica la quale è stata con tutta probabilità scambiata per canna di mitragliatrice (1).

Gli elementi che precedono potranno essere utilmente prospettati da V. E. al Foreign Office, al quale sarà anche bene far rilevare quanto ho avuto già occasione di far presente a questo ambasciatore britannico, che cioè l'atteggiamento del colonnello Clifford nella sostanza e nella forma non appare intonato, nella circostanza, a quello di codesto Governo, il quale ci ha ufficialmente comunicato che le questioni di frontiera sono materia da regolarsi fra Italia e Etiopia, e che intende rimanervi estraneo. I comandanti abissini non possono non ave·re veduto nell'atteggiamento del Clifford motivi per ritenere (per quanto a torto) di avere solidale il Governo britannico nella lorro tesi circa le questioni confinarie con l'Italia; ciò che a sua volta non ha certamente avuto influenza moderatrice nell'atteggiamento da loro assunto, che li ha condotti all'inconsulto attacco del 15 corrente.

(l) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 211. (2) -Cfr. n. 236.
267

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T .. 4225/195 R. Ginevra, 10 dicembre 1934, ore 14,35 (per. ore 17).

Telegramma di V. E. n. 64 (2). Lavai dettomi che sua prreoccupazione per questione ungaro-jugoslava gli fa preferire di non continuare ·per ora discussioni su altri problemi. Assicuro V. E. che riprendendo con lui conversazioni su tale argomento non mancherò attenermi istruzioni contenute nel telegramma sopra citato.

(l) -Concetti analoghi Suv!ch espresse !n un colloquio con Drummond !n pari data. (2) -Cfr. n. 255.
268

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4227/196 R. Ginevra, 10 dicembre 1934, ore 14,35 (per. ore 17).

Telegramma di V. E. n. 68 (1). Tewfik Ruschdi bey ha smentito di essersi recato a Parigi per trattare patto franco-turco. Secondo lui, suo viaggio ha avuto unico scopo di appianare difficoltà sorte tra Francia e Russia a proposito del patto orientale.

Ho interrogato Lavai, senza però poter trattare l'argomento esaurientemente, dato che egli in questo momento sembra non gradire essere distratto dalla sua costante preoccupazione di appianare questione ungaro-jugoslava.

Anche egli ha smentito la notizia, ma con qualche indecisione.

Mia impressione è che Tewfik Ruschdi bey sia andato a Parigi proprio a questo scopo, e che Lavai abbia rimandato a miglior tempo la discussione per non accumulare in questo momento troppa carne al fuoco.

Certo è che tutta recente attività Tewfik Ruschdi bey è rivolta all'attuazione del suo disegno di saldare la lega balcanica alla Piccola Intesa. (Mio telegramma n. 177) (2).

269

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4250/0201 R. Vienna, 10 dicembre 1934 (per. il 12).

Mio telegramma n. 371 (3) e mio teleposta n. 2533 (4).

Le persone che hanno tentato di impressionare il cancelliere sulla pericolosa situazione in cui l'Austria sarebbe venuta a cadere pel fatto delle asserite disposizioni di Lavai a cedere, pur di conseguire il desiderato riavvicinamento alla Germania, sulla questione della Sarre e dell'Austria, sono principalmente state il signor Van Rost ed il signor Juch, un consigliere ministeriale del dicastero delle finanze, che è stato di recente a Praga per la questione della conversione del prestito austriaco. Ho poi motivo di credere che il cancelliere abbia pure veduto alcuni membri di questa aristocrazia, fra cui il principe Liechtenstein ed il conte Larish, che mi risultano essere in assiduo contatto con questo ministro di Germania.

2o Che asserito riavvicinamento fra Parigi e Berlino si verificasse con rinunzie francesi nella questione dell'Austria».

Berger, che ho visto quasi quotidianamente durante tutta la settimana, ha fatto efficacemente valere presso Schuschnigg le rassicuranti dichiarazioni di questo ministro di Francia (mio telegramma precitato); e mi risulta che anche Starhemberg, opportunamente avvertito da Berger, si è adoperato a dissipare i dubbi e le preoccupazioni del cancelliere. Il principe Starhemberg ha anche subito tratto occasione, nel suo giro in Carinzia (miei telespressi odierni nn. 2542 e 2545) (l) per pronunziare, nella adunata di Villacco, delle frasi particolarmente significative. Egli ha infatti, tra l'altro, affermato, «che l'Austria deve rimanere indipendente ed autonoma, anche se la Germania avesse realmente la forza potenziale per realizzare l'annessione~: che nessuna trattativa con i «nazionali~ è ammissibile « perchè essi altro non si propongono se non di pugnalare l'Austria alle spalle»: e che «soltanto un'Austria libera ed indipendente può servire la causa tedesca in Europa».

Anche lo stesso cancelliere, per sua parte, in uno dei discorsi tenuti ieri in Stiria (v. mio telespresso n. 2546 odierno) (2) ha ritenuto opportuno di pronunciare parole che suonano avvertimento ai troppo zelanti fautori di pace: tra l'altro, per scagionare il Governo dall'accusa di eccessive repressioni, il signor Schuschnigg ha infatti, accennando a quanto è avvenuto in altri paesi, citato il caso di uno Stato «dove si sono avuti 77 morti in due giorni e senza alcun processo».

Desidero poi segnalare che sull'animo del cancelliere, oltre che gli allarmi gettati dalle persone suindicate, ha pure prodotto particolare impressione la notizia che il Vaticano, preoccupato dalla politica di Lavai, si era affrettato a fare chiedere al Quai d'Orsay quale fosse il suo preciso pensiero sia nei riguardi della Sarre, che in quelli della questione austriaca, in relazione sempre all'asserito piano di riavvicinamento franco-tedesco (3).

(l) -Cfr. n. 234, nota 3. (2) -Cfr. n. 247. (3) -T. 4191/371 R. dell'B dicembre di cui si pubblica 11 brano seguente: «Propaganda nazista ha continuato ad insistere su due punti 1° Che Francia avesse segretamente rinunciato a favore della Germania ad ogni soluzione che non consentisse immediato passaggio Saar al Reich;

(4) Non pubblicato.

270

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 10 dicembre 1934.

Pfugl è venuto a espormi alcune su idee «personali», che riferisco perché, conoscendo l'uomo, ho buone ragioni per ritenere che gli siano state imbeccate da Vienna.

l) Ha chiesto se V. E. è contraria a una soluzione della questione austriaca mediante accordo italo-franco-austriaco.

Esse sono state:

Io) un rapporto della Germania recante la notizia -definitami come sicura -che in una recente riunione dei capi del partito nazlsta (fra cui Hitler, Gobbels e Gorlng), sarebbe stato riaffermato che il Nazismo dovrà mantenere sempre intatti l capisaldi del suo programma di politica estera, compreso quello relativo alla questione austriaca;

2°) una confidenziale comunicazione fatta da questo ministro di Francia, e secondo la quale Hitler avrebbe dichiarato ad una personalità -che l'ha riferito a Parigi -che, fin quando egli vivrà, non cambierà il suo punto di vista sul problema dell'Austria;

3o) altre concordanti notizie circa l'intransigente atteggiamento che il Reich, a malgrado qualche contrarla apparenza, continuerebbe a mantenere nel rispetti dell'Austria».

Gli ho risposto che la cosa potrebbe riuscire interessante a V. E. e che pertanto era opportuno che il Governo di Vienna sottomettesse a Roma qualunque sua idea in proposito.

2) Ha espresso il disappunto che in discussioni tanto accalorate sul terrorismo, come quelle tenute nella settimana scorsa a Ginevra, non si sia fatto il nome del Cancelliere Dollfuss.

3) Ha chiesto se non sia possibile trovare l'occasione per sollevare il problema della soppressione della limitazione degli armamenti imposta all'Austria col trattato di Versailles.

Come per il n. l, gli ho indicato a chi il Governo di Vienna dovrebbe rivolgere le sue proposte.

(l) -Non pubblicati. (2) -Non pubblicato. (3) -Preziosi comunicò con t. per corriere 4303/0205 R. del 13 dicembre: .. Alcune fortuite coincidenze hanno valso anche esse a dissipare l dubbi e le preoccupazioni del Cancelliere sul terreno internazionale.
271

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Ginevra, 3-10 dicembre 1934.

Gli otto giorni dell'ultimo Consiglio ginevrino sono stati una sola ininterrotta battaglia formalmente ingaggiata contro l'Ungheria, ma sostanzialmente contro l'Italia.

I piccoli nemici hanno afferrato la rara occasione che si presentava e hanno cercato di sfruttarla a fondo per battere:

l) il revisionismo italiano; 2) la posizione di moderatrice e di arbitra assunta dall'Italia fascista in ogni questione internazionale; 3) il proseguimento della collaborazione fra le grandi potenze; 4) la possibilità di un riavvicinamento franco-italiano.

Tutte le armi sono state buone: ricatto alla Francia con la minaccia di passare dalla parte tedesca; alleamza strettissima fra tutti i membri della Piccola Intesa e dell'intesa balcanica strombazzata in ogni occasione; minaccia di mettere da parte ogni prudenza e di tirare in ballo direttamente l'Italia sotto accusa infamante; minaccia di ritiro dalla Lega, anche in blocco, di rottura delle relazioni diplomatiche ed economiche, e anche peggio.

Tenendo costantemente innanzi agli occhi le direttive di V. E., la delegazione italiana ha sfruttato anche il recentissimo successo morale della Sarre per assumere sin dal principio la posizione morale che spettava alla rappresentanza del Capo del Governo d'Italia, pacificatore nel dissidio franco-tedesco; ha preso l'offensiva nel campo del revisionismo, contrapponendolo al terrorismo come sua antitesi e ribadendo i noti principi del revisionismo legale già proclamati a settembre; ha assunto l'intransigente·difesa dell'Ungheria, ponendo a base di qualunque soluzione la condizione imprescindibile della sua assoluzione da qualunque accusa; ha infine mostrato ogni giorno e in ogni fase che la decisione era fermamente ed esclusivamente nelle mani delle tre grandi potenze occidentali, che ancora una volta costituivano il direttorio della politica europea (1).

L'ultimo giorno, sul quale ho potuto riferire solo brevemente per telegramma, è stato giorno di tensione. Dopo la minaccia jugoslava di ritiro dalla Lega, con conseguente ripresa di libertà d'azione, Lavai, in presenza di Eden, ha parlato di prossimità di guerra. Contemporaneamente l'alleato turco della Jugoslavia, come ho riferito per telegramma, spargeva la voce che a base della difficoltà dell'ora stava il revisionismo italiano, alleato del terrorismo, a cui doveva andare il biasimo del Consiglio. Fu allora che convocai Tewfik e in presenza di Litvinov Io obbligai a smentirsi.

Intanto tutto il giorno con Lavai e Eden si elaborarono formule. Fui irre-., movibilmente contrario a ogni formulazione di biasimo. Finché, con l'aiuto di Eden, trovammo la formula che, sulla base di quel minimo necessario a trattenere gli jugoslavi realmente imbestialiti desse sostanziale soddisfazione all'Ungheria.

Con il progetto di risoluzione approvato la responsabilità dello Stato ungherese è esclusa; della stessa colpevolezza individuale di qualche funzionario ungherese è ammesso che non esiste alcuna prova; si dà alla stessa Ungheria la soddisfazione di fare l'inchiesta ed eventualmente nel caso che essa scoprisse qualche colpevolezza individuale, di procedere in via autonoma alla punizione.

Eckhart, il delegato ungherese, approvò immediatamente, esprimendo la sua gratitudine per l'intervento salvatore di V. E. Kanya mi chiese i:n coscienza se ritenessi salvo l'onore ungherese. In coscienza gli risposi affermativamente. Tuttavia feci interrompere la seduta a mezzanotte per permettere che si telefonasse minutamente ogni cosa al Reggernte Horty e al Presidente GombOs.

Allorchè giunse la loro piena adesione non ebbi dubbio che la soluzione era realmente la migliore possibile per l'Ungheria.

Tale soluzione risponde agli ordini di v. E. Essa ha riconfermato ancora una volta l'altissima posizione morale raggiunta dall'Italia di V. E.; ha riconfermato la potenza della collaborazione delle tre potenze occidentali sì da far nominare esplicitamente H Patto a quattro nei commenti internazionali; ha condotto a una riaffermazione del revisionismo legale facendo della sua antitesi col terrorismo un luogo comune; ha migliorato attraverso la nuova collaborazione la nostra posizione verso la Francia; ha dato nuova solenne dimostrazione che l'Italia è troppo in alto perchè si ardisca toccarla; ha liberato l'Ungheria da ogni incubo e infine ha sgombrato l'orizzonte internazionale da una nube pericolosa. Contemporaneamente è stata anche arrestata l'espulsione degli ungheresi dalla Jugoslavia.

I risultati raggiunti non sono stati pagati con nessun obbligo nè impegno

di alcun genere che comunque possa menomare la libertà d'azione della politica

di V.E.

(l) A proposito della questione ungaro-jugoslava Cerruti, parlando con Btilow osservò (t. per corriere 4280/0302 R. del 12 dicembre): «Si era bensì salvata· la suscettib1!1tà della Società delle Nazioni facendole mettere la sabbia sopra gli accordi raggiunti direttamente; ciò aveva dimostrato che la formula del patto a quattro secondo la quale la po!1tica degli Stati firmatari doveva praticarsi "nell'ambito della Società delle Nazioni" non si era dimostrata all'atto pratico pericolosa, come si era temuto da varie parti ».

272

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. 1571/358 R. Roma, 11 dicembre 1934, ore 19,30.

Questo incaricato d'affari d'Etiopia ha presentato una nota del seguente tenore: «Il mio Governo mi incarica di presentare d'urgenza a V. E. la domanda di sottoporre all'arbitrato l'incidente di Ual-Ual, come è stato previsto con l'art. 5 del trattato itala-etiopico del 2 agosto 1928, e di rispondergli con cortese sollecitudine ~.

Afework ha dichiarato che nota di uguale contenuto veniva presentata a codesta R. rappresentanza 0).

È evidente lo scopo etiopico di guadagnare tempo e trasportare su altro terreno la questione che esso ha provocato con l'attacco e per la quale noi abbiamo domandato le scuse e le riparazioni dovuteci. Gli avvenimenti svoltisi il 5 e il 6 u.s. hanno d'altronde tale carattere che ammettere una discussione costituirebbe u:n precedente pericoloso, tale da non evitare nuovi incidenti, ma da provocarne invece presumibilmente ulteriori.

Ella vorrà pertanto rispondere a codesto Governo sulle linee seguenti salvo quelle osservazioni che ella ritenesse farmi previamente conoscere:

l) L'incidente del 5 corrente è avvenuto in circostanze talmente precise e manifeste che non può esservi dubbio di sorta sulla sua natura: che trattasi cioè di un'aggressione improvvisa e senza provocazioni compiuta da parte etiopica contro il presidio italiano;

2) Il Governo etiopico domanda di ricorrere alla procedura arbitrale. Il Governo italiano non si rende conto quale questione potrebbe essere sottoposta a tale procedura dato quanto esposto al n. l;

3) Il Governo i:taliano deve pertanto insistere perché le riparazioni e le scuse dovute per l'accaduto avvengano al più presto possibile. Esso rinnova pertanto le domande già presentate (2).

273

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, DI GIURA, E AL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI

T. 13869 P. R. Roma, 11 dicembre 1934, ore 24.

(Per Atene) Ho telegrafato R. ambasciata Ankara.

(Per tutti) Pregola riferire dettagliatamente circa portata recente decreto .!he vieta abiti ecclesiastici, specialmente nei confronti delle missioni ed istitu

i:loni religiose italiane. Pregola anche precisare se provvedimento vieti anche uniformi e quale ne potrebbe essere sotto questo aspetto la portata Cl).

(l) -Mombelli trasmise la nota presentatagll con t. 4274/694 R. del 13 dicembre. (2) -Questo telegramma fu comunicato a Grandi con t. 1572/297 R., pari data, con la seguente aggiunta: «Quanto precede per sua informazione e per opportuna norma di llnguagg!o con codesto Governo. Mentre è ovvio che non dobbiamo chiedere l'intervento del Governo britannico per la soluzione dell'incidente di Ual-Ual, può tuttavia essere opportuno, dato anche i precedenti diretti e indiretti dell'incidente stesso, di tenere al corrente 11 Governo di Londra dell'andamento dell'affare ».
274

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI (2)

T. 13873/298 P.R. Roma, 11 dicembre 1934, ore 22.

Atteggiamento stampa britannica di fronte recenti provvedimenti finanziari è sommamente antipatico. Contegno corrispondente Reuter potrebbe provocare misure contro di lui perchè tutto quanto egli manda è falso.

275

IL CAPO GABINETTO, ALOISI. AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4247/200 R. Ginevra, 11 dicembre 1934, ore 23,31 (per. ore 3 del 12).

Stamane finalmente potuto riprendere con Lavai discussione su questioni lasciate sospese. Dettomi che sembravagli necessario mettere bene in chiaro tre punti: questione Asburgo; questione itala-jugoslava; questione austriaca.

1° -Questione Asburgo.

Gli ho detto di non avere avuto recentemente da Roma indicazioni precise in proposito, ma di ritenere che nulla vi fosse di mutato da quanto S. E. Suvich aveva esposto all'ambasciatore Chambrun;

2° -Questione itala-jugoslava. Ripetendo ben noti argomenti ha detto ritenere accordo con l'Italia inscindibile da miglioramento relazioni itala-jugoslave.

Non desidera menomamente fare da mediatore e, d'altra parte, è pienamente conscio valore gesti già compiuti da V. E., tuttavia desidera fare ancora una volta presente che egli non crede visita Roma desiderabile se prima non è avvenuta chiarificazione rapporti fra noi e Jugoslavia.

Non è ancora possibile valutare completamente quali saranno le conseguenze del provvedimento nei riguardi delle nostre istituzioni rel!giose. A rigore queste potrebbero continuare a svolgere la loro attività d! educazione e assistenziale, ma d! fatto !l divieto di portare in pubblico l'abito talare inceppa in modo gravissimo la loro attività, menoma il loro prestigio tradizionale, contrasta con canoni e norme disciplinari, di modo che molti religiosi e tnissionl, specialmente quelle femmln!l!, già parlano di abbandonare il Paese ».

A tale scopo egli ritiene che nulla sarebbe tanto augurabile quanto una dichiarazione che comunque in qualsiasi circostanza V. E. facesse circa necessità integrità Jugoslavia ai fini pace europea e che costituisse definitiva conferma quella già fatta Inghilterra recentemente attraverso discorso ministro degli affari esteri Camera dei Comuni.

Gli ho ripetuto note obbiezioni, ma su tale punto sembratomi irremovibile;

3° -Questione austriaca.

Ho discusso tenendo presente istruzioni contenute telegramma di V. E.

n. 64 (1). Prendendo atto pregiudiziali ungheresi egli sembra disposto accedere punti di vista ivi esposti. Tuttavia insiste nel volere da noi riconoscimento necessità che, secondo tempo, accedano patto di garanzia austriaco altre Potenze fra cui Piccola Intesa.

Avendogli obbiettato che l'Italia non riconosce Piccola Intesa come entità unica, ha acceduto considerare opportunità che in un secondo tempo patto possa essere aperto a tutti gli Stati interessati che individualmente richiedano parteciparvi.

Circa questioni Tunisia e Somalia, che egli sembra considerare come condizionate da soluzione tre principali questioni suesposte, ha detto preferire riprenderne discussione dopo suo ritorno a Parigi dove si propone trattarle più esaurientemente con altri ministri e con esperti.

Relativamente Tunisia emerse di nuovo chiaro intendimento del Governo francese che in sede di accordi siano già risolute in principio tutte le questioni pendenti, salvo a scalare nel tempo loro applicazione.

(l) Questo telegramma fu preparato in base al seguente appunto autografo di Suv!ch: «Telegramma ad Ankara per chiedere quali ripercussioni può avere per noi il decreto in preparazioneche proibisce di portare uniformi e abiti religiosi» Cfr. i seguenti brani di un appunto di Cosmelll per Suvich deli'S dicembre: «s. E. l'Ambasciatore Lojacono mi ha parlato tra l'altro lungamente delle conseguenze del recente decreto emanato dal Governo turco con cui si vieta agli ecclesiastici di portare in pubblico l'abito rel!g!oso.

(2) Minuta autografa.

1

Per quanto concerne l'Austria non si comprende perché la sua indipendenza debba essere garantita anche dalla Cecoslovacchia e dalla Jugoslavia. Ciò non fu mai domandato dalla Francia. Le dichiarazioni precedenti furono sempre a tre: Francia, Inghilterra, Italia.

Qualora vi si aggiungesse la Germania, la garanzia sarebbe perfetta. L'importante è che Italia e Francia abbiano una direttiva comune e siano pronte a riaffermarla per la terza volta.

Non si tutela l'indipendenza di uno Stato cominciando col minorarlo politicamente e moralmente.

11

Nelle circostanze attuali, finché non sia chiarita tutta la situazione determinatasi in seguito all'attentato di Marsiglia e specialmente dopo la espulsione degli ungheresi dalla Jugoslavia, non intendo fare dichiarazione alcuna nei confronti di Belgrado. Anche qui, occorre che si formi una atmosfera, che oggi non esiste.

Belgrado sa -vedi mie dichiarazioni a Drummond riferite ad Henderson -che

l'Italia non nutre intenzioni aggressive nei confronti di Belgrado. Questo può bastare

per il momento.

(l) Ed. in DE FELICE, pp. 521-522.

111

Come non si chiede alla Francia di abbandonare la Jugoslavia e in genere la Piccola Intesa, in conseguenza o in simultaneità dell'accordo cotritalia, cosi; non si deve chiedere all'Italia di abbandonare l'Austiia -e l'Ungheria. La Francia teme che la Jugoslavia possa entrare nell'orbita di Berlino: ma lo stesso timore si può nutrire nei confronti dell'Austria e dell'Ungheria, quando fossero abbandonate dall'Italia. L'accordo FranciaItalia deve farsi senza sacrificio delle rispettive costellazioni danubiane: può, anzi, questo accordo fornire il metodo per riavvicinarle. Comunque non basta chiedere all'Italia di passare da Belgrado per raggiungere Parigi.

277

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL SENATORE BÉRENGER

APPUNTO. Roma, 11 dicembre 1934.

Ho detto al Senatore Bérenger che le trattative franco-italiane minacciavano di naufragare di fronte a due richieste da parte francese:

l) una dichiarazione di avvicLnamento alla Jugoslavia;

2) un intervento della Piccola Intesa nella questione dell'Austria.

Ri,guardo al primo punto gli ho detto che il nostro atteggiamento è stato sempre uniforme e conseguente; la nostra volontà di avvicinamento alla Jugoslavia è stata molte volte manifestata e ancora recentemente nel discorso del Capo a Milano pochi giorni prima dell'attentato di Marsiglia. L'Italia non ha niente da mutare di questa sua posizione; oggi però una dichiar:;tzione alla Jugoslavia, mentre la polemica da parte jugoslava continua e la situazione derivante dai fatti di Marsiglia non è ancora del tutto liquidata, non pare possibile.

Per quanto riguarda l'Austria, non conviene farvi entrare la Piccola Intesa perché sarebbe per l'Austria una immeritata umiliazione. Non c'è alcun dubbio che se noi facessimo garantire in qualsiasi forma l'i,ndipendenza e la sovranità austriaca da Praga e da Belgrado, in un secondo tempo sorgerebbe una reazione in Austria con l'effetto di avvicinare maggiormente l'Austria alla Germania. D'altra parte la Francia ci dà l'impressione di voler condizionare l'avvicinamento itala-francese a un avvicinamento itala-Piccola Intesa. Sono due cose che noi vogliamo tenere ben distinte. Una migliore atmosfera fra l'Italia e la Piccola Intesa potrà crearsi naturalmente ~n seguito all'accordo itala-francese, ma non bisogna forzare i tempi e invertire le fasi.

Il Senatore Bérenger mi ha detto di aver fatto tesoro di quanto gli ha detto in questo riguardo il Capo del Governo nel colloquio che gli ha accordato e cii volerne parlare a Lavai subito dopo il suo ritorno a Parigi.

(l) Probabilmente il colloquio ebbe luogo il 10, giorno nel quale Suvich aveva redatto in proposito un altro appunto che non si pubblica.

278

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 11 dicembre 1934.

Questo Ministro di Ungheria ha informato che il Governo ungherese avrebbe ragione di ritenere che in un avvenire molto prossimo, approfittandosi dell'attuale situazione, verrebbe proposto all'Ungheria o di concludere con i suoi vicini dei Patti di non aggressione o quanto meno di accedere ad una tregua sulle sue aspirazioni revisionistiche per un periodo limitato di tempo. Sembra che l'idea parta dal Presidente del Consiglio francese.

Il Governo ungherese terrebbe a conoscere l'opinione di S. E. il Capo del Governo su quanto precede.

279

IL MINISTRO IN CINA, BOSCARELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4264/592 R. Shanghai, 12 dicembre 1934, ore 10 (per. ore 3 del 13).

Suo telespresso n. 0002 e suoi telespressi nn. 198 e 270 (1}.

Ho consegnato ieri a Chang-Kai-Shek decorazione. Benché ammalato, egli ha tenuto in tale circostanza a ricevermi con una certa solennità e mi ha pregato di trasmettere a V. E. i sensi della sua più viva gratitudine per quanto l'Italia ha fatto e va facendo per la Cina, assicurandomi che egli considera anno che sta per chiudersi come il più fortunato nei rapporti tra i due paesi che sono divenuti particolarmente stretti e cordiali, grazie soprattutto alla benevolenza dimostrata attiva sotto molteplici aspetti. Egli mi ha chiesto notizie circa ulteriore svolgimento pratiche relative missione fascista e gli ho confermato che proposta da me a suo tempo avanzata aveva avuto piena approvazione di V. E. che aveva già preso quella decisione di massima che non... (2) di portare a sua conoscenza, permettendogli inoltre di riferire verbalmente al mio arrivo in Italia sulla questione, tenuto conto deH'insistenza da lui dimostrata nei suoi riguardi. Mi ha poi manifestato nuovamente desiderio di assicurarsi al più presto possibile opera degli esperti navali, uno dei quali dovrebbe essere esperto in posa di mine subacquee. Non ho dimenticato menzione che in altre circostanze gli avevo fatto del proposito di V. E. di far sorgere in Cina un Istituto di cultura italiana e mi ha chiesto se potevo comunicargli ulteriori notizie al riguardo; gli ho risposto che la cosa formava ancora oggetto studio da parte di V. E. e che forse presto qualche decisione in rapporto sarebbe stata presa.

{l) Non pubblicati.

Ho potuto riscontrare in Chang-Kai~Shek (di carattere generalmente chiuso e poco espansivo), una crescente cordialità nei nostri riguardi, riflettutasl anche nell'affettuoso commiato accordatomi in questa mia visita che è stata nel frattempo anche di congedo.

(2) Gruppo indecltrato.

280

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4253/213 R. Belgrado, 12 dicembre 1934, ore 12,35 (per. ore 15,10).

Tutta la stampa jugoslava, con titoli vistosi e commenti diffusi anche a mezzo radio, sforzasi dimostrare grande successo ottenuto Ginevra attribuendolo sopra tutto minaccia jugoslava farsi giustizia da sè.

Mettesi in rilievo aumentato prestigio Piccola Intesa e colpo definitivo inferto revislonismo. Continua campagna contro Ungheria che affermasi posta sotto il controllo Società delle Nazioni.

Ma, in questi ambienti politici, mal celasi delusione per esito discussioni ginevrine ed, * al contenuto rancore contro l'Italia per efficace forte azione difesa Ungheria, aggiungesi disappunto per condotta Governo francese nella questione * (1).

281

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 1577/175 R. Roma, 12 dicembre 1934, ore 18.

S. E. Aloisi comunica da Ginevra che ministro esteri ungherese Kanya temendo essere attaccato per soluzione data dal Consiglio Società Nazioni alla vertenza ungaro-jugoslava ha accennato possibilità di dimettersi pretestando ragioni salute.

Prego far presente a codesto Governo, qualora le risultasse che Kanya persiste in tale proposito, che simile atto sarebbe in questo momento quanto mai inopportuno poiché darebbe agli avversari Ungheria argomento considerare decisione Ginevra come loro vittoria.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussollni.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12112/785 P.R. Londra, 12 dicembre 1934, ore 19,08 (per. ore 23,15).

Telegramma di V. E. Gabinetto 298 (l). Ho più volte segnalato a V. E. contegno antifascista del corrispondente romamano dell'agenzia Reuter.

Come V. E. certamente ricorda in occasione visita del Duce a Milano ed a Firenze lo scorso ottobre. egli inviò qui dei telegrammi tendenziosi e miserabili. Quelli inviati di recente sull'incidente abissino sono stati per lo meno antipatici.

Si deve ai telegrammi da lui inviati sabato scorso impressione sfavorevole nella City circa provvedimenti finanziari, impressione che solamente ieri si è andata modificando.

Sono dell'avviso che convenga cogliere senz'altro occasione da questo per procedere immediatamente alla sua espulsione (2).

* La Reuter, che insiste per mantenere a Roma come a Vienna due corrispondenti antifascisti, merita una lezione * (3).

283

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. RR. 6331/2460. Parigi, 12 dicembre 1934.

Ho incontrato stamane il Presidente del Consiglio a una colazione. Il signor Flandin non aveva ancora visto il Ministro degli Esteri, di ritorno iersera da Ginevra. Non sapeva perciò a che punto preciso fossero arrivate le trattative con noi.

Si è parlato della vertenza jugoslavo-ungherese. Il Presidente si è detto soddisfatto del componimento avvenuto. Ho risposto che potevo condividere il suo compiacimento a patto che la Jugoslavia non abusasse del risultato conseguito. Ho lamentato il linguaggio dei giornali francesi che nella foga di cantare vittoria, arrivano sino a svisare i fatti. Quanto alla Jugoslavia ho detto che spetta alla Francia di tenerla a freno e di esigere moderazione, specialmente da parte degli ambienti militari, assai esaltati.

n Presidente del Consiglio ha osservato sembrargli che la felice soluzione della vertenza ungaro-jugoslava dovesse facilitare la conclusione dell'accordo itala-francese. Ho replicato che se il Quai d'Orsay persistesse a insistere per una chiarificazione immediata delle nostre relazioni con la Jugoslavia, non vedevo la probabilità di arrivare a una rapida conclusione con noi. A questo punto il Presi

dente mi ha domandato se credevo che S. E. il Capo del Governo avrebbe avuto difficoltà di recarsi fino a Ventimiglia. Sono rimasto perplesso ed ho osservato che, forse, si sarebbe potuto parlare della cosa dopo la visita del Signor Lavai. Il Signor Flandin ha replicato che per questo si rimetteva al beneplacito del Duce. A mia volta ho osservato che l'idea dell'incontro a Ventimiglia poteva eventualmente essere sottoposta a S. E. il Capo del Governo nel caso che le trattative in corso, a Roma, si arrestassero a un punto morto.

Prego V. E. di farmi sapere, se lo crede, come mi dov·rei regolare se il Signor Flandin mi parlasse della cosa.

Come è certamente noto a V. E. il Signor Flandin ambisce, da tempo, il portafoglio degli Esteri. Nella penultima crisi, il Presidente Doumergue aveva in animo di nominare Ministro degli Esteri l'attuale Presidente del Consiglio. Su istigazione del Signor Tardieu egli affidò, poi, quel Dicastero al Signor Lavai. Non credo che fra Flandin e Lavai corra buon sangue. Ad ogni modo è indubitato che il Ministro degli Esteri è oltremodo suscettibile e non ama ingerenze di colleghi nel suo Ministero.

Ho creduto mio dovere prospettare la suesposta situazione. L'incontro di Ventimiglia, sempre che non dispiaccia a S. E. il Capo del Governo, potrebbe essere tenuto in riserva, come ultima ratio per vincere un eventuale sabotaggio persistente del funzionarismo del Quai d'Orsay (1).

(l) -Cfr. n. 274. (2) -Annotazione a margine: «Sarà diffidato». (3) -Il passo !ra aster1schi è stato sottolineato da Mussolini.
284

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 1579/286 R. Roma, 13 dicembre 1934, ore 20,30.

Suoi telegrammi nn. 361, 366 e 386 del 23 e 25 novembre e del 10 corrente circa debiti di guerra (2). Salvo osservazioni di V. E. ella è autorizzata a presentare 15 corrente al Dipartimento di Stato risposta secondo le linee seguenti:

« Ho l'onore di riferirmi e di ringraziare della nota del ... con la quale il Dipartimento di Stato si è compiaciuto di trasmettere la situazione delle somme dovute dall'Italia agli Stati Uniti il 15 dicembre c.a. a termini degli accordi del 14 novembre 1925 e 30 giugno 1932 e con cui il Governo degU Stati Uniti si dichiara disposto a discutere qualsiasi proposta circa il pagamento dei debiti.

In relazione a quanto precede il Gove·rno italiano ha l'onore di informare che non ritiene di poter avanzare delle proposte. Esso non mancherà di seguire la situazione attentamente, ma nelle circostanze esso si vede indotto a riferirsi al contenuto della nota da me presentata il 14 giugno decorso ed alle considerazioni in essa prospettate rispetto alla situazione che si era venuta a creare, situazione che tuttora permane».

(l) -Mussollnl rispose con t.r.p. 1592/414 R. del 15 dicembre: «D'accordo con V. E. che eventuale incontro in localltà da stabilirsi non sia da prendere in considerazione che come "ultima ratio » ». (2) -T. 3984/361 R. del 23 novembre, t. 4009/366 R. del 25 novembre e t. 4236/386 R. del 10 dicembre, non pubbllcati.
285

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4329/0158 R. Londra, 13 dicembre 1934 (per. il 17).

Ho messo al corrente il Foreign Office, nei termini delle istruzioni contenute nel telegramma di V. E. n. 297 (1), delle ragioni per le quali noi non possiamo accedere alla domanda del Governo etiopico di sottoporre all'arbitrato l'incidente di Ual-ual e abbiamo dovuto insistere perché le riparazioni e le scuse dovute dal Governo abissino avvengano al più presto.

Nel corso della conversazione che ho avuto al Foreign Office sull'argomento ho trovato occasione di mettere di nuovo in rilievo come l'atteggiamento del colonnello Clifford non abbia certo avuto una favorevole influenza sulla situazione, poichè a p8/rte la stranezza del contegno del colonnello Clifford, i capi abissini, che hanno attaccato il nostro posto militare, possono sia pure a torto, aver creduto in un appoggio britannico alla tesi etiopica. Mi è stato risposto che il Foreign Office non può riconoscere alcuna responsabilità britannica nell'incidente del 5 dicembre, e che comunque appena si aveva avuto a Londra notizia dell'incidente stesso, il colonnello Clifford aveva subito ricevuto ordine di rientrare a Berbera. Questo perchè il Governo britannico non aveva voluto che neanche menomamente gli abissini potessero voler confondere l'incidente del 23 novembre con l'attacco di Ual-ual. A questo scopo il Foreign Offi.ce aveva fatto chiarire dai giornali che non era affatto vero che lo scontro del 5 dicembre fosse avvenuto fra le nostre truppe e la scorta del colonnello Clifford, come questa legazione di Abissinia continua a sostenere (v. mio telespresso n. 4660/1712) (2).

Ho replicato che tutto questo non toglie che nelle sue lettere al capitano Cimmaruta il colonnello Clifford si sia espresso in maniera assai equivoca, poiché egli ha continuamente parlato a nome « del Governo britannico e del Governo etiopico » dando agli abissini un'impressione tanto falsa quanto inopportuna della posizione e dell'atteggiamento del suo Governo. Era di questo che noi avevamo specialmente a dolerci. Per noi la condotta del colonnello Clifford è stata incomprensibile perché non è possibile che egli non sapesse che noi occupavamo Ual-Ual, mentre le sue lettere al capitano Cimmaruta sono piene di inesattezze e di contraddizioni.

Mi è stato risposto che, per giudicare la condotta del colonnello Clifford il Foreign Office deve attendere una relazione dettagliata dell'incidente del 23 novembre. Ma il Foreign Office teneva a ripetere che tale condotta -quale che essa sia stata -non ha a che vedere con l'atteggiamento del Governo britannico, che è quello che sir Eric Drummond ha esposto a S. E. Suvich. In pari tempo -mi è stato aggiunto -il Foreign Office spera che l'incidente del 23 novembre non avrà alcun effetto dannoso sullo scambio di idee che è in corso tra i due paesi a proposito dei diritti di abbeverata e di pascolo, che è -la sola questione nella quale il Governo britannico è veramente interessato».

(l) -Cfr. n. 272, nota 2. (2) -Non pubblicato.
286

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 13 dicembre 1934.

l. Il nostro presidio ai pozzi di Ual-ual è stato attaccato di sorpresa dagli abissini il 5 u.s., nel pomeriggio. Il presidio stesso ha resistito fino all'arrivo dei rinforzi e quindi il 6 mattina ha contrattaccato e respinto gli aggressori, disperdendoli.

La versione etiopica è invece che siamo stati noi ad attaccare: versione falsa; oltre tutto, nessuna ragione ci avrebbe spinto a ciò.

2. -Col telegramma di cui si allega copia (all. l) (l) si sono date alla R. Legazione in Addis Abeba istruzioni di protestare presso il Governo Etiopico per l'aggressione da noi subita e di chiedere determinate scuse e ripaTazioni. 3. -Il Governo etiopico nel frattempo ha chiesto di sottoporre la questione ad arbitraggio in base all'art. 5 del Trattato itala-etiopico del 1928. 4. -Con telegramma di cui si allega copia (all. 2) (2) sono state impartite istruzioni alla R. Legazione di Addis Abeba di insistere nella richiesta di scuse e riparazioni già presentata e di rispondere praticamente in modo negativo alla proposta relativa all'arbitrato. 5. -La questione relativa all'appartenenza alla Somalia dei pozzi di Ual-ual e Uarder è esposta nell'unito appunto (all. 3).

P. S. -Si ricord~>. che dal 1897 non si era più verificato alcun attacco in forza di armati etiopici contro presidii europei. Si può poi osservare -anche a parere di tecnici --che una minore fermezza nell'atteggiamento italiano di fronte al Governo di Addis Abeba in materia non potrebbe non portare come conseguenza il ripetersi di incidenti del genere.

.ALLEGATO

BUTI A SUVICH APPUNTO. Roma, 13 dicembre 1934.

Il tratto di confine somalo-abissino fra l'Uebi Scebeli e il Somaliland Britannico non è ancora stato delimitato. Di massima tale confine è tuttavia regolato dalla Convenzione italo-etiopica del 16 Maggio 1908 in base alla quale detta frontiera nel tratto di cUi è oggetto «si dirige verso nord-est, secondo il tracciato accettato dal Governo Italiano nel 1897; tutto il territorio appartenente alle tribù verso la costa rimarrà alla dipendenza dell'Italia; tutto il territorio di Ogaden e tutto quello della tribù verso l'Ogaden rimarrà alla dipendenza dell'Abissinia».

Il tracciato accettato dall'Italia nel 1897 è quello progettato in quell'anno fra il Maggiore Nerazzini e Menelik.

Tuttavia circa la linea segUita dal tracciato stesso, l'opinione del Governo etiopico non concorda con quella del R. Governo. Stando a quanto il Nerazzini ha riferito nella relallione concernente la mi.s&ione da lui compiuta in Addis Abeba nel 1897, e stando a quanto conviene a noi di sostenere, il tracciato concordato con Menelik corre parallelo alla costa dell'Oceano Indiano, ad una distanza da questa di 180 miglia (350 Km. circa). Stando invece a quanto sostiene il Governo etiopico, il quale fonda la sua opinione su

24 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

indicazioni contenute in una carta geografica che si troverebbe al Ghebi di Addis Abeba e che avrebbe servito al Nerazzini e a Menelik per progettare il tracciato di frontiera di cui trattasi, questo correrebbe a sole 100 miglia dal mare e incontrerebbe il confine del Somaliland Britannico all'incrocio fra 1'8° di Lat. e il 48° di Long. In base a tale tracciato i pozzi di Ual-ual e Uarder sarebbero compresi in territorio etiopico.

Secondo la tesi italiana tuttavia, le parole « tracciato accettato dal Governo Italiano nel 1897 », contenute nell'art. 4 della citata convenzione italo-etiopica del 1908, debbono interpretarsi non solo alla luce della carta di Menelik ma anche e sopratutto alla luce delle anzidette spiegazioni a suo tempo date dal ~erazzini secondo cui tale tracciato deve correre, come si è accennato, parallelo alla costa e a 180 miglia da questa.

E' anche da osservarsi che l'interpretazione da noi sempre data all'accordo MenelikNerazzini è quella datagli dal Nerazzini medesimo, tanto è vero che in Somalia nel tratto fra l'Uebi Scebeli e il Somaliland Britannico, i nostri posti di confine verso l'Etiopia sono da anni stati collegati lungo una linea che dista dal mare appunto 180 miglia. Notevole apporto a tale interpretazione è stato dato anche dal fatto che, in base agli accordi Cerulli-Stafford del 1931 per la delimitazione della frontiera Somalia-Somaliland, l'Inghilterra ha riconosciuto come confia1e anglo-italiano e non anglo-etiopico il tratto lungo 1'8° parallelo, sino a 47° meridiano e quindi oltre il 48° meridiano, a quasi 180 miglia dal mare.

D'altra parte il Trattato già citato, del 1908, si richiama oltre che all'intesa Nerazzini-Menelik anche al criterio etnografico, in quanto chiarisce che il territorio appartenente alle tribù verso la costa rimarrà all'Italia e quello appartenente alle tribù verso l'Ogaden all'Abissinia. Da questo punto di vista la nostra posizione è ancora più solida in quanto i pozzi di Ual-ual e Uarder appartengono ai Migiurti.ni Ornar Mohamed dell'ex Sultanato di Obbia che abitano l'ia1tera regione dalla costa dell'Oceano Indiano sino ai pozzi stessi e che sono sudditi italiani della Somalia. Passato il sultanato di Obbia alle dirette dipendenze ammmistrati.ve del Governo della Colonia, i pozzi di Ual-Ual e Uarder, così come i principali centri di quel sultanato, sono divenuti sede, da ormai cinque anni, di un nostro stabile presidio.

Ultima ma non meno importante osservazione: nel corso di questi 5 anni il Governo etiopico non ha mai contestato la legittimità di tale occupazione da parte nostra e anzi i capi abissini locali hanno avuto relazioni coi comandanti di quei presidi.

(l) -Cfr. n. 251. (2) -Cfr. n. 272.
287

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO, PARINI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO 907013/735. Roma, 13 dicembre 1934.

Il R. Console a Nantes riferisce che il noto progetto di legge contro la mano d'opera straniera incontra favorevole eco presso tutti i partiti politici (che se ne servono come arma di propaganda) e presso gli operai francesi.

Viene intanto segnalata l'attitudine di molti datori di lavoro in quella circoscrizione: Essi hanno convocato i nostri operai, specialmente quelli residenti in Francia con famiglia e figli, ed hanno comunicato di dover adottare a loro carico, in conseguenza della attesa legge sulla mano d'opera straniera, la misura del licenziamento, entro il corrente mese di dicembre, a meno che, fin d'ora, essi non presentino domanda di naturalizzazione. La legge dovrebbe, infatti, fare eccezione per coloro che hanno in corso la domanda di naturalizzazione.

Nei cantieri edili di Nantes sono state varie le provocazioni di operai francesi, che hanno insistito con aria beffarda presso compagni di lavoro e capisquadra italiani sul fatto che ben presto «dovranno filare e finirla di mangiare il pane ai francesi :..

Ritengo opportuno portare tutto ciò a conoscenza di V. E. perché * durante le conversazioni in corso, con l'Ambasciatore di Francia, sia dato risalto alle tendenze che si fanno strada negli ambienti padronali francesi (1), * per accrescere la spinta alle naturalizzazioni, ed alle provocazioni gravi alle quali pubblicamente sono esposti onesti e laboriosi operai italiani che alla vicina Repubblica hanno dato il contributo· della ricercata capacità professionale.

288

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4287/499 R. Parigi, 14 dicembre 1934, ore 13,32 (per. ore 17,30).

Ho veduto segretario generale affari esteri. Si è parlato specialmente della questione austriaca e dei nostri rapporti colla Jugoslavia in relazione alle trattative in corso.

L'ultima proposta giunta da Roma nel senso di una garanzia della Germania dell'indipendenza austriaca, della quale gli altri Stati prenderebbero atto, non sembra inaccettabile al Qual d'Orsay.

Per quel che riguarda i nostri rapporti con Jugoslavia Léger mi ha dato lettura di un telegramma di istruzioni che Lavai ha inviato da Ginevra a Chambrun dandone conoscenza all'ambasciatore Aloisi.

In esso si fa dipendere l'accordo italo-francese da un concomitante accordo con la Jugoslavia. Ho dichiarato a Léger, in termini vivaci, che si tratta di una pretesa fuori della realtà. La nostra domanda di discutere la questione delle scuole di Tunisi al go anno non è accettabile qui. Né accoglienza migliore ha la nostra richiesta della cessione di un più esteso territorio della costa dei Somali. Nell'insieme la conversazione con Léger mi ha dato l'impressione di una situazione alquanto mutata.

La Francia si sente più sicura specialmente per l'occupazione militare internazionale della Saar e per il rinnovato interesse dell'Inghilterra alle cose del continente e non dimostra più grande premura di accordarsi con noi.

Segnalo d'altro canto l'articolo odierno di Pertinax nell'Echo de Paris («Le esitazioni della politica francese »). Ci sarebbe in atto una forte azione della Piccola Intesa, dell'Intesa Balcanica, associata alla Russia, per stringere la Francia esitante in un blocco chiuso.

Infine il movimento a favore di una intesa diretta franco-tedesca fa strada nelle masse pacifiste francesi e sarebbe considerato con favore dai ceti militari in Jugoslavia.

La situazione è complicata e richiede la maggiore attenzione.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini.

289

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4310/700 R. Addis Abeba, 14 dicembre 1934, ore 20 (per. ore 15,10 del 15).

Telegrammi di V. E. nn. 343 e 355 Cl).

In relazione contegno assunto _da Foreign Office circa incidente Ual-Ual, quale risulta dal telegramma sopra citato, ritengo dover segnalare a V. E. taluni atteggiamenti della rappresentanza ufficiale e di agenti britannici in Etiopia, che possono utilmente contribuire ad un giudizio completo sulla situazione.

1°) Il sabato due corrente questo ministro d'Inghilterra recavasi Ambo località di acque curative ad una giornata da Addis Abeba (ed ometteva -forse non a caso -di giustificare sua assenza da riunione del corpo diplomatico fissata giorno seguente).

Quivi lo raggiungeva nella notte 4 corrente un impiegato di un ministero etiopico, partito da Addis Abeba in automobile con due armati e latore di pieghi urgenti per il ministro d'Inghilterra, al quale li consegnava immediatamente: Sir Sidney Barton rientrava quindi stesso giorno Addis Abeba.

2°) Notevole coincidenza con date avvenimenti... (2) (specie attacco abissino avvenuto 5 corrente ore 17).

3°) Legazione d'Inghilterra lavora in pieno nei giorni seguenti e ho netta impressione che sia tenuta al corrente dei nostri passi dal Govemo etiopico.

4°) Giorno 11 (quattro ore dopo presentazione nostra nota) si reca in legazione tenente colonnello Sandford (corrispondente vari giornali anglo-sassoni, ma sopratutto agente inglese) che cerca avere notizie circa svolgimento arbitrato e nostra tesi per frontiera non ancora delimitata (naturalmente gli ho dato solo noti comunicati stampa);

5°) Noto de ... (2) alpert, abile agente Intelligence Service, avrebbe dichiarato tempo fa a nostro connazionale qui residente circa 40 anni (cui aveva anche chiesto carta nostra SomaUa ed altre informazioni) « che Etiopia, essendo paese montagnoso privo di comunicazioni e facilmente difendibile mai potrebbe Italia impadronirsene senza previo accordo con Inghilterra».

Notevoli tali parole pronunciate da persona di solito assai cauta, e che, come conte Vinci ebbe a segnalare, ha di recente ultimato una lunga carovana, recandosi Debra Marcos, Gondar, Lago Tana, Dessiè, meticolosamente interessa;ndosi nostra attività, osservando regioni e prendendo fotografie (asserì egli stesso averne più di 500), avendo frequentemente contatti con abissini.

Detto agente apprestasi ora partire per Sida.

6°) Altro agente Intelligence Service, nome Trapman, qui presentato come vice console, può riconnettersi all'opera di penetrazione militare svolta nel

l'Ovest Etiopia (su cui questa legazione ha riferito p~ù volte), ha svolto giorni or sono missione nel Gimma.

7o Tale complessa attività britannica, di cui ho riassunto qualche... (l) alle notizie di «mobilitazione occulta » nelle colonie italiane pervenute a~ Governo locale; infine alla più che equivoca condotta ultimamente tenuta dal colonnello Clifford a Ual-ual (altri sintomi saranno forse rilevati dal nostro console a Nairobi).

Potrebbe dedursene che, mentre Foreign Office osserva nei riguardi nostri una condotta diplomatica corretta, ben diversa azione svolge poi in Etiopia attraverso compiti affidati a servizio segreto, che ci conviene attentamente vigilare: di tale azione... (l) (pur se non sempre apparente) e di tali fini tenacemente perseguiti, vi è netta e diffusa sensazione in questi ambienti (2).

(l) -Protocolli particolari per Addis Abeba. del nn. 211 e 266. (2) -Gruppo lndeclfrato.
290

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4312/702 R. Addis Abeba, 14 dicembre 1934, ore ,20 (per. ore 17,45 del 15).

Viene confidenzialmente riferito che ministero degli affari esteri in data... (l) ha emanato circolare perché questo momento... (l) data soddisfazione a sudditi italiani e ci si mostri deferenti con essi.

Minacciata impiccagione abissini che provocheranno incidenti.

291

IL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO, AL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA

T. S. MASSIMA PRECEDENZ ASSOLUTA 7570. Roma, 14 dicembre 1934.

Riferimento 27226 (3). Decifri da sé. Stante acuto stato nostre relazioni con Abissinia e mentre pende questione circa chi fu provocatore è necessario evitare contatti e azioni belliche. Perciò pur proseguendo ricognizioni bisogna che queste si trattengano raggio indiscusso nostro possesso.

(l) -Gruppo !ndecifrato. (2) -Cfr. quanto dirà a Theodol! l'ex Khedive d'Egitto, Abbas Hllm! (!.p. di Theodol! a suvich del 7 gennaio 1935): «Abbas Hllm! è al corrente delle nostre aspirazioni ed ho dovuto barcamenarmi per rispondere alle sue domande insidiose pur cercando d! farlo parlare. Egl! m! ha dichiarato che bisogna diffidare degl! Inglesi, ! qual! si serviranno delle Convenzioni e de! Trattati tr!partit! come meglio potranno nel loro interesse e sfruttando le circostanze d! luogo e di tempo. Egl! ritiene necessario per l'Ital!a parlarne !n modo "informai" non solo col Fore!gn Off!ce, rria anche col Colonia! Off!ce e con la City (questa tiene d'occhio le miniere d'oro, di platino ed altre risorse che si trovano ad occidente d! Addis Abeba tra il lago Tzana e Il lago Rodolfo) ». (3) -Non pubblicato.
292

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO

T. PER CORRIERE 4330/0160 R. Londra, 14 dicembre 1934 (per. il 17).

Mio telegramma n. 785 del 12 corrente (1).

Il direttore generale agenzia Reuter, Murray (al quale avevo fatto qualche giorno fa pervenire la mia più viva deplorazione per il contegno inqualificabile del corrispondente romano della sua agenzia) ha chiesto stamane di vedermi, e mi ha presentato le sue scuse per i telegrammi che la Reuter ha ricevuto da Roma e ha diffuso in occasione dei recenti provvedimenti finanziari. Egli mi ha aggiunto che aveva già provveduto a richiamare all'ordine il suo corrispondente, ma che desiderava che V. E. fosse a conoscenza di quanto vivamente la Reuter deplorava l'incidente avvenuto.

Ha replicato al signor Murray che non si trattava di un incidente isolato poiché non era questa la sola occasione nella quale il corrispondente romano della Reuter aveva mancato ai più elementari doveri dell'obbiettività e della verità. Ho aggiunto che io avrei trasmesso a V. E. le scuse dell'agenzia Reuter per telegrammi di questi giorni, ma allo stesso tempo era mio dov,ere di denunciare ancora una volta alla direzione della Reuter la metodica ostilità antifascista con la quale il corrispondente da Roma riferisce sugli avvenimenti italiani ostilità che ferisce i sentimenti oltre che gli interessi del popolo italiano.

293

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO Roma, 14 dicembre 1934.

II signor Chambrun ha ricevuto dei telegrammi da Parigi nei quali:

-si insiste per una soluzione internazionale della questione dell'Austria;

-si domanda una détente nei rapporti italo-jugoslavi;

-si prospetta la possibilità di qualche soluzione generale del problema danubiano;

-si menziona la possibilità di una dichiarazione pubblica dell'Austria che la questione degli Asburgo è una questione internazionale.

Ripeto all'Ambasciatore quanto dettogli nel colloquio antecedente (2), che cioè in questo modo non ci intenderemo mai. I punti da lui menzionati sono le

condizioni poste dalla Piccola Intesa. Il Capo del Governo non intende prestarsi a queste manovre della Piccola Intesa. I signori Benes ·e Titulescu si sono impadroniti per conto loro delle trattative itaJ.o-francesi per voltarle secondo il loro tornaconto. Se la Francia è disposta a subire questo, l'Italia non lo è. Il Capo del Governo ha voluto indicare chiaramente alcuni punti relativi alle questioni accennate dall'Ambasciatore, punti che rappresentano la nostra politica e di cui gli ho già dato ,lettura nel colloquio passato (1). Glieli rileggo perché egli li abbia ben presenti.

L'Ambasciatore ha già informato Parigi del punto di vista del Capo del Governo.

Il signor Chambrun ripete che si rende conto del nostro punto di vista, ma bisogna tener conto anche di un minimo di esigenze da parte della Francia, la quale non può trascurare del tutto questi suoi alleati orientali che potrebbero -almeno qualcuno di essi -passare nel campo avverso. Egli ritiene che ciò sia anche nell'interesse dell'Italia perché quanta maggiore autorità la Francia avrà su questi paesi, tanto più facile sarà portarli ad un accordo con gli altri Stati del bacino danubiano.

L'Ambasciatore mi prega di voler presentare al Capo del Governo le due seguenti proposte che egli fa a titolo puramente personale, senza sapere e dubitando anzi che Parigi possa approvare, ma che gli sembrano tanto modeste che possono essere senz'altro da noi accolte:

-per quanto riguarda l'Austria bisognerebbe che nell'accordo francoitaliano si prevedesse la possibilità di un accordo generale firmato da tutti i paesi interessati sulle basi del suo progetto (obbligo reciproco di non ingerirsi negli affari interni dell'altro paese).

-per quanto riguarda la Jugoslavia egli si rimette al Capo del Governo perché trovi un mezzo per far coincidere la visita di Lavai con il miglioramento dei rapporti fra la Jugoslavia e l'Italia.

Lo assicuro che corrisponderò alle sue richieste ma gli premetto che noi non possiamo mutare il nostro punto di vista.

(l) -C!r. n. 282. (2) -Cfr. n. 276.
294

... (2) AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 14 dicembre 1934.

Per opportuna conoscenza dell'E. V. si ha l'onore di far noto che in un rapporto inviato a questo Gabinetto, il R. Console Generale a Gerusalemme espone una conversazione confidenziale avuta col Mufti in merito ai rapporti itala-arabi~

Il colloquio essendo caduto sul noto Iksam Glabri che ultimamente fu ricevuto da V. E., il Console di Gerusaiemme ritenne opportuno far noto al Mufti che il Governo italiano aveva tanto più di buon gTado assunto il noto atteggiamento in quanto non ignorava che dietro ad Iksam Glabri vi era la personalità del Mufti. Detto funzionario ha preso poi occasione per dissipare l'impressione che l'Italia attui verso il mondo arabo una politica in funzione della propria politica europea illustrandogli le premesse e il fondamento autonomo ed originale della politica italiana verso l'Oriente in genere e verso gli arabi in specie. Il Mufti insistette poi sulla crescente gravità della situazione degli arabi in Palestina esponendo la necessità in cui egli si trova di agire con estrema prudenza per evitare che gli inglesi, i quali, senza sembrare, lo sorvegliano molto attentamente, prendano nei suoi riguardi provvedimenti che potrebbero ostacolarlo nella sua azione. Il Mufti si è dimostrato lusingato dell'apprezzamento fatto alla sua persona ed ha dichiarato la sua volontà di amicizia e di collaborazione con l'Italia con una confidenza che non è certo abituale al suo carattere estremamente riservato e guardingo. Il Mufti, secondo quanto afferma il Console di Gerusalemme, rappresenta una grossa pedina nel giuoco della politica arabo-mus

sulmana.

(l) -Cfr. n. 276, allegato. (2) -L'appunto, redatto, su carta intestata del Gabinetto, è privo di firma.
295

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, DI GIURA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 2203/949. Ankara, 14 dicembre 1934 (per. il 26).

Nel corso di una conversazione che ho avuto recentemente con questo Ministro ad interim degli Affari Esteri egli mi ha detto di aver invitato l'Incaricato d'Affari di questa Legazione di Bulgaria a far presente a Sofia il desiderio del governo turco di stipulare un accordo con quello bulgaro a proposito dei turchi tuttora dimoranti in Bulgaria e desiderosi di far ritorno nella loro madrepatria. Il signor Sciukru Kaya mi ha riferito le lagnanze di questo governo per lo stato miserevole nel quale gl'immigrati turchi arrivano in questo paese sia direttamente dalla Bulgaria che attraverso la Dobrugia, essendo rimasti privi di ogni loro avere od essendo stati obbligati ad alienare in modo disastroso i loro beni. Egli mi ha altresì riconfermato la sua opinione che la Bulgaria non si sarebbe mai intesa con la Turchia stante l'atteggiamento dimostrato, specie negli ultimi tempi, dal governo bulgaro, ed ha lamentato che l'Italia avesse, con il suo continuo appoggio autorevole ed efficace, «incoraggiato» la stessa Bulgaria sì da renderla ancora meno conciliante nei suoi propositi. * Mi ha domandato, quindi, se l'Italia stesse armando la Bulgaria, e mi ha letto una notizia ricevuta da un «informatore» secondo la quale un piroscafo italiano avrebbe recentemente scaricato del materiale bellico a Varna * (1).

Ho risposto, su tale ultimo punto, al mio interlocutore, che non mi risultava affatto quanto egli mi comunicava circa l'invio di armi italiane in Bulgaria ed ho, a mia volta, portato a sua conoscenza che due persone, di diversa nazionalità, avendomi chiesto, pochi giorni or sono, se fosse vero che una nave italiana era stata messa sotto sequestro in Istanbul perchè sotto il dichiarato carico di legname sarebbe stato scoperto del materiale bellico, avevo già potuto dar loro la risposta che, dalle indagini da me immediatamente disposte, era risultato trattarsi di cosa completamente inventata. Ho, pertanto, soggiunto che egli avrebbe fatto bene ad essere molto prudente nel giudicare informazioni del genere, specie quando gli informatori erano persone da lui stesso sconosciute, come egli medesimo mi aveva asserito per il caso sopra accennato (1).

Ho avuto, in seguito, occasione di discorrere con questo Incaricato d'Affari bulgaro, e gli ho domandato se egli avesse di già informato il suo governo circa quanto Sciukru Kaya aveva mostrato di desiderare. Egli mi ha risposto che ne avrebbe scritto quanto prima a Sofia, e mi ha detto che non era vero quanto il governo turco teneva ad asserire e cioè che i turchi immigranti dalla Bulgaria fossero giunti In Turchia in condizioni miserevoli, mentre era vero il contrario e cioè che essi avevano potuto portar seco le loro masserizie ed il loro bestiame. Egli mi ha poi affermato che non era esatta l'alta cifra, data da,l governo turco, dei turchi tuttora rimasti in Bulgaria, e cioè poco meno di un milione, e che trattavasi, invece, di una cifra di gran lunga minore. Ciò, oltre il fatto che essi non potevano essere più considerati come turchi ma dovevano esser ritenuti per veri cittadini bulgari poichè nutrivano fedeltà assoluta alla patria bulgara e di turco non avevano conservato altro che la lingua. Ha concluso col dirmi che la politica ostile di questo governo verso la Bulgaria non voleva perdere alcun pretesto per dimostrarsi per quello che era, ed intendeva, nella realtà delle cose.

Senza dubbio, riesce molto facile e frequente di verificare qui tale atteggiamento della Turchia, che, anche se potesse trovare una qualche spiegazione in dannose incertezze, ed in continuate sterili attese, da parte del precedente governo bulgaro, nei riguardi di quanto era stato vivo desiderio della politica italiana e cioè dell'intesa turco-bulgaro-greca (incertezze ed inutili attese riconosciute lealmente con me dallo stesso antico Ministro dl Bulgaria in Ankara signor Antonoff), non può certamente trovare alcuna giustificazione nell'interesse della medesima Turchia.

L'azione personale, sovratutto, di questo Ministro degli Affari Esteri, che io ebbi già l'onore di riferire estesamente a V. E. con il mio rapporto n. 1377/610 in data del 2 Settembre scorso (2), ha avuto come risultato immediato e duraturo quello di rendere sempre più integrati i rapporti fra la Turchia e la Bulgaria; e mi sembra poco verosimile che se ne possa scorgere fra non molto un Qualche miglioramento.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussollni.

(l) -Si pubblica qui un passo del telespr. r. 4529/1282 di Cora del 29 novembre: «Una personaamica che ha potuto esaminare i famosi "archivi" sequestrati dalla polizia presso vari emissari dell"ORMI, mi ha confidato che in essi si trovavano numerosi documenti contenenti il nome del Ministro Piacentini ed accenni precisi ad incontri, sovvenzioni, ecc. Per interessamento della stessa persona, i più gravi di detti documenti sono stati col consenso della Presidenza del ConsigUo, ritirati dalla polizia, per evitare che, dati già segnalati contatti di certi elementi polizieschi, andassero a finire in mani jugoslave. Tuttavia il nome del mio predecessore figurerebbe ancora su un certo numero di documenti, ma tratterebbesi di allusioni senza importanza». (2) -Non pubblicato nel vol. XV della serie VII.
296

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 14 dicembre 1934.

Sono stato stamane un'ora con l'Ambasciatore d'Inghilterra. Alla fine del colloquio, onde essere fedele interprete del suo pensiero, ho buttato giù questo appunto che ho dovuto scrivere in francese perché Sir Eric desiderava rivederlo. Te lo trasmetto tale e quale astenendomi da qualsiasi commento.

J'ai vu ce matin Sir Eric Drummond, qui m'a dit avoir été hier reçu par le Duce à la présence de M. Suvich (1). But de sa visite était de lui parler du projet de voyage de Flandin et Lavai à Londres. Il lui a demandé si la visite de Lavai à Rome était prévue en Décembr·e. A quoi Mussolini a répondu ne pouvoir rien préciser car les conversations avec Paris étaient arrivées à une impasse à cause des questions européennes tandis que pour l'Afrique on était après peu d'accord. Sir Eric s'en est montré étonné, car il croyait qu'on était sur le point d'aboutir et que Londres avait l'impression qu'on était d'accord méme sur le principe de l'indépendance de l'Autriche. Mussolini lui aurait déclaré que l'application de ce principe est difficile, car ajouter la Tchécoslovaquie et la Jugoslavie à la garantie des trois Grandes Puissances c'est faire le jeu de l'Allemagne. Sir Eric est sur ce point personnellement d'accord avec Mussolini. Mais il m'a déclaré qu'on ne peut pas opposer Ies memes objections au projet de Chambrun que Mussolini a discuté avec Sir Eric mais dont il ne parait pas très enthousiaste.

Sir Eric m'a ensuite ouvert son coeur sur toutes les difficultés provenantes des hommes et des choses en Asie, en Amérique, en Europe. J'ai pu constater une fois de plus que Sir Eric et Vansittart sont pleinement d'accord pour:

1) vouloir faciliter par tous les moyens une entente franco-italienne;

2) faire jouer toutes Ies influences et méme toute la pression britannique pour arriver à une détente entre Rome et Belgrade (comme on a pu le constater dans la solution de l'affaire jougoslave-magiare).

Sir Eric reconnait que Mussolini a le droit de prétendre une réponse à son discours de Milan. Ce geste amicai et généreux a été malheuresement oublié ou négligé à Belgrade à cause des événements de Marseille; mais Musso lini dans sa grande intelligence et son amour pour la paix devrait (quoique froissé) pouvoir trouver una solution, car l'accord franco-italien a une telle importance et est indispensable pour que Londres, Paris et Rome puissent exercer Ieur influence presque toujours décisive sur Berlin et l'Europe Centrale, ce qui amènera nécessairement un retour à l'esprit du Pacte à quatre.

Tout en me déclarant d'accord avec Sir Eric, je me suis permis de lui faire remarquer qu'il était difficile po~r le Duce de faire aujourd'hui un geste vers Belgrade qui pourrait etre interprété comme un démenti à sa politique des dernières années.

Sir Eric m'a rappelé que Simon déclara aux Communes après la mort dò Roi Alexandre que l'intégrité de la Jougoslavie était une condition essentielle de la paix européenne et il a attiré mon attention sur la possibilité qu'aurait Mussolini et les occasions lui ne manqueront pas, de déclarer publiquement à propos des dernières solutions favorables obtenues à Genève et dues en grande partie au ròle habile des Nations... (l) a le devoir de r·especter et méme maintenir l'indépendance territoriale des autres membres (c'est donc à l'adresse de la Jougoslavie que Mussolini ferait le geste invoqué par Paris, car l'art. 10 s'applique à tous les Membres de la S.d.N.).

Pour donner en méme temps satisfaction à la Hongrie sir Eric a rappelé l'art. 19 qui permet à chaque Membre de porter devant l'Assemblée la question de la révision. L'Ambassadeur d'Angleterre pense que si Mussolini se décidait à faire une déclaration dans le sens susdit pour sortir de l'impasse, Paris ne devrait pas insister à se montrer plus catholique que le Pape.

En me quittant, Sir Eric a fait appel à notre vieille amitié pour que dans le cas où je devrais me servir de cette conversation, je tienne compte du fait qu'il a exprimé des idées absolument personnelles, car il ne connait pas la pensée du Foreign Office ni sur le projet Chambrun, ni sur son projet de déclaration que Mussolini pourrait faire sur l'art. 10 et l'art. 19 du Pacte.

(l) Il verbale d! questo colloquio non è stato rinvenuto, cfr. DB, vol. XII, pp. 324-325.

297

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI .ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 15 dicembre 1934.

Ieri sera a pranzo all'Ambasciata di Francia mi sono trovato a parlare con il Conte di Chambrun e con Stephan Lauzanne del Matin della questione austriaca.

Avendo io sostenuto il punto di vista espresso da S. E. Suvich nei suoi colloqui con l'Ambasciatore di Francia, circa l'impossibilità da parte dell'Italia di ammettere che a un accordo per l'Austria partecipi anche la Piccola Intesa e, in generale, che ad un'eventuale intesa con la Francia si giunga passando attraverso Belgrado, ho visto Stephan Lauzanne condividere apertamente tale punto di vista ed il Conte de Cahmbrun mostrare di non aderirvi unicamente perché vincolato dalle istruzioni del Quai d'Orsay.

Riferisco quanto sopra in previsione dell'udienza da V. E. accordata al Signor Lauzanne.

(l) La copia da cui si pubblica presenta una lacuna. L'originale è illeggibile perché fortemente deteriorato.

298

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 12860/1600. Budapest, 15 dicembre 1934 (per. il 19)

Mia Stefani 12662 dell'll corrente.

Nel confermarmi essersi il signor Lavai espresso con lui all'incirca nei termini riportati da questi giornali e che ho segnalato con la Stefani in riferimento («Dall'appoggio prestato alla Jugoslavia potete vedere quanto sia salda l'amicizia della Francia; se l'Ungheria saprà meritarsela l'avrà anch'essa in ugual misura in avvenire») il signor de Kànya mi ha detto stamane, «a titolo confidenziale», di aver risposto al Ministro degli Affari Esteri di Francia: «L'amicizia dell'Italia ci basta».

299

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4320/218 R. Budapest, 16 dicembre 1934, ore 1,35 (per. ore 7 ).

Telegramma di V. E. n. 175 del 12 corrente (1).

Nel riferirmi particolareggiatamente lavori Ginevra, ministro Kanya mi ha dichiarato essere pienamente soddisfatto loro risultato, che Ungheria doveva anzitutto e sopra tutto all'atteggiamento R. Governo, atteggiamento il quale aveva trovato colà espressione tanto abile quanto energica nell'attività primo delegato italiano.

Ha aggiunto aver potuto al suo ritorno Budapest constatare, con altrettanta soddisfazione, favorevole apprezzamento che risultato stesso aveva in complesso ottenuto in paese.

Esprimendosi meco in analoghi termini presidente del Consiglio Gombos mi ha detto non avergli Kanya fatto finora alcun accenno intenzione dimettersi, che egli Gombos avrebbe· del resto considerata assolutamente ingiustificata e inopportuna.

Per quanto salute Kanya mi risulti effettivamente malferma e vivo invece io ritenga desiderio de Hory sostituirlo sembrerebbe pertanto da escludere, specie dopo approvazione Camera dei deputati e riconoscimento reggente, di cui alle mie Stefani nn. 12791 e 12841, che tale eventualità abbia a verificarsi prossimamente.

(l) Cfr. n. 281.

300

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4322/219 R. Budapest, 16 dicembre 1934, ore 3,20 (per. ore 7 ).

1) Riassumo contenuto conversazioni ungaro-austriache ultimate stasera quale risulta prime informazioni fornite presidente del consiglio e ministro affari esteri.

a) Schuschnigg ha chiesto avviso Gombos circa eventuale accessione Cecoslovacchia accordi Roma; Gombos ha confermato suo noto punto di vista ripetendo essere sempre pronto conclusione normale trattato di commercio e navigazione ungaro-cecoslovacco e dichiarato doversi rimettere V. E. decisione circa ogni possibile accessione stessa di cui E. V. avrebbe probabilmente parlato anche nel prossimo incontro con Lavai; Schuschnigg ha assicurato che Austria non effettuerà in tal senso passo di sorta senza previo assenso V. E. e consultazione Ungheria.

b) Schuschnigg ha informato Gombos che, *accettando invito Governo francese rinnovato ora da Lavai, si recherà con Berger in visita a Parigi prima metà gennaio.* ( 1)

c) Sono state esaminate possibilità sviluppo efficienza esercito austriaco che Schuschnigg ha constatato essere ancora assai minore quello ungherese. d) È stata nuovamente confermata, in conclusione, identità vedute due

Governi tutte questioni.

2) Circa Anschluss direttore affari politici ha dato in via di conversazione seguente «interpretazione » differenza tra dichiarazioni Gombos alla Camera dei deputati (mia Stefani n. 12715) e dichiarazioni Berger alla stampa (mia Stefani n. 12842): «Governo ungherese è sempre pronto a dire e a fare tutto quello che si voglia a favore dell'indipendenza austriaca, di cui, con sua attività, dà prova riconoscere interamente importanza e interesse per Ungheria, ma non può garantire indipendenza stessa ».

Non ho ritenuto porre formale quesito in proposito a Gombos e Kanya senza espresse istruzioni dell'E. V.

301

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4342/711 R. Addis Abeba, 17 dicembre 1934, ore 8 (per. ore 17,30).

Atteggiamento Etiopia di fronte nostre richieste permane negativo come è noto a v. E. dalle ultime note trasmesse e dalla recente invocazione a Ginevra in seguito nostro rifiuto accedere arbitrato.

Tale irrigidimento non può non lasciar supporre che Governo etiopico (come del resto molti sintomi qui continuamente confermano) sia fiancheggiato

o quanto meno consigliato ed incoraggiato da parte degli inglesi. Ciò tanto più in quanto rilevo che provvedimenti presi da Governo etiopico di fronte situazione attuale rivelano metodo e accortezza politica non abituali.

Difatti, come già riferito, mentre popolazione viene mantenuta calma e direi all'oscuro di tutto, dettagliate istruzioni vengono impartite ai singoli capi, anche allo scopo evitare incidenti che possano ritorcersi contro Etiopia.

Provvedimenti militari intesi rafforzare particolarmente zona Ogaden, (sulla cui portata questo addetto militare riferisce direttamente) vengono attuati attraverso misure quanto meno possibile appariscenti e senza ricorrere a provvedimenti di pubblica ragione che interessano tutto l'Impero.

Gli stessi limitati invii di armi e munizioni, materiale di guerra e personale specializzato dalla capitale, avvengono generalmente di nottetempo e con ogni cautela.

Imperatore seguirebbe in ogni minimo dettaglio attuazione misure preordinate, partecipando personalmente a continue riunioni, e persino a trasmissioni radio.

2) A tale contegno e a tali misure fa riscontro un atteggiamento che da vari lati si può rilevare e che, pur non meritando eccessivo peso, va tuttavia valutato in relazione a complessa mentalità etiopica.

Notevole condiscendenza viene in genere mostrata attualmente per svolgere ordinarie pratiche in corso, e si tenderebbe anche in vari modi accreditare buona volontà etiopici di fronte situazione attuale, richiamando a noti concetti di amicizia e collaborazione fra i due paesi.

Come riferisco con telegramma a parte (1), in tal senso si è recentemente espresso stesso segretario Imperatore in lungo ed amichevole colloquio con dr. Borra, da lui stesso provocato.

3) Vari aspetti situazione, cui ho fatto cenno, vengono da me attentamente seguiti e continuerò a riferirne a V. E.

(l) 11 passo fra asterischi è stato sottollneato da Mussolln1.

302

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4343/717 R. Addis Abeba, 17 dicembre 1934, ore 10 (per. ore 18,50).

Dr. Borra mi ha riferito seguente dichiarazione: Chiamato (col pretesto di un consulto visita) dal segretario Imperatore il quale (certo autorizzato a ciò) lo ha intrattenuto in colloquio durato circa due ore e mezza dell'incidente

Ual-Ual e situazione attuale itala-etiopica. Segretario Imperatore svolto noti argomenti circa appartenenza zona a Etiopia e attacco ci fu da nostre truppe. Accennato quindi a possibile soluzione amichevole che dovrebbe esistere dati buoni rapporti recentemente confermati fra i due Governi e «personali sentimenti Imperatore verso vostro Sovrano ~ aggiunto che soluzione incidente potrebbe precedere « generale chiarificazione ~; che sentimenti Imperatore rispecchiano fedelmente volontà popolo intero; che Etiopia, conscia sua inf·eriorità nei riguardi Italia, non solo non pensa attaccarla, ma confida che attuali difficoltà possano essere superate.

Come ovvio, dr. Borra si è limitato ad ascoltare, replicando solo noti nostri argomenti (comunicato stampa) a versione etiopica dell'incidente.

(l) Cfr. n. 302.

303

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

·r. 4347/377 n. Vienna, 17 dicemòre 1934, ore 12,30 (per. ore 22,30).

Notizia giusta la quale cancelliere sarebbe d'accordo con Gombos per procedere in Roma ad uno scambio di vedute con V. E. prima della visita di Lavai è del tutto infondata.

Con corriere odierno riferisco quanto ministro degli affari esteri mi ha comunicato circa sue conversazioni con Gombos (1).

304

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CONSOLE GENERALE A NAIROBI, TURCATO

T. s. 1608/22 R. Roma, 17 dicembre 1934, ore 23.

In relazione allo stato dei rapporti italo-etiopici derivante da incidente Ual-Ual e alle note inframmettenze britanniche, R. legazione Addis Abeba ha segnalato (2) che atteggiamento di quella legazione inglese ed in genere degli agenti britannici in Etiopia, contrasta con corretta posizione ufficialmente tenuta da Governo Londra.

Può darsi che V. S. abbia modo di rilevare costì sintomi dell'atteggiamento britannico in proposito. Converrà che ella cì segnali telegraficamente insieme a tutte quelle notizie, anche di carattere militare, la cui conoscenza potrebbe tornare utile.

(l) -Cfr. n. 305. (2) -Cfr. n. 289.
305

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 4375/0207 R. Vienna, 17 dicembre 1934 (per. il 19).

Ministro degli esteri mi ha riferito conversazioni avute in Budapest, assieme al cancelliere, con Gi:imb5s e Kanya.

Revisionismo. Gi:imbi:is ha rimesso a Berger una carta contenente l'esatto tracciato delle rivendicazioni ungheresi, aggiungendo d'averne consegnata una analoga a S. E. il Capo del Governo, che avrebbe definite di assai moderate le richieste stesse, riservandosi di eventualmente appoggiarle.

Berger si propone darmi una copia della carta in questione. Suo desiderio sarebbe di conoscere se essa corrisponde o meno a quella rimessa costà, nonché l'impressione ritrattane dal Duce.

Circa il Burgenland, Gi:imbi:is ha dichiarato che la revisione concernente detta regione non sarà mai agitata fra gli attuali due Governi. Berger ha commentato che Gi:imbi:is non ha voluto evidentemente pregiudicare un eventuale diverso modo di vedere da parte dei suoi successori.

Protocollo di Roma. Gi:imbi:is -ma sovratutto Kanya -si oppone a che la Cecoslovacchia acceda ai protocolli di Roma, senza che previamente siasi verificata la desiderata revisione territoriale e provveduto adeguatamente alla protezione delle minoranze ungheresi. Al riguardo Kanya ha ricordato che Benes ha sovente accennato a possibili «aggiustamenti», per poi sempre smentire dette sue aperture, non appena richiesto di precisioni. Ha quindi sostenuto -appoggiato da Gi:imbi:is -che in tale stato di cose il solo possibile negoziato con Praga resta quello relativo alla conclusione di puri e semplici trattati di commercio.

* Entrambi hanno poi ammesso che era da accettarsi un'eventuale adesione ai protocolli romani da parte della Francia * Cl).

Viaggio di Berger in Cecoslovacchia. Berger ha ripetuto che tale suo viaggio sarebbe stato da lui deciso solo quando avesse avuto luogo la visita di Lavai a Roma e quella del cancelliere e sua a Parigi, e fossero stati presi opportuni accordi con Roma e Budapest.

Gi:imbi:is non ha el~vato alcuna abbiezione, insistendo tut,tavia sul punto che l'unico negoziato avrebbe potuto essere quello relativo alla conclusione d'un normale trattato di commercio.

Germania. Kanya ha dimostrato ancora una volta d'avere nei riguardi della Germania di Hitler meno illusioni di quante non ne abbia Gi:imbi:is: tuttavia è apparso evidente che entrambi non vogliono perdere in alcuna guisa contatto con Berlino.

Gombos ha ripetuto poi la sua vecchia idea; ossia che una intesa italofrancese, anche se augurabile, resta sempre assai difficile, mentre un blocco formato dall'Italia, dalla Germania, dall'Austria e dall'Ungheria -al quale non mancherebbe di aderire la Polonia -risponderebbe appieno alle esigenze particolari e generali.

Gombos ha poi insistito di nuovo perché l'Austria ricerchi un accordo con la Germania. Berger ha risposto che sarebbe lieto di addivenire ad un modus vivendi, ma d'esser d'avviso -assieme al Cancelliere -che l'attuale Governo tedesco non dà in realtà gli affidamenti necessari per una proficua trattazione.

Rapporti tra la Germania, la Jugoslavia e la Polonia. Berger ha detto a GombOs che mentre i rapporti tra Berlino e Belgrado gli sembrano aver raggiunto uno stadio molto più avanzato di quanto non lo creda Parigi, quelli fra la Germania e la Polonia gli paiono abbastanza relativi, da parte della Polonia non essendovi forse che il desiderio di sfruttare il più possibile Parigi.

Gombos ha condiviso pienamente le due osservazioni. Berger ne ha tratto anzi l'impressione che Budapest, per quanto riguarda i rapporti tedesco-jugoslavi, abbia avuto da Berlino informazioni nel senso stesso. Berger ha attirato mia attenzione su tale punto.

Decisioni di Ginevra. Gombos ha molto lodato l'atteggiamento dell'Italia a Ginevra; ha apprezzato pure in modo particolare il contegno dell'Inghilterra.

Berger mi ha infine riassunto la sua impressione generale, circa la sua visita, nel senso che Budapest subordina sempre tutta la sua politica al punto centrale del revisionismo: donde la mancanza di ogni elasticità e la difficoltà di eventuali adattamenti.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottol!neato da Mussolini.

306

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 4388/0310 R. Berlino, 17 dicembre 1934 (per. il 20).

Mio telegramma per corriere n. 0279 del 21 novembre scorso (l).

Il barone von Lersner è rientrato a Berlino il 15 corrente ed è venuto ora a vedermi. Premesso che egli evitò tanto a Londra che a Parigi di fare visite a persone ufficiali dei due paesi, non volendo che lo si confondesse con certi altri emissari la cui attività era riuscita più o meno gradita ai circoli governativi in Inghilterra e Francia, e che aveva viceversa sempre informato delle sue conversazioni i due ambasciatori di Germania, mi disse che egli ebbe però occasione di vedere una quantità di gente interessante in entrambe le capitali.

Ritra:sse·dai suoi colloqui l'impressione che la posizione personale del Fiihrer si è andata rafforzando durante gli ultimi mesi, cosicché mentre in .passato si parlava nei paesi da lui visitati di Hitler come di un pazzo pericoloso per la

25 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

pace del mondo, oggi la grande maggioranza della gente riconosce che egli è animato di sentimenti pacifici, comincia a realizzare che le sue idee mirano a ricostruire una Germania forte ma desiderosa di collaborare con gli altri popoli e mostra interesse per la personalità del cancelliere del Reich nonché desiderio di conoscerlo meglio. Tali constatazioni furono sopratutto fatte dal barone von Lersner a Parigi, dove egli giunse nei giorni in cui si conchiusero felicemente i negoziati di Roma circa la Saar. Era generale il riconoscimento che Hitler aveva voluto il mantenimento della pace e che tale constatazione aveva destato in Francia un'impressione cosi buona che l'opinione pubblica considerava ora con favore una politica d'intesa con la Germania nazionalsocialista.

Aveva viceversa avuto occasione di rendersi conto della avversione assai diffusa esistente nei riguardi di una politica di intesa con l'U.R.S.S. Molti francesi avevano ricordato l'alleanza franco-russa di anteguerra dicendo che non vedevano per quale ragione si dovesse ripetere un esperimento che era costato tanti miliardi alla Francia soprattutto ora che la Russia era bolscevica. Quanto più forte era la sfiducia per l'U.R.S.S., tanto maggiore era il desiderio di una intesa sincera con la Germania.

Altra constatazione fatta dal barone von Lersner così a Londra che a Parigi era quella del grandissimo conto in cui era tenuta la politica dell'Italia. L'ammirazione per le direttive impartite da S. E. il Capo del Governo circa la soluzione delle questioni della Saar e del conflitto jugoslavo-ungherese era generale e il senso di sollievo per il mondo intero che ne era stata la conseguenza veniva ascritto in primo luogo a merito dell'Italia. Il mio interlocutore mi disse che egli non avrebbe mancato di segnalare tale fatto al cancelliere del Reich giacché era bene che egli si rendesse conto esatto dell'enorme prestigio di cui è circondato il nome di Mussolini in Inghilterra ed in Francia.

Per quanto riguardava la Saar riteneva che il plebiscito si sarebbe svolto tranquillamente e salutava con gioia l'invio di truppe internazionali in quella regione. L'interessamento palpabile dell'Inghilterra ad una questione continentale europea manifestatosi con l'invio di soldati inglesi e la decisione dell'Italia di fare altrettanto avevano mostrato che le due Potenze garanti del trattato di Locarno ritenevano che rientrasse nelle loro attribuzioni pacifiche compiere un gesto avente una portata politica di valore incalcolabile.

Credeva che terminata che fosse tale questione si sarebbe ripreso a parlare

di una convenzione per gli armamenti. Avendo io accennato alla possibilità che

si discutesse in primo luogo nuovamente del patto orientale il barone von

Lersner espresse l'avviso personale che il cancelliere non potrebbe mai aderire

ad un simile patto non potendo garantire gli attuali confini della Lituania dato

l'atteggiamento provocatore ed insolente che questo infimo Stato creato per

volere della Germania era andato assumendo dopo l'avvento al potere del nazio

nalsocialismo.

Alla mia domanda se egli non avesse riportato l'impressione che il ritorno

della Germania a Ginevra fosse non solo desiderato ma ritenuto indispensabile

per lo svolgimento di una politica di collaborazione europea il mio interlocutore

rispose in modo affermativo pur dichiarando di non scorgere ancora in quale

modo esso avrebbe potuto effettuarsi. La discussione alla Camera dei Comuni

degli armamenti tedeschi, svoltasi complessivamente in termini corretti, aveva da principio destato le maggiori ansie all'ambasciata di Germania a Londra ed anche a Berlino, perchè ci si era reso esatto conto della sua gravità. Non era il caso di farsi illusioni nemmeno ora nè quindi di credere alla possibilità di armamenti aerei tedeschi illimitati, perchè l'Inghilterra non li avrebbe tollerati.

Ho pure chiesto al barone von Lersner che cosa ci fosse di vero nella voce che circola da qualche giorno a Berlino secondo la quale il signor von Ribbentrop avr,e'bbe riferito al cancelliere che conditto sine qua non per il consenso inglese ad un sensibile armamento tedesco sarebbe stata l'abolizione totale degli S. A. e che Hitler non si sarebbe mostrato alieno dal prendere un simile provvedimento. Egli mi ha risposto che non ne aveva sentito parlare prima d'ora, che a suo avviso la ,cosa non poteva essere vera, perché il cancelliere sapeva perfettamente che si sarebbe di colpo alienato le simpatie degli S. A. di cui è il capo. Hitler non aveva anzi finora mai vestito l'uniforme nera degli S.S., ma soltanto quella bruna degli S. A. Le assicurazioni date a questi ultimi dopo i fatti del 30 giugno e dopo l'epurazione compiuta nei reparti bruni erano state formali. Gli S.A. costituivano inoltre la prova palese e continua della rivoluzione compiutasi nel Reich, di modo che era necessario conservarli, ancorchè nella situazione attuale, cioè senza armi.

Nell'accomiatarsi da me il barone von Lersner disse di poter riassumere le sue impressioni dicendo che esse erano state assai favorevoli in Inghilterra, ottime «anzi forse troppo buone:. in Francia.

(l) Cfr. n. 174.

307

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 18 dicembre 1934.

Ho l'onore di sottoporre, secondo le istruzioni di V. E., l'unito schema di Nota pel caso che si ritenga opportuno di rettificare le indiscrezioni apparse sulla stampa francese sui negoziati in corso tra l'Italia e la Francia (1).

ALLEGATO.

La stampa francese, sia quella d'informazione che quella con carattere più particolarmente politico, ha difJ'uso in questi ultimi tempi notizie sempre più particolaa-eggiare e insistenti, circa lo stato delle conversazioni in corso tra l'Italia e la Firancia e il punto a cui sarebbe giunta la trattazione delle singole quistioni.

1 circoli autorizzati italiam, senza dubitare affatto delle buone intenzioni che h~o animato tali pubblicazioni, si. chiedono se 1a pubblicità data a notizie UI1precise e incontrollate possa -in definitiva -facilitare o non piuttosto ostacolare lo scopo comune. Essi osservano che il negoziato viene condotto su tutti i problemi che interessano i due Paesi; che tutte le quistioni sono trattate e discusse avendosi riguardo

anche di rapporti che necessalliamente le legamo fra loro come parti di uno stesso tutto; che pertanto, non fosse che in ragione della natura delle trattative in corso e della procedura adottata, non è esatto affermare che alcune qulstiom sono già state risolte e che l'accordo si debba ritenere raggilunto su alcuni punti determinati.

È invece esatto affermare che si è fatto del buon lavoro; che le conversazioni si svolgono nell'atmosfera più cordiale e anzi amichevole; che i due Governi sono animati dal fermo proposito di giungere a dei risultati concreti; che essi non intendono sacrificare a ragioni di rapidità, la necessità che l'intesa si raggiunga su basi che diano equa e reciproca. soddisfazione ad ambo le parti.

Questo dovrebbe essere d'altrronde il vero pensiero anche degli ambienti autor.i.zzati francesi a giudicare almeno dalla recente dichJarazione del Signor Lavai: « je ne suis pas pressé de partir, je ne suis pressé que de faire de la bonne ,besogne ».

(l) Non risulta. che la. nota. sia. apparsa sulla stampa.

308

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, A ROMA

T. s. P. 12319/729 P.R. Addis Abeba, 19 dicembre 1934, ore 12 (per. ore 18).

Come le risulterà dai miei telegrammi, atteggiamento etiopico non lascia prevedere per ora accettazione nostre richieste (ritengo anche non estranei a tale linea di condotta consiglio e azione svolti da Harrar).

Notizie telegrafate a Mogadiscio e Roma circa misure militari etiopiche, danno senso eccessivo allarme: ma anche riducendole giuste proporzioni, concen~ tramento armi e armati verso nostra frontiera somala e particolarmente in Ogaden, appare notevole, e tale da richiamare ogni nostra seria attenzione, per evitare anche minimi locali insuccessi.

Ho intrattenuto al riguardo questo addetto militare, al quale comunico di volta in volta informazioni che pervengono a R. legazione.

Nell'attuazione quelle misure di sicurezza che Governo della Somalia non avrà mancato predisporre, mi sembrerebbe forse opportuno tener conto che misure militari etiopiche vengono attuate in modo quanto meno possibile apparente, e uniformarsi, per quanto è possibile, all'analogo criterio, onde non provocare involontari spostamenti nel delicato equilibrio situazione attuale.

309

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SCHUSCHNIGG

T. 1620 R. Roma, 19 dicembre 1934, ore 17.

Il telegramma che V. E. e il presidente Gombos hanno voluto inviarmi da Budapest in occasione del loro incontro mi è giunto molto gradito.

Il convegno di Budapest che segue da vicino il recente incontro di V. E. col presidente GOmbtis in Austria e i miei incontri con V. E. e col presidente Gtimbtis è una nuova concreta manifestazione del fermo proposito dei tre Governi che hanno collaborato ai protocolli di Roma di proseguire di comune accordo l'opera ricostruttiva così felicemente inìziata.

Grato del pensiero, ricambio a V. E. con cordiale amicizia i suoi saluti.

310

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 4381/378 R. Vienna, 19 dicembre 1934, ore 19,32 (per. ore 22,30).

Paragrafo I del mio telegramma per corriere n. 207 (1). Ministro degli affari esteri mi ha detto aver attentamente esaminato nota cartina geografica e ritenere ragionevoli rivendicazionì ivi indicate. Da parte sua cancelliere non ha manifestato alcun avviso ma ha ribadito che politica estera deve rimanere campo esclusivo di Berger.

Questi mi ha poi aggiunto avere ieri accennato a mio collega di Francia, senza alcun riferimento a desiderata ungheresi, alla ineluttabilità di un processo di revisione, specie nei riguardi della frontiera cecoslovacca-ungherese.

Mio collega ha risposto che questione poteva essere esaminata quaJora le richieste ungheresi non richiedessero retrocessione di « troppa popolazione o di città importanti~.

Il che lascia supporre che questione in parola sia stata in qualche modo contemplata dallo stesso Qual d'Orsay.

Berger, che si propone di tenere vivo revisionismo, insinuò che Vienfìa potrebbe eventualmente divenire sede di un nuovo congresso per instaurazione effettiva pace.

311

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, A ROMA

T. s. P.•../730 (2). Addis Abeba, 19 dicembre 1934, ore 23 (per. ore 14,45 del 20).

Decifri ella stessa.

Credo mio dovere farle parte mie serie apprensioni circa attuale svolgersi attività a lei nota. Organizzazione mi appare improvvisata e constato tendenza appoggiarsi in modo manìfesto a R. legazione, o, quanto meno, ad ambiente italiano ciò che, come ovvio, stimo assai pericoloso.

Sembrami anche mancare assolutamente ogni seria valutazione politica nei riguardi questo paese. Diversi e recenti indizi -su cui non credo necessitarle invio dettagli -mi inducono rappresentarle opportunità intrattenere direttamente Capo del Gov,erno su questioni a lei ben note, valendosi anche di quanto ho creduto doverle segnalare.

Nostri vitali interessi in questo paese potrebbero venire seriamente e forse irrimediabilmente danneggiati da iniziative che non rispondessero in modo assoluto a precise superiori direttive (1).

(l) -Cfr. n. 305. (2) -Non protocollato ln arrivo.
312

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4419/0311 R. Berlino, 19 dicembre 1934 (per. il 22).

Mio telegramma n. 370 del 18 corrente (2) ..

II ministro d'Austria è venuto a vedermi testè e mi ha detto che l'Auswartiges Amt si dà apparentemente ogni premura per secondare le richieste del Governo austriaco intese ad assicurare alla giustizia gli uccisori delle due guardie di finanza nelle vicinanze di Kufstein. Secondo notizie in suo possesso i colpevoli, che dopo il ferimento si addentrarono in territorio austriaco che forma in quel punto un saliente sarebbero poi rientrati in Baviera dove si troverebbero protetti dai nazionalsocialisti. Egli dubita quindi che gli uccisori possano portare la pena del loro delitto.

Il signor Tauschitz aggiunse che la caratteristica dei rapporti austro-ger

manici rimane sempre la mancanza di sincerità da parte tedesca. Il signor von

Papen era infatti partito per Vienna nel settembre scorso assicurando questo

ministro d'Austria che tutta una serie di provvedimenti per far ritornare normali

le relazioni con l'Austria era già decisa e sarebbe stata resa pubblica subito dopo

il suo arrivo a destinazione. Sino ad ora però non si era visto nulla di tutto ciò.

II nome del «Kampfring der Oesterreicher in Deutschland » era bensì stato

mutato in quello di «Bund > ma la sua attività continuava a rimanere la stessa

di prima. Esso non si occupava di assistenza agli austriaci disoccupati o bisognosi

qui residenti ma di propaganda nazionalsocialista a mezzo di filins e di stampati.

Le sue ripetute osservazioni al riguardo erano state accolte dall'Auswartiges Amt

con dichiarazioni di indignazione che non venissero seguite le precise direttive

del cancelliere del Reich, ma non è di oggi la constatazione del nessun conto che

i circoli che si interessano delle cose austriache fanno delle istruzioni di Hitler.

II signor Tauschitz che fu recentemente in Austria per qualche giorno ·e"

soggiornò oltre che a Vienna anche in Carinzia mi disse di avere potuto consta

tare un notevole mutamento di spirito sopratutto in quest'ultima regione, *muta

mento favorevole al Governo federale di cui si riconosce la forza dato che esso usci vittorioso da due rivolte organizzate dai suoi nemici* (1).

Egli si mostrava pertanto fiducioso nell'avvenire del suo paese sempre che l'Italia non modificasse la sua politica che costituiva la più valida salvaguardia per l'indipendenza dell'Austria. Credetti dargli assicurazioni formali al riguardo.

Gli ho chiesto se avesse senwto accennare alla possibilità che il signor von Papen abbandonasse prossimamente il suo posto di Vienna ed egli mi rispose in senso negativo. Gli ho detto di avere appreso che la consorte del signor von Papen sarebbe soddisfatta del suo soggiorno in Austria che preferirebbe a causa della sua irreconciliabile avversione contro il nazionalsocialismo a quello in Germania e che si sentirebbe però a causa dei suoi sentimenti profondamente cattolici, offesa per le ripetute ripulse del cardinale Innitzer nei riguardi del suo consorte. Il signor Tauschitz mi ha detto di avere soltanto sentito a Vienna che la signora von Papen conduceva vita ritiratissima e che essa attendeva il plebiscito nella Saar per potersi poi recare nelle sue proprietà in quella regione, di cui è originaria. *Ha aggiunto che non è un mistero per alcuno che essa dissente totalmente dalla politica seguita dal proprio consorte*.

L'adattamento del signo.r von Papen a tutto quello che è stato perpetrato nel giugno scorso, contro la sua persona e quella dei suoi più fidati collaboratori trucidati nei loro posti di lavoro e la leggerezza di cui egli diede prova nell'agosto scorso a Baden-Baden ballando e divertendosi pubblicamente come se nulla fosse successo, gli hanno alienato non solo la simpatia ma anche la considerazione di numerosi suoi amici dell'aristocrazia tedesca i quali dicono apertamente che un ufficiale prussiano quale egli è avrebbe dovuto comprendere che l'unica via dignitosa da seguire era quella di ritirarsi a vita privata.

(l) -Cfr. n. 357.' (2) -T. 4370/370 R., non pubblicato.
313

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4393/506-507 R. Parigi, 20 dicembre 1934, ore 12,30 (per. ore 17J.

Nella giornata di ieri ho incontrato due volte ministro affari esteri.

Una prima volta a una colazione offerta dal senatore Bérenger al conte Volpi di passaggio da Parigi per ricambiare le cortesie che il presidente della commissione degli esteri del Senato ha ricevuto in Italia dal ministro di Stato. Sono stato poi ricevuto nella serata dal signor Lavai al Qual d'Orsay.

Ho detto al ministro affari esteri, nel primo incontro, che non avevo domandato di vederlo subito al mio ritorno da Roma perchè la conversazione avuta col segretario ,generale degli affari esteri (mio telegramma n. 499) (2) mi aveva persuaso dell'inutilità a pochi giorni di distanza di ritornare sulla questione delle

nostre relazioni con la Jugoslavia circa la quale i rispettivi punto di vista italiano e francese erano in assoluta opposizione. Risposta del ministro per quanto imprecisa mi ha dato impressione che egli non persistesse nella primitiva intransigenza.

Più tardi al Qual d'Orsay ho detto a Lavai che ero stato sensibile alle parole che egli aveva indirizzate in Senato a V..,]!,. per esaltarne opera conciliatrice e la volontà di pace.

Ministro ha mostrato gradire molto l'attenzione.

Ho deplorato poi che le conversazioni fossero arrivate a un punto morto.

Noi non avremmo mai, ho soggiunto, e in nessun caso acconsentito di fare dipendere o di legare comunque il nostro accordo con la Jugoslavia.

Ministro ha insistito sul suo punto di vista ma debolmente ed è passato senz'altro a parlare della questione austriaca che per lui -cosi mi ha dichiarato -è la più importante.

Lavai insiste perchè indipendenza Austria o delle sue frontiere come meglio piacerà a V. E. sia garantita internazionalmente con la partecipazione della Piccola Intesa.

Beninteso egli ammette che l'Ungheria e la Germania intervengano nell'accordo. Si rimette a V. E. per quello che concerne eventuale adesione degli Stati dell'Intesa balcanica.

Lavai mi ha dichiarato senza ambagi che l'accordo del 27 settembre non ha valore pratico per il fatto che l'Inghilterra e neppure la Francia sarebbero disposte a opporsi con la forza a un « putsch » tedesco.

Nella temuta eventualità l'Italia si troverebbe perciò contro la Germania ed alle spalle e poco favorevolmente disposte le truppe jugoslave e cecoslovacche (1).

Ministro teme che dopo regolata questione della Saar la Germania rivolga nuovamente la sua attività verso l'Austria e che si determini in conseguenza nel centro dell'Europa una situazione foriera delle più gravi complicazioni.

Ho voluto tastare la fermezza delle idee del ministro degli affari esteri nella questione jugoslava e mettendo bene in chiaro che facevo la domanda a titolo di mia informazione personale, gli ho chiesto se egli persisterebbe a esigere che a lato dell'accordo itala-francese seguisse un accordo italo-jugoslavo, anche se fosse possibile trovare una formula che desse soddisfazione alla Francia nella questione austriaca.

Ministro non è stato esplicito nella sua risposta ma mi ha dato l'impressione che egli si contenterebbe, realizzandosi il presupposto austriaco, che V. E. dichiarasse a lui a Roma di essere disposto e deciso a ricercare riavvicinamento con la Jugoslavia.

Ripeto però che Lavai ha sfuggito dal darmi risposta precisa.

Ministro mi ha dichiarato inoltre che sarebbe sufficiente precisare, a conclusione delle conversazioni che avrà a Roma con V. E., raggiungimento di una intesa di massima per la garanzia dell'indipendenza austriaca.

Accordo sarebbe concluso sotto egida della Società delle Nazioni ma verrebbe firmato in seguito a Roma, dove si trasferirebbe all'uopo competente organismo ginevrino per il compimento dell'atto in discorso.

Ministro degli affari esteri mi ha detto e ripetuto il suo vivo desiderio di incontrarsi con V. E. a Roma e che visita avvenga il più presto possibile.

A varie riprese, nel corso della conversazione, il mio interlocutore ha espresso il proposito di telefonare direttamente a V. È., persuaso di riuscire in tal modo a intendersi facilmente.

Mi sono guardato dall'i:r:J.Coraggiare a farlo.

Mi sembra poter affermare, come conclusione, che certamente ministro si è qualche poco disimpegnato dalla tutela del Quai d'Orsay che agisce in funzione della Piccola Intesa.

Lavai ha avuto probabilmente sensazione che il paese, e per esso assemblea legislativa ed in modo specialissimo il Senato, desiderano accordo, che trova, d'altra parte, partigiani risoluti nel seno stesso del Gabinetto col presidente del consiglio alla testa.

(l) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini. (2) -Cfr. n. 288.

(l) Cfr. quanto scriveva Theodoli in una l.p. dell'll dicembre: «La necessità e la possib1Utà di conversazioni m111tari saranno naturali dopo la venuta di Lava! a Roma 11 quale intende mettersi d'accordo personalmente con Mussolini per la questione austriaca».

314

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4391/508 R. Parigi, 20 dicembre 1934, ore 12,35 (per. ore 14,45).

In altro mio telegramma (l) ho informato che ho rilevato con Lavai omaggio da lui reso davanti al Senato a V. E.

V. E. giudicherà se sia il caso incaricare codesto ambasciatore Francia o me

di dire a Laval che ella è stata sensibile alla di lui attenzione. Mi permetto aggiungere che Lavai è suscettibile almeno quanto Herriot (2).

315

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 4418/0312 R. Berlino, 20 dicembre 1934 (per. il 22).

Il viaggio del signor von Ribbentrop in Inghilterra ha già avuto un risultato positivo: quello di avere indotto lord Rothermere a venire in Germania. Egli vide qui il Fiihrer e, siccome non parla alcuna lingua all'infuori della propria così come Hitler non conosce che il tedesco, la conversazione ebbe luogo

con l'ausilio dell'interprete von Ribbentrop. Mi risulta che il nobile lord avrebbe riportato all'inizio della conversazione un'impressione modesta del cancelliere del Reich, che sarebbe però stato più tardi affascinato dallo sguardo di Hitler e che questo sentimento si sarebbe trasformato, col procedere del colloquio, nel convincimento che il Fuhrer è realmente sincero amico della pace. Ho pure saputo che Hitler era assai ansioso di conoscere le impressioni di lord Rothermere, che fu soddisfatto di apprendere il giudizio suddetto e che fu però contrariato dalla notizia contemporaneamente datagli che l'ospite inglese si era recato subito dopo averlo visto a far colazione dal Kronprinz, domandap.dosi che cosa mai andasse a cercare in casa di colui verso il quale si volgono con cauta speranza gli sguardi «della reazione».

Ho avuto occasione di conoscere lord Rothermere ad un pranzo all'ambasciata d'Inghilterra. Appresi cosi che egli contava vedere nei prossimi giorni Goring, Gobbels, Hess ed altri preminenti uomini politici tedeschi e che avrebbe avvicinato di nuovo Hitler nei momenti bavaresi dove conta recarsi a trascorrere le feste natalizie. Egli disse che avrebbe profittato di questi nuovi colloqui per parlare al cancelliere del Reich in favore dell'Ungheria e cercato di convincerlo che era necessario fare senza indugio qualcosa per controbattere l'alterigia della Piccola Intesa.

I tedeschi che hanno una mentalità politica singolare e che si lasciano andare a facili illusioni si compiacciono della presenza a Berlino di lord Rothermere. Essi evidentemente supervalutano la sua importanza come parlamentare e come giornalista, vedono già l'Inghilterra schierarsi a lato del Reich essendosi oramai lasciata convincere che non vi è al mondo paese più pacifico di questo e confidano anzi di poter contare sull'appoggio britannico per il proprio riarmamento, sopratutto per quello aereo.

Le stesse maggiori autorità del ministero dell'aviazione -quelle cioè che

dovrebbero non nutrire dubbi circa le idee che si nutrono in realtà al di là della

Manica per quanto concerne l'arma aerea -si esprimono in termini di gl'ande

fiducia in una intesa anglo-germanica.

Il mio collega inglese è al corrente di quanto precede, non cela le proprie

apprensioni per le conseguenze dannose dei colloqui politici di lord Rothermere,

dato che esse potrebbero dare origine a credenze infondate.

Non diversamente la pensa l'Auswartiges Amt. Durante varie conv·ersazioni

personali e confidenziali avute in questi giorni con alti funzionari della Wilhelm

strasse essi mi hanno detto chiaramente di temere che si stia per ripetere in

Germania nel campo dell'aviazione il grave errore commesso in passato cogli

armamenti navali. Uno dei miei interlocutori, affidandosi alla mia discrezione,

mi disse che incomincia a delinearsi un vero e proprio conflitto fra l'Auswartiges

Amt e Goring, perché questi vorrebbe poter portare gli apparecchi d'aviazione

tedeschi a· cifre iperboliche e non cela il proprio risentimento contro il ministero

degli affari esteri, che lo vorrebbe frenare rinfacciandogli di essere pusillanime

e imperf·ettamente informato. «Goring agisce come un bambino che vuole ad ogni

co&tu avere un giocattolo», mi diceva il mio informatore ed aggiungeva che egli

basa le sue deduzioni sopra le conversazioni che di tanto in tanto ha con avia

tori inglesi i quali, sia per cercare di conoscere le reali intenzioni dei tedeschi in

fatto di armamenti aerei, sia anche perché esiste fra gli aviatori un cameratismo

molto leale, non mostrerebbero soverchia apprensione per i preparativi della Germania nell'aria.

L'Auswartiges Amt sa da un lato quello che gli dice sir Eric Phipps. E questi non tralascia, secondo quanto mi affermò ancora recentemente, alcuna occasione per far chiaramente comprendere al Governo tedesco con quanta apprensione si segua in Inghilterra il riarmo della Germania, sopratutto nell'aria. Esso sa pure dalle informazioni che riceve da Londra che la recente discussione alla Camera dei Comuni, ancorché contenuta in termini assai corretti, volle essere allo stesso tempo un monito per il Reich ed un avvertimento per l'opinione pubblica britannica. Il passo che Baldwin ordinò a sir Eric Phipps di compiere a Berlino la vigilia della discussione al Parlamento inglese fu sintomatico, perché non corrisponde alle consuetudini parlamentari di dare previa comunicazione in via diplomatica ad un altro paese delle dichiarazioni che il Governo di un paese intende fare nei riguardi di un altro Stato. L'informazione dell'ambasciatore britannico al Governo del Reich fu, se si vuole, un atto di perfetta correttezza; ma fu anche un monito che significava: se per questa volta risponderemo cosi, badate che qualora voi continuate ad aumentare i vostri armamenti aerei potreste obbligare! ad adoperare un altro linguaggio.

L'Auswartiges Amt si rende pure conto del pericolo che l'arma aerea costituisce per l'Inghilterra in generale e per Londra ip particolare. Sa che tale pericolo è incommensurabilmente maggiore di quello che rappresentavano le navi da guerra tedesche e che l'opposizione ad un eccessivo armamento aereo non soltanto del Reich ma anche di altre Potenze sarà accanita, dato che è in giuoco l'esistenza stessa dell'Impero britannico. Esso sa pure che, quando si dovesse affrontare nuovamente la discussione degli armamenti, le pretese tedesche soprattutto per quanto riguarda le forze aeree, s.arebbero molto maggiori che in passato. La cifra di 2.400 apparecchi credo che sia quella che si avvicina alle aspirazioni di Goring. Non è detto però che egli si accontenterebbe per molto tempo di una simile cifra. Ora il Governo britannico non sembra avere alcuna intenzione di ammettere una simile forza aerea tedesca, dato che essa supererebbe i bisogni difensivi e sarebbe invece un indizio evidente delle intenzioni aggressive del Reich.

Più il tempo passa e più appare ardua la soluzione dell'equivoco creato dalla pretesa della Germania di ottener·e la « Gleichberechtigung "· Giacché il Reich non considera la parità dei suoi diritti soltanto come la fine della situazione di inferiorità, dal punto di vista dei diritti sovrani, creatagli dal trattato di Versailles. Esso non è più oggidi disposto, come dichiarava di esserlo in passato, a contentarsi degli armamenti occorrenti a difendere il proprio territorio da un attacco nemico. Vuole essere armato almeno come il più forte dei propri vicini e non è detto che un giorno non pretenda di avere gli stessi armamenti che possiedono insieme i due più potenti suoi vicini. Molti sintomi da me raccolti mi permettono di giungere a tale fondata credenza. A parte ciò riesce in ogni modo difficile anche a chi sia animato dì favorevoli disposizioni verso la Germania di prestare indiscussa fede alle ripetute dichiarazioni pacifiche di Hitler perché esse sono in contraddizione con la «Weltanschauung » nazionalsocialista, sacondo la quale il credo hitleriano è una concezione politico-religiosa che deve essere adottata da tutti i tedeschi, ovunque essi vivano ed a qualunque nesso statale appartengano. L'esperimento austriaco mostra come la suddetta «Weltanschauung » non sia puramente teorica e quindi, anche se il cancelliere del Relch riuscisse a convincere delle sue intenzioni profondamente pacifiche lord Rothermere e questo o quell'·ex-combattente francese, non dovrebbe certo illudersi di poter influire sulla linea di condotta degli uomini di Governo che, avendo di fronte alle proprie nazioni ed alla storia la responsabilità di difendere l'integrità territoriale dei rispettivi Stati, non possono far a meno di considerare la Germania nazionalsocialista riarmata come un pericolo per la pace ed agire pertanto di conseguenza.

(l) -Cfr. n. 313. (2) -suvich rispose con t. 1631/425 R. del 22: «V. E. può esprimersi con il signor Lava! nel senso di cui al suo telegramma n. 508 ».
316

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4436/0162 R. Londra, 20 dicembre 1934 (per. il 24).

Ho visto oggi Vansittart il quale è tornato da qualche giorno a Londra. Egli mi ha pregato di dire a V. E. quale profondo e caro ricordo egli serba del suo viaggio dn Italia e di ringraziare ancora V. E. del colloquio che volle concedergli e (l) delle cose che volle dirgli. Da questo colloquio -la cui impressione è ancora in lui vivissima -egli ha tratto il convincimento che è sempre più nella collaborazione italo-bvitannica che si deve cercare la soluzione dei grandi problemi .europei.

Venuto a parlarmi della situazione generale, egli mi ha detto che, quando la questione della Sarre sarà regolata, il Governo britannico si metterà subito in contatto con V. E. allo scopo di concertare l'azione da svolgere per un riesame del problema del riarmo della Germania. Bisogna fare, egli mi ha detto, un nuovo tentativo, forse l'ultimo possibile, per cercare di disciplinare il riarmo della Germania, seguendo quel criterio che il Duce ha da tempo fissato.

Gli ho risposto valendomi del telegramma di V. E. n. 286 (2) che V. E. è d'accordo sull'opportunità di uno scambio di idee con il Governo britannico.

317

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 20 dicembre 1934.

l. Questo Ministro d'Ungheria ha informato che, secondo notizie in possesso del suo Governo da Zagabria di fonte confidenziale, risulterebbe che il 10 novembre sarehbe stata costituita in Belgio un'organizzazione segreta che si intitolerebbe «Glava-za-glava » (testa per testa). A questa organizzazione partecipereb

bero membri della «Narodna Obrana », «Sokol », «Cetnik », «Dobrovolijas ». L'organizzazione avrebbe due gruppi: il primo gruppo si incaricherebbe di organizzare e di commettere attentati contro uomini politici ungheresi e in particolare Goemboes, Kanya, Eckhardt, Bethlen, il secondo gruppo, costituito più specialmente da Cetnik, avrebbe l'incarico di compiere in territorio ungherese atti terroristici contro quelle popolazioni. Dell'organizzazione farebbero parte (ma la notizia è tutt'altro che controllata) anche elementi nazi austriaci e fuorusciti ungheresi.

2. Continuano intanto le espulsioni di ungheresi dalla Jugoslavia che erano state sospese, e la campagna della stampa jugoslava contro l'Ungheria si mantiene aggressiva, specialmente contro Kanya ed Eckhardt. L'opinione pubblica ungherese mostra segni di risentimento (1).

(l) -Su questo colloquio non si è trovata documentazione reale. (2) -Cfr. n. 217.
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 20 dicembre 1934.

Questo Ministro d'Ungheria ha informato che, secondo notizie in possesso del suo Governo, il Governo francese avrebbe assicurato quello jugoslavo che, nel caso in cui l'Ungheria non avesse preso da qui a gennaio le misure necessarie per stabilire le responsabilità incorse da funzionari ungheresi negli avvenimenti di Marsiglia, il Governo francese avrebbe chiesto al Consiglio della Società delle Nazioni che una Commissione d'inchiesta si incaricasse di procedere a tali accertamenti.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 5512/2113. Mosca, 20 dicembre 1934 (per. il 24).

Ho conferito oggi, nel tardo pomeriggio, con Litvinov. Non ci vedevamo da 4 mesi. Abbiamo parlato un po' di tutto, senza peraltro che il mio interlocutore mi rivelasse nulla di sensazionale e di veramente nuovo, specie per V. E. che è già al corrente dei colloqui Litvinov-Aloisi. Comunque, ecco qualche nota affrettata.

Ho trovato Litvinov di buon umore. Il che dimostra che, almeno in questo secondo momento, egli non deve soggiacere a grandi preoccupazioni personali (2).

fronte al suoi ' capi ' ».

Oggi stesso -del resto -è stato pubblicato il testo del protocollo franco-sovietico del 5. Esso conferma tutto quello che Litvinov aveva detto nella sua intervista e costituisce un sicuro consolidamento della situazione sua. È un vero patto di cooperazione diplomatica, che va oltre lo stesso Patto orientale. Non esclude (attraverso il mio interlocutore mi è sembrato di capire che Lavai, nel suo desiderio per la pace, vorrebbe delle intese un po' con tutti, ad esclusione di nessuno), il protocollo, dico, non esclude una détente franco-tedesca e, probabilmente, un consequenziale détente germano-sovietica *ma toglie dalla testa della Germania ogni ubbia di accordi a due con la Francia. Persuasa di questo, la Germania potrebbe, finalmente, sopratutto dopo la Saar, mostrarsi meno

.

ostile ad una politica di cooperazione europea* (1).

Richiesto quindi delle sue impressioni e previsioni circa il Patto orientale, Litvinov mi ha detto che esse sono in questo momento relativamente migliori che in passato. Sembra che l'Inghilterra faccia dell'adesione al patto da parte della Germania una condizione per un accordo in materi,a di armamenti. Non è escluso quindi che la Germania possa finire, sempre dopo la Saar, con l'aderirvi. Pìu delicata e difficile, invece, sarebbe la situazione della Polonia che, peraltro, non potrebbe rimanere isolata.

Ho domandato a Lìtvinov quale significato avesse la adesione al protocollo del 5 dicembre della Cecoslovacchia. R~sposta: -nulla di speciale; è la Cecoslovacch~a che ha voluto aderirvi; nè la Francia nè l'URSS ve l'hanno sollecitata. Richiestene, non potevano dire di no.

Ho fatto allora presente al mio interlocutore il significato che Benes aveva cercato di dare al fatto ed i tentativi per creare una catena Francia -Piccola Intesa -Intesa Balcanica -URSS (2). Naturalmente, Litvìnov mi ha risposto, questo sarebbe il desiderio, oltrechè di Benes, anche dì Titulescu e dì Ruschdi ma non quello dell'URSS, che ha interesse a mettere al sicuro tutta la zona Nord orientale, in cui è più esposta che a Sud.

-Ma allora, ho domandato, cosa n'è di tutti i tentativi di Ruschdi per un patto Parigi -Ankara?

-* Nulla di serio e di conclusivo *. Non è il caso di parlare di patti a due, perché la Francia in questo momento non ne vorrebbe sapere, non foss'altro che per riguardo all'Italia. Probabilmente, Ruschdì deve aver fatto qualche accenno, generico quanto vago, a Lavai per un patto che stabilisse una più stretta unione fra la Turchia, l'Intesa Balcanica e la Francia, ma non ne è risultato niente d'i concreto. D'altronde io -aggiungeva Litvinov -ho chiaramente scoraggiato ogni tentativo del genere, che avrebbe costituito comunque un intralcio al patto orientale.

-Ma come, obbiettai, voi non siete stato consultato da Ruschdi a proposito di un patto di sicurezza franco-turco?

-No. Un patto franco-turco a due, vi ho già detto, sarebbe inaccettabile dalla Francia. Quanto a patti plurimi, più o meno della specie mediterranea,

da parte di Ruschdi non ci sono stati che dei ripetuti, quanto vani, conati verbali, non coronati da alcun successo. Io ho fatto capire a Ruschdi che, fin quando non sia fatto il patto orientale, non intendo sentir parlare di altro.

(Le dichiarazioni Litvinov contraddicono, come V. E. vede, quelle dell'Ambasciatore turco di cui al mio rapporto 13 dicembre n. 2083 (l). Poiché non ho ragione di ritenere che uno dei due abbia mentito, devo desumerne che le informazioni di Vassif rispondessero a «norme di linguaggio» ricevute dal suo Ministro nel momento in cui questi si. illudeva di poter fare un colpo con la Francia).

Litvinov ha quindi preso occasione per parlare delle nostre relazioni con la Turchia, dicendo che esse costituivano l'unica macchia nell'amicizia turco-sovietica, Ankara rimproverando a Mosca (Litvinov mi ha fatto capire non esservi assolutamente nulla di cambiato nelle prevenzioni turche verso di noi) la propria amicizia per l'Italia. Litvinov, ancora adesso, aveva rinnovatamente insistito presso Ruschdi sulla necessità di migliorare i rapporti della Turchia con noi.

-Ma insomma, domandai, quali sono le ragioni di questo risentimento turco verso l'Italia?

-*Voi non ci crederete -mi obbiettò Litvinov -ma la perdita della Turchia per voi e della Polonia per la Francia si deve in gran parte al Patto a quattro*.

-Ma non avete già visto, stando a Ginevra, che la famosa S.d.N. serve a meno che niente se non è sorretta da una concorde azione delle grandi potenze?

-Certamente, ed io a questo sono pronto; ma salvando le apparenze. Comunque, continuò Litvinov, è vero che la prossima sessione del Consiglio si terrà a Roma? Io ne sarei contentissimo. Tutti avrebbero così agio di parlare con Mussolini ed il processo di détente potrebbe risultarne affrettato.

-Ma ritenete che la Jugoslavia ci si presterebbe?

-Non so. Jeftic forse si, ma la sua situazione è quanto mai instabile ed incerta ed una dittatura militare è possibilissima. Non astante, comunque, la possibilità di ricatti da parte di Belgrado, credo -aggiungeva Litvinov -che per addivenire ad un accordo con l'Italia, a Lavai basterebbe una dichiàrazione da parte italiana di non volere la disgregazione della Jugoslavia. Questo per cominciare: il resto potrebbe venir dopo e da sé.

L'attività spiegata ora ad Ankara da Karakan, divenuto Ambasciatore dell'URSS colà, va interpretata -per chi come me ha avuto pratica con Karakan per ben 4 anni e conosciuto i suoi sentimenti, che sono veramente, e forse più di ogni altro suo collega del Narkomindiel, cordiali nei nostri riguardi -va interpretata, dico, più come espressione di un desiderio di détente italo-turca che come manifestazione di secondi fini della politica sovietica, tanto più in questo momento, in cui la comune tendenza della pol1tica dei nostri Paesi rispettivi ad un riavviclnamento alla Francia stabllisce fra la politica generale nostra e quella della URSS una certa rispondenza, se non addirittura un parallelismo ».

Con questo augurio, corroborato da altri apprezzamenti, per V. E. certo no;1 nuovi, sugli intendimenti di Lavai nei nostri riguardi, e dopo qualche altra comunicazione di minore interesse, la nostra conversazione ha avuto termine.

Litvinov si preparara già a tornare a Ginevra in gennaio.

(l) -II contenuto di questo appunto e di quello edito al n. 318 fu comunicato da Mazzolini a Bocchini con I.p. del 24 dicembre in cui però si tace la fonte delle notizie e si parla solo di informazioni confidenziali. (2) -Attolico aveva comunicato con R. 5512/2113 del 14 dicembre: «Mi consta, in modo sicuro, che Litvinov si allontanò 11 26 novembre da Ginevra contrariato e preoccupato:contrariato per le resistenze incontrate presso Lava!, forse non pronto come Barthou a marciare subito e cosi lontano; preoccupato per la posizione !n cui ciò lo avrebbe messo di (l) -I brani fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini. (2) -Cfr. il seguente brano del rapporto citato alla nota 2, p. 324: «Messa da parte ogni idea di Locarno Baltica, si realizzerebbe così una catena, se non un blocco, di Stati Antirevislonisti, appoggiantesi su due pilastri, la Francia ad occidente e l'URSS ad oriente &.

(l) R. rr 5406/2083 di cui si pubblicano i brani seguenti: «Che l'atteggiamento della Turchia nel nostri riguardi sia ispirato o voluto dall'URSS può certo sembrare spiegazione semplice e pertanto ovvia, ma sarebbe. è mio dovere dirlo, non per questo meno fallace. Basterà ricordare, in modo specifico, l'attitudine di Litvlnov in occasione del patto balcanico; le frequenti informazioni, che hanno preso talora la forma ed avuto il valore di amichevoli avvertimenti e di messe in guardia contro i propositi e gli atteggiamenti frondisti di Tewfik Ruschdi· le raccomandazioni di moderazione ripetutamente fatte a quest'ultimo cosi da Litvinov a Ginevra come da Karakan ad Ankara; l'incarico dato ultimamente a Karakan di adoperarsi per un riavvicinamento italo-turco.

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L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 3657/1513. Varsavia, 20 dicembre 1934 (per. il 24).

Avendo avuto occasione in uno dei giorni scorsi di andare a pranzo dal Ministro Beck, questi accennandomi alle voci corse e registrate anche dalla stampa polacca, di un probabile progetto Mussolini di patto a sei, trovò modo di dirmi che in una recente conversazione di Wysocki con S. E. Suvich, questi aveva detto essere tali voci molto premature.

Poiché tale argomento è stato toccato sia a Roma da parte di Wysocki sia a Varsavia -anche se di sfuggita -con me, ritengo mio dovere rendere nota alla E. V. qualche mia impressione al riguardo.

La stampa polacca, come ho avuto già occasione di segnalare, nel riprodurre la notizia a cui mi riferisco, si astenne da ogni commento, ma l'attenzione ad essa rivolta da questi circoli giornalistici e politici fu fin dal primo momento molto superiore a quella che per una notizia meritevole di conferma si sarebbe potuta aspettare. Qualche giorno dopo apparve chiaro che l'attitudine di quei circoli non era in alcun modo influenzata da preconcette avversioni verso l'idea di un progetto simile, e ciò ritengo di dover particolarmente sottolineare inquantoché non mancò invece, specie sulla stampa di opposizione, qualche punta contro il patto a quattro nello spirito del quale a Ginevra si erano pure risolte in quei giorni due questioni delicate e pericolose.

Beck nella conversazione che ebbe con me dopo il pranzo in casa sua mi espresse la sua soddisfazione sia per il successo italiano della Saar sia per la soluzione dell'affare ungaro-jugoslavo, mi comunicò di aver ricevuto un caloroso ringraziamento da Gombos e con insolita loquacità mi parlò anche di Ginevra rilevando che l'Italia, e forse anche un poco la Polonia, avevano con l'atteggiamento preso contro la manovra antiungherese della Piccola Intesa, ridato prestigio alla Società delle Nazioni impedendo che questa diventasse strumento di un gruppo di Stati a coercizione di altri, e volle rilevare infine con soddisfazione come ancora una volta la Polonia si era trovata sulla stessa strada che batteva l'Italia.

«Del resto -aggiunse -per impedire che ItaHa e Polonia si trovino d'accordo bisognerebbe che le due parti vi si applicassero con la deliberata volontà di fare del male l'una all'altra ».

Nello spazio degli ultimi due mesi Beck è venuto accentuando nelle sue conversazioni quel tono di particolare cordialità che si manifestò nel maggio scorso allorché poco dopo il mio ritorno da Roma gli parlai della possibilità che a mio avviso veniva delineandosi in maniera del tutto naturale, di realizzare fra Italia e Polonia quella collaborazione ch'egli aveva auspicato a Ginevra nella conversazione avuta l'ottobre precedente con S. E. Aloisi e con me (1).

E questa accentuazione non solo è perfettamente comprensibile, ma -possiamo affermare -anche già prevista da parte nostra. Il l'ilevarla era però necessario perché la Polonia è venuta man mano precisando così un vero e proprio atteggiamento politico attraverso una serie di manifestazioni che val la pena di sottolineare per ordine di tempo. Incominciata pubbHcamente con la straordinaria partecipazione di questo Governo alla inaugurazione di questo Istituto Italiano di Cultura, essa è continuata con l'attitudine della Polonia alla

S.d.N. dinanzi alle pretese della Piccola Intesa, e si è confermata poi a mezzo di questa stampa, la quale dopo aver valorizzato l'azione dell'Italia a Ginevra nelle due questioni felicemente risolte, non ha cessato dal dare il maggior rilievo ai comunicati e alle notizie italiane sull'incidente itala-abissino.

Tutta la stampa polacca pubblica inoltre da alcune settimane articoli e corrispondenze sull'Italia esaltando l'opera del Duce e il miracolo delle Paludi Pontine nonché l'energica azione del Capo del Governo per il risanamento economico, finanziario e sociale della Nazione.

La concessione delle due alte decorazioni a S. E. il Sottosegretario ed a S. E. il Capo di Gabinetto è da ultimo un altro segno che Beck ha voluto dare 1ella sua cordiale adesione all'attività italiana nel campo internazionale.

L'atmosfera dei rapporti itala-polacchi è dunque nel momento attuale caratterizzata da una cordialità che mai si è manifestata in precedenza né quando la Polonia era in rotta con i suoi maggiori vicini, né quando era succube dell'alleanza con la Francia. L'altissima considerazione che qui si manifesta per il Duce in ogni ambiente e l'attenzione viva con la quale viene seguita ogni sua iniziativa ed ogni suo gesto, sembra aver generato in questi ultimi tempi una fiduciosa attesa in Lui *della quale non si potrebbe non tener conto quando per lavorare questo terreno in vista di più larghe e feconde iniziative che sorgessero ancora una volta da Roma, r,alto criterio di V. E. giudicasse arrivato il momento * (2).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (3)

T. 4421/514 R. Parigi, 22 dicembre 1934, ore 21,15 (per. ore 24)

Telegramma di V. E. n. 425 (4).

Ho detto a questo ministro degli affari esteri che V. E. mi aveva incaricato di fargli sapere che era stato sensibile alle parole pronunciate in Senato al di lui indirizzo.

Con telespr. rr. 3095/1257 del 31 ottobre aveva !nvece comunicato: «l'affermazione d! Wysocki a S. E. Suvich, che la Polonia non ha preso impegni nella questione danubiana, e quelle di Beck ad Alolsl ed a me per una collaborazione con l'Italia che partisse proprio di li, sono elementi forse bisognosi d! rlconferma, ma d! non trascurablle valore per no! ».

26 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Il signor Lavai se ne è mostrato grato.

Egli si è dichiarato poi premuroso di fare la sua visita a V. E.

Mi ha detto che è pronto di recarsi Roma dopo due gennaio.

Desidera che la visita possa aver luogo prima del plebiscito e vorrebbe che trattative fossero attive.

Ho risposto che dipende in gran parte da lui di accelerare le cose.

Ho osservato che la presenza di Jeftic alla testa del Governo jugoslavo dava la possibilità alla Francia di fare intendere la ragione a Belgrado con maggiore probabilità di successo.

Il ministro non ha ribattuto la mia affermazione.

Ho l'impressione che se fosse possibile raggiungere un accordo soddisfacente per gli alleati della Francia nella questione dell'indipendenza austriaca, il Governo francese dimostrerebbe arrendevolezza circa l'accordo previo con la Jugoslavia.

Il ministro che prima di ricevermi aveva avuto un colloquio col collega delle Colonie e con Léger mi ha detto che dovrà spedire a Chambrun un telegramma « d'attente » per la costa dei Somali dovendo sottoporre la questione al Consiglio dei ministri.

Ho creduto superfluo chiedere particolari al riguardo. Suppongo che si tratti di nuove nostre proposte le quali giudicando da quello che mi ha detto Laval, si direbbe che siano da lui considerate accettabili. Il ministro si assenta alcuni giorni per le feste di Natale.

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIV, n. 244. (2) -Il brano fra asterischi è stato sottolineato da Mussol!n!. Con telespr. rr. 2986/1209 del 16 ottobre Bastian!n! aveva comunicato: «Beck, pur non essendosi ma! compromesso !n pubbl!co circa la questione austriaca, fece fare da Wysockl a S.E. Suvlch la nota dichiarazione che la Polonia non aveva mai mostrato alla Germania di disinteressarsi all'« Anschluss », dichiarazione che qui s! ripete volentieri a richiesta». (3) -Non Inserito nel registro del telegrammi !n arrivo. (4) -Cfr. n. 314, nota 2.
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IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4471/0128 R. Praga, 22 dicembre 1934 (per. il 27).

Mio telegramma filo n. 167 del 15 (l) e mio telespresso n. 2251/1587 del 18 corrente (2).

Come accennavo nei documenti sopra citati, ho trovato Benes meno frettoloso in fatto di sostanziale riavvicinamento all'Italia, in quanto le sue disposizioni verso l'Ungheria si sono notevolmente irrigidite.

Egli affetta di credere ad una reale sconfitta del revisionismo ed ha notevolmente mutato il suo atteggiamento da quello che ebbe a manifestarmi dopo l'assemblea di settembre della S.d.N. e da me riferito con i telegrammi per corriere nn. 092 a 095 del 9 otto bre u.s. ( 3).

Naturalmente sul mutamento hanno influito il sopravvenuto regicidio di Marsiglia e gli avvenimenti derivatine, particolarmente il conflitto ungarojugoslavo a Ginevra e la riattivata politica della Francia nell'Europa orientale

facente capo all'URSS avvenimenti che necessariamente dovevano influenzare l'orientamento della Piccola Intesa e del dr. Benes. Per cui devo registrare quanto segue:

Benes ha voluto darmi spontanee spiegazioni sull'atteggiamento tenuto a Ginevra, dicendomi che la situazione è stata ad un certo momento così pericolosa, per l'intransigenza ed il futuro degli jugoslavi, che egli ha ritenuto necessario dare uno sfogo alla tensione di essa mediante la polemica. Il che concorda con le impressioni che ebbi a riferire col mio telegramma per corriere

n. 0124 dell'll corrente (1).

Avendogli io osservato che, comunque, i suoi· discorsi di Ginevra e di Praga, ed anche il tono della stampa cecoslovacca segnavano per lo meno un arresto della tendenza cecoslovacca del periodo anteriore alla tragedia di Marsiglia (miei telegrammi per corriere nn. 092 a 095 del 9 ottobre), Benes non mi ha negato che egli considera la tesi revisionista in regresso. «Il revisionismo ha ucciso la revisione , mi ha egli detto, affrettandosi però a dare la colpa di questo esclusivamente all'intemperanza ed alla inabilità degli ungheresi.

Gli ho ricordato che egli mi aveva pure manifestato la sua adesione alla dottrina del revisionismo legale espress·a a Ginevra da S. E. Alo~si nell'Assemblea di settembre. Benes non Io ha negato, ma nonostante i miei fermi richiami alle sue contraddizioni, ha ribadito quella sua ritirata fattami pervenire attraverso il ministro di Francia (mio tele·gramma per corriere n. 0108 del 12 novembre) (2)

l per cui dalla tregua di 5 a 10 anni, che egli aveva posto come condizione preventiva per esaminare qualche concessione all'Ungheria, egli era passato, dopo il regicidio, a rinviare la questione «alla prossima generazione,, Ho quindi creduto opportuno osservargli che il modo in cui l'Italia fascista ha dimostrato di intendere le sue amicizie, nella specie quella per l'Ungheria, non può !asciargli dubbio che questa ritrattazione non facilita Io sviluppo di quel riavvicinamento della Cecoslovacchia all'Italia che pur egli continua a mostrare di desiderare. Ed allora Benes ha iniziato il solito sistema aggirante per dimostrarmi come egli intenderebbe mantenere una linea logica e conseguente ai suoi precedenti propositi. Ritenuto che il problema della Sarre è ormai avviato ad una sicura felice soluzione, Benes mi ha detto che il problema austriaco tornerà -secondo lui assai presto ad essere attuale tanto più che contro l'Anschluss Schuschnigg sarebbe meno deciso del compianto Dollfuss; e se Schuschnigg avesse a cadere -cosa, secondo Benes, non esclusa -il suo successore sarebbe ancora più tiepido dell'attuale cancelliere.

«n problema dell'Austria, -afferma Benes -«se non si risolve presto in modo stabile, diventa sempre più grave e minaccioso. Fortunatamente Italia, Francia ed anche Inghilterra sono d'accordo sul principio di non permettere l'Anschluss. Anche l'URSS, ormai del tutto ligia alla Francia, può essere elemento utile, adoperandosi a secondarne gli sforzi, mentre la Polonia, col disinteressarsi dell'Anschluss, ha ancora una volta abbandonato i suoi alleati naturali, il che è affar suo ).

In queste condizioni Benes pensa che Italia, Francia e Stati della Piccola Intesa sarebbero sufficientemente d'accordo per dar corpo ad una intesa destinata ad assicurare l'indipendenza dell'Austria il che sarebbe possibile in due modi:

a) con un impegno di intervento dei suddetti Stati contro qualsiasi tentativo esteriore di manomissione dell'indipendenza dell'Austria;

b) con una dichiarazione dell'Austria (metodo, secondo Benes, preferìbile, anche perché meno ostico alla Germania) tale da consentire all'Austria stessa di chiedere l'assistenza degli Stati suddetti in caso di bisogno. (Su questo punto Benes è rimasto vago).

A questa risoluzione del problema dell"Austria dovrebbe -secondo il desiderio dell'Italia -partecipare anche l'Ungheria. Benes non ha nulla da obbiettare. Ma non crede che l'Ungheria si indurrebbe ad un tale atto, sostanzialmente contrario alla Germania, ritenendo egli tuttora che, dovendo scegliere tra Roma e Berlino, Budapest, alla fine, si deciderà sempre per Berlino.

Comunque, se l'Ungheria parteciperà alla cooperazione tra Italia, Francia e Piccola Intesa per la sistemazione del problema austriaco, Benes ritiene che un gran passo sarà stato fatto sulla via di quella cooperazione danubiana cui dovrebbero partecipare volenterosamente tutti gli Stati interessati, sotto gli auspici dell'intesa tra l'Italia e la Francia.

Se questo si realizzerà (Benes insiste nel mostrarsi scettico sulla buona volontà dell'Ungheria) incomincierà a formarsi quell'atmosfera di pace fuori della quale qualunque questione tra l'Ungheria ed uno dei suoi vicini non potrebbe essere posta sul tappeto senza pericolo di guerra.

Ma in quanto alla risoluzione ed anche alla indicazione delle dette questioni ungheresi, Benes è diventato assai più chiuso e intransigente. Né i miei tentativi per riportarlo a quelle concessioni che già egli era sembrato disposto a esaminare nell'ottobre scorso hanno sortito esito.

Mentre nell'ottobre Benes aveva accennato a rettifiche di frontiera, sia pure con la finzione di concessioni reciproche, atte a ridare all'Ungheria quéi

300.000 e più magiari che si trovano lungo la frontiera medesima (mio telegramma per corriere segreto n. 095) oggi egli non sembra disposto a concedere se non... il mantenimento delle clausole delle minoranze, trincerandosi dietro la ripetuta affermazione ,che «questa generazione ) non può cedere un palmo di territorio della Cecoslovacchia. A mia richiesta di precisare quale epoca egli intendesse per la «prossima generazione » mi ha risposto: «30 a 40 anni».

Non starò ad ulteriormente riferire i termini della lunga e faticosa conversazione, di cui mi sono sforzato di sintetizzare iÌ' più brevemente possibile le linee essenziali, dalle quali ho riportato le seguenti impressioni:

1° -Benes crede di poter trarre dalla battaglia svoltasi a Ginevra il vantaggio di coartare la Francia a non mollare la Piccola Intesa, nel suo riavvicinamento all'Italia. Un tale pericolo per la Piccola Intesa è aumentato dalla risolutezza mostrata dall'Italia nel sostenere l'Ungheria. Per cui è comprensibile la

tattica di Benes, il quale, al pari degli altri due alleati, si ritiene in diritto di esigere dalla Francia una corrispondente solidarietà; e quindi si serve di tutti i mezzi di ricatto che la situazione nata dall'assassinio del Re Alessandro offre.

Non è neanche da escludere che Benes, sentendo nell'aria il pericolo di prossime discussioni a Ginevra sulla revisione legale, incominci ad apprestare le sue difese preventive. Egli stesso mi ha detto più di una volta che quando deve trattare, incomincia col prepararsi a dare il meno possibile.

2° -Non è d'altra parte escluso che la Francia trovi anche essa nelle pretese e nell'intransigenza della Piccola Intesa elementi pel suo giuoco tattico diretto ad ottenere con ogni possibile economia di mezzi la realizzazione dell'accordo con l'Italia. L'ostentazione delle trattative pel patto orientale e la firma del Protocollo franco-sovietico rientrano nello stesso sistema di azione.

3° -Infatti Benes non ha mancato di ricordarmi che egli ha .aderito al protocollo medesimo perché -secondo lui -il patto orientale è destinato a costituire, con l'intesa italo-francese, l'altro polo indispensabile dell'asse della pace europea. Al riguardo Benes ha fatto pure allusione, con visibile compiacimento, alla certezza che un patto tra Francia, Russia, Piccola Intesa e Turchia si concluderà non appena Polonia e Germania avranno definitivamente confermato il loro punto di vista negativo verso il patto orientale.

4° -Benes ha fatto ancora allusione agli intrighi germanici a Belgrado: punto che evidentemente lo preoccupa, come preoccupa la Francia; ed ha accennato alla necessità ed utilità di una riconciliazione itala-jugoslava. Al riguardo qualche giornale, come la Bohemia, avendo preteso che Praga potrebbe essere buon intermediario per tale riconciliazione, esprime il subordinato parere che l'influenza di Praga a Belgrado è pressoché nulla, e che fra i moventi dell'irrigidimento constatato nel Benes non sia da escludere, col desiderio di riconsolidare la Piccola Intesa contro i tentativi di disgregazione tedeschi, anche quello personale di Benes di riprendere quota a Belgrado.

Tutti questi elementi hanno un innegabile valore intrinseco che sarebbe errore sottovalutare.

Però io credo che il loro valore sia anche, e forse principalmente, contingente e tattico, poiché gli elementi stessi fanno tutti capo ai due negoziati fondamentali che si stanno svolgendo in Europa, vale a dire quello itala-francese e quello franco-russo. Il giuoco cecoslovacco fa parte della funzione di contrappeso che la Francia ha assegnato al suo sistema nell'Europa Orientale, nel momento in cui tratta con l'Italia.

Elemento psicologico essenziale, del quale non devo dissimulare a V. E. l'importanza, è la fiducia che qui si nutre nella fedeltà della Francia verso i suoi alleati; fiducia che si ostenta, a mio avviso, e non senza efficacia, per costringere la Francia a mantenere integra quella solidarietà che è elemento vitale della sicurezza di questo Stato, minacciato sopratutto dalla Germania.

Tutto quanto precede non impedisce a Benes di continuare a dichiararsi, come si è meco dichiarato, sempre molto desideroso di effettuare il riavvicinamento della Cecoslovacchia e della Piccola Intesa all'Italia. Tale riavvicinamento -come riferisco a parte -ha avuto in questi giorni una manifestazione assai calorosa e dimostrativa nei festeggiamenti fatti qui a Praga a Luigi Pi

randello. Benes vi ha largamente partecipato in persona, mentre il ministro degli esteri aggiunto Krofta ha pronunciato un discorso marcatamente italofilo. Solo, come osservato in principio, Benes non mi ha parlato questa volta né di epoca; né di programmi del suo eventuale viaggio a Roma (1).

Né io ho creduto farvi allusione, ritenendo che la fase attuale sia principalmente di attesa e che la riserva dimostrata da Benes possa anche essere in relazione all'imminenza della ripresa del dibattito ungaro-jugoslavo a Ginevra, nel corso del quale Benes prevedè, probabilmente, di doversi nuovamente impegnare.

Per cui ho preferito !imitarmi ad un atteggiamento più che altro informativo, al fine di fornire elementi di giudizio per le alte decisioni che V. E. avrà a prendere in merito ai prossimi sviluppi dei problemi suaccennati.

(l) -T. 4319/167 R., non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. nn. 28, 29, 30 e 31. (l) -T. per corriere 4267/0124 R., non pubblicato. (2) -T. per corriere 3877/0108 R., non pubblicato.

(l) Gruppo indec!frato.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 22 dicembre 1934,

Il signor Chambrun mi dice di aver notizie da Parigi portategli dal Signor Lagardelle, che ha parlato recentemente con Lavai il quale è sempre fermamente deciso di venire a Roma non appena sarà possibile poter superare le difficoltà che si oppongono all'incontro. Oggi si può dire che tutto fa perno sulla questione dell'Austria.

L'Ambasciatore, tenendo conto delle vedute di Parigi e delle recenti notizie avute dal Signor Lagardelle mi presenta a nome suo personale una possibile soluzione, quale risulta dall'allegato. Egli non sa se Parigi potrà accettarla; mi prega tuttavia di sottoporla al Capo del Governo, perché se non ci fosse una probabilità di accettazione da parte nostra non la inoltrerebbe neanche a Parigi.

Per le altre questioni ancora in sospeso l'Ambasciatore ha ricevuto delle controproposte da Parigi che però ha respinto sa-pendo che non erano di nostra soddisfazione. Spera di avere su tutto una risposta nella settimana entrante.

Si rimane d'accordo di riunirei appena egli abbia tale risposta.

ALLEGATO

22 dicembre 1934.

La France et l'Italie reconnaissent la nécessité da maintenir l'indépendance et l'intégrité de l'Autriche et déclarent que dans le cas où cette indépendance et cette intégrité seraient menacées par une attaque venant du dehors elles se consulteront en vue des mesures à prendre.

Les deux Puissances sont d'accord pour examiner sans délai les conditlons dans lesquelles pourrait étre conclu un pacte tendant au méme but, pacte qui serait soumis

à la signature des Pays vmsms de l'Autriche et des autres Nations intéressées ou qui désireraient y participer. Ce pacte serait établi sur les bases suivantes:

l) garantie de l'indépendance, intégrité, autonomie de l'Autriche; 2) engagement à empecher sur son propre territoire tout mouvement ou toute propagande de nature à compromettre cette indépendance, cette intégrité, cette autonomie.

(l) Ma cfr. quanto comunicò Rocco con t. per corriere 312/6 R. del 12 gennaio: «Naturalmente le voci di imminente viaggio a Roma di Benes o dei tre ministri della Piccola Intesa riprendono a circolare con aumentata intensità ».

324

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 22 dicembre 1934.

Il Ministro di Romania insiste sulla necessità di venire a un avvicinamento fra l'Italia e i Paesi della Piccola Intesa in occasione dell'accordo francese.

La Romania per conto suo non domanda altro che di entrare nell'orbita della politica italiana; desidererebbe vivamente collaborare all'azione italiana nel bacino danubiano. Per quanto riguarda l'Austria, la Romania è disposta a concorrere insieme con gli altri alla garanzia dell'integrità dell'Austria stessa. La questione della garanzia dell'Austria non si impone oggi: è già posta nei trattati. Perché la Germania la rispetti non c'è altro che farle intendere che tutti i Paesi interessati, con unanimità di intenti, sono fermamente decisi ad opporsi a qualunque tentativo di menomazione della indipendenza; è insieme un «Machtfrage ~.

Ho risposto che per ora si tratta di fare un accordo fra Italia t'l Francia; tutto il resto verrà da sé.

325

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI SVIZZERA A ROMA, WAGNIÈRE

APPUNTO. Roma, 22 dicembre 1934

Ho convocato il Ministro di Svizzera per richiamare la sua attenzione sulla inammissibilità del contegno del Journal des Nations nei nostri confronti. Ginevra è ambiente troppo delicato perché possa tollerare che un giornale che esce in quella città insulti sistematicamente l'Italia. Non è escluso che se questa campagna continua noi dobbi!:l.mo prendere anche qualche provvedimento nei riguardi della partecipazione ai lavori di Ginevra.

Il Signor Wagnière si rende conto della fondatezza del nostro risentimento e ne darà immediata comunicazione al Governo Federale (l). Purtroppo la situazione della Svizzera è tale che anche il governo centrale ha poteri molto limitati per quanto riguarda il controllo nei singoli Cantoni.

(l) Per la risposta cfr. n. 450.

326

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. UU. 4430/741 R. Addis Abeba, 23 dicembre 1934, ore 18 (per. ore 1,10 del 24).

1°) -Riassumo esposizione e apprezzamento situazione attuale, basati su informazioni inviate da consolati e su quotidiani rapporti ed osservazioni qui raccolte e che, anche se solo in parte ammettono controllo, meritano oggi ponderato giudizio ogni più seria considerazione.

2°) -Continue riunioni vengono tenute Ghebi: mi si riferisce, eccettuati Imperatore e Ras Cassa, tutti i grandi capi vi esprimerebbero avviso incline a estreme decisioni.

3°) -Tra capi anche minori concentrati in città si andrebbe sviluppando convinzione prossima inevitabile rottura: a ciò contribuiscono ben nota mentalità guerriera, impressione per perdite subite e conseguente volontà reazione.

Popolo sembra mantenuto oscuro, ma non può attribuirglisi peso per eventuali decisioni.

4°) -Si rileva anche in capitale stessa (dove presenza legazioni e stranieri impongono maggiori precauzioni) notevole sempre crescente movimento armato, che assume aspetto di preordinato reclutamento.

5°) -Europei qui da lungo tempo residenti, ottimi conoscitori mentalità locale e vari possibili sviluppi situazione, manifestano in modo sensibilissimo nervosismo e apprensione. Molti italiani annunziano decisione partire.

6° -Misure militari (che segnalo in modo particolareggiato) tendono ora indubbiamente ad estendersi tutto Impero (vedi anche notizie da Gondar in mio telegramma n. 740) (1).

Mi vengono segnalate partenze anche capi da Addis Abeba verso regioni lontane dove devono di conseguenza procedere ver,e e proprie leve armati e forti concentramenti truppe.

Invio di armati, munizioni e materiali continua con ritmo crescente verso nostra frontiera somala e particolarmente Ogaden ove attualmente devono trovarsi concentrati (anche secondo avviso questo addetto militare) non meno

30.000 (dico 30.000) uomini: ritengo che tale numero potrebbe essere superiore e rapidamente raddoppiato e anche triplicato: e che attualmente circa 100.000. dico 100.000 armati, siano in movimento sulla linea Sidama-Harrar.

Concentramenti truppe fresche su posizioni lontane da nostre linee. Ma

ritengo debbasi in ogni momento scontare possibili azioni improvvisate, anche

contro eventuali direttive del Governo centrale, data tendenza all'azione, inevi

tabile in tali forti masse e loro capi.

7°) In relazione a ciò credo dover prospettare assoluta necessità prendere da parte nostra urgenti equivalenti misure intese sopratutto fronteggiare situazione che potrebbe presto crearsi tutta frontiera somala e particolarmente Ogaden.

Continuo a riferire.

(l} T. 4429!740 R. del 22 dicembre, non pubblicato.

327

IL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA, AL MINISTRO DELLE COLONIE, DE BONO

T. S. MASSIMA PRECEDENZA ASSOLUTA 711/28143-28149.

Mogadiscio, 23 dicembre 1934, ore 20,45.

Mio 28141/28142 segreto (1). Durante la mia permanenza zona Ual-Ual Uarder Afdub, ho interrogato separatamente ufficiali, graduati indigeni e parecchi dubat. Tutti confermano nel modo più assoluto abissini attaccarono per primi, e di ciò tutti danno varie prove.

1°) Sulla loro linea affluirono rinforzi successivi, ed ·essi attaccarono quando ritennero fossero in numero sufficiente; tali rinforzi noi vedevamo arrivare giorno per giorno; è evidentissimo che se avessimo avuto comunque intenzione di attaccare, lo avremmo fatto quando abissini erano ancora in numero relativamente esiguo.

2°) Come ho già telegrafato, le nostre linee e le loro stavano a due metri di distanza e al massimo cinque in talune località, gli uomini erano quindi a portata di voce; or bene, continuamente gli abissini ingiuriavano e provocavano i dubat, anche lanciando loro delle cose e racconta;ndo loro che Abissinia aveva clamorosamente sconfitto l'Italia ad Adua, e che erano venuti per ripetere un'altra volta Adua, che sarebbe stata la definitiva; tanto che tutti i dubat domandavano agli ufficiali se ciò era vero e se era vero che gli abissini avevano forze tali per giungere fino al mare come affermava;no che avrebbero fatto.

3°) Gli abissini tentavano continuamente di indurre i dubat alla diserzione dicendo loro che tra breve tutta la Somalia sarebbe stata in possesso dell'impero etiopico.

4°) Nella notte precedente il giorno dell'attacco, gli abissini spostarono in vari punti le zeribe di ramaglia dinnanzi alle postazioni dei dubat, per prepararsi dei varchi.

5°) Quando al colpo di fucile sparato in aria seguì immediatamente la prima scarica di fucilate, caddero per primi i graduati, i cosiddetti comandanti di banda ed il sottocomandante, ciò che dimostra per la esattezza del tiro proprio a quelle persone, che il tiro era preordinato.

6°) Anche la scelta dell'ora, cioè tra le 17 e le 17,30, è un indizio, poiché se noi avessimo avuto intenzione di attaccare lo avremmo fatto in un'ora nella quale fosse stato possibile un largo uso degli aeroplani mentre gli abissini hanno scelto appunto ora in cui poco efficacemente aeroplani avrebbero potuto adoperarsi: è noto infatti che alle ore 18 in Somalia vi è piena oscurità.

7°) Tentativo di rimuovere di notte le ramaglie della zeriba, dopo le continue fucilate che gli abissini sparavano in aria con l'evidente scopo di mantenere in agitazione i dubat e probabilmente cosi di provocarli ad un attacco che potesse servire agli abissini di pretesto; il comando settore il giorno 4, avu

tane da me l'approvazione telegrafica, per tentare ancora una volta di evitare incidenti, mandò il tenente Salvi con lettere indirizzate al fitaurari Tessma e al fitaurari Scifarra in quattro copie, per diffidare gli abissini che non cercassero di forzare la nostra linea, poiché in tal caso la loro violenza sarebbe stata respinta con forza. Alle ore 10,20 del 5 dicembre il tenente Salvi presentatosi sulla linea abissina chiese di consegnare le lettere a fitaurari Tesamma

o Scifarrà. Giunse invece barambaras Fellaa Urc con largo seguito di armati che tenevano il fucile imbracciato, prese le lettere ed a richiesta del Salvi ne rilasciò ricevuta. Il Salvi fece osservare che il contegno provocatorio degli abissini e le continue fucilate che sparavano potevano far nascere degli incidenti che era nell'interesse comune di evitare. Il barambaras ed altri sopravvenuti si limitarono a rispondere che le fucilate avvenivano per motivi di caccia, e che avrebbero dato ord~ne di cacciare più nell'interno. Ma proprio mentre il Salvi si allontanava, un'altra fucilata partì ed il colpo andò a conficcarsi, spezzandolo, nel ramo di un albero entro gli appostamenti dei dubat. I dubat stessi mi fecero vedere l'albero con la pallottola che aveva spezzato il ramo. Ciò nonostante la linea dei dubat rimase calma. Alle 5 dello stesso giorno gli abissini sferrarono l'attacco.

8<') Mentre mi trovavo a Afdub, una pattuglia arrestò due pastori Ogaden disarmati provenienti da Gherlogubi. L'interrogai sul posto. Dopo aver parlato delle grosse perdite abissine, come venivano raccontate dagli abissini rifugiatisi in un primo tempo a Gherlogubi, aggiunsero con la più assoluta spontaneità questa cosa interessante: gli abissini feriti e fuggiaschi attribuivano la colpa del disastro agli inglesi, affermando che gli inglesi li avevano indotti ad attaccare le nostre posizioni col dire loro che erano poco [difese] e che se non le attaccavano e prendevano adesso, non sarebbero riusciti a prenderle più. Quando ciò si ricolleghi al fatto che la missione inglese ha tentato spacciare quel migliaio armati abissini per scorta della missione stessa, quando si rammenti che alla precisa domanda fatta da me rivolgere per iscritto da Cimmaruta al colonnello Clifford se intendesse cioè di considerare come scorta tutti .quegli armati, colonnello Clifford rispose molto evasivamente « che di ciò si era già parlato e che quindi era inutile tornare! sopra l), mentre nessuno ne aveva mai parlato, e quando infine si tenga presente che un giorno e mezzo dopo ritiro della missione inglese in Adò gli abissini, invece di seguirla come sarebbe stato naturale se costituivano realmente scorta, sferrarono attacco, si devono dedurre due cose: la prima, che ci riguarda in questo momento, è che gli inglesi per le note ragioni, cioè di conservare abbeverata alle loro cabile del British Somaliland e di sostituirsi cosi nella zona d'influenza italiana, hanno effettivamente spinto e aiutato abissini all'occupazione di Ual-Ual Uarder; la seconda, che gli abissini sono venuti dinnanzi Ual-Ual Uarder per occuparli ed hanno sferrato attacco preordinato, confidando probabilmente che fossero difesi da forze esigue come gli inglesi avevano loro detto e cercando agire prima che notevoli nostri rinforzi arrivassero.

9°) Maggiori particolari datimi sul rifiuto degli abissini di segnare con alberi e pioli le rispettive posizioni e di arretrare tanto i nostri quanto i loro armati, comprovano il loro intendimento di attaccare. Infatti, era così evidente nella proposta del capitano Cimmaruta il desiderio di evitare incidenti, che il

netto rifiuto degli abissini non sembrò opportuno neanche alla missione inglese, perché appunto denotava troppo chiaramente il loro proposito di occupare Ual-Ual Uarder con le armi; cosicché il colonnello Clifford persuase o finse persuadere Scifarra ad accondiscendere, ma gli abissini colsero il primo pretesto per rinnovare rifiuto: non vollero cioè firmare, come aveva già fatto il capitano Cimmaruta, sui primi alberi di delimitazione; Cimmaruta mostrò ancora grande longanimità e spirito conciliativo rispondendo che non faceva nulla e che avrebbe firmato esso solo. Allora capi abissini, non potendo sfuggire alla proposta in altro modo, finsero di mostrarsi indignati per il volo sulle linee dei nostri due aeroplani. Notisi che, come già detto, le linee erano a contatto, unicamente separate da una zeriba di una cinquantina di metri, quindi volando sulle nostre linee gli aeroplani non potevano evidentemente evitare di volare anche sulle linee loro.

10°) Dell'interrogatorio dei prigionieri e dei disertori, manderò più particolareggiate notizie in un successivo telegramma. Risulta, per unanime risposta, che gli abissini dovevano attaccare e occupare Ual-Ual Uarder, «qualora il Governo italiano non si fosse deciso a sgombrare » e alcuni aggiunsero che i capi facevano correre la voce fra gli armati abissini che, attaccato Ual-Ual Uarder, si sarebbe poi proseguito per Balad fino a Mogadiscio.

(l) Non pubblicato.

328

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. R. 1634/391 R. Roma, 23 dicembre 1934, ore 24.

Suo telegramma 717 (l).

Contemporaneamente alla presentazione della nota di cui ad altro telegramma odierno (2), prego V. S. di fare in modo che il dr. Borra si rechi con un pretesto a visitare il segretario dell'Imperatore per fargli, in relazione al colloquio con questi avuto, talune dichiarazioni confidenziali sulle linee seguenti:

« Borra dovrà premettere di parlare a titolo suo personale, aggiungendo però di ritenere che quanto sarà per dire corrisponda sostanzialmente alle vedute di codesta R. legazione.

L'Italia non potrà in alcun modo deflettere dalla tesi, corrispondente pienamente alla realtà dei fatti, che l'attacco di Ual-Ual è stato iniziato dai reparti etiopici. L'Imperatore è evidentemente ingannato dai falsi rapporti degli agenti periferici. È nota la mentalità etiopica e la facilità con cui capi e sottocapi prendono dapprima iniziative inconsulte e cercano poi di sfuggire alle responsabilità cui sono andati incontro, falsando la verità dei fatti.

Il Governo etiopico ha avuto il torto di voler coprire con la propria responsabilità le azioni dei suoi subordinati e, adottando la loro versione, di esporla pubblicamente senza sottoporla ad un previo ed accurato controllo.

Non è supponibile che il Governo italiano defletta dalla sua richiesta di scuse e riparazioni, il cui principio esso esigerà che sia accettato, anche se potrà poi mostrarsi arrendevole sulle modalità di esecuzione.

È desiderio italiano che l'incidente non degeneri e non modifichi il carattere dei rapporti fra i due paesi; ma ciò dipende dal Governo etiopico.

L'Italia non ha mai avuto e non ha intenzione di suscitare conflitti con l'Etiopia. È sempre ben disposta, dopo regolato l'incidente di Ual-Ual, a riprendere immediatamente i lavori per la delimitazione della frontiera somalo-etiopica sospesi non per colpa dell'Italia fin dal 1910.

L'Italia sviluppa in tutti i campi una politica di pace; non cerca complicazioni internazionali. Ma l'Italia, quale grande Potenza, non può soffrire offese ed esigerà quindi soddisfazione per l'aggressione subita.

(1) -Cfr. n. 302. (2) -Cfr. n. 329.
329

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. 1636/392 R. Roma, 23 dicembre 1934, ore 22,15.

Suoi telegrammi 710, 715 e 716 (1). Prego V. S. voler presentare al Governo etiopico, in risposta alla sua ultima nota del 15 corrente, una comunicazione scritta su linee seguenti:

L «Sulla base delle informazioni dei propri agenti periferici, delle quali è evidente l'infondatezza, il Governo abissino a cui spetta di controllare le informazioni stesse, continua a sostenere una versione del tutto arbitraria sull'origine del combattimento di Ual-Ual. Il Governo italiano rinnova e conferma quanto ha già precedentemente esposto al Governo etiopico, che cioè il 5 corrente il presidio italiano, da varii anni stabilito ad Ual-Ual, è stato attaccato da forze armate etiopiche improvvisamente e senza provocazione alcuna. L'attacco ha avuto tutti i caratteri di una flagrante aggressione. Il Governo italiano mantiene pertanto nel modo più fermo le domande di scuse e riparazioni già presentate.

2. Il Governo italiano deve vivamente protestare per un nuovo atto di ostilità, compiuto da armati etiopici. Il giorno 8 corrente un aeroplano italiano sorvolava la zona del combattimento, in vista della pista Ual-Ual-Ado. Esso veniva fatto oggetto a ripetute scariche di fucileria da parte di taluni armati etiopici in marcia verso Ual-Ual.

L'aeroplano italiano rispose al fuoco ed inseguì gli armati etiopici fino ad Ado, dove, persistendo la fucileria etiopica, lasciò cadere due bombe presso l'ingresso di quella Zeriba.

È del tutto infondata l'affermazione, fatta dal Governo etiopico nella sua ultima nota, che Gherlogubi sia stata bombardata da aeroplani italiani.

3. Il Governo italiano non ha alcuna intenzione -come afferma il Governo etiopico -di sottrarsi a quanto è disposto dai trattati fra i due paesi. È il Governo etiopico che con la flagrante aggressione di Ual-Ual ha violato tali trattati. Ad esso sta quindi, prima di invocarli ulteriormente, di riparare il diritto offeso, rendendo così possibile la ripresa dei lavori di delimitazione della frontiera tra Somalia ed Etiopia, non compiuti finora non per fatto italiano.

Il Governo italiano rinnova pertanto in modo formale l'invito al Governo etiopico di dare soddisfazione alle domande presentate.

4. Il Governo italiano prende atto che il Governo etiopico, nel fornire alla

S.d.N. informazioni circa l'incidente di Ual-Ual, non ha inteso pregiudicare in alcun modo la continuazione dei negoziati diplomatici tra i due Governi».

(1) T. 4337,'710 R. del 16 dicembre, t. 4340/715 R. e t. 4341/716 R., entrambi del 17 dicembre, non pubblicati, con i quali Mombelli aveva comunicato il testo della nota etiopica del 15 dicembre.

330

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 1635/185 R. Roma, 24 dicembre 1934, ore 3,15.

Prego V. S. voler informare in via del tutto confidenziale presidente Goemboes e ministro Kanya su stadio attuali negoziati con la Francia per quanto riguarda questioni che possono interessare Ungheria:

l) Austria -Si è d'accordo in massima circa la conclusione di un patto per l'indipendenza dell'Austria (l). La Francia è disposta a farvi partecipare la Germania, ma richiede che in ogni caso vi partecipino l'Ungheria, la Jugoslavia e la Cecoslovacchia. La formula sulla quale si potrebbe fare l'accordo consterebbe di due parti. Nella prima la Francia e l'Italia ispirandosi ai prin-. cipi delle precedenti dichiarazioni itala-franco-inglesi si impegnerebbero a consultarsi « in vista delle misure da prendere » nel caso in cui l'indipendenza o l'integrità dell'Austria fossero minacciate. La seconda parte della formula riguarderebbe gli «Stati limitrofi dell'Austria» nel senso che l'impegno che assumerebbero Francia e Italia restasse aperto anche agli Stati limitrofi. Come ho detto, la formula potrebbe raccogliere l'adesione dell'Italia e della Francia quantunque da parte francese si insista perché la seconda parte della formula sia più lata nel senso da implicare senz'altro l'adesione degli Stati limitrofi.

Prego di chiedere e farmi conoscere d'urgenza il pensiero di codesto Governo al riguardo.

2) Bacino danubiano -La Francia ha chiesto che si esamini in via preliminare alla venuta di Lavai la possibilità di una sistemazione del bacino danubiano.

È stato risposto che data la complessità di tale quistione, la sua soluzione sarebbe stata difficile a trovare ora, e che in ogni modo essa si sarebbe avvantaggiata dall'esistenza di un accordo tra la Francia e l'Italia per le altre quistioni.

3) Jugoslavia -La Francia ha chiesto che l'Italia faccia una dichiarazione a favore dell'integrità jugoslava sul tipo di quella fatta da Simon alla Camera dei Comuni, o che in qualche altra forma dimostri la sua volontà di mantenere la integrità jugoslava e il suo desiderio di avvicinarsi a quel paese.

Si è risposto che un migtioramento delle relazioni itala-jugoslave potrà avvenire in run secondo momento come conseguenza dell'accordo itala-francese ma non può essere posto come condizione di quest'ultimo.

4) Questione absburgica -La Francia ha chiesto che l'Austria sia indotta a dare pubblicità alla dichiarazione fatta dal ministro d'Austria a Praga al ministro Benes.

Si è risposto che la cosa non pare opportuna. 5) Rimarrebbe quindi in piedi solo la prima quistione relativa all'Austria. Telegrafi (l) .

(l) Cfr. in proposito quanto riferiva Chambrun a Lavai su un colloquio avuto con suvich il 23 dicembre, in DDF, vol. VIII, pp. 464-465. Non è stato trovato il verbale di questo colloquio.

331

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. CONFIDENZIALE 1637 R. Roma, 24 dicembre 1934, ore 3,15.

V. E. conosce il contenuto delle comunicazioni pervenute da parte italiana e da parte etiopica a Ginevra sull'aggressione etiopica di Ual-Ual, nonché il contenuto delle note scambiate tra il Governo italiano e il Governo etiopico. È in concorso di spedizione una nota di replica del Governo italiano ad Addis Abeba (2) colla quale si riconferma la versione italiana dell'incidente e si insiste nelle scuse e riparazioni già richieste. Nota informativa di analogo contenuto viene pure diretta al Segretario della Società delle Nazioni. Con tel,egramma a parte (3) gliene invio testo.

Il Governo italiano ha sinora condotto la sua azione in materia con la maggiore moderazione verso l'Etiopia, né esso ha, come non ha mai avuto nel passato, alcuna intenzione di spingere le cose all'estremo; ma esso è fermamente deciso ad esigere la riparazione del diritto offeso. Sta perciò al Governo etiopico di evitare complicazioni dando al Governo italiano le soddisfazioni domandate.

Il Governo italiano ha già nel passato dichiarato al Governo etiopico di essere disposto a riprendere i lavori per la delimitazione della frontiera fra la Somalia e l'Etiopia, lavori sospesi per fatto etiopico fin dal 1910. Esso è sempre disposto a riprenderli, beninteso dopo che l'incidente di Ual-Ual sia regolato nel modo richiesto.

Il Governo italiano ritiene che possa interessare conoscere le direttive italiane nella presente questione ai Governi di Parigi e di Londra, confinanti come l'Italia con l'Etiopia e con l'Italia firmatari dell'accordo tripartito del 1906.

Prego in conseguenza V. E. di voler render note in via amichevole e confidenziale le suespresse direttive a codesto Governo. Non lasci sussistere dubbi sulla decisione dei nostri propositi.

(1) -Cfr. n. 338. (2) -Cfr. n. 329. (3) -T. 1643 C.R., pari data, non pubblicato. Per 11 testo della nota cfr. Il conflitto ttaloetìopico, pp. 123-124.
332

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4458/750 R. Addis Abeba, 24 dicembre 1934, ore 23 (per. ore 23,45 del 25).

Ho avuto occasione intrattenermi con questo ministro d'Inghilterra su argomenti concernenti incidente Ual-Ual e situazione attuale.

Colloquio protrattosi a lungo; per quanto sir Sidney Barton abbia tenuto dare sue dichiarazioni carattere personale, esse indubbiamente meritano attenta considerazione.

1°) Mio interlocutore mi ha dato impressione essere perfettamente al corrente questione e dettagliatamente informato su quanto avviene a Londra e a Roma.

2°) Dopo accenno a tesi inglese circa dini.tti abbeverata e pascolo e conseguenti decisioni commissione mista, mi ha esposto suo avviso situazione derivante da incidente.

Mi ha detto che Italia e Inghilterra, unite non da oggi in politica intesa conservare pace e dopo recente fattiva collaborazione ginevrina di Eden e Aloisi, dovevano collaborare anche qui per evitare nuove pericolose cause di attrito (ha anche accennato a tripartito che considera interessi inglesi-italiani in Etiopia).

3°) Venendo considerare possibile soluzione, mi ha fatto presente per incidente Gondar Governo etiopico mostratosi arrendevole e accettate tutte le nostre richieste prima svolgimento inchiesta: ha mostrato ritenere difficile possa ora addivenire analoga decisione.

Mi ha chiesto mio personale pensiero circa formula di una soluzione possibile.

Rispostogli (mi ero finora limitato ascoltare) che incidente Ual-Ual avendo tutti i caratteri di indiscutibile e ingiustificata aggressione, sua liquidazione doveva, a mio avviso, precedere ogni altra trattativa.

4°) Sir Sydney insiste nel ritenere ciò difficile ad ottenere, a meno, aggiunge, che non si ritenga dare contemporaneamente affidamenti per successiva delimitazione frontiera, scopo definitivo evitare ogni ulteriore minaccia incidenti.

Mi chiede (visibilmente egli accentua questa sua proposta, anche se presentata a titolo personale) se vitengo possibile tale soluzione.

Rispostogli (non ho creduto dovermi impegnare) che non conoscendo a fondo precedenti questioni, mi era difficile apprezzare fin da ora difficoltà che a sollecito inizio delimitazione potrebbero opporsi: mi risultava però che dichiarazioni a riguardo erano state fatte al Blata Herui da conte Vinci, a nome del R. Governo.

Mio interlocutore continuato diffondersi su opportunità delimitazione frontiera, e che, a suo dire, ambasciatore Drummond avrebbe già intrattenuto codesto ministero; messo ancora in relazione incerta attuale situazione con torbidi nicorrenti in zona stessa, e possibile incitamento a etiopici ricercare soluzione diretta (anche nota spedizione di Gabrè Mariam nel 1931 avrebbe avuto, secondo ministro d'Inghilterra, primo movente in detta situazione).

5°) Ho riportato da colloquio netta impressione che ministro d'Inghilterra abbia, di proposito, quantunque evidentemente... (l):

a) possibilità e opportunità di collaborazione itala-inglese; b) progetto soluzione cui sopra accennato, alla quale ha mostrato (sia pure sempre a titolo personale) annettere importanza e possibilità riuscita.

Mi sono naturalmente limitato ad ascoltarlo ed ho tenuto dargli sensazione che liquidazione incidente viene da noi posta in prima linea. Mi è però sembrato che elementi dichiarazioni sir Barton, e specie se messi in rapporto con più volte segnalate attività di questa legazione Inghilterra a stretto contatto con Governo etiopico, siano di indubbio interesse e tali da doverli sollecitamente segnalare all'E. V.

333

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4460/0208 R. Vienna, 24 dicembre 1934 (per. il 26).

Se Starhemberg nel suo discorso dell'altro giorno (mio teleposta n. 2644) (2) volle dare alle sue disposizioni pacifiste verso il nazismo un tono così caldo, che anche suoi intimi amici (come il Berger) trovano esser egli forse andato oltre i limiti consentiti dall'atmosfera natalizia, il signor Schuschnigg ha cercato ben presto sopravvanzarlo in longanimità, concedendo una amnistia quasi totale (ne sono rimaste escluse solo 700 persone) ai nazisti internati nel campo di Wollersdorf (mio teleposta n. 2647) (2).

Mi risulta che tanto il discorso dello Starhemberg, quanto l'amnistia concessa dal cancelliere, non sono stati né provocati né sollecitati da questo ministro di Germania. Sicché il fatto della loro spontaneità, mentre fa venir meno l'ipotesi di attuali diretti negoziati austro-tedeschi, conferma invece i sintomi, già intravvisti in altre occasioni, d'una certa gara di clemenza stabilitasi fra le Heimwehren ed il cancelliere, nei rispetti dei «nemici di ieri~.

Evidentemente la detta gara potrebbe lasciar supporre, stante anche il disagio qui risentito per l'incerta situazione internazionale e le non dissipate preoccupazioni pel preteso disinteressamento francese alla causa austriaca, un tentativo di accaparramento, tanto dalla parte dello Starhemberg quanto dalla parte dello Schuschnigg, dei cos,idetti nazionali, ciascuno ai fini di una propria trattativa.

Tuttavia le oculate indagini, da me effettuate al riguardo, non giustificano pel momento tale sospetto. Sembra che nei gesti compiuti dallo Starhemberg e da Schuschnigg si debba fin oggi leggere una generica benevola disposizione per una rapida pacificazione interna e per una progressiva normalizzazione dei rapporti austro-tedeschi. Naturalmente, questa presa di posizione potrebbe avere i suoi sviluppi sia nel caso in cui avesse ad aggravarsi la nota tensione esistente fra Heimwehren e cristiano-sociali, e sia nel caso in cui la situazione internazionale, e sovratutto il contegno della Francia, avesse a determinare in Austria nuove preoccupazioni.

Ora, circa il primo caso, anche Berger si dice sicuro che Schuschnigg, subito dopo le feste, verrà incontro ai desiderata delle Heimwehren (specie sul punto di non prorogare i poteri del signor Miklas, di sostituirlo con lo Starhemberg e di nominare un heimwehrista al posto di vice cancelliere), facendo cessare senz'altro le diffidenze esistenti tra le Heimwehren ed i cristiano-sociali, e quindi anche l'esibizionismo pacifista.

Circa il secondo caso invece null'altro potrei aggiungere a quanto ho già segnalato a V. E. nei riguardi dei reiterati passi qui fatti dal ministro di Francia per dissipare le ansiose· preoccupazioni di questo Governo, ed in particolare quelle di Schuschnigg, relativamente al contegno del signor Lavai nei riguardi della questione austriaca.

(l) -Gruppo !ndecifrato. (2) -Non pubblicato.
334

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4455/517 R. Parigi, 25 dicembre 1934, ore 14,30 (per. ore 19,25).

Da fonte di solito bene informata mi è stato riferito aver Lavai detto a persona con la quale si confida che Simon si è manifestato favorevole alla tesi italiana nei negoziati in corso.

Ho procurato di sapere senza riuscirvi finora se presunta dichiarazione di Simon si riferisse alla questione austriaca o al fatto che V. E. non accetta di far dipendere comunque l'accordo con la Francia da una nostra preliminare intesa con la Jugoslavia.

Penso, però, per quello che dirò in seguito che la dichiarazione del ministro inglese possa se mai riferirsi seconda delle questioni suaccennate. Sempre a proposito recentissime interviste di Simon con Flandin e Lavai riferisco alcune informazioni raccolte da fonte inglese competente.

Simon ha effettivamente invitato presidente del consiglio e ministro degli affari esteri francesi recarsi a Londra specialmente per riprendere colà conversazioni circa disarmo.

7.7 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

S1mon desidererebbe che Inghilterra, Italia e Francia si mettessero d'accordo sulla questione per invitare poi la Germania a riprendere trattative e a tornare a Ginevra.

Pare che tali trattative dovrebbero basarsi specialmente in legalizzzazione del presente statu quo degli armamenti tedeschi.

Lavai accettando invito ha insistito e Simon ha convenuto che il viaggio a Londra avvenga dopo il plebiscito e dopo visita a Roma che lo stesso Lavai avrebbe detto di sperare possa effettuarsi presto.

Sempre da fonte inglese si afferma che fra Simon e il ministro francese non si è parlato delle conversazioni itala-francesi.

La quale cosa, dico io, non è verosimile.

Questione austriaca è stata invece trattata e Simon e il [ministro] francese sarebbero stati completamente d'accordo nel considerare che indipendenza Austria debba essere garantita da tutti gli Stati limitrofi e interessati che sono stati enumerati: Inghilterra, Italia, Francia, Germania, Ungheria, Cecoslovacchia e Jugoslavia.

Romania non dovrebbe essere compresa fra gli Stati garanti. Che Lavai intenda subordinare viaggio a Londra al raggiungimento di una intesa con noi è cosa verosimile.

Governo francese sa che incontrerebbe opposizione irriducibile nelle ... (l) e nel paese se acconsentisse a disarmare e sa pure che V. E. non intende disarmare.

È ovvio pertanto che Lavai vada a Londra soltanto dopo avere concordato con v. E. comune linea di condotta nella questione del disarmo.

335

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4453/518 R. Parigi, 25 dicembre 1934, ore 14,30 (per. ore 19,20).

In seguito alla comunicazione telefonica di ieri sera S. E. il Capo di Gabinetto di V. E. ho veduto stamane direttore generale affari politici Quai d'Orsay.

Gli ho detto del telegramma inviato alla S.d.N. dal Governo abissino denunziante una nostra avanzata nell'Ogaden e del fermento esistente fra i Ras per deporre l'Imperatore ritenuto debole nelle decisioni e nelle azioni che i Ras stessi ritengono necessarie nelle contingenze.

Ho dichiarato al mio interlocutore che la notizia dell'avanzata delle nostre

truppe è destituita di fondamento qualsiasi.

Il signor Bargeton mi ha detto che di quanto precede informerà subito per telefono il ministro affari esteri Lavai, oggi assente da Parigi, ma da parte sua ha insistito per sapere se analogo passo fosse stato da noi fatto a Londra.

Non ho potuto rispondere perché questo particolare non mi risultava dalla telefonata di ieri che con difficoltà avevo potuto raccogliere; gli ho detto però che molto probabilmente un analogo passo era stato fatto a Londra.

Ho telefonato in seguito al Gabinetto di V. E. e dopo una conversazione col comm. Jacomoni ho potuto confermare al Quai d'Orsay che !'[ambasciata] di Londra ·era già a contatto con quel ministero affari esteri per la comunicazione di cui si tratta.

Ho poi aggiunto al signor Bargeton (valendomi delle nuove informazioni datemi dal vice capo di Gabinetto) che, mettendo in relazione il telegramma fatto da Addis Abeba a Ginevra col notevole movimento di truppe che avevamo notizia essere in atto da parte del Governo abissino, era da supporre che il telegramma abissino alla S.d.N. non avesse scopi sinceri, ma fosse inteso piuttosto a creare un alibi ad azione avventata che Governo abissino starebbe preparando.

Il signor Bargeton ha confermato che informerà subito di tutto Lavai, ma mi ha lasciato chiaramente intendere che Governo francese vorrà mettersi d'accordo con quello inglese prima di prendere qualsiasi determinazione circa questione di cui gli ho tenuto parola.

(l) Gruppo indecifrato.

336

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4454/811 R. Londra, 25 dicembre 1934, ore 21,17 (per. ore 2 del 26).

In seguito alle istruzioni telefoniche impartitemi iersera dal barone Aloisi ho informato stamane Foreign Office della comunicazione che Governo etiopico ha diretto al Segretariato Generale della S.d.N. circa pretesa avanzata da parte riP.lle nostre truppe in Etiopia.

Ho messo in chiaro che tale avanzata è tendenziosa invenzione Governo etiopico e ho richiamato attenzione Foreign Office sul fatto che asserzioni di quel Governo, mentre non hanno alcuna ombra di fondamento, appaiono manifestamente dirette a precostituire fittizia giustificazione di un attacco che probabilmente abissini preparano contro di noi.

Ho poi messo al corrente Foreign Office del contenuto del telegramma di

v. E. n. 309 (l) e della seconda comunicazione da noi diretta a S.d.N., mettendo in rilievo con quanta moderazione Italia abbia agito ad Addis Abeba ma come deciso sia e debba essere nostro proposito di ottenere dal Governo etiopico piena riparazione per l'inconsulto attacco di Ual-Ual.

Ho pregato quindi Foreign Office voler dare istruzioni subito al ministro d'Inghilterra a Addis Abeba perché egli svolga opportuna azione sul Governo etiopico onde indurlo a considerare con maggiore senso di responsabilità suoi propositi e suoi atti.

Nella assenza di sir John Simon e di Vansittart, che si trovano in vacanza, Foreign Office non ha potuto prendere con me alcun impegno.

Ma vansittart è stato oggi stesso informato del nostro passo odierno ed il Foreign Office conta poter ricevere domani stesso istruzioni necessarie per poter agire nel senso da noi desiderato.

(l) Protocollo particolare per Londra del n. 331.

337

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI (l)

T. 1648 R. Roma, 26 dicembre 1934, ore 13.

Faccio seguito alle mie comunicazioni verbali concernenti atteggiamento Abissinia e invito V. E. a precisare categoricamente (per Londra) al Foreign Office, (per Parigi) al Quai d'Orsay:

l) che Italia non ha spostato sue truppe dopo l'incidente di Ual-Ual e quindi la denunzia del Governo di Addis Abeba a Ginevra è completamente falsa;

2) che tale denuncia può essere un alibi per giustificare una mobilitazione che i nostri rappresentanti ci segnalano come già in atto;

3) ·Che l'ItaUa non ha alcun proposito aggressivo contro Etiopia e che è sempre pronta a dirimere ogni controversia secondo una politica di buon vicinato.

È bene che Parigi e Londra si adoperino a calmare la grande eccitazione dei Ras prima che sia troppo tardi.

338

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4496/13211/070 R. Budapest, 26 dicembre 1934 (per. il 29 l.

Miei telegrammi nn. 226 e 227 (2).

l. -Il presidente Goemboes ha ascoltato con VlVlSSlmo interesse le comunicazioni confidenziali da me ieri fattegli giusta le istruzioni impartitemi da V. -E. con il telegramma n. 185 (3).

A comunicazione ultimata mi ha chiesto un giorno di tempo per definire il pensiero del Governo ungherese ciroa il progetto di patto per l'indipendenza dell'Austria. Riteneva necessario esaminare prima accuratamente la formula, consultarsi con Kanya e riflettere su tutta la questione, tanto importante.

La sua prima impressione -che anche questa volta non voleva tacermi ma a cui dovevo attribuire carattere personale e provvisorio -era che all'Ungheria fosse eventualmente possibile accedere al patto progettato soltanto ove a questo partecipasse anche la Germania. La proposta francese d'includere Jugoslavia e Cecoslovacchia gli sembrava mirasse sopratutto ad evitare che -a cagione della situazione geografico-militare -l'Italia potesse praticamente

intervenire in Austria da sola; la partecipazione dell'Ungheria -pure richiesta dal Quai d'Orsay -era invece probabilmente considerata a Parigi da un lato come un male necessario, dall'altro come una maniera per poter schierare anche l'Ungheria contro la Germania. Del resto -mi ha fatto intendere -continuava a dubitare che i complessi negoziati itala-francesi potessero giungere in porto.

Circa la questione absburgica il presidente ha osservato infine come anche l'attuale atteggiamento francese dimostrasse quanto fossero infondate le speranze ed errate le asserzioni dei legittimisti che s'illudevano Parigi fosse in sostanza favorevole alla restaurazione, mentre oggi come ieri, nell'interesse della Piccola Intesa, Parigi faceva invece di tutto per impedirla.

2. Nel darmi oggi lettura dena lettera da lui diretta all'E. V. (l) e che trasmetto con telespresso n. 13210/1660, il presidente ha precisato a mia richiesta:

Al punto e: Il Governo ungherese -come· è ben noto al Governo austriaco -non nutre aspirazioni revisionistiche di sorta nei riguardi del Burgenland; né si preoccupa menomamente delle ripercussioni che un suo formale riconoscimento dell'« integrità» dell'attuale Stato austriaco, cioè delle attuali

. frontiere di esso, potr·ebbe avere sull'opinione pubblica ungherese: ritiene invece di non poter pregiudicare in via di dichiarazione, innanzi al mondo, quel principio della revisione magiara che potrà -come il Duce sa -formare se mai oggetto di negoziati, do ut des: il giorno in cui si fosse costituito un precedente del genere nei riguardi dell'Austria sarebbe estremamente difficile per il Governo ungherese rifiutare un'eventuale proposta analoga nei riguardi degli Stati della Picçola Intesa.

Circa la cooperazione itala-ungherese nella questione austriaca: « Ove necessario e nell'ipotesi che una responsabilità germanica risultasse chiara, il Governo ungherese per tale questione si schiererà in futuro a fianco dell'Italia contro la Germania».

Circa l'asserito desiderio di Berlino di negoziati diretti con Vienna e Roma: l'informazione proviene da von Papen: si tratterebbe per ora soltanto dell'intenzione germanica di accordarsi direttamente con l'Austria e chiedere poi l'adesione italiana a tale accordo.

3. Essendo il discorso passato agli attuali rapporti ungaro-germanici il presidente ha lasciato trapelare -per la prima volta che questi gli erano motivo di qualche preoccupazione.

Non sopravalutava tuttavia -ha aggiunto subito -l'importanza dei circoli e dei giornali tedeschi che negli ultimi tempi avevano effettuato manifestazioni così poco amichevoli per l'Ungheria e le sue aspirazioni nazionali: a costoro riteneva aver dato conveniente risposta alla Camera in sede di interrogazione Grieger (mia Stefani n. 12715 del 13 corrente); se Goering intendeva identificarsi con loro, aveva servito anche lui come meritava. Del resto Neurath aveva fatto ringraziare lui, Goemboes, per le sue dichiarazioni.

In verità gli sembrava che in occasione della ·crisi austriaca dello scorso luglio i tedeschi avessero atteso, cioè preteso, dall'Ungheria un atteggiamento più favorevole: si erano legata al dito la sua neutralità. «Se qualcuno in quella circostanza poteva aver motivo di trovarci troppo freddi -ha osservato -eravate voi italiani; ma trattasi in ogni caso di episodi ormai superati: come anche S. E. Asquini ha potuto constatare, l'amicizia per il vostro paese e la devozione per la persona del Duce sono elementi definitivamente acquisiti nella coscienza politica ungherese:..

4. L'impressione che si può trarre dalla conversazione surriferita trova appoggio in quanto questa R. legazione è venuta registrando in questi ultimi tempi circa i rapporti ungaro-germanici, particolarmente in relazione ai viaggi di questo presidente del Consiglio a Roma e a Vienna ed alle varie fasi ed alla soluzione della vertenza ungaro-jugoslava a Ginevra.

II contesto della lettera che il presidente Goemboes indirizza oggi all'E. V., nel riaffermare l'atteggiamento « storico ~ di questo Paese nei riguardi della P.l., sembra confermare altresì che ìl raffreddamento dei rapporti ungaro-germanici non è giunto -se pure mai giungerà -al punto da consigliare a questo Governo modifiche fondamentali e formali alla posizione dell'Ungheria nella questione austriaca.

V. E. vorrà giudicare se ed in qual senso convenga qui esercitare oggi opera di persuasione o pressione per armonizzare con le vedute dell'E. V. quelle esposte dal Governo ungherese circa la formula del progettato accordo per l'Austria.

(l) -Minuta autografa di Mussollni a cui una mano diversa ha apposto la data 25 dicembre. (2) -T. 4452/226 R. del 25 dicembre e t. 4469/227 R. del 26 dicembre, non pubbllcatl. (3) -Cfr. n. 330.

(l) Non rinvenuta.

339

IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4487/179 R. Tirana, 27 dicembre 1934, ore 13,50 (per. ore 21,45).

Ho parlato stamane col Re.

La parte sostanziale del colloquio è stata la dichiarazione che egli mi ha fatto, e mi ha pregato di portare a conoscenza di V. E., circa la questione delle scuole cattoliche.

Mi ha detto per quanto le richieste della Santa Sede appaiano evidentemente esagerate, pur tuttavia, ritiene che offrano base di discussione e di conclusione. Ha aggiunto che la soluzione che egli sta concretando in argomento darà non solo soddisfazione alla Santa Sede ma costituirà una prova decisiva dei suoi intendimenti circa la diffusione della cultura italiana in Albania.

Colonnello Sereggi parte oggi per Roma per continuare il negoziato. II Re si è riservato mettermi al corrente delle definitive istruzioni di dettaglio che verranno a questi impartite.

•,

340

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. CONFIDENZILE 1655/400 R. Roma, 27 dicembre 1934, ore 19.

Suo telegramma 750 (1). In relazione a quanto espostole da Barton, V. S. potrà in colloquio con lui, esprimersi secondo le direttive seguenti:

a) Il principio della collaborazione itala-inglese in Etiopia, già implicito nell'accordo tripartito del 1906, è stato confermato nell'accordo itala-inglese del 1925. A detto principio il Governo italiano ha nel passato ispirato e intende ispirare la propria azione politica in cotesto stato; e considera la collaborazione itala-inglese particolarmente opportuna in circostanze quali quelle odierne. Al riguardo richiamo il mio telegramma n. 396 (2).

b) Circa incidente Ual-Ual, Governo italiano ha già preso posizione: il Governo etiopico ha compiuto un atto di flagrante aggressione; il Governo italiano ha chiesto conseguenti riparazioni. Esso è pronto a riprendere lavori per delimitazione confine somalo-etiopico, ma naturalmente dopo che cotesto Governa avrà fornito le soddisfazioni dovute.

341

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (3)

APPUNTO. Roma, 27 dicembre 1934.

L'Ambasciatore Chambrun ha ricevuto da Parigi un progetto per la questione dell'Austria, che rappresenta una -secondo Jui -felice armonizzazione dei punti di vista francese e italiano. Il Ministro Lavai ha fatto in questo riguardo il massimo sforzo e ha rinunciato a chiedere in via preventiva quel gesto amichevole verso la Jugoslavia che era stato menzionato nelle primitive richieste fmncesi.

Il Ministro degli Esteri francese spera che il Capo del Governo vorrà rendersi conto delle sue difficoltà e vorrà accettare la formula proposta.

L'Ambasciatore Chambrun consegna il testo di tale proposta (V. allegato).

Il Capo del Governo vuole mettere un termine: 5 o 10 anni. Conviene dare all'Austria l'impressione che un giorno potrà vivere da sé, senza tante garanzie.

II Capo del Governo rileva che gli accenni alla Società delle Nazioni possono dare un buon pretesto alla Germania per non aderire al Patto: preferirebbe toglierli.

Il Signor Chambrun ritiene che a Parigi si desideri vivamente che almeno una volta sia richiamata la Società delle Nazioni. Si rimane d'intesa che ciò può avvenire nell'accordo segreto ma non nel comunicato pubblico. Il Capo del Governo poi ritiene inutile l'adesione degli altri Paesi al patto consultivo itala-francese. L'Ambasciatore si riserva di richiedere maggiori precisioni su questo punto a Parigi dato che, come viene osservato, il testo non è chiaro. Il Capo del Governo preferisce anche sostituire la dizione «plurilaterale ~ a quella «internazionale ~-

Suvich osserva che non si capisce bene cosa stia a fare la Romania, che non è né Grande Potenza né Stato vicino dell'Austria; si potrebbe aggiungere anche la Polonia cosi l'accordo avrebbe una base più organica: Stati vicini dell'Austria, Grandi Potenze, Stati successori.

L'Ambasciatore farà una proposta analoga a Parigi. Il Conte Chambrun riferisce che Lavai ha grande urgenza di venire a Roma. Vorrebbe essere qui già alla metà della prossima settimana; chiede se a noi starebbe bene per esempio il 3. Il Capo del Governo risponde che se ci sarà l'accordo sui punti oggi in questione, per lui il 3 va bene. Sotto la premessa anzidetta il Signor Lavai può considerarsi invitato a partire dal 3. Il Oapo del Governo chiede che cosa avviene per gll altri punti in contestazione. *L'Ambasciatore dice che spera poter avere già domani una risposta. Appena gli pervenga la comunicherà al Sottosegretario.

Il Signor Chambrun deve aggiungere che sa che ci sono alcune difficoltà

per quanto riguarda l'Etiopia, determinate anche dal recente incidente, e in

particolare per quanto riguarda la ferrovia. Le azioni controllate dal Governo

francese non raggiungerebbero la maggioranza di due terzi necessaria per mo

dificare gli statuti. L'Ambasciatore spera tuttavia che queste difficoltà saranno

sormontate.

Per quanto riguarda la cessione di una zona della Somalia francese, il

Signor Chambrun sa che Lavai se ne occupa personalmente. Le proposte che

saranno fatte in tale riguardo saranno però sempre sotto riserva dell'appro

vazione del Consiglio dei Ministri. Egli spera tuttavia che il Consiglio possa

essere riunito già lunedì prossimo.

II Capo del Governo osserva che le concessioni relative alla Somalia e

all'Eritrea sono fondamentali. La Francia ha già un impero coloniale vastis

simo che le garantisce l'avvenire. L'Italia trova chiuso tutto il mondo; ha una

possibilità di espansione, con molte difficoltà, in Abissinia; non le si deve

chiudere anche questo sbocco se si vuole che l'Italia possa essere un elemento

per il mantenimento dell'equilibrio generale; altrimenti «nous pourrions gàter

la fete, au moins par notre inquiétude ~ *.

È importante che la Francia delimiti la sua zona di influenza commer

ciale in una striscia lungo la ferrovia disinteressandosi per tutto il resto.

L'Ambasciatore farà ancora delle raccomandazioni a Parigi in questo senso.

ALLEGATO

Le Chef du Gouvernement Italien et le Ministre des Affaires Etrangères de la République française ont procédé à un examen approfondi de la situation existant en Europe Centrale et spécialement en Autriche. Ils ont reconnu la nécessité d'y développer les sentiments de confiance notamment par la réaffirmation de l'obligation qu'a tout Etat de respecter l'indépen!lance et l'intégrité territoriale des autres Etats. Fermement attachés pour .leur part à l'observation de ce principe, ils sont tombés d'accord pour recommander aux Etats les plus intéressés la conclusion dans le cadre de la Société des Nations d'une convention comportant notamment l'engagement mutuel de ne pas s'immiscer dans leurs affaires intérieures respectives ainsi que l'engagement mutuel de ne susciter ni favoriser aucune agitation, propagande ou tentative d'intervention ayant pour but de porter atteinte, par la force, à l'intégrité territorif\le, ou de transformer, par la force, le régime politique ou social, d'un des Pays contiill.ctants. La faculté serait réservée aux contractants de conclure des accords particuliers en vue d'assurer avec le concours du Conseil de la S.d.N. l'application de ce principe.

Cette convention conclue initialement entre l'Allemagne, l'Autriche, l'Italie, la Hongrie, la Tchécoslovaquie et la Yougoslavie, serait ouverte à l'adhésion de la France, de la Grande-Bretagne et de la Roumanie sans préjudice de l'adhésion que les contractants jugeront utile de provoquer de la part d'autres Puissances.

En attendant la conclusion d'une telle convention et des accords particuliers qui en assureraient l'application et en raison de la nécessité de maintenir l'indépendance et l'intégrité de l'Autriche, ils sont convenus que dès aujourd'hui et dans le cas où cette indépendance et cette intégrité seraient menacées, ils se consulteront en vue des mesures à prendre. Cette consultation sera ouverte aux Puissances qui se déclareraient disposées à participer à la convention ci-dessus envisagée et à contracter des engagements particuliers en vue d'en assurer l'application.

M. Mussolini et M. Lavai ont approuvé les termes du communiqué suivant à donner à la presse sur cette partie de leurs entretiens:

«M. Mussolini et M. La val ont constaté l'accord de leurs Gouvernements sur la nécessité d'une entente internationale sur les questions d'Europe centrale. Ils sont convenus que la conception qu'ils ont adoptée sera soumise le plus rapidement possible à l'examen des différents Pays intéressés, dans le cadre de la S.d.N.

Ils sont convenus également qu'en attendant la conclusion de cette entente ils examineront en commun toutes mesures que la situation pourrait comporter ».

(l) -Cfr. n. 332. (2) -T. 1651/396 R. del 26 dicembre, con cui venivano comunicati ad Addis Abeba i nn. 335 e 336. (3) -Al colloquio era presente Suvich che redasse l'appunto. Ed. in SuvrcH, pp. 306-307, ad eccezione del brano fra asterischi.
342

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH,

E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 27 dicembre 1934.

Sir Eric Drummond mi informa che il suo Governo ha fatto l'azione pacifi

r:atrice presso il Governo abissino e ciò in relazione all'intervento italiano a

Londra.

L'Ambasciatore assicura che il suo Governo continuerà in questa opera e

si augura che l'incidente possa risolversi al più presto. Egli tuttavia, deve con

fessarlo, non vede per ora il modo di sortire dall'attuale situazione. L'Impera

tore non pare possa essere indotto a dare le richieste riparazioni ed è pro

babile che sotto una pm forte pressione si induca a ricorrere a Ginevra. Ciò

sarebbe, secondo Sir Eric Drummond, da evitarsi ad ogni modo.

Gli rispondo che non abbiamo nessuna intenzione di andare a discutere a Ginevra con gli abissini.

L'Ambasciatore si rende conto di questo nostro atteggiamento, ma non vede come noi potremmo sottrarci alla discussione quando la cosa fosse portata a Ginevra.

Gli rispondo che troveremo noi il modo, ma che a Ginevra non intendiamo andarci.

Sir Eric Drummond mi chiede se noi non potremmo fare come ha fatto il suo paese nel '31: sospendere cioè la definizione dell'incidente fino a che sia conclusa la questione dei confini.

Gli rispondo che ciò non è possibile; siamo disposti a risolvere la questione dei confini, ma dopo ottenuta la riparazione. L'aggressione è stata troppo ingiustificata e flagrante perché noi si possa rinunciare alla pretesa di riparazione.

L'Ambasciatore mi chiede se noi non potremmo trovare il modo senza ricorrere ad un arbitrato, di far chiarire da parte di qualche neutrale le circostanze di fatto onde potercene valere per la nostra richiesta.

Gli rispondo che neanche questo mi pare possibile.

Sir Eric Drummond si informa poi del corso delle trattative coi francesi.

Gli dico che proseguono alacremente, non nascondendo tuttavia che ci sono alcune serie difficoltà.

L'Ambasciatore spera che la cosa possa risolversi presto ed in relazione con queste trattative egli ha nncarico di informare il Governo italiano del punto di vista del suo Governo per quanto riguarda la situazione generale. Nella intervista di Simon con Flandin e Lavai si è parlato della necessità di riprendere dei contatti con la Germania per regolare la questione del disarmo. La Francia insisteva perché prima fosse regolata la questione del Patto orientale, ma sulla insistenza di Simon si è giunti all'accordo che le due questioni dovessero essere trattate contemporaneamente. Si vorrebbe poter regolare tutto prima del Plebiscito della Sarre. Sarebbe desiderabile perciò che le trattative italo-francesi fossero condotte a termine nel tempo più breve.

Mi chiede se l'Inghilterra possa fare qualche cosa per facilitare le trattative.

Gli rispondo che non mi pare il caso di entrare in particolari, ma che l'Inghilterra potrebbe far sentire a Parigi che le nostre richieste sono legittime e che bisogna accontentarci. L'Italia non si presenta « en demandeuse » ma come creditrice: si domanda l'esecuzione degli accordi conclusi (art. 13 del Patto di Londra). Questo riguarda solo l'Africa, mentre le aspirazioni italiane sono state completamente frustrate nel Mediterraneo Orientale dove lo spirito di tutti gli accordi era quello che ci dovesse essere una partecipazione a tre (Italia, Francia, Inghilterra).

L'Ambasciatore si rende perfettamente contò della legittimità delle nostre richieste e consiglierà al suo Governo una pressione a Parigi.

Osservo all'Ambasciatore che la questione del Patto Orientale mi pare complichi le cose. Il Patto Orientale non è voluto né dalla Germania, né dalla Polonia; è combinato piuttosto male, ha l'inconveniente di portare la Russia a garantire la frontiera del Reno e quindi non pare atto ad essere facilmente

attuato. D'altra parte non mi pare possibile, per quanto buona volontà ci si metta, di arrivare ad un accordo qualsiasi prima del Plebiscito della Sarre, il che vuol dire fra quindici giorni.

' L'Ambasciatore mi risponde che il Patto Orientale è necessario ai Francesi per poter presentare alla loro opinione pubblica la questione del riarmo della Germania. Per la celerità delle negoziazioni egli ha anche i suoi dubbi, pensa d'altra parte che intenzione di Lavai sarebbe di andare a Londra prima del Consiglio dell'H Gennaio.

L'Ambasciatore ha l'incarico di informarci che ci terrà al corrente di ogni eosa. Gli rispondo che il Governo italiano è come sempre ben disposto a collaborare ad un'opera di pace (1).

343

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 27 dicembre 1934.

Giusta le istruzioni dell'E. V., ho consegnato a questo Incaricato d'Affari etiopico la Nota Verbale (2) di smentita alle affermazioni del Governo abissino circa una pretesa avanzata delle truppe italiane in territorio etiopico. Gli ho fatto nel contempo viva pressione affinché il Governo etiopico sia indotto a regolare l'incidente di Ual-Ual, fornendoci le soddisfazioni dovute; ho aggiunto che, chiuso l'incidente, il Governo italiano è pronto a riprendere la delimitazione delle frontiere somalo-etiopiche, onde evitare per il futuro contrasti del genere.

L'Incaricato d'Affari etiopico ha accennato alla nota versione etiopica derl'incidente, ha espresso la volontà di pace dell'Imperatore, e si è infine diffuso sulla propria imbarazzante situazione personale, essendo egli accusato di favorire l'Italia. Mi ha promesso di inviare subito un telegramma all'Imperatore nel senso richiestogli e mi ha insieme domandato di agevolargliene la trasmissione. Al che ho assentito.

344

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4489/760 R. Addis Abeba, 28 dicembre 1934, ore 8 (per. ore 14,15).

Mio telegramma n. 741 (3). Da informazioni varie fonti rilevo preoccupazione Etiopia per tutta frontiera con Somalia, e vivo desiderio giungere a delimitazione frontiera stessa

(mi riferisco anche circa tale elemento di trattative nell'attuale momento, a mio telegramma n. 750 (l).

Noto Diamandara, agente Ras Cassa, che ha tentato ieri sondare nostre intenzioni in colloquio chiestomi (su cui riferisco a parte), ha chiaramente accennato a necessità definire delimitazione frontiera, anche in relazione possibile regolamento incidente.

Circoli etiopici prossimi Imperatore sarebbero oltremodo impressionati da campagna stampa francese circa trattative franco-italiane concernenti anche Africa, e particolarmente da dichiarazioni rese da varie personalità francesi.

Stampa locale ha riprodotto stralcio tali articoli e mentre una più serena valutazione avvenimenti sembrerebbe farsi strada fra autorità etiopiche, misure militari continuano in pieno, secondo notizie che qui giornalmente pervengono.

Confermo pertanto mio avviso circa necessità che contromisure adeguate, anche da attuarsi con cautele analoghe a quelle seguite da parte dell'Etiopia, vengano prese in Soma:lia ed anche in Eritrea, in relazione all'estendersi movimento armati in tutto Impero e ultimamente nel nord etiopico.

(l) -Il contenuto di questo colloquio fu comunicato a Londra con t. per corriere 1 R. del 2 gennaio 1935. (2) -Cfr. n. 329, (3) -Cfr. n. 326.
345

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 1663/314 R. Roma, 28 dicembre 1934, ore 13,30.

Trascrivesi seguente telegramma diretto da governatore Somalia a R. mi

nistero colonie in data 25 corrente:

«Da confronti e controlli informatori giunti Uarder risulta che ad Aradighet

vi sono tre campi. Quello etiopico, quello ciufta e quello inglese. Informatori

riferiscono per aver veduto e non per aver sentito. Hanno veduto tre ufficiali

britannici. Hanno sentito, ma non veduto, che vi sono altri quatliro bianchi

stessa nazionalità. Nel campo inglese hanno veduto molti ascari e cammelli

che ritengono siano circa 700. Descrizione divisa è corrispondente. Cifra riten

go esagerata. Hanno veduto molte tende ed una grande al campo inglese. Hanno

sentito che britannici hanno fornito cento automezzi da Burao, Argheisa, Gigh

Giga. Aggiungono che inglesi hanno anche promesso aeroplani. Intenzione

abissini e ciufta è quella di ·proseguire da Gherlogubi su Uarder ».

Aradighet è località situata circa 100 km. nord-ovest Ual-Ual.

Presenza inglesi in territorio etiopico, e precisamente a sud 8° parallelo

cioè in zona di influenza italiana, può dar luogo ad inconvenienti analoghi a

quelli lamentati per aggressione etiopica Ual-Ual.

Essendo in corso controllo da parte Governo Somalia presenza inglesi ad Aradighet, si comunica per ora quanto precede, per opportuna conoscenza di codesta ambasciata.

(l) Cfr. n. 332.

346

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 4508/762 R. Addis Abeba, 28 dicembre 1934, ore 23 (per. ore 23 del 29).

l. -Venuto vedermi in legazione noto Diamandara (persona assai vicina Ras Cassa di cui gode fiducia). Dettomi essere venuto « ufficiosamente » per esaminare con me possibilità

soluzione attuale divergenza itala-etiopica. Riassumo punti essenziali sue dichiarazioni:

A -Grandi capi desiderano giungere intesa, mentre gli altri medi, minori capi spingono verso rottura.

B -Imperatore apparre piuttosto stanco, preoccupato: pochi i buoni consiglieri accanto a lui.

C -Situazione Ual-Ual in base trattati viene ora considerata con maggiore serenità da parte etiopica, sorge qualche dubbio circa sua appartenenza a Etiopia.

D -Potrebbe forse intravedersi possibilità soluzione se Italia fosse disposta a delimitare f•rontiera somala-etiopica (Diamandara ha fatto vago accenno a eventualità nostre richieste fossero oggetto «trattazione»).

Diamandara ha concluso informando aver·e già visto Imperatore, e doverlo rivedere ancora.

2. --Ho risposto nel senso già altre volte segnalato all'E. V.: dando cioè sensazione che incidente causato da qualificata aggressione abissina andava liquidato a parrte, anche se avvenuto, come probabtle, ad iniziativa capi locali contro direttiv·e Governo responsabile (Diamandara ha consentito, facendo anche nome governatore Harrar Gabrè Mariam). - 3. --Considero la visita (Diamandara è venuto in legazione il pomeriggio di Natale, in pieno giorno) ispirata da Imperatore a Ras Cassa. Tale fatto va posto in relazione a complessa nota mentalità etiopica che non sempre è suscettibile seguire un preciso disegno, variando a secondo autorità e prestigio del consigliere del momento.

Non so se cosa av·rà seguito: ho giudicato in ogni modo utile portare elementi del colloquio ad immediata conoscenza dell'E. V.

347

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI (l)

T. 1665/246 R. Roma, 28 dicembre 1934, ore 24.

Comunichi a Schuschnigg quanto segue:

Per quanto concerne insegnamento privato lingua tedesca nell'Alto Adige ecco l'attuale stato di fatto.

Sono state presentate numero tredici domande di privati per l'insegnamento della lingua tedesca. Il provveditore agli studi, sentito il prefetto, ha concesso la relativa autorizzazione ai sensi del proprio decreto 30 maggio 1934.

Cosicché oggi funzionano 13 scuole private con in media 30 alunni ciascuna. Gli insegnanti sono a;llogeni di buona condotta morale e politica.

Unica divergenza, che deve essere ancora risolta, è sorta circa i libri di testo.

Gli alunni pagano 5 lire mensili per ciascuno all'insegnante.

Come v. E. illustrerà al cancelliere, l'attuazione di quanto fu promesso a Dollfuss è in corso.

348

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4530/0165 R. Londra, 28 dicembre 1934 (per. il 31).

Ho avuto occasione di vedere oggi sir Robert Vansittart ed egli mi ha spiegato le istruzioni che il Fore.ign Office ha inviato a sir Eric Drummond, e di cui a mio telegramma n. 813 (2). Ho ripetuto a Vansittart quanto avevo già detto al capo dell'ufficio africano, che non vi è da parte nostra nessun desiderio di svolgere un'azione aggressiva in Etiopia, con la quale desideriamo vivere in rapporti di buon vicinato, ma, in questa occasione dovevamo esigere la riparazione del diritto violato. A una tale riparazione l'Inghilterra dovrebbe essere interessata non meno di noi. Potenza coloniale e confinante con l'Abissinia, essa non dovrebbe infatti considerare con indifferenza l'adozione da parte del Governo etiopico e dei Ras locali di metodi di violenza, che sono di grave danno alla tranquillità dei possedimenti coloniali. Era parimenti un interesse inglese quello di esercitare ad Addis Abeba azione moderatrice, perché gli abissini -certamente a torto -hanno cercato, dopo il primo incidente di Ual-Ual, di diffondere l'impressione che essi sono sostenuti da autorità locali inglesi. E niente può essere più nocivo agli interessi dei nostri due paesi e al mantenimento della tranquillità e dell'ordine che il diffondersi di questa opinione.

Vansittart mi ha risposto che l'ipotesi che le autorità locali inglesi possano, in qualunque forma aver data l'impressione che esse sostengano gli abissini contro di noi è assurda, e si tratta di voci alle quali non è da annettere il minimo credito. L'Inghilterra intende seguire una stretta politica di cooperazione con l'Italia, e questa politica ha un carattere unitario e si estende a tutti i problemi, tanto in Europa che in Africa. Di questo io potevo assicurare V.E.

Ho preso atto di tali dichiarazioni, aggiungendo che questa era una ragione di più perché nell'azione britannica in Etiopia questo spirito di cooperazione risultasse chiaramente.

(1) -Minuta autografa. (2) -T. 4483/813 R. del 27 dicembre, non pubblicato, ma cfr. n. 387.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (l)

APPUNTO. Roma, 28 dicembre 1934 (2).

H Signor Chambrun mi aveva fatto chiedere con l'unito biglietto (3) di vedermi nella stessa serata.

Sono passato alle 11 e 1/2 a Palazzo Farnese.

Mi ha detto di avere la risposta di Parigi con alcuni progetti di verbali: alcuni erano buoni, alcuni meno buoni; qualcuna di queste proposte era stata evidentemente redatta dagli uffici. L'Ambasciatore si rende conto che noi avremo delle obiezioni; prega di fargli avere il nostro punto di vista possibilmente nella giornata di domani; egU si scusa di questa fretta, ma è sotto una pressione fortissima da parte del Ministro Lavai che è impaziente di venire a Roma. L'Ambasciato,re mi prega di fare tutte le modificazioni e correzioni necessarie, ma di sollecitare la cosa. Mi consegna gli uniti promemoria (4) dei quali mi riassume il contenuto.

Per quanto riguarda la Somalia ci sono le seguenti difficoltà.

Ll Ministro di Abissinia a Parigi è stato dal Ministro Lavai a comunicargli che se, come si afferma, si dovesse cedere una partecipazione della ferrovia Gibuti-Addis Abeba all'Italia, il Governo abissino troverebbe il modo di togliere la concessione o almeno di renderla inefficiente.

Per quanto riguarda il «dési,stement ~ francese in Etiopia, La val manteneva le proposte fatte ma, data la delicatezza della cosa voleva impegnarsi direttamente col Signor Mussolini. Anche per la questione della ferrovia il signor Laval intendeva concedere una partecipazione aH'Italia, ma avrebbe trattato la cosa direttamente col Capo del Governo durante la sua visita a Roma.

Ho risposto che, salvo ad esaminare le cose più a fondo, le controproposte francesi non mi parevano accettabili; anzi vedevo i punti di vista così lon

tani che non capisco come da parte francese si possa parlare di una imminente visita a Roma.

Per la Tunisia eravamo andati al limite d~lle concessioni. Bisogna tener conto che in Tunisia siamo noi a fare delle concessioni di fronte all'esistente stato di fatto.

Per i confini meridionali della Libia, come ho avuto occasione di dire già all'Ambasciatore, la concessione fattaci dalla Francia non ha che un'importanza di presentazione; sostanzialmente non ne ha nessuna. D'altra parte il territorio era già da noi rivendicato; per quanto ho visto deHe proposte francesi, neanche qui però si tiene conto del nostro desiderio di avere il necessario numero di centri di vita nel territorio italiano per la difesa della frontiera.

Per la Somalia la Francia, a quanto vedo, non accetta neanche la nostra proposta minima di cessione territoriale.

Per quanto riguarda l'Abissinia è condizione fondamentale che si risolvano prima dell'incontro le due questioni per noi fondamentali: partecipazione alla ferrovia che noi abbiamo chiesto nella misura di un terzo con adeguata rappresentanza nel ConsigUo e nel Comitato e disinteressamento francese all'Abissinia salvo a delimitare una zona intorno alla ferrovia per gli interessi economici francesi.

Anche la questione da noi sollevata di avere un porto di carattere puramente commerciale nella baia di Tagiura con un tronco ferroviario nostro o di avere una zona franca nel porto di Gibuti, è rimasta senza risposta.

L'Ambasciatore mi dice che per questa nostra richiesta c'è una grossa difficoltà. L'Abissinia sta chiedendo da anni le stesse concessioni che noi chiediamo ora e la Francia ha sempre opposto delle obiezioni di principio. Se la Francia facesse oggi le dette concessioni all'Italia, domani sarebbe disarmata verso l'Abissinia e dovrebbe darle quanto richiede e ciò sarebbe più di danno per l'Italia che per la Fra-ncia stessa.

Osservo all'Ambasciatore che l'Abissinia non può essere trattata come una Potenza occidentale. Anche se si è commesso l'errore di far entrare l'Abissinia alla Società delle Nazioni non si può dimenticare che si tratta di un paese barbaro e primitivo; basti ricordare che in questo paese, unico al mondo, la schiavitù è anco·ra legittimata e in pieno vigore.

Lo spirito dell'accordo tra l'Italia e la Francia per quanto riguarda l'Abissinia deve essere il seguente: la Francia ha un vastissimo impero coloniale dove può applicare ancora per più generazioni tutte le proprie energie. L'ItaUa invece ha delle colonie di uno sfruttamento limitatissimo. Perciò la Francia si disinteressa all'AbissLnia che lascia libera all'espansione italiana e anzi intende facilitare l'Italia in questo suo compito.

L'Ambasciatore è d'accordo con questo principio. Osservo che bisogna però applicarlo nei nostri accordi da concretare prima deLla venuta di Lavai a Roma. Nel congedarmi esprimo ancora all'Ambasciatore la mia sfiducia nella possibilità di giungere, sulle basi fissate da Parigi, all'accordo auspicato. L'Ambasciatore mi dice di mantenere tutta la fiducia e che bisogna che facciamo uno sforzo comune perché l'accordo venga realizzato.

(l) -Ed. !n SUVICH, pp. 308-310. (2) -sull'originale è aggiunto: «mezzanotte. Palazzo Farnese». (3) -Non pubblicato. (4) -Gli allegati mancano.
350

L'ADDETTO AERONAUTICO A PARIGI, PICCIO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO RR. ... (l)

Ho esposto al Signor Flandin quanto V. E. mi aveva detto e cioè:

-il pericolo della formazione in Europa centrale di un blocco tedesco -l'attrazione che per il solo fatto del suo riarmo esercita la Germania sui paesi confinanti e su quelli ove esistono forti minoranze tedesche -l'accentuazione di tale pericolo se domani la Germania fosse a Vienna.

-l'inopportunità di troppo insistere sulla cosidetta indipendenza austriaca -l'inopportunità di volerla imporre garantendola -l'inopportunità per non dire l'incoscienza di pretendere che Belgrado e Praga possano essere accettate dall'Austria come tali garanti. Se ciò avvenisse, ho ripetuto la frase di V. E. anche le pietre diventerebbero nazi in Austria.

-L'impossibilità assoluta di V. E. di ammettere delle trattative con Belgrado contemporanee o precedenti alla conclusione dell'accordo itala-francese. La convinzione di V. E. che tale accordo !ungi dall'allontanare la Piccola Intesa dalla Francia non farà che consolidarne l'interesse per le potenze della Piccola Intesa.

La sensazione di V. E. che tali condizioni emno condizioni poste per rendere impossibile la conclusione dell'accordo per la loro inaccettabilità. Ho ripetuto la frase: «Siamo disposti a fare un viaggio. Ci rifiutiamo di compiere un circuito».

Il Signor Flandin dopo alcuni mi:nuti di raccoglimento mi ha risposto:

-che è completamente d'accordo con V. E. sui pericoli della formazione del blocco tedesco in Europa centrale ed ha anch'egli accennato alle forti minoranze tedesche in Romania ed in Cecoslovacchia.

-che ammette come giusta la tesi di V. E. sull'inopportunità di insistere sull'indipendenza austriaca.

-·Che comprende il pensiero di V. E. sulla difficoltà di passare da Belgrado e che ammette che sono condizioni poste per rendere difficile la conclusione dell'accordo.

-che Egli ha fatto e sta facendo il possibile perché Laval parta per Roma, per la sola conclusione dell'accordo itala-francese ma che non si illude, che ha la sensazione che stiamo per arrivare ad un punto morto, che Benes ha molte amicizie a Parigi, che la massoneria è decisamente contraria, che l'arresto dell'accordo potrebbe avere gravi conseguenze.

-che se V. E. è convinto come egli spera della sua buona fede e della sua volontà di riuscire, V. E. vorrà aiutarlo a superare questa difficoltà e dargli qualche argomento per imporre una decisione.

28 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

-che V. E. non ha finora pubblicamente aderito alle dichiarazioni fatte da Lavai in Senato e che erano taJi da influire in senso favorevole alla conclusione di tale accordo.

-che V. E. potrebbe, se vuole collaborare alla riuscita, preparar,e una dichiarazione di adesione alle idee esposte da Lavai, nella quale dichiarazione si potrebbe insistere sulla necessità per l'Europa di un lungo periodo di pace e di tranquillità e che -pur conservando l'art. 15 del trattato di Versailles tutto il suo valore -per un lungo periodo lo spostamento di frontiere potrebbe compromettere la pace e la tranquillità di cui ha bisogno l'Europa -associandosi in tal modo nei limiti imposti dalle nostre tesi alle dichiarazioni f,rancesi.

-che d'altra parte tale dichiarazione potrebbe esser fatta soltanto quando Lavai sarà già a Roma.

-che se Egli avesse la sicurezza che tale dichiarazione -che gli sembra accettabile da V. E. -sarà fatta, egU farebbe partire La val per Roma per la conclusione dell'accordo-itala-francese, che non si parlerà più di Belgrado, che non si parlerà più di indipendenza austriaca.

-Mi ha pregato di non far cenno di quanto sopra né a Parigi né a Roma, e di non fidarmi né di telegrammi né di lettere, ha insistito sul fatto che tale soluzione per avere il suo valore deve conservarsi assolutamente di iniziativa di V. E. e che V. E. personalmente potrebbe dare le assicurazioni necessarie a Chambrun disponendo che in pari tempo esse siano date da Pignatti a lui od a Lavai.

(l) Privo di data. Si colloca sotto il 28 dicembre, giorno nel quale il documento fu dato In visione a Buti che lo vide il 29.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. 1666/409 R. Roma, 29 dicembre 1934, ore 2,15.

Suo telegramma n. 757 (1). Analoga comunicazione è stata fatta a questo ministero da questa legazione d'Etiopia; alla quale è stato risposto in data 27 corrente, precisando che:

a) nessuna avanzata in territorio etiopico è stata effettuata da truppe

italiane;

b) Afdub fa parte del distretto di Uarder che è presidiato da varii anni

da truppe italiane;

c) nessun bombardamento ha avuto luogo a Gherlogubi;

d) voll di ricognizione di aeroplani italiani sono stati necessari dato notevole ammassamento armati etiopici che va effettuandosi nelle zone Ual-Ual e Uarder nonché presso aJtre località presidiate da nostre truppe.

Nel consegnare detta nota a Afework gli è stato ripetuto quanto indicato nel punto 3) del telegramma di questo ministero n. 392 del 23 corrente (1), e cioè che dopo fornite soddisfazioni richieste siamo pronti a riprendere i lavori di delimitazione della frontiera.

(1) Con t. 4474/757 R. del 26 dicembre, non pubblicato, Mombe!U aveva trasmesso la sesta nota etiopica ed. in Il conflitto itala-etiopico, p. 125.

352

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4519/778 R. Addis Abeba, 29 dicembre 1934, ore 23 (per. ore 13,40 del 30).

Mio telegramma n. 750 (2).

Mi sono nuovamente incontrato con questo ministro d'Inghilterra.

Dopo avermi a lungo parlato di questioni concernenti delimitazione frontiera, sir Sidney Barton mi ha detto che invio di rinforzi in Ogaden veniva giustificato da etiopici adducendo ingenti perdite subite e panico prodottosi fra truppe superstiti e loro capi.

Avendogli io fatto rilevare che attuali misure militari etiopiche assumevano carattere ben maggiore ampiezza e interessavano tutto Impero, mio interlocutore datomi risposta evasiva.

Fattomi quindi presente, in via confidenziale, difficile situazione in cui trovasi Imperatore nei riguardi suoi capi: aggiunto essere proprio dei deboli commettere errori: dettomi infine ritenere che opportune precauzioni prese in Somalia ci avrebbe garantito da ogni sorpresa.

Vedrò ancora sir Sidney Barton e mi riservo riferire ulteriormente.

353

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. U. 4525/780 R. Addis Abeba, 29 dicembre 1934, ore 23 (per. ore 17,30 del 30).

Telegramma di V. E. n. 391 (3). Borra incontrato 26 corrente con segretario Imperatore, che accoltolo con viva cordialità, assicurandolo ottime disposizioni Negus.

Ato Taddese detto a dottor Borra, che suo intervento era atteso da Imperatore, e che possibili risoluzioni incidente venivano favorevolmente considerate con propositi ulteriore collaborazione (accennato anche ai nuovi compiti da affidarsi a consigliere cantonale tecnico italiano per opere comune interesse)~

Nel corso della conversazione egli ha anche tacitamente ammesso che attacco Ual-Ual sia stato iniziato da etiopici.

Durante il colloquio Borra si è attenuto a linee indicate da V. E.

Atteggiamento già spontaneo e conciliante di Ato Taddese è poi cambiato,

certo dopo istruzioni probabilmente impartitegli da Imperatore stesso, in nuovo colloquio avuto giorno successivo. Segue parte II (l).

(l) -Cfr. n. 329. (2) -Cfr. n. 332. (3) -Cfr. n. 328.
354

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A TEHERAN, CICCONARDI

T. R. 1670/103 R. Roma, 29 dicembre 1934, ore 24.

Telegramma di V. S. n. 137 (2).

In relazione ordini dati dallo Scià a codesto ministro affari esteri, mi propongo intrattenere quest'ultimo quando sarà di passaggio a Roma dei principali argomenti che interessano Italia e Persia e cioè:

l) cordialità rapporti politici derivante dal fatto che Italia vede con simpatia continuo accrescersi autorità Persia tra Stati Medio Oriente -ove Italia non ha mire territoriali grazie prestigio acquistato dallo Scià mediante sua opera illuminata ed energica all'interno ed all'estero;

2) intensificarsi collaborazione economica concretata di recente in forniture navali e partecipazione italiana costruzione Transpersiana: R. Governo si augura che imprese tecnici e lavoratori specializzati italiani di cui Persia abbisogni per suo crescente sviluppo continuino trovare costà impiego ed apprezzamento con vantaggio reciproco: si augura anche che si concludano favorevolmente trattative in corso per forniture navaH (motonavi) e che aumenti volume scambi commerciali;

3) rapporti culturali: l'Italia che vi annette grande importanza intende curare in modo particolare quelli con la Persia come lo prova recente solenne celebrazione firdusiana. Se Scià attuasse proposito manifestato altra volta (mio telegramma n. 87 del 26 novembre 1933) (3) fare proseguire in Italia studi principe ereditario questi vi troverebbe calorosa accoglienza e verrebbe circondato ogni cura;

4) questioni singole: ruolo personale R. marina in Persia; elementi italiani per progettata scuola navale in Persia; linea navigazione Italia-Golfo Persico.

Prego V. S. indicare altri eventuali argomenti sui quali ritenesse utile che ministro affari esteri venisse intrattenuto qui e chiarire vedute codesto Governo circa proposta cui ella accenna stipulare accordo fra l due paesi.

Per norma delegazione italiana a Ginevra pregola riassumere principali argomenti a favore tesi persiana o interessarsi affinché essi vengano comunicati a questo ministero da legazione Persia a Roma.

(l) -Cfr. n. 369. (2) -T.r. 4456/137 R. del 25 dicembre, non pubbllcato: istruzioni dello Scià al ministro degll Esteri di dichiararè la dlsponlbllltà del Governo persiano ad esaminare tutte le questioni pendenti con l'Italia ed intensificare i rapporti fra l due paesi. (3) -Non pubbllcato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 4534/0122 R. Belgrado, 29 dicembre 1934 (per. il 31).

Ho fatto i·eri una visita di congedo a Jeftic. Il colloquio si è aggirato esclusivamente sui rapporti italo-jugoslavi ed Jeftic ha rievo·cato i vari periodi durante i quali si sono svolte lunghe e faticose trattative tra me e lui. Ha deplorato che non si sia mai arrivati alla conclusione. Sarebbe del tutto ozioso riferire in dettaglio quanto egli mi ha detto. Si tratta oltre che di precedenti ben noti a V. E. di frasi consuete e dei conosciuti argomenti. Però merita riferisca testualmente la frase finale del suo discorso: «Sono stato sempre pronto all'intesa con l'Italia. Sono anche stato e sono pronto alla difesa dall'Italia come avete veduto. Sono però anche sempre pronto alla intesa se la si vuole. Noi la vogliamo. Occorre però non soltanto firmare un patto, ma creare un comprensivo reciproco spirito nuovo».

Poiché in qualche frase precedente egli aveva accennato ai suoi sforzi costanti per non peggiorare la situazione io ho prima richiamato la sua attenzione sull'attitudine correttissima della nostra stampa che aveva anche giudicato con molta obiettività il suo ministero, ma gli ho fatto rilevare il contrasto con certa persistente ostinata stampa jugoslava. A prescindere dalle settimanali manifestazioni irredentiste della Istra, proprio poche ore prima mi era stato segnalato un ignobile e stomachevole commento alla situazione italo-abissina comparso sulle Novosti di Zagabria. (vedi Stefani di ieri). Jeftic mi ha risposto che qualche cosa poteva sfuggire, che ignorava quanto pubblicato dalle Novosti, che avrebbe subito provveduto (1).

Il risentimento del Re contro l'Italia, iniziatosi con il vivo disappunto da lui provato nel settembre 1932 per il mancato accoglimento delle sue profferte, e giunto poi ad uno stato di vera e propria eccitazione psicologica dopo l'attentato di Zagabria, rimane sempre la base prima del tenace, sospettoso e fondamentale atteggiamento antitaliano di Belgrado...

Non poteva del resto sfuggire al governo jugoslavo ed a Re Alessandro che mentre si svolgevano nell'autunno 1932 conversazioni assai efficaci che forse avrebbero potuto condurre ad un'ampia intesa era scoppiata la rivolta della Lika, e che poi, dopo che si erano rinnovate segrete private conversazioni che pure si annunziavano assai più delle precedenti proficue e definitive, erasi scoperto nel dicembre il complotto di Zagabria le cui origini le indagini di polizia avevano subito piazzato in Italia...

Il timore di fare eventualmente le spese di un accordo franco-ita!Lano domina tutta la politica di Belgrado che, facendo perno al «problema italiano>> si sposta fra Berlino e Parigi a seconda delle necessità che quel problema essenziale sembra imporre e soprattutto dei timori che esso sembra suscitare».

(l) In pari data Galli riferì con il t. posta r. 8341/1224 circa le relazioni !taio-jugoslave durante il 1934. Data la lunghezza del documento se ne pubblicano solo alcuni brani: «Può essere con sicurezza affermato che le relazioni italo-jugoslave durante l'anno 1934 sono fondamentalmente influenzate ed improntate, salvo sporadiche eccezioni, da un avvenimento verificatosi nel dicembre 1933: la scoperta a Zagabria, durante la visita colà compiuta da Re Alessandro, di un attentato organizzato all'estero contro la persona del Re e fallito solamente grazie alla vigilanza della polizia jugoslava...

356

IL CAPO DELL'UFFICIO III DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI POLITICI, GUARNASCHELLI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

APPUNTO. Roma, 29 dicembre 1934.

Ho convocato Afework che è venuto stamane.

Mi ha detto di aver già mandato un telegramma al suo Governo, e di averne in preparazione un secondo, del quale ha sospeso la redazione, avendo saputo da giornalisti che un nuovo combattimento aveva avuto luogo a Gherlogubi. Gli ho risposto che sino a stamane nessuna informazione ci era pervenuta al riguardo.

L'ho sollecitato all'invio del nuovo telegramma la cui trasmissione può essergli da noi facilitata.

357

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

PROMEMORIA. Roma, 29 dicembre 1934.

Anche in relazione al telegramma segreto del 19 dicembre del Cav. Morobelli a me personalmente (1), e ad informazioni d'indole politica che sarebbero state inviate direttamente a S. E. De Bono, riterrei necessario siano, d'accordo con le Autorità competenti, inviate chiare istruzioni al R. Addetto Militare che se, per la nota organizzazione, egli -ed i suoi agenti -può comunicare direttamente sotto la sua responsabilità, tramite Legazione, circa lo speciale servizio tecnico militare; per qualunque cosa che esca da questo campo e tocchi quello politico, egli deve limitrursl in caso a riferire alla R. Legazione: non è possibile che il R. Addetto Militare, che dipende dal R. Ministro, riferisca direttamente sulle questioni politiche ed abbia comunque una attività in questo campo, di cui hl R. Ministro ha la responsabilità.

Riterrei opportuno che tali precise direttive siano trasmesse ad Addis Abeba subito, anche prima della mia partenza.

358

DIRETTIVE DEL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (2)

SEGRETISSIMO. Roma, 30 dicembre 1934.

1° II problema dei rapporti italo-abissini si è spostato in questi ultimi tempi su un piano diverso: da problema diplomatico è diventato un problema

di forza; un problema «storico:. che bisogna risolvere con l'unico mezzo col quale tali problemi furono sempre risolti: coll'impiego delle armi.

2° Lo sviluppo della situazione abissina ci presenta questi dati di fatto inoppugnabili: la tendenza del Negus a centralizza!l"e l'autorità imperiale, eliminando colla violenza, l'intrigo o la corruzione, i ras periferici, il potere dei quali sta diventando sempre più virtuale. Prima che l'Etiopia possa dirsi uno Stato nel senso europeo della parola, passerà molto tempo; ma si deve ricordare che la storia nei tempi moderni cammina in fretta; specialmente quando è aiutata da missioni di europei, il che ci permette di ragionevolmente prevedere che tale sviluppo di accentramento e unificazione può continuare ed essere coronato da successo, se non sarà interrotto da avvenimenti esterni.

3° Tale sviluppo «politico :. è un coefficiente che aumenta la capacità e l'efficienza bellica dell'Impero etiopico.

4° Contemporaneamente tutte le informazioni concordano nel segnalare anche un accentramento di potere militare e un indirizzo tendente a trasformare sul tipo europeo -come organizzazione e soprattutto come armamento le forze militari di cui l'Etiopia può dispoNe. Anche qui ci vorrà molto tempo prima che tale trasformazione sia compiuta, ma anche qui la marcia può essere veloce e può essere accelerata dagli istruttori europei, se non sarà turbata da eventi esterni. Come armamento portatile (mitragliatrici, fucili automatici, fucili ordinari) l'Abissinia è fornita delle armi più moderne e in quantità che cominciano a essere considerevoli.

5° Tenendo conto di quanto precede, bisogna trarre la prima logica conclusione: il tempo lavora contro di noi. Più tarderemo a liquidare il problema e più sarà difficile il compito e maggiori i sacrifici.

Seconda non meno logica conclusione: bisogna risolvere il problema il più presto possibile, non appena cioè i nostri apprestamenti militari, cl diano la sicurezza della vittoria.

6° Decisi a questa guerra, l'obiettivo non può essere che la distruzione delle forz,e armate abissine e la conquista totale dell'Etiopia. L'impero non si fa altrimenti.

7o La Francia democratica e massonica ha liquidato con una guerra in piena regola Abd el Krim. Ha approfittato del momento in cui la Germania era ancora ~nerme o quasi.

8° Condizione essenziale, ma non pregiudiziale della nostra azione è quella di avere alle spalle un'Europa tranquilla almeno per il biennio 1935-36 e 1936-37 che dovrebbe essere il periodo risolutivo. Un esame della situazione quale si presenta agli inizi del 1935, permette di prevedere che nei prossimi anni, sarà evitata la guerra in Europa, come è stata evitata nel luglio e nell'ottobre del 1934. Elementi di stabilizzazione sono: gli accordi dell'Italia con la Francia. Tali accordi allontanano il pericolo di un nuovo attacco della Germania all'Austr,ia. D'altra parte la conseguenza inevitabile degli accordi itala-francesi è il miglioramento delle relazioni itala-jugoslave. La crisi politica jugoslava durerà a lungo. Questo indebolirà per molto tempo Belgrado, che dovrà dedicarsi ai problemi politici di ordine interno. Altrettanto dicasi della Germania n cui apparato militare è lungi da quell'efficienza che può consentire di prendere iniziative di guerra; senza contare le ragioni di ordine interno che consigliano alla Germania di fare per qua:Iche tempo ancora, una politica di pace. La Polonia che pareva dovesse diventare una pedina del gioco tedesco, sta facendo un molto pronunciato movimento di conversione verso la Francia. Ciò funziona da rallentatore al dinamismo del Terzo Reich. La conclusione che si può ricavare da questo esame sommario è che ci sarà in Europa un ulteriore periodo di pace ( 1).

9° Perché la vittoria delle nostre armi sia rapida e definitiva occorre impiegare su vasta ,scala i mezzi meccanici di cui disponiamo e che gli abissini non hanno ancora o non hanno in misura rilevante, ma che potrebbero avere fra qualche anno.

Considero i preparativi militari abissini come un pericolo potenziale gravissimo anche per la sicurezza delle nostre colonie, specie se fossimo impegnati in Europa.

10° Per una guerra pratica e definitiva, ma che sarà sempre dura, si devono predisporre grandi mezzi. Accanto ai 60 mila indigeni, si devono mandare almeno altrettanti metropolitani. Bisogna concentrare almeno 250 apparecchi in Eritrea e 50 in Somalia. Carri armati 150 in Eritrea e 50 in Somalia. Superiorità assoluta di artiglieria e di gas. Dovizia di munizioni. I 60 mila soldati della metropoli -meglio ancora se 100 mila -devono essere pronti in Eritrea per l'ottobre del 1935. Nel frattempo dovranno essere chiamati alle armi per abbastanza lunghi periodi di istruzione tutti gli indigeni, i quali saranno poi mobilitati nel settembre-ottobre 1935. Più sarà rapida la nostra azione e tanto minore sarà il pericolo di complicazioni diplomatiche. More nipponico non ci sarà nemmeno bisogno di dichiarare ufficialmente la guerra e, in ogni caso, si insisterà sul carattere puramente difensivo deUe operazioni. Nessuno ci solleverà delle difficoltà in Europa, se la condotta delle operazioni militari determinerà rapidamente il fatto compiuto. Basterà dichiarare all'Inghilterra e alla Francia che i loro interessi saranno riconosciuti. Dal punto di vista diplomatico sono le uniche nazioni che hanno preso accordi con noi circa l'Etiopia. Imbarazzi da parte della Società delle Nazioni non ne verranno o saranno tali da non impedircJ. di condurre a fondo l'impresa.

11° È necessaria un'azione politica anche nell'interno dell'Abissinia allo scopo di dividere e indebolire l'Impero; suscitando con tutti i mezzi le opposizione di quei capi che sembrano insofferenti. Più saranno imponenti i nostri preparativi militari e più agevole sarà questa azione fra i capi minori e periferici. L'imponenza dei nostri mezzi, sarà anche efficace ai fini del lealismo degli eritrei. I nostri preparativi devono suscitare negli eritrei la convinzione che nessuno ci potrà resistere e suscitare negli abissini d'oltre confine, il

dubbio e l'apprensione. Anche il governo « morale » delle truppe eritree dovrà essere per umanità e giustizia tale da fortificare e garantire il loro lealismo.

12° Poiché la nostra preparazione sarà ultimata o quasi, solo nell'autunno del 1935, la poltica deve impedire tutti gli incidenti che potrebbero anticipare il conflitto.

13° Tutte le dotazioni saranno mano mano reintegrate, in modo che l'esercito non abbia diminuita la sua efficienza globale.

14° Nessuna preoccupazione dal punto di vista «interno».

Nelle masse fasciste è ormai diffusa la convinzione della ineluttabilità dell'urto e anche la convinzione che più si tarda e più ardua diventa l'operazione. Nelle masse giovanili il «tono » è ancora più elevato. I residui del vecchio mondo temono «l'avventura » perché credono che la guerra sarebbe condotta coi loro sistemi, ma s'ingannano e inoltre non contano politicamente e socialmente nulla. È dal 1885 che questo problema esiste. L'Etiopia è l'ultimo lembo d'Africa che non ha padroni europei. Il nodo gordiano dei rapporti italaabissini va aggrovigliandosi sempre più. Bisogna tagliarlo prima che sia troppo tardi!

(l) -Cfr. n. 311. (2) -Il titolo originale è: «Direttive e piano d'azione per risolvere la questione !taio-abissina». Ed. in LESSONA, pp. 165-171, in BIANcm, pp. 132-135 e in ROCBAr, pp. 376-379.

(l) Cfr. quanto Badoglio disse in una riunione del 5 febbraio, cui parteciparono i sottosegretari alle Colonie, alla Guerra, alla Marina e all'Aeronautica e i sottocapi di Stato Maggiore di Esercito, Marina e Aeronautica: «S. E. il Capo del Governo gli ha parlato degli esiti della Conferenza avvenuta a Londra. Si può affermare che si è ricostituito Il fronte comune Inghilterra-Francia-Italia. Agli accordi raggiunti è aperta la possibilità di adesione della Germania; se questa si oppone si trova d! fronte al blocco compatto. Il punto cruciale trovas! ora nella questione dell'Austria, ma è da presumere che cl si possa attendere un periodo di tranquillità europea per circa tre anni. Se Il Capo del Governo non avesse avuta questa convinzione, avrebbe certamente trovata la maniera dl rimandare la soluzione del problema dell'Africa Orientale».

359

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 4543/230 R. Budapest, 31 dicembre 1934, ore 21 (per. ore 23,45).

Ho rimesso testè al presidente del consiglio Goemboes autografo V. E. (l) di cui al dispaccio di V. E. 10061 giuntomi corriere stasera.

Presidente del Consiglio mi ha pregato rHerire alla E. V. che sua comunicazione gli aveva procurato grande gioia e rendermi interprete presso di lei suoi vivi ringraziamenti cui desiderava agg,iungere voti personali più fervidi per l'anno che incomincia.

Ritengo soddisfazione presidente del Consiglio tanto più sincera, in quanto anche ieri avevo avuto modo cogliere in questi ambienti responsabili qualche nuovo segno di malcelato nervosismo.

Alla luce di questo ritengo possa pure esattamente valutarsi lettera da lui diretta a V. E. corriere stamattina (1).

360

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 11/819 R. Londra, 31 dicembre 1934, ore 22 (per. ore 7 del 1° gennaio 1935).

Foreign Office mi ha dato conoscenza di un telegramma del ministro d'Inghilterra in Addis Abeba nel quale questi ha riferito di avere avuto un

colloquio con l'Imperatore e che l'Imperatore lo ha informato di essere venuto nella determinazione di adottare :la seguente linea di condotta:

l) il Governo etiopico prende atto della decisione italiana di venire a una delimitazione della frontiera;

2) esso non può accettare di dover dare soddisfazione al Governo italiano per l'incidente di Ual-Ual prima che sia accertata la responsabilità dell'incidente stesso. Tuttavia deplora la perdita di vite umane che l'incidente ha causato ed è pronto a versare i 200.000 talleri richiesti dal Governo italiano, come deposito, nelle mani della Società delle Nazioni, e in attesa che le responsabilità dell'incidente di Ual-Ual siano determinate per mezzo di una inchiesta.

Il Foreign Office mi ha aggiunto che queste proposte mostrano, a suo avviso, che l'Imperatore è disposto ad un atteggiamento più conciliante.

Né esso ritiene che a tale atteggiamento resisteranno i Ras, poiché secondo informazioni ricevute da Sir Sidney Barton, il solo tra loro che avrebbe la forza di faruo, e cioè Ras Cassà, sta invece svolgendo presso l'Imperatore opera conciliativa.

Il Foreign Office quindi spera, per le buone disposizioni mostrate dall'IItalia, in una favorevole soluzione dell'incidente.

(l) Non rinvenuta.

361

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 12/820 R. Londra, 31 dicembre 1934, ore 22 (per. ore 7 del 1° gennaio 1935). Seguito a mio telegramma n. 819 (1).

Nel pomeriggio di oggi signor Thompson, capo dell'uffi.cio africano del Foreign Office, mi ha dato conoscenza di un secondo telegramma del ministro britannico in Addis Abeba nel quale Sir Sidney Barton informa che l'Imperatore lo ha mandato a chiamare e gU ha detto di aver ricevuto notizia che il posto di Gherlogubi era stato attaccato dagli italiani i quali avevano ucciso e ferito alcuni soldati etiopici.

In seguito a questo nuovo incidente, Imperatore non poteva più mantenere la sua offerta, ed era disposto a versare la somma da noi richiesta solo a condizione che noi consegnassimo Ual-Ual ad una commissione internazionale.

Ho risposto a Foreign Office che niente mi risultava circa questo nuovo incidente. Mia impressione era tuttavia che esso fosse un nuovo prodotto della fantasia abissina. Ho richiamato l'attenzione Foreign Office sul fatto che già un'altra volta Governo etiopico aveva annunziato che nostri aeroplani avevano

bombardato Gherlogubi, notizia che il Governo italiano aveva nella sua comunicazione del 24 corrente alla Società delle Nazioni già categoricamente smentita. Tutta la tattica abissina è stata una tattica di tendenziose falsità.

Ad ogni modo avrei subito informato V. E. di quanto precede.

Thompson mi ha detto Foreign Office sperava molto che la notizia incidente fosse falsa, e sapendo quanto il Governo italiano era desideroso di evitare nuovi incidenti, pensava che a quest'ora noi avevamo già preso misure opportune. Ho risposto che non avevo su questo punto il minimo dubbio.

Thompson mi ha ag.giunto che il ministro d'Inghilterra sta ora facendo pressioni sull'Imperatore, perché egli rinunzi al suo proposito di chiedere la consegna di Ual-Ual ad una commissione internazionale.

Ho risposto che non avevo alcuna veste per discutere le offerte dell'Etiopia (;le qua:li non sapevo nemmeno se fossero note al Governo italiano), ma che ad ogni modo era chiaro che la consegna di Ual-Ual a una commissione internazionale era un'idea semplicemente ridicola.

Il solo avanzarla mi pareva piuttosto una prova che l'Imperatore non vuole o piuttosto non è in grado di poter volere un accomodamento onorevole con l'Italia, quale l'Italia invece ha sempre desiderato e desidera.

(l) Cfr. n. 360.

362

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 1856/2286. Berlino, 31 dicembre 1934 (per. il 2 gennaio 1935).

Con riferimento al mio rapporto n. 4535/2091 del 13 u.s. (l) ho l'onore di cui unito inviare all'E. V. copia del rapporto diretto da questo R. Addetto Aeronautico a S. E. il Generale Valle, Sottosegretario di Stato per l'Aeronautica, relativo ad una conversazione da lui avuta con il Segretario di Stato di questo Ministero dell'Aria nei riguardi dell'organizzazione aeronautica germanica in Baviera.

ALLEGATO

TEUCCI A V ALLE

R.R.P. 032. Berlino, 29 dicembre 1934.

Dietro invito di S.E. Milch mi sono recato al Ministero dell'Aria ove il Signor Sottosegretario di Stato mi ha intrattenuto sulle dichiarazioni fatte da S.E. il Capo del Governo all'Ambasciatore von Hassell durante un'udienza svoltasi ai primi del corrente mese (2).

Secondo l'Ambasciatore von Hassell, S. E. il Capo del Governo, dopo alcune constatazioni sul contegno poco amichevole «Unfreundlichkeiten » !iella stampa tedesca, avrebbe dichiarato di essere a conoscenza che in questo momento la guerra più popo

lare in Germania sarebbe una guerra contro l'Italia, e di non ignorare le continue costruzioni di campi e aeroporti militari in Baviera.

S. E. Milch, dopo aver sorvolato sulla questione dell'atteggiamento della stampa, che non sarebbe di sua pertinenza, e dopo aver recisamente negato che in Germania l'opinione pubblica pensi ad una guerra contro l'Italia, mi ha pregato d'incarico del suo Governo di far conoscere a V. E. che l'organizzazione militare aeronautica della Baviera non ha nessun carattere aggressivo verso l'Italia, e che, essa, anzi, nel suo complesso, è rivolta quasi esclusivamente all'istruzione del personale della regione.

Il Signor Sottosegretario di Stato mi leggeva una breve lista di campi aeronautici in Baviera -già noti -e mi dava la sua parola d'onore che altri non ne esistevano oltre quelli, e che essi erano attualmente adibiti a campi scuola (Ausbildung).

Il Commodore Wenninger, presente al colloquio proponeva allora a S. E. Milch di farmi fare un viaggio in Baviera onde persuadermi della verità di quanto asseritomi dal Signor Sottosegretario di Stato.

Messa la proposta in questi termini, io ho creduto bene di dover declinare qualunque visita che potesse aver l'apparenza di un controllo a quanto mi era stato detto. (Ho combinato invece, dopo, col Capo Gabinetto, in separata sede, alcune visite da farsi quanto prima, che a parer mio saranno molto più interessanti e conclusive: Dornier, Scuola di Celle e Warnemiinde).

Infine S. E. Milch mi diceva che nonostante tutto il suo buon volere, dato che tanto il Ministro Goring quanto egli stesso erano stati due o tre volte in Italia in questi ultimi tempi, riusciva difficile ai dirigenti l'aviazione tedesca di fare una nuova visita a Roma prima che V. E. non fosse venuto almeno una volta a Berlino.

Egli mi dichiarava di sperare sempre in questa visita, tanto più che V. E. non l'aveva declinata, ma semplicemente rimandata e che essa gli avrebbe permesso di dimostrare a V. E. gli amichevoli sentimenti dell'Aviazione tedesca.

Sin qui il colloquio, il cui tono fu come sempre molto cordiale.

Per quanto riguarda gli armamenti aeronautici tedeschi in Baviera, debbo in coscienza dire, che nel quadro generale dell'organizzazione aeronautica del Reich, le informazioni in mio possesso mi portano a ritenere che essi non rappresentino che un'ala dello schieramento, il cui centro è piuttosto da identificare nella regione GothaBraunschweig-Hannover, quindi principalmente rivolto verso la frontiera francese.

Copia del presente sarà rimessa a s. E. il R. Ambasciatore d'Italia a Berlino.

(l) -Non pubbllcato. (2) -J"on si è rinvenuto l! verbale di tale colloquio avvenuto l! 5 dicembre. Cfr. Akten, vol. III, 2, pp. 692-694.
363

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 21/2 R. Berlino, 1° gennaio 1935, ore 19,29 (per. ore 21,45).

Nei discorsi scambiatisi tra il nunzio apostolico e Hitler in occasione ricevimento corpo diplomatico per auguri di capo d'anno, il primo menzionò la pace politica, sociale e economica come scopo che tutte le nazioni si propongono raggiungere.

Cancelliere del Reich ripeté concetto che Germania vuole parità di diritti per sé e per tutti gli altri e confermò desiderio sincero di pace del popolo tedesco, che, dopo anni di grandi difficoltà, sta ora ricostruendo paese su nuove basi.

Parlando con ambasciatore di Francia, Hitler ha menzionato Saar, dicendo trattarsi non già di un successo tedesco, ma di una grande vittoria germanicofrancese.

Sarebbe stata sua cura che dopo il plebiscito non accadesse alcuna manifestazione meno che simpatica per la Francia.

Accennò agli ex combattenti francesi recentemente da lui ricevuti, dicendo che aveva constatato, con viva soddisfazione, come essi, pur essendo animati da sentimenti pacifisti, intendessero difendere strenuamente interessi della Francia.

Nei rapporti amichevoli che sperava si stabilissero tra i due paesi, era infatti uno degli elementi essenziali il rispetto per i reciproci interessi. Passando a parlare meco, Hitler marcò il suo interessamento per la mia persona astenendosi dal pronunciare però anche una sola parola di politica.

Viceversa con l'ambasciatore di Inghilterra che seguiva, parlò di quanto aveva detto dianzi a François Poncet, insistendo sul suo fermo proposito che le manifestazioni di giubilo del popolo tedesco per il ritorno della Saar nel nesso statale del Reich non assumessero alcun carattere meno che cordiale per la Francia, con la quale egli desiderava, d'ora innanzi, fare una politica di sincera amicizia.

Aggiunse di essere certo che ciò corrispondeva ai desideri di pace dell'Inghilterra.

Tanto a Hitler che al barone von Neurath e a Btilow il mio collega francese parlò dei «molti pezzi di carta» che egli avrebbe avuto occasione, nei prossimi giorni, di rimettere loro, essendo necessario di intavolare trattative diplomatiche circa la sicurezza ancora prima del plebiscito e della riunione del Consiglio della Società delle Nazioni.

Gli fu risposto da ogni parte che non sarà possibile esaminare alcun documento prima dell'B corr., perché tanto Hitler che von Neurath ripartono oggi stesso, il primo per la Baviera, il secondo per il Wtirtemberg.

364

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 18/527 R. Parigi, 1° gennaio 1935, ore 19,30 (per. ore 21,30).

In relazione mie conversazioni telefoniche con S. E. il sottosegretario di Stato credo opportuno precisare quanto segue:

Nella conversazione avuta con me oggi alle ore 14,30 signor Lavai mi ha detto, in caso di accettazione da parte nostra del processo verbale sull'Austria (1), egli era disposto a partire per Roma senza fosse messa a punto una intesa sulle questioni coloniali.

Bene inteso, ha aggiunto il ministro, nel caso che eventualmente a Roma si fossero chieste modificazioni, egli non sarebbe stato in grado di pronunciarsi, e tanto meno di accettarle, essendo tenuto in tale materia a informare e consultare i suoi colleghi di Gabinetto.

Successivamente, alle ore 17.45, Lavai mi ha chiamato al telefono insistendo per ottenere un regolamento anche per le questioni coloniali; e si è espresso infine precisamente nei seguenti termini:

«Sono pronto a partire (appena avuta accettazione del processo verbale sull'Austria) colla speranza di parafare a Roma accordi coloniali stabiliti». Lavai ha insistito particolarmente sul suo intendimento di tornare da Roma « avec des papiers signés ».

(l) Cfr. n. 373, nota 2.

365

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 16/528-529 R. Parigi, 1° gennaio 1935, ore 20,35 (per. ore 22,40).

Non appena comunicato per telefono con V. E. alle 16 circa di oggi, ora italiana, ho fatto sapere al signor Lavai che per guadagnare tempo e in attesa di ricevere istruzioni da Roma ero disposto di prender parte nella serata ad una conversazione a tre con lui ed il signor Pfliigl {1).

Lavai mi ha telefonato più tardi al termine della conversazione col delegato austriaco a Ginevra, conversazione alla quale ha partecipato anche il ministro Egel, che non gli sembra per il momento necessario l'incontro a tre.

Lavai mi ha detto poi che Chambrun ha fatto sapere che da Roma sarebbero partite istruzioni a Vienna di mostrarsi arrendevoli.

Il ministro francese mi ha pregato di telefonare a Pfliigl nello stesso senso.

Ho risposto che aspettavo istruzioni da un momento all'altro, non essendo finora perfettamente al corrente delle ultime fasi delle trattative sulla questione. Ho subito dopo incaricato il consigliere della R. ambasciata di recarsi alla legazione d'Austria per assumere informazioni. Fransoni mi ha dato conto della sua missione nei termini seguenti:

«Signor Pfliigl mi ha detto che Laval ha insistito sui noti testi del processo verbale per quanto riguarda la " consultazione " facendo presente, fra l'altro, solito argomento che cioè egli Lavai nulla potrebbe cambiare senza consenso Piccola Intesa e che questa certamente non è disposta ad alcun cambiamento nel senso desiderato dall'Austria.

Lavai nell'intento indurre Governo austriaco ad accettare ha insistito:

l) Che il Governo di Vienna può sempre opporsi a consultazione che ritenesse contraria al proprio interesse. 2) Che per eventuale intervento di truppe in Austria non è da credere che tutti gli Stati che prendono parte alla consultazione debbano inviare pro

{l) Preziosi riferì con t.r. 22/1 R. dello stesso 1° gennaio: «Intromissione di quest'ultimo,[l'ex ministro Schmitz borgomastro di Vienna] che con lunghi telegrammi da Parigi ha cercato sostenere opportunità «partecipazione» di altri Stati al patto in parola, è criticata anche da parte cancell1ere. Intanto Berger Waldenegg ha ritenuto utile inviare a Parigi ministro plenipotenziario Pfltigl con incarico di chiarire definitivamente punto di vista Governo francese e neutralizzare azione del borgomastro ed anche dello stesso Egger ».

prie truppe, ma Francia e Italia d'accordo possono fare designare allo scopo alcuni altri Stati, che materialmente interverrebbero; il signor Pfliigl che ha insistito sui motivi dell'opposizione austriaca al processo verbale proposto, ha promesso a Lavai di chiedere istruzioni a Vienna.

A me il signor Pfliigl concludendo ha detto che data la situazione e relazioni tra Vienna e Roma considera che impostazione di questo affare è ormai nelle mani di Mussolini cui certo Vienna si rivolgerà prima di dare una risposta a Parigi.

366

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL PRIMO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA, NICHOLS

APPUNTO. Roma, 1° gennaio 1935.

Il Signor Nichols, per incarico dell'Ambasciatore ammalato, è venuto a intrattenermi sull'incidente italo-eti:opico. Si è sparsa la voce dell'attacco da parte italiana contro la località di Gherlogubi. Egli non sa se la notizia sia esatta o meno, ma la stessa ha suscitato una penosa impressione ad Addis Abeba. Il Governo inglese sarebbe desideroso di facilitare l'appianamento dell'incidente e pensa che vi potrebbe contribuire un gesto di generosità da parte del Governo italiano. Questo gesto potrebbe consistere nel dare agli ufficiali italiani sul posto la precisa istruzione di evitare qualsiasi incidente, e far conoscere questo ordine all'Imperatore.

Gli rispondo che l'attacco di Gherlogubi è puro parto di fantasia degli abissini. Gli italiani sono calmissimi; hanno già l'istruzione di evitare gli incidenti. Naturalmente quando sono attaccati, come è avvenuto a Ual-Ual, devono reagire. L'incidente di Gherlogubi è stato probabilmente inventato perché l'Imperatore si era pentito della proposta fatta di depositare i 200.000 talleri a Ginevra in attesa della liquidazione dell'incidente.

Il Signor Nichols mi chiede se, chiarita la questione di Gherlogubi, noi saremmo disposti ad accettare la proposta dell'Imperatore del deposito dei

200.000 talleri.

Gli rispondo che non sono in grado di dargli una risposta perché la proposta abissina, subito ritirata, non è stata da noi discussa. Come mia impressione però devo dirgli che tale proposta non può essere considerata sufficiente.

367

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

RISERVATO. Roma, 1° gennaio 1935.

L'Ambasciatore di Francia mi ha detto stamane che esistendo soltanto delle difficoltà su certi punti di dettaglio da regolare per l'accordo francoitaliano, egli compirà uno sforzo tentando di indurre Lavai a venire egualmente subito a Roma, poiché la sua presenza avrebbe un effetto decisivo. Se a ciò non riesce, non vi sarà, secondo lui, che un semplice ritardo.

Al Palazzo Farnese si parlava stamane in modo meno ottimistico di ieri circa la resistenza dell'Austria ad accettare il Patto di garanzia.

368

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 30/2 R. Londra, 2 gennaio 1935, ore 19,52 (per. ore 23,30).

Segnalo all'E. V. lunga corrispondenza da Addis Abeba pubblicata stamane sul Daily Telegraph e riassunta nel mio fonostampa 002 odierno. Essa rileva stato di allarme che esiste in Abissinia per il timore che l'Italia stia preparando una azione militare. Sostenendo allarme sarebbe determinato:

1°) dalla persuasione che Francia e Italia hanno concluso accordo per il quale Italia avrebbe mano libera per proclamare protettorato sull'Etiopia;

2°) da invio ingenti quantità di materiale a Massaua e Mogadiscio; per quanto riguarda Inghilterra corrispondenza dice che impressione dei circoli ufficiali abissini è che l'Inghilterra stia temporeggiando e cerchi evitare di prendere posizione.

Corrispondente mostra esser persuaso che Imperatore, nonostante che stia con ogni mezzo intensificando sua preparazione militare, voglia evitare conflitto con l'Italia.

369

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.s. 41/3 R. Addis Abeba, 2 gennaio 1935, ore 23 (per. ore 13 del 3).

Mio telegramma n. 780 (l).

Parte seconda. In colloquio avvenuto giorno seguente, segretario imperatore ripeté a Borra che Sovrano aveva atteso suo intervento; conferma sue buone disposizioni ed a prova informa, in via strettamente confidenziale, che Imperatore ha diretto a s. M. il Re d'Italia ed a Capo del Governo due lettere autografe in esse avrebbe espresso dispiacere per accaduto, proposito non interrompere buone

relazioni con l'Italia, rammarico di avere dovuto ricorrere a Società delle Nazioni dopo che Italia aveva rifiutato arbitrato previsto da trattato 1928;

2° -Ato Taddese ha quindi proseguito seguendo appunti portati con sé di cui ha dato lettura a Borra, invitandolo a «prenderne nota per poi riflettere:.. In base tale appunti ha fatto presente:

«Etiopia ha avuto bestiame confiscato, uomini uccisi, territori occupati; per di più le si chiede riparazioni e indennità. Ciò non può essere accettato finché torto e ragioni non siano esattamente définite: una sola cosa è certa finora, ed è che l'Italia non sta ai termini trattato 1928 ) ;

3° -In seguito risposta di Borra, che sviluppa ovvii argomenti, Taddese richiama anche recenti incidenti Gondar dove piena soddisfazione è stata prontamente ottenuta dall'Italia: una nuova umiliazione non potrebbe venire imposta alla nazione etiopica (qui egli fa confidenzialmente accenno a difficile posizione Imperatore di fronte popolo «torrente impetuoso che può schiacciare ogni diga oppressioni ) ) . Di fronte ai capi tradizionalisti e guerrieri, di fronte ai parenti degli uccisi sta sacro diritto alla vendetta.

Se Etiopia accettasse di presentare scuse, chi può garantire che l'Italia cederebbe poi su qualche punto successivamente?

In tal caso tutto il paese sarebbe contro il Governo e stesso Imperatore.

Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo {1).

(l) Cfr. n. 353.

370

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 38/4 R. Addis Abeba, 2 gennaio 1935, ore 23 (per. ore 10,15 del 3).

(Il presente telegramma fa seguito al n. precedente) (2).

4°) -Borra esprime avviso che, mantenuto il principio di riparazioni dovute all'Italia questa si dimostrerebbe arrendevole nella discussione sulle modalità: e Etiopia potrebbe anche ottenere qualche notevole vantaggio, con definitiva delimitazione frontiera somalo-etiopica.

Taddese risponde che la questione potrebbe essere anche ritirata dalla S.d.N., ma che occorre in ogni modo, prima di pensare a scuse, che venga definito il torto.

Ciò non può attenersi che a mezzo arbitrato, il cui concetto egli ritiene sia stato male interpretato in Italia.

Governo etiopico ... {3) quanto più pronta soluzione incidente e evitare che decisioni dovessero venire prese in Europa e andare per le lunghe: sarebbe bastato il giudizio di una persona scelta di comune accordo fra l neutrali resi

29 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

denti in Addis Abeba, (cita il caso di un precedente anglo-etiopico risolto dall'allora ministro del Belgio in Addis Abeba Gérard).

Qui Taddese si dilunga sul concetto di arbitrato (che realmente occupa posto preponderante nella pratica quotidiana): solo una decisione arbitrale, egli dice, anche resa da un privato, potrà persuadere popolo che torto è nostro e fargli ammettere umilianti scuse.

Ad ogni buon fine definisce arbitrato « unica soluzione e aggiunge che non parlerà a Imperatore delle proposte avanzate da Borra «perché inutili~. Gli lascia gli appunti, invitandolo riflettere ancora stanotte;

5°) Borra richiamato attenzione di segretario Imperatore su propaganda antitaliana qui attivamente svolta, e su pericolo da essa derivante, come anche di notevoli concentramenti di truppe alla frontiera. Taddese deplorato propaganda «opera di pazzi~. e espresso avviso che truppe sono severamente controllate da capi. Chiuso colloquio esprimendo desiderio di vedere ancora dottore.

6°) Riassumo impressioni colloquio: Taddese mostrato cortese fermezza nell'esporre e mantenere punto di vista etiopico, e ben lontano da spirito conciliante cui improntato suo primo colloquio; certo in seguito a precise istruzioni ricevute. Argomenti svolti hanno reale fondamento in mentalità etiopica e in situazione attuale cui trovansi Imperatore e Governo: pur se ostentata intransigenza possa, fino ad un certo punto, ronsiderarsi voluta nella speranza di ottenere condizioni migliori.

Dato andamento colloquio ho dato istruzioni a Borra all'indomani primo incontro con Taddese di lasciar cadere per il momento conversazione pur senza precluderne la via del tutto.

(l) -Cfr. n. 370. (2) -Cfr. n. 369. (3) -Gruppo !ndec1!rato.
371

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 40/5 R. Addis Abeba, 2 gennaio 1935, ore 23 (per. ore 3 del 13).

Miei telegrammi nn. 750 e 778 (1). Riassumo conversazione avuta con questo ministro d'Inghilterra 31 dicembre scorso.

1° -Barton mi ha detto avere pi8 volte conferito con Imperatore, in seguito alle istruzioni ricevute da Londra, e avere trasmesso Foreign Office proposte scritte etiopiche circa soluzione incidente: non credeva potermene comunicare testo, però riteneva che esse sarebbero state migliori se non fosse avvenuto il 28 dicembre un nuovo scontro a Gherlogubi, nel quale etiopici avrebbero avuto due morti (ho fatto naturalmente presente che simile notizia di fonte etiopica non trovava alcun riscontro in quelle a noi pervenute);

2° -Avendo io ancora attirato sua attenzione su misure militari prese su vasta scala specie alla nostra frontiera somala, ministro d'Inghilterra mi

ha detto ritenerle motivate da timori abissini di un nostro attacco o per lo meno di estensione nostra occupazione in altra località frontiera da delimitarsi: e che non credeva Etiopia avrebbe mai assunto iniziativa attacco;

3° -Parlatomi poi di attuali forti apprensioni sfere dirigenti etiopiche in seguito a continue pubblicazioni di stampa francese e italiana circa possibile intesa africana (vedi mio telegramma n. 760 (l) paragrafo 2°) (2);

4° -Tornando considerare attuale situazione derivante da in::idente u_.~l-Ual, sir Sidney Barton mi ha detto infine, a titolo strettamente confidenziale, che punto di vista inglese differisce da quello italiano; versioni dei fatti di Ual-Ual discordano (e fin da inizio anche notizie pervenute da agenti inglesi non concorderebbero, secondo sir Sidney Barton, con versione data da autorità somale) ; di fronte tale discordanza non gli sembrava consono a mentalità britannica che una delle due parti accettasse senz'altro richieste dell'altra parte.

A questo riguardo atteggiamento inglese, mi sembra mantenersi nelle linee già segnalate a V. E. (miei telegrammi nn. 700 e 711) (3): è evidentemente una continua azione di fiancheggiamento e consiglio svolta presso questo Governo, mentre può anche rilevarsi un significativo « sincronismo ~ ed una chiara identità d'ispirazione negli argomenti svolti da Sir Sidney Barton e in quelli esposti da agenti etiopici più o meno ufficiosi (miei telegrammi nn. 3 e 4 in data odierna (4).

Tale atteggiamento inglese non mi appare, per quanto io possa rilevare qui, atto a facilitare soluzione incidente secondo richieste da noi presentate. Su di esso continuo a portare mia maggiore attenzione per poterne ulteriormente riferire a V. E.

(l) Cfr. nn. 332 e 352.

372

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 46/1 P.R. Mosca, 2 gennato 1935, ore 23,52 (per. ore 3,25 del 3).

Litvinoff mi ha intrattenuto ieri lungamente sulla questione della stampa.

Egli sembra veramente sconcertato dalle ultime istruzioni che mi disse impartite da S. E. Capo del Governo e comunicate per telefono all'incaricato d'affari sovietico.

Ho risposto che non trovo in quelle istruzioni nulla di sostanzialmente nuovo e tanto meno di contraddittorio, essendo naturale che due paesi come Italia e U.R.S.S. si riservino libertà di linguaggio in ogni materia avente tratto ai rispettivi regimi.

(l} Cfr. n. 344.

(-3) Cfr. nn. 289 e 301.

Litvinoff ha replicato osservando che le comunicazioni di S. E. Capo del Governo lo disorientavano perché, venendo dopo assicurazioni date da Potemkin proprio a proposito campagna Kirov, potevano essere interpretate nel senso che, da parte nostra, si tendesse a indirizzi politici nuovi.

Ho risposto poter escludere una tale ipotesi nella maniera più precisa ed assoluta.

Ho rammentato a mia volta la libertà di cui anche la stampa sovietica fa uso nei nostri riguardi, senza per questo che noi ne inferiamo conclusioni di natura politica estera.

Litvinoff ha ribattuto, rilevando che campagna Kirov faceva seguito alle corrispondenze durante 1934 insolitamente numerose, insistenti ed astiose di Cipolla, Barzini, Alvaro, Brocchieri ecc. ecc.

Nelle recenti manifestazioni giornalistiche italiane nessuno degli uomini rappresentativi, così del regime come del Governo, (Stalin, Molotov, Vorosciloff), era stato risparmiato.

Tutto ciò -sempre secondo Litvinoff -eccedeva limiti consentiti ritorsioni ad una opposta ideologia di regimi. Governo sovietico, oltre che trovarsi nella necessità di reagire, aveva quindi ragione preoccuparsi avvenire nostre relazioni.

Ho nuovamente cercato dimostrare mio interlocutore infondatezza tali preoccupazioni, ma Litvinoff non se ne è mostrato molto convinto e mi ha rivolto insistente preghiera di sottoporre, a suo nome, situazione direttamente a S. E. Capo del Governo, mettendo speciale evidenza:

1°) -Che, una volta lasciate le stampe dei due paesi completamente libere di attaccarsi sul terreno della politica interna, è impossibile poi controllarne praticamente i limiti arrivando quindi fatalmente a situazioni poco adatte al mantenimento relazioni amichevoli fra i due Governi;

2°) -che di un simile stato di cose si avvantaggiano sopratutto gli avversari comuni: come appunto provato dai grandi entusiasmi che contegno nostri giornali ha immediatamente suscitato in Germania (sintomatiche, aggiungo io, anche le corrispondenze apparse sul Temps di Parigi).

Nel trasmettere a V. E. questo appello del signor Litvinoff -la cui deferenza per V. E. è nota, -mi permetto per parte mia, aggiungere che iersera è partito per Roma nuovo ambasciatore U.R.S.S. (1), il quale si è mostrato con me fortemente preoccupato, direi quasi accorato, di raggiungere sede proprio ora.

Una temporanea sosta nelle pubblicazioni succitate quindi anche per riguardo al nuovo ambasciatore, che giunge costì animato dalle migliori intenzioni, riuscirebbe opportuna, onde evitare di metterlo fin dall'inizio in imbarazzo di fronte al proprio Governo. Ché anzi, arrivo nuovo inviato sovietico mi sembrerebbe -sempre subordinatamente alle direttive di ordine generale

che V. E. crederà impartire -prestarsi a qualche manifestazione di amicizia intesa mettere in pratica rilievo differenza che V. E. ha sempre fatto, in materia di rapporti con l'U.R.S.S., fra politica interna e politica estera.

A mio rimesso avviso, una tregua riuscirebbe anche opportuna per le trattative commerciali in corso, la cui conclusione risulta facilitata da una atmosfera di calma e serenità reciproca (1).

(2) -Slc., ma Jeggasi 3°. (4) -Cfr. nn. 369 e 370.

(l) Cfr. quanto aveva comunicato Attollco circa l! nuovo ambasciatore dell'URSS a Roma col telespr. 5399/2079 del 13 dicembre: "Boris Stein è però più duro di Potemkln e particolarmente sensibile !n fatto d! stampa. Richiamo !n proposito le confidenze da lui fatte a Tamaro !n occasione delle man!festaz!on! della nostra stampa per l! patto orientale. Bisognerà, su questo punto, stare bene attenti. Per contro, s! può essere sicuri che, se convinto della nostra amicizia, egl! sarà presso L!tvinov patrocinatore de! nostri Interessi più autorevole e ascoltato dello stesso Potemk!n ».

373

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

Roma, 2 gennaio 1935.

Nuovo testo consegnatomi dall'ambasciatore Chambrun.

Armements (2).

Les deux Gouvernements, sans revenir sur le principe de l'é.galité des droits, tel qu'il est défini par la déclaration du 11 décembre 1931, se déclarent d'accord pour estimer que l'Allemagne, non plus qu'aucune autre Puissance dont le statut d'armement a été défini par traité, ne peut modifier par voie unilatérale ses obligations en matière d'armement. En conséquence les deux Gouvernements conviennent de procéder de la manière suivante:

Au cas où l'Allemagne voudrait se libérer unilatémlement du traité en se réservant une complète liberté d'armements, les deux Gouvernements, animés du désir de se preter un mutuel appui, se concerteront sur l'attitude à adopter.

Au cas où les circonstances permettraient une reprise des négociations internationales en vue de la conclusion d'une convention générale de limitation des armements, les deux Gouvernements associeront leurs efforts pour que les chiffres de limitation qui seront inscrits dans la convention assurent aux deux pays, par rapport à l'Allemagne, les avantages qui seraient justifiés par chacun d'eux.

374

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, A ... (3)

PROMEMORIA. Roma, 2 gennaio 1935.

I recenti avvenimenti o nuove decisioni del R. Governo possono aver cambiato le direttive che S. E. il Capo del Governo volle precisarmi prima della mia partenza per Addis Abeba nel gennaio 1933.

Il 19 corrente S. E. il Capo del Governo mi ha fra altro fatto conoscere di aver dato incarico a S. E. De Bono « di apprestare la difesa della colonia in modo che gli etiopici non osino tentare un qualsiasi atto offensivo contro di noi :t.

Se questo è il lato negativo del problema etiopico, quale che sia l'azione che io dovrò svolgere è necessario che essa sia strettamente collegata con quella che S. E. De Bono svolgerà in Eritrea e in Somalia anche per l'eventuale soluzione del problema etiopico in genere.

Questa unità di direttive deve rispecchiarsi anche nei vari nostri organi locali; mi è necessario conoscere se alcune iniziative che potrebbero essere giustificate da ragioni eccezionali, rispondano in modo assoluto a precise superiori direttive (l)

Ciò perché negli ultimi tempi ho dovuto constatare una discordanza di direttive e sopratutto di «spirito :t anche negli organi che dipendono politicamente da me, ma contemporaneamente sotto altri titoli da altre autorità (Addetto Militare della R. Legazione, RR. Consoli in Adua, Gondar, che sono funzionari coloniali).

Qualunque siano le istruzioni che io riceverò, i funzionari che dipendono da me non possono avere un'attività diversa e in contrasto dalla mia: se fosse necessario svolgere altre azioni contemporanee nell'interno dell'Etiopia, ne potranno essere incaricate altre persone. Altrimenti l'opera delle RR. Rappresentanze in Etiopia, che risulta non soltanto dalla mia opera personale, sarebbe frustrata da atteggiamenti di miei dipendenti non consoni alle istruzioni da me ricevute.

Non esito a credere che molto dell'attuale situazione si deve ad imprudenze, intemperanze, e specialmente allo «spirito» cui accennavo, e che non sento rispondere alle direttive che S. E. il Capo del Governo mi ha espresso nella sua udienza.

Con Pro-Memoria a parte (2) mi sono permesso domandare che siano inviate fin d'ora al R. Addetto Militare istruzioni precise *di occuparsi di questioni di competenza tecnica mi1itare, ma di non entrare nel campo politico; dopo il suo recente ritorno (pochi giorni prima della mia partenza da Addis Abeba) egli afferma aver diversi ordini e altrd incarichi. Occorre che ciò sia chiarito* (3).

Prima della mia partenza per l'Etiopia, esprimo il subordinato parere che per alcuni dettagli io possa essere autorizzato a partecipare ad una riunione fra i differenti uffici e Dicasteri che si occupano della questione etiopica.

Ciò anche per le comunicazioni che dovrò fare all'Imperatore e al Governo etiopico al mio arrivo in sede. E sarebbe opportuno che fossero poi ripristinate le riunioni interministeriali che si facevano un tempo a tale scopo.

(l) -Ciano comunicò ad Attolico con t. 80/2 P.R. del 4 gennaio: «Informo V. E. che a seguito del suo telegramma n. 1 è stato disposto affinché stampa italiana si astenga da ulteriori polemiche nei riguardi di codesto paese». (2) -In pari data Chambrun consegnò a Suvich anche il testo dell'accordo sull'Austria che non si pubblica perché identico a quello definitivo. Il testo fu comunicato a Berlino, Londra, Mosca, Varsavia, Washington, Budapest e Vienna con t. 10/C. R. del 3 gennaio. (3) -Il destinatario non è indicato; si tratta probabilmente di Suvich. (l) -Annotazione a margine di Mussolini: «Si :t. (2) -Cfr. n. 357. (3) -Il passo fra asterischi è stato segnato a margine da Mussolin!.
375

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

Roma, 3 gennaio 1935 (1).

L'Ambasciatore Chambrun mi telefona per sentire se riteniamo che sia da fare una comunicazione a Berlino sul progetto per l'accordo austriaco.

Gli rispondo che la nostra opinione è che tale comunicazione sia opportuna. Io ne ho parlato vagamente a von Hassel ma si farà un telegramma più preciso per Cerruti perché ne dia comunicazione a Neurath.

L'Ambasciatore comunica che il r,appresentante di Francia a Berlino François-Poncet farà altrettanto.

376

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, CERRUTI, A MOSCA, ATTOLICO, A VARSAVIA, BASTIANINI, A WASHINGTON, ROSSO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 4/C. R. Roma, 3 gennaio 1935, ore 14.

(Per tutti) Come V. E. avrà rilevato da comunicato diramato dalla Stefani signor Lavai sarà a RQma 11 4 corrente per avere con S. E. il Capo del Governo dei colloqui conclusivi su questioni interessanti due paesi e la politica generale.

Le questioni che interessano particolarmente i due paesi concernono la Tunisia ed i compensi coloniali (confini libici ed Eritrea).

Le questioni di politica generale si riferiscono al disarmo, all'Austria ed all'Europa centrale e danubiana. Su questi due ultimi punti l'accordo raggiunto di massima ha formato oggetto di un progetto di processo verbale che le viene trasmesso con altro telegramma e che per ora è destinato a rimanere riservato (2).

(Solo per Berlino) Di quanto precede ho messo al corrente questo ambasciatore di Germania dandogli anche comunicazione sommaria del suddetto progetto di processo verbale. Gli ho detto che si riteneva molto interessante la partecipazione della Germania e che la posizione speciale della Germania formerà certamente oggetto di conversazioni durante la visita di Lavai. La Germania sarà tenuta al corrente dell'ulteriore sviluppo dei negoziati per quanto riguarda questo punto.

Da parte nostra si considera che un'adesione della Germania al patto per l'Austria potrebbe preludere ad una più intensa collaborazione tra le grandi Potenze europee anche in altre questioni, come ad esempio quella del disarmo.

Prego V. E. vedere Neurath ed esprimersi nello stesso senso con lui a nome Governo italiano. Avverto che Francia farà analoga comunicazione costà (1).

(Solo per Varsavia) Di quanto precede ho messo al corrente questo ambasciatore di Polonia dandogli anche notizia del contenuto del verbale riservato e mettendo in opportuna evidenza che la partecipazione eventuale della Polonia all'accordo è stata da noi chiesta in considerazione della importanza della Polonia sia come Grande Potenza europea sia come interessata ad ogni sistemazione del bacino danubiano nella sua qualità di Stato successore.

(Solo per Mosca) Di quanto precede metto al corrente questa ambasciata di Russia dandole notizia sommaria del verbale riservato. In relazione anche al quesito postale da signor Litvinoff effettivamente, come ella rileverà, è prevista la possibilità della accessione della Polonia all'accordo per l'Austria e ciò precisamente in considerazione della sua qualità di Stato successore.

(l) -Si inserisce qui perché evidentemente precedente al n. 376. (2) -Cfr. n. 373, nota 2.
377

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 5/1 R. Roma, 3 gennaio 1935, ore 18,45.

Come V. E. avrà rilevato dal comunicato diramato dalla Stefani, arrivo Lavai è fissato pel 4 corrente. Colloqui con Capo Governo verteranno su questioni interessanti i due paesi e la politica generale.

Le questioni che interessano particolarmente i due paesi concernono la Tunisia ed i compensi coloniali (confini libici ed Eritrea).

Le questioni di politica generale si riferiscono al disarmo, all'Austria ed all'Europa centro-danubiana. Su questi due ultimi punti l'accordo raggiunto di massima risulta da un progetto processo verbale che trasmetto con altro telegramma e che è destinato a rimanere riservato (2). Esso è già in mani di questo ministro di Ungheria al quale era stato precedentemente comunicato progetto proposto originariamente dal Governo francese e che le invio per corriere (3).

Al ministro d'Ungheria sono state anche indicate ragioni nostra accettazione. La Francia aveva domandato due cose: una manifestazione qualsiasi a favore della Jugoslavia e un accordo «multiplo» per l'Austria. La Francia, di fronte al diniego italiano, non ha insistito sulla prima richiesta, e si è ritirata sulla seconda dove, dati i precedenti, era difficile se non impossibile per l'Italia di rifiutarsi a discutere. Il carattere dell'accordo salvaguarda la dignità dell'Austria e nella sua prima parte non va al di là dei principi

affermati nella recente deliberazione di Ginevra per l'dncidente ung~ro-jugoslavo e fa salvo in ogni caso il revisionismo legale con tutto quello che esso comporta. È chiaro poi che una dichiarazione esplicita e tempestiva della Germania in favore dell'indipendenza austriaca renderebbe superfluo tutto l'apparato escogitato dal Qual d'Orsay, e la questione avrebbe o potrebbe avere una soluzione più semplice (1).

(l) -Già l! 31 dicembre Francois Poncet ne aveva parlato con Kopke: «Dopo qualcheespressione di stupore Kopke manifestato opinione personale che il Governo del Reich sarebbe disposto a discutere il patto di eu isi tratta e ad aderirvi (t. 13/1 R. del 1° gennaio). (2) -Cfr. n. 373, nota 2. (3) -Cfr. n. 341, allegato.
378

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 52/6 R. Berlino, 3 gennaio 1935, ore 22,15 (per. ore 2 del 4).

Telegramma di V. E. n. 4/C (2).

In assenza del barone von Neurath e di von Btilow mi sono espresso nel senso delle istruzioni dell'E. V. con Koepke, il quale mi ha assicurato clte avrebbe entro la ... (3) informato della mia comunicazione il ministro affari esteri.

Egli mi ha dato lettura del telegramma ricevuto poco prima da Hassel.

Siccome risulta poco chiaro dal telegramma stesso quale è il contenuto del progetto di processo verbale redatto circa i due punti dell'Austria e dell'Europa centrale e danubiana, siamo rimasti intesi con Koepke che ne informerò Auswii.rtiges Amt non appena ne abbia ricevuto il testo preannunziatomi.

Nel telegramma di von Hassell rilevai che egli si era adombrato per le parole dettegli da V. E. circa il disarmo e relative proposte per la frase che -Italia e Francia non discuteranno punti di dettaglio ma cercheranno un terreno su cui procedere di comune accordo.

Ambasciatore di Germania aggiunge di avere chiesto a V. E. quali intese fossero state raggiunte al riguardo e di avere ricevuto la risposta che stasera sarà pubblicata la comune intesa: quella che si sarebbe ricercata durante le conversazioni di Roma.

Ho detto a Koepke che mi rendevo conto che egli non poteva darmi una risposta senza avere interpellato barone von Neurath, ma gli chiesi sua opinione personale circa comunicazione fattagli.

Egli mi disse che nei giorni scorsi si era stati assai nervosi all'Auswartiges Amt temendo che Germania potesse trovarsi posta di fronte a un fatto compiuto che le rendesse difficile, per non dire impossibile, una linea di condotta conforme alla politica che è fermamente decisa a seguire.

Questa mirava, come mi era noto, a salvaguardare in modo assoluto l'indipendenza dell'Austria.

Egli personalmente considerava il passo compiuto dall'Italia come tempestivo e quindi tale da agevolare la posizione che avrebbe preso il Governo del Reich.

Questo ambasciatore di Francia ha ricevute istruzioni da Parigi troppo tardi per potere fare la comunicazione oggi stesso.

Egli la farà domani mattina.

Mi ha Ietto il testo del telegramma dal quale ho appreso il contenuto del progetto di processo verbale.

(1) -Il 5 gennaio Colonna trasmise con telespr. 108/23 il comunicato ufficiale ungheresesulle trattative !taio-francesi. Se ne pubblica !l seguente brano: «Sulla base delle trattative finora corse e delle notizie finora apparse si può già adesso constatare che a Roma non può essere questione d! una forma d! garanzia territoriale, come era previsto nelle d!ch!araz!on! d! Barthou e di Titulescu e che vorrebbe escludere anche la possibilità d! una pacifica revisione. La formula, nella eu! direzione !n connessione con la questione austriaca si cerca la soluzione, sembra consisterebbe !n ciò: gli Stati interessati si impegnerebbero di non intromettersi ne! rispettivi affar! interni e di astenersi da ogni propaganda diretta al sovvertimento con mezzi violenti dell'ordine interno dell'altro Stato. È quindi inesatto parlare d! una garanzia dell'indipendenza austriaca, dato che la stessa Austria non ha ma! desiderato, anzi nel pieno possesso del suo diritto di sovranità ha sempre trovato incompatibile con la sua dignità, che la sua integrità territoriale e la sua esistenza statale siano garantite da altri; ma ha solamente voluto scongiurare 11 pericolo di un intervento esterno». A un altro testo analogo del comunicato Mussolini ha apposto l'annotazione: «Importante». (2) -Cfr. n. 376. (3) -Gruppo indec!frato.
379

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 42/18 R. Addis Abeba, 3 gennaio 1935, ore 23,45 (per. ore 20 del 4).

Miei telegrammi 3 e 4 (l) .

1°) Nell'incontro chiesto a Borra alla fine del precedente colloquio e avvenuto 31 dicembre, segretario Imperatore ha voluto prendere appunti costituenti estesa relazione su incidente Ual-Ual, e su argomenti svolti in conversazioni precedenti. Avendogli Borra fatto osservare che, invece di perdere tempo in chiacchiere sterili, Governo etiopico avrebbe potuto avanzare sue concrete proposte per qualche soluzione incidente (naturalmente fermo restando principio delle scuse dovute), Ato Taddese risposto che avrebbe subito agito in tal senso, e preso nuovo appuntamento con Borra.

2°) Incontratisi giorno 3 corrente.

Ato Taddese inizia informando aver dato ad Imperatore appunti ultimamente presi: annunzia che presto potrà esporre proposte etiopiche, mostrando generico ottimismo.

Borra gli mostra comunicato stampa radio nazionale del 17 dicembre, in cui esposti fatti e richieste italiane: tali richieste il segretario Imperatore dice di considerare, a titolo personale, non eccessive e annulto equità.

Conferma inoltre e deplora che tutta la trattativa sia stata male impostata da parte dell'Etiopia;

3°) In via strettamente confidenziale Ato Taddese aggiunge che questo ministro d'Inghilterra avrebbe suggerito al Governo etiopico di depositare subito ammontare indennità richiesta: Taddese chiede se, una volta effettuato il deposito, si potrebbe accordarsi, e accenna a quanto avvenne per

Corfù, domandando se somma potrebbe essere depositata presso terzi. Chiede anche se cifre date da comunicato stampa 17 dicembre circa perdite italiane (30 morti 60 feriti) possano considerarsi ufficiali, mostrando di volerle considerare come non rilevanti, e quindi suscettibile di riduzione l'indennità chiesta dall'Italia (questioni puramente finanziarie hanno grande peso in questo paese).

4°) Taddese ha improntato tutte le sue dichiarazioni ad una certa arrendevolezza unita a notevole ottimismo, e ha detto a Borra di volerlo presto rivedere.

Tale atteggiamento, in così netto contrasto con quello tenuto durante conversazioni del 27 dicembre, è indubbiamente in relazione a inevitabili fluttuazioni e ricerche di questa ingegnosa scaltra mentalità abissina portata a temporeggiare.

Ritengo perciò di doverne per ora prendere atto con ogni riserva, in attesa che attuale ripiegamento etiopico, apparentemente volto a ricerca soluzione amichevole e conforme nostri diritti, venga ulteriormente confermato e definito, sia pure a titolo ufficioso, dal segretario Imperatore, in prossimo colloquio da lui richiesto, per il quale ho confermato a Borra istruzioni impartitegli secondo le note direttive.

Ne riferirò immediatamente a V. E.

(l) Cfr. nn. 369 e 370.

380

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 12/4 R. Roma, 3 gennaio 1935, ore 24.

Con riferimento conversazioni telefoniche intercorse con V. E. le trasmetto per regolarità di carteggio riassunto comunicato da questo ambasciatore di Francia al suo Governo la sera del 31 dicembre sulla sàtuazione delle trattative a quella data.

Di tale riassunto ci era stata data visione:

Segue riassunto. Procès verbal. On est d'accord d'une façon générale sur le projet français. Les points encore réservés sont les suivants:

a) Proposition italienne d'ajouter la Pologne b) Objection autrichienne et réserve italienne à l'étendue de la consultation à d'autres Etats dans la période intérmediaire. L'Autriche demande à etre consultée elle-meme: (l)

PACTE CONSULTATIF GENERAL

D'accord en principe.

ARMEMENTS

D'accord

COMPENSATIONS COLONIALES

Gouvernement ltalien accepte que frontière proposée entre Lybie et territoire français soit déterminée en principe d'après la ligne indiquée dans la carte communiquée par l'ambassade de France. Il demande toutefois que quelques localités permettant surveillance zone frontière soient laissées dans zone italienne.

Accord de principe sur une cession territoriale sur la frontière entre Cote Somalis et Erythrée, mais Italie estime que cession proposée est insuffisante.

TUNISIE

Accord sur levée à terme hypotèque italienne en Tunisie étant entendu que pendant dix ans conventions 1896 resteront en vtigueur et que transformation ultérieure se fera par étapes. Durée étapes n'est pas encore fixée.

De mème en principe pour écoles et autres matières envisagées par conventions 1896.

AFRIQUE ORIENTALE

Italie considère que formule désistement proposée par M. Lavai est dictée par raisons prudence et devra ètre revue suivant désir Italie au cours conversation entre M. Mussolini et M. Lavai.

ACTIONS DU CHEMIN DE FER GIBUTI-ADDIS ABEBA

Gouvernement français s'est assuré que groupe français chemin de fer est disposé à céder 2.000 actions à un groupe italien. Gouvernement italien se rend compte situation spéciale compagnie française, mais demande qu'un effort plus considérable soit fait.

(l) Con t. 14/6 a., pari data, Suvich comunicò a Plgnattl le seguenti osservazioni fatte dal Gnverno austriaco sul patto di non Ingerenza e consultazione: «Le pacte de consultatlon qui vise pratlquement la sauvagarde éventuelle de l'lndépendance de l'Autrlche, do!t etre

381

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 13Ì2 R. Roma, 3 gennaio 1935, ore 24.

Questa ambasciata britannica ha fatto presente l'interesse che il suo Governo porta alla situazione in Abissinia e il desiderio di vederla risolta sollecitamente e in modo soddisfacente. Il Foreign Office ha dato istruzioni al proprio ministro in Addis Abeba di insistere presso l'Imperatore perché egli assuma un atteggiamento moderato e ragionevole.

signé par l'Italie et la France d'accord avec l'Autrkhe. Ce pacte qui n'est pas mutue!, ne

peut comporter l'adhés!on d'autres vo!s!ns, car !l se llm!tera aux mesures de sécur!té à

prendre éventuellement pour !'indépendance de l'Autr!che par l'Italie et la France.

Par contre, l'Autriche ne voit aucun !nconvén!ent à ce que l'Italie et la France donnent

connalssance de ce pacte et des mesures qu'il comporte, aux autres Etats qu'ils jugera!ent

ut!le d'avertlr ».

È stato risposto che per parte nostra eravamo disposti a delimitare il confine tosto che -se non tutte -almeno la parte essenziale delle domande rivolte al Governo abissino fosse stata soddisfatta. Ho aggiunto che istruzioni in tal senso erano state preparate per la R. legazione in Addis Abeba quando è giunta una comunicazione da Ginevra secondo la quale il Governo abissino ha invocato l'art. 11 del patto.

382

PROMEMORIA. gennaio 1935 (2).

La soluzione del problema della Siria implica quella del più generale problema dell'equilibrio politico nel Mediterraneo Orientale, dove l'Italia, erede delle tradizioni gloriose delle Repubbliche marinare, ha una posizione materiale e morale di primo ordine, degna di essere sotto ogni riguardo tutelata.

L'Italia fascista gode oggi in Sirda, come in tutto l'Oriente, di largo prestigio; se un giorno la Siria, paese di notevoli risorse e testa di ponte per l'espansione in Oriente, acquisterà una reale autonomia, si apriranno maggiori possibilità per la penetrazione economica e culturale in Oriente.

Il Patto di Londra del 1915, l'Accordo di S. Giovanni di Moriana del 1917 ed i successivi Accordi Interalleati, assicuravano all'Italia, nel caso di spartizione totale o parziale dell'Impero Ottomano, vantaggi territoriali proporzionali a quelli degli alleati, e conseguentemente un giusto equilibrio politico nel Mediterraneo Orientale.

È avvenuto invece che Francia e Gran Bretagna, sotto forma di Mandato, si sono praticamente impossessate dei Paesi ex-ottomani nel Bacino del Mediterraneo Orientale (Siria, Libano, Palestina, Transgiordania e Irak); e l'Italia non ha conseguito alcun vantaggio.

Da parte nostra si è avuto cura di mantenere in vita, per quanto allo stato potenziale, i nostri titoli giurddici e politici. Si ricordano al riguardo i colloqui che s. E. il Capo del Governo ebbe con Poincaré e Lord Curzon a Territet e Losanna nel novembre 1922. La questione dei Mandati, o meglio della loro trasformazione in Protettorati o possessi di diretto dominio, è l'ultima occasione che ci si presenta perché tali titoli ad una più equa sistemazione politica del Mediterraneo Orientale non siano definitivamente perenti.

La Francia ci chiede oggi di desistere dal nostro atteggiamento di opposizione, in modo che le sia consentito di trasformare sostanzialmente il Mandato siriano in Protettorato francese. Tale richiesta è contraria allo spirito e alla lettera dell'Art. 22 del Patto che stabilisce che il Mandato deve preparare la formazione di due Stati (Siria e Libano) effettivamente indipendenti e sovrani.

Il precedente inglese della cessazione del Mandato sull'Irak non è invoca

bile, in quanto, se pure apparentemente analogo, ben diverso è sostanzialmente

il contenuto del Trattato anglo-irakiano del 1930 da quello del progettato Trattato franco-siriano. Inoltre scarsi sono gli interessi italiani in Irak, rilevantissimi quelli in Siria.

Aderire alla richiesta francese implicherebbe:

a) chiudere la questione dell'equilibrio politico del Mediterraneo Orientale, consolidando lo stato di cose costituitosi contrariamente agli impegni degli ex-alleati a tutto loro vantaggio e con danno nostro;

b) privarci insieme dell'arma più efficace per far valere -in un'eventuale modificazione dello statu qua in Turchia -quei diritti che ci erano stati riconosciuti dagli alleati in Anatolia come contropartita delle attribuzioni loro fatte dei Mandati orientali;

c) privarci della possibilità di opporci ad un'eventuale trasformazione futura del Mandato britannico sulla Palestina e Transgiordania in Protettorato britannico;

d) compromettere la recente politica italiana nei riguardi dell'Oriente. Da qualche tempo manteniamo contatti con gli esponenti del nazionalismo siriano ed arabo in genere; abbiamo a questi fatto conoscere che le linee direttive della politica italiana nel problema dei Mandati coincidono sostanzialmente con le loro aspirazioni miranti ad una effettiva indipendenza e sovranità della Siria. Questo atteggiamento italiano è stato opportunamente inquadrato in una propaganda· più vasta verso tutti i popoli dell'Asia. Dalla Cina e l'India fino al più vicini Stati di Saudia, Irak ecc., il prestigio acquistato recentemente dall'Italia soffrirebbe notevolmente, adottandosi oggi nel problema siriano un atteggiamento contrastante a quello sinora tenuto.

Chi ne guadagnerebbe sarebbe la Germania, che già agisce con attiva propaganda in Oriente (vedasi fra l'altro il congresso degli studenti orientali a Berlino e le mene palesemente germaniche nel recentissimo congresso degli studenti orientali di Roma) e intorno alla quale i nazionalisti arabi finirebbero col raggrupparsi.

Nelle prossime conversazioni itala-francesi, sembrerebbe necessario non assumere compromissioni nei riguardi del problema siriano.

Si potrebbe fare osservare ai francesi che, come essi ci domandano di tener conto dell'atteggiamento assunto dalla Francia nei riguardi del problema siriano, analogamente la Francia dovrebbe tener conto dell'atteggiamento assunto in materia dall'Italia e del fatto che la situazione derivante dai Trattati di pace, costituitasi a danno dell'Italia ed in contrasto con precisi impegni interalleati, non dovrebbe essere ancora più modificata a nostro detrimento.

Si potrebbe suggerire che la Francia, senza insistere nel noto progetto di Trattato franco-siriano, lo modifichi tenendo maggior conto delle aspirazioni siriane. Poiché è indubbio che l'Italia ha in argomento la propria voce da far valere, in base agli impegni di guerra relativi al Mediterraneo Orientale oltreché quale membro della S.d.N., la Francia non dovrebbe per l'avvenire, come ha fatto nel passato, porci dinanzi a fatti compiuti che sollevino nostre obiezioni, ma agire d'intesa con noi, assicurandosi il consenso italiano.

L'Italia non intende fare alla Francia una opposizione di principio nei riguardi della Siria; essa è disposta a collaborare, nel migliorato clima dei rapporti itala-francesi, onde ricercare una soluzione del problema che tuteli, nello spirito dell'art. 22 del Patto, al contempo gli interessi francesi e italiani in Siria (l).

(l) AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

(l) -n documento, redatto su carta intestata «Ufficio III Affar! Politici» è privo d! firma. Con ogni probab!l!tà !l firmatario è Buti. (2) -Anteriore alla visita d! Lava! a Roma. Si colloca sotto !l 3 gennaio, giorno precedente l'arrivo di Laval.
383

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

•)

R. 41/22. Mosca, 3 gennaio 1935 (per. il 7).

Mio telegramma del 31 dicembre u. n. 202 (2).

V. E. avrà rilevato dal mio telegramma in rifemmento come il Signor Litvinov abbia tenuto a domandarmi se fosse vero che l'Italia si proponesse di chiamare anche la Polonia a garantire l'indipendenza austriaca. Nel rispondergli negativamente, io non mancai peraltro di rilevare al mio interlocutore che se la Francia voleva chiamare nel patto austriaco anche la Rumania (dopo averla viceversa esclusa dal Patto orientale), non si capiva perché non vi potesse essere anche la Polonia. Aggiunsi che, anzi, questo poteva essere un mezzo per «legare» la Polonia dato che Litvinov mi aveva sempre detto che la premessa del patto polono-tedesco era H disinteressamento di Varsavia nella questione dell'Anschluss. Tutto ciò, ribadii, solo per amor di logica, perché in realtà non ritenevo affatto che la notizia potesse esser vera.

Ho potuto osservare che, non astante la mia premessa e la mia conclusione, la mia «logica» non riusciva affatto gradita al mio interlocutore. Tutto ciò riferisco solo per dedurne come l'URSS sia sensibile ad ogni fatto che possa comunque rafforzare la Polonia.

In sostanza, il nostro riavvicinamento alla Polonia non deve essere sfuggito all'URSS, la quale lo segue per ora con vigile cura, ma potrebbe seguirlo in seguito con apprensione. Questa circostanza non deve essere estranea ai timori di cambiamenti di indirizzo espressimi da Litvinov a proposito delle questioni stampa (mio telegramma odierno n. l) (3).

' Si pubblica invece qui di seguito un brano del R. r. 1426/332 del 29 ottobre 1934 del console a Damasco, Caruso: « Quello che più ci ha giovato è stato il dileguarsi della convinzione che l'Ital!a potesse sonecitare ed ottenere la cessione del Mandato.

Tale eventual!tà che 1 nazional!sti siriani hanno sempre considerata come una «minaccia» non è del tutto sparita dagli occhi del nazionalismo damasceno ed è, in fondo, una delle principali note di discordia col nazionalismo aleppino.

Da tutta una serie di osservazioni che questo Ufficio ha avuto agio di fare in questi ultimi tempi, da un complesso di informazioni ricevute, confermate del resto da quanto il

R. console in Aleppo ha fatto conoscere nei suoi ultimi rapporti, Hanano ed 11 Nazionalismo aleppino si sono ormai nettamente orizzontati verso l'Italia.

Alcuni esponenti damasceni del partito hanno, invece, ancora una certa paura del «dominio » italiano, mentre pensano che la nostra azione può benissimo venire a cessare da un giorno all'altro non appena la Francia e l'Italia si saranno messe d'accordo » .

Si pubblica anche Il seguente passo di un telespresso del 5 marzo 1935 del console generale a Beirut, De Cieco: «Ebbi già a segnalare che l'accordo !taio-francese ha portato un indiscutibile arresto all'orientamento verso l'Italia di queste popolazioni. Non bisogna farsi illusioni: più si parla dell'amicizia tra le due Potenze latine, più si diffida di no!.

Questo fenomeno qui lo constato ogni giorno.

Non vl era prima questione, anche di secondaria importanza, vertente tra Paesi sotto Mandato e Francia su cui non venisse chiesto o 11 parere o l'intervento dell'Ital!a e quest'Ufficio era nel passato la mèta abituale di tutti gli oppositori del Mandato. Oggi non viene quasi

più nessuno ».

(l) Annotazione a margine: «Visto dal Capo». Già in precedenza sia Buti che Parini avevano richiamato l'attenzione di Suvlch sul problema siriano. Buti con gli appunti del 5 7 e 11 dicembre, Parini con gli appunti dell'H e 12 dicembre, che non si pubblicano.

(l) -T 4537/202 R., non pubblicato. (3) -Cfr. n. 372.
384

IL CAPO PEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 22 R. Roma, 4 gennaio 1935, ore 19.

A seguito e conferma di quanto comunicato per telefono in data ttdierna, partecipo che nessuna notizia è sinora pervenuta dal Governo della Somalia circa una pretesa aggressione italiana al presidio di Gherlogubi, che sarebbe :tvvenuta H 28 dicembre alle 10 del mattino. L'accusa etiopica ha tutte le apparenze di essere altrettanto infondata quanto le precedenti.

Comunque R. ministero colonie ha provveduto telegrafare d'urgenza Governo Mogadiscio, precisando dati forniti dal Governo etiopico nel telegramma giunto a Ginevra il 3 corrente (l).

Si fa quindi riserva di ulteriori comunicazioni.

385

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. 62/9 R. Berlino, 4 gennaio 1935, ore 22 (per. ore 2 del 5).

Telegramma di V. E. n. 10/C. (2).

Ambasciatore di Francia ed io abbiamo rimesso, rispettivamente stamane e nel pomeriggio odierno, a von Biilow il testo del progetto di processo verbale, attirando la sua attenzione sul carattere riservato del documento.

Ad entrambi segretario di Stato rispose che non poteva far conoscere quale fosse il pensiero del Governo germanico in proposito dato che esso potrà essere formulato soltanto dopo il ritorno a Berlino del cancelliere e del barone von Neurath, che avverrà al principio della settimana entrante.

Von Biilow mi ha detto che da una prima lettura il documento gli è sembrato assai interessante.

Forse occorrerà, per precisare atteggiamento del Reich, attendere gli ulteriori passi preannunziati da François-Poncet nei riguardi del patto orientale, dato che vi potrebbe essere correlazione fra le due cose.

La frase «nel quadro della S.d.N. » susciterebbe forse qualche difficoltà, dato che la Germania non fa più parte del consesso ginevrino.

Gli ho risposto che non mi sembrava il caso di allarmarsi per una frase ormai consacrata in altri atti internazionali che poteva significare anche soltanto che il patto stesso sarebbe stato, dopo la sua conclusione, presentato per la sua registrazione alla S.d.N.

Ho ripetuto a Billow quanto avevo detto iersera a Koepke, che cioè il passo testé fatto dall'Italia e dalla Francia mostrava il desiderio di queste Potenze, come pure dell'Inghilterra, di poter iniziare con Germania una collaborazione assai intima per risolvere, in una atmosfera serena e di comune accordo, le varie questioni po1itiche europee.

Poiché egli conosceva lo spirito che aveva ispirato Capo del Governo [italiano] quando propose la conclusione del patto a quattro, non avrebbe avuto difficoltà a ·constatare meco che passo odierno rispondeva agli stessi concetti.

Occorreva, come già avevo detto ieri, compiere i vari atti diplomatici preparatori per poter addivenire poi a quena convenzione circa gli armamenti che corrisponde agli interessi di tutte le Potenze (l).

Von Billow mi ha risposto che apprezzava gli argomenti che avevo svolti e che Governo germanico avrebbe tenuto presente nello studio a cui avrebbe sottoposto il progetto di processo verbale rime.ssogli.

Egli mi ha informato quindi che questo ministro d'Ungheria, recatosi stamane da lui, gli aveva detto che, pur non conoscendo testo del documento di cui si tratta se non per quanto ne avevano detto i giornali, ne era molto preoccupato, temendo l'impegno di rispettare l'indipendenza e integrità territoriale dei vari Stati costituisse una sconfitta morale per l'Ungheria.

Ho obbiettato che dalle ripetute dichiarazioni fatte dal Governo ungherese al R. Governo era sempre apparso in modo evidente intendimento magiaro di poter realizzare la revisione delle proprie frontiere in modo pacifico e nel quadro dei trattati (art. 19).

Concetto del riconoscimento della integrità territoriale dei vari Stati era insito nel fatto stesso dell'esistenza di relazioni diplomatiche fra i vari Stati. Accettare una simile formula non poteva significare rinunzia a vedere applicato il principio sancito nell'articolo 19. Von Biilow ha convenuto pienamente meco ed ha solo ripetuto che aveva voluto informarmi dà. questi timori del ministro d'Ungheria.

Impressioni riportate da François-Poncet e da me sono buone.

Corrisponde allo spirito di von Biilow di muovere obbiezioni, di far riserve ~ sopratutto di guadagnare tempo, ma ci è parso che egli si sia reso conto che il passo da noi compiuto è amichevole e che esso sarà probabilmente il primo di una serie di altri destinati a creare uno stato di cose migliore per tutti.

Ho pure comuni,cato a Billlow il testo del comunicato destinato alla stampa. Questo ambasciatore d'Inghilterra è stato informato da ambasciatore francese e da me dei passi compiuti...

• (l) Cerruti comunicò con t. per corrj,ere r. 125/03 R. del gennaio: «Nel conversare ieri meco circa Il modo con cui lui ed io avevamo compiuto il passo di cui ci avevano incaricati i nostri due Governi per invitare il Governo del Reich ad aderire ad un patto che garantissel'integrità territoriale e l'indipendenza dell'Austria, il mio collega francese osservava che egli non aveva, a differenza di me, accennato ad un'eventuale convenzione per gli armamenti come fine ultimo da raggiungere ancorché tale argomento fosse in fondo il più importante e quello che avrebbe probabilmente formato oggetto di discussione in un prossimo avvenire.

n signor François-Poncet aggiungeva che egli si era astenuto dal parlarne a von BUlow perché non si faceva alcuna illusione in proposito. A suo modo di vederi il punto di vista del Governo francese sarebbe rimasto più o meno quello esposto nel noto memorandum del 17 aprile scorso ».

30 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

(l) Cfr. n conjlttto itala-etiopico, p. 129.

(2) Cfr. n. 373, nota 2.

386

CONTROPROPOSTE ITALIANE (l)

Roma, 4 gennaio 1935.

TUNISIE.

La situation et les droits des Italiens en Tunisie continueront à etre réglés par la Convention de Commerce et de Navigation et la Convention Consulaire et d'Etablissement et Protocòle annexé du 28 septembre 1896, pendant une période de 10 ans à partir du 28 mars 1935.

En ce qui concerne la nationalité des Italiens en Tunisie, les deux Gouvernements sont dès maintenant d'accord pour que, après l'expiration de la période de dix ans, le principe établi à l'art. XIII de la Convention d'Etablissement sus-indiquée soit transformé graduellement d'après les modalités suivantes:

-tous les Italiens qui naitront en Tunisi.e jusqu'à la date du 28 mars 1945 resteront italiens;

-les fils des Italiens nés en Tunisie après le 28 mars 1945 jusqu'au 28 mars 1965 pourront, dans l'année qui suit leur majorlté, opter pour la nationauté française;

-les f.ils des Italiens, nés après le 28 mars 1965 seront soumis à la loi locale sur la nationalité; -les fils des originaires italiens, demeurant en Tunisie, seront reconnus italiens s'ils haitront en territoire italien.

En ce qui concerne les écoles royales it!llliennes en Tunisie et les autres institutions scolaires et éducatives, celles-ci continueront à fonctionner dans les conditions actuelles jusqu'à la date du 28 mars 1945.

Après cette date, les écoles royales italiennes seront transformées, dans une période maximum de 10 ans, en écoles privées italiennes; et toutes les institutions scolaires et educatives italiennes en Tunisie seront soumises à une rég:lementati:on à concorder sur la base des principes suivants et à appliquer dans un esprit de collaboration cordiale et de compréhension amicale:

l) -Formulation de programme d'études italo-français, répondant aux nécessités de la vie locale et dans le but de .permettre ~ux élèves d'obtenir les titres d'études italien et français en meme temps.

2) -Les examens seront faits par une Commission italo-française dont la nomination et la composition seront ultérieurement fixées.

3) -Les écoles privées italiennes seront administrées par un Comité de notabilités italiennes qui devra etre reconnu par les autorités locales camme ayant personalité juridique.

4) -Le droit d'inspection pendant l'année scolaire sera limité aux nécessités de l'ordre publique et de bonnes moeurs et aux conditions hygiéniques.

Il est entendu que les clauses des deux Conventions et protocòle annexé cités ci-dessus, qui ne sont pas modifiées par les dispositions qui précèdent, formeront object de négociations ultérieures à entàmer le plus tòt possible.

En ce qui concerne les professions libérales, il est entendu, dès maintenant, que, sans préjudice du régime qui pourra étre établi à la suite des négocdations susdites, les Italiens qui antérieurement au 28 mars 1945 auront été admis à exercer des professions libérales en Tunisie pourront continuer leur vie durant à exercer ces professions.

Désistement. (Segreto) (1).

Les Gouvernements Italien et Français,

après examen de la situation de l'Italie et de la France en Afrique Orientale, particulièrement en rapport aux intéréts de l'Erythrée et de la SomaH.e Italienne d'une part, de la Cote Française des Somalis de l'autre, et des Pays avoisinants,

désireux de pratiquer la politique de collaboration amicale qu'ils poursuivent au voisinage de leurs possessions africaines; sont d'accord sur les dispositions suivantes:

l) -Le Gouvernement Français reconnait, en ce qui le concerne, que, sous réserve des droits et intéréts qui appartiennent à la Grande Bretagne en vertu des Traités et Accords en vigueur, l'Italie a des intéréts prépondérants sur tout le territoire de l'Ethiopie, exception faite pour les intéréts économiques français relatifs à l'exploitation du Chemin de fer Djibouti-Addis Abeba.

2) -Le Gouvernement Français s'engage en conséquence vis à vis de l'Italie -méme dans le cas de modifications du statu quo dans la région en question -à ne rechercher aucun avantage en Ethiopie autres que ceux d'ordre économique indiqués ci-dessus, et le Gouvernement Italien s'engage à son tour à garantir, dans toute éventualité, les intéréts économiques français relatifs à l'exploitation du Chemin de fer Djibouti-Addis Abeba.

3) -Les deux Gouvernements déclarent qu'en convenant les dispositions ci-dessus ils ont été animés du désir de préciser le contenu des accords et traités relatifs à la région en question, accords et traités qui restent confirmés dans toute leur validité.

DIVERGENZE ESISTENTI RIGUARDO LA LIBIA, LA SOMALIA, E LA FERROVIA DI GIBUTI

LIBIA.

Accettata dd massima la linea proposta dai francesi, si è richiesta da parte italiana qualche modificazione di tale linea in modo da comprendervi dei centri di vita atti a permettere la sorveglianza della frontiera.

Il R. Mini,stero delle Colonie ha proposto quindi un adattamento della linea francese che lascerebbe in territo11io italiano le località di Afafi, Bardai e Tacro. S. E. De Bono insiste particolarmente su Bardai che ritiene essenziale per garantire la sicurezza del confine in quella regione, essendo l'unico posto in cui si possa stabilire un presidio.

COSTA DEI SOMALI.

La nuova .proposta francese di cessione di territorio nella Costa francese dei Somali non aumenta in nulla la frontiera comune tra l'Italia e l'Etiopia, concernendo soltanto la zona compresa tra il mare e l'attuale frontiera itala-francese.

Da parte italiana si è richiesta anche una zona limitrofa al confine etiopico fino al Lago di Gum.

S. E. De Bono ritiene che se non si aumenta in questa occasione il confine itala-etiopico, la cessione di territorio nella Costa francese dei Somali non avrebbe alcun significato politico.

Inoltre da parte francese si propone che siano demilitarizzate l'isola e gli isolotti di Dumeira nonché il territorio cedutoci nella Costa francese dei Somali, e ciò onde assicurare H libero passaggdo dello stretto di Bab-el Mandeb.

Non si vedrebbe la ragione per cui i territori cedutici, sinora non demilitarizzati, dovrebbero esserlo passando all'Italia.

FERROVIA DI GIBUTI.

Da parte francese si è già data assicurazione che il gruppo francese della ferrovia di Gibuti è disposto a cedere 2.000 azioni ad un gruppo italiano.

Da parte italiana si domanda che la partecipazione italiana nella società ferroviar~a sia tale che il gruppo italiano possa essere rappresentato in rapporto di circa un terzo nel Consiglio, e che vi sia una corrispondente rappresentanza nel Comitato di direzione o altro ordine direttivo.

CONTROSSERVAZIONI DELLE COLONIE (Cerulli).

Il Ministro delle Colonie al quale sono state comunicate le osservazion~ francesi circa l'esistenza di pozzi d'acqua permanenti o di palmeti nella regione che il Governo francese cederebbe all'Italia, fa presente quanto segue:

L'altipiano roccioso del Tibesti nel suo versante verso la Ubia italiana (ed è appunto in questa zona che avvengono le cessioni francesi) è interrotto in alcuni punti da ciuffi di palme, ma non si tratta di posti adatti a stabilire anche con la migliore volontà uno stabile presidio.

Il solo posto del Tibesti che è utilizzabile per un pre~dio permanente è quello di Bardai che si trova appunto nel versante verso Cufra, cioè verso la Libia, Bardai è una piccola oasi di non più di 200 abitanti. Così nella regione ad Oriente del Tibesti il solo posto dove sarebbe possibile mantenere un presidio è Tecro. Analogamente tra il Tibesti e la regione di Tummo ad occidente, solo posto utilizzabile sono i pozzi di Afafi.

PARERE BADOGLIO.

Senza Bardai verremmo ad assumere la responsabilità di una vasta zona desertica tra la Libia e la Colonia dell'Africa equatoriale francese senza possibilità di sorta di controllo. È da tener presente che si tratta di zona infestata da razziatori che hanno dato già molto fastidio ai francesi stessi. Bardai quindi appare indispensabi'le perché la cessione possa essere non dico valorizzata, ma avere un principio di controllo e di sicurezza; e questo non solo nell'interesse italiano, ma anche dell'adiacente colonia francese dell'Africa equatoriale.

(l) Si tratta In realtà di appunti distinti secondo l'oggetto che ~r sempllcità sono stati unificati.

(l) Ed. in DE FELICE, p. 532.

387

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 120/43. Londra, 4 gennaio 1935.

A complemento del mio telegramma filo n. 813 (l), trasmetto qui acclusa all'E. V. copia di un appunto particolareggiato sulla conversazione che ho avuta, il 27 dicembre, con il signor Thompson ed alla quale mi sono riferito nel mio rapporto n. 122/45 in data odierna (2).

ALLEGATO

COLLOQUIO VITETTI-THOMPSON

APPUNTO. Londra, 27 dicembre 1934.

II Signor Thompson mi comunica che, in seguito ai nostri passi del 25 Dicembre, sono state date istruzioni a Sir Sidney Barton di vedere subito l'Imperatore e di consigliargli calma e moderazione secondo quanto è nei nostri desideri. Egli mi aggiunge che il Foreign Office aveva intanto considerato anche la situazione generale. che si era venuta a creare in seguito all'incidente di Ual-Ual e che esso era desiderooo di fare il possibile per giungere ad una soluzione amichevole di tale incidente. Aveva dato perciò istruzioni a Sir Eric Drummond dl prospettare al Governo Italiano la possibllità di facilitare la soluzione dell'incidente con un gesto di generosità verso l'Etiopia, o attenuando le proprie domande o proponendo al Governo Etiopico una inchiesta imparziale sull'incidente. Egli mi chiede anche di conoscere quale era il mio pensiero circa questa maniera di procedere.

Rispondo che dalle istruzioni che ho ricevuto mi risulta in maniera certa che l'Italia è pronta a dirimere ogni controversia con l'Etiopia secondo una politica di buon vicinato; non dubito quindi che il mio Governo voglia venire ad un'onorevole compooil'lione dell'incidente di Ual-Ual. Questa compooil'lione esso ha già offerto a1 Governo Etiopico ed il Governo Etiopico non ha che a dare soddisfazione alle domande italiane perché l'incidente sia chiuso. Anzi, come risulta dalla nostra comunicazione al Segretario Generale della Società delle Nazioni, il Governo Italiano, appena avuta soddisfazione dall'Etiopia per l'aggressione di Ual-Ual, è pronto ad iniziare i lavori di delimitazione della frontiera.

Il Signor Thompson replica che quello che preoccupa l'Inghilterra è che appunto le nostre domande non siano accettate dall'Etiopia e che questo possa portare ad una situazione tesa fra i due Paesi. Esso quindi crede di fare opera utile di conciliazione consigliando all'Imperatore di mostrarsi moderato, e nello stesso tempo cercando di vedere se da parte nostra non è possibile riconsiderare le nostre domande.

Rispondo che io non ho nessuna facoltà di entrare in questa discussione. Dal momento che sono state impartite istruzioni a Sir Eric Drummond, sarà a Roma che verrà data la risposta. Però io volevo fargli subito notare che la maniera con la quale il Foreign Office considerava l'insieme della questione non mi pareva corrispondere a tutti gli elementi della realtà. Anzitutto l'episodio di Ual-Ual non poteva essere considerato un episodio isolato, ma uno dei tanti tentativi compiuti dall'Etiopia per e<mtestare con azioni minacciose i nostri diritti. Nell'episodio di Ual-Ual noi vedevamo non solo una aggressione ingiustificata e ingiustificabile, ma l'indicazione di un metodo il quale non può essere considerato anche dall'Inghilterra che come inammissibile. È questo metodo che noi vogliamo colpire. Rivolgendoci al Governo Britannico, come a quello francese, perché esso esercitasse la sua azione ad Addis Abeba, noi abbiamo inteso più che altro segnalare al Governo Britannico e al Governo Francese, per i comuni interessi che i tre Governi hanno al mantenimento dell'ordine nell'Africa Orientale, i pericoli che presentano i metodi aggressivi del Governo Abissino. Quello che noi dovevamo quindi attenderci era che l'Inghilterra e la Francia facessero intendere ad Addis Abeba la necessità di riparare il diritto violato.

Thompson replica che vi sono degli altri elementi che bisogna considerare. Secondo le informazioni che il Governo Britannico ha ricevuto, la situazione in Abissinia presenta delle zone assai oscure. L'Imperatore ha dei problemi interni molto gravi. Le domande presentate dall'Italia sono di carattere piuttosto duro. Accogliendole l'Imperatore si esporrebbe alla accusa di avere subito una umiliazione e questo darebbe modo ai suoi avversari di suscitare un'agitazione contro di lui che potrebbe avere chi sa quali conseguenze. È anche da questo aspetto che il Governo Britannico ha dovuto considerare la situazione. Se l'Italia mostra una certa generosità verso l'Imperatore, essa migliora la sua posizione, mentre un amichevole riavvicinamento fra Italia e Abissinia è di vantaggio alla stabilità generale nell'Africa Orientale. A questa stabilità l'Inghilterra è molto interessata. L'incidente di Ual-Ual non ha mancato di avere delle ripercussioni nei possedimenti britannici intorno all'Abissinia. Tali ripercussioni preoccupano il Colonia! Offioe, il quale non vuole turbamenti in quella parte dell'Africa.

Rispondo che neanche noi desideriamo turbamenti, ed è per questo che vogliamo

che una volta per sempre l'Abissinia si persuada che i metodi seguiti finora sono

pericolosi e dannosi, particolarmente per essa. Se noi questa volta chiudiamo gli occhi

a quella che è stata una violazione patente e flagrante dei nostri diritti, noi ci espor

remo ad una continua serie di incidenti e quindi a un turbamento permanente dei

nostri rapporti con l'Etiopia, che noi vogliamo invece normali, stabili e fiduciosi. Io

non conosco la situazione interna dell'Etiopia e non posso entrare in discussioni su

questo aspetto del problema. Vi è tuttavia un punto del quale avevo già fatto men

zione altra volta e sul quale volevo richiamare l'attenzione del Foreign Office. Gli Abis

sini, in seguito al primo incidente di Ual-Ual, hanno creduto, sia pure a torto, di avere

l'appoggio dell'Inghilterra. Di questo è stato anche responsabile il Colonnello Clifford

con la sua stravagante condotta. Da quel momento gli abissini non hanno fatto altro

che cercare di coinvolgere l'Inghilterra nell'incidente e di mostrare che in fondo il

Governo Britannico è solidale con loro. A questo, ben'inteso, noi non crediamo e

abbiamo apprezzato molto le dichiarazioni fatte su questo punto da Sir John Simon

alla Camera dei Comuni. Tuttavia è contro i nostri interessi che questa opinione ir,

Abissinia sia diffusa e che gli abissini possano fare uso di episodi o di atteggiamenti

anche involontari delle Autorità locali britanniche per accreditare la loro versione.

Era da questo punto di vista che io volevo anche richiamare la sua attenzione su

voci correnti in Abissinia, naturalmente infondate, ma che riguardano finanche l'atteg

giamento della Legazione Britannica. Gli potevo citare alcune di quelle voci. Era neces

sario dunque metter fine a tutto questo ed era sempre da temersi che gli abissini

avessero delle impressioni false sulla politica inglese e l'Inghilterra non rendesse proprio da questo punto di vista la situazione generale più difficile.

Thompson mi risponde che egli era al corrente di tutto questo perché l'Ambasciata britannica a Roma aveva già segnalato al Foreign Office il nostro malcontento per l'attività inglese in Etiopia. Egli voleva assicurarmi che questa nostra impressione non aveva assolutamente alcun fondamento. Se vi era da parte del Foreign Office possibilità di correggerla esso l'avrebbe fatto molto volentieri. In Etiopia come altrove, l'Inghilterra desidera agire d'accordo con l'Italia. Era bene quindi anche parlarsi chiaramente ed egli apprezzava il fatto che io mi ero espresso con lui con tanta franchezza. Ma voleva aggiungere che il Foreign Office ha la più grande fiducia nella persona e nell'opera di Sir Sidney Barton e che fondava la sua azione proprio sul suo giudizio. Tanto meglio se si poteva, con uno scambio franco di idee, eliminare ogni equivocò.

Rispondo che l'equivoco grave era quello già creatosi per colpa del Colonnello Clifford; e che questo equivoco non poteva essere eliminato che da parte inglese mostrando quanto decisamente l'Inghilterra intenda proseguire una politica di collaborazione con l'Italia in Etiopia come altrove.

Thompson dice da parte sua che questo è indubbiamente nei desideri del Governo Britannico il quale vuole in questa occasione indurre il Governo Etiopico a fare delle conçessioni all'Italia, concessioni però che a suo avviso sono impossibili se il Governo Italiano da parte sua non viene incontro con un atto di generosità al Governo Etiopico. Questo era quanto Sir Eric Drummond era stato incaricato di dire al Ministero degli Esteri a Roma. Il Foreign Office sperava molto che l'azione di Sir Sidney Barton a Addis Abeba avrebbe dato dei buoni risultati e che l'incidente di Ual-Ual potesse essere chiuso con soddisfazione dell'Italia. A questo l'Inghilterra era interessata anche per il desiderio che essa ha di vedere che tra Italia e Etiopia si proceda ad una delimitazione della frontiera, lo stato attuale di cose presentando troppa instabilità ed incertezza in una zona nella quale l'Inghilterra invece vuole ordine e tranquillità.

Rispondo che il nostro desiderio di venire ad una delimitazione della frontiera risulta dalla nostra comunicazione al· Segretario Generale della S.d.N. ed è nelle nostre intenzioni e anche nei nostri desideri. Su questo punto non vi è dubbio.

L'importante per noi è che !'<incidente di Ual-Ual sia risolto in maniera che l'Abissinia non sia più tentata di modificare a suo vantaggio con dei colpi di mano la situazione di fatto, poiché se cosi fosse la delimitazione della frontiera diventerebbe praticamente impossibile. Quanto all'idea, che mi pareva adombrata nelle istruzioni impartite a Sir Eric Drummond, di procedere prima alla delimitazione della frontiera e poi ad un regolamento dell'incidente di Ual-Ual, questa mi sembrava la soluzione peggiore. Una tale soluzione varrebbe solo ad incoraggiare l'Abissinia a discutere con noi a mano armata una cosa che né noi potremmo mai ammettere né potrebbe mai portare ad un accordo. Il nostro punto di vista è questo: rinunci l'Abissinia ai suoi metodi aggressivi e noi delimiteremo la frontiera.

(l) -Cfr. n. 348, nota 2. (2) -Cfr. n. 388.
388

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. RR. 122/45. Londra, 4 gennaio 1935.

Con i telegrammi N. 811, 813, 819 e 820 (l) ho riferito sommariamente a V. E. sui vari colloqui che, nei giorni scorsi, ho avuto con Sir Robert Vansittart e con il Signor Thompson circa l'incidente di Ual-Ual, l'atteggiamento del

governo Etiopico di fronte alle nostre richieste, e l'azione che il governo britannico dopo il nostro passo del 25 dicembre, ha creduto di svolgere ad Addis Abeba. Da questi colloqui -a parte le informazioni che ho già trasmesse a V. E. -ho tratto anche alcune impressioni generali e alcuni elementi di giudizio che possono valere a intendere non solo l'atteggiamento assunto dal governo britannico in occasione dell'incidente di Ual-Ual, ma anche le tendenze di carattere più permanente che in questo momento determinano la politica etiopica dell'Inghilterra.

Questa politica, beninteso, non può essere isolata dal quadro dei rapporti generali tra l'Inghilterra e l'Italia rispetto ai quali essa non rappresenta che degli interessi di portata locale, ma per semplicità e brevità, io mi limito qui a considerarla solo dal punto di vista di questi interessi.

I

Da tutto quello che al Foreign Office mi è stato in questi giorni detto una cosa mi sembra risultare con chiarezza: ed è che l'Inghilterra, pur nello schema generale dei suoi accordi con l'Italia e con la Francia, vuole mantenere con l'Etiopia i migliori rapporti che le circostanze le consentano. A questo suo atteggiamento essa è indotta da varie considerazioni che tuttavia, a quanto ho inteso, si possono ricondurre a due concetti fondamentali:

l) L'Inghilterra non ha nessuna mira di natura territoriale nell'Etiopia. Essa non ha che alcuni interessi ben precisi e ben noti, di cui i maggiori sono connessi al regime delle acque del Lago Tana, e al mantenimento della tranquillità fra le popolazioni etiopiche e quelle dei possedimenti britannici che confinano con l'Etiopia. Questi interessi il Foreign Office ritiene che possono solo efficacemente essere difesi dal mantenimento degli accordi esistenti con l'Italia e con la Francia e da una politica che ispiri al governo Etiopico piena tranquillità e fiducia nelle intenzioni dell'Inghilterra.

2) L'Inghilterra segue in Africa o crede almeno di seguire una politica di protezione degli indigeni -la cosidetta «native po1icy » -sulla quale essa conta non solo come in passato per affezionare all'amministrazione inglese le popolazioni locali, ma per sviluppare la collaborazione tra l'Inghilterra e queste popolazioni, e per avvicinare agli interessi inglesi gli oscuri e incerti movimenti di idee che corrono l'Africa Orientale. Da un regime di fiducioso vicinato con l'Etiopia, il governo britannico ritiene che gli interessi della sua «native policy » siano avvantaggiati, o che almeno esso non rischi di trovarsi di fronte ad un movimento di simpatia delle popolazioni indigene per l'Etiopia in contrasto con la sua politica.

Come V. E. intenderà, io non ho alcun mezzo per valutare la reale portata di questi interessi. Forse sono eccessivi timori o eccessive illusioni del Colonia! Office. Da quando si è sparsa la notizia dell'incidente di Ual-Ual, mi è stato detto che sono giunte al Colonial Office indicazioni di uno stato di irrequietezza tra popolazioni di sovranità britannica ostili alla nostra azione e finanche echi lontani di simpatie mussulmane per l'Etiopia. Un'allusione a disposizioni d'animo di questo genere mi è sembrato di rilevare anche nelle informazioni fornite a codesto Ministero dal R. Console a Nairobi, e dal R. Console Generale a Gerusalemme. Il Signor Thompson ha comunque più volte insistito con me sul concetto che la posizione del governo britannico è in seguito all'incidente di Ual-Ual, particolarmente delicata perché esso è interessato al mantenimento della tranquillità e dell'ordine in vaste regioni adiacenti all'Etiopia, nelle quali l'incidente di Ual-Ual, ove non fosse risolto amichevolmente, potrebbe avere delle sfavorevoli ripercussioni.

È stato anche in base a questo concetto che il Foreign Offi:ce ebbe a spiegarsi l'interessamento britannico alla delimitazione della frontiera italaabissina, al quale, ha fatto cenno Sir Eric Drummond nella sua lettera del 4 dicembre u.s. a S.E. Suvich. «L'incertezza di questa frontiera -mi è stato detto -è causa di irrequietezza e di instabilità fra le popolazioni di quei territori, non meno che fonte di controversie e di sospetti tra l'Italia e l'Etiopia. L'Inghilterra è danneggiata da questo stato di cose. A noi importa poco dove la linea di frontiera sia stabilita purché naturalmente siano salvi i nostri diritti di pascolo sui territori sui quali questi diritti da tempo immemorabile esistono. Che l'Italia abbia tutti quei territori che può ottenere. Ma la delimitazione della frontiera significa per noi più stabili rapporti fra l'Italia e l'Etiopia e maggior tranquillità fra le popolazioni locali: che è quello che particolarmente desideriamo». Ragionamento questo, come gli altri, dai quali non è difficile trarre la conclusione che l'Inghilterra vuole evitare che le controversie tra noi e il governo abissino si ripercuotano sfavorevolmente sui suoi possedimenti nell'Africa e sui suoi rapporti con l'Etiopia.

Questo ,concetto deve, beninteso, essere tenuto entro certi ragionevoli limiti. Esso non significa già che secondo il Foreign Office all'Inghilterra convenga dissociare la sua azione in Etiopia da quella dell'Italia. Ciò sarebbe in contrasto non solo con la cura che il Foreign Office costantemente ha di richiamarsi all'Accordo Tripartito come alla base permanente della politica delle Potenze in Etiopia, ma anche con l'azione che esso svolge, e che, nei suoi intendimenti, è diretta a evitare un inasprimento dei rapporti itala-etiopici. È perché esso non vuole dissociarsi dall'Italia, e nello stesso tempo, temendo forse che la nostra politica lo possa portare troppo oltre, non vuole danneggiare la posizione dell'Inghilterra in Etiopia, che esso persegue l'idea che noi dobbiamo venire ad un accomodamento amichevole con l'Etiopia, del genere di quello che Sir Eric Drummond ha raccomandato a V. E. e Sir Sidney Barton all'Imperatore, e fuori a ogni modo di qualunque azione da parte del Consiglio della Società delle Nazioni alla qua'le il Foreign Office è nettamente contrario.

II

A determinare questo atteggiamento ha valso naturalmente anche la valutazione che la Legazione Britannica ad Addis Abeba ha dato della presente situazione etiopica, e delle disposizioni dell'Imperatore verso l'Italia. Sir Sidney Barton non crede che l'Imperatore desideri un conflitto con l'Italia ed è invece persuaso che egli farà di tutto per evitarlo. A una politica di concillazione con l'Italia non esistono -secondo lui -delle serie opposizioni tra i Ras. Avendogli su questo punto il Foreign Office posto alcuni giorni or

sono un quesito specifico, egli ha telegrafato in data del 29 dicembre negando ogni agitazione in favore di una azione militare da parte dei Ras, dei quali vi è anzi chi come il Ras Kassa si sarebbe mostrato in questa occasione particolarmente moderato e calmo. Nè la situazione può considerarsi veramente minacciosa. La guerra con l'Italia è temuta. Si teme non solo la preparazione militare dell'Italia, ma anche la sua preparazione diplomatica e in particolare che essa venga ad un accordo con la Francia a spese dell'Etiopia. Se gli abissini si armano è in previsione di questo pericolo -reale o immaginario che sia -e non perché desiderino una guerra, che per essi sarebbe disastrosa. Un altro pericolo poi, più imminente e più preoccupante, esiste agli occhi dell'Imperatore, ed è che ove l'Italia esiga dall'Etiopia delle riparazioni troppo dure, e che vengano giudicate come umilianti, queste scuotano il suo prestigio e diano animo ai suoi oppositori per provocare una rivolta. Non può in queste condizioni l'Imperatore desiderare una guerra con l'Italia, nè piegarsi incondizionatamente alle richieste che il governo italiano ha presentato. Conclusione: se l'Italia mostra una certa «generosità'> verso l'Imperatore egli si indurrà -nei suoi stessi interessi -a venire incontro ai desideri dell'Italia.

Questo -a quanto mi risulta -è il quadro che Sir Sydney Barton ha fatto al Foreign Office della situazione abissina. Ed è anche partendo da questa valutazione della situa:?Jione che il Foreign Office si è indotto a cercare quella soluzione di compromesso alla quale gli interessi della sua politica etiopica -e cioè il suo duplice desiderio di non staccarsi dall'Italia e di non compromettere la sua situazione in Abissinia -di per se stessi lo spingono. Nè vi è bisogno, io credo, di cercare altri motivi più misteriosi ed oscuri. Il Foreign Office non fa nessun mistero della fiducia che esso ha nell'Imperatore e della preoccupazione che la nostra azione possa compromettere il suo prestigio e forse il suo regno. Nelle conversazioni che ho avuto lunedì scorso al Foreign Office con il Signor Thompson, questo ha più volte tenuto a ripetermi che l'Italia aveva tutto l'interesse a mostrarsi « generosa '> con l'Etiopia, e che, con qualche concessione da parte nostra, sarebbe stato possibile ottenere che l'Imperatore recedesse dal suo atteggiamento intransigente. All'argomento che io ho, fin dal primo momento, portato a Vansittart e a Thompson dell'evidente interesse che le potenze confinanti con l'Etiopia hanno a sostenere l'azione dell'Italia, che in questo momento sta difendendo proprio quella causa dell'ordine e della tranquillità che gli inglesi mostrano di avere a cuore, mi è stato costantemente opposto il pericolo di una rivolta

nazionalista contro l'Imperatore. A una tale eventualità l'Inghilterra non è interessata nè in Etiopia nè fuori -nè voglio dire per le conseguenze che essa avrebbe nell'Impero Etiopico, nè per le ripercussioni che essa potrebbe a vere nei suoi possedimenti coloniali.

Qualunque idea di un turbamento nell'Africa Orientale -del resto -la preoccupa; e non è da escludere che, la sollecitudine che essa mostra di veder chiuso l'incidente di Ual-Ual e delineare le nostre frontiere con l'Etiopia sia in gran parte dovuto proprio alla preoccupazione che lo stato di tensione che un momento all'altro può determinarsi tra noi e l'Etiopia sbocchi in avvenimenti che turbino la pace dell'Africa Orientale, e che essa considera dannosi ai suoi interessi coloniali, quelli immediati in Africa e quelli lontanissimi che possono essere colpiti dalle lontane possibili ripercussioni di un conflitto italoabissino.

III

A questi interessi e a queste idee non è difficile ricondurre le osservazioni e gli argomenti che il Foreign Office ha portato in questi giorni a spiegare la sua linea di azione: V. E. avrà potuto rilevare dai telegrammi nei quali ho schematicamente riprodotto la parte essenziale dei miei colloqui con Vansittart e con Thompson e dal mio rapporto riservato N. 120/43 (1).

Di quelli che possono essere gli interessi diretti dell'Inghilterra nella attribuzione del territorio contestato tra l'Etiopia e la Somalia, non saprei dare esposizione più precisa di quella che si trova nella lettera che Sir Eric Drummond ha diretto il 4 dicembre a S. E. Suvich. Anche senza prendere alla lettera le espressioni, forse troppo liberali, del Foreign Office, non si può dire che per l'Inghilterra l'attribuzione di tali territori all'Italia presenti seri interessi. Il Colonia! Office potrebbe non vedere con molto favore la estensione dei nostri confini solo per il timore che nei territori che ci fossero assegnati noi instaurassimo un regime di esclusione, chiudendo la frontiera e impedendo ai suoi somali di portarsi sulle nostre. terre ad abbeverare e pasturare le loro greggi. Il giorno che da parte nostra si venisse con l'Inghilterra a un accordo su questo punto, queste difficoltà o sarebbero attenuate o cadrebbero. D'altra parte il Foreign Office recisamente respinge l'idea che vi sia da parte sua l'intenzione di intaccare in qualunque forma nell'Ogaden, come altrove, le zone di influenza economica stabilite nell'accordo tripartito, o di indebolire sia pure indirettamente il valore di quest'accordo che esso considera costituire la base permanente della politica delle Potenze in Etiopia.

(l) Cfr. nn. 336, 348, nota 2, 360 e 361.

389

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE MANDATI DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 4 gennaio 1935.

In seguito a quel che mi ha detto oggi il Comandante Liautey, mi affretto a ripeterti quanto egli ritiene sia utile tener presente nelle conversazioni col Signor Lavai, onde questi sia messo in condizioni al suo ritorno in Francia di resistere alle forze burocratiche ed altre contrarie agli sviluppi dell'accordo franco-italiano di cui le conversazioni odierne non sono che il punto di partenza.

l) -Far bene capire a Lavai che si sbagliano di grosso quei francesi i quali credono e ripetono ,che l'Italia sia agli estremi finanziari ed economici, e sia spaventata dalle possibili complicazioni austriache.

2) -Questo costituisce una garanzia dell'accordo franco-italiano perché l'Italia s! accosta alla Francia in piena libertà di scelta e senza animus di ricatto. L'accordo franco-italiano potrà avere dei sviluppi molto seri se i Francesi sono persuasi di questo e ci portano lo stesso spirito.

3) -Che è bene intendere sin da principio che con l'accordo né Francia né Italia intendono mettersi al rimorchio l'una dell'altra. La collaborazione tra i due Paesi deve essere sul piede di perfetta parità.

(l) Cfr. n. 387.

390

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 24 R. Roma, 5 gennaio 1935, ore 1.

(Per Parigi) Ho telegrato alla R. ambasciata a Londra:

(Per tutti) Miei telegrammi n. 2 (l), n. 5 e n. 6 (2).

In relazione alle comunicazioni fatte ieri da questa ambasciata britannica (mio telegramma n. 2) e in relazione ai telegrammi pervenuti da Ginevra, ho informato l'ambasciata medesima che atteggiamento italiano si mantiene quello già indicato (mio telegramma su riferito) e cioè che siamo disposti delimitare confine tosto che, se non tutte, almeno parte essenziale delle domande rivolte al Governo abissino sia stata soddisfatta.

391

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, LAVAL (3)

APPUNTO. Roma, 5 gennaio 1935, ore 10-11,45.

Il Signor Lavai si dice molto lieto di essere a Roma perché ciò corrisponde ad una ,sua antica aspirazione che per altre ragioni non ha potuto realizzarsi anni addietro. Egli ha perseguito sempre una politica di amicizia verso l'Italia che ogg.i vede coronata da questa sua visita e dagli accordi che in questa occasione si concluderanno.

Il Capo del Governo è lieto anche di questo incontro e confida che lo stesso sarà profittevole per i nostri due Paesi.

Il Ministro Lavai passa a parlare delle questioni generali.

La Germania è oggi l'incognita in Europa e l'elemento perturbatore della pace. Il fatto più importante del prossimo periodo sarà il plebiscito della Sarre.

Lavai da parte sua ha sempre trattato la questione della Sarre con la massima oggettività, rendendosi conto che la Sarre è territorio tedesco, ma non potendo trascurare d'altronde gli interessi francesi.

La questione della Sarre è stata risolta proprio da lui Lavai il giorno in cui si è inteso con l'Ambasciatore germanico Ktister (che non è un nazista ma che è un ottimo tedesco) sul plebiscito della Sarre.

Il Capo del Governo ritiene che sarà della massima importanza la «qualità della votazione», cioè la maggioranza che avranno i tedeschi. Laval concorda.

Il Ministro francese prosegue dicendo che dopo il plebiscito non rimarrà più che la regolazione delle questioni economi-che, questioni già risolte grazie sopratutto all'intervento sollecito ed accorto del Barone Aloisi che ha reso con ciò un grandissimo servigio alla causa della pace.

Il Mini·stro pensa che, risolta la questione della Sarre, la Germania potrà rivolgersi nuovamente contro l'Austria.

Il Capo del Governo ritiene che per ciò sia opportuno l'accordo proposto per l'Austria. Tale accordo però non dovrebbe durare per più di 10 anni, · per dare all'Austria l'impressione che dopo un periodo di assestamento, essa potrà vivere per proprie forze e per propria volontà e non soltanto per la volontà e per la garanzia degli altri.

Lavai ha l'idea di introdurre negli accordi internazionali in genere -parla di quelli importanti che hanno influenza sulla politica generale -un periodo minimo di 25 anni, per dare ai popoli la tranquillità che si avrà pace per una generazione. Egli pensa che questa sua idea possa essere generalizzata; le migliori conseguenze ne verrebbero per la stabilizzazione della situazione mondiale. Tuttavia egli si rende conto dell'interesse per l'Austria a non prolungare eccessivamente tal periodo, e quindi è disposto ad accettare il termine di dieci anni proposto dal Capo del Governo.

Venendo a parlare della Germania, il Ministro dice che bisogna affrontare la questione degli armamenti tedeschi. L'atteggiamento di passività assunto finora dalla Francia non risolve il problema; d'altra parte quanto più il tempo passa, tanto più acuta diventa la questione.

Il Capo del Governo ha sempre sostenuto quello che ora dice il Ministro Lavai. La Germania sta effettivamente armandosi rapidamente; noi tutti abbiamo le nostre informazioni. La Reichswehr è già arrivata a 210.000 uomini e raggiungerà nella primavera i 300.000. L'armamento aereo che tanto preoccupa l'Inghilterra, è effettivo. Si può calcolare che tra qualche mese la Germania raggiungerà il numero di 1600 apparecchi. È certo che la Germania oggi non si accontenta più di quanto proponeva alcuni mesi addietro. Allora chiedeva le armi difensive, oggi sta già costruendo le armi cosidette offensive. Non si può più tornare indietro. Per distruggere gli armamenti non c'è che un mezzo: quello di distruggerli materialmente con una guerra.

Lavai osserva che ad una guerra nessuno ci pensa.

n Capo del Governo ritiene anche che una guerra fatta soltanto per punire la Germania di non avere mantenuto le clausole dei trattati, sarebbe impopolare. Il mezzo migliore sarebbe quello di negoziare con la Germania il riconoscimento di tale suo riarmo prendendo per conto nostro le dovute garanzie, le quali potrebbero essere il ritorno della Germania nella Società delle Nazioni, il controllo di un margine di superiorità per noi. Va notato però che il controllo non è facile.

Lavai è d'accordo. Ritiene anche che bisognerà seguire la linea indicata dal Capo del Governo. Egli non può nascondersi però le difficoltà che avrà da parte dell'ambiente politico e di parte della stampa e dell'opinione pubblica francese. Tuttavia bisognerà forzare la situazione per trovare una soluzione ragionevole: «ça n'ira pas tout seui, mais ça ira:.. Egli non conosce Hitler e lo ritiene un «grande tedesco~ ma un infatuato di alcune sue idee più

o meno accettabili e della sua missione. Tuttavia ritiene si potrà parlare un giorno anche con lui per cercare di indurlo ad una collaborazione.

Il Capo del Governo ritiene che l'eventuale adesione della Germania al Patto di non ingerenza potrà aprire la via a tale ripresa di contatti con la Germania.

Suvich fa presente che nella procedura da seguire per l'applicazione del Patto di non ingerenza, bisognerà riservare una posizione particolare alla Germania per non confonderla con gli altri Stati minori, ciò che lederebbe la sua suscettibilità e forse la tratterrebbe dal dare la propria adesione.

Lavai ritiene che ad ogni modo la Germania potrà essere invitata la prima a dare l'adesione, ciò che viene bene anche per ragioni di ordine alfabetico.

Il Capo del Governo rileva che nel giudi·care la situazione della Germania bisogna tener conto della influenza prevalente che oggi esercita la Reichswehr la quale segue una propria politica. In primo luogo la Reichswehr è monarchica; in secondo luogo è contraria agli eccessi degli estremisti nazionalsocialisti, in terzo luogo segue una intensa politica di preparazione militare ma non vuole avventure.

Si passa poi a discutere degli accordi itala-francesi. Si constata che sui principi in genere si è raggiunto l'accordo ma tuttavia per mancanza di intesa per l'applicazione di tali principi restano aperte le questioni della Tunisia, dei confini meridionali della Libia, della Somalia e della Etiopia.

Per la Tunisia Suvich chiarisce il punto di vista italiano. Tutti i nati nei dieci anni devono essere italiani, perché si tratta di un prolungamento delle convenzioni che prevedono appunto tale regime.

Laval ha l'impressione che la tesi italiana su questo punto sia giusta. Ritiene invece che il periodo di transizione tra il '45 e il '65 sia troppo lungo.

Suvich insiste per tale periodo e Lavai si riserva. Sulla questione della Libia Suvich fa presente che ci accorrerebbero una o due località nella regione del Tibesti ove appoggiare la nostra difesa della frontiera.

Lavai afferma che gli è impossibile mutare di una linea la concessione fatta perché legata da una precisa decis~one del Consiglio dei Ministri. D'altra parte ci sono « deux villes ~ nel territorio ceduto. Evidentemente non si tratta di paesi importanti, ma insomma ci sono delle località abitate.

Suvich contesta e afferma che è necessario accedere alle ulteriori richieste italiane. Per quanto riguarda la Somalia Suvich fa presente che quello che i francesi danno è ben poca cosa.

Anche a questo riguardo Lavai si richiama alle decisioni del Consiglio dei Ministri e fa valere il grave sacrifizio di prestigio che per ciò nè subirà la Francia nei paesi mussulmani.

Suvich contesta facendo presente che l'Inghilterra, che ha ceduto il Giubaland, cioè un territorio 100 volte maggiore di quello che sia la cessione proposta nella Somalia francese, non ha subito per ciò alcuna diminuzione di prestigio in Oriente.

Lavai afferma che queste concessioni sono importanti per la Francia e sono fatte senza contropartita.

Suvich risponde che non si tratta di concessioni, si tratta di regolare un credito che l'Italia ha aperto dalla guerra. Le concessioni francesi sono poca cosa se si considera che la Francia ha avuto il mandato sul Togo e sul Camerun e la restituzione di un tratto di territorio del Congo francese che aveva in passato ceduto alla Germania.

Questo per quanto riguarda l'Africa; non parliamo poi del Mediterraneo Orientale dove l'Italia, secondo lo spirito di tutti i patti conclusi prima, durante e dopo la guerra, avrebbe dovuto partecipare ai benefici assieme alla Francia e all'Inghilterra e che invece ne è stata completamente esclusa.

Il Capo del Governo fa presente che la questione principale per lui è la questione della mano libera in Etiopia, il cosiddetto «désistement :P.

Lavai è perfettamente d'accordo con tale principio. Egli vuole soltanto trovare una formula che presenti l'atteggiamento francese come corretto anche quando domani fosse pubblicata.

Suvich rileva che si sta studiando tale formula che verrà presentata domani all'approvazione.

Lavai si riserva di parlare ancora domani della Jugoslavia, sul quale argomento ha da fare qualche comunicazione al Capo del Governo. Fa poi un accenno al patto mediterraneo.

n Capo del Governo dice non rendersi ben conto cosa debba rappresentare questo Patto mediterraneo al quale dovrebbero intervenire oltre la Francia, l'Italia e l'Inghilterra, gli Stati minori, come la Turchia, la Grecia, l'Albania, la Jugoslavia ed anche forse la Romania e la Bulgaria che gravitano pure attraverso gli stretti sul Mediterraneo.

Laval non ha nessuna ragione particolare per insistere su tale Patto.

Si decide di rinviare la conversazione a domani alle ore 10.

(l) -Cfr. n. 381. (2) -T. 21/5 R. e t. 23/6 R. del 4 gennaio, con cui venivano ritrasmessi telegrammi da Ginevra sul ricorso etiopico alla Società delle Nazioni. (3) -Al colloquio erano presenti Chambrun è Suvich.
392

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, A ROMA

T. s..../28 (l). Addis Abeba, 5 gennaio 1935, ore 19 (per. ore 15,45 del 6),

Decifri Ella stessa.

Seguito telegramma n. 730 (2). Attuale situazione politica, a parte e al di fuori note varie trattative, è caratterizzata da estesa preparazione militare e da intensiva propaganda

svolta scopo facilitare generale mobilitazione masse popolari in caso di conflitto. Ritengo attuale equilibrio dei più instabili, ed ogni anche minima causa suscettibile provocare conflitto tra noi ed Etiopia.

In relazione a quanto precede, non posso che confermarle mie precedenti indicazioni su organizzazione a lei nota, cui attività, di estrema delicatezza in attuale stato di diffidenza e tensione, risente a mio avviso in maniera estremamente pericolosa di affrettato suo impianto, che esclude d'altra parte ogni utile risultato.

Credo quindi mio dovere prospettarle ancora assoluta necessità di fare presente in diretta a SE. il Capo del Governo 1°) le prevedibili gravissime conseguenze di ogni anche minimo passo falso da parte di organizzazione suddetta, e quindi la conseguente necessità; che essa si attenga strettamente a superiori precise direttive intonate a completa visione nostri problemi quali soltanto S. E. il Capo del Governo può impartire; 2°) che a tal fine ogni nostra attività politica in questo paese (a maggior ragione quella suaccennata( venga qui sottoposta ad unico (rò.peto unico) controllo di persona responsabile dell'esecuzione degli ordini del Governo (1).

(l) -Non protocollato in arrivo. (2) -Cfr. n. 311.
393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 73/11 R. Berlino, 5 gennaio 1935, ore 21,12 (per. ore 24).

Ambasciatore di Francia mi ha detto che Biilow nell'esaminare il testo del progetto di processo verbale rimessogli, si è fermato sui termini « propaganda» e «indipendenza» dicendo che occorrerà certamente approfondire quello che si è inteso dire.

I prestiti, che taluni Stati hanno accordato all'Austria, non sono forse una menomazione della sua indipendenza e che dire delle sovvenzioni che l'Italia ha largamente concesso a Starhemberg?

Altra osservazione fatta fu quella che documento non contiene certi vocaboli che erano apparsi ostici in precedente progetto, volendo alludere alla «mutua a,ssistenza » di cui parlava il progetto di patto orientale.

Come V. E. avrà veduto dal mio telegramma (2), Biilow menzionò meco possibilità che Governo del Reich aspetti di conoscere nuove proposte che gli fossero fatte circa questo ultimo patto prima di decidere proprio atteggiamento.

Se il Governo germanico decidesse realmente agire in tale modo, ciò potrebbe compromettere patto per Europa centrale. Mi sembrerebbe opportuno procurare di evitare una simile eventualità, agendo eventualmente sulla Germania insieme Francia e ad Inghilterra, oppure

ottenendo che faccia valere la sua influenza quest'ultima Potenza sola nella

sua qualità di Stato che, pur non partecipando all'accordo, è interessato alla

sua conclusione.

Non so se interpreto esattamente la frase «verrebbe riservata ai con

traenti facoltà di concludere accordo particolare per garantire col concorso

della Società delle Nazioru applicazione dei principi sopra enunciati» ritenendo

che essa contenga la chiave per risolvere anche la difficoltà creata dalla

menzione della « mutua assistenza» nel patto orientale.

La stessa formula, se introdotta in quel patto, da cui dovrebbe esulare il concetto di «assistenza mutua», potrebbe infatti consentire a taluni dei contraenti di addivenire ad accordi particolari, fra cui anche quello per la mutua assistenza, senza che essi leghino gli altri contraenti che non qualificano interesse ad aderirvi.

(l) -Annotazione a margine: «N.B. Comunicato al Conte Vinci 7-1-1935 XIII, ore 11. (2) -Cfr. n. 385.
394

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 72/12 R. Berlino, 5 gennaio 1935, ore 21,13 (per. ore 24).

Qui si era sperato fino all'ultimo momento che visita Lava! non avesse luogo.

Notizie molto pessimiste giunte in proposito ultimo giorno dell'anno contribuirono certamente ispirare a Hitler suo atteggiamento e linguaggio durante ricevimento dei corpo diplomatico, così come notizie della visita decisa poté influire in parte sopra improvviso ordine del cancelliere di convocare adunata del 3 corrente per dare al paese ed anchf! all'estero sensazione che la Germania è concorde e dà tutto il suo appoggio al Fuehrer.

La parola d'ordine impartita alla stampa è quella di un dignitoso riserbo nel riportare notizie di cronaca concernenti visita e di astenersi per il momento da qualsiasi commento.

Questo atteggiamento corrisponde a quello dell'Auswartiges Amt, il quale dal 25 luglio in qua non si fece soverchia illusione circa politica dell'Italia.

La mano stesa dall'Italia e dalla Francia, in pieno accordo con l'Inghilterra, alla Germania alla vigilia della visita di Lavai a Roma, non può non essere apprezzata dagli uomini di Stato responsabili perché offre loro modo dignitoso di uscire da una situazione imbarazzatissima.

Ciò non toglie che nella grande massa del partito, in cui non prevalgono certo le menti ponderate e sono numerosi gli esaltati, la notizia della visita suddetta dovette suscitare senso di costernazione, dando la sensazione che la Germania si trova essere nuovamente circondata da avversari.

È per tale ragione che ritengo avere annunzio visita influito sulla decisione sopra menzionata di Hitler. Si spiega così anche ragione per la quale von Billow tenne ieri a specificare a François Poncet ed a me che adunata del 3 corrente non era stata decisa

31 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

all'improvviso, ma che era andata maturando nell'animo di Hitler come ~n surrogato più rispondente ai tempi del ricevimento delle alte ,gerarchie civili e militari da parte del Capo di Stato, che soleva aver luogo il primo gennaio.

395

COLLOQUI FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, E IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI FRANCESE, LÉGER

APPUNTO. Roma, 5 gennaio 1935 (mattina e pomeriggio).

Si passano in rassegna i diversi punti dell'accordo italo-francese.

Progetto di dichiarazione generale -Il Signor Léger accetta le modifiche apportate al testo francese: domanda tuttavia che al secondo paragrafo si indichi esplicitamente che tra le quistioni regolate si intendono comprese quelle relative all'applicazione dell'art. 13 (Allegato n. l) (1).

Da parte italiana non si fanno osservazioni.

Disarmo -Da parte italiana si fanno le seguenti osservazioni:

a) L'espressione «sans revenir sur le principe de l'égalité des droits, tel qu'il est défini par la Déclaration du 11 Décembre 1931 ~ potrebbe prestarsi ad equivoco nel senso cioè che l'Italia e la Francia si mettono ora d'accordo su determinati punti lasciando da parte la Dichiarazione del 1931. Converrebbe quindi indicare in modo più preciso che l'accordo tra l'Italia e la Francia niente modifica alla posizione dei due Paesi circa la Dichiarazione stessa.

Il Signor Léger è d'accordo per studiare una nuova formula. Successivamente presenta quella che risulta dall'allegato 2.

b) -L'espressione « animés du désir de se pr~ter un mutue! appui ~ (2° paragrafo) ha l'aria se non il contenuto di una clausola più adatta a un Trattato di alleanza che a un accordo del genere di quello che si sta discutendo tra l'Italia e la Francia. Le due parole «mutue! appui ~ sembrano contrastare col carattere dei rapporti che esistono tra Italia, Francia e Germania, quali risultano dal Patto di Locarno.

Si propone di sopprimere la frase in quistione.

All'obiezione francese che allora il paragrafo non avrebbe alcun significato, si risponde che esso avrebbe lo stesso una notevole portata. Basta leggere il paragrafo in sè e in relazione al paragrafo che lo precede.

Nella seduta pomeridiana il Signor Léger informa che il Signor Lavai non intende accettare alcuna modifica.

Pur mantenendo la proposta soppressione, si suggerisce da parte nostra in via subordinata la sostituzione della frase seguente « en vue de procéder d'un commun accord ecc. ~ Léger non è d'accordo.

Le due parti si riservano.

c) Osservazioni analoghe si fanno per il terzo paragrafo. Il Signor Léger obietta che al Governo francese risulta che su questo punto esiste già l'accordo col Capo del Governo.

Processo Verbale -1° paragrafo -Da parte italiana si fa presente che, senza modificare affatto il contenuto del c Processo Verbale», la forma del primo paragrafo potrebbe essere utilmente ritoccata, anche per tener conto delle osservazioni del Governo ungherese. Anche la Francia vi ha un interesse dato che lo scopo che i due Governi si propongono è quello di far opera di conciliazione nell'Europa danubiana, e che quindi conviene di non tralasciare niente che possa servire a creare una migliore atmosfera tra l'Ungheria e gli Stati della Piccola Intesa. Invece di dire c ils ont reconnu la nécessité d'y développer les sentiments de confiance notamment par la réaffirmation de l'obligation qu'a tout Etat de respecter l'indépendance et l'intégrité territoriale des autres Etats. Fermement attachés pour leur part à l'observation de ce principe ecc.» si potrebbe pensare ad una dichiarazione press'a poco del seguente tenore: c ogni Stato essendo tenuto al rispetto dell'indipendenz·a e dell'integrità territoriale degli altri Stati, il Capo del Governo e il Ministro degli Affari Esteri francese sono rimasti d'accordo ecc.».

Il signor Léger non accetta di discutere, non ritenendosi autorizzato a modificare in nessuna parte, neanche per quanto riguarda la forma, il c Processo Verbale».

Accordi economici per l'Europa Danubiana -Come si ricorda, il c Processo Verbale» terminava con un paragrafo relativo a tali Accordi. Esso fu poi soppresso per le obiezioni mosse da parte nostra. Léger propone che tale paragrafo faccia oggetto di un accordo a parte, sopprimendo tuttavia la parte relativa ad una riunione da tenersi a Vienna che figurava nella dizione originale (Allegato n. 3).

Tunisia; Compensi coloniali; Formula di désistement -Si parla di queste diverse quistioni in via però generale, con riserva di ritornarvi su dopo che si conosceranno le conclusioni a cui sono giunti il Ministro Parini, il Capo dell'Ufficio Africa, il Rappresentante del Ministero delle Colonie e il Console a Tunisi nelle loro conversazioni col Capo dell'Ufficio Africa del Quai d'Orsay ed altri funzionari francesi.

ALLEGATO III

Le Chef du Gouvernement Italien et le Ministre des Affaires Etrangères de la République Française ont procédé à un examen de la situation économique de l'Europe Centrale. ns ont été d'accord pour considérer que l'ouverture aux autres Puissances intéressées, des accords intervenus à Rome le 14 Mai 1934 entre l'Italie, la Hongrie et l'Autriche contribuerait efficacement à l'amélioration de cette situation.

(l) Non si pubblicano gli allegati I e II che riproducono l testi su cui l'accordo era stato raggiunto alle ore 18,30 perché identici a quelli firmati.

396

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEI GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. S. 133/53. Londra, 5 gennaio 1935.

Come ho già avuto occasione di informare l'E.V. nel corso del colloquio che ho avuto il 28 Dicembre con Sir Robert Vansittart (1), ho trovato modo di far rilevare il danno che a una favorevole soluzione dell'incidente di Ual-Ual può venire dal diffondersi in Etiopia dell'impressione che le Autorità Britanniche sostengano gli interessi e le pretese Abissine.

Questo stesso fatto ho messo in luce anche col Signor Thompson, al quale pure ho accennato quanto V.E. ha portato a mia conoscenza col telespresso

N. 240010/c. (2).

Naturalmente a evitare una polemica sull'azione del Ministro d'Inghilterra a Addis Abeba, ho presentato le mie osservazioni come dettate solo dal desiderio di porre in guardia il Foreign Office contro dicerie messe in giro dagli abissini, dicerie alle quali, ben'inteso, noi non prestiamo alcuna fede. A questo titolo ho potuto tuttavia fare opportuno uso degli appunti dati dalla R. Legazione ad Addis Abeba.

Sir Robert Vansittart, come l'E.V. ha visto, ha voluto essere assai categorico nelle sue dichiarazioni circa l'azione che l'Inghilterra svolge ad Addis Abeba. Non credo ad ogni modo, che sia stato inutile avergli dato la sensazione che i nostri interessi in Etiopia sono tali da non poter restare noi insensibili ad ogni sia pure infondata impressione che la politica britannica possa suscitare presso quel Governo e quella popolazione.

397

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, UMILTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R.P. 57/15. Zagabria, 5 gennaio 1935.

Quando la persona inviatami dal Dott. Macek, a riferurmi ciò che ho comunicato a V. E. con mio teleposta del 2 corrente N. 53/14 (3), ebbe finito le sue dichiarazioni, io feci alcune osservazioni che avevano lo scopo di provocare qualche chiarimento sulle cose dettemi, da parte dello stesso dott. Macek.

Infatti ieri sera l'incaricato del dott. Macek mi ha portato la lettera unita, diretta a V.E., che io mando in originale e in traduzione (per Esteri), in traduzione solo (per Legazione).

Il firmatario della lettera è il Signor Kresimir Devcic, marito della figlia del defunto Stefano Radic e, attualmente, una delle persone più influenti del

l'immediato contorno del tribuno croato. Durante gli avvenimenti degli ultimi due anni tale signore non è stato apertamente tormentato da questa polizia, sembra per non mostrar troppo, specialmente all'estero, la persecuzione serba verso la famiglia Radic; mi risulta peraltro che, sia per il suo valore personale che per le sue aderenze familiari, il signor Devcic è uno dei capi più influenti tra i croati, specialmente nei riguardi delle masse contadine.

Naturalmente né il dott. Macek né n Devcic aspettano alcuna risposta da V.E.

Come V.E. può vedere, la unita lettera non è molto differente dalle altre informazioni da me mandate col teleposta del 2 corrente; mi sembra tuttavia degno di nota il far risultare che anche in essa è confermata la viva e generale aspirazione dei croati alla loro completa separazione da Belgrado, ciò che fa presumere che le questioni interne jugoslave siano tutt'altro che finite, nonostante l'apparente calma di queste regioni.

ALLEGATO

DEVCié A MUSSOLINI

L. RR. ... (1).

Il giorno 22 Diceml»'e 1934 alle ore 19.30 è stato messo in libertà a Zagabria dall'ospedale delle carceri il capo del popolo croato Dott. Vladko Maèek. Tale liberazione del Dott. Maèek è stata uno dei prtmi atti del nuovo Governo di Jeftic. I circoli governativi di Belgrado pensano di aver compiuto con ciò una grande opera, mentre i croati pensano che questo atto della liberazione del Dott. Macek è stato provocato da necessità politiche, che hanno fatto pressione su Belgrado. All'annuncio della liberazione del Dott. Maèek dalle carceri, *centinaia di croati da tutte le regioni croate si sono affrettati a salutare il proprio capo e ad accordarsi con lui circa la ulteriore lotta contro Belgrado * (2).

Ma dopo la liberazione del Dott. Maèek venne compiuta sopra di lui una pressione da parte di determinati circoli politici esteri, in special modo inglesi, i quali hanno sostenuto che con la morte di Re Alessandro è subentrata una nuova situazione. Questi stessi circoli vanno rilevando che in nessun caso debba sfasciarsi la Jugoslavia. In special modo si sottolinea il discorso di Sir Simon pronunciato nella Camera Bassa, durante il quale disse che la Jugoslavia è una necessità politica. Queste determinate tendenze che si verificano in Inghilterra sono ben note a Belgrado, la quale diffonde continuamente menzogne, allo scopo di nascondere il vero stato di cose. Servendosi di tutti i possibili sotterfugi, Belgrado va convincendo i rappresentanti della ufficiale Inghilterra (ad es. Henderson in Belgrado), che cioè i croati sono colpevoli, per il motivo che «non partecipano attivamente alla direzione degli affari dello Stato».

Il dott. Maèek, per liberarsi da questa suggestione di determinati circoli esteri, «circa la colpa dei croati e la loro resistenza passiva», e anche per comprovare che a Belgrado non è subentrato nessun cambiamento nei metodi politici dopo la morte di Re Alessandro, ha diretto al principe reggente, il terzo giorno dopo l'uscita dalle carceri, un telegramma dal seguente contenuto:

«Nel ringraziare per l'atto reale, con il quale mi è stata ridonata la libertà, spero

e credo che questo atto sia il primo segno della buona volontà, per addivenire ad una

giusta riorganiz2)a,zi.one della nostra comunità statale e con ciò soddisfare le giustificate

richieste del popolo croato ».

Questo telegramma è stato pubblicato da parte di Belgrado nella stampa estera solamente come ringraziamento e non nel suo testo completo, mentre nella stampa interna non è stato affatto pubblicato -poiché esso non conviene a nessuno a Belgrado.

Il nuovo regime di Jeftic non ha fatto niente altro, fuorché liberare il dott. Maèek. Ma perciò il giorno dopo ha curato perché siano disperse con la violenza le manifestazioni a favore del dott. Maèek e della Libera Croa:llia. Durante questi 14 giorni da quando il dott. Maèek si trova in libertà, egli ha avuto colloqui con la maggioranza dei suoi amici -specialmente con quelli dall'interno del Paese -e si è fatta la convinzione che il popolo croato deve perdurare in questa lotta. Il dott. Maèek è da per se stesso un uomo di straordinaria forza di carattere, così che l'intero popolo ha in lui fiducia nella lotta contro Belgrado. Tutte le regioni della ex Monarchia austro-ungarica si raccolgono saldamente attorno al dott. Maèek, e cosi anche i serbi di queste regioni si associano alla lotta dei croati.

Il dott. Maèek, considerando di aver dato con il telegramma dimostrazione della sua buona volontà di fronte ai consiglieri stranieri, ha colto, subito un paio di giorni dopo, l'occasione di attaccare aspramente Belgrado per il fatto che adesso egLi ha le mani libere. Questi attacchi verranno pubblicati nella stampa estera, e inoltre, durante una improvvisata assemblea in occasione della sua venuta nel villaggio di Kupinec, ove è situato il suo possesso, ha pronunciato alla presenza dei contadini un discorso in cui ha rilevato che i croati combatteranno fino a tanto che la Croazia non sarà diventata completamente libera.

Con riguardo allo stesso telegramma sono stato autorizzato dal dott. Maèek di comunicare la seguente sua dichiarazione per S. E. Benito Mussolini:

« l. La manovra tattica con il telegramma è riuscita, perché Belgrado non si è neppure mossa, perché il testo del telegramma non le conviene. Determinati consiglieri all'estero hanno avuto la miglior prova circa le asserzioni dei croati, che cioè la Serbia vuole in qualsiasi maniera governare con la forza sopra la Croazia.

2. -Il popolo croato è oggi convinto nel suo più intimo che fra la Serbia e la Croazia può esistere solamente il confine sulla Drina. 3. -I croati attendono con ansia l'occasione di arrivare alla resa dei conti con la Serbia. 4. -I croati seguono e appoggiano con, la massima simpatia ed entusiasmo i tentativi di S. E. Mussolini per la creazione della nuova situazione nella regione sottodanubiana. 5. -Una libera Croazia pacifista nella regione sottodanubiana rappresenterebbe un muro contro l'avanzata della ortodossia bizantino-orientale in Europa. Una tale Croazia troverebbe la propria prosperità politica ed economica nella più stretta collabomzione economica e politica con l'Italia. Una tale libera Croazia libererebbe l'Italia dagli armamenti superflui che sono provocati dal militarismo della Serbia, militarismo che attualmente spadroneggia -in tempo di pace! -nelle regioni croate».

Il suesposto punto di vista è oggi comune a tutto il popolo croato, che durante l'esperienza di 16 anni ha compreso che esso non può vivere con la Serbia e che i serbi non sono nella possibilità morale di concedere ai croati una qualsiasi garanzia politica. Il tentativo, che è stato compiuto nell'anno 1925, su consiglio degli inglesi, da Stefano Radic, è terminato con la catastrofe del 20 giugno 1928. Di ciò è conscio tutto il popolo croato e non esiste più nessun uomo politico il quale sarebbe capace di piegare la bussola croata verso Belgrado.

Il popolo croato attende il momento in cui gli sarà offerta l'occasione di fare la resa dei conti con Belgrado. L'atteggiamento passivo ed il silenzio di migliaia di croati durante il giuramento militare al nuovo Sovrano è la più forte dimostrazione del citato convincimento dei croati.

L'ulteriore svolgimento degli avvenimenti politici dipende dal fatto, quando e come i croati avranno l'occasione per la resa dei conti. O dovranno attendere ancora ed entrare nella ulteriore lotta politica, questa volta nelle eventuali elezioni parlamentari,

o si presenterà quanto prima l'occasione di espellere, in un determinato momento,

con la forza fisica di tutto il popolo, le autorità serbe. Ovvero sarà data ai croati l'occasione di esprimere con il plebiscito la propria volontà di fronte a tutto il mondo. Per molte cose su nominate i Croati sperano nella benevolente opera di s. E. Mus

solini. Anzi in S. E. Mussolini essi ripongono la maggior parte delle loro speranze.

(l) -Cfr. n. 348. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato in quanto riferiva sostanzialmente quanto detto nel presente documento o nell'allegato. (l) -La lettera è priva di data ma reca l'annotazione di Umiltà «consegnatami il 4 gennaio 1935 ». (2) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussollni.
398

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 77/3 R. Mosca, 6 gennaio 1935, ore 0,35 (per. ore 6,45).

Prime reazioni finora pervenute circa protocolli Roma sono, dal punto di vista della politica generale, molto favorevoli. Litvinov è convinto che accordi itala-francesi possano segnare intenzione principio « détente » generale in Europa.

Ho tuttavia, per quanto riguarda protocollo garanzia austriaca, notato in Litvinov qualche preoccupazione agli effetti situazione che potrebbe risultame per Russia.

Egli mi domandava con evidente insistenza se anche «altre Potenze» oltre quelle specificatamente menzionate potessero aderire, aggiungendo Anschluss essere dopo tutto questione in cui Russia era forse più interessata di altri paesi, pur specificatamente invitati aderire e che, trattandosi di un patto che sembrerebbe dover comprendere quasi tutta Europa e persino, secondo certi giornali, oltre Polonia e Romania, anche Turchia e Grecia, non si comprende perché ne dovrebbero rimanere escluse soltanto repubbliche socialiste sovietiche.

Avendo io osservato che, secondo notizie mie, Turchia e Grecia non avrebbero avuto nulla a che fare col patto; al quale sarebbe rimasta estranea stessa Gran Bretagna, Litvinov domandava scherzosamente all'ambasciatore di Inghilterra in quel momento sopraveniente, e con evidente riferimento ad accenni anteriormente fattigli... (l) e da impressioni (riferite con telespresso 33/16 del 3 corr.) (2) se non fosse venuto il momento che anche «esclusi» facessero un patto per conto loro. Litvinov ha tuttavia riserbato sue impressioni definitive dopo conosciuto esatto testo protocollo.

Se, ciò avvenuto, Litvinov mi tornerà parlare della cosa, io risponderò che non si comprende come R.S.F.S.R. possa ritenersi « esclusa » da patto austriaco, mentre noi non ci siamo affatto ritenuti «esclusi» da patto orientale.

Posso per altro dire sino ora che, dopo spiegazioni da me già dategli, Litvinov non mi è sembrato dare all'adesione polacca quella importanza che sembrava darvi prima.

Ai fini, tuttavia, di ulteriori mie conversazioni con Litvinov, pregherei

V. E. chiarirmi esatta portata frase contenuta protocollo circa « adesione che parti contraenti giudicheranno utile provocare da parte altre Potenze».

(l) -Gruppo !ndec!frato. (2) -Non pubblicato.
399

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, LAVAL (l)

APPUNTO. Roma, 6 gennaio 1935, ore 10-11,30.

Il Ministro Lava! riferisce al Capo del Governo sulle conversazioni avute con i rappresntanti della Piccola Intesa durante le negoziazioni per gli accordi itala-francesi.

Benes ha incaricato il Ministro di far sapere al Capo del Governo che in tutti gli accordi esistenti tra i Paesi della Piccola Intesa non c'è nulla che sia diretto contro l'Italia. Benes chiede poi a Lavai di domandare al Capo del Governo se ci sia alcuna alleanza militare tra l'Italia e l'Ungheria diretta contro i Paesi della Piccola Intesa, facendosi rilasciare possibilmente una dichiarazione scritta.

Il Capo del Governo non rilascia dichiarazioni scritte. Può però affermare -perché così è -che non ci sono aUeanze militari tra Italia e Ungheria dirette contro chicchessia.

La Jugoslavia è stata molto attiva durante le trattative.

Da lettere in possesso del Ministro Lava! e da conversazioni telefoniche risulta che la Jugoslavia durante il corso dei negoziati ha espresso vari dubbi e sollevato parecchie questioni. In primo luogo il Ministro Lavai ha potuto persuadersi che in Jugoslavia si ritiene che l'Italia continui a fare una politica di dislocazione della Jugoslavia stessa. La Jugoslavia poi desiderava che ci fosse una forma di consultazione più stretta per quanto riguarda l'Austria, avendo avvertito che essa non potrà mai consentire che in caso di disordini l'Italia entri da sola in Austria. Essa chiede poi in modo preciso di avere una soddisfazione per l'attentato di Marsiglia; che in Italia si cessi di mantenere i terroristi; che l'inchiesta in Ungheria sia condotta con serietà e severità; che siano sottoposti a processo i croati compromessi dimoranti in Italia; che siano aperti anche agli altri i protocolli del marzo 1934 e non si dia esca alla campagna del revisionismo ungherese.

*Il Capo del Governo trova che queste note jugoslave, fatte in tono comminatorio e perentorio sono gravi. Egli ha già dichiarato che è disposto ad esaminare un miglioramento dei rapporti con la Jugoslavia quando sarà venuto il momento opportuno e in circostanze favorevoli. Non può però accettare domande fatte in questa forma e con termini precisi.

Il Ministro Lava! si affretta a rilevare che nelle ultime conversazioni avute

con Jeftic, il tono è cambiato, e che Jeftic gli ha detto di desiderare molto

il successo delle trattative di Roma e di sperare che ìe stesse avranno per

conseguenza un avvicinamento itala-jugoslavo.

Il Capo del Governo ripete che ritiene un avvicinamento tra l'Italia e la Jugoslavia una conseguenza logica e desiderabile della intesa itala-francese,

ma lo stesso non potrà avvenire che quando ci sarà la certezza che esso possa portare dei risultati favorevoli.

Bisogna intanto che da parte jugoslava si muti atteggiamento. Deve cessare la propaganda irredentista che ha avuto una espressione così manifesta al Congresso della emigrazione jugoslava di Maribor.

Il Capo del Governo farà tenere al Ministro Lavai una relazione su tale congresso. Il Ministro Lavai chiede se è intenzione del Governo italiano di mettere sotto giudizio Pavelic e Kwaternik. Il Capo del Governo risponde che ciò dipenderà dalle prove sulla loro presunta colpabilità, prove che deve fornire la Francia. Il Ministro Lavai ritiene che sarebbe opportuno iniziare un processo senza attendere l'esito del processo di Marsiglia. Il Capo del Governo risponde che ciò dipenderà appunto dall'esame dei documenti che dovranno essere forniti.

Per quanto riguarda l'accennata estensione dei Protocolli di Roma del marzo 1934 agli altri Paesi del Bacino danubiano, il Capo del Governo fa presente che gli stessi hanno un carattere specifico e sono adattati alle relazioni intercorrenti tra l'Italia, l'Austria e l'Ungheria.

Suvich avverte la pratica impossibilità di estendere i Protocolli a terzi, essendo i protocolli stessi fatti a due a due tra i singoli Paesi interessati. *

Il Capo del Governo e Lavai raccomandano che siano messi a punto gli accordi perché si possano firmare al più presto. A tale proposito il Capo del Governo ritorna sull'importanza per noi del «désistement » in Abissinia.

* Lavai riconferma che ha capito benissimo il concetto italiano e che, a parte gli interessi di carattere economico che la Francia vuole salvaguardare, il suo Paese non intende intralciare l'opera di penetrazione italiana in Abissinia* (l).

(l) Al colloquio era presente Suvich che redasse !"appunto. I passi fra asterischi sono ed. in DE FELICE, p. 526.

400

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 88/11 R. Washington, 7 gennaio 1935, ore 7,50 (per. ore 5 dell'B).

In occasione di un colloquio avuto stamane con sottosegretario di Stato ho constatato vivissimo interesse col quale questo Governo segue avvenimenti romani.

Valendomi, con dovuta prudenza, delle informazioni fornitemi dai telegrammi di V. E. ho messo signor Phillips al corrente degli argomenti trattati nei colloqui Mussolini-Laval facendo rilevare come direttive della politica italiana rimangano sempre quelle che avevano ispirato iniziativa italiana del patto a quattro e cioè collaborazione fra Grandi Potenze europee per rendere possibile graduale pacificazione e riassetto economico europeo.

Sottosegretario di Stato si è mostrato particolarmente grato per notizie fornitegli a titolo personale e confidenziale e mi ha pregato di continuare a tenerlo al corrente nei limiti del possibile.

Egli mi ha detto che il Governo S. U. segue attività del capo del Governo con grandissima simpatia e fiducia. Personalmente Phillips considera risultato già raggiunto a Roma come avvenimento di capitale importanza.

Egli è ansioso di conoscere atteggiamento di Berlino.

Si è mostrato anche molto interessato a conoscere se e a quale conclusione siano giunti i colloqui romani in materia di disarmo.

Qualunque ulteriore notizia V. E. crederà comunicarmi mi sarà molto utile per commentare e valorizzare politica Governo fascista la quale --ripeto sta producendo in questi ambienti politici l'impressione più favorevole.

(l) La sera dello stesso giorno 6 Lava! informava telefonicamente Flandin sul favorevole andamento delle conversazioni. Cfr. l'intercettazione telefonica pubblicata in SuvicH, pp. 310-311.

401

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 94/34 R. Addis Abeba, 7 gennaio 1935, ore 12 (per. ore 16,45 dell'B).

Mio telegramma n. 760 Cl).

Atteggiamento Etiopia nei nostri riguardi ha presentato in questi ultimi giorni stridenti contraddizioni, facilmente rilevabHi da successive segnalazioni che ho dirette a V. E.

Alle dichiarazioni improntate moderazione e ottimismo di Diamandara (mio telegramma n. 762) (2), di Taddese (mio telegramma 18) (3) e dello stesso Sovrano (mio telegramma n. 6) (4), fano riscontro ultima nota Etiopia (mio telegramma 19) (5) e recente comunicazione diretta a S.d.N. (telegramma di V. E. 25) (6).

2°) -Queste oscillazioni vanno indubbiamente connesse a ben noto si

stema etiopico di condurre ogni trattativa, come pure ad opera di vari consi

glieri, ufficiali e non, da cui questo Governo è fiancheggiato.

Occorre però tenere ben presente:

a) -Propaganda qui attivamente svolta in senso nazionalista xenofobo

e direttamente antitaliano, cui scopo evidente è facilitare mobilitazione gene

rale delle masse popolari, quando urto fosse deciso o reso inevitabile. (Su

particolari di questa propaganda e su mia azione al riguardo svolta presso

questo Governo, ho riferito con telegramma n. 32) (7).

Mentre situazione appare qui controllata da Governo centrale, innegabilmente popolo viene ora mantenuto in continua tensione e preparazione materiale e morale ad ogni evento.

b) -Misure militari prese con ampio... (l) sempre crescente e interessanti ormai tutto Impero, anche se maggiore concentramento avvenga sempre direzione nostra frontiera Somalia, dove può presumersi sia stato preordinato lo sforzo decisivo.

Circa tali misure comunico continuità a V. E. quanto mi riferiscono i RR. consolati, mentre mi richiamo, per quanto riguarda nostra agenzia commerciale in Magalo, a mio telegramma n. 6 (2)

c) -In relazione a quanto precede, ritengo dover confermare necessità assoluta di adeguate misure militari da predisporre alle nostre frontiere, intese fronteggiare ogni eventuale iniziativa avversaria, anche in grande stile..

Prossima visita del principe ereditario di Svezia porterà un breve, apparente diversivo, mentre ultimi avvenimenti politica europea (soprattutto viaggio Lavai) non mancheranno suscitare qui ripercussioni di cui mi affretterò tenere informata V. E.

Ad ogni modo è mia netta impressione che questo Governo sia attualmente rientrato sua linea intransigenza di f,ronte nostre richieste, e che azione britannica, qui svolta, sia attraverso legazione che a mezzo agenti vari, contribuisca tuttavia a tale atteggiamento.

Richiamo a tale riguardo quanto ·già esposto in mio telegramma n. 5 (3) e precedenti.

(l) -Cfr. n. 344. (2) -Cfr. n. 346. (3) -Cfr. n. 379. (4) -Riferimento errato. (5) -T. 79/19 R. del 5 gennaio, non pubblicato, con cu1 s1 comunicava la nota etiopica del 3 gennaio, ed. in Il conflitto itala-etiopico, pp. 129-131.

(6) T. 25/10 R. del 5 gennaio, non pubblicato con cui veniva trasmessa la comunicazione etiopica del 3 gennaio ed. in Il conflitto itala-etiopico, p. 129.

(7) T. 102/32 R. del 7 gennaio, non pubblicato.

402

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 107/05 R. Vienna, 7 gennaio 1935 (per. il 9).

Da qualche giorno mi è stato segnalato da fonti degne di fede che i legionari austriaci in Germania verrebbero richiamati nei pressi della frontiera austriaca, per l'eventuale effettuazione d'un qualche colpo di mano, in connessione col risultato del plebiscito della Sarre.

Oggi, al Ballplatz, il direttore degli a,ffari politici mi ha intrattenuto spontaneamente sull'argomento, dandomi lettura di brani di lettere dirette da legionari alle loro famiglie, e da queste consegnate alla polizia. In dette lettere è fatto chiaro accenno ad avvenuti spostamenti di legionari da Coburgo a Bad Aibling; ad un improvviso ritorno ad esercitazioni militari; ed a raduni in località vicine alla frontiera austriaca.

Il signor Hornbostel ha aggiunto avere il ministro Berger fatto trasmettere copia di tali lettere a codesta legazione d'Austria, per opportuna comunicazione a V. E.; e di aver dato istruzioni alla legazione a Berlino di segnalare

alla Wilhelmstrasse il contenuto dei documenti in questione, esigendo precise spiegazioni.

Circa le eventuali ripercussioni -in Austria -del plebiscito della Sarre, il mio interlocutore mi ha accennato, come già questa mane lo aveva fatto meco il cancelliere, a probabili dimostrazioni studentesche nelle università, e fotl'se anche a qualche manifestazione di piazza da parte dei « nazionali ». Il signor Hornbostel, dopo avere osservato che lo stato di sbandamento dei nazisti austriaci -a causa sovra tutto dell'assoluta mancanza di capi -sarebbe attualmente tale da far cadere ogni preoccupazione sull'importanza delle eventuali manifestazioni, mi ha confidenzialmente informato che il Governo ha tuttavia deciso, ad ogni buon fine, di mettere -a partire dal 12 corrente -in «stato di allarme» sia la polizia, che le forze militari e militarizzate.

Desidero aggiungere che anche il cancelliere mi ha detto stamane essere stata presa ogni opportuna misura per fronteggiare l'eventuale azione dei nazisti; azione che egli ritiene però possa verificarsi più nel mese di febbraio, che in quello corrente.

Infine il signor Hornbostel, nel prospettare l'eventualità d'un plebiscito particolarmente favorevole alla Germania, nella Sarre, mi ha detto in via confidenziale che il cancelliere sta esaminando se, in tal caso, non sia opportuno che il fronte patriottico stesso proceda a qualche manifestazione di simpatia, trattandosi di un'affermazione del Deutschtum. A sostegno della sua tesi il cancelliere fa anche valere il precedente delle manifestazioni avvenute in Germania, in occasione del plebiscito di Klagenfurt, mettendo la sua proposta quasi sotto il colore di contraccambio di cortesia, nei rispetti di Berlino.

Senonché il barone Berger, come Peter e Hornbostel, vi sono assolutamente contrari; e mi risulta che Berger stasera stessa si propone di intrattenerne di nuovo il cancelliere, onde fargliene abbandonare l'idea, che egli trova del tutto inopportuna (l).

(l) -Gruppo lndeclfrato. (2) -T. 48/6 R. del 3 g~ennalo, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 371.
403

ACCORDI ITALO-FRANCESI (2)

I

DECLARATION GENERALE

Roma, 7 gennaio 1935.

Le chef du gouvernement italien et le ministre des affaires étrangères de la république française: Considérant que les Conventions en date de ce jour ont assuré le règlement des principales questions que les accords antérieurs laissaient pendantes

E. -M. RoBERTSON (a cura di), The Origines ot the Second World War, London, 1971. Gli accordi non segreti erano già stati editi in Trattati e Convenzioni, vol. LXLIX, pp. 16-23.

entre eux, et notamment de toutes questions relatives à l'application de l'art. 13 de l'Accord de Londres du 26 Avril 1915:

Considérant que les questions litigieuses qui pourraient surgir à l'avenir entre leurs Gouvernements trouveront leur issue soit par la voie des pourparlers diplomatiques, soit par les procédures établies par le Pacte de la Société des Nations, le Statut de la Cour Permanente de Justice Internationale et l'Acte général d'Arbitrage:

Déclarent la détermination de leurs Gouvernements de développer l'amitié traditionnelle qui unit les deux Nations et de collaborer, dans un esprit de mutuelle confiance, au maintien de la paix générale.

En vue de cette collaboration, ils procéderont entre eux à toutes les consultations qu'exigeraient les circonstances. Fait, en double exemplaire, à Rome, le 7 Janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

II

PROCES VERBAL

Le chef du gouvernement italien et le ministre des affaires étrangères de la république française ont procédé à un examen approfondi de la situation existant en Europe Centrale et spécialement en .Autriche. Ils ont reconnu la nécessité d'y développer les sentiments de confiance notamment par la réaffirmation de l'obligation qu'a tout Etat de respecter l'indépendance et l'intégrité territoriale des autres Etats. Fermement attachés pour leur part à l'observation de ce principe, ils sont tombés d'accord pour recommander aux Etats les plus intéressés la conclusion, dans le cadre de la Société des Nations, d'une convention comportant notamment l'engagement mutuel de ne pas s'immiscer dans leurs affaires intérieures respectives ainsi que l'engagement mutuel de ne susciter ni favoriser aucune agitation, propagande ou tentative d'intervention ayant pour but de porter atteinte par la force à l'intégrité territoriale, ou de transformer par la .force le régime politique ou social d'un des Pays contractants. La faculté serait réservée aux contractants de conclure des accords particuliers en vue d'assurer, avec le concours du Conseil de la Société des Nations, l'application de ce principe.

Cette Convention, conclue initialement entre l'Allemagne, l'Autriche, l'Italie, la Hongrie, la Tchécoslovaquie et la Yougoslavie, sera ouverte à l'adhésion de la France, de la Pologne, et de la Roumanie, sans préjudice de l'adhésion que les contractants jugeront utile de provoquer de la part d'autres Puissances.

En attendant la conclusion d'une telle Convention et des accords particuliers qui en assureraient l'application et en raison de la nécessité de maintenir l;indépendance et l'intégrité de l'Autriche, ils sont convenus que, dès aujourd'hui et dans le cas où cette indépendance et cette intégrité seraient menac.ées, la France et l'Italie se consulteront entre elles et avec l'Autriche en vue des mesures à prendre. Cette consultation sera étendue par l'Italie et la France, afdn de s'assurer leur concours, aux Puissances qui se déclareraient disposées à participer à la convention ci-dessus envisagée et à contracter des engagements particuliers en vue d'en assurer l'application.

Fait en double exemplaire.

Rome, le 7 janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

III

PROTOCOLE

Confidentiel.

Le Chef du Gouvernement Italien et le Ministre des Affaires Etrangères de la République Française se déclarent d'accord pour estimer que l'Allemagne, non plus qu'aucune autre Puissance dont le statut d'armement a été défini par traité, ne peut modifier par voie unilatérale ses obligations en matière d'armement, le principe de l'égalité des droits tel qu'il est défini par la Déclaration du 11 décembre 1932 demeurant par ailleurs intact. En conséquence les deux Gouvernements conviennent de procéder de la manière suivante:

Au cas où l'Allemagne voudrait se libérer unilatéralement du traité en se réservant une complète liberté d'armements, les deux Gouvernements, animés du désir de procéder d'un commun accord, se concerteront sur l'attitude à adopter.

Au cas où les cLrconstances permettraient une reprise des négociations internationales en vue de la conclusion d'une convention générale de limitation d'armements, les deux Gouvernements associeront leurs efforts pour que les chiffres de limitation qui seront inscrits dans la convention assurent aux deux Pays, par rapport à l'Allemagne, les avantages qui seraient justifiés pour chacun d'eux.

Fait en double exemplaire.

Rome, le 7 Janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

IV

TRAITE ENTRE L'ITALIE ET LA FRANCE RELATIF AU REGLEMENT DE LEURS INTERETS EN AFRIQUE

Sa Majesté le Roi d'Italie et le Président de la République Française, désireux de développer en Afrique les relations d'amitié et de bon voisinage qui existent entre les deux Nations, et, pour ce faire, de régler d'une manière définitive les questions pendantes au sujet des Conventions du 28 Septembre 1896 relatives à la Tunisie et de l'Accord de Londres du 26 Avril 1915 et son article 13, ont désigné pour leurs Plénipotentiaires, savoir:

Sa Majesté le Roi d'Italie:

M. Benito Mussolini, Chef du Gouvernement, Ministre des Affaires Etrangères:

et Le Président de la République Française:

M. Pierre Lavai, Ministre des Affaires Etrangères, lesquels, après avoir reconnu leurs pleins pouvoirs en bonne et due forme, sont convenus des dispositions suivantes:

TITRE I.

Questions Tunisiennes.

Art. ler.

Les situations et les droits des Italiens et sujets coloniaux italiens en Tunisie et des Tunisiens en Italie seront réglés par une Convention spéciale, dont les bases sont fixées dans un Protocole spécial en date de ce jour, et que les Hautes Parties Contractantes s'engagent à négocier dans le plus bref délai possible, de telle manière qu'elle entre en vigueur à la meme date que le présent Traité.

TITRE II

Frontière entre la Lybie et les Colonies Françaises limitrophes.

Art. 2.

La frontière séparant la Libye de l'Afrique Occidentale Française et de l'Afrique Equatoriale Française à l'est de Tummo, point terminai de la ligne fixée par l'accord de Paris du 12 Septembre 1919, sera déterminée ainsi qu'il suit:

-une ligne directe partant de Tummo et rejoignant l'Ehi Domar Doba; -de l'Ehi Domar Doba, une ligne droite rejoignant l'extrémité nord-est de l'Ehi Dogologa; -de l'Ehi Dogologa, une ligne droite rejoignant l'Enneri Turkou en un point situé en aval du confluent de celui-ci avec l'Enneri Guesso, de telle sorte que le tronçon Dogologa-Enneri Turkou de la piste caravanière du Fezzan vers Bardai reste en territoire français; -de ce point, une ligne droite rejoignant le confluent de l'Enneri Bardague avec l'Enneri Momogoi ou Ofouni; -de ce confluent, la ligne des hauteurs séparant l'Enneri Bardague de l'Enneri Momogoi ou Ofouni puis la ligne des cretes jusqu'à l'Ehi Madou, de telle sorte que les affluents de droite de l'Enneri Bardague-Zoumeri, notamment les Enneri Odri, Tinaa Ouadame, Araye, Mecheur, Tirenno, Aguesju, Kayaga, Abeche restent en territoire français; -de l'Ehi Madou une ligne droite rejoignant Yfbigue, à 10 kilomètres en amont de Yerbi-Ssouma;

-de ce point, une ligne droite rejoignant le point géodésique d'Aozi; -de ce point, une ligne droite rejoignant l'intersection du 24éme dégré de longitude Est Greenwich et du 18éme degré 45' de latitude nord. Ce tracé est indiqué sur la carte n. I jointe au présent Traité.

Art. 3.

Des Commissaires spéciaux, délegués à cet effet par les deux Gouvernements, procéderont sur les lieux, d'après les données énoncées à l'article précédent, à une démarcation effective. Ils soumettront aux deux Gouvernements, en mème temps que le résultat de leurs travaux, un projet d'accord sur les dispositions à prendre pour assurer d'une manière efficace la police dans la zone frontière et pour y régler l'utilisation des pàturages et des points d'eau par les populations indigènes.

TITRE III.

Frontière entre l'Erythrée et la Cote Française des Somalis.

Art. 4.

Le tracé suivant sera substitué à la délimitation établie entre l'Erythrée et la Cote Française des Somalis par les Protocoles de Rome en date de 24 Janvier 1900 et 10 Juillet 1901:

-de Der Eloua sur le détroit de Bab-El-Mandeb une ligne droite rejoignant l'Oued Welma immédiatement en aval de Daadato. Ce tracé est indiqué sur la carte n. 2 jointe au présent Traité.

Art. 5.

Des Commissaires spec1aux, délegués à cet effet par les deux Gouvernements, procéderont sur les lieux, d'après les données énoncées à l'article précédent, à une démarcation effective. Ils soumettront aux deux Gouvernements, en mème temps que le résultat de leurs travaux, un projet d'accord sur les dispositions à prendre pour assurer d'une manière efficace la police dans la zone .frontière et pour y régler l'ullilisation des pàturages et des points d'eau par les populations indigènes.

Art. 6.

La France reconnait la souveraineté de l'Italie sur l'ile Doumeirah et les iles sans nom adjacentes à cette ile.

Art. 7.

Le présent Traité sera ratifié et les rati.fications seront échangées à Rome dans le plus bref délai possible, Il entrera en vigueur le jour de l'échange des ratifications.

En foi de quoi les Plénipotentiaires susnommés ont signé le présent Traité, établi en double exemplaire, et y ont apposé leurs cachets. Fait à Rome, le 7 Janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

v

PROTOCOLE ANNEXE AU TRAITE ENTRE LA FRANCE ET L'ITALIE RELATIF AU REGLEMENT DE LEURS INTERETS EN AFRIQUE

Confidenti el.

Le Gouvernement Italien, soucieux comme le Gouvernement Français d'assurer le libre passage du détroit de Bab-el-Mandeb, s'engage à maintenir dans l'état actuel, en ce qui concerne les fortifications et ouvrages stratégiques, la zone còtLère du territoire visé à l'article 4 du Traité auquel le présent Protocole est annexé, ainsi que les iles et ilòts visés à l'article 6 du dit traité.

Fait à Rome, en double exemplaire, le 7 Janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

VI.

PROTOCOLE SPECIAL RELATIF AUX QUESTIONS TUNISIENNES

Les deux Gouvernements sont d'accord sur les bases suivantes:

l. -La Convention visée à l'article Ier du Traité relatif au règlement des intéréts de la France et de l'Italie en Afrique en date de ce jour, sera basée sur 1e maintien jusqu'au 28 Mars 1945 des conventions et documents annexes actuellement en vigueur. Le retour au droit commun, à partir du 28 Mars 1945, devra se faire progressivement.

2. --En ce qui concerne la nationalité, la dite Convention prévoira que les individus nés en Tunisie de parents dtaliens, avant !e 28 Mars 1945 seront de nationalité italienne: les individus nés en Tunisie de parents italiens entre le 28 Mars 1945 et le 27 Mars 1965 seront de nationalité italienne mais pourront, dans l'année qui suivra leur majorité, réclamer la nationalité française; ils pourront, avec l'assistance de leur tuteurs légaux, réclamer cette nationalité dès l'age de 16 ans: à partir du 28 Mars 1965, tous les individus nés en Tunisie de parents italiens seront soumis à la législation sur la nationalité française en Tunisie. 3. --En ce qui concerne les écoles royales italiennes en Tunisie, la Convention prévoira leur maintien jusqu'au 28 Mars 1955, date à laquelle elles deviendront des écoles privées soumises à la législation scolaire française en Tunisie. Il est entendu que la dite législation ne pourra pas dans l'avenir aggraver la situation des écoles privées italiennes telle qu'elle résulterait de l'application de la législation actuelle, et que les autorisations administratives pour la survivance des écoles royales après leur transformation seront accordées en temps voulu pour que leur activité ne souffre pas d'interruption.

32 -Documentt Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

4. -Les Italiens qui, antérieurement au 28 Mars 1945, auront été admis à exercer des professions libérales en Turnsie, notamment celles d'avocat, de médecin, de pharmacien, de sage-femme, d'architecte, seront assurés, quel que soit le régime établi par l'application du paragraphe ler de pouvoir continuer leur vie durant à exercer ces professions.

Fait en doùble exemplaire.

Rome, le 7 Janvier 1935.

MUSSO LINI PIERRE LAVAL

VII.

MUSSOLINI A LAVAL (l)

L. s. Roma, 7 gennaio 1935.

Ho l'onore di accusare ricevuta a V. E. della lettera in data odierna, cosi redatta:

«J'ai l'honneur de faire à V. E. la communication suivante:

Après examen de la situation de l'Italie et de la France en Afrique Orientale, particulièrement en ce qui concerne les intérets de l'Erythrée et de la Somalie italienne, d'une part, de la Cote Française des Somalis, d'autre part, et dans le désir de pratiquer la politique de collaboration amicale que les deux Gouvernements poursuivent au voisinage de leurs possessions africaines, le Gouvernement français déclare au Gouvernement italien que, dans l'application de l'arrangement du 13 décembre 1906 et de tous les accords cités à l'art. ler dudit arrangement, le Gouvernement français ne recherchera en Ethiopie la satisfaction d'autres intérets que les intérets économiques relatifs au trafic du chemin de fer Djibouti à Addis-Abeba dans la zone telle qu'elle est définie à l'annexe ci-jointe. Toutefois, le Gouvernement français ne renonce pas par là aux droits que ses ressortissants et protégés tiennent du Traité francoéthlopien du 10 Janvier 1908, ni aux concessions qu'ils ont obtenues sur les parties du territoire éthiopien situées en dehors de la zone ci-dessus visée, non plus qu'au renouvellement desdites concessions.

Le Gouvernement français attacherait du prix à ce que le Gouvernement italien voulùt bien Lui confirmer son accord sur ce qui précède et s'engageàt à respecter, en ce qui le concerne, les droits et intérets définis ci-dessus ,,

II Governo Italiano, confermando il proprio accordo su quanto precede, prende atto della dichiarazione fattagli dal Governo francese, circa l'applicazione dell'Accordo del 13 Dicembre 1906 e di tutti gli accordi citati all'Art. l di detto Accordo, e si impegna a rispettare gli interessi economici relativi al traffico della ferrovia Gibuti-Addis Abeba nella zona quale è definita nell'annesso qui unito; come pure i diritti dei cittadini, sudditi coloniali e protetti francesi, menzionati nella comunicazione di V. E.

VIII. MUSSOLINI A LAVAL

L. s. Roma, 7 gennaio 1935.

Ho l'onore di accusare ricevuta a V. E. della lettera in data odierna, cosi redatta:

«J'ai l'honneur de faire connaitre à V. E. que le Gouvernement français, désireux de faciliter une collaboration plus étroite des intérets français et italiens dans le chemin de fer de Djibouti à Addis Abeba, s'est assuré que le groupe français de la Compagnie concessionna.i.re de cette ligne cédera deux mille cinq cent (2500) actions à un groupe italien.

Dans le meme esprit le Gouvernement français pretera ses bons offices en vue d'élargir la représentation italienne dans les organismes directeurs de !adite Compagnie :..

Ho l'onore di prendere atto della cortese comunicazione dell'E. V.

(l) -Preziosi comunicò con t. per corriere 151/11 R. del 10 gennaio: «Cancelllere austriaco ha rinunziato all'idea di dimostrazione di simpatia da parte fronte patriottico nel caso di favorevole risultato per la Germania del plebiscito della Sarre>>. (2) -Ed. in DDF, vol. VIII, p. 603-610; e già prima, in inglese in D. c. WATT, The secret Laval-Mussolini Agreement oj 1935 an Etiopia, in «The Middle East Journal », 1961, poi in

(l) Ed., con una variante finale, 1n DE FELICE, p. 530.

404

APPUNTO DEL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

Roma, 7 gennaio 1935.

Da tutto l'insieme dell'atteggiamento etiopico appare evidente la loro ferma volontà di ottenere ad ogni costo l'interessamento della S.d.N.: É mia convinzione quindi, che se cedendo in ogni nostra richiesta, noi ottenessimo di evitare ora la discussione, l'occasione si ripeterebbe certamente a breve scadenza.

Occorre tener presente il primo telegramma inviato ad Addis-Abeba (l) con le precise richieste del R. Governo; se nei dettagli si può mutare qualche cosa, sarebbe contrario ad ogni dignità recedere ancora dalle nostre domande.

Esprimo quindi parere contrario al progetto di istruzione prospettato (2). Una simile ritirata non può che dare occasione agli etiopici di ricominciare da capo domani. Non è per l'incidente di Ual-Ual, ma è per il complesso dei rapporti italo-etiopici e per i pericoli che il Governo sente da parte nostra, che esso vuole portare la questione a Ginevra.

Ove si voglia evitare, come dobbiamo sforzarci di fare, l'intervento della

S.d.N. ritengo che si dovrebbe agire immediatamente sugli inglesi e sui francesi a tale scopo, facendo soprattutto valere l'argomento che non è possibile ammettere una discussione con un rappresentante di un popolo della medesima razza delle popolazioni delle nostre Colonie.

Si tratta di un interesse comune. Oppure semplicemente notificare loro che l'incidente è oggetto di conversazione fra il Governo etiopico e quello italiano e verte su presupposti falsi. L'Italia rifiuta di discuterne a Ginevra non esistendo gli estremi per l'applicazione dell'art. 11. Il Consiglio di fronte al nostro netto atteggiamento ci penserà due volte prima di mettere la domanda etiopica all'ordine del giorno contro la nostra volontà esplicita.

(l} Cfr. n. 258. (2} Non rinvenuto.

2) Comunicare al Governo etiopico (che già fece conoscere di essere disposto a discutere con noi diplomaticamente la questione) che poiché accettiamo di continuare tale conversazione in via diplomatica e nell'ordine del Patto di amicizia, non vediamo perché ora si debba andare alla S.d.N.

3) Limitare le nostre conversazioni a quanto concerne la proposta etiopica per le indennità e la delimitazione dei confini iniziando praticamente la discussione; mantenendo inalterata la nostra richiesta di riparazioni e magari lasciando aperta tale discussione se il Governo etiopico non si piegherà.

D'altra parte, poiché sono convinto che presto o tardi la S.d.N. dovrà occuparsi di questioni italo-etiopiche, sarebbe meglio in caso subire l'iscrizione all'ordine del giorno, pur evitando una discussione dettagliata, piuttosto che pregiudicare il nostro prestigio con una ritirata completa.

405

IL DIRETTORE DEL GIORNALE D'ITALIA, GAYDA, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO (l)

L. P. Roma, 7 gennaio 1935.

L'Ambasciatore di Francia Conte De Chambrun, in un colloquio che ho avuto con lui a Palazzo Farnese ieri notte, dopo che era stato annunciato ufficiosamente l'avvenuto accordo italo-francese, ha riconosciuto che il compenso coloniale dato dalla Francia all'Italia era modesto e non corrispondeva forse alle aspettative italiane. Lo stesso riconoscimento della «modestia~ delle concessioni territoriali fatte dalla Francia mi è stato espresso stamattina da alcuni giornalisti inviati speciali francesi.

Ieri sera a Palazzo Farnese ho avuto un lungo colloquio con l'Ambasciatore di Germania Von Hassell. Egli mi ha detto che le conversazioni da lui avute con S. E. il Capo del Governo e il signor La val a Palazzo Venezia sabato sera gli avevano per la prima volta dato il quadro esatto della situazione che si va maturando e della portata dell'accordo italo-francese. Pur mostrandosi molto riservato ha detto che «si può ritenere che un raggio di sole illumina l'orizzonte europeo, se non ancora i rapporti italo-germanici ~. Riferendosi all'atteggiamento della Germania ha detto che esso non è ancora formulato poiché deve anzitutto essere conosciuto il testo preciso degli accordi e debbono essere risolte delle questioni preliminari che interessano la posizione della Germania in Europa <evidente accenno al problema degli armamenti). Il signor Von Hassell ha avuto pure occasione di dire che non è il caso per il momento di riparlare del Patto a Quattro. In complesso il signor Von Hassell mi è parso molto soddisfatto dell'invito di S. E. il Capo del Governo al colloquio di Palazzo Venezia; è però ancora molto prudente ad esprimere una opinione sia sui rapporti italo-germanici che sulle ulteriori attitudini della Germania.

(l) Da A C S, Ministero della Cultura Popolare.

406

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 32 R. Roma, 8 gennaio 1935, ore 12,30.

(Solo per Parigi) Ho telegrafato alla R. ambasciata a Londra quanto segue:

(Per tutti) Drummond informato Capo Governo intenzione Governo britannico invitare Germania riprendere posto Consiglio Società delle Nazioni per discussione su risultati plebiscito Sarre. Vorrebbe fare passo relativo insieme Italia Francia. Capo risposto che conveniva prima sondare discretamente Governo tedesco per non esporsi rifiuto e fare passo a votazione avvenuta. Ministro Lavai al corrente.

407

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 110/14 R. Washington, 8 gennaio 1935, ore 18,49 (per. ore 5 del g).

Ringrazio l'E. V. per gli utili chiarimenti fornitimi col telegramma n. 6 (1).

Me ne sono valso a titolo informativo in una conversazione odierna al Dipartimento di Stato il quale segue la questione più che altro per le possibili sue ripercussioni sulla situazione generale europea.

Capo ufficio competente mi ha detto che anche il Governo degli Stati Uniti aveva avuto motivo di lamentarsi della attitudine del Governo abissino e che difficoltà incontrate nell'ottenere soddisfazione di giusti reclami avevano appunto provocato richiamo del ministro ad Addis Abeba che per il momento non si intende sostituire.

Mio interlocutore ha aggiunto confidenzialmente che fin da due mesi fa una ambasciata americana in Europa aveva riferito a Washington notizia da fonte autorevole di probabile accordo fra Parigi e Roma «per lasciare all'Italia mano libera in Etiopia:..

Personalmente egli considerava come logica e naturale aspirazione italiana di espansione in Etiopia.

Nella questione attuale davanti Società delle Nazioni riteneva però che punto debole della tesi italiana fosse rappresentato da impegno di arbitrato sancito dal trattato italo-etiopico dell'anno 1928.

(l) T. 29/6 R. del 6 gennaio, non pubblicato: informazioni sull'incidente di Ual-Ual.

408

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 106/5 R. Varsavia, 8 gennaio 1935, ore 21 (per. ore 3 del 9).

Ho avuto stamane con Beck una lunga conversazione sul processo verbale per Austria ed Europa centrale, durante la quale gli ho illustrato concezione

V. E., indicazione portata eventuale partecipazione Polonia.

Beck mi ha espresso viva soddisfazione per aver V. E. tenuto Polonia al corrente e mi ha dichiarato che considera convenzione plurilaterale progettata come primo serio piano di riorganizzazione Europa centrale perchè elimina finalmente discriminazione fra paesi quella regione e li invita, su base uguaglianza, a collaborare fra di essi.

Polonia ravvisa in ciò un equilibrio contrario a quello che ispirava la attività della Piccola Intesa, dichiarasi ad esso favorevole e disposta a dare sua adesione alla sola condizione che Ungheria entri a farne parte.

Mi ha detto aver già chiesto a Budapest pensiero Governo ungherese.

Ho creduto opportuno dirgli che, dati rapporti itala-ungheresi di vecchia leale amicizia, ritenevo attitudine Budapest non (dico non) sarebbe stata differente da quella che la nobile iniziativa del Duce si meritava.

Beck ha risposto che ne era convinto e che in tal caso, allo stato attuale delle cose e sulla base degli elementi di cui è a conoscenza, adesione polacca gli sembra come certa.

Ha aggiunto che la collaborazione itala-francese-polacca nel bacino danubiano rappresenta stabile e sicura garanzia di equità e impedisce qualunque possibilità ritorno della deprecata divisione in quella zona fra Stati aventi ogni diritto e Stati esposti a tutti pericoli e a tutte le vessazioni.

Facendomi presente che egli ritarderà di un giorno o due sua partenza per Ginevra mi ha pregato informare V. E. sua intenzione intrattenere il maresciallo Pilsudsky e Consiglio dei ministri sulla questione per ottenere poteri necessari a prender parte eventuali decisioni che potessero essere prese in merito in occasione incontri delle delegazioni ginevrine.

A tale stato di cose pregherebbe fargli aver tutti quei nuovi elementi che risultassero utili nonchè testo definitivo processo verbale.

Fin qui conversazione Beck nella quale rilevasi mancanza ogni e qualsiasi riferimento ad atteggiamento che prenderà Germania dinanzi alla proposta italafrancese.

In questi ambienti ufficiosi commenti al progetto convenzione sono favorevoli ma non (dico non) si nasconde qualche timore che Parigi voglia legarsi ad essa patto orientale e, pur sperando che l'Italia non accetti tale concatenamento, dichiara Polonia non (dico non) potrebbe dare sua adesione alla riesumazione di quel progetto.

Lo stesso Beck durante colloquio odierno ha trovato modo accentuare che attitudine polacca circa patto orientale resta immutata, lasciando per contro intendere dinanzi quale che sia riarmamento tedesco accenni consenso noto progetto Musso lini Cl).

409

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 96/4-5 R. Mosca, 8 gennaio 1935, ore 21,07 (per. ore 5 del 9).

Mio telegramma n. 3 (2).

Ieri, prima sua partenza per Ginevra, ho voluto rivedere Litvinov.

Successivamente ho veduto pure ambasciatore di Francia Alphand che, reduce da Parigi, era stato ricevuto da Litvinov subito dopo me. Apprensioni Litvinov, cui accennavo già nel tel. n. precedente, mi sembrano avere guadagnato terreno. Esse possono raggrupparsi così:

1°) Timore, specie in caso adesione inglese al patto austro-danubiano, di una esclusione sovietica, suscettibile trasformare patto medesimo in una specie di «blocco anti-sovietico, con contenuto e funzioni equivalenti patto a quattro.

~su questo punto avverto ad ogni buon fine che, da quanto mi è sembrato capire, Alphand deve aver già fatto intravvedere a Litvinov possibilità che Francia domandi accessione sovietica.

Di ciò va tenuto conto perché ove la cosa non potesse essere evitata, converrebbe non lasciare iniziativa alla sola Francia.

Comunque, maggiore obiezione sovietica al patto sembra essere seguente:

2°) Patto austro-danubiano può togliere -o almeno diminuire -interesse patto orientale.

Tranne U.R.S.S., esso comprende praticamente tutti i paesi patto orientale.

In defintiva, il primo potrebbe quindi di fatto escludere il secondo.

Aggiungesi che:

3°) Patto [orientale] può avere preveduto esplicita assistenza mutua (militare), mentre patto austriaco non lo fa, almeno espressarr..ente.

Obbligo assistenza mutua ha sempre costituito una fra le tante obiezioni al patto orientale da parte Germania.

Fatto che patto austriaco, almeno formalmente, ne prescinda, costituirebbe precedente pericoloso che sarebbe certo invocato dalla Germania per respingere assistenza mutua dal Patto orientale, riducendo questo a semplice patto consultivo, privo di quella garanzia militare che costituisce essenza patto orientale ed obbiettivo principale riavvicinamento franco-sovietico.

Mentre, per parte mia, ho cercato persuadere Litvinov che reazioni patto austro-danubiano su patto orientale non potranno essere che benefiche, sono rimasto sorpreso vedere che ambasciatore di Francia, parlando con me subito dopo avere veduto Litvinov, sembra invece giustificare e sostanziare preoccupazione sovietica.

«Occorre, egli mi diceva, non creare equivoci.

In Europa due soli aggruppamenti sono possibili: da una parte, quello del partigiani dello statu quo, disposti per mantenerlo a sostenersi militarmente l'uno con l'altro; dall'altra, quello di coloro che non lo sono.

Soltanto una chiara ed aperta distinzione fra questi due partiti (sic!) potrà impedire che pace sia turbata.

Dopo il ritorno alla Francia dell'Alsazia Lorena ed assicurazione possesso Stretti da parte sovietica attraverso protettorato turco, Francia e U.R.S.S. sono nettamente e senza riserve per mantenimento dello statu quo.

È questo -mi diceva enfaticamente Alphand -che patto orientale vuole affermare ed assicurare signatari obbligo assistenza (militare) mutua.

Eventuale rifiuto tedesco ad accettare un simile patto riporterebbe quindi Francia alla necessità stipulare assistenza mutua (leggi alleanza) con sola Russia.

Su questo punto Lavai e Litvinov (ormai completamente entrati -sempre secondo Alphand -uno nella confidenza dell'altro) si sono chiaramente incontratl e da esso non recederanno minimamente.

Bisogna quindi -concludeva collega francese -che nuovo patto austriaco

non tocchi tutto questo ».

Linguaggio quest'ambasciatore Francia (ritornato, ripeto, da Parigi appena

il 5 corrente) mi è parso sorprendente.

Vero è che Alphand, creatura di Herriot, e sostenitore convinto necessità

alleanza militare franco-sovietica, pone nella difesa protocollo Litvinov-Laval

-che stima fruttifero e coronamento proprie fatiche -un accanimento tutto

personale.

D'altra parte sue parole mi fanno presagire possibilità che protocolli di

Roma vengano trovarsi esposti ad una controffensiva da parte di tutti coloro

che vi vedono una concezione incompatibile con patto orientale e sono partigiani

delle rifiorenti tendenze ad aggruppamenti contrapposti ed alleanze militari.

Tutto ciò deve interessare molto anche Gran Bretagna in quanto nuova

prova che patto orientale è soltanto camouflage alleanza franco-sovietica.

Nella mia conversazione con Litvinov ha tornato a fare capolino preoccu

pazione adesione polacca (affermata da fonte francese come dovuta all'Italia)

che io ho peraltro controbattuto con argomento romeno.

Riassumendo situazione per quanto riguarda Litvinov, sembrami che questi

sia partito da Mosca con preoccupazione che patto danubiano possa, diretta

mente o indirettamente, compromettere patto orientale e situazione internazionaie U.R.S.S. e soprattutto combinazione franco-sovietica che egli sperava avere consolidata e posta al di sopra di ogni altra combinazione europea.

Litvinov deve temere che riavvicinamento franco-tedesco, ormai profilantesi all'orizzonte, possa più facilmente verificarsi su terreno patto austro-danubiano che su quello patto orientale, pertanto indebolendo situazione sovietica.

Sono pertanto sicuro che Litvinov premerà sulla Francia perché questa si rifiuti addivenire ad un accordo con Germania prima accettazione patto orientale esiga mantenimento promessa in questo senso che sembrerebbe essere stata ottenuta da Inghilterra.

Neppure mi meraviglierei se U.R.S.S. tentasse persuadere Francia, nello sviluppo dei due patti, ad assicurare la precedenza a quello orientale.

Situazione mi sembra delicata e meritevole di essere seguita da presso, specialmente sorvegliando movimenti nuove conversazioni ginevrine LavalLitvinov.

(l) -Con R.rr. 115/45 del 9 gennaio Bast!anini comunicò: «Beck non ha fatto alcun cenno alla Germania e tantomeno ha fatto dipendere l'adesione del suo paese da quella del Re!ch. Il fatto va rilevato prima di tutto perché dimostra la sincerità delle re!terate d!ch!araz!on! polacche di non aver preso impegni con la Germania a favore dell'Anschluss ed inoltre perché è innegabile l'influenza che un tale atteggiamento potrà avere -allo stato attuale del rapporti polono-tedesch! -sulle determinazioni di Berlino ~. (2) -Cfr. n. 398.
410

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, PIGNATTI, E A WASHINGTON, ROSSO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 33/c. R. Roma, 8 gennaio 1935, ore 24.

Con telegramma diretto Ginevra in data 3 gennaio u.s., Governo etiopico ha informato che nostre truppe avrebbero aggredito 28 dicembre scorso guarnigione etiopica in prossimità Gherlogubi e starebbero avanzando su questa località. Per norma linguaggio di V. E. informo che notizia è destituita di qualsiasi fondamento. Trattasi di nostre pattuglie di collegamento fra due nostri posti fissi le quali, fatte segno a fucilate, risposero al fuoco senza tuttavia ingaggiare combattimento. Fatto non riveste alcuna importanza particolare e non esce da episodi ripetutamente verificatisi in passato in quella regione.

411

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 8 gennaio 1935.

Il Signor Von Hassell è venuto a chiedermi qualche informazione sulle trattative con Lavai. Gli ho dato un resoconto sommario e ci siamo intrattenuti particolarmente sulla questione dell'Austria.

Per quanto riguarda la procedura per l'applicazione della deliberazione relativa all'Austria, ho detto che si sarebbe certamente tenuto conto della situazione particolare della Germania, senza potergli precisare la via esatta che seguiremo. È molto probabile che la Germania sarà interpellata prima di qualsiasi altro Paese.

Per la questione del disarmo gli ho detto che siamo rimasti d'accordo su tre punti:

1°) -non si può legittimare una rottura unilaterale dei trattati; 2°) -non si ritorna sul principio della « Gleichberechtigung:. già riconosciuta; 3°) -è sommamente desiderabile trovare una soluzione di insieme con le potenze maggiormente interessate.

L'Ambasciatore ritiene che la Germania non abbia nulla da obiettare a tali punti.

412

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 8 gennaio 1935.

Su sua domanda gli do' qualche ragguaglio relativo alle conversazioni con La val.

Si interessa quasi esclusivamente della questione dell'Austria.

Mi dice che, secondo le sue impressioni, il Governo polacco non sarebbe alieno di aderire all'accordo. Vorrebbe però che non si facesse distinzione fra alcune grandi potenze e altri Paesi fra cui la Polonia.

Gli dico che secondo il progetto tale distinzione non esiste affatto per quanto riguarda il patto di non ingerenza. Per quanto riguarda la consultazione ci sono due tempi determinati da esigenze di ordine pratico.

Consegno all'Ambasciatore copia del processo verbale per l'Austria a titolo strettamente confidenziale (1).

413

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH,

APPUNTO R. Roma, 8 gennaio 1935.

Secondo le istruzioni di V. E. ho veduto stamane il Signor Léger e il Signor Saint Quentin.

(l} Si pubblica qui un brano del t. per corriere 732/028 R. di Rocco del 14 febbraio: « Benes ha pure voluto lnformarml che -secondo sue informazioni -la Polonia avrebbe deciso di far mostra di aderire all'accordo per l'indipendenza dell'Austria perché sarebbe convinta che esso non si real!zzerà; contrarla, nel suo attuale indirizzo pol!tlco, all'indipendenza dell'Austria, la Polonia non Interverrebbe nel negoziati relativi che per creare imbarazzi e difficoltà; per cui la proposta ltal!ana di far entrare la Polonia nelle trattative sarebbe stata inspirata a previsioni errate. Naturalmente lascio a Benes tutta la responsab111tà di queste confidenze che hanno sapore di insinuazione e sulle quali non mi sono in alcun modo espresso».

Salvo l'approvazione dei rispettivi Ministri, saremmo rimasti d'accordo sul seguenti punti:

a) -dichiarazione generale (patto di consultazione ecc.) -Nessuna difficoltà a pubblicarla.

b) -processo verbale (Europa centrale ed Austria). In conformità della intesa intervenuta, il Governo italiano ed n Governo francese daranno senz'altro comunicazione del processo verbale ai Governi interessati. I rispettivi rappresentanti all'estero potrebbero procedere di comune accordo. Se ne potrebbe dare comunicazione pure all'Inghilterra, agli Stati Uniti, al Belgio, alla Russia, alla Turchia e alla Spagna. Siccome è .da prevedere che una volta data comunicazione del processo verbale agli altri Governi, esso sarà reso immediatamente pubblico non fosse che per via di indiscrezione, sembrerebbe opportuno di farne comunicare fin d'ora il contenuto alla stampa anche per evitare distorsioni interessate da parte altrui.

c) -protocollo sul disarmo. Il documento, essendo di natura confidenziale, siamo rimasti d'accordo di annotare in relazione il testo firmato ieri. Il Protocollo sarebbe da comunicare soltanto all'Inghilterra, mettendo in evidenza che la comunicazione è fatta a titolo confidenziale.

Alla stampa e agli altri Governi si potrebbe !imitarci a dire che esso:

-si richiama alla dichiarazione sull'eguaglianza dei diritti dell'll dicembre 1931; -che i due Governi sono rimasti d'accordo che nessun paese si può liberare unilateralmente dalle obbligazioni del trattato in materia di armamenti; -che, ove tale eventualità si dovesse verificare, il Governo italiano e il Governo francese si consulterebbero.

Nel fare la comunicazione al Governo inglese, si dovrà indicare che questi sono invece i limiti della comunicazione fatta agli altri Governi e alla stampa.

d) -accordo generale per l'Africa (frontiera della Libia e dell'Eritrea). Nessuna difficoltà per la pubblicazione dei testi.

e) -protocollo annesso (libero passaggio di Bab el Mandeb) -Segreto.

f) -Tunisia -Nessuna difficoltà per la pubblicazione dei testi (1).

g) -Etiopia. Sia la lettera relativa al « désistement ~ sia quella relativa alle cessioni della ferrovia, ecc. essendo segrete non saranno comunicate nè alla stampa nè agli altri Governi.

Sia alla stampa che agli altri Governi si potrebbe invece fare una comunicazione del seguente tenore, che abbiamo insieme concordato:

«Dans l'esprit général de collaboration amicale que les a amenés à règler définitivement toutes les questions pendantes entre eux au sujet de leurs pos

sessions africaines et dont continueront à s'inspirer Ieurs rapports dans ce domaine, Ies deux Gouvernements se sont mis d'accord pour développer Ies relations économiques entre leurs territoires metropolitaines, leurs possessions et les pays avoisinants.

Ils prendront les dd.spositions nécessaires pour aménager les meilleures conditions de cette collaboration entre autres par l'élargissement de la participation italienne dans le Chemin de fer franco-éthiopien ~.

Sono rimasto d'accordo che avrei fatto conoscere per telegramma il benestare o le osservazioni di V. E.

(l) Non si pubblica un appunto di Buti per Suvich del 10 gennaio su un colloquio con Dampierre a proposito della pubblicazione dei testi degli accordi. Su tale appunto Suvich ha annotato: «Visto da s. E. il Capo del Governo. È stato comunicato a Dampierre che siamo d'accordo, tranne per il protocollo annesso (Bab-el-Mandeb) che preferiremmo non venisse pubblicato neanche in seguito. 10-1-XIII ».

414

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI

L. 125. Londra, 8 gennaio 1935.

Ho messo insieme, in un rapporto che parte stasera (l), alcune mie impressioni generali sull'atteggiamento inglese nella questione di Ual-Ual. Ho cercato di essere il più semplice che fosse possibile.

Con questo episodio di Ual-Ual sono cominciate a venire fuori delle cose interessanti sull'atteggiamento generale dell'Inghilterra negli affari dell'Etiopia. Questo atteggiamento è stato rilevato più volte dalla nostra Legazione a Addis Abeba sia pure in una forma diversa da quella nella quale, come vedrai, la rilevo io. Mi pare che in sostanza quello che gli inglesi desiderano è che i rapporti Itala-Abissini non vengano a porsi sopra una base la quale obblighi l'Inghilterra, per [non] rinunciare alla collaborazione coll'Italia, a modificare la sua attuale posizione a Addis Abeba.

Ti mando qui acclusa una corrispondenza del Daily Telegraph che ho riassunto nel mio telegramma n. 2 (2) e che mi sembra interessante per le affinità che ho potuto riscontrare fra i giudizi del corrispondente del Daily Telegraph sulla situazione abissina e quelli che dà il Foreign Office. Io qui non ho mancato come hai visto di mostrare al Foreign Office che l'azione inglese non è per noi soddisfacente. L'ho fatto, com'è naturale, con molta prudenza, ma il Foreign Office era già al corrente dall'Ambasciata Britannica a Roma del nostro malcontento; nè io ho cercato di attenuare questa impressione perché ho visto che, a parte l'incidente di Ual-Ual, questo stato d'animo è favorevole per quella discussione generale sulla reciproca situazione dei due Paesi in Etiopia che noi desideriamo.

Thompson mi ha informato oggi che egli accompagnerà a Ginevra Sir John

Simon e che in questa occasione desidererebbe appunto avere uno scambio gene

rale di idee o con te o con quel funzionario che sarà mandato a Ginevra.

Thompson è nuovo nell'Uffico Africano e cerca di orientarsi. Vi ha trovato un'ere

dità che nel complesso non mi sembra favorevole a noi; delle conversazioni con

lui a Ginevra saranno perciò molto utili. Ho pensato per mio conto utile ricostruire il colloquio che ho avuto con lui il 27 dicembre scorso (l) e te lo mando; esso non aggiunge niente naturalmente a quello che tu sai ed a quello che ho scritto, ma penso che comunque potrebbe esserti utile nelle conversazioni che avrai col Thompson.

(l) -Cfr. n. 388. (2) -Cfr. n. 368.
415

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. 158. Londra, 8 gennaio 1935.

Dai miei telegrammi sulla controversia nell'Abissinia avrai rilevato quanto interessamento il Governo britannico sia andato prendendo alla questione. Sir John Simon pensa di occuparsene personalmente a Ginevra. Egli, come sai, é avverso a una discussione in seno al Cons,iglio (2), e la sua idea è che la cosa più conveniente è che l'incidente sia regolato con dei negoziati diretti fra l'Italia e l'Abissinia, fuori della procedura della Società delle Nazioni. Questo, come sia, ha detto Vansittart, anche nell'interesse dei futuri buoni rapporti itala-abissini. In realtà agli inglesi ripugna l'idea di una discussione in seno al Consiglio con il Governo di uno Stato di colore.

In questa occasione il Foreign Office desidera avere anche uno scambio di idee generali sulla politica comune dei due paesi in Etiopia. Per questo Simon si è fatto anche accompagnare da Thompson che attualmente si occupa delle questioni dell'Africa Orientale.

Al Foreign Offtce si ha n senso che noi non siamo rimasti soddisfatti di quanto l'Inghilterra ha fatto in questa occasione e vi è, mi pare, il desiderio di darci dei chiarimenti e delle assicurazioni. Io non ho fatto nulla per distruggere l'impressione che noi fossimo malcontenti, e, tenendo presente quello che tu avesti a dirmi prima che io partissi da Roma, ho anzi molto incoraggiato Thompson ad uno scambio di idee con la nostra Delegazione a Ginevra.

Per quello che riguarda la questione del confine tra l'Etiopia e la Somalia, la posizione dell'Inghilterra è quella che Sir Eric Drummond ti espose nella sua lettera del 4 dicembre (3). Questa questione gli inglesi ritengono debba essere regolata direttamente tra l'Italia e l'Etiopia. Le carte dello Stato Maggiore Britannico -del quale ti accludo qui la più recente -segnano n nostro confine a 100 Km. circa a sud di Ual-Ual e danno una nozione del Sultanato di Obbia assai più limitata di quella che non diamo noi. Detto questo aggiungo subito che gli inglesi non hanno alcuna obiezione a che noi rivendichiamo e otteniamo dall'Abissinia delle zone più vaste nell'Ogaden. Come ho messo in chiaro nel mio rapporto (4), gli inglesi non hanno in quel paese che un solo interesse e sono i

famosi diritti di abbeverata e di pascolo di cui le tribù del British Somaliland pare godano da lunghissimo tempo. Una volta che questi diritti siano salvaguardati al «Colonia! Office » non importa nulla che le questioni territoriali nella zona contestata tra noi e l'Abissinia siano risolte a nostro favore. Io mi sono fatto dire e ripetere questo più volte. Se il Colonia! Office tiene attualmente un atteggiamento, in sostanza poco favorevole verso di noi, è perché esso è persuaso che noi vogliamo privare i suoi Somali di questi dirdtti e che, in attesa di un regolamento delle questioni, terremo intanto chiusa la frontiera.

Perché l'Inghilterra si disinteressi di queste questioni -il disinteresse relativo naturalmente che può avere una potenza coloniale per i territori adiacenti ai suoi possedimenti -non vi è che da venire ad un chiarimento con essa ed assicurarla che questi famosi pastori del Somaliland potranno godere nel territorio che ci verrà riconosciuto dei diritti che essi credono di avere.

Quanto alla nostra preoccupazione che gli Inglesi a poco a poco costituiscano nell'Ogaden -attraverso una delimitazione geografica dei diritti di pascolo -una zona di influenza che si sovrapponga per cosi dire alla nostra, questo punto mi sembra che sia stato ormai ben chiarito da quanto al Foreign Office mi è stato detto; non dovrebbe essere difficile trovare una formula per non restare estranei a un accordo anglo-etiopico.

(l) -Cfr. n. 387, allegato. (2) -La notizia era stata comunicata da V!tett! con t. 98/11 R. dello stesso 8 gennaio, non pubblicato. (3) -Cfr. D B, vol. XIV, pp. 41-42. (4) -Cfr. n. 388.
416

IL CAPO DELL'UFFICIO DI MOGADISCIO DEL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE, MAZZI, AL GOVERNATORE DELLA SOMALIA, RAVA (l)

N. s. 163. Mogadiscio, 8 gennaio 1935.

Trasmetto copia di un rapporto compilato in data 21 dicembre u.s. dal ~ostro Addetto militare in Etiopia (2), circa i recenti avvenimenti dell'Ogaden e la situazione creatasi in conseguenza degli stessi.

Di quanto segnala l'Addetto militare nel suo interessante rapporto, sottolineo in modo particolare:

-l'atteggiamento inglese palesemente a noi ostile;

-la possibilità che le forze abissine radunate in Ogaden, dopo più o meno breve periodo di inazione, facciano un colpo di testa e ci attacchino anche contro la volontà dell'Imperatore e quella degli stessi capi sul posto.

Il mio pensiero -già da lungo tempo manifestato alle Autorità in indirizzo -collima perfettamente con quello dell'Addetto militare. Aggiungo che la eventualità di un attacco da parte delle forze abissine radunate in Ogaden, anche contro la volontà dei capi responsabili, lo ritengo ormai non solo possibile, ma di indubbia attuazione.

(l) -Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (2) -Il rapporto del colonnello V. Ruggero non si pubblica.
417

IL DIRETTORE DEL GIORNALE D'ITALIA, GAYDA, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E INFORMAZIONE, CIANO (l)

L. P. Roma, 8 gennaio 1935.

A scopo informativo:

Oggi è venuto a trovarmi in redazione il Ministro di Ungheria, conte Villani. Egli, con l'evidente pretesto di ringraziarmi dell'opera del mio giornale durante le ultime divergenze ungheresi-jugoslave, mi ha trattenuto in una lunga conversazione sugli accordi itala-francesi firmati ieri a Roma.

Il conte Villani ha detto che, mentre il Governo e l'opinione pubblica ungheresi avevano molto apprezzato l'attitudine dell'Italia nel conflitto con la Jugoslavia, erano invece, ora, notevolmente disorientati per il riavvicinamento dell'Italia con la Francia. Il conte Villani personalmente e il Governo ungherese non dubitano che la politica mussoliniana resterà fedele all'Ungheria e proteggerà le sue aspirazioni nazionali, ma l'opinione pubblica ungherese, meno orientata, teme che il riavvicinamento itala-francese possa significare un raffreddamento della politica italiana nei riguardi dell'Ungheria.

Il Governo ungherese è convinto che si è di fronte ad una latente crisi fra la Francia e la Piccola Intesa. Una parte almeno della Piccola Intesa sente sempre più l'attrazione della Germania. Perciò la Francia «pagherà cara~ la conservazione dei suoi attuali collegamenti con la Piccola Intesa. Queste necessità politiche francesi potrebbero influire anche sull'attitudine dell'Italia nei riguardi dell'Ungheria.

Il conte Villani ha poi detto che il Governo ungherese potrà aderire al progetto della convenzione di non ingerenza in Austria, ma a certe condizioni. Tali condizioni riguarderebbero talune garanzie per le minoranze ungheresi di oltre confine. Il conte Villani ritiene che tali condizioni siano necessarie, tenuto conto del fatto che l'originario progetto mussoliniano conteneva appunto un riferimento alle minoranze: riferimento che è stato soppresso per volontà della Francia, la quale si è preoccupata della reazione dei paesi della Piccola Intesa.

Parlando della Germania, il Villani ha detto di ritenere che essa non aderirà senz'altro al progetto della convenzione austriaca, perché essa non usa partecipare ad accordi collettivi, preferendo gli atti bilaterali. La Germania potrebbe piuttosto fare una dichiarazione che chiarisca la sua posizione nei riguardi dell'Austria.

Il conte Villani ha infine soggiunto che, secondo le informazioni del Governo ungherese, vi è da ritenere che la Germania abbia mutato le sue direttive di azione nei riguardi dell'Austria. Non tenterà più sollevazioni o atti violenti, ma lavorerà a rinforzare il partito nazista in Austria, che -secondo le impressioni ungheresi -si rivela già forte. Nel caso in cui il partito nazista prendesse il

potere, la politica di gravitazione della Germania verso l'Austria avrebbe fatto un deciso passo innanzi, senza bisogno di Anschluss, e l'accordo ora progettato perderebbe la sua efficienza.

Questo è il riassunto preciso delle affermazioni del conte Villani, emerse da una lunga conversazione.

(l) Da A C S, Ministero della Cultura Popolare.

418

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 126/3 R. Ankara, 9 gennaio 1935, ore 17,10 (per. ore 24).

Su preghiera di Tewfik Ruschdi bey che voleva parlarmi prima di proseguire per Ginevra. mi sono fermato Stambul.

Ho avuto ier l'altro sera un lungo colloquio col ministro affari esteri.

Ecco l'essenziale:

a) Ha veduto con favore il processo che portava al riavvicinamento francoitaliano e al mantenimento della pace europea; b) Per questa finalità ha costantemente consigliato gli alleati balcanici a non porre il minimo impedimento a tale riavvicinamento, anzi a favorirlo;

c) Però ogni altro sviluppo che derivasse dall'accordo franco-italiano e che dovesse costituire nuovi impegni da parte [paesi] più piccoli, non poteva da lui essere accettato (allo stato attuale di quanto sapeva) poiché avrebbe condotto ad una forma accerchiamento della Germania, .fatto al quale egli doveva opporsi con ogni mezzo;

d) Perciò sopratutto alla Jugoslavia aveva fatto sapere suo veto a qualsiasi nuovo impegno jugoslavo nei confronti della indipendenza austriaca. Jugoslavia non poteva allo stato attuale degli accordi con la Turchia prescindere dall'assentimento turco. Poteva però sempre denunziare gli accordi;

e) Del resto indipendenza austriaca non era affatto minacciata. L'Austria (secondo asserite dichiarazioni a lui del ministro d'Austria in Angora) non chiedeva garanzia di alcuno, la Germania chiedeva alla Turchia un atteggiamento neutrale, i Balcani e sopratutto la Grecia erano ostilissimi a qualsiasi nuovo impegno;

f) In conclusione egli con la Jugoslavia e gli altri Stati balcanici non poteva assumere che un contegno di neutralità analogo all'inglese; Francia e Italia del resto non gli avevano chiesto alcun concorso attivo e nulla risultagli sulla preparazione accordi.

A fortiori egli non poteva prendere parte attiva all'accordo suggerito per l'Austria poiché tale accordo assunto eventualmente dalla Jugoslavia avrebbe avuto ripercussioni sulla Intesa Balcanica, quindi sulla TuTchia, ripercussioni che egli non intendeva sopportare;

g) In tal senso egli si esprimerebbe a Belgrado nella sosta che fa colà oggi; h) in ogni caso non poteva immaginare garanzia di una parte dell'Europa centrale senza uguale garanzia per tutti e perciò avrebbe tolto ogni opposizione a tale accordo solo se si fosse proceduto anche ai negoziati per la conclusione del noto patto orientale e del Patto Mediterraneo. I negoziati per tali tre patti avrebbero potuto essere anche successivi.

Il presente telegramma continua col n. di protocollo successivo (1).

419

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 134/4 R. Ankara, 9 gennaio 1935, ore 19,40 (per. ore 2 del 10).

Seguito al n. precedente (2).

Premesso che non avevo alcuna paTticolare ipformazione salvo quella di stampa, ho principalmente replicato:

a) Che egli errava profondamente quando credeva che noi ci proponevamo di addivenire all'accerchiamento della Germania. Tutta la costante politica dell'Italia dimostrava in modo inoppugnabile il contrario;

b) Che non esisteva in Europa alcuna situazione similare a quella dell'Austria. Se questa non e'ra attualmente minacciata nella sua indipendenza, lo era stata, e nulla escludeva che tale minaccia non si rinnovasse.

Perché uguali garanzie per gli altri Stati? Non ne vedevo alcuno minacciato finora da alcun altro.

Le ombre e gli spauracchi non potevano fare oggetto di esame politico.

c) Certo che Francia e Italia potevano provvedere a loro accordi anche senza tenere conto di altri Stati sempre che da questi nessuno fosse minacciato o colpito (vi ho insistito perché egli parlava come senza il suo esplicito consenso Italia e Francia non potessero neanche intavolare alcuna discussione) non mi rendevo conto della sua opposizione sostanziale alla linea politica di due grandi Potenze altro che legandola ad una linea antitaliana sempre più visibile adottata dalla sua politica;

d) Vi erano informazioni di stampa che indicavano che Jugoslavia con la Piccola Intesa era già interamente concorde col programma di Parigi. A chi egli avrebbe quindi fatto opposizione?

e) Non mi sembrava esatto che l'Inghilterra avesse assunto un atteggiamento neutrale. La dichiarazione inglese sulla indipendenza austriaca era stata a suo tempo comune e contemporanea alla franco-italiana e l'Inghilterra aveva mostrato ora tutto il suo non equivoco favore verso i negoziati franco-italiani in tutti i loro aspetti.

33 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Il significato essenziale del discorso di Tewfik Ruschdi bey è:

l) Preoccupazione assoluta per spirito svuotato degli accordi fatti con Jugoslavia e dell'appoggio francese per difesa da una presunta nostra aggressività;

2) Amor proprio offeso per la mancanza di qualsiasi comunicazione da Parigi e da Roma.

Ciò che egli sa:peva era soltanto da Belgrado.

(Tewfik Ruschdi bey è caduto in contraddizione più volte ma specialmente su questo punto, tuttavia la mia impressione è che proprio per la trascuranza di Parigi egli si sia sentito ferito);

3) ... (l) degli impegni generali ... (l) balcanico e particolarmente con la Jugoslavia per opporsi tacitamente nuovo patto di garanzia austriaca che infirmerebbe la solidarietà della intesa balcanica;

4) Volontà di dare alla Intesa balcanica l'aspetto di un blocco che non può decidere che in solido e deve figurare come una unità politica; 5) Gli accenni alla minacciata potenza militare germanica sono stati ripetuti.

«La Jugoslavia, egli ha detto, non resisterebbe tre settimane all'urto militare germanico». Al che ho chiesto: «Credete che resisterebbe di più di fronte ad una altra qualsiasi Grande Potenza? »;

6) Ma sopra tutto traspariva dal suo colloquio una grave preoccupazione personale poiché se il blocco balcanico si scindesse di fronte alla questione austriaca e la Jugoslavia principalmente in uno od altro modo seguisse i consigLi francesi ed entrasse con noi in diversi... (l) fatica negli ultimi due anni che sarebbe irrimediabilmente colpita.

Infatti egli ha anche affermato con forza che la Jugoslavia non potrebbe senza il suo consenso intendersi con noi. Prego v. E. telegrafarmi quanto riterrà del caso per mia norma di linguaggio nei primi colloqui che avrò con Chukri Kaya.

(l) -Cfr. n. 419. (2) -Cfr. n. 418.
420

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI

T. 39 R. Roma, 9 gennaio 1935, ore 23.

(Per Londra) Ho telegrafato alla R. ambasciata a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Mi riferisco all'iniziativa inglese per far partecipare Germania Consiglio Società Nazioni per la discussione sulla Saar. Prego comunicare Lavai che secondo nostro avviso passo confidenziale a Berlino potrebbe essere fatto

sabato da ambasciatore inglese (il quale potTebbe dire interpellare Governo tedesco d'accordo con Italia e Francia) mentre nella giornata di domenica potrebbe farsi passo ufficiale da parte dell'ambasciatore d'Inghilterra a cui potrebbero associarsi ambasciatori Italia e Francia.

(l) Gruppi indecifrati.

421

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. RR. S. P. 41/12 R. Roma, 9 gennaio 1935, ore 24.

Condividendo le considerazioni esposte da V. S. nei suoi telegrammi diretti personalmente al conte Vinci (l) circa la necessità di una perfetta unità d'azione e direttive, prego dare disposizioni perché l'attività degli organi della nota organizzazione se pure non sospesa se del caso del tutto, sia ristretta nel limite preciso dei compiti di ordine tecnico informativo affidatile, sempre in ogni modo sotto il diretto controllo di codesta R. legazione, e sia esclusa ogni altra attività che comunque ne esorbiti. È necessario che gli inconvenienti da

V. S. segnalati siano senz'altro stroncati.

È inteso che tutta l'azione di ordine politico dipende e fa capo esclusivamente alla R. legazione; il R. ministro di cui è imminente la partenza riceverà precisi ordini in proposito.

Prego comunicare quanto precede al R. addetto militare invitandolo a riferire alle autorità militari soltanto in materia prettamente tecnica militare astenendosi da qualsiasi ingerenza o segnalazione in materia comunque politica e sospendendo altre iniziative.

Ministero della guerra e ministero colonie informati. Prego assicurare.

422

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 179/06 R. Vienna, 9 gennaio 1935 (per. il 12).

Una personalità politica mi ha dato, in via del tutto confidenziale, le notizie che qui appresso riferisco. Esse provengono da un confidente berlinese, cui qui si presta la maggiore fiducia:

«In occasione della sua ultima visita a Berlino, il signor von Papen, è stato ricevuto tre volte dal cancelliere Hitler. Egli ha fatto visita anche al ministro dell'economia Schacht ed al ministro degli esteri von Neurath.

In tali conversazioni .gli furono date precise istruzioni, del seguente contenuto: durante i due prossimi anni non dovrà essere intrapreso alcunché che possa portare pregiudizio alla politica estera del Reich. Per detta ragione dovrà

essere evitato tutto quanto possa destare l'impressione che la Germania si ingerisce nelle cose interne dell'Austria. Il cancelliere Hitler non tenterà neanche di intervenire nell'attuale crisi del partito nazionalsocialista austriaco, sebbene egli sia persuaso che una sola sua parola basterebbe a ristabilire l'ordine. Questa parola egli non la dirà per ragioni di politica estera, tanto più che egli è convinto di poter raggiungere per altra via gli scopi che si propone.

Naturalmente, il cancelliere del Reich ha dichiarato al signor von Papen che egli non sì è affatto adattato all'idea dell'indipendenza austriaca. La Germania non· deve sottrarsi ai suoi impegni verso i membri del partito nazista austriaco e dovrà quindi far di tutto, malgrado le attuali difficoltà valutarie, per far giungere aiuti alle vittime ed ai perseguitati nazionalsocialisti austriaci. Ciò pertanto il ministro dell'economia Schacht ha acconsentito a porre a disposizione la somma di 200.000 marchi al mese.

La distribuzione di questa somma mensile sarà affidata all'ing. Retnthaler, il quale, per il fatto di essere l'unico a disporre di denaro, acquisterà un'influenza determinante sui suoi compagni di partito. In tal guisa anche le attuali difficoltà interne ed i dissidi del partito nazionalsocialista austriaco potranno essere convenientemente e rapidamente composti (1).

Al von Papen è stata altresì espressa la speranza che la recente fondazione di gruppi nazisti fra i tedeschi dimoranti 1n Austria sia stata in generale interpretata nel senso che la Germania non intende ingerirsi nelle faccende altrui.

Infine è stata prevista una mitigazione del divieto di transito nei confronti delle regioni alpine dell'Austria occidentale, dove particolari mansioni verrebbero assegnate al club alpino austro-tedesco.

Facilitazioni per quanto concerne la tassa di uscita dovrebbero essere concesse soltanto a coloro che si impegnassero a recarsi nelle regioni alpine orientali austriache e dimorassero in determinate località ed alloggi».

(l) Cfr. nn. 311 e 392.

423

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'INCARICATO D'AFFARI DI ETIOPIA A ROMA, AFEVORK (2)

APPUNTO. Roma, 9 gennaio 1935.

L'Incaricato d'Affari di Abissinia riferisce al Capo del Governo che il suo Imperatore ha dovuto ricorrere con dispiacere alla Società delle Nazioni avendo l'Italia rifiutato l'arbitrato proposto dall'Abissinia.

n Capo del Governo dice di essere anch'egli desideroso di liquidare l'incidente di Ual-Ual dove noi siamo stati attaccati, e per ciò ha fatto delle propo

ste, accettate le quali, egli procederà senz'altro alla delimitazione della frontiera.

Il Signor Afevork Ghevre insiste sull'arbitrato che farà risolvere rapidamente l'incidente e calmare gli animi da una par<te e dall'altra. Gli abissini parlano di un possibile attacco italiano. Sa che anche da parte italiana si parla di un eventuale attacco abissino contro l'Eritrea. Ora egli può assicurare nel modo più assoluto, facendo qualsiasi giuramento, che da parte abissina non c'è nessuna intenzione di attaccare l'Italia.

Il Capo del Governo osserva che però l'Abissinia si sta armando febbrilmente.

L'Incaricato d'Affari risponde che questo dipende dal fatto che l'armamento era antiquatbsimo e che l'Abissinia vuole rimodernarlo; ciò che è nei suoi diritti come in quelli di qualsiasi paese indipendente.

Il Capo del Governo riafferma che non ha nessuna intenzione aggressiva contro l'Abissinia e che risolto, secondo le sue richieste, l'incidente di Ual-Ual, si potrà procedere alla delimitazione della frontiera, il che potrà evitare il ripetersi di incidenti in avvenire.

(l) -Con t. per corriere 180/07 R. dello stesso 9 gennaio Preziosi riferì un colloquio con Schuschnigg sulla situazione interna austriaca. Se ne pubbl!ca il seguente brano: «Egl! però si è astenuto dal farmi alcun accenno alla notizia contenuta nel documento confidenziale di cui al mio telegramma per corriere n. 06, relativamente ai 200 mila marchi mensili che il "'nazionale" Reinthaller riceverebbe direttamente da Berlino. Di tale questione m! ha parlato invece il barone Berger, confidandomi che egli e Starhemberg stanno facendo tutto il loro posslb!le presso 11 cancelliere per distorgl!erlo una volta per sempre dall'avere contatti con detto "'pericoloso" personaggio ». (2) -Al colloquio era presente Suvich che redasse l'appunto.
424

IL CAPO DELL'UFFICIO ALBANIA, FARALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 gennaio 1935.

L'Ufficio Albania ritiene suo dovere richiamare l'attenzione della E. V. su quanto segue:

In base agli elementi in possesso dell'Ufficio, non risulta che in questo momento vi sia particolare urgenza di concedere forti. somminlstrazion! 1. danaro al Governo albanese. È ovvio che una tale concessione non sarebbe scevra di pericoli; tutto il passato sta a dimostrare come Re Zog soglia mostrarsi più intransigente e più restio ad accedere alle nostre richieste, non appena che un generoso e gratuito aiuto da parte nostra lo abbia sollevato dall'imbarazzo finanziario in cui si trovava. Naturalmente non rientrano negli elementi in possesso dell'Ufficio le informazioni di cui al telegramma Ministeriale 2 corrente

n. 8/1 (l) che non sono note allo scrivente.

Per quanto concerne la richiesta del Governo albanese di 2-3 milioni dl franchi oro (ridotta nella proposta del Ministro Indelli ad un milione e mezzo di franchi oro, cioè a poco meno di mei mild.oni di lire italiane) sembra all'Ufficio che non ci convenga mostrare troppa condiscendenza.

La concessione di tale aiuto avrebbe infatti una importanza speciale non solo per l'entità della somma in se stessa (resa più rilevante dall'attuale stato delle finanze albanesi) ma anche perché significherebbe che il Governo italiano ammette di dover provvedere a sanare tutto l'attuale deficit del bilancio albanese senza che ciò lo liberi dagli obblighi dipendenti dalla concessione del

prestito decennale, e verrebbe interpretato come un esplicito impegno a dare ulteriori e maggiori contributi in un prossimo avvenire. Tale aiuto avrebbe poi politicamente anche una maggiore gravità per il fatto che contemporaneamente alla sua richiesta sono stati compiuti dal Governo albanese atti che -come riferisce lo stesso Ministro Indelli -non possono non interpretarsi come odiose pressioni (minaccia di dare il monopolio dei tabacchi agli jugoslavi, di ridurre gli effettivi dell'esercito albanese, campagna della stampa contro la Banca Nazionale, ecc.). II cedere avvalorerebbe ancora maggiormente la convinzione di Zog che egli può ottenere da noi ogni cosa senza ulteriori sacrifici colla sola minaccia di colpire i nostri principali interessi in Albania.

Comunque, qualora Sii ritenesse necessario accedere, anche in parte, alla richiesta albanese, è opinione dell'Ufficio che il nuovo sussidio dovrebbe essere subordinato ad una contropartita proporzionata e più adeguata di quelle cui accenna il Ministro Indelli: occorrerebbe cioè ottenere almeno, e, prima del versamento del milione e mezzo, il rinnovo della Convenzione dei servizi aerei e la soluzione di tutte le questioni pendenti con l'A.I.P.A. A tale proposito si deve far presente che già l'anno scorso il Governo albanese si era dimostrato disposto ad accogliere tutte le richieste dell'A.I.P.A. a condizione che questa gli facesse un prestito di un milione e mezzo di franchi ora (si parlava cioè di un prestito e non di un contributo gratuito come nel caso in questione).

Non converrebbe invece, ad avviso dell'Ufficio scrivente, includere nella nostra richiesta l'apertura delle scuole professionali, giacché questa rappresenta un interesse maggiore per gl:i albanesi che per noi, e converrebbe attendere che fosse Re Zog a richiedercela anziché noi ad offrirgliela.

Per quanto riguarda infine il versamento di 400.000 franchi oro, autorizzato con telegramma odierno, l'Ufficio scrivente, riterrebbe opportuno che esso non solo debba effettuarsi unicamente in caso di assoluta ed urgente necessità ma debba ancora essere convenientemente valorizzato con Re Zog evitando comunque che possa essere interpretato come un atto di eccessiva condiscendenza

o debolezza da parte nostra.

(l) T.rr. n. 8/1 P. R., non pubblicato.

425

. . . (l) AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

EsPREsso 3631. Roma, 9 gennaio 1935.

La situazione attuale sulla frontiera somala-etiopica in seguito all'inci

dente di Ual-Ual è giunta ad uno stadio tale che io ritengo mio dovere riassu

merla brevemente all'E. V.

Contemporaneamente alla sua azione diplomatica a Ginevra, il Governo

Etiopico ha adottato importanti provvedimenti militari, che includono la mo

bilitazione parziale non solo nella provincia di Harrar (che fronteggia la re

gione nella quale l'incidente di Ual-Ual è avvenuto) ma anche nelle provincie

dei Sidamo, dei Borana e degli Arussi (che fronteggiano tutti gli altri setton

di frontiera della Somalia Italiana). I telegrammi degli ultimi giorni del Governatore Rava segnalano l'arrivo in prossimità della nostra frontiera di importanti contingenti che sono concentrati nei singoli settori, dai quali si sta facendo sgombrare la popolazione civile.

A questi provvedimenti militari etiopici corrispondono naturalmente i provvedimenti militari nostri sulla linea di frontiera: provvedimenti che consistono essenzialmente nella mobilitazione graduale già ordinata ed avranno il loro principale sviluppo quando saranno colà giunti i mezzi meccanici (carri armati) ora partiti per via marittima (giorno 26 dicembre u.s.).

La situazione, che si concreta nella presenza lungo tutta la frontiera di due linee di armati in stretto contatto, è tale da non poter rimanere statica che per ben piccolo spazio di tempo. Anche perché noi non possiamo, date le nostre condizioni militari, lasciare senza pericolo agli Etiopici la scelta del settore e del momento dell'attacco. D'altra parte è mio dovere chiarire all'E. V. che, con la mobilitazione parziale localmente ordinata e con le altre misure prese Cle quali anche non potranno avere effetto 1n ogni modo che fra un mese data la lontananza dall'Italia), la nostra situazione militare in Somalia è ora tale da consentirci di guardare senza troppe preoccupazioni una azione con gli Etiopici, purché l'ammassamento di costoro non superi una decina di migliaia dd uomini.

Non. ho bisogno di esporre a V. E. che la situazione diventerà invece decisamente a noi favorevole se avremo il tempo di ultimare i provvedimenti di preparazione in corso in Somalia ed in Eritrea, provvedimenti che saranno in atto solo dopo la stagione delle piogge del 1935 e cioè nell'ottobre prossimo.

Se quindi, per una qualsiasi via, si può riuscire a giungere al mese di giugno -mese iniziale della stagione delle piogge e quindi della stasi obbligatoria delle operazioni militari -noi saremmo perfettamente in grado di agire offensivamente con tutta la preparazione necessaria.

Per ottenere questo risultato io, subordinatamente, non vedrei altra utile via che quella di attuare praticamente i concetti da V. E. già espressi sin dalla prima fase dell'incidente e cioè: dire a Ginevra che noi trattiamo col Governo Etiopico da solo a solo; ed insistere energicamente presso il Governo Etiopico perché si giunga a quella delimitazione del confine somalo-etiopico che, per la carenza del Governo di Addis Abeba agli obblighi assunti per trattato, non si è potuta fare dal 1908 sin oggi. Si potrebbe altresi ripetere che però noi insistiamo anche sulla tesi che non è oggi possibile una delimitazione di confini senza la previa soluzione dell'incidente di Ual-Ual e potremmo quindi dire ad Addis Abeba di nominare immediatamente i suoi delegati nella Commissione del confine la quale Commissione itala-etiopica dovrebbe avere come suo primo e preliminare compito appunto la soluzione dell'incidente di Ual-Ual secondo la nostra tesi.

Mi permetto di sottoporre all'E. V. tale proposta in quanto che essa ci farebbe guadagnare il tempo necessario per giungere alla stagione delle piogge ed essere quindi completamente in misura di avere la migliore preparazione per qualsiasi evenienza.

P. S. -Mi pregio d'allegare l'ultimo telegramma riassuntivo della situazione giunto alle ore 18 di oggi 9-1-1935 XIII.

44'1

(l) Il documento è privo di firma; l'autore è con ogni probabil!tà De Bono.

426

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. PER CORRIERE 47 R. Roma, 10 gennaio 1935, ore 18.

Suo rapporto 18 dic. n. 132/1330 (1). Allo stato attuale delle cose questo Ministero ritiene che -anche per non dare impressione di un cambiamento del nostro punto di vista -non ci convenga spiegare eccessivo interessamento per una sollecita risoluzione delle questioni sottoposte al Consiglio della Società delle Nazioni riguardanti le scuole minoritarie cattoliche e grecofone in Albania.

Pertanto l'E. V. potrà associarsi ad eventuali proposte rappresentanti di altri Stati tendenti a procrastinare qualunque decisione, sia rinviando discussione a Ginevra, sia deferendo alla Corte dell'Aja interpretazione circa la caducità

o meno dell'art. 5 della dichiarazione 2 ottobre, sia disponendo supplemento di inchiesta ecc. ecc.

Per quanto riguarda deferimento alla Corte dell'Aja sarebbe utile interpellare prima S. E. Pilotti, per quanto sembri a questo Ministero che giuridicamente non possa sostenersi che impegno contenuto art. 5 suddetto sia abrogabile da atto unilaterale.

Un nostro appoggio all'Albania contro la Grecia nella questione delle scuole grecofone, potrebbe pregiudicare anche la soluzione della questione delle scuole cattoliche (2).

427

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 148/10 R. Vienna, 10 gennaio 1935, ore 19,05 (per. ore 21,50).

Signor Kanya -sulla via di Ginevra -ha avuto iersera un lungo abboccamento con questo ministro affari esteri, cui ha detto non avere ancora una idea esatta circa quanto è stato concluso a Roma. Tuttavia si è dichiarato pronto ad addivenire con l'Austria (mediante però un «accordo particolare») a un patto di non immistione; ma ha escluso recisamente che Ungheria possa concluderne con gli Stati della P. I., qualora essi non accettino previamente il principio della parità di diritto e non diano desiderate assicurazioni per trattamento minoranze.

(l} Non pubblicato.

Rispondo al Ministro che no! vedremmo volentieri appianata tale questione tra la Grecia e l'Albania. Per conto nostro abbiamo in corso delle discussioni con l'Albania per la regolaz!one della questione delle scuole. Ad ogni modo !l Ministro può essere tranquillo che tratteremo la cosa con tutta oggettività tenendo conto anche dei buoni rapporti intercedenti tra i nostri due paesi».

Kanya avrebbe poi condiviso opinione di Berger Waldenegg circa opportunità attenuare atteggiamento relativo revisionismo, coll'insistere d'ora innanzi meno per il conseguimento di una vera e propria revisione che per l'ottenimento di rettifica di frontiera, per cui Austria sarebbe pronta a dare tutto il suo appoggio. Berger Waldenegg ha aggiunto che non c'è più ungherese ... (l) che lo stesso Gombos, nei recenti coll_oqui di Budapest, si era mostrato favorevole al suindicato modo di vedere.

Mi risulta infine che Kanya si è intrattenuto anche con Papen (2).

(2) Cfr. !l seguente brano di un appunto di Suv!ch dello stesso 10 gennaio su un colloquio col ministro d! Grecia: «Il signor Metaxas viene a !ntrattenermi sulla questione delle minoranze greche in Albania, questione che dovrà avere ora il suo svolgimento a Ginevra. Egli spera che l'Italia vorrà appoggiare la Grecia, data anche l'k!entità di interessi fra i nostri due Paesi, nei riguardi delle scuole in Alban!a.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 141/16 R. Londra, 10 gennaio 1935, ore 19,50 (per. ore 1,50 dell'11).

In una conversazione che ho avuta oggi con Vansittart questi mi ha confermato che il Governo britannico è avverso a che la nostra controversia con l'Etiopia formi oggetto di una discussione in seno a Consiglio S.d.N.

Egli ha aggiunto che a questo atteggiamento Foreign Office è mosso particolarmente dal desiderio di evitare che la controversia si aggravi con danno dei rapporti italo-abissini, mentre esso considera essere nell'interesse dell'Inghilterra che tali rapporti siano posti sopra una base di fiducioso buon vicinato.

Ho risposto che questo è proprio il nostro intendimento e che se noi abbiamo chiesto che l'Abissinia ci dia riparazione e soddisfazione per aggressione di Ual-Ual, è perché crediamo che nostri rapporti con essa non diventeranno mai stabili fino a che i capi abissini non avranno rinunziato a metodi di violenza che costituiscono una permanente minaccia alle pacifiche relazioni con i paesi che possiedono territori contigui all'Abissinia.

La continua molestia che in questi giorni gli abissini hanno dato alle nostre pattuglie mostra quanto sia necessario ed urgente dare ad essi una lezione.

Vansittart ha replicato che incidente Ual-Ual deve essere stato di per se stesso una buona lezione per gli abissini, i quali hanno avuto modo constatare a quale r~schio essi si possono esporre provocando gli italiani.

Egli mi ha poi ripetuto che Simon si occuperà personalmente della cosa a Ginevra nell'intento di favorire una soluzione fuori della procedura della S.d.N. Telegrafato anche a Ginevra.

(1) -Gruppo indecifrato. (2) -Cerruti aveva riferito con t. per corriere r. 124/05 R. del 7 gennaio che il ministro d'Austria a Berlino gli aveva detto «che un funzionario della legazione d'Ungheria nel conversare con un diplomatico austriaco si sarebbe lasciata scappare la frase che se il Re!ch non aderisce al patto di cui si tratta nemmeno l'Ungheria potrebbe farlo».
429

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, E ALLA DELEGAZIONE

A GINEVRA

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 51/C.R. (l) Roma, 10 gennaio 1935.

(Per tutti meno Londra) Ho telegrafato Londra quanto segue:

(Per tutti) Codesto Governo ci ha fatto conoscere suo desiderio che Consiglio S.d.N. non abbia a svolgere alcuna azione circa il noto incidente italoetiopico.

Prego comunicare d'urgenza verbalmente al signor Simon -o a chi per esso -che il R. Governo concorda col desiderio del Governo britannico non intendendo per parte sua consentire che questione incidente stesso venga portata al Consiglio e che in tale senso agirà nostra delegazione in occasione prossime riunioni Ginevra.

Ricorso abissino, fondato sull'art. 11 del patto, appare infatti a R. Governo del tutto infondato in quanto non esiste nella attuale circostanza alcuna minaccia di guerra, mentre invece continuano fra Roma ed Addis Abeba negoziati diretti per raggiungere un regolamento dell'incidente.

Nel fare comunicazione verbale di natura confidenziale di cui sopra, V. E. vorrà esprimere la fiducia che Governo inglese vorrà dare alla propria delegazione a Ginevra istruzioni di agire d'intesa con la nostra delegazione, e ciò oltre che per le ragioni suddette anche in quanto l'evitare che una Grande Potenza europea sia posta a confronto, dinanzi al Consiglio con uno Stato africano indigeno, appare d'interesse non soltanto italiano ma anche inglese e comune in genere ad ogni altro Stato europeo avente interessi coloniali in quel continente.

(Solo per Parigi) Prego V. E. esprimersi analogamente col signor Lava! o ·chi per esso. Abbiamo ragione di ritenere che Governo francese sia nello stesso ordine di idee del Governo di Londra circa opportunità evitare che· Consiglio si occupi dell'incidente Ual-Ual, e sarebbe desiderabile che delegazione francese a Ginevra agisse, in materia, d'intesa con delegazione italiana.

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L'ISPETTORE GENERALE DI PUBBLICA SICUREZZA, CONTI, AL CAPO DELLA POLIZIA, BOCCHINI (2)

R.RR. Pisa, 10 gennaio 1935.

Come ho già avuto occasione di riferire, ritengo che le misure adottate dalla Questura di Messina, per la maggiore vigilanza a Lipari, siano per il mo

(l} A Ginevra il telegramma venne inviato per corriere.

mento sufficienti al bisogno. Come è noto la vigilanza viene esercitata con un congruo numero di militari dell'Arma, che attualmente è stato anche aumentato. Se si tiene perciò conto che gli elementi della Colonia sono sottoposti a rigida disciplina dai loro capi e si considera che essi non hanno libertà di movimento nell'isola, ma in un raggio ristretto che non debbono oltrepassare, a me sembra che la forza di polizia attualmente impiegata sia sufficiente. Aggiungo che per avere anche una maggiore garanzia, ho ritenuto opportuno conferire col Comando di Legione della Guardia di Finanza di Messina, il quale darà disposizioni al nucleo (di 20 militari) residenti a Lipari e scaglionati lungo la costa dell'Isola di concorrere nel servizio di vigilanza di cui sopra è cenno volgendo particolare attenzione alle imbarcazioni sia in partenza che in approdo. È però logico ed indispensabile il riesame della situazione, nel caso che la posizione dei Nucleo dovesse in qualsiasi modo variare. E ciò perché quell'interesse di evasione che ora non sembra esistere, potrebbe facilmente sopravvenire e quello spirito di dlisciplina che ora domina, potrebbe cessare.

Ritengo utile far presente che lo stato d'animo dei componenti del nucleo è alquanto depresso. Essi ritenevano di poter dopo l'accaduto tornare in patria, invece hanno constatato le graduali restrizioni adottate nei loro riguardi il che li rende perplessi per la loro sorte.

I capi residenti a Lipari ed il Paolo Giurich, che fino ad ora si sono adoperati ad infondere fiducia nei dipendenti, sono anche essi depressi specialmente dopo la venuta in Italia del Ministro degli Esteri Francese, essi mi hanno dichiarato che il loro compito si rende ora sempre più difficile. Per tali ragioni, riterrei che sarebbe molto utile che il Pavelic facesse pervenire alla colonia un qualche suo scritto.

Ad ogni modo, come ho detto, per ora nulla vi è di inquietante, né si è verificato a Lipari alcun incidente, però la situazione merita di essere attentamente seguita per evitare sorprese.

Io da parte mia non ho mancato di adoperarmi nei colloqui avuti col Giurich e coi capi preposti alla disciplina a Lipari per far loro comprendere la necessità di mantenersi tranquilli e fiduciosi, e ritengo di avere almeno per ora raggiunto, sia pure in parte, lo scopo.

Pregiomi altresì assicurare all'E. V. che ho fatto depositare anche ai capi le armi rimaste consistenti complessivamente in sei rivoltelle delle quali tre sono state a me direttamente consegnate dal Giurich Paolo ed altre tre sono state date dall'amministratore al Funzionario di Lipari. Con tale ritiro è da ritenere che il nucleo di Lipari sia sprovvisto di ogni arma, però per esser matematicamente certi, occorrerebbe eseguire una minuta perquisizione, che allo stato attuale, non riterrei conveniente.

Nei recenti trasferimenti da Torino a Lipari, il prof. Brchan ha cercato come al solito di opporsi a raggiungere l'Isola adducendo a pretesto che la moglie era malata ed aveva perciò voluto sostare a Messina, nella speranza di ottenere di rimanere in detta città anche per provvedere alla istruzione dei figli.

Allo scopo perciò di evitare incidenti ho creduto conveniente interessarmi direttamente della cosa, ed ho fatto comprendere al predetto che la sua opposizione era intempestiva e che egli doveva come gli altri raggiungere Lipari.

Ho così potuto ottenere che il predetto desistesse dal suo atteggiamento, ed egli con tutta la famiglia ha raggiunto Lipari.

Il noto I eli c non voTrebbe rimanere ancora a Lipari; egli mi ha fatto pervenire una lettera, con la quale, dopo avere esposte le sue cattive condizioni di salute, insiste per essere inviato in una città dell'alta Italia, ed ove ciò non fosse possibile desidererebbe trasferirsi in Ungheria od in Austria.

Anche il Capo gruppo di Longobuco, mi ha inviato a mezzo dell'Arma una lettera con la quale oltre a richiedere altri fondi e provviste di indumenti, insiste nel voler lasciare quel paese insieme al nucleo per ragioni di salute.

Mentre allo Ielic non ho finora nulla risposto, all'altro tanto per guadagnar tempo, ho fatto sapere che per ora è necessario star tranquillo e che eventualmente parleremo della cosa in una mia prossima andata colà.

Informo infine l'E. V. per notizia che ho già provveduto ai rifornimenti mensili dei vari gruppi, giusta l'incarico ricevuto dal Comm. Mazzolini al quale in pari data rimetto il rendiconto con le ricevute relative.

Nell'effettuare tali rifornimenti specialmente per Lipari ho dovuto rilevare che le pretese di danaro sono in continuo aumento e mentre esse possono in parte giustificarsi con l'aumento del numero coi provenienti dal Belgio, ritengo che vi sia proposito di accantonare gradatamente qualche fondo di riserva, per eventuali futuri bisogni o per provvedere ad altre necessità dell'organizzazione che non si vogliono appalesare.

Non ho mancato di riferire al Comm. Mazzolini le maggiori richieste presentatemi in scritto dall'amministrato,re e dal capo del nucleo di Longobuco chiedendo istruzioni ed all'occorrenza i fondi necessari.

(2) Da A C S, Pubblica Sicurezza, Ispettorato di P. S. in Pisa per gli affari dei fuorusciti croati.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 155/17 R. Berlino, 11 gennaio 1935, ore 4,18 (per. ore 7,10).

Questo ambasciatore d'Inghilterra manifestò al barone von Neurath la speranza del suo Governo che il cancelliere del Reich decidesse di accedere al patto per l'Austria, comunicato al Governo germanico dall'Italia e dalla Francia prima del viaggio di Lavai a Roma.

Ministro degli affari esteri fu molto circospetto nella sua risposta.

Osservò innanzi tutto che i testi del progetto di processo verbale, rimessi all'Auswartiges Amt da François-Poncet e da me, erano diversi in punti essenziali, ciò che complicava il loro esame da parte Governo del Reich.

Ciò nonostante li avrebbe sottoposti al cancelliere durante suo soggiorno (di lui).

Insisteva intanto presso Phipps perché facesse presente al Governo inglese la necessità evitare la Germania fosse posta dinanzi ad un fatto compiuto qualsiasi.

Ambasciatore di Inghilterra rispose che circostanza di aver gli ambasciatori d'Italia e Francia compiuto il loro passo prima ancora che Lav·al fosse giunto a Roma mostrava la .cura che si era avuta di mettere la Germania al corrente dei semplici progetti di rapporti confidenziali.

Ciò non impedi al barone von Neurath di insistere sulla necessità sopra menzionata. Egli lo fece anzi in un tono che lasciò credere a Phi:pps essersi modificate le disposizioni del Governo del Reich che giudicando dalla accoglienza fatta da von Biilow a François-Poncet e a me quando gli rimettemmo i rapporti parevano favorevoli all'accoglimento dell'invito.

Abbiamo confrontato il testo delle comunicazioni fatte a von Biilow giorno 4 corrente.

Vi è una sola differenza sostanziale: mentre testo italiano alla fine del penultimo periodo dice « che la Francia e l'Italia si consulteranno fra loro e con l'Austria circa i provvedimenti da prendere» quello francese dice «che i due Governi si consultino [con la] Piccola Intesa circa i provvedimenti da prendere» e omette quindi di menzionare «la consultazione con l'Austria».

Vi sono poi delle differenze non importanti e precisamente il testo italiano nel secondo periodo parla della «conferma dell'obbligo» mentre quello francese parla della «conferma dell'impegno» (l) e alla fine del quarto noti abbiamo parlato del « concorso della Società delle Nazioni» mentre i francesi hanno parlato del «concorso del Consiglio della Società delle Nazioni» (2). Inoltre dopo il quinto periodo il progetto francese contiene le seguenti frasi che mancano nel testo comunicato a me e in quello che ricevette l'ambasciatore di Inghilterra: « L'étude, la négociation et la conclusion entre tous les intéréssés de cette convention générale, comportent, il va de soi, des délais.

Désireux de conformer, dès maintenant, leur attitude à ces principes, en présence de cas qui préoccupent plus particulièrement les esprits, le chef du Gouvernement Italien et le Ministre des affaires étrangères de la république française se proposent de constater leur accord sur la procédure également dèfinie dans le procès verbal dans les termes suivants (3): En attendant la conclusion etc.».

A giudizio di François Poncet e mio queste differenze di testo sono unà conferma del carattere non ancora definitivo del progetto di patto e possono servire per provare alla Germania che essa è stata tenuta al corrente dei negoziati mentre essi erano tuttora in corso.

Parrebbe peraltro opportuno tanto ai miei colleghi di Francia e di Inghilterra che a me di rimettere appena possibile all'Auswiirtiges Amt i testi definitivi del processo verbale che dovrebbero essere naturalmente identici e formare poi oggetto di discussione con il Governo del Reich.

È evidente che questo mira presentemente a guadagnare [tempo], per vedere in primo luogo quale sarà il risultato del plebiscito della Saar e atten

dere poi che si chiarisca la situazione, ciò che, secondo la speranza tedesca, vorrebbe significare che si producessero subito delle divergenze di vedute fra l'Halia e la F11ancia in modo da infirmare a tale proposito risultato del viaggio d'i La val (l).

(l) -In realtà il testo francese inviato a Roma, Belgrado, Praga, Bucarest, Varsavia e Vienna era già stato modificato il 2 gennaio in conformità a quello italiano (cfr. DDF, vol. VIII pp.553 e 557). Già il 26 dicembre il testo francese inviato a Roma non faceva menzione della Piccola Intesa (ibid, p, 476). (2) -Cfr. infatti ibid, p. 557. (3) -In realtà, nella trasmissione a François Poncet questo passo non faceva parte integrale del testo, ma ne era un commento (ibid., p. 557).
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, GALLI, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTO LICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, AI MINISTRI A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, SAPUPPO, E A VIENNA, PREZIOSI E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E A BELGRADO, DE CIUTIIS

T. PER CORRIERE 48/C. R. Roma, 11 gennaio 1935.

(Solo per Parigi) Ho diretto alle R. rappresentanze la seguente comunicazione:

(Per tutti) Comunicale testo processo verbale firmato 7 corrente dal Capo del Governo e dal ministro degli esteri della repubblica francese reLativamente all'Austria e all'Europa Centrodanubiana:

«Le chef du Gouvernement italien et le ministre des affaires étrangères de la république française ont procédé à un examen approfondi de la situation existant en Europe centrale et spécialement en Autriche. Ils ont reconnu la nécessité d'y développer les sentiments de confiance notamment par la réaffirmation de l'obligation qu'a 'tout Etat de respecter l'indépendance et l'intégrité territoriale des autres Etats. Fermement attachés pour leur part à l'observation de ce principe, ils sont tombés d'accord pour recommander aux Etats les plus intéressés la conclusion dans le cadre de la S.d.N. d'une convention comportant notamment l'engagement mutuel de ne pas s'immiscer dans leurs affaires intérieures respectives ainsi que l'engagement mutue! de ne susciter ni favoriser aucune agitation, propagande ou tentative d'intèrvention ayant pour but de porter atteinte par la force à l'intégrité territoriale, ou de transformer par la force le régime politique ou social d'un des pays contractants. La faculté serait réservée aux contractants de conclure des accords particuliers en vue d'assurer avec le concours du Conseil de la S.d.N. l'application de ce principe.

Cette convention conclue initialement entre l'Allemagne, l'Autriche, l'Italie, la Hongrie, la Tchécoslovaquie et la Yougoslavie, sera ouverte à l'adhésion de la France, de la Pologne et de la Roumanie sans préjudice de l'adhésion que les contractants jugeront utile de provoquer de la part d'autres Puissances.

Riteniamo ad ogni modo opportuno consegnare, appena lo avremo ricevuto, 11 testo del processo verbale approvato affinché serva per l'ulteriore trattazione del negoziato».

En attendant la conclusion d'une telle convention et des accords particuliers qui en assureraient l'application et en raison de la nécessité de maintenir l'indépendance et l'intégrité de l'Autriche, ils sont convenus que dès aujourd'hui et dans le cas où cette indépendance et cette intégrité seraient menacées, la France et l'Italie se consulteront entre elles et avec l'Autriche en vue des mésures à prendre. Cette consultation sera étendue par l'Italie et la France, à fin de s'assurer leur concours, aux Puissances qui se déclareraient disposées à participer à la convention ci-dessus envisagée et à contracter des engagements particuliers en vue d'en assurer l'application ».

Codesta R. rappresentanza è già al corrente -mi riferisco al telegramma Stefani in data odierna costì diretto -delle informazioni date alla stampa circa anzidetto processo verbale.

(Per Londra, Washington, Bruxelles, Mosca, Ankara, Madrid, Sofia) Prego l'E. V. (S. V.) di comunicare in via confidenziale testo verbale a codesto Governo a titolo informativo, avvertendo che per ora documento ha carattere confidenziale, alla stampa essendosi comunicato solo quello che risulta dal telegramma Stefani.

(Per Berlino, Varsavia, Belgrado, Budapest, Bucarest, Praga, Vienna) Prego comunicare codesto Governo testo processo verbale a titolo informativo e ai fini della raccomandazione in esso contenuta e diretta anche a codesto Governo, avvertendo che per ora documento ha carattere confidenziale, alla stampa essendosi comunicato solo quello che risulta dal telegramma Stefani. Codesto rappresentante Francia riceve analoghe istruzioni ed ella potrà mettersi d'accordo con lui circa presentazione processo verbale.

(Solo per Parigi) Prego V. E. di mettere Quai d'Orsay al corrente del modo con cui accordo viene comunicato ai dive,rsi Governi, giusta le intese corse col signor Léger (l).

(l) Con successivo t. 160/18 R. delle ore 14,04 Cerruti comunicò quanto segue: «Ambasciatore di Francia ha ricevuto da Parigi spiegazioni In base alle quali rimetterà oggi all'AuswartigesAmt testo del progetto di processo verbale identico a quello da me presentato il 4 corrente.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, GALLI, A BERLINO, CERRUTI, A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, A MADRID, GUARIGLIA, A MOSCA, ATTO LICO, A PARIGI, PIGNATTI, A VARSAVIA, BASTIANINI, E A WASHINGTON, ROSSO, AI MINISTRI A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, SAPUPPO, E A VIENNA, PREZIOSI E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E A BELGRADO, DE CIUTIIS

T. PER CORRIERE 49/C.R. Roma, 11 gennaio 1935.

(Solo per Parigi) Ho telegrafato a Londra e alle altre R. rappresentanze quanto segue:

(Per tutti) V. E. CV. 8.) conosce (telegramma Stefani odierno) (2) comunicazioni fatte alla stampa relativamente all'accordo intervenuto circa n problema degli armamenti tra Governo italiano e Governo francese.

(Per tutti meno Londra e Parigi) Accordo si commenta da sé e va inteso amichevolmente verso tutti gli Stati.

(Solo per Londra) Per sua informazione riservata e perché ella ne voglia dare comunicazione a titolo riservato a codesto Governo, riporto testo dell'accordo intervenuto in proposito tra il Capo del Governo e il Signor Lavai. Accordo dice: «Protocòle. Le Chef du Gouvernement Italien et le ministre des affaires étrangères de la république française se déclarent d'accord pour estimer que l'Allemagne, non plus que aucune autre Puissance dont le statut d'armement a été definì par traité, ne peut modifier par vaie unilatérale ses obligations en matière d'armement, le principe de l'égalité des droits tel qu'il est défini par la déclaration du 11 décembre 1932 demeurant par ailleurs intact. En conséquence les deux Gouvernements conviennent de procéder de la manière suivante:

Au cas où l'Allemagne voudrait se libérer unilatéralement du traité en se réservant une complète liberté d'armements, les deux Gouvernements, animés du désir de procéder d'un commun accord, se concerteront sur l'attitude à adopter.

Au cas où les circonstances permettraient une reprise des négociations internationales en vue de la conclusion d'une convention générale de limitation. d'armements, les deux Gouvernements associeront leurs efforts pour que les chiffres de limitation qui seront inscrHs dans la convention assurent aux deux Pays, par rapport à l'Allemagne, les avantages qui seraient justifiés pour chacun d'eux ». Nel farne la comuntcazione a Governo inglese, oltre che mettere in evidenza che trattasi di comunicazione riservata, converrà attirare la sua attenzione sul fatto che agli altri Governi e alla stampa ne è stata data notizia nei limiti di cui alla Stefani su riferita e che i R. rappresentanti sono stati auto,rizzati -ove richiesti -di aggiungere che si tratta di un'intesa verbale. Governo francese procederà ad informare analogamente codesto Governo.

(Per tutti meno Londra e Parigi) V. E. (S. V.) può informare in relazione in via di discorso codesto Governo aggiungendo -ove richiesto -che si tratta di un'intesa verbale. Analoghe istru:llioni vengono inviate dal Quai d'Orsay al rappresentante francese costi.

(Solo per Parigi) Prego V. E. di mettere Quai d'Orsay al corrente del modo con cui accordo è stato comunicato a Londra, rispettivamente agli altri Governi, giusta le intese corse col signor Léger CB corr.) e successivamente col signor Dampierre (l) (10 corr.) (2).

Ho risposto al Governo francese che avrei impartito istruzioni in relazione, a complemento e parziale modifica d! quelle già impartite col telegramma su riferito».

(l) -Cfr. n. 413. (2) -T. 46/C. R. del 10 gennaio, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 413 e p. 434, nota l. (2) -suvich telegrafò agli stessi destinatari di questo telegramma il 17 gennaio (t. 93/C.R.) quanto segue: «Governo francese fa conoscere che ritiene prefer!b!le che e si specifichi in ogni caso per ora, neanche se richiesti, se l'accordo intervenuto per gli armamenti è un accordo scritto oppure una intesa verbale.
434

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, E AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 52 R. (1). Roma, 11 gennaio 1935, ore 10.

(Per Ginevra e per Addis Abeba) Ho telegrafato Londra quanto segue:

(Per tutti) Secondo notizie pervenute da nostri informator,i nell'Ogaden, circa movimenti e concentramenti di armati abissini ai confini della Somalia, affluirebbero a Gabredarre ingenti quantità di viveri e materiali forniti da inglesi, sarebbe segnalata presenza di inglesi ad Aradighet e inglesi stessi inciterebbero continuamente abissini ad attaccare nostri presidi.

In relazione anche al contenuto del mio telegramma n. 51 (2) prego V. E. voler far conoscere verbalmente a Foreign Office informazioni sopra riportate aggiungendo che, anche a parte ogni considerazione sulla esattezza di tali notizie, queste confermano tuttavia l'impressione che tra capi etiopici nell'Ogaden sia diffusa l'opinione che Jorb eventuali iniziative verrebbero viste favorevolmente da autocità coloniali britanniche.

Sembra pertanto conveniente che Governo inglese rinnovi a propri funzionari nel Somaliland istruzioni di evitare atteggiamenti che possano prestarsi ad el'ronee interpretazioru da parte etiopica.

435

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 166/3 R. Ginevra, 11 gennaio 1935, ore 18,28 (per. ore 21,30).

Segretario generale ha informato delegazione italiana che delegato etiopico, appena giunto Ginevra era stato da lui, che lo aveva trovato conciliante e· desideroso prendere subito contatti con delegazione inglese e intendersi possibilmente con delegazione italiana, che, a sua ["ichiesta, aveva però precisato che intendeva riservarsi la facoltà di domandrure, nel corso della presente sessione del Consiglio, l'iscrizione all'ordine del giorno della vertenza italaetiopica.

Biancheri ha convenuto con Aveno'l. che nella seduta privata di stamane il segretario generale si sarebbe limitato ad informare i membri del Consiglio dei documenti ricevuti dal Governo etiopico e distribuiti al Consiglio; di non avere iscritto la questione all'ordine del giorno non risultando chiara da essi l'intenzione del Governo abissino e che successivamente n delegato etiopico aveva espresso desiderio riservarsi facoltà domandare iscrizione nel corso presente sessione.

34 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Conformemente istruzioni telefoniche di V. E. ho fatto sapere al signor Avenol che approvavo procedura e che se questione fosse stata contenuta nei limiti di cui sopra e nessun delegato avesse fatto osservazioni in proposito, anch'io mi sarei astenuto dall'interloquire.

Nella seduta privata di stamane le cose si sono passate nella maniera concordata e la vertenza etiopica non è stata iscritta all'ordine del giorno. Mi propongo di conferire con sir John Simon in proposito quanto prima e ritelegraferò.

(l) -A Ginevra 11 telegramma venne inviato per corriere. (2) -Cfr. n. 429.
436

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 171/19 R. Londra, 11 gennaio 1935, ore 20,50 (per. ore 2 del 12).

Ho comunicato al Foreign Office il contenuto del telegramma di V. E.

n. 51 (1), mettendo in rilievo l'interesse comune che hanno le Potenze coloniaLi

al fatto di evitare una discussione in seno alla Società delle Nazioni. Di questo interesse il Governo britannico è persuaso, e gli argomenti che

v. E. mi ha forni.to nel telegramma sopra citato sono stati particolarmente apprezzati dal Foreign Office.

Ho poi messo al corrente i'l Foreign Office sulle notizie che ci sono pervenute circa i concentramenti di armati abissini che si stanno preparando ai confini della Somalia e gli aiuti e gli incoraggiamenti che essi riceverebbero dagli inglesi (2).

Ne ho colta occasione per richiamare di nuovo, come ho già fatto più volte, attenzione del Foreign Office sul grave danno che a un regolamento pacifico delle nostre controversie con l'Abissinia viene dalla impressione diffusa fra i capi etiopici dell'Ogaden che loro eventuali iniziative ve,rrebbero viste favorevolmente dalle autorità coloniali britanniche.

Forei.gn Office è rimasto seriamente impressionato della comunicazione e mi ha assicurato che agirà immediatamente nel senso da noi desiderato.

437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 170/19 R. Berlino, 11 gennaio 1935, ore 21,46 (per. ore 1,45 del 12).

Biilow mi ha parlato del passo compiuto ieri da questo ambasciatore inglese dicendomi che il Governo germanico ne è stato stupito e ne è tuttora, non riuscendo a comprendere quale fosse lo scopo di tale invito britannico

a partecipare ai lavori del Consiglio Società delle Nazioni per discutere questioni concernenti Saar, dato che il metodo adottato a Roma di procedere a trattative dirette con la commissione presieduta dal barone Aloisi aveva dato i migliori risulta ti.

Sopravvenne pubblicazione del passo compiuto da Phipps a mezzo di una stazione radiotelegrafica inglese che fu contemporanea del passo stesso.

Essa produsse pessima impressione presso questo ministero affari esteri.

Btilow mi disse corrisponderebbe alle buone regole diplomatiche di lasciare ad un Governo, al quale si rivolge un invito, il tempo necessario riflettere.

Era infatti intenzione del barone von Neurath di sottoporre la questione a Hitler prima di dare una nisposta defdnitiva, ma di fronte alla pubblicazione di cui si tratta il cancelliere del Reich aveva dovuto essere informato immediatamente e la sua risposta negativa era stata pure immediata.

Secondo ministero degli affari estera invito inglese, date le cir,costanze che lo avevano ·accompagnato, doveva avere un secondo fine. Esso non era forse soltanto un atto scortese verso Governo germanico ma un intrigo ordito a suo danno.

Ambasciatore Inghilterra si era mostrato stupito e spiacente della pubblicazione avvenuta. Phipps aveva, nel fare il passo, detto che esso veniva compiuto con consenso dei Governi italiano e francese.

Ambasciatore von Hassell interpellato aveva riferito che a Roma non se ne sapeva nulla e poiché io non gli av·evo fatto a1cuna comunicazione al riguardo egli ne deduceva che anche R. ambasciata non ne sapesse nulla.

Mi limitai ad acconsentire con un cenno del capo.

(l) -Cfr. n. 429. (2) -Cfr. n. 434.
438

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 58/2 R. Roma, 11 gennaio 1935, ore 24.

Telegvammi di questo R. Ministero per covriere n. 52 {l) e 53 (2) dell'H corrente.

S. E. De Bono ha telegrafato quanto segue: «In relazione insistenti informazioni presenza e attività inglesi nostro danno sia verso Somalia che verso Eritrea desidero sapere se diplomaticamente non si fa alcun passo :.. S. E. Capo del Governo ha annotato detto telegramma come segue: «Che Aloisi parli chiaro a Simon,.

(1} Cfr. n. 434. (2} T. 53/17 R. del 12 gennaio, non pubbllcato.

439

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 174/7 R. Ginevra, 12 gennaio 1935, ore 3,20 (per. ore 7,45).

Ho intrattenuto oggi Simon dell'inc~dente italo-etiop~co. Mi sono mostrato con lui fermo sulla necessità che Governo etiopico ci fornisca adeguate soddisfazioni: avendo noi subito aggressione Ual-Ual, ciò è il meno che il Governo italiano può richiedere per liquidare incidente; dopo di che, ristabilite le relazioni normali con l'Etiopia, siamo pronti, come già Governo italiano ha dichiarato, a ripr,endere lavori per la delimitazione della frontiera. Simon ha compreso fondamento delle nostre -richieste; egli doveva vedere domani rappresentante etiopico e si è riservato di riparlarmi della questione.

Ho successivamente visto Eden, ed ho usato di tutta la mia personale influenza e dei rapporti di collaborazione amichevole che mi legano a lui per convincerlo a sostenere la necessità che ci siano fornite dall'Etiopia sodd,isfazioni adeguate.

Guarnaschelli ha nel contempo visto Thompson il quale ha particolarmente ,insistito sull'argomento che Imperatore non potrebbe, pur volendo, aderire alle richieste da noi formulate perché ciò produrrebbe una generale sollevazione dei Ras contro di lui con gravi conseguenze anche per la Gran Bretagna; ed ha prospettato l'opportunità di ricercare una soluzione che, pur dando nel fondo soddisfazione all'Italia, assuma una forma non troppo compromettente per l'Imperatore. Thompson ha accennato a un suggerimento telegrafato, come possibile base per un tentativo dl accordo, dal ministro britannico ad Addis Abeba, e che ha cosi riassunto: Imperatore invierebbe una lettera aHa legazione d'Italia esprimendo il proprio rincrescimento in termini generali per il combattimento di Ual-Ual, rinnovando il proprio desiderio di riprendere ,con l'Italia rapporti normali, e proponendo che, in attesa della delimitazione della frontiera, si fissino, da una parte e dall'altra, onde evitare nuovi incidenti, i punti presidiati nella zona di frontiera, dai quali le due parti si rimpegnerebbero a non spostarsi. Da parte italiana si prenderebbe atto del rincrescimento etiopico e si aderirebbe alla proposta di fissare i posti presidiari.

Gua1maschelli si è riservato di riferire tale suggestione pur dando l'impressione che non potrebbe essere da noi considerata soddisfacente una semplice comunicazione etiopica di rincrescimento espresso in termini generali.

Prego compiacersi telegrafarmi se V. E. autorizza trattare qui Ia questione .!On gli inglesi. In tal caso credo che ìl suggerimento inglese non potrebbe essere accettato se non fosse completato da rultre clausole, quali ad es. il deposito da parte del Governo etiopico della somma da noi richiesta presso una banca fuo-ri d'Etiopia, l'impegno a procedere all'accertamento e aHa punizione dei capi etiopici responsabili: l'ammontare de1le indennità da attribuirci potrebbe essere affidato quale primo suo compito, alla commissione per la delimita:1lione della frontiera. E ciò allo scopo di dare al rincrescimento etiopico una qualche manifestazione concreta.

Aggiungo che, ove avesse a profilarsi un'intesa secondo le basi suespresse, sarebbe opportuno limitare praticamente la mediazione inglese in materia, stabilendo che la precisazione deH'accordo di massi!ma dovrebbe essere affidata a trattative dirette da svolgersi fra il R. ministro ad Addis Abeba, non appena rientrato in sede, e l'Imperatore (l).

440

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 175/8 R. Ginevra, 12 gennaio 1935, ore 7,15 (per. ore ~0,15).

Ho trattato con Kanya successivamente tutte questioni che V. E. mi aveva ordinato di mettere ·in chiaro con lui.

l) -Gli ho detto che alcuni segni di malumore ungherese per soluzione conflitto ungaro-jugoslavo avevano molto sorpreso V. E. -A sua richiesta di particolari ho citato frase attribuita ad Echkardt ed altri indizi che mostravano come alcuni ambienti ungher.esi sembravami avessero addirittura pretesa chiudere incidente con un trionfo. Kanya rispostomi che tanti ringraziamenti che a suo tempo ministro Villani era stato incaricato da lui e da Gombos di porgere a V. E. quanto esposizione fatta da lui stesso alla commissione parlamentare degli Esteri bastavano a provare che Governo Ungheri·a era pienamente conscio gratitudine dovuta ad intervento V. E. per felice soluzione questione ungaro-jugoslava e che se qualche voce discordante erav:i. stata essa proveniva dalla opposizione e non aveva altro valore che que11o di manovra politica interna. Meravigliavasi solo di quanto gli avevo detto relativamente ad Echkardt, al quale mi ha chiesto l'autorizzazione di parlare su tale argomento. Ho risposto che ad Echkardt avrei parlato io stesso. Ho aggiunto che indizi su cu'i basavamo nostra rimostranza erano corroborati da insolito tono lettera inviata recentemente da GombOs a V. E. circa trattative su Austria (2). Kanya confessatomi in tutta confidenza di avere energicamente l'liprovato tono ta•le lettera e dà. avere anche detto a Gombos testualmente: « Se ti esprimi in tali termini, Duce ha tutto il diritto di mettere alla porta nostro ministro». Al che GombOs di rimando: «Io voglio bene a Mussolini e perciò mi espr.imo con luri in termini da soldato, sicuro che egli mi capisce».

Ho messo termine aUe rimostranze su questo punto chiarendo che aiuto prestato da V. E. ad Ungheria in questa circostanza, dopo innumerevoLi aiuti passati, dovevano da Ungheria essere messi in tutta luce che meritava.

2) -Ho illustrato ragioni che hanno indotto V. E. concludere accordo con Francia: a) necessità liquidare pendenze itala-francesi; b) necessità pre

venire accordo franco-germanico; c) urgenza sistemare nostra posrzwne in Africa. Fattogli poi rilevare che oggi, dopo concrete manifestazioni tedesche in senso contrario, unico paese rimasto revisionista è l'Italia e che riavvicinamento itala-francese migliora relativa posizione Ungheria nei confronti con Piccola Intesa. Messo in chiaro che dichiarazione integrità frontiere contenuta negli accordi itala-francesi non è che parafrasi di impegni sottoscritti nel passato anche dalla Ungheria e che invito rivolto separatamente ai paesi della Piccola Intesa ad aderire all'accordo (l) concede Ungheria vantaggio di un certo dislocamento della P:Lccola Intesa. In sostanza ho parafrasato quanto S. E. Suvich ha detto al barone Villani. Kanya si è dichiarato convinto.

3) -Accessione Ungheria accordo per Austria. A titolo informativo mi ha comunicato in proposito che prima della sua partenza da Budapest ministro Polonia gli aveva detto che Polonia seguirà in questa occasione decisioni della Ungheria. Anche a titolo informativo mi ha detto constargU che più volte von Papen ha proposto ad Hitler di proclamare garanzia indipendenza Austria e principio di astensione da affari interni a;ltri paesi, ma che a tali proposte Hitler non ha mai dato risposta. Il testuale commento di Kanya è stato: «Hitler non capisce nulla di politica estera. È un perfetto animale~.

Entrando nel vivo deùl'argomento, ha detto che condivide pienamente convinzione utilità accordo per Austria voluto da V. E. Crede però che necessità in cui Ungher.ia si trova di dover richiedere a sua volta alla Cecoslovacchia ed alla Jugoslavia in via pregiudiziale le necessarie garanzie per le minoranze ungheresi e il diritto di parità degli armamenti costituisca serio ostacolo a sua accessione ad un patto generale quale previsto da accordi itala-francesi.

Se si trattasse semplicemente di un accordo di garanzia da concludersi con la sola Austria, l'Ungheria sarebbe disposta a firmarlo entro le 24 ore.

Prendendo atto di questa sua dichiarazione, g'li ho detto subito, a titolo strettamente personale, che una immediata conclusione di un accordo bilaterale austro-ungherese avrebbe il significato di una pronta adesione dell'Ungheria alla politica di V. E. e sarebbe apprezzato al suo giusto valore dalla pubblica opinione europea. Un tale accordo del resto non pregiudicherebbe la successiva entrata dell'Ungheria nei negoziati con tutti gli altri Stati previsti dall'accordo itala-francese per l'Austria, nei quali negoziati l'Ungheria potrebbe poi trattare ile condizioni pregiudiziaH cui egli mi aveva accennato. Ad ogni moto l'esito del secondo negoziato lascerebbe sempre intatto il valore dell'accordo bilaterale gdà concluso.

Kanya ha condiviso questo punto di vista e mi ha pregato di sottoporre tale proposta alla approvazione di V. E. (2).

(l) -Suvlch telefonò a Ginevra alle 11,30 del giorno 13: «In relazione al telegramma n. 7 della Delegazione il Ministero ritiene la proposta insufficiente ed è del parere di insistere per una manifestazione pubblica » (2) -Non rinvenuta. (l) -Cfr. quanto comunicava De Ciut!!s con il t. per corriere 206/01 R. dello stesso 12 gennaio: «D'altra parte Jugoslavia e Romania membri dell'Intesa Balcanica sembrano disposte a chiedere che Turchia e Grecia facciano anche parte del nuovi accordi. Il nostro testo degli accordi sembra escludere una tale partecipazione, mentre al contrarlo il testo francese la lascia prevedere ("La Fr.ance, la Pologne et la Roumanie pourraient y adhérer immedlatement s'il y a lleu, ultérleurement, d'autres Pulssances ") ». (2) -Suvich telefonò alle ore 11,30 del 13 gennaio quanto segue: «In relazione al punto 3° del telegramma n. 8 della delegazione il ministro ritiene la proposta pericolosa. È preferib!le che l'Ungheria aderisca in principio salvo poi a discutere le condizioni della sua adesione».
441

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 13 gennaio 1935.

L'Ambasciatore Drummond mi presenta 1e due note unite (l) Telative alla questione di Ual-Ual.

Per quanto riguarda ila questione dell'uso dei pozzi da parte di trdbù della Somalia inglese, gli rispondo che non vedo diff.icoUà a trattare con gli inglesi sulla base delle loro proposte.

Per quanto riguarda le proposte di conciliazione (2), chdedo se la lettera dell'Imperatore sarebbe destinata alla pubblicazione.

L'Ambasciatore mi risponde affermativamente, avv.ertendo però che questo progetto di soluzione è di marca dnglese e non si sa se l'Imperatore sarà disposto ad accettarlo. Gliene parlerà oggi o domani in questo senso il Ministro Barton.

L'Ambasciatore Drummond chiede di vedere H Capo del Governo per avere una risposta diretta.

Sir Eric Drummond ha incarico dal proprio Governo di fare una dichiarazione nei riguardi deU'accusa di cui si è fatto tramUe l'incaricato d'affar.i Vitetti a Londra, che cioè le autorità locaJl.i dnglesi avrebbero favorito gli abissini fornendo loro armi e mezzi di trasporto.

L'Ambasciatore può dichiarare che queste voci non hanno nessun fondamento.

Osservo a Sìr Eric Drummond che non so con esattezza a che cosa si riferisca. Ricordo però di aver letto delle informazioni da cui risultava che gli abissini sostenevano di essere stati incoraggiati ed aiutati dalle autorità locali inglesi. Non posso nascondere all'Ambasciatore l'impressione, che gili ho già manifestato altre volte che ~·atteggiamento del Colonnello Clifford in tutta la faccenda sia stato moito curioso ed eccessivamente favorevole alla tesi abissina.

L'Ambasciatore Drummond ripete che è desiderao del Governo di Londra che la cosa non vada a Ginevra e per ciò si adopera per trovare una sorluzione di gradimento delle due parti.

442

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. PER CORRIERE RR. 74 R. Roma, 14 gennaio 1935, ore 11.

Risulta da fonte confidenziale sicura che i ministri di Jugoslavia e Cecoslovacchia a Parigi si sono espressi in termini assai pessimisti sugli accordi

raggiunti a Roma tra l'Italia e la Francia. Secondo H rappresentante jugoslavo, le trattative di Roma avrebbero avuto un andamento del tutto opposto a quello che inizia1lmente sarebbe stato promesso da parte ·francese. La cosa più importante che il Signor Lava,! avrebbe dovuto ottenere da Mussolini nei riguardi della Jugoslav,ia avrebbe dovuto essere ,l'estradizione dei due fuorusciti croati

fermati a Torino. Il signor Spalaikovic temerebbe inoltre che gli accordi di Roma potessero avere una sfavorevole riper,cussione sulla coesione deUa Piccola Intesa. Per quanto riguarda infine un eventuale viaggio di Benes a Roma esso non potrebbe avvenire se non in seguito a preventiva intesa e dopo categorici accordi con Bucarest e Belgrado.

In termini analoghi si sarebbe espresso il ministro di Cecoslovacchia secondo il quale il riavvicinamento itala-jugoslavo non avrebbe fatto alcun passo avanti nonostante gli accordi di Roma e ciò perché l'Italia sarebbe troppo legata a1l'Ungheria.

Il viaggio di Lavai sarebbe stato deciso all'Ultimo momento in segui:to all'intervento di Flandin e alle pressioni dell'ambasciatore d'Italia.

Fin qui le informazioni. Di esse è stata data comunicazione al ministro Villani, ,n quale se ne è dimostrato assai grato assicurando che ne avrebbe data immediata notizia costi dove, secondo lui, si sarebbe già convinti che gli accordi di Roma avrebbero portato il disoruentamento nella Piccola Intesa.

(l) -Non al1egate al documento. (2) -Cfr. n. 439.
443

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 214/11 R. Ginevra, 14 gennaio 1935, ore 16,56 (per. ore 19,30).

Ho approfittato del colloquio di stamane con Eden per intrattenerlo nel senso prescrittomi CO'l telegramma di codesto Ministero n. 2 del 12 corrente 0).

Eden mi ha assicurato che non solo, come è ovvio, autorità Somaliland non forniscono aiuto rulcuno agli etiopici, ma anche che sono state di già impartite loro da Londra istruzioni di comportarsi in modo da non dare comunque agli etiopici impressione di un qualsiasi appoggio britannico. Ha aggiunto che in ogni modo avrebbe fatto rinnovare tali istruzioni.

Circa forniture armi che Etiopia si procura ad Aden, Eden ha osservato che Governo Londra, non esistendo stato di guerra, non può impedire a ditte private britanniche di eseguire tali forniture. Gli ho replicato che comunque conveniva che anche autol1ità Aden non dessero, col concedere speciaH agevolazioni pel trasporto di tali materia:li, sensazione di favorire gli etiopici, ciò che non è nelle vedute del Governo di Londra e non può nell'attuale momento facilitare la soluzione dell'incidente di Ual-Ual.

(l) Cfr. n. 438.

444

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E :MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 219/12 R. Ginevra, 14 gennaio 1935, ore 17,15 (per. ore 19,30).

Eden mi ha comunicato un telegramma da Londra secondo il quale sarebbe stato recentemente proibito a ta,lune tribù del Somali:land protette britanniche accesso ai pozzi di Ual-Ual a meno che esse non si dichiarassero tribù protette italiane.

È stato risposto che sembrava del tutto improbabile che autorità itaiiane ad Ual-Ual avessero comunque modificato situazione di fatto esistente da cinque anni per quanto riguarda regolamentazione delle abbeverate ai pozzi di Ual-Ual; ma che non avrei mancato di infovmare V. E. perché ministero colonie sia interessato a far conoscere se qual-che fatto nuovo è avvenuto cirea regolamentazione abbeverate. Giudicherà V. E. se non sia ill caso di prospettare anche a ministero delle colonie opportunità di tmpartire istruzioni al Governo di Mogadiscio nel senso di evitare modificazioni allo stato di fatto esistente ad Ual-Ual da cinque anni.

Potrebbe aàtresì essere utile 1che fra i due Governi di Mogadiscio e di Berbera si giunga ad un accordo (gentlemen agr.eement) col quale -lasciando naturalmente impregiudicata questione della sovranità su Ual-Ual circa la quale Governo britannico non può come è ovvio prendere posizione -si precisi quale sia stata la regolamentazione delle abbeverate ad Ual-Ual nei rispetti delle tribù britanniche negli ultimi 5 anni e ciò onde evUare incidenti e reclami del genere. Delega2li.one inglese si è espressa in termini da far comprendere che per suo conto sarebbe favorevole ad un accordo come sopra indicato Cl).

445

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 216/15 R. Ginevra, 14 gennaio 1935, ore 23,30 (per. ore 4,30 del 15).

Kanya mi ha detto di avere consegnato al relatore Eden memoriale suo Governo su questione ungaro-jugoslava, fiducioso di potere così l.iquidare incidente nel corso questa sessione.

Rimasto contrariato obiezioni mosseglii da Eden e da Avenol.

Eden ha obiettato insufficienza tempo disponibHe per esame approfondlto da parte jugoslava e dHficoltà preparare opinione pubblica jugoslava a un epilogo che non potrà non de'luderla dopo incauta campagna di stampa che all'indomani decisione passata Consiglio fattole credere completo successo.

Avenol mascherato analogo desiderio francese di rinvio sotto pretesto difficoltà tecniche.

Dato ciò Kanya dettomi che si propone domani telefonare Gi:imbi:is proponendogli 1,itirare memorandum dichiarando neHo stesso tempo di impegnarsi a ripresentarlo prossima sessdone più completo, e con aggiunta elementi relativi questioni espulsione ungheresi della Jugoslavia e soprusi contro minoranze ungheresi in Romania.

Giudicando che tale soluzione acuirebbe eccitazione opinioni pubbliche ungherese e jugoslava, renderebbe intanto ~mpossibile sviluppo previsto da accordo di Roma nei riguardi accessione ungherese e jugoslava e lascerebbe adito a nuove sorprese che potrebbero derivare daLlo sviluppo del processo di Marsiglia, ho ritenuto opportuno pregare Eden discutere domani mattina questione con me pri:ma di prendere qualunque decisione.

Mi propongo parlare anche con Lavai.

(l) Suvlch comunicò questo telegramma al Ministero delle Colonie con telespr. 201390 del 15 gennaio aggiungendo: «Questo R. Ministero. tenuta presente l'opportunità di evitare, 1n particolare modo nell'attuale circostanza, ogni preoccupazione da parte britannica circa la questione relativa alLa regolamentazione delle abbeverate al pozzi di Ual-Ual, preoccupazioniche non mancherebbero di influire sull'atteggiamento inglese, sia nella questione concernente l pozzi di Ual-Ual e Uardere, sia nella questione più generale dei pretesi diritti di pascolo e abbeverata delle tribù del Somaliland nell'Ogaden, prospetta a codesto R. Ministero l'opportunità di impartire d'urgenza al R. Governo della Somalia istruzioni perché non vengaattualmente modificato lo stato di fatto esistente pozzi di Ual-Ual e perché, pur senza pregiudicare la questione di diritto, non vengano frapposte difficoltà all'abbeverata ai pozzi stessi delle tribù somale britanniche ».

446

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND (l)

APPUNTO. Roma, 14 gennaio 1935.

Il Capo del Governo è informato delle proposte inglesi (2) per una soluzione di conciliazione in seguito all'incidente di Ual-Ual.

Può rispondere che egii è disposto ad accettare la lettera dell'Imperatore purché sia di nostro gradimento e possa essere pubblicata. Chiede che i 200.000 talleri siano depositati lin nostre mani per indennità per morti e feriti e per le spese sostenute dall'Italia, e che siano resi gli onori dovuti alla bandiera italiana, il che può avvenire ad Addis Abeba. È disposto a rinunciare alla punizione dei colpevoli e arlla consegna del fuoruscito.

L'Ambasciatore Drummond ritiene che queste proposte non potranno essere accettate dall'Imperatore il quale, per ragioni di politica interna, vuole evitare di mettere l'Abissinia dalla parte del torto.

II Capo del Governo risponde che J'Abissinia deve essere dalla parte del torto perché in questa ques1Ji.one ha effettivamente torto. Noi non avevamo nessuna idea di attaccare gli abissini. D'altra parte se oggi, di fronte al concentramento di truppe nell'Ogaden, n~i cedessimo sui punti sostanziali, ciò darebbe nuovo ardire agli abissina per ninnovare gli attacchi contro di noi. Del resto l'Imperatore ha interesse a liquidare l'incidente di Ual-Ual e ad avere delimitata ~a frontiera verso la Somalia Italiana.

L'Ambasciatore Drummond ripete il suo scettidsmo suHa probabilità che le nostre prQposte siano accettate dall'Imperatore, ma farà tutto quanto sarà in lui per evitare che la questione sia portata in discussione a Ginevra.

Sir Eric Drummond chiede al Capo del Governo se siano esatte le notizie su una missione speciale affidata al Generale De Bono quale Alto Commissario per le Colonie italiane dell'Africa Orientale.

Il Capo del Governo risponde che la cosa è esatta. Il GeneraJle De Bono ha appunto il compito di trovare una base di sistemazione, delimitazione frontiera ed altro, che rendano in avvenire impossibili gli incidenti come questi ultimi verifica tisi.

Il Capo del Governo ritiene che la tesi itruliana debba essere sostenuta anche dalle altre Potenze europee che som.o di fronte ad una recrudescenza del nazionalismo e della xenofobia etiopica (1).

(l) -Al colloquio era presente Suvich che redasse l'appunto. (2) -Cfr. nn. 439 e 441.
447

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 113/79. Vienna, 14 gennaio 1935 (per. il 16).

Il Cancelliere ha pronunciato giovedì passato un importante discorso, che è stato pubblicato soltanto oggi: circostanza che potrebbe lasciar supporre che la pubblicazione d'un testo «ufficia,le » del discorso stesso sia avvenuta sovrattutto per troncare voci e critkhe, che si erano del resto già diffuse sulJ.a base di impressioni di qualche ascoltatore.

Il discorso è importante per alcuni passaggi, i quaili avvalorano il sospetto che la mental1tà del signor Schuschnigg, a maùgrado le tante vicende politiche cui è stato partecipè in questi ultimi due anni, resti tuttora a fondo pangermanista; o che, come mi ha fatto testé notare itl mio collega di Francia, certi elementi fondamenta1i dello spirito finiscono sempre, a malgrado la volontà

o l'interesse, col prevalere; o che addirittura i contatti che il Cancelliere mantiene -a malgrado i di-chiarati e vivaci avvertimenti di Starhemberg e di Berger -col «nazionale» Reinthaller, nascondano progetti, forse non ancora definiti, per il caso in cui, o venendo meno a trasformazioni il nazismo tedesco, H governo da lui presieduto possa ritenere dover sviluppare una propaganda per una soluzione austro-tedesca, che comportasse la s·emplice autonomia statrule dell'Austria.

Quest'ultima supposizione potrebbe essere suffragata sia dal fatto che lo Schuschnigg, nei suoi dis,corsi, più che parlare d'indipendenza (Unabhangigkeit) austriaca con quella precisione usata costantemente dal compianto Dollfuss, 1icorre sovente al termine di autonomia (Selbstandigkeit). Nel discorso di cui è innanzi parola egU è poi andato più avanti ancora, parlando, a proposito del futuro dell'Austria, di una «Ei:genstaatJlichkeit ». Egli ha usato detta parola nella seguente frase, che è da rilevarsi anche per il suo inciso: «Nes

suno ha osato finora passare oltre il fatto della necessi!tà -necessità politicamente forzata -dell'esistenza dell'Austria odierna neHa propria individualità statale: non lo ha fatto particolarmente Berlino, che ha riconosciuto ripe: tutamente ed espressamente la non attualità di spostamenti di confine, ed ha acconsentito a riS'pettare anch'essa l'autonomia dell'Austria».

Inoltre, v'ha l'impressione manifestatami già tempo fa da Starhemberg -sia pure in un momento di cattivo umore -che lo Schuschnigg « preferisce in fondo lasciarsi una porta aperta », e che la difficoltà maggiore di lui -Starhemberg -consisterebbe appunto nel dover tentare di modificare, più che una tendenza, un abito mentale. Al riguardo, mi risulta che lo Starhemberg mantiene tuttora detta sua impressione.

Per ultimo, nel diSJCorso in parola, è da rilevarsi anche la frase seguente:

* «a proposito della collaborazione. dei due Stati tedeschi in politica estera, il signor Schuschnigg ha dichiarato che l'appoggio reciproco austro germanico in poliUca estera ed un eguaile orientamento è stato possibile in ogni occasione in cui si trattava d'interessi generali tedeschi»* Cl).

Ora, sia per questa frase, che per quella riferita più innanzi, circa l'esistenza dell'Austria, quale prodotto d'una necessità politicamente forzata, non v'ha dubbio che il Cancelliere ricorrerebbe se fosse chiamato ad Hlustrarla ad ovvii motivi di giustificazione; i!nvece una richiesta ufficiale di precisazione sull'esatto significato giuridico, che rivestono le parole da lui usate per iridicare l'indipendenza dell'Austria, mentre potrebbe contribuire ad un chiarimento del pensiero dello Schuschnigg, d'altra parte potrebbe essere non opportuna per l'impressione di sfiducia che ne sarebbe r1tratta.

Ad ogni modo, il discorso in questione ha destato qualche apprensione anche nel mio collega di Francia, il quale si propone di attirare l'attenzione del suo governo sulle parti principali di esso (2).

Accludo a V. E. un largo riassunto del discorso, nonché il testo tedesco stesso (3).

(l) 11 contenuto di questo colloquio fu comunicato a Ginevra con t. 84/9 R., pari data.

448

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 85 R. Roma, 15 gennaio 1935, ore 1,30.

Capo Governo, in colloquio con V:illani, ha detto ritenere conveniente che Ungheria accetti, quando sarà invitata pantecipare discussione patto non ingerenza, facendo sapere che intende far valere le proprie riserve.

Berger Waldenegg gl! ha risposto nel modo più formale che 11 Governo federale non ammetterà mai, qualunque sia per essere 11 regime interno pol!t!co della Germania, né Anschluss, né "assim!lazione "».

(l) -n passo fra asterischi è stato segnato a margine da Mussollni. (2) -Preziosi comunicò con t. 367/19 R. del 23 gennaio «Mi risulta che Lavai, impressionato dal discorso del Cancelliere austriaco di cui al mio telespresso 79 del 14 corrente. ha chiesto personalmente a questo ministro degl! affar! esteri, durante ultima sessione di Ginevra, spiegazioni sull'esatto modo di vedere dell'attuale Governo Federale nei riguardi della questione dell'[Anschluss].

(3) Non si pubblica.

449

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A TIRANA, INDELLI

T. S. 454/11 P. R. Roma, 15 gennaio 1935, ore 23.

Suo telegramma segreto 01 del 10 corrente (1).

S. E. il Capo del Governo ha ricevuto ieri colonnello Sereggi (2). Questi dopo aver esposto tragi.che condizioni in cui versa po1polo albanese, precaria situazione finanziard.a Governo e scossa situazione regime, ha, a nome del Sovrano, rivolto caldo appello al cuore del Capo del Governo italiano perché venga in soccorso del suo alleato con generoso aiuto che gli permetta superare attuale critica situazione in attesa della conclusione di accordi tendenti ristabilire cordiale collaborazione itala-albanese. S. E. il Capo del Governo ha risposto che si rendeva conto della grave situazione in cui si trovano re Zog e l'Albania ed ha promesso aiuto tre milioni franchi oro (dico tre milioni) dichiarandosi sicuro che questo aiuto sarebbe stato convenientemente apprezzato.

Autorizzo pertanto S. V. procedere versamento somma di cui si tratta, avendo cura valorizzare nel miglior modo questo atto.

450

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI SVIZZERA A ROMA, WAGNIÈRE

APPUNTO. Roma, 15 gennaio 1935.

Il Signor Wagnière mi comunica la risposta avuta dal suo governo relativamente alla mia protesta per l'atteggiamento del Journal des Nations (3). Il suo governo si rende perfettamente conto delle ragioni di tale protesta e deplora anche per parte sua il contegno del detto giornale che riconosce avere un atteggiamento sistematicamente tendenzioso contro l'Italia. Il Governo Federale è disposto a fare quanto sta in lui, compatibillmente con la costituzione svizzera, per rkhiamare il giornale ad una più corretta condotta. Farà sentire anche al Signor Aprato che non può abusare della ospitalità che gode in Svizzera quale rifugiato politico e intende anche agdre sui sovvenzionatori del giornale che, a quanto risulterebbe, sono dei circoli della Piccola Intesa.

n Ministro mi parla poi del caso Zenith. Egli ha già interessato il Capo del Governo che gli ha dato ragione. La cosa è tuttora insoluta e la Zenith, pure avendo ogni diritto dal,la sua parte, trova tutte le difficoltà a continuare ia propria attività ed è sotto la minaccia di essere sacrificata ad una sua concorrente. Il Ministro prega vivamente che il nostro governo voglia tener conto di queste ragioni e di tutte le altre che egli ha già fatto valere in varie occasioni, e in modo particolare del fatto che di fronte a 15 mila svizzeri che vivono in Italia ci sono oltre 100 mila italiani che vivono in Svizzera.

(l) -Non inserito nel registro dei telegrammi !n arrivo. (2) -Capo della delegazione albanese per negoziare il concordato con la Santa Sede. (3) -Cfr. n. 325.
451

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOMBIERI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 9/1004/118. Tunisi, 15 gennaio 1935 (per. il 18).

Dopo quanto ho avuto l'onore di riferire col rapporto n. 6/762/88 del 10 corrente (1), l'azione di questo Ufficio ha continuato intensamente a sollevare e rincuorare l'animo dei nostri, facendo loro comprendere la esatta portata degli accordi di Roma.

A tale fine ho convocato i Vice Consoli di Susa, Sfax e Btserta, sia per avere dirette informazioni sullo stato d'animo dei nostri connazionaili, sia per impartire precise istruzioni per una efficace azione di rincalzo.

Ho pure disposto per l'invio di fidati uomini nei centri agricoli e minerari a compiere la stessa opera.

Oggi si può dire che la situazione sia completamente dominata. I veri italiani, e sono la stragrande maggioranza, in fondo hanno compreso: si rendono conto e sono fiduciosi nell'avvenire dell'Italia redenta dal Fascismo.

È stata stroncata anche l'azione dissolvente da certuni tentata colla propaganda de1lla voce di un prestito che la Francia avrebbe concesso all'Italia.

Ma interessa che questo senso di rinata fiducia dei nostri connazionali sia corroborato da alcune realizzazioni pratiche e visibiU, che diano la precisa persuasione ·che non si è in regime d1 liquidazione.

Rivolgo per questo caldo a;ppello a V. E. che le proposte che saranno da me formulate per la costruzione del nuovo Ospedale, la Casa del Balilla, le Case deg<li Italiani, gili Asili, le modHicazioni alle Scuole siano accolte e subito attuate.

I nostri connazionali attendono wltresì ansiosamente la sistemazione futura delle condizioni di stabHimento e di commercio, navigazione e pesca nella Reggenza.

Più presto tale sistemazione sarà concretata e più efficace e profondo ancora sarà l'effetto di tutta l'azione spiegata. Negli ambienti locali francesi la notizia degli accordi itala-francesi è stata accolta bene, salvo s'intende qua1che e>lemento coloniale estremista.

Grande e deprimente effetto invece ha prodotto l'accordo di Roma sul!la massa indigena. Questa contava, o per meglio dire speculava, molto sulle diverg,enze itala-francesi nei riguardi della Tunisia.

In questi mesi, e più spedalmente in questi giorni, in cui l'agitazione indigena contro la Francia aveva r.ipreso, gli elementi dirigenti desturiani sono rimasti delusi, privi di queHo che ritenevano un appoggio morale aua loro

causa.

È certo che il Governo della Reggenza oggi preoccupato del movimento locale musulmano:· si sente più libero nell'azione di fronte ad esso ed assumerà atteggiamenti e prendeii'à ;provvedimenti che non avrebbe certo pensato di prendere se la situazione nei nostri riguardi non fosse mutata.

(l) Non pubblicato.

452

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 233/16 biS. Ginevra, 16 gennaio 1935, ore 0,10 (per. ore 3).

In seguito telegramma Drummond circa colloquio avuto con V. E., Eden ha comunicato stasera ad Avenol che tentativo inglese cercare base soluzione incidente Ual-Ual doveva considerarsi fallito. Successivamente delegato etiopico ha consegnato Avenol lungo memoriale col quale si chiede in modo formale iscrizione ricorso etiopico aLl'ordine del giorno sessione in corso. Consiglio deciderà d11ca tale iscrizione in seduta .privata già fissata per domani mercoledì alle ore quindici. Essendo discussione in tale sede di carattere strettamente procedurale, iscrizione non (dico non) appare evitabile. Resto in attesa istruzioni dopo la comuni·cazione te,lefonica avuta con S. E. Suvich.

453

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 253/17 R. Ginevra, 16 gennaio 1935, ore 12,10 (per. ore 13,40).

Provocato ieri r.i.unione Eden Avenol per liquidazione questione ungarojugoslava. Scopo evitare triplice ordine inconvenienti di cui mio telegramma

n. 15 (l) ho prospettato opportunità chiudere al più presto vertenza pur dando al Governo jugoslavo tempo ne,cessario preparare sua opinione pubblica. Si è convenuto che relatore Eden senza aspettare sessione maggio del Consiglio si liJllliterebbe in questa sessione prendere a~tto del'l'avvenuta consegna del memoriale ungherese mentre Lavai si sarebbe adoperato presso Governo jugoslavo per ottenere che questo affrettasse oppoQ'tuna preparazione propria opinione pubblica. Al termine di questo periodo Eden avrebbe redatto un rapporto da d~stribuirsi ai membri de'l Consiglio nell'intervallo fra due sessioni.

In tal modo vertenza potrebbe venire liquidata in circa un mese di tempo. Lavai mi ha detto neLla serata di ieri di essere sulla buona strada nel convincere Fotich. Riferirò v. E. su successivi sviluppi della questione.

454

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 256/20 R. Ginevra, 16 gennaio 1935, ore 13,20 (per. ore 16).

Beck ha voluto incontrarmi per discutere patto danubiano. Ho lumeggiato tutti aspetti problemi sviluppando argomenti già esposti da S. E. Bastianini (2).

{l) Cfr. n. 445.

Convenendo meco sulla opportunità patto, Beck mi ha detto di essersi espresso favorevolmente su di esso anche a Berlino ed a Budapest. Ha aggiunto di avere rilevato a Berlino alcuni indizi che ·Io inducono a credere in una maggiore comP,rensione del problema da ,parte tedesca. Ha con~luso dicendo qualunque possa essere r.isultato Polonia interpreta inv.ito a parteciparvi qua:Ie gesto amichevole R. Governo.

L'ho interrogato su patto orientale. Ha detto che conversazioni e corrispondenza avute con Barthou su tale argoonento non hanno condotto che a concessioni insignificanti da parte f1rancese e quindi non hanno potu·to mutare punto vista polaoco che resta di sostanziale rifiuto mascherato da una formale arrendevolezza a continuare la discussione. Comunque risposta definitiva pola;cca sarà subordinata alla risposta tedesca, che egJi persiste nel credere sarà negativa. Secondo Beck attuale ripresa conversazioni per atto orientale è dovuta aU'interesse preva;lentemente personale di Litvtnoff che fa pressioni sulla Francia per riprendere trattative.

(2) Cfr. n. 408.

455

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 258/14 R. Parigi, 16 gennaio 1935, ore 13,40 (per. ore 17,34).

Votazione per la Sarre è stata una sorpresa meglio ancora una disillusione per il ,mondo politico francese.

Invero non si credeva più negli [ambienti politici] al trionfo dei sostenitori dello statu quo, ma si sperava che una forte maggioranza si sarebbe manifestata contraria al ritorno di quella provincia alla Germania nazista.

Fra i pochi che non contavano affatto in un risultato favorevole credo debba porsi Lavai, il quale non esitò assunto da poco ministero degli affari esteri, di·chiararre che la Sarre era tedesca ed era logico che tornasse alla Gevmania.

Comunque manifestazione di forza del naziona.rlismo tedesco ispira qui apprensioni e renderà forse più cauti i patrocinatori di una intesa diretta franco-tedesca.

Si fa già co~~rere vnce che l'Austria è perduta e che nazismo austriaco, stretto parente di queUo tedesco, non tarderà a impadronirsi di Vienna.

Giunge anche notiz.ia di un certo nervosismo della Piccola Intesa, assecondata dall'ormai famigerato ministro degli affari esteri turco. Si propaga che Pi·ccola Intesa abbia lascLato intendere che non aderirà al pwcesso verbale romano concernente Austria se prima 1a Francia non porterà a conclusione, con o senza Germania e Polonia, Patto Orientale di mutua assistenza.

Sono voci che vengono da Ginevra e che possono essere più facilmente controllate colà.

Però vi deve essere qualche cosa di vero perché la notizia è stata raccolta anche da signora Newevieweta Bonis dell'Oeuvre, notoriamente a·l servizio del Quai d'Orsay.

Non c'è d'altra parte da meravigliarsi che sia cosi.

Si ripeter.ebbe tattica adottata dagli alleati centro-balcanici della Francia contro il patto a quattro.

Piccola Intesa perduta la prima partita con la conclusione degli accordi romani, prepara alla Francia secondo ricatto.

È indubbio d'altra parte che, mentre intesa it8!lo-francese incontra largo

favore nell'opinione pubblica francese, si odono infine già voci discordanti per quanto finora sommesse in alcuni ambienti politici e anche (così mi è stato assicurato) nel seno stesso del Governo. Opposizione sarebbe capitanata dal ministro dell'interno. Mi propongo controllare meglio quest'ultima notizia.

Titulescu e Benes trovano dunque terreno favorevole al loro subdolo consueto lavoro.

Lava! ha tempo domani di resistere cavillando a tutto questo armeggio, ma è necessario che egli prenda posizione presto e faccia intendere agli alleati di fuori e agli amici di dentro che non consentirà che si intacchino accordi romani.

Mi propongo intrattenermi con lui al suo ritorno da Ginevra.

456

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

T. 89/11 R. Roma, 16 gennaio 1935, ore 18.

Il ministro di Ungheria ha comunicato un messaggio del presidente GomBos (l) del seguente tenore:

«Gli ungheresi hanno presentato il risultato della loro inchiesta, che si conchiude con la punizione di alcuni funzionari ritenuti responsabili di negligenza. L'Ungheria intende che la questione sia liquidata in questa stessa sessione del Consiglio. Era stato promesso all'Ungheria che con la consegna dei risultati dell'inchiesta la cosa sarebbe stata liquidata. Pare invece che a Ginevra, sopratutto Eden, voglia rinviare la presa in considerazione e la liquidazione del memoriale ungherese attendendo anche i risultati di Marsiglia. Le due cose sono del tutto indipendenti. L'Ungheria, se la questione non viene liquidata ora, intende revocare il memoriale; si riserva di sollevare al prossimo Consiglio la questione delle minoranze e della espulsione dei cittadini ungheresi e avverte che, fino a che la questione non sarà liquidata, non può entrare in nessuna trattativa alla quale partecipi anche la Piccola Intesa, il che vale anche per la convenzione per l'Austria.

n Governo ungherese ritiene che questi argomenti dovrebbero essere presi in considerazione anche dal signor Lava!.

3S -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

II Governo ungherese chiede quindi che H Ca:po de'l Governo voglia dare disposizioni precise in questo senso per rafforzare l'azione che già è svolta al fine suindicato dalla delegazione a Ginevra e che, se lo ritiene opportuno, voglia fare presenti le ragioni dell'Ungheria al signor La val:..

Prego V. E. di tener conto nelle trattative di tale desiderio ungherese e di far presenti le ragioni addotte nel messaggio del presidente Gombos al signor Lavai aggiungendo da parte nostra che sarebbe opportuno liquidare subito l'incidente per dare all'Ungheria la possibilità di partecipare assieme agli altri paesi danubiani alla convenzione di non ingerenza, altrimenti bisognerebbe rimandare tutto di alcuni mesi (1).

(l) Il messaggio era stato comunicato lo stesso giorno.

457

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 309/010 R. Vienna, 16 gennaio 1935 (per. il 19).

Il risultato del plebiscito della Sarre ha destato in questi circoli politici tanto maggiore impressione in quanto dalle notizie, pervenute un po' dappertutto, si era tratta la convinzione che una forte minoranza si sarebbe dichiarata con ogni probabilità per il mantenimento dello statu quo. Nel grosso del pubblico l'impressione è stata altresì viva; ed a ciò, oltre alle ovvie ragioni sentimentali e partigiane, hanno pure contribuito le tante notizie che la stampa minore è andata in questi ultimi tempi pubblicando circa l'azione e l'importanza degli elementi antinazisti, nella regione i!n paroia.

Ad ogni modo non vi son stati disordini, nè incidenti di speciale rilievo.

Contrariamente alle notizie diffuse dalle stazioni radio tedesche, tutte le università sono rimaste tranquille. Inoltre, in tutto il paese, giusta quanto mi ha detto il sottosegretar~o di Stato alla sicurezza, non si sarebbe proceduto che ad una diecina di arresti, in parte non mantenuti; solo in Baden si è verificato lo scoppio d'un grosso petardo. A Linz si è poi creduto di far sboccare l'eccitazione popolare in una riunione di quel fronte patriottico, in un locale chiuso, e nella quale ha parlato in tono moderato il capitano provinciale Gleisner.

Da parte sua, U commissario per la propaganda Adam, ha parlato alla radio, sostenendo il concetto già riferito a V. E. col mio telegramma n. 11 (2), ma insistendo sul pu:nto che, durante tutta la campagna ter!I'orista nazista, il Governo ed il popolo austriaco hanno fatto qui sempre una netta distinzione

Continuo a trattare In pieno accordo con Kanya ~.

fra il popolo tedesco ed il partito nazionalsocialista; donde la soddisfazione generale per i risultati del plebiscito «giacché quello che è utile al popolo tedesco ed alla pace europea è bene anche se è destinato a portare un impulso momentaneo al partito nazionalsocialista ed alla sua propaganda~

Da parte loro i giornali hanno svolto concetti similari.

Senonché l'assenza di manifestazioni è da ascriversi meno ad un naturale riserbo della popolazione a fondo nazista che a precisi ordini venuti, come ormai· consta, daHa Germania; sicché la circostanza della prevalente calma non può essere considerata come un indizio che gli eventi della Sarre abbiano qui avuto scarsa eco, o siano per !asciarvi una liieve traccia. Difatti, come ha avuto del resto a dirmi una seria persona.lità poutica, il plebiscito, nonostante l'incontestabile differenza intercedente fra la questione austriaca e quella della Sarre, è per l'Austria un indubbio colpo, anche per l'incitamento e gli al'gomenti che ne trarranno gli imbaldanziti nazi per la loro propaganda. A ciò devesi poi aggiungere la sicura aspettazione dei nazisti che il Reich, risolta la questione della Sarre, concentrerà adesso tutti i suoi sforzi per il raggiungimento delle sue mire sull'Austria.

Infine è da tener presente l'impressione ricevuta dal cancelliere, già propenso, come ho riferito, a sottolineare l'eventuale esito favorevole del plebiscito con manifestazioni deno stesso fronte patriottico. Al riguardo è interessante quanto un min~stro mi ha riferito nella più stretta confidenza: ossia che lo Schuschnigg ebbe ieri ad osservargli che, di fronte al fatto che la stessa Francia, all'ultimo momento, aveva nella Sarre rinunziato ad ogni opposizione pur di non inasprire i suoi rapporti con la Germania, egli non sapeva assolutamente rendersi conto dell'opposizione mossagli da Starhemberg e da Berger per la sua proposta più sopra indicata.

Questo modo di vedere del cancelliere trova poi rispondenza nella surriferita dichiarazione del colonnello Adam, la quale merita attenzione sopratutto pel fatto che l'Adam, amicissimo dello Schuschnigg, comincia ad essere sospettato dai leaders heimwehristi come il principale esponente delle correnti favorevoli ad una pronta intesa con l cosiddetti «nazionali:&; e come un esponente altresi di quene correnti estremiste cristiano-sociali, le quali, profondamente antagoniste deUe Heimwehren, vanno un po' assumendo verso i «nazionali:& la stessa posizione che nel passato avevano i socialdemocratici.

Desidero però aggiungere che ieri, in un ricevimento presso questa legazione di Francia, il cancelliere ha peraltro fatto un'esplicita dichiarazione, di particolare rilievo. Difatti,. avendogli i,l signor Puaux chiesto che fondamento avesse la notizia pubblicata da un giornale francese -cioè che il von Papen avesse detto che i risultati della Sarre avrebbero dovuto avere importanti ripercussioni in Austria, dov'era da attendersi la chiamata al Governo di qualche esponente « nazionale » -il signor Schuschnigg ha dichiarato nel modo più reciso che l'aspettativa del von Papen sarebbe rimasta assolutamente delusa, il Governo austriaco non avendo mai, neppure lontanamente, pensato ad una siffatta eventualità. Nel prosieguo della conversazione egli ha anche detto che l'Austria non poteva considerare con apprensione un riavvicinamento tra Parigi e Berlino; il che non sarebbe stato il caso se questo avvenimento non fosse stato preceduto dall'incontro di Roma, fra il Duce ed il sagnor Lavai.

(1) Alolsl rispose con t. 280/25 R. del 17 gennaio: «D'accordo con Kanya ho portato stamane a conoscenza di Lava! e di Eden Il dispaccio di Gombos a V. E. e la comunicazione che In proposito V. E. m'incaricava di fare a Lava!.

(2) Cfr. n. 402, nota l, p. 419.

458

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTERO DELLE CORPORAZIONI (l)

TELESPR. RR. 201600. Roma, 16 gennaio 1935.

Telespresso di questo Ministero n. 224064/C. del 23 luglio u.s. (2).

Con riferimento da ultimo al telespresso sopracitato e a comunicazioni fatte in via breve da questo a codesto Ministero sull'argomento in oggetto, si ha 11 pregio di trasmettere qui allegata copia di un appunto in cui è riassunta una conversazione avuta a questa Ministero con il Dr. Rajchman, ex delegato tecnico della S.d.N. presso il Consiglio Economico Nazionale cinese.

Come codesto on. Dicastero vedrà, quanto ha detto il Dr. Rajchman si connette con l'importante progetto di collaborazione itala-cinese e sembra anzi facilitarne l'attuazione, specialmente perché i fondi da impegnare sarebbero di un ammontare minore di quello indicato dall'ex Ministro delle Finanze Cinese, T. V. Soong quando venne a Roma.

Presi gli ordini di S. E. il Capo del Governo, si prega codesto Ministero di volere nella sua competenza studiare le proposte di cui all'appunto sopracitato e dare ad esse, per quanto è possibile, forma concreta, dopo avere preso opportuni contatti con i circoli finanziarli e industriali interessati, al fine anche di preparare le comunicazioni del caso per il R. Ministero delle Finanze.

459

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 16 gennaio 1935.

Ho avuto stamane con Simon un lungo colloquio.

Ho trovato questo Segretario di Stato, di ritorno da Ginevra e sopratutto dal periodo di riposo natalizio, insolitamente fresco, vivace e ottimista. Egli ha cominciato col ripetermi ciò che aveva tenuto a scrivermi personalmente in una lettera qualche giorno fa, e cioè la sua profonda soddisfazione per i risultati dell'incontro fra Te e Lavai, e la sincera ammirazione per il modo con cui Tu hai impostato e concluso le trattative (3). Questa, del resto, è l'opinione generale e incondizionata che ho trovato, al mio ritorno dappertutto in Inghilterra in questi circoli, non soltanto politici, ma negli stessi ambienti commerciali e della City. Tu sarai già al corrente direttamente delle ripercussioni favorevoli che sulla Borsa inglese hanno avuto gli Accordi di Roma.

Dicendo questo egl! si riferiva anche alla maniera con cui V. E. era riuscita far prevalere 11 suo punto vista d! voler far partecipare gl! Stati della P. I. agli accordi come enti separati e non come blocco unico ».

Ieri sera, Sir Austen Chamberlain e Lord Reading, i quali possono essere considerati l'uno capo della maggioranza governativa della Camerra dei Comuni, e l'altro capo della maggioranza governativa della Camera dei Lords mi sono ambedue venuti incontro con espressioni di entusiasmo e parole di soddisfazione per questo avvenimento che Simon ha stamane con me definito come l'inizio di un nuovo ca;pitolo, non solo deHa storia d'Italia e di Francia, ma dell'Europa intera. Nessuno più di me, Duce, è in grado di valutare la misura del Tuo grande personale successo nel vincere difficoltà per un Accordo · che sino all'ultimo momento apparivano pressoché tnsormontabili.

Simon ha riportato dal suo incontro con Lavai a Ginevra le migliori impressioni. Lavai ha tenuto a comunicargli personalmente l'un dopo l'altro i testi degli Accordi di Roma commentandogliene minutamente il contenuto e la portata. Simon, che aveva tali documenti stamane sul suo tavolo di lavoro, mi ha detto di avevli letti e studiati attentamente e che essi tuttora formano oggetto di esame da parte degli Uffici del Foreign Office e dei membri del Governo bvitannico. Particolare attenzione è stata data naturalmente al Protocollo concernente l'Austria, intorno al quale io ho pregato Simon di dirmi a quali conclusioni era arrivato il Governo britannico, dopo l'ultima riunione del Gabfnetto che si è anche occupato di questo problema.

Simon mi ha risposto dicendo che il Gabinetto aveva riconfermato quello che del resto Tu conosci già perfettamente su questo punto: essere cioè difficl:1e, per qualsiasi Governo inglese, di aderire formalmente agli Accordi di Roma circa l'indipendenza austriaca. La lettera di tali ~:wcordi porterebbe a delle interpretazioni di natuva estensiva tale da rendere quasi impossibile una accettazione di essi da parte del Parlamento britannico. D'altra parte il Governo inglese ha già assunto colla dichiarazione delle tre Potenze un impegno preciso nei riguardi dell'Austria e a questo impegno non intende venir meno. Non solo, ma Simon mi ha confermato essere disposto, quando e qualora i Governi di Roma e di Parngi ne ravvisino l'opportunità, di studiare una qualche dtchiarazione aggiuntiva, nella quale si trovi modo di confermare qual'è la polirtka del Governo britannico sul problema dell'Austrda e l'impegno alla consultazione col Governo italiano e col Governo francese.

Civca la prossima visita di Flandin e Lava;! a Londra ho domandato a Simon se il Governo britannico aveva preso delle decisioni sul carattere e sopratutto sul limite e ra portata delle conversazioni che avranno luogo tra i rappresentanti di questo Governo e quelli francesi. Simon mi ha risposto che la visita di Flandin e di Lavai avrà naturalmente un carattere assai diverso dall'incontro di Roma, non esistendo sul tappeto specifiche questioni francoinglesi da risolvere. Ma non sarà tuttavia una semplice visit,a di cortesia. II Governo britannico ha in animo di affrontare direttamente questa volta la s>ituazione. Simon mi ha detto, quasi enfaticamente, che al punto in cui si è giunti, se si lasciasse stavolta gli avvenimenti andare per la loro china, ciò significherebbe compromettere quasi si,curamente a breve scadenza la pace dell'Europa. Bisogna continuare senza ulteriori tempor,eggiamenti e ritardi l'opera cominciata a Roma. Il Governo inglese è conscio della sua responsabilità e vuole approfittare della visita dei due Capi della politica francese per dare una spinta risolutiva a quell'insieme di trattative e ac,cordil. nel

campo degli armamenti, che hanno avuto neHa questione dell'eguagUanza di diritti e del riarmo tedesco il punto cruciale di arresto. A tale punto Simon mi ha domandato se io sapevo, fino a quale punto era stato trattato il problema degli armamenti fra il Duce e Lavai. Ho r~isposto che non lo sapevo; ma che supponevo il problema fosse stato esaminato, dato che era stato stabilito uno speciale accordo al riguaTdo. Simon mi ha detto che il Governo britannico conviene interamente con quanto era stato concluso tra iJ Duce e Lavai, circa il disarmo unilaterale della Germania. Il Governo britannico recentemente, prima dell',incontro di Roma, aveva fatto per conto suo e per mezzo dell'Ambasciato,re britannico a Berlino una comunicazione al Governo tedesco, di contenuto analogo all'Accordo di Roma. L'unica differenza è che la comunicazione del Governo britannico era stata fatta in un modo riservato: ciò, mi ha detto confidenzialmente Simon, per non incoraggiare troppo i francesi a prendere una posizione di irragionevole intransigenza che av,rebbe finito per aggiungere nuove alle vecchie difficoltà.

Ho domandato a Simon se il Governo britannico si preparasse a presentare ai Ministri francesi delle proposte concrete. Simon mi ha risposto che il Governo britannico non avanzerà proposte concrete, ma domanderà espltcitamente a Flandin e a Lavai di abbandonare quelle che sono state le irragionevoli posizioni difese dal Ministro Barthou, che non corrispondevano allora e tanto meno corrispondono oggi alla rea1tà. Qualunque sarà il progetto che sarà in defdnitiva rìPTeso come base di discussione poco importa al Governo britannico, purché si ricominci a discuteTe una buona volta e si sia tutti d'accordo su un fatto, e che cioè più il tempo passa, più la Germania si arma, e poiché la guerra preventiva per fermare o impedire la nuova corsa agli armamenti tedeschi è inconcepibile, non rimane altro se non fare alla Germania delle sostanziali concessioni fissando nel contempo un preciso limite dei suoi armamenti.

Simon ritiene che Flandin e Lavai daranno una risposta in massima favorevole al punto di vista inglese, ma nello stesso tempo, pur dichiarandosi disposti ad esaminare con uno spirito nuovo le domande tedesche, domanderanno che l'Inghilterra e l'Italda appoggino le richieste francesi in materia di sicurezza, specie per quanto riguarda il famoso Patto Orientale. L'Inghilterra, ha continuato Simon, non ha difficoltà a dare alla Francia tutto l'appoggio desiderato, sempre purché non si tratti di nuovi impegni contdnentali da assumersi da parrte inglese. Simon non cl'ede che nella situazione presente un accordo sulla limitazione degli armamenti possa avere l'estensione e l'universalità previste dalla Conferenza del Disarmo. In questi ultimi due anni troppi fatti nuovi si sono verificati che rendono impossibile un accordo internazionale su tale base. La politica del Giappone, de.Jla Russia e dell'America è ormai orientata verso linee nuove e sarebbe vano e pericoloso per l'Europa tentare di associare alla politica europea le necessità e i pericoli della poJitica transoceanica. Occorre considerare degli accordi il più possibile limitati geograficamente e limitati alle diverse specie di armamenti. A questo punto Simon ha insistito sul solito tema caro a tutti i disarmisti britannici, e cioè sulla necessità di un accordo di limitazione nei mezzi di offesa aerea. In conclusione, il Governo britannico non ha progetti concreti, però sembra determinato questa volta a non lasciare drift la situazione, bensi ad agire fino al Hmlte del possibile nella nuova favorevole direzione che gli Accordi di Roma e la conclusione dei problema della Sarrre hanno impresso nella scorsa quindicina agli avvenimenti politici d'Europa. «Troveremo i tedeschi più duri, ha esclamato Simon, di qualche tempo fa. Certo la situazione è migliorata in loro favore. La vittoria neUa Sarre, una migliorata situazione economica, una maggiore unità politica raggiunta in questi ultimi mesi dal regime hitleriano, la coscienz,a di avere coll'uscita da<Ua S.d.N. segnato un successo della propria politica estera, tutti questi elementi daranno alla Germania un senso di maggiore intrattabilità. Ma non importa. Peggio sarebbe attendere oltre. Se prima dell'esta'lie non avremo raggiunto un accordo, e non s~aremo riuscitli a portare la Germania di nuovo, ins~eme con noi, quarto elemento necessario del quadrivio europeo, prevedo giorni foschi per l'Europa. Dobbiamo riuscire a tutti i costi.

Simon ha continuato dicendo che egJi si terrà in continuo contatto con Te per quella indispensabile azione comune da esercitarsi contemporaneamente da Londra e da Roma, azione comune che egli considera come la prima base del successo. «L'Inghilterra ha assistito, ha detto infrine Simon, con infinita soddisfazione allo spettaco,lo delle truppe inglesi e deUe truppe italiane affratellate nella Sar,re, durante un momento assai cri,tico delle relazioni tra Francia e Germania. La coscienza pubblica inglese ha visto in questa manifestazione tangibile di collaborazione itala-inglese una prova concreta di quella che potrà essere domani, sulla base del Trattato di Locamno, un'azione comune italabritannica per garantire la pace d'Europa~.

Questo sentimento, io posso dire, non è soltanto di Simon. Durante la scorsa estate a Riccione, commentando un mio rapporto sulle tendenze isolazioniste di alcuni gruppi della politica britannica, Tu mi dicesti: «Non durerà molto. L'Inghi:ltevra sarà costretta a tornare in Europa assai più presto dl quello che gli inglesi non pensano :.. Ed infatti i battaglioni di truppe inglesi che hanno attraversato la Manica per recarsi nella Sarre sono stati accompagnati da mamifestazioru dd entusiasmo popolar,e che nessuno avrebbe mai potuto immaginare soltanto qualche giorno prima. Londra oggi non prende più sul serio Lord Beaverbrook, leader dei gruppi isolazionisti britannici, ma di lui si dice ridendo che Lord Beaverbrook da leader degli isolazionisti è passato ad essere ad un tratto il più iso[ato dei leaders.

(l) -Inviato, per conoscenza, all'ambasciata in Cina. (2) -Non pubblicato. (3) -Nell'esprimere lo stesso g!udlz!o a V!tett! Simon aveva detto, a proposito degli accordi Mussolin! Lavai: «che, per quanto egli non avesse ancora necessarie comunicazioni e particolari sugli accordi, quanto era apparso nel comunicato al g!ornall gli era sufficiente a giudicareche essi erano genialmente concepiti e sap!entemente congegnati.
460

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 96/13 R. Roma, 17 gennaio 1935, ore 2.

Telegramma di V. E. n. 25 (1).

Pignatti ha già informato Qual d'Orsay.

Nel dare comunicazione del processo verbale ai fini della raccomandazione ivl contenuta, sarà bene che ella facci·a 11ilevare che, come appare dal contesto del documento e anche dalla cir.costanza che codesto Governo è stato informato durante il corso delle trattative, non abbiamo affatto inteso di mettere la Germania di fronte al fatto compiuto, ma abbiamo inve·ce mirato ad offrirle il modo di poter partecipare alla collaborazione comune anche in questo importantissimo campo.

V. E. vorrà poi far conoscere le osservazioni di codesto Governo, dopo che esso avrà studiato il documento rimessogli in merito all'invito col documento stesso rivoltogli.

(l) con t. 234/25 R. del 15 gennaio Cerrut! aveva riferito quanto segue: «Mio collegadi Francia m! comunica che avendo telefonato a Léger questi gl! ha risposto di attendere tuttora d! essere messo al corrente dal Conte P!gnatt! del modo con cui noto accordo deve essere comunicato al diversi Governi».

461

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 287/27 R. Ginevra, 17 gennaio 1935, ore 16,50 (per. ore 18).

Ieri ceduto sue lunghe insistenze e ricevuto Tevfik. Secondo solito cominciato dis·cutere rurgomenti disparati prima abbordare questione accordi Roma per la qua·le egli effettivamente era venuto.

Prospettato alcune difficoltà regulamento questione Sarre esponendo sua idèa che soluzione potrebbesi ricercare in sessione Consigl!io da tenersi Roma. Confutato sue cerveHotiche divagazioni e colto occasione per ripetergli stessi argomenti svolti da S. E. Suvich con ambasciatore Turchia scopo dimostrare catena intrighi intessuta da vario tempo da Tevfik ai nostri danni. Data lunga conoscenza che ho dell'uomo ho potuto rinfacciargli molte verttà fra cui accordo militare turco-jugoslavo (1).

Infine venuto parlarmi accordi Roma dolendosi V•ivamente esclusione isolamento Turchia e obiettando diversità trattamento riservato alla Polonia. Facilmente d,imostratagli diversità rispettive situazioni, ma egli mantenuto suo punto vista. Nel corso conversazione sfuggitagli confessione che per nostra colpa Turchia aveva dovuto prendere precauzioni intendendosi con Germania, la quale, secondo lui, non aderità accordi Roma senza consenso Turchia.

Non ho voluto dare Tevfik soddisfazione approfondire questione, ma ritengo che egli deve effettivamente avere intrigato a Berlino, dove sarebbe opportuno richiedere schiarimenti in proposito. Mi risulta che Tevfik da Ginevra si recherà ora direttamente Berlino.

Da questo e da arltri colloquì, come pure da sempre maggiori difficoltà che incontro nella ricerca soluzione incidenti abissino e ungaro-jugoslavo, e che mi vengono anche da rappresentanti di Stati che non erano soliti prendere pos1~1one cont·ro di noli, ho ragione di desumere che una concorrenza va deUneandosi fra patto Roma e patto orientale.

(l) Cfr. il seguente brano del t. 295/10 R. di Galli dello stesso 17 gennaio: «Può certo presentarsi occasione per chiarire, come suggeritomi da Aloisi, con questi uomini responsabili di Governo quale sia il danno della inquieta e bugiarda politica di Tevfik Ruschdl bey ».

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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 289/28 R. Ginevra, 17 gennaio 1935, ore 23,15 (per. ore 0,50 del 18).

Seguito mio telegramma n. 22 (1).

Deleg,ato etiopico ha esercitato oggi nuova pressione inviando al segretario genera-le lettera con cui ha 'Chi,esto, su istruziorn del suo Governo, che ricorso etiopico (2) di cui giorno 15 egli aveva richiesto formalmente iscrdzione, fosse discusso nella prima seduta disponibile del Consig,ldo.

Ho trascorso mattinata in lunghe conversazioni con Lava:l, Eden, Avenol, riconfermando punti fermi nostra tesi.

Data impossibilità manifesta da parte Consi~o sopra;ssedere ulterdormente iscrizione ricorso, ho ot,tenuto che Consiglio in seduta privata si limitasse semplicemente a prendere atto l"'lcezione richiesta delegato etiopi,co, senza che vi fossero dichiarazioni da parte di alcuno, né si adottassero decisioni circa fissazione data discussione. Ne'l pomeriggio seduta privata Consig<M.o svoltasi si,csome era concordato.

Laval ed Eden mi hanno dichiarato che intanto da parte loro continueranno esercitare pressioni su delegato etiopico.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 304/015 R. Berlino, 17 gennaio 1935 (per. il 19).

È venuto or ora a vedermi ·l'ambasciatore d'Inghilterra che si è mostrato assai preoccupato per un colloquio avuto ieri col segretario di Stato von Blilow dopo un pranzo da questi offertogli in casa sua. Sir Eric Phipps mi disse che il suo ospite, ancorché ~n forma estremamente cortese, si espresse con lui in termd.ni che non lasciavano sussistere alcun dubbio che i tedeschi avrebbero assunto un atteggiamento negativo di fronte ai vari patti sottoposti alla loro approvazione (patto orientaie e patto per l'Austrda e l'Europa centrale), che non sarebbero rientrati nella S.d.N. e che non av·rebbero desiderato par.tecipare ad una conven~ione circa gli amnamenti. H mio collega inglese aveva chiesto a von Biilow di spiegargli allora che cosa significasse la frase del discorso di Hitler, dopo H plebiscito deBa Saar, secondo la quale « peli." grande ed incondizionata che fosse la sua decisione di ottenere ed assicurare ana Germania la parità dei diritti, altrettanto intendeva di non sottrarsi a quei compiti che servono a stabilire una vera soUdar!ietà delle nazioni di fronte ai pericoli e a;lle miserie attuali:..

Egli l'aveva infatti interpretata come un'intenzione del cancelliere del Reich di collaborare con le altre Potenze aJla soluzione dei vari problemi politici. Von Biilow aveva risposto che egli non aveva ancora avuto occasione di intrattenersi a lungo col barone von Neurath dopo 1.1 ritorno dì quest'ultimo dalla Baviera dove aveva veduto Hitler, cosicché non era in grado di dirg.li nulla di preciso al riguardo. Osservava per altro a titolo personale che la Germania non aveva alcun interesse ad entrare :in un groviglio di patti o a partecipare di nuovo alle discussioni di Ginevra, dato che essa era :riuscita ad ottenere da sola quanto voleva, e che non poteva certo sperare di ottenere di più e di meglio. Poco interessava alla Germania che le sue realizzazioni avessNo o no la sanzione IegaJe altrui. L'essenziale era per essa di avere ottenuto quello che voleva e di poter continuare ad agire tn piena ed assoluta libertà.

Sir Eric Phipps trovava che questo cinismo era assai preoccupante e temeva che le idee svolte da von Biilow, ancorché a titolo puramente personale, potessero rispecchiare quelle che saranno adottate dal Governo dei Reich. Egli temeva quindi che avremmo 'incontrato le maggiori difficoltà nelle nostre trattative con l'Auswartiges Amt.

LI mio collega ~nglese mi doma.ndò se avessi avuto occasione di parlare a m1a volta con von Btilow o con altri per sondare H terreno circa le intenzioni tedesche. G1i ho risposto che avevo soltanto accennato ad un a·ccordo per gli armamenti come allo scopo principale a cud. dovrebbero tendere gli sforzi concordi delle varie Potenze, scopo che sarebbe stato facilitato se il Governo del Reich avesse dato la propria adesione al patto per J'Austria e l'Europa centra\le e che il signor von Biilow si era Hmitato a :prendere nota de1le cose da me espostegli che aveva deHnito ~interessanti~ (1).

Avevo peraltro tratto !'·impressione da conversazioni avute con persone che potevano considerarsi fino ad un certo punto portavoci dei circoli ufficiali che la nuova situazione creata dalla visita di Lavai a Roma preoccupava moltissrl.mo gJi uomini di Stato ed i circoli politici tedeschi. Essi non avevano prestato soverchia fede alla possibilità dd una intesa itala-francese, ora che era avvenuta cercavano con ogni mezzo di svalutarla ma al tempo stesso consideravano ·che d'ora innanzi la Germania si sarebbe trovata di fronte ad un blocco anglo-franco-italiano il quale le avrebbe esposto, sia pure in termini cortesi, H proprio modo di vedere chiedendole di aderirvi. Si riteneva che di fronte a resistenze della Germania questa avrebbe dovuto subire l'ostilità del blocco occidentale. La Germania non era stata mai sincera quando aveva parlato di collaborazione. Lo dimostrò con l'atteggiamento tenuto all'indomani della firma d~l patto a qua.ttro, a1lorché profittò del malumore della Polonia per concludere un accordo con questo Stato e per proclamare la sua inten:llione di procede.re ad ~accordi a due , con tutti gli Stati finitimi (Austria esclusa) e con altm ancora (Jugoslavia ad esempio). Oggidì la Germania vedrebbe in una politica di collaborazione con 'le altre Potenze H pemcolo di non potere svolgere liberamente tutto il proprio programma di armamenti. La campagna di stampa iniziata dopo la v·isita di Lavai a Roma non lasciava dubbio che qui si riteneva che Italia e Francia si fossero intese per far si che una eventuale

convenzione per gli armamenti desse loro una supremazia sulle forze tedesche. E mentre, sino alla primavera scorsa, la Germania aveva tenuto a mostrarsi modesta e a dichiarare che essa non avrebbe preteso di raggiungere gli armamenti della Francia, oggi assumeva a mezzo della propria stampa un tono che dimostrava in modo evidente la .pwprù.a intenzione di armarsi quanto e più delle altre Potenze.

Condividevo quindi l'avv·iso di Eric Phirpps che avremmo avuto un compito molto arduo nel tentare di convincere H Governo del Reich a seguire una politica di collabora:zlione con i nostri paesi e che probabilmente i nostri sforzi si sarebbero scontrati contro una muraglia insormontabile. Questa sarebbe stata del resto •la conseguenza dell'atteggdamento assunto dalla Francia di non voler riconoscere il diritto delia Germania a riarmarsi e di assistere poi d.mpassibile all'avvenuto suo riarmamento. La Germania ne tirava le conseguenze e, irritata oggi dell'intesa ita·lo-francese, salutata con sodd1Jsfazione in Inghilterra, credeva potesse corrispondere ai propri interessi di fare una politica di «splendido isolamento ~ continentale, incominciando col proseguire il programma assai aumentato dei propri armamenti ter,restri ed aerei.

Sir •Eric Phiipps osservò che questa sarebbe stata pura folUa, perché la Germania non poteva pensare ad a·rmarsi in modo da tenere testa ano stesso tempo alla Francia, a.N'Inghiltema, all'Italia, all'U.R.S.S., ana P.I., ecc. Convenni pienamente con il parere del mio collega inglese, facendogli presente che era stato però egli stesso che mi aveva testé detto di avere tratto 'l'impressione, dalla sua conversa:zlione con il signor von Bftlow, che avremmo avuto a che fare con una Germania ir.raglonevole.

Il mio collega inglese mi disse infine che awebbe fatto presenti ·le proprie rupprensioni a Londra.

(l) T. 260/22 R. del 17 gennaio, non pubbllcato.

(2) Ed. in IZ conflitto italo-ettoptco, pp. 131-143.

(l) Cfr. n. 385.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 305/016 R. Berlino, 17 gennaio 1935 (per. il 19).

Riferisco qui appresso ta,lune impressionà. e notizie in relazione al plebiscito della Saar.

rl giubilo dell'intiera nazione fu immenso e sincero. Volli mischdar.mi alla popolazione di Berlino per rendermi personalmente conto dello stato d'animo. Notai ovunque la massima calma e l'ordine H più perfetto. Nessun grido e nessuna manifestazione esteriore di soddisfazione, come avverrebbe in Italia, ma ~l desiderio d1 ognuno di prendere parte al grande corteo organizzato per la serata o di trovare per lo meno un buon posto onde vederlo sfilare. E sul viso di ognuno dipinta la gioia di saper.e la Saar riunita in modo definitivo al Reich.

Il risultato del .plebiscito fu una sorpresa credo anche per H Governo. Riferii a v. E. i numerosi sintomi di nervosismo che avevo notati nei giorni immediatamente precedenti 'la votazione anche da parte di persone solitamente molto calme. Dovevano evidentemente esservi sino all'ultimo momento delle incognite circa l'atteggiamento di una parte dei votanti; maggiore di ogni altra quella concernente i cattolici ai quali i vescovi avevano impartito la direttiva di contenersi a se,conda della loro coscienza. Questa poteva evidentemente pencolare f1ra il sentimento patriottico e quello religioso e poteva tener conto delle tendenze non 'precisamente favorevoU al cristianesimo dell'ideologia nazionalsocialista. Prevalse nei cattoUd della Saar H S'entimento tedesco e fu un bene perché in ,caso contrario si sarebbe scatenata una campagna anti-cattolica assai spiacevole anche per le ripercussioni ,che avrebbe avuto nei paesi cattolici, sopratutto in Italia. Il risultato del plebiscito dimostrò che, al momento di recarsi a votare, molti avversari o tiepidi fautori del nazionalsocialismo, pensarono in primo luogo ad esprimere la Joro volontà in modo da non essere esposti a rappresaglie dopo la riunione del terr,itorio al nesso statale del Reich. È questa una constatazione che occorre tenere presente per l'eventualità che vi dovessero essere elezioni in Austria, perché lo stesso f'enomeno potrebbe ripetersi colà.

La percentuale minima di avversari fu e sarà anche in futuro sfruttata dal Governo nazionalsocialista per çHmostrare che esso possiede lo stragrande consenso dei tedesch[, ovunque essi si trovino, secondo la formuJa escogitata da Goebbels «Deutschland ist Hitler und Hitlm ist Deustchland ~.

La vittoria della Saar è stata magnificata come trionfo del «Deutschtum ~. cioè del pensiero germanico nel mondo, con la conseguenza che si penserà a ulteriori vittorie di esso. Affinché non esistano dubbi al riguardo sino da ieri mattina nelle università di Berlino comp:;trvero g'randi manifesti murali col nome di Memel e la stampa pose in rilievo i fuochi di gioia accesi sulle alture della Carinzia e del Tirolo per festeggiare la vittoria nella Saar ed i molti telegrammi di feiicitazione giunti a Hitler dall'Austrda come da altri paesi tedeschi.

Da ieri l'altro ogni piccolo borghese ed ogni popolano tedesco parla di Memel e sopratutto dell'Austria come degli scopi che debbono ora essere raggiunti per essere così forti da poter poi imporre la volontà deUa Germania al mondo intiero. Non scordiamo che Hitler è 'lui stesso un uomo del popolo, che deve le sue vittorie a'lla perfetta conoscenza della psicologia del tedesco del villaggio, della campagna e dell'officina e non prestiamo quindi fede alle sue ripetute affermazioni di pace più di quanto esse non valgano.

Sarà molto importante rendersi esatto conto della ripercussione che la votazione della Saar avrà avuto sull'animo della maggioranza degli austriaci. Qui si fa conto che il nazionalsocialismo riguadagnerà rapidamente terreno, tanto rapidamente che si conta sopra la necessità per il Governo austriaco di indire le elezioni onde evitare nuovi moti rivoluzionari.

Non è quindi verosimile che dopo la votazione del 13 gennaio Hitler possa pensare a compromettersi aderendo al patto per l'Austria e l'Europa centrale. Temporeggerà, chiedendo spiegazioni, ma non affronterà le critiche della stragrande maggioranza del popolo tedesco che all'Anschluss pensò sino dalla fine della guerra e che non vi rinuncerà mai.

H mutamento di nome alla grande strada centrale di Berlino intitolata a Stresemann dal giorno della morte di questo uomo di Stato, che ora si chiama

Saarlandstrasse era cosa decisa da tempo. Le relative targhe in ghisa erano pronte e furono sostituite durante la mattinata del 15 a quelle recanti il nome Stresemannstrasse.

Così com'era scomparso subito dopo 'l'avvento al potere del nazionalsocialismo n busto di Stresemann dall'anticamera dell'Auswartiges Amt scomparve il giorno deHa vittoria nella Saar dalle strade di Berlino il nome dell'uomo a cui si deve la liberazione della sponda sinistra del Reno ed n trattato di Locarno. Le sue benemerenze nazionali non contano di fronte all'atteggiamento fermamente ostile che egli tenne contro il nazionalsocialismo e per questa sua condotta egli deve essere radiato dal novero dei tedeschi che hanno ben meritato della patria.

Sempre più diffLcile diverrà trattare con i. tedeschi perché essi ragionano fino ad un certo punto se si sentono deboli e se credono quindi di poter ottenere qualche vantaggio impiegando l'astuzia. Appena essi s'i sentono o anche solo pensano di essere forti riprende il sopravvento :la natura germanica che non riconosce altro mezzo di azione che la forza.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 224/102. Mosca, 15-17 gennaio 1935 (per. il 21).

Ho avuto ultimamente una conversazione -di carattere confidenzialissimo -col mio ·Collega di Grecia, ~tn merito alle rela:llioni ita,lo-tumhe. Il Signor Polychroniadi:s si trova, nei confronti miei, in una situazione tale da autorizzarmi a ritenere che egli, parlandomi, mi ddoa la verità. Aggiungo che, sia per aver risieduto ad Ankara per oltre tre anni, sia per essere egli l'amico più intimo dell'attuale Ambasciatore turco a Mosca (Vassif), egli è, in materia di politica turca, oltreché competente, specialmente au courant.

Il Signor Polychroniadis mi diceva dunque sere fa constargli in modo preciso e positivo che l'URSS ha sempre, finora, dato alla Turchia consigli di moderazione e di saggezza nei nostri riguardi. Ma questo, egli aggiungeva, non basta a calmare 1a Turchia, la qua>le è orma·i presa, nei nostri confronti, da un «senso quasi fisico di paura» che, una volta suscitato, è diffi.cile distruggere.

Ho obiettato sembrarmi strano che la Turchia si sia posta in questo stato di panico adesso, per fatti (fortificaz,ioni di Lero) risalenti a parecchi anni fa.

-Evidentemente, ha obiettato il Polychrondadis, un qualche cosa ci è stato che, ad un certo punto delle vostre relazioni con la Turchia, ha fatto entrare nell'animo del Ghazi (perché è ormai inutile iHudersi che l'animosità contro l'Italia sia solo dovuta a'l Signor Aras) l'elemento de'l sospetto. Una volta entrato, non è (io avevo naturalmente rievocato le dichiarazioni di S. E. il Capo del Governo a Bari) facile scacciarne.lo.

-Si tratta quindi, dissi scherzando, di una ma'lattia incurabile?

-Non so, comunque sta di fatto che, in questo momento, la Turchia punta moltissimo sulla Jugoslavia. Forse, un mig'lioramento de'Ile relazioni Roma-Belgrado influirebbe indirettamente anche su Ankara.

-Ma, domandai al mio interlocutore, non credete che, dopo tutto, dietro tutto questo ci possa ess&e un po' di doppio gioco russo?

-Vi ho già detto di no. Lo stesso Vassif mi ha ripetutamente assicurato che l'URSS f,a gran caso del mantenimento di buone relazioni con l'Italia. Del resto -e qui le dichiarazioni Polychroniadis assumevano l'accento ed n tono di «rivelazioni:. -contrariamente a quanto generalmente si crede, la Turchia non è « infeudata:. all'URSS. L'URSS crede di avere la Turchia nelle mani, ma tutti gli armamenti turch1. sono in definitiva rivolti contro l'URSS....

Non mancai, e per più ragioni -compresa quella di spingere hl mio interlocutore ad ulteriori confidenze -di mostrare al Polychroniadis tutta la mia incredulità. Replicai, quindi, che, non astante tutto, ero sicuro che se oggi scoppiasse una nuova gue,rra, la Turchia, specie dopo il riavvicinamento franco-sovietico, si affretterebbe a seguire ciecamente l'URSS.

A questa nuova asserzione, Polychroniadis rispondeva, ripetutamente ed enfaticamente, di no, aggiungendo e an:?Ji per due volte ri;petendo: «So quello che dico e in questo senso ho anche informato il mio Governo ... :..

Le rivelazioni del Polychroniadis non si fermavano qui. Egli tenne ad aggiungere, e sottolineare, che la Turchia era ora partilcolarmente inquieta con noi per i Patti di Roma, vedendovi una minaccia di isolamento ed una possibilità di resurrezione del Patto a quattro, a cui essa sarebbe irreducibHmente contraria anche perché -a differenza di altri paesi -conscia della impossibilità d'i esservi mai compresa. Comunque, sulla base del Patto a quattro, forse perché la credeva la più adatta a far presa sugli aJtri, la Turchia, secondo il Polychroniadis, stava conducendo una vera «campagna:..

A distanza di 24 ore, il Polychroniadis confevmava la notizia di cui sopra, dicendomi: «La situazione, cui vi accennavo ieri, si precisa. L'Ambasciatore Vassif, pure conosciuto per un ita;lofilo ed il cui atteggiamento quindi è particolarmente sintomatico nei vostri riguardi, è «furioso~ ed afferma constargli in modo preciso l'esistenza di una clausola segreta negli Accordi di Roma, permettente la resurrezione dei Patto a quattro. Questa situazione, mi aggiungeva il Polychroniadis, non potrà rimanere senza ripercussioni nei vostri confronti, anche agli effetti della politica russo-italiana~.

Relata rejero. Comunque, ripeto, le informazioni Polychroniadis meritano credito, non solo e forse non tanto per ,la sua presunta competenza in materia di cose turche, quanto per la sua grande intimità col mio collega di Turchia. È inutile dire che io trasmetto 'le informazioni del Polychroniadis così come le ho ricevute, cioè sotto il vincolo del più assoluto segreto.

La sera stessa, incontrando ad un ricevimento diplomatico Karakhan, Ambasciatore dei Soviet ad Ankara ora ìn congedo qui, egU si congratulava con me per i Patti di Roma, che a suo parere costituivano « un successo per noi più che per la Fcrancia ~.

Colsi l'occasione per domandargli subito se sapesse nulla dell'attitudine turca. Anche Karakhan mi confermava che i turchi erano profondamente sconcertati.

-Ma perché?

-Perché con i patti di Roma avete spezzata la incipiente saldatura fra Piccola Intesa e Intesa Balcanica e dato un colpo alla stessa Intesa Balcanica. Questo, ripeteva Karakhan, è per voi un vero successo, tanto più temuto in quanto si è sicuri (egli intendeva forse alludere ad una possibile nostra azione tn Rumania) che voi vorrete e saprete sfruttarlo.

La conversazione fu dovuta interrompere ~r il sopraggiungere di altrt convitati, ma rimanemmo intesi con Karakhan che l'avremmo ripresa alla prima occasione. Egli promise anzi che, prima di rientrare ad Ankara, sarebbe venuto a vedermi.

17 gennaio.

Sono riuscito a vedere oggi, per quanto di sfuggita, anche l'Ambasciatore di Turchia. Riferisco in stile telegrafico. Colloquio cordiale, in ore pomeridiane, adatte a serene valutazioni della realtà.

Prima ammissione:

Le prime rea:tJioni turche sono state effettivamente, di fronte ai Patti di Roma, negative. Ma il malcontento era diretto assai più contro la Francia che contro l'Italia. Adesso, il Governo turco ha adottato un'attitudine di aspettativa. li suo primo atteggiamento non va considerato perciò come definitivo. Questo dipenderà molto dalle « assi,curazioni) di La val.

(Evidentemente, col famoso protocollo Litvinov-LavaiJ., e l'offerta fatta alla Francia da Tevfik Ruschdi di un Patto Turchia -Piccola Intesa -Francia, tutti credevano di aver «legato) la Francia. I Patti di Roma hanno fatto crollare queste illusioni e la Turchia, specialmente allarmata dalle prwe reazioni rumene in senso italofilo, si è sentita completamente isolata).

Seconda ammissione:

La Turchia teme, assai più dell'URSS, una resurrezione del Patto a quattro. Si osserva in propos<ito che S. E. il Capo del Governo mentre a· suo tempo ha smentito il Patto a sei, nulla ha detto circa il Patto a quattro.

-Ma in che cosa gli accordi di Roma rievocano in voi ll Patto a quattro? -In niente di specifico. Essi, però, stabiliscono le premesse per una « politica) da Patto a quattro. I Patti di Roma, dietro cui sta l'Inghilterra, possono benissimo essere, anche solo per convenienza, accettati dalla Germania.

-Ma allora sono soltanto le intese degli altri che v'i spaventano. E non vedete che il mondo ha bisogno di una détente generale? Che se voi paventate non un Patto a quattro, ma una «politica delle grandi potenze,, allora i miei quattro anni di Londra e sette di Ginevra mi autorizzano a dirvi che

la specialità in materia è detenuta non dall'Italia, ma proprio dalla Francia e dall'Inghilterra. -Avete ragione, ed è per questo, vi ripeto, il nostro risentimento era sopratutto diretto verso Parigi.

-Non credete piuttosto che, ora che l'Italia riprende nei Balcani la posizione che le spetta, sarebbe venuto, anche per la Turchia, il momento di cambiare la sua attitudine nei riguardi dell'Italia?

-Perché no? L'occasione potrebbe forse essere psicologicamente adatta a reciproche, definitive spiegazioni.

Queste le parole conclusive di Vassif le quali, per essere state dette in ore non antelucane, hanno forse maggior valore di quelle dette in altre ore e in altre condizioni al collega di Grecia.

466

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. R. 95/482. Atene, 17 gennaio 1935.

Avendo ieri sera avuto occasione di incontrarmi col Presidente del Consig1io, gli ho chiesto quale attitudine intendesse adottare il Governo ellenico, qualora risultasse in modo sicuro che la Turchia, come hanno riferito alcuni giornali turchi e francesi, volesse assumere un contegno se non addirittura ostile, negativo e contrario ai recenti accordi di Roma.

Il signor Tsaldaris ha cercato di schermirsi dal darmi una risposta ad una così imbarazzante domanda, allegando di non aver aLcuna notizia sulle intenzioni tul'che circa i suindicati accordi: ma innanzi alla mia repUca che tutta la stampa locale si era largamente occupata di una cosi importante questione, che in base alle clauso-le dell'accordo greco-turco avrebbe dovuto dar luogo ad intese fra i due Governi, ha ftinito per ammettere che la recente attitudine turca in tale questione non mancava di preoccuparlo seriamente, poiché la Grecia, data la sua posizione geografica e le tradizionali sue direttive di politica estera, non poteva neppure lontanamente pensare di porru in contrasto con Roma e Parigi.

Egli anzi aveva la più completa fiducia che Maximos nel suo recente viaggio a Ginevra avrebbe fatto il possibile per chiarire ogni malinteso e per impedire che la Turchtia potesse adottare una linea di politka in contrasto con i recenti accordi romani, aggiungendomi che egli sperava che ciò si potesse raggiungere con la st1pulazione di un patto mediterraneo che, come ho già 11i.ferito precedentemente, costituiva da tempo una idea fissa del Governo greco, suppongo su suggerimento del signor Ruschdi Aras.

Avendogli chiesto che ,cosa fosse questo patto mediterraneo, del quale così sovente avevo sentito accennare e del quale si era occupata anche la stampa locale S. E. Tsaldaris mi disse che tale patto doveva consacrare l'inviolabilità delle frontiere degli Statti mediterranei.

Gli osservai che non capivo esattamente quale necessità vi fosse di addivenire a questo nuovo patto, dato che quelli sinora esistenti mi sembravano più che sufficienti per garantire la pace del Mediterraneo, tanto più che ormai doveva essere ben noto anche al Governo ellenico che le voci più volte artatamente sparse in Levante circa le così dette c mire imperialist~che italiane~ verso l'Anatolia erano risultate prive di ogni fondamento ed originate da coloro che avevano interesse o di turbare le relazioni italo-turche o di suscitare reazioni nazionaUstiche e xenofobe a scopi partitari e di politica interna.

Non ho mancato di cogliere l'occasione di rporre in .guardia S. E. Tsaldaris sul pertcolo che la Grecia potrebbe correre qualora, in base agli accordi esistenti con la Tur·chia, che egli stesso aveva più volte definito come quasi una alileanza, si lasciasse trascinare a seguire direttive politiche non confacenti ai suoi fondamentali interessi ed alla sua tradizionale politica estera mediterranea.

Il Presidente del Consiglio parvemi veramente compreso di tali osservazioni: ripetendomi il solito leit moti! che la Grecia non aveva mai cambiato le sue tradizionali linee di politica estera, che la portavano necessariamente alla più completa intesa con l'ItaUa e la Francia, tenne ad assicurarmi che il suo Governo, qualunque fossero gli accordi che aveva con la Turchia non avrebbe potuto seguirla, qualora essa avesse deciso di assumere un'attitudine contraria agli accordi di Roma, in una politica che avesse potuto in qualche modo porla in contrasto con Roma e con Parigi, aggiungendomi che tanto col patto balcanico quanto con gli accordi con la Turchia il suo Governo non aveva inteso che garantire le sue frontiere da ogni possibile minaccia slava, e soprattutto bulgara, e non conseguire qua.1si.asi altra finalità politica estranea ai suoi interessi.

Osservai a S. E. Tsa1daris. che per raggiungere tale scopo mi sembrava soprattutto opportuno che la Grecia addivenisse una buona volta ad una franca e leale intesa con la Bulgaria e che rista:bi:lisse con essa quelle cordiali relazioni commerciali e pollitiche che erano da tempo sospese o sospettose e che di per se stesse sarebbero state le migliori garanzie per il rispetto e l'intangibilità delle sue frontiere.

s. E. Tsaldaris, nell'·accennarmi ai recenti accordi con la Bulgaria circa n suo lodo Unden, mi assicurò che egli desiderava caldamente di giungere al più presto ad una completa intesa con tale Stato, augurandosi di trovare a Sofia le stesse buone intenzioni che esistevano al riguardo ad Atene, per quanto in merito dovesse nutrire qualliche dubbio in seguito a quanto la stampa bulgara continuava a pubblicare circa la nota spinosa questione dello sbocco bul

garo sull'Egeo.

I circoli oppositori ed indipendenti della ca;pitale noil hanno mancato di approfittare di quanto è stato pubblicato suHa stampa turca e straniera circa l'attitudine •che la Tur.chia intenderebbe assumere circa gli accordi di Roma per tornare all'attacco e dimostrare come i patti balcanici e greco-turco risultassero oggi o inutilii o dannosi per i più vitali interessi greci, minacciando essi di coinvolgere la Gr·ecia in un'azione poHtica turco-sovietica, completamente estranea alle tradizionali sue finalità .politiche.

36 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

467

IL MAGGIORE RENZETTI A ... (l)

L. P. Berlino, 17 gennaio 1935.

II Kronprinz mi ha mostrato oggi i.l telegramma di S. E. il Capo del Governo e non mi ha nascosto Ja sua soddisfazione ed il suo orgoglio per averlo ricevuto. Mi ha poi pregato di porgere al Duce vivi ringraziamenti e deferenti ossequi.

II Principe mi ha poi confermato la notizia pervenutami da altra fonte del suo lungo colloquio con Goering il quale sarebbe stato particolarmente arrendevole e gentile. Mi ha poi detto delle sue cordiali relazioni con von Blomberg, con Schacht, con von Neurath, Korner, Grauert ed altri. Egli pur sentendosi forte non si nasconde che ha delle forti difficoltà da superare.

In questo campo gli ho consigliato di essere sommamente prudente, di parlare pochissimo e di non fare critiche oltre che poi non fare della poUtlca che mette in sospetto i nazi. Gli ho invece suggerito di curarsi molto dei vescovi soprattutto nella Renania, Baviera e Westfalia e delle personalità più influenti di quella zona in maniera da attrarle a sè per formarsi una « stimmung > favorevole.

II Kronprinz ha voluto conoscere da me quanto attualmente si pensa in Italia sulla Germania e sulla sua politica. Gli ho sintetizzato quanto io ho appreso dai nostri giornaH ed ho insistito sul fatto dell'orrore provocato dai fatti del 25 luglio gravi spectalmente per il fatto della visita di Hitler a Venezia. II popolo italiano, ho soggiunto, pensa di essere stato in un certo modo tradito dai nazi tanto più che esso sa che in ogni o,ccasione è stato ripetuto che la indipendenza dell'Austria non poteva e non doveva venire minacciata. Ho aggiunto infine che se la German9.a doveva essere contenta del plebiscito della Saar non avrebbe però dovuto esagerare per non suscitare sospetti e per non dar soverchie iillusioni al popolo. Ad ogni successo, gli ho detto, corrispondono insuccessi, le cui conseguenze, per una Germania isolata, possono essere ben gravi.

II Kronprdnz si è mostrato dolente delle attuali relazioni itala-tedesche che

io gli ho descritto senza riguardi a persone. Ho creduto opportuno agire in

tale maniera perché egli così ne potrà parlare ai ministri con cui è amico.

Un alto funzionario del Ministero degli A. E. tedesco che ha conferito

recentemente con l'ambasciatore francese (2) a Parigi, mi ha confermato che in

Francia si vedrebbe con simpatia il ristabilimento della monarchia in Germania

perché tale fatto porterebbe con sé un ravvedimento dei gruppi più estremisti

tedeschi.

Rosenberg, qualche giorno fa, mi ha parlato degli attacchi della stampa

italiana contro 'la sua persona e le sue teorie. Gli ho risposto che l'atteggia

mento di alcuni giornali e riviste italiani è da imputarsi alla Germania. Finché

il significato della parola « razza » non sarà stato definito chiaramente in

maniera da escludere assolutamente H concetto della superiorità della stirpe

nord~ca, la .polemica continuerà. Gli ho tpoi fatto osservare che non è completamente vero che le questioni politiche hanno acutizzato quelle culturali, ma che più di una volta è stato e si è verif1cato proprio l'opposto.

Ho suggerito al Rosenberg, che nel colloquio si è mostrato molto conciliante e temperato, di proporre una riunione a scie.rwi.ati itaUani per addivenire ad un chiarimento. EUa così, ho soggiunto, avrà modo di chiarire n proprio pensieTo e quello ufficiale tedesco. Rosenberg si è dichiarato disposto ad agire secondo il mio suggerimento.

(l) -Il destinatario non è indicato. (2) -Sic, si tratta probabilmente dell'ambasciatore tedesco.
468

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 18 gennaio 1935.

L'Ambasciatore di Germania partendo per Berlino, chiede che cosa può comunicare riguarr-do alla procedura che si vuole seguire pel Patto dell'Europa Gentraie. Il suo viaggio a Berlino è stato determinato dal colloquio avuto col sl:gnor Lavwl la sera a Palazzo Venezia, perché egli vuole informare direttamente il suo Governo delle buone intenzioni manifestate dal Ministro degli Esteri francese.

Rispondo all'Ailllbasciatore che per ora noi ci siamo Limitati a comuni·care a tutti i Paesi interessati il processo ve1.1bale firmato a Roma; dato che il processo verbale contiene una raccomandazione agli altrd. Paesi, si può anche pensare che la comurucazione in parola r~ppresenti un invito. È tuttavia [da] r~tenere che bisognerà fissare qualche norma di procedura p~ù precisa per il seguito dell'ini2Jiativa. Non si è a tale riguardo fissato niente ancora di preciso con la Francia. Gli espongo a titolo puramente personale l'idea che potrebbe essere quella di rivolgerei alla Germania [più] che ad ogni altro [paese] (l) chiedendo dei chiarimenti sulle sue \intenzioni nei riguardi del Patto centroEuropeo. Si potrà cosi sviluppare una conversazione a tre: Italia, Francia e Germania che potrà fissare la base dell'Accordo da estendersi in seguito anche agli altri paesi. Gli rispondo però che di ciò fino ad ora non si è ancora parlato; si è soltanto manifestata, nel colloquio fra il Capo del Governo ed il signor Lavai, l'intenzione di tenere conto della situazione particolare della Germania.

L'Ambasciatore ringrazia e si ripropone di potermi riferire qualche cosa delle risposte di Berlino dopo il suo vitorno.

469

IL MAGGIORE RENZETTI A . . . (2)

L. P. Berlino, 18 gennaio 1935.

In questi ultimi giorni ho avuto spesso occasione di incontrarmi con ministri e personalità tedesche. Pur evitando di entrare in argomenti specifici,

da fvasi e da osservazioni mi è sembrato notare che esiste ancora del msentimento verso l'Italia soprattutto per le accuse della stampa che non sono dimenticate e che, come si dice qui «sitzen ». Negli ambaenti militari la politica e la condotta italiana vengono giudicate con una certa obiettività e serenità; in quelli aeronautici si insiste nell'affermare che si desiderano cordiali relazioni con l'Italia e si è voluto rupprezzare moUo il ricevimento da parte di S. E. il Capo del Governo del ,cap. Waldau e le cortesi pruroie pronunci.·ate nell'occasione dal Duce. Negli ambienti nazi regna però sempre della diff~denza verso di noi; si teme di perdere di prestigio venendo incontro all'ItaUa. I capi si sentono offesi.

La situazione della Gelilllanda in campo internazionale viene giudicata forte; quella interna è normale. Molti dei ma'lcontenti sono passati in seconda linea ed io in un giro fatto in provincia ho potuto notrure la volontà di seguire Hitler e un tal certo entusiasmo già ancora prima del plebdscito della Saar.

La forza degli S. A. è scemata di molto: sono aumentati invece gli elmetti di acci.ruio ed esiste quindi la possibilità di un acuirsi dei. noti conflitti e di un conseguente scioglimento dello Stahlhelm.

(l) -Le lacune sono dovute al deterioramento del documento. (2) -Il destinatario non è indicato.
470

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 323/31 R. Ginevra, 19 gennaio 1935, ore 21,50 (per. ore 1,30 del 20).

Confermando mia conversazione telefonica con S. E. Suvich, informo che ieri sera Lavai mi disse che Tevfik, Titulescu, Maximos si erano rivolti a lui perché egli patrocinasse presso V. E. estensione accordo Roma ai loro paesi. Lavai dopo avere convenuto meco assurdità pretesa, ha aggiunto che, se propl'io fosse impossibHe adesione accordo, i tre gli hanno dichiarato che si accontenterebbero di una sua lettera in cui egU garantisse suo appoggio al loro tentativo di concludere un patto politico di consultazione ovvero di non intervento tra Italia, Romania, Jugoslavia, Turchia, Grecia. Nel caso poi che neanche questa proposta fosse accolta hanno minacciato impedire adesione Jugoslavia a·ccordo Roma.

Ho dato a Lavai unica risposta possibile: che cioè con Governo V. E. sistema ricatto è matematicamente condannato insuccesso. In ogni modo consideravo richiesta inammissibile.

Unicamente a titolo di eventuale esame in vista opportunità allegge.rire pressione questi scontenti accordo Roma rompendone solidarietà, mi permetto esprimere opillli.one che vecchia intesa italo-greco-turca, voluta anni scorsi da

v. E., eventualmente ritoccata nei suoi te11mini, potrebbe essere via migliore per raggiungere seguenti obiettivi:

l) rompere solidarietà attuali patrocinatori patto orientale avvalendoci di un patto già esistente; 2) dlis'locare intesa balcaniea; 3) liberare da ricatto turco-gre,co adesione jugoslava al patto Roma; 4) liberarci da ricorrenti fastidi turchi concernenti Rodi; 5) togliere Turchia ogni ragione insistenza per Patto Mediterraneo.

Oggi poi Laval mi ha detto che iersera avendo riunito a pranzo delegati Piccola Intesa e Intesa Balcanica è riuscito a ridurre loro pretese a una semplice promessa verbale che 1o impegna a consultarsi in un se'condo tempo con V. E. sull'argomento delle loro r~chieste, a cui egli presterebbe suo a;ppoggio.

Ho ripetuto una seconda vo'lta a Lavai identiche obiezioni di ieri.

471

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, PERRONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 425/06 R. Bruxelles, 19 gennaio 1935 (per. il 28).

Telegramma di V. E. per corriere n. 48/C. R. dell'H gennaio corrente (1).

In conformità alle istruzioni ricevute oon il telegramma per corriere surriferito ho dato oggi comumcazione a questo ministero degli affari esterl., a titolo informativo e confidenziale, del testo del verbale italo-francese relativo all'.A!ustria ed alla Europa centrale.

Mi risulta d'altra parte che anche questa ambasciata di Francia aveva ricevute istruzioni di compiere un analogo passo.

Il direttore generale della politica, signor Le Tellier, nel ringraziarmi per la cortese comunicazione ha particolarmente tenuto a confermarmi ancora una volta la grande soddisfazione provata dal Governo be1ga per la felice conclusione dei recenti accordi di Roma, i quaU portano un così valido contributo alla pace, che è l'unica aspirazione di questo paese.

Egli ha poi espresso la speranza che la mutua Hducia così stabilitasi tra l'Italia e la Francia, e che è sperabile debba ancor più rafforzarsi col passare del tempo, possa facilitare lo stabìlimento permanente di un gran numero di italiani nelle colonie francesi le quali, essendo già attrezzate, non necessitano l'immediato impiego di forti capitali che sarebbero attualmente introvabili.

Secondo H mio interlocutore la miglior soluzione che si possa dare ai problemi demografici dei paesi sforniti di sufficienti territori oltremare (come l'Italia e la Germanda) consiste infatti, anziché nella colonizzazione di terre ancora vergini, nello stabi:le collocamento delle braccia in soprannumero nelle colonie già parzialmente sistemate anche se queste appartengono ad altri paesi.

Tale riflessione conferma una volta di più il sentimento di ostilità che la sempUce idea di possibili modificazioni (anche in tempo lontano) dell'attuale assetto coloniale, incontra in questi ambienti responsabili.

(l) Cfr. n. 432.

472

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 322/32 R. Ginevra, 20 gennaio 1935, ore 1,20 (per. ore 7).

Come riferito per telefono, neiia giornata di ieri segretario generale ebbe a di1:1mi di non poter non iscl'ivere ricorso etiopico all'ordine del giorno dell'ultima seduta del Consiglio prevista per oggi sa.bato. Fu allora proposto l'invio di una lettera della delegazione italiana con la qua·Ie si sarebbe fatto presente che la continuazione dei negoziati diretti non sarebbe stata facilitata dall'inizio della discussione in Consiglio, e che tempo intercorso dalla presentazione del memorandum etiopico era troppo breve per permettere risposta; conseguentemente si sarebbe richiesto l'a-ggiornamento della discussione.

Ho informato delle insl:stenze britanniche perché detta lettera contenesse anche impegni circa situazione militare: giusta istruzioni dell'E. V. avevo· proposto una formula secondo cui ci limitavamo a dare assicurazione che nostre truppe non avrebbero preso iniziatdva operazioni tali da portare a conflitti. Delegazione etioptca avrebbe dovuto inviare lettera analoga accettando ll!ggiornamento discussione.

Delegato etiopico, malgrado pressioni svolte particolarmente da Lavai, si era riservato definitiva risposta per stamane.

Egli ha sta:mattina inviato a Segretario GeneraJJ.e un progetto di lettera con cui, in base recenti istruzioni Addis Abeba, accettava aggiornamento della discussione, a condizione che gli si consentisse di fare a;l Consiglio un esposto sommario, che 11 Consiglio decidesse la nomina di un relatore, e che infine il Consiglio stesso decidesse circa la designazione di un arbitro per la soluzione delle questioni esposte nel memorandum etiopico.

In seguito tale lettera che tendeva iniziare senz'altro procedura davanti alla Lega, ha fatto nuove pressioni su Lavai ed Eden perché inducessero delegato etiopico a ritornare sulle basi di rinvio proposte ieri.

In una riunione con Lavai, Eden, Avenol ed il delegato etiopico accompagnato dal suo consigliere giuridico, Avv. Jeze, delegato etiopico si è mostrato disposto al rinvio della discussione purché nella lettera italiana si precisasse che l'Italia teneva fede al trattato di amicizi adel 1928 e particolarmente all'art. 5 che determina il modo di soluzione di eventuali divergenze.

Da parte mia ho detto che naturalmente l'Italia tiene fede ai trattati e

che l'art. 5 prevede a:ppunto in primo sta.dio la soluzione delle divergenze

per le normali vie diplomatiche. Si è quindi concretato n testo delrre due

lettere nonché il testo della risoluzione del consiglio che ho telefonati a S. E.

Suvich con i necessari chiarimenti.

rucevuto assenso da S. E. Suvich, ho dato mia approvazione.

Nella seduta privata del Consiglio, senza l'intervento del delegato etiopico,

Segretario Generale ha dato lettura delle due lettere (1), e Presidente ha pro

posto progetto di risoluzione che è stato adottato, senza che intervenisse dichiarazione alcuna da parte membri Consiglio.

Ritengo che soluzione adottata corrisponda obiettivi di V. E. Essa ha avuto il vantaggio di evitare: l) che questione venisse discussa in seduta pubblica del Co:ns~glio; 2) che de'legato etiopico facesse delle di~hiarazioni; 3) che altri membri del Consiglio intervenissero nella questione; 4) che il Consiglio procedesse fin d'ora alla nomina di un relatore e prendesse qualche altra decisione circa la domanda etiopica di arbitrato attraverso La Lega. Per di più soluzione non vincola futura libertà d'azione R. Governo nel caso che questione dovesse un giorno essere discussa in seduta pubblica. Nella lettera .italiana è inoltre sparito qualsiasi riferimento sia alle forze militari sia al mantenimento della situazione attuale, contenendo essa sola una assicurazione di adottare le misure opportune e confermare le istruzioni onde evitare nuovi incidenti.

La citazione dell'art. 5 del trattato itala-etiopico del 1928 ci dà inoltre nuova base per continuare con Addis Abeba nei negoziati diretti che starà a noi di non interrompere onde evitare il secondo stadio deLl'arbitrato. In ogni caso ritengo che con ciò sia stato raggiunto lo scopo di guadagnar tempo, senza alcuna compromissione nuova da parte nostra che non fosse già consa;,crata dal testo del trattato del 1928, che del resto abissini hanno già invocato anche nel loro recente memoriale.

(l) Cfr. n conflitto ttalo-ettoptco, pp. 144-145.

473

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, DE VECCHI

APPUNTb. Roma, 20 gennaio 1935, ore 11.

Nella udienza di Venerdì 18 gennaio 1935, XIII, ore 11, il Cardinale Segretario di Stato, Pacelli, ha protestato con me per gli articoli che il signor F. Maratea viene scrivendo sul Messaggero come corrispondenza da Berlino.

Questo corrispondente, secondo il Cardinale insinua continuamente che nel plebiscito della Sarre la Santa Sede abbia ruppog·giato la Germani'a Nazista; mentre sempre secondo il Cardinale ciò non soltanto è da es,cludersi ma è da ritenersi la dichiarazione irri:guardosa ed o.ffensiva per la Santa Sede.

Avendo io obiettato come non sia da porsi in dubbio che tutti i Vescovi cattolici della Germania si siano schierati per il Nazionalsocialismo Germanico in questa occasione, il Cardinale mi ha risposto che non potevo immaginare a quali mezzi il regime Germanico sia ricorso e, pure ammettendo questa unanimità favorevole, ha soggiunto che i Vescovi «non avevano avuta l'!lll>Provazione del:la S. Sede :. nonché naturalmente la autorizzazione. «La Santa Sede, egli ha detto, non ha fatto mercati ed ha tenuta la più asso:tuta neutralità in questa faccenda».

Ho promesso che av,rei riferito al più presto a S. E. il Capo del Governo sull'atteggiamento del signor Maratea al Messaggero e sui desideri della Santa Sede.

Il Cardinale mi ha poi mostrato un numero del giorna:le Germania organo dei Cattolici tedeschi che riporta in data precedente e vicina al plebiscito della Sarre un articolo dell'Osservatore Romano in prima pagina -risvolto.

Questo articolo, naturalmente favorevole ai nazionalsocialisti ed al voto per loro da parte dei Sarresi, non è mai stato scritto dall'Osservatore ed è stato inventato di sana pianta dal Governo tedesco ed imposto al giornale, che naturailmente l'ha ;pubblicato senz'altro.

Il Cardinale mi ha dichiarato che avrebbe fatte le più alte proteste all'Ambasciatore von Bergen per l'atto sleale.

Il Capo -Ha ascoltato quanto gli andavo esponendo. Ha soggiunto che Maratea era un superfidale ma che d'altra parte era da rilevarsi come il contegno bloccato dei Vescovi tedeschi con a capo il Cardinale Innitzer a favore della Germa:nia coll'ordine di gia:culatorie ed avemarie per la vittoria elettorale tedesca se non da ritenersi come intervento della Santa Sede debba forzatamente ritenersi come assenza di forza di comando della Santa Sede sui suoi dipendenti (1).

474

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 120 R. Roma, 20 gennaio 1935, ore 20,30.

Questo ministro di Lituania ha info,rmato che il Governo tedesco starebbe concentrando contingenti di notevoli forze militari nella regione di Tillsitt che comanda le comunicazioni con Memel. IJ Governo lituano è seriamente preoccupato. Esso ha fatto rilevare che la campagna tedesca a mezzo della radio e della stampa contro la Lituania continua e si intensifica e che nelle popolazioni di frontiera è diffusa la notizia che la Germania atta;ccherebbe fra non molto la Lituania e precisa;mente nel marzo venturo. Il Governo lituano ha informa;to il Governo itaUano di tale situazione avuto anche riguardo al fatto che il Governo italiano è firmatario della convenzione per Memel.

Suppongo che analoga comunicazione sia stata fatta anche a codesto Go

verno, col quale la prego di mettersi in contatto per farmi conoscere come

si giudi:chi la situazione e quelle altre osservazioni che ritenesse manifestare

in proposito.

(l) Annotazione a margine di De Vecchi; « Talamo -leggerlo tenere parola a Monsignor Pizzardo della risposta del Capo -poi atti miei». Altra annotazione: «Fatto -23-1-35 XIII:&.

475

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 328/33 R. Ginevra, 21 gennaio 1935, ore 12,35 (per. ore 13,35).

Benes ha voluto avere conversazione con me per chiedermi quale seguito

V. E. intendeva dare accordi Roma. Mi sono limitato confermargli meccanismo generale accordi e dirgli che dopo concluso trattato conswtivo, R. Governo, d'accordo con Francia, avrebbe diramato invi·ti per iniziare trattative per convenzione generale.

Effettivamente però scopo Benes era quello far conoscere a V. E. tutto lavorio da lui fatto in favore accordi tanto al congresso della Piccola Intesa a Lubiana quanto qui a Ginevra.

Di tale suo lavorio d:i fiaocheggiamento ho avuto conferma anche da altre fonti.

476

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 21 gennaio 1935.

Nella mia ulti:ma lettera (l) Ti ho riferito dei dubbi che Simon mi ha esposto circa !le conseguenze che il Plebiscito della Saar potrà avere sulla futura politica della Germania. Questi dubbi si sono andati negli ultimi giorni accentuando ed hanno piuttosto scosso le speranze che si nutrivano a Londra per un più facile componimento della questione degU armamenti. Tu conosci la vecchia idea inglese: che una volta ottenuta la Saar, data al popolo tedesco una soddisfazione politica e psicologica, ed eliminata una causa di permanente irritazione colla Francia, Hitler sarebbe stato in condizione di poter inaugurare una nuova fase nella politLca estera del Reieh ed avrebbe potuto riprendere il programma di ,collaborazione colle Grandi Potenze abbandonato nell'ottobre del 1933. Nell'intenzione di iniziare immediatamente dopo il plebiscito della Saar i negoziati colla Germania, per risolvere la questione degli armam.enti, vi era in fondo questa speranza ed è ad essa che le manifestazioni della opinione pubblica tedesca di questi ultimi giorni hanno portato un serio colpo. Improvvisam'ente, e contro le loro aspettative, gli inglesi si sono trovati in questi giorni di fronte ad una Germania che, lungi dal mostrare la sua soddisfazione per la Saar ,riacquistata, mostra la sua precis·a intenzione di voler fare della Saar il primo epl!sodio di una generale ripresa del programma pangermanista.

Le notizie che giungono a Londra danno infatti segni di una rinnovata attività tedesca un poco dovunque, a Memel ed a Danzica, in Austria, nel territorio di Eupen e Malmedy, mentre non so con quanta fondatezza si è diffusa

improvvisamente l'idea che la Germania intenda al più presto rlsollevare la questione delle sue ex-colonie africane.

All'immagine di una Germania che, soddisfatta del Plebiscito e tranquilla sui suoi diritti ai confini renani, si volgeva con più fiducia e con maggiore spirito di collaborazione agli altri grandi problemi che interessano le sue relazioni con le Grandi Potenze d'Europa, è successa l'immagine dì una Germania che nell'entusiasmo della vittoria guarda con inquieta cupidigia e con nuovo impeto al di 1à dei suoi ,confini dove essa conta di poter rinnovare in altre forme il successo della Saar. Una Germania dunque sulla quale meno che mai si ,può contare per una ripresa del programma di collaborazione internazionale al quale il Governo inglese ansiosamente si volgeva.

Non è dubbio che questa sia una reazione la quale potrà in seguito attenuarsi poiché, in questi tempi, l'opinione pubbUca inglese ha avuto molti e frequenti sbalzi di temperatura. Ma ora l'ambiente psicologico è quello della delusione e della preoccupazione per un atteggiamento tedesco che sembra tanto più irragionevole quanto era impreveduto; e questo ambiente psicologtco non manca naturalmente di avere la sua influenza sulle prospettive della visita di Flandin e di Lavai a Londra. Un mese fa, quando Simon è partito per Cannes, egli aveva in animo un programma abbastanza chiaro. Questo era di attendere che gli accordi di Roma avessero portato un'intesa fra l'Italia e la Francia per poter far valere presso il Governo francese il concetto che il problema europeo delia sicurezza era stato in realtà risolto a Roma, dove era stata posta di nuovo la base di una possibile cooperazione fra le quattro Grandi Potenze e che, risolto questo problema, la Francia poteva e doveva contribuire con delle sostanziali concessioni ad una ripresa dei negoziati con il Governo tedesco in vista di un accordo per gli armamenti e del ritorno della Germania in seno alla S.d.N. Dalla visita dei Ministri francesi a Londra era questo che il Governo britannico si attendeva, come dal Plebiscito della Saar quello che esso si attendeva era un atteggiamento tedesco più conciliante e più tranquillante. Tutto questo è per ora non dirò saltato in aria, ma immobilizzato dalla reazione tedesca al Plebiscito della Saar e dalle conseguenze che questa reazione avrà sulla politica francese.

Ieri mi sono trovato a passare l'intera giornata ospite di Simon. Egli mi ha confidato le sue preoccupazioni, in forma anche più precisa di quella che la settiJmana scorsa mi aveva accennato, e mi ha riferito con meravigliato stupore di un colloquio che ha avuto luogo qualche giorno fa fra l'Ambasciatore britannico a Berlino Phipps e von Btilow 0), durante il quale von Biilow avrebbe brutalmente dichiarato che ormai, dopo la vittoria nella Saar, anche il problema dell'uguaglianza dei diritti e degli armamenti tedeschi si risolverà nei fatti assai meglio che attraverso formali riconoscimenti ed impegni internazionali, i quali non costituiscono ormai più per la Germania un punto di arrivo essenziale per la sua politica. Queste parole di von Btilow hanno avuto qui a Londra una ripercussione forse anche maggiore di quella che l'interlocutore tedesco si attendeva che avessero. Ed infatti se la Germania continua a spingere la sua pressione sui problemi nell'Europa Danubiana e Orientale, come ha

fatto in questi giorni, e con quella rozza violenza alla quale i tedeschi sono abituati, tutta la 1inea di azione inglese deve essere ritirata indietro, e questo arretramento può intaccare quello che era il piano originario del Governo britannico ,per l'azione di politica estera che l'Inghilterra avrebbe dovuto svolgere nel 1935. Questa azione, fu esposta, come Tu ricorderai, da Baldwin nel novembre scorso in un discorso nel quale egli presentava ai Comuni i due aspetti dell'azione internazionale del suo Governo: il rafforzamento della difesa nazionale inglese reso necessario daUa politica d'egli armamenti delle Nazioni continentali europee e la determinazione del Governo britannico di rafforzare la

S.d.N. mercé il ritorno della Germania in seno ad essa.

* Questa idea che il ritorno della Germania a Ginevra sia un obiettivo essenziale della rpolitica ingles·e ha uno sfondo essenzialmente di politica interna, e non può essere intesa esatta;mente che in relazione alle direttive del Governo britannico di fronte alla critica della quale l'opposizione laburista investe la politica estera e militare del Gabinetto.

Nel corso del 1934 il Governo si è trovato di fronte ad un fenomeno assai singolare. Nonostante cile le condizioni economiche dell'Inghilterra siano andate rarpidamente migliorando, che la disoccupazione sia d~minuita, che il bilancio sia stato portato ad avere un avanzo, che si siano ristabiliti almeno parzialmente gli stipendi degli impiegati e che vi sia in genere nel Paese un più fiducioso aJUillento degli affari, tuttavia nelle elezioni politiche ed amministrative i candidati dell'Unione Nazionale sono stati quasi ovunque battuti. Il movimento si è andato di recente accentuando. In questi ultimi quattro mesi i laburisti hanno riguadagnato cinque collegi e non ne hanno perduto alcuno. Il numero dei voti raccolti dai candidati « nazionali» è stato -anche nei Collegi nei quali non hanno perduto il seggio --costantemente inferiore di almeno il 60 % dei voti raccolti nel 1931. In gran parte dei collegi da essi mantenuti, i candidati «nazionali» hanno avuto ma;ggioranze mintme rispetto al 1931, e finalmente, nelle elezioni municipali il novembre scorso essi [laburisti] hanno non solo riguadagnato le posizioni ·che avevano nel 1929-30, ma hanno superato considerevolmente tali posizioni.

Nell'esaminare le cause di questo spostamento di valori elettorali H Governo è venuto alla conclusione che le vittorie laburiste sono dovute alla propaganda pacifista che i candidati del La:bour Party attiva;mente conducono. Che questo sia vero o no, è una questione assai discutibile. Ma comunque il Governo crede che sia così e che sia su questo terreno che esso deve controbattere l'azione dei laburisti. Questa azione rpolittca si fonda su due criticlle una diretta al programma degli armamenti inglesi e alle spese militari sempre crescenti, l'altra si fonda su queHo che nel rpaese è giudicata una insufficiente azione dell'Inghilterra in favore della S.d.N.

Ora, poiché il Governo non ha la minima intenzione di rallentare il ritmo degli armamenti, specialmente per quanto riguarda la difesa aerea e poiché il fallimento delle trattative navali ha aperto l'ipotesi di una corsa agli armamenti anche nel campo navale, al Governo britannico non resta, per rispondere al laburismo, che intensificare le sue manifestazioni in favore della coUaborazione europea e della S.d.N. Il Gabinetto si prepara dunque nel 1935 a mettere in valore la sua azione nel campo internazionale, come essenzialmente diretta

ad un rafforzamento della S.d.N. e, in genere, della politica di collaborazione europea.

Potersi presentare alle elezioni opponendo alle critiche, del resto assai generiche dei laburisti, alcuni fatti concreti come potrebbero essere l'entrata dell'U.R.S.S. nella S.d.N., il ritorno della Germania a Ginevra e la soluzione del problema degli armamenti tedeschi e una sia pure modesta conclusione della Conferenza del Disarmo, significherebbe disfare le basi stesse della critica laburista alla politica estera del Gabinetto Nazionale.

Queste preoccupazioni e queste intenzioni sono tanto più evidenti se si considera la cura colla quale il Governo ha in questi ultimi tempi colto qualunque occasione per mostrare da una parte tutti gli sforzi che esso compie e dall'altra tutte le difficoltà che la Germania oppone alla realizzazione di una tale politica. Nel suo discorso di novembre Baldwin mise in chiaro che la difficoltà di una riduzione degli armamenti veniva essenzialmente dalla politica tedesca che minaJcciava oscuramente la tranquillità della Europa. Di recente, quando si è trattato del Plebiscito della Saar, il Governo ha voluto invitare la Germania a partecipare al Consiglio della S.d.N. per poter mostr·are al popolo inglese che la Germania veniva trattata dalle Potenze in maniera equa e che le Potenze facevano il possibile perché essa tornasse a Ginevra, e che dunque sul Governo tedesco e non su quello britannico doveva ricadere la responsabilità della mancata partecipazione germanica alla soluzione dei problemi europei. Non è ancora spenta l'eco dell'appello che Baldwin rivolse alla Germania nel suo discorso ai Comuni, eà il leit-motiv che i propagandisti del Governo Nazionale già espongono nelle riunioni politiohe è che la Gran Bretagna sta facendo tutto il possibile per riconciliare la Germania all'Europa, e che non può essere imputato a colpa del Governo britannico se la Germania ostinatamente si rifiuta.

Tanto io credo che il Governo britannico tiene a poter giungere ad una soluzione del problema degli armamenti e del ritorno della Germania nella

S.d.N. e che a mio avviso esso è disposto, qualora si possa in questi mesi arrivare a raggiungere l'uno e l'altro scopo, ad affrettare le elezioni in modo che esse vengano tenute subito, che con questi avvenimenti internazionali esso possa mostrare al Paese le realizzazioni del Governo Nazionale nel campo di quella politica pacifista sulla quale i laburisti si preparano ad attaccarlo * (l). Sono questi interessi ai quali il Governo veramente tiene. Esso, ripeto, non ha nessuna intenzione di sacrificare il suo programma di armamenti; e per dare soddisfazione alle correnti pacifiste inglesi, cerca nella ripresa dei negoziati colla Germania e nella conclusione della convenzione degli armamenti i mezzi coi quali difendere le sue posizioni elettorali.

Nonostante perciò la delusione, la pressione e la irrequietezza di questi giorni di fronte alle manifestazioni della opinione pubbli!ca tedes·ca, è mio avviso che il Governo inglese continuerà a fare tutto il possibile per indurre Flandin e Lavai a delle concessioni, e cercare un terreno di intesa colla Germania colla stessa insistenza colla quale esso intanto prosegue il suo programma di preparazione militare del paese.

(l) Cfr. n. 459.

(l) Cfr. n. 463.

(l) II brano fra asterischi è ed. in DE FELICE, pp. 657-658.

477

L'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, A ... (l)

L. P. Asmara, 21 gennaio 1935. (2)

Ti mando ufficialmente lo stra1cio di una lettera che mando al Principale (3). È l'essenziale che ti comunico e che più mi interessa, sicuro di essere fraternamente aiutato.

Ritengo che il Duce ti avrà comunicato il pro-memoria che mi ha dato (4). Il programma è tracciato a linee nette ed inderogabili. Bisogna essere pronti per ottobre. E ritengo, oramai, io pure che sia necessario così.

È un bene che io sia venuto e mi piace dirti subito che non ho trovato qui quel poco di confusione che temevo e che voglio assolutamente evitare. Ma c'è tutto da fare e si capisce! Non si improvvisa niente e i bisogni sono tanti ed impellenti. Tu, che come me sei uno spirito pratico ed hai solcato la gleba delle militari discipline, immagini quale sia il mio lavoro, che affronto serenamente.

La lettera ufficiale ti dice tutto; non mi ripeto quindi qui.

Fondi occorrono e necessita che io sia svincolato dalle prescrizioni normali per tutto ciò che si tratta impegni per lavori ed impiego di denaro. Io non spreco e giustificherò fino all'ultimo centesimo; ma non ho bisogno di nessun inciampo.

Questo lo dico a te; ma so benissimo che non sei tu che ci devi pensare.

Per il momento non mi posso ancora pronunciare sul pronto soddisfacimento delle mie richieste. Ne dovrò fare tante altre e tutte con ritmo geometricamente progressivo ed accelerato. Da parte tua so che non avrò contrasti.

Io devo, innanzi tutto fare; perciò faccio; qualcuno pagherà; alla peggio mi manderanno in galera ed, in tal caso, il meno fregato sarò io, perché data la mia età non ci potrò rimanere un pezzo. Cubeddu fa bene ed ha fatto bene.

Si vigila attentamente nonostante l'ampiezza della zona da guardare. Per adesso la nostra aviazione non può fare granché.È possibile anche che venga tentato qualche atto di sabotaggio a nostro danno. V. E. avrà di ciò già avuto notizia. È ovvio che ogni predisposizione è presa per sventarlo.

Ieri ho ricevuto l'incaricato Abissino. Parla bene il francese avendo frequentato -dice lui -le università di Liegi e di Anversa, dedicandosi specialmente a materie di carattere amministrativo.

Mi ha fatto proteste di devozione e di volontà di non creare malintesi e di derlmere quelli esistenti (sicl). È indubbiamente persona furba, finta e molto intelligente.

v. E. è di me miglior giudice, ma io ritengo sempre che convenga in qualche modo dare un atto ufficiale al Governo Etiopico della mia nomina ad Alto Commissario. 11 tempo lavora, come ho sempre detto, a nostro danno; ma, senza riserve affermo che noi abbiamo assoluto bisogno di essere lasciati tranquilli fino al prossimo autunno. Se noi venissimo attaccati prima della stagione delle piogge il nemico ci troverebbe !n un disagevole stato d! crisi, che potrebbe essere! di gran danno.

Per questo lo penso di fare una politica che lasci il più possibile intendere che d! guerra non ne vogliamo fare. Voglio evitare ogni atto che inasprisca. E ritengo che ciò si possa ottenere anche proseguendo nella nostra attiva preparazione. Vuoi dire che un giorno ci potranno chiedere il perché di questi preparativi bellici; vedremo che cosa rispondere; avremo guadagnato il tempo necessario.

L'accelerare l'invio qui di uomini e materiali, per il momento, non servirebbe che a ingenerare confusione, non essendo qui ancora pronti i mezzi per l'impiego efficace dei materiaU e per far vivere ed operare; gli uomini.

SOl

Della mia vita non ti dico niente. Asmara non è certo una località allegra sotto nessun punto di vista; ma ti assicuro che non ho il tempo di accorgermene.

Salute, grazie a Dio, buona; anche l'altitudine, almeno fino ad oggi, non mi dà il menomo disturbo. ho anche ripreso a montare a cavallo dopo l'involontario semestre di impedimento e non mi sono accorto della mancanza di esercizio. La vecchia, grama pelle è ancora dura; magari, ho paura, ma di duro non mi resta che la pelle!

(l) -n destinatario non è indicato. Si tratta con ogni probab1Utà di Badoglio. (2) -Da Ufficio dello Stato Maggiore dell'Esercito. (3) -Se ne pubblica il brano seguente: <<Per ora io non sono riuscito a farmi una precisaidea se i preparativi continui e in progresso dell'Abissinia, abbiano scopo offensivo, o solamente difensivo. Però non devo escludere che si possa tentare qualche azione di sorpresa, sia verso la Somalia che verso l'Eritrea.

(4) Cfr. n. 358.

478

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DEL BELGIO A ROMA, LIGNE

APPUNTO. Roma, 22 gennaio 1935.

Ho convocato il principe di Ligne per metterlo al corrente delle informazioni a noi pervenute sul conto del Maggiore Dothée e sull'attività svolta dalla Missione belga, e richiamando la sua attenzione sugli inc~denti che ne potevano derivare. L'impressione che noi riportiamo dalle informazioni che ci giungono dall'Etiopia e dalle nostre Colonie, è che il detto Maggiore stia spiegando una attività atta ad aizzare gli abissini contro di noi esorbitando quindi dai compiti della sua missione che non può essere che di carattere tecnico. Ci sono dei fatti molto sintomatici: il Maggiore Dothée il giorno 9 Novembre si reca nell'Ogaden per visitare le frontiere fra l'Etiopia e la Somalia Italiana; il giorno 20 Novrembre ha un Consiglio segreto con alcuni capi locali; secondo informazioni a noi pervenute, in tale Consiglio il Maggiore Dothée si sarebbe espresso sulla pericolosità del saliente italiano nella regione di Ual-Ual e Uarder e sulla necessità per gli Abissini di eliminare questo saliente con qualsiasi mezzo; il giorno 5 Dicembre si sferra l'attacco abissino contro le nostre posizioni; di più, ci si riferisce, che nei giorni degli incidenti di Ual-Ual il campo della missione belga era trasformato in una specie di quartiere generale ove venivano lasciati cadere dagli aeroplani ohe arrivavano da Addis Abeba gli ordini di operazioni militari. Io non posso garantire all'Ambasciatore l'esattezza del cento per cento di queste informazioni, ma però gli ripeto che la nostra impressione precisa è che il Maggiore Dothée stia compiendo, magari involontariamente per eccesso di zelo, opera di incoraggiamento, di sobillazione agli indigeni in queste loro recenti manifestazioni xenofobe.

L'Ambasciatore si rende conto della gravità delle comunicazioni fattegli e ringrazia per avere richiamato il Governo belga in forma così sincera ed amichevole e ne informerà subito il suo Governo. Egli personalmente ritiene che siano poco opportune queste Missioni europee presso paesi selvaggi. È rimasto anche colpito dell'incidente della Somalia f,rancese ed ha pensato che questo era favorevole alla posizione degli Italiani di fronte all'Abissinia.

479

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'AERONAUTICA, VALLE, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO (l)

N. 2387. Roma, 22 gennaio 1935.

Ho preso conoscenza delle conclusioni esposte da V. E. a S. E. il Capo del Governo circa la possibilità di un efficace intervento in Abissinia (2) e, data la insufficientisswa rete stradale e la mancanza di ricoveri, debbo convenire pienamente sulla impossibilità di agire prima della fine del 1936.

Vi è tuttavia una particolare situazione che deve essere preveduta e prevenuta: e cioè che per consolidare il proprio prestigio e per approfittare della nostra impreparazione, il Negus voglia tentare di ricacciarci al mare, sia in Somalia che in Eritrea, nel dicembre del 1935.

In tal caso noi dovremmo subire una situazione dalla quale potrebbero sorgere le più gravi conseguenze, non sembrandomi la situazione tale da potere arginare una marea di centinaia di migliaia di armati, per i quali una conquista territoriale, anche piccola, rappresenterebbe una grande vittoria, sopratutto morale.

Ora, vi è una forza armata, l'aviazione, che ha dichiarato di essere pronta per il novembre 1935, qualora abbia sino da oggi l'ordine di marciare: l'aviazione abituata con gioia al sacrificio quotidiano: l'aviazione dotata di mezzi moderni e potentissimi d'interdizione. Sono appunto i mezzi che occorrono in una guerra difensiva: a mio avviso essi possono nelle presenti circostanze arrestare e forse spezzare qualsiasi velleità offensiva, ingenerando nel nemico un salutare terrore di cui sapremmo trarre profitto nel 1936. Anche la sola minaccia potenziale di 300 aeroplani presenti in Colonia potrà dissuadere il Negus da passi inconsiderati.

Tale proposta appare, d'altra parte, come l'unica soluzione possibile.

È tuttavia necessario non «nutrire fiducia » che le scarse forze aeree oggi presenti possano essere sufficienti a tale scopo: occorre fin da oggi predisporre la infrastruttura studiata e provvedere allo svi:luppo dell'intenso programma esposto nella memoria già a V. E. consegnata il 18 gennaio u.s. (3).

480

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 368/15 R. Ankara, 23 gennaio 1935, ore 15,15 (per. ore 18,50).

Telegramma di V. E. n. 6 (4). Ho interrogato questo ambasciatore di Germania circa asseriti accordi con Turchia.

Egli mi ha risposto che non esiste alcun accordo.

Germania, pur tenendo una attitudine ancora riservatissima circa sviluppo accordi franco-italiani per quel che si riferisce all'Austria, non è momentaneamente legata alla Turchia.

È però possibile, come dice Tevfik Ruschdi bey a me, (mio telegramma

n. 3 del 9 corrente) (l) che Germania abbia genericamente chiesto a Turchia una attitudine di attesa neutrale e chiara e che Tevfik Ruschdi bey, con consueta sua amplificazione, trasformi un qualche reciproco affidamento di carattere transitorio e tattico (per la Germania) in un vero e proprio accordo.

Certo è che Turchia, non potendo ora più troppo giuocare sul contrasto franco-italiano, sposterà il suo giuoco sulla Germania sfruttando ogni contrasto che si potrà presentare fra Berlino, Roma e Parigi.

In ogni caso linea poldtica seguita da due anni da Tevfik Ruschdi bey, e che nel patto balcanico ha sviluppato all'estremo i rapporti con la Jugoslavia, puntando su un fataie, insanabile e perpetuo contrasto Roma-Belgrado, è già infirmata dall'inclinarsi della Piccola Intesa verso l'Italia, e potrebbe essere irrimediabilmente colpita da un nostro accordo con Jugoslavia.

Ciò sembra sentito ad Angora e, secondo voci che circolano in questo corpo diplomatico, non mancherebbero vivaci critiche opinione pubblica turca a Tevfik Ruschdi bey.

È forse per pararvi e per difendersi che ora egli aumenterà gli intrighi con la Germania.

(l) -Da ACS, Carte Badoglio, ed In RoCHAT, p. 390. (2) -Cfr. la nota di Badoglio per Mussolini del 19 gennaio ed. in RocHAT, pp. 381-389. (3) -Annotazione a margine di Badoglio: «Sta bene, ma S. E. 11 Capo del Governo deve ora dire le Sue decisioni. E d'altra parte ritengo che dopo il caso francese il Negus cominci ad essere più prudente :t. (4) -'Ì'. 116/6 R. del 19 gennaio. con cui veniva ritrasmesso il n. 461.
481

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 362/28 R. Parigi, 23 gennaio 1935, ore 20,30 (per. ore 24).

Telegramma di V. E. n. 44 (2). Da questo ministro Lituania è stata fatta a questo ministero degli affari esteri analoga comunicazione.

Quai d'Orsay ha risposto bcendogli presente situazione esistente a Memel considerata non conforme a statuto e che permane irregolarità nonostante passi fatti da rappresentanti Potenze garanti. Ciò renderebbe delicata posizione Potenze stesse e difficile qualsiasi loro azione per sventare eventuali mene tedesche. Anzitutto bisogna dunque regolarizzare situazione Memel conformemente Statuto.

Quai d'Orsay, mettendomi al corrente di ciò, ha aggiunto ritenere che campagna e movimento contingenti tedeschi abbiano scopo intimidazione.

Dopo ciò direttore generale affari politici mi ha pregato ('come pochi minuti prima aveva analogamente fatto con questa ambasciata d'Inghilterra) di voler trasmettere a V. E. proposta Governo francese che ministri affari esteri

Roma, Londra e Parigi personalmente invitino rappresentanti Lituania accreditati rispettivi Governi a fare presente Governo lituano necessità che esso prenda provvedimenti urgenti per uniforma.rsi statuto per quanto concerne nota questione direttorio e Dieta e ciò in considerazione che suggerimenti, già fatti pervenire a mezzo rappresentanti Potenze a Kaunas non hanno dato finora alcun risultato.

Passo consigliato ora dal Governo francese oltre ad avere maggiore forza e significato conserverebbe meglio se·condo Quai d'Orsay carattere riservatezza, cosa che è consigliabile nei riguardi della Germania e nell'interesse migliore della Lituania.

(l) -Cfr. n. 418. (2) -Protocollo particolare per Parigi del n. 474.
482

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 363/38 R. Londra, 23 gennaio 1935, ore 20,37 (per. ore 24).

Ho provveduto comunicare Foreign Office testo accordi di Roma tra Capo del Governo e Lavai sul problema degli armamenti (1). Ho anche messo in evidenza che testo stesso veniva portato solo a conoscenza del Governo britannico e di nessun altro Governo.

Questo ambasciatore di F.rancia ha consegnato al Foreign Office un testo che comincia con la parola «protocollo » e finisce con le parole « fatto a Roma in duplice esemplare » e « seguono le firme » mettendo così in chiaro che accordo è costituito da un documento scritto.

Governo francese ha comunicato ufficialmente al Foreign Office anche il testo della dichiarazione del trattato che regola gli interessi italo-francesi in Africa e del protocollo relativo alla Tunisia.

Foreign Office vorrebbe sapere se noi faremo altrettanto. Questo ministro degli affari esteri ha annunziato al Parlamento che gli accordi di Roma gli erano stati comunicati da ambedue i Governi interessati.

483

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 390/813/06 R. Budapest, 23 gennaio 1935 (per. il 26).

l. -Ho già avuto l'onore di segnalare a V. E., a mezzo Stefani, l'atteggiamento pubblicamente assunto da questo Governo, attraverso un comunicato ufficioso, le dichiarazioni del ministro degli esteri alla stampa e l'intonazione dei fogli filogovernativi, in relazione al seguito avuto nell'ultima sessione

37 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

del Consiglio della Società delle Nazioni dalla questione in oggetto: atteggiamento di «relativa soddisfazione), per essere stato raggiunto il raggiungibile, e di aspettativa sostanzialmente fiduciosa di una prossima liquidazione.

2. -Il linguaggio tenuto al riguardo in questo ministero esteri è invece assai diverso. Kanya, rientrato ieri, si è espresso in termini di vivo apprezzamento e gratitudine per l'azione spiegata anche questa volta a Ginevra dal primo delegato italiano: ma tanto egli quanto Hory e i loro collaboratori mostrano al tempo stesso insoddisfazione per il risultato raggiunto e preoccupazioni per i prevedibili sviluppi.

Se il Governo di Belgrado -si osserva anzitutto -deve lottare con difficoltà interne per rendere accettabile una soluzione ragionevole ad una opinione pubblica eccitata mesi fa per sua coLpa, anche il Governo di Budapest è stato posto ora in condizioni non facili dall'atteggiamento delle grandi Potenze, che dopo avere fatto chiaramente intravedere all'Ungheria che con il compimento dell'inchiesta la questione sarebbe stata liquidata, ne hanno rinviato ora la soluzione; il che costringerà questo Governo a riconoscere dinnanzi alle Commissioni parlamentai"i che l'affidamento in base al quale a dicembre aveva ottenuto il loro consenso non è stato mantenuto.

Si aggiunge che informazioni fiduciarie da Belgrado indurrebbero a ritenere prossima una ripresa della campagna antimagiara da parte del Vreme e di altri fogli; e si avanza l'ipotesi che la Jugoslavia e la Piccola Intesa in genere tendano ad insistere nella loro tattica dilatoria, onde valersi della liquidazione della questione come concessione nelle future trattative centroeuropee. Il Governo ungherese -si afferma -non intende prestarsi a questo giuoco; se le osservazioni scritte del Governo jugoslavo in merito alla relazione ungherese tardassero troppo a pervenire a Eden, o se fossero tali da rendere necessaria una ria.pertura della discussione, esso passerebbe «probabilmente) all'offensiva, rendendo di pubblica ragione tutto il materiale a carico del Governo jugoslavo che è venuto da tempo raccogliendo, o sollevando la questione delle espulsioni di magiari dalla Jugoslavia. Ove le cose a Ginevra dovessero infine volgere male per l'Ungheria, non sarebbe escluso -si fa comprendere -che il suo Delegato effettuasse «un colpo di testa~ analogo a quello compiuto dal delegato polacco in materia di minoranze, dichiarando ad esempio che l'Ungheria considererebbe chiusa la questione per quanto le concerne e ritirandosi dalla discussione.

3. -È mia impressione che la soluzione adottata in questi giorni a Ginevra dia effettivamente qualche preoccupazione di ordine interno al Governo Gombtis: non tanto per le sue ripercussioni nell'opinione pubblica -che appare dedicare ora alla questione assai moderato interesse -quanto per un possibile suo sfruttamento da parte della fronda conservatrice del partito unico, nel quale negli ultimissimi giorni notasi una ripresa di attività degli ex presidenti del Consiglio Bethlen e Karolyi, in sede di preparazione della riforma elettorale, della riforma della Camera Alta e dell'estensione dei poteri del Reggente.

Nel valutare l'insoddisfazione di questo ministero esteri, poi, occorre forse tenere presente, oltre i motivi addotti, anche il fatto che l'arrendevolezza dimostrata nell'inchiesta, non è riuscita ad avviare finora quella distensione dei rapporti ungaro-jugoslavi che esso sembra abbia continuato a calcolare, nonostante tutto, tra le sue possibilità favorevoli di manovra. Occorre in ogni caso tenere presente -a mio avviso -che nella manifestazione di tale insoddisfazione deve avere notevole peso il prorposito di indurre Roma e, attraverso Roma, Parigi e Londra ad insistere -nell'interesse delle trattative centroeuropee raccomandate -nelle pressioni in corso su Belgrado (1).

(l) Cfr. n. 433.

484

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 399/021 R. Berlino, 23 gennaio 1935 (per. il 26).

Iersera, dorpo il pranzo che il cancelliere del Reich, nella sua qualità di capo dello Stato, offerse ai capi delle missioni diplomatiche estere ed alle loro consorti, Hitler si intrattenne in privati colloqui con gli Ambasciatori di Inghilterra, Polonia, Francia, Italia, in quest'ordine, (non con quelli di Turchia e dell'U.R.S.S.) e con Nunzio Apostolico.

Quando venne il mio turno, il cancelliere del Reich entrò in materia con le seguenti parole: «Io ho seml)re dichiarato di voler rispettare l'indipendenza dell'Austria e non ho mai fatto nulla per ingerirmi negli affari altrui. Devo assistere ogni giorno a miserevoli attacchi di emigranti rifugiatisi un po' ovunque contro il Governo nazionalsocialista che viene calunniato, vilipeso, offeso nella persona del suo 'Capo e nell'essenza della sua ideologia. Con eccezione di due soli paesi, la Polonia e la Jugoslavia, in cui il nazionalsocialismo viene rispettato e circondato di comprensione, il mio regime deve sopportare attacchi di ogni genere da parte di giornali pubblicati da rinnegati con il consenso o la colpevole tolleranza dei Governi locali. Cito in particolar modo Praga. Circa questo punto dei gior_nali pubblicati dagli emigrati devo unire ai due paesi suddetti anche l'Italia dove, è doveroso riconoscerlo, non si pubblica alcuno di questi miserabili libelli. Io per parte mia non ho mai tollerato che i 40.000 emigrati austriaci rifugiatisi in Germania pubblicassero un giornale anti-austriaco (2). In questo stato di cose si vorrebbe che io mettessi la mia firma sotto un atto in cui dovrei obbligarmi a riconoscere l'indipendenza dell'Austria, che ho sempre proclamata ed a cui non ho mai attentato, atto che dovrebbe in sostanza essere un impegno di sostenere l'attuale Governo austriaco. Io considero questo Governo altrettanto ridicolo che la commissione di Governo della Saar, che si ebbe dal plebiscito del 13 gennaio la risposta che si meritava. Se in Austria il Governo avesse il coraggio di indire le elezioni, avrebbe al mas

simo il 25 % dei voti, mentre il 75% degli elettori si pronuncerebbe per il nazionalsocialismo. Mi si domanda forse di appoggiare il Governo del signor La val in Francia? A nessuno viene in mente una cosa simile, perché la Francia, essendo uno Stato indipendente, veramente deve essere libero di scegliersi il Governo che vuole.

Soltanto l'Austria, asservita al volere di altri Stati, non deve essere libera di esprimere la propria volontà~.

La dichiarazione suddetta fu fatta tutta d'un fiato ed in tono concitato. Ho risposto al cancelliere del Reich con la maggiore calma che poco o nulla avevo da aggiungere a quanto avevo detto al signor von Btilow il giorno in cui gli avevo rimesso il progetto di protocollo per l'Austria ed il bacino danubiano. Avevo allora espresso la speranza del Governo italiano che la Germania aderisse al patto stesso perché esso avrebbe visto in ciò un buon sintomo di ulteriore collaborazione per la soluzione di altri problemi politici, soprattutto di quello importantissimo degli armamenti. Avevo pure detto che da un primo esame del documento mi era sembrato che esso si prestasse a risolvere varie questioni: innanzi tutto a porre fine definitivamente al recente dissidio fra la Jugoslavia e l'Ungheria già felicemente risolto in parte a Ginevra; in secondo luogo a dar modo alla Germania di pretendere da taluni Stati -ed egli stesso aveva poco prima menzionato la Cecoslovacchia -che essi non tollerassero la campagna di denigrazione a mezzo della stampa nazionalsocialista degli emigrati. Le cose da lui dettemi avevano provato quanto grande fosse tuttora la divergenza fra il modo di considerare il problema austriaco per parte dell'Italia e della Germania. Ciò nonostante io non volevo credere che fosse ~mpossibile giungere ad una soddisfacente soluzione ed avevo ritenuto che essa potesse consistere precisamente nella conclusione del patto di cui stavamo parlando.

Hitler controbatté che egli non escludeva che nel do,cumento di cui si trattava vi potesse essere qualcosa di buono, ma egli era contrario ai patti multipli che non servivano a nulla, e l'unico metodo proficuo era quello, da lui patrocinato, dei patti a due e che era riuscito a porre in pratica nei riguardi della Polonia.

Ho allora pregato il cancelliere del Reich di mettermi in grado di riferire al mio Governo in modo esatto quali fossero gli intendimenti del Governo del Reich. Avevo infatti appreso qualche giorno fa all'Auswartiges Amt che il patto per l'Austria ed il bacino danubiano veniva considerato un documento interessante, che esso sarebbe stato pertanto diligentemente studiato e che sarebbero state formulate domande di chiarimenti circa alcuni punti. Oggi il suo linguaggio poteva farmi credere che l'atteggiamento del Reich sarebbe stato negativo. Hitler mi rispose che potevo confermare all'E. V. che il patto sarebbe stato sottoposto ad un esame approfondito e che sarebbero state effettivamente formulate certe domande di chiarimenti. Ho espresso la mia soddisfazione al riguardo, rilevando come corrispondesse alle intenzioni dei promotori del patto stesso che i vari Stati chiamati a firmarlo lo discutessero e facessero valere le rispettive considerazioni.

se si voleva giungere ad una convenzione per il disarmo occorreva preparare il terreno in modo appropriato, per creare cioè l'atmosfera propizia alla conclusione di un atto 'Così importante sotto tutti i punti di vista, non escluso quello finanziario. Il cancelliere ribattè che di « disarmo ~ era ridicolo parlare perché nessuno avrebbe distrutto anche un solo fucile. Ribattei che avevo usato il vocabolo improprio di «disarmo ~ perché esso era tuttora quello ufficialmente usato. Intendevo però parlare di un accordo per il «riarmamento convenzionale » degli Stati (badasse che non usavo nemmeno il termine «limitazione degli armamenti~. cioè di un atto al quale ogni Stato avrebbe dovuto partecipare dopo che fossero stati riconosciuti equi gli armamenti di ciascuno). Hitler disse che egli aveva sempre apprezzato l'atteggiamento tenuto al riguardo da

S. E. il Capo del Governo il quale aveva giudicato le cose in base alla realtà. Non credeva però alla possibilità di addivenire ad un tale atto internazionale: a prescindere dagli armamenti degli altri Stati quelli esorbitanti dell'U.R.S.S. avrebbero sempre costituito un'incognita, cosicché non sarebbe stato possibile ad alcuno di accettare una limitazione per quelli propri.

Ritornando a parlare dell'Austria il cancelliere del Relch mi disse testualmente: «Voi sapete se vi fosse alla fine di luglio in tutto il mondo un uomo che avesse maggiore bisogno e desiderio di riposo di me. Dopo tutto quello che avevo dovuto sopportare ero andato a Bayreuth per star tranquillo. Quando il 25 luglio mi fu annunciato che era scoppiata una rivolta militare a Vienna fui contento; naturalmente fui contento ;perché intravvidi il rovesciamento di un Governo ridicolo ed il trionfo dei miei anche in Austria, senza però menomamente pensare all'Anschluss. Ero a teatro, un paio d'ore dopo, quando mi fu recata la notizia di quello che stava realmente accadendo a Vienna. Di fronte a questa porcheria (vor dieser Schweinerei) ho immediatamente preso i provvedimenti più energici: ho ordinato la chiusura della frontiera verso l'Austria, lo scioglimento delle formazioni di emigrati austriaci, il ritiro di ogni potere a quell'idiota di Habicht ed il suo relegamento in località lontana dall'Austria. Non era possibile fare di più e dimostrare in modo più palese la mia disapprovazione per quanto era accaduto a Vienna. Si sarebbe preteso da me che io esprimessi un pubblico biasimo per i nazionalsocialisti austriaci. Ciò non era possibile perché si trattava di buoni tedeschi e di giovani che aderiscono al nazionalsocialismo (sich dem Nationalsozialismus bekennen). Se voialtri italiani vi foste trovati in una situazione analoga non avreste agito diversamente. Ciò nonostante la Germania ed io personalmente siamo stati oggetto di una campagna da parte della stampa italiana altrettanto ingiusta che violenta, campagna che non posso dimenticare~.

Poiché, mentre egli stava esprimendosi in questi termini, si era avvicinato a noi 11 barone von Neurath, venuto ad avvertire Hitler che era giunta l'ora di congedare gli inviati, egli, trovandosi in presenza di una terza persona, si accalorò sempre più. Se fossimo stati soli avrei risposto al cancelliere del Reich che il contegno della stampa italiana era facilmente spiegabile perché da noi, dopo 12 anni di fascismo, riusciva inconcepibile che potessero avvenire fatti come quelli occorsi il 25 luglio, ad insaputa di chi ha la responsabilità del Governo. Data la presenza del barone von Neurath ho ritenuto dover essere deferente verso il Capo dello Stato e prudente nei riguardi del cancelliere del Reich e mi sono limitato a dire che l'ambasciatore di Germania a Roma aveva certamente riferito circa lo stato d'animo dell'opinione pubblica Ualiana ed in ciò si doveva vedere una giustificazione di talune espressioni eccessive.

Nel congedarmi dal cancelliere gli dissi di volere ancora sperare che l'ombra che tuttora perdurava nei rapporti itala-germanici a causa dell'Austria potesse scomparire.

Al che egli mi rispose di sperarlo pure ed aggiunse «se anche non firmeremo il patto potremo fare una dichiarazione confermante la nostra intenzione di riconoscere l'indipendenza dell'Austria~. Il barone von Neurath era presente a tale di·chiarazione di cui presi atto.

La sola frase della conversazione meco che fu serena fu quella in cui Hitler accennò alla Saar ed alla decisione presa a Ginevra di affidare al comitato dei tre, presieduto dal barone Aloisi, il compito di consegnare il territorio alle autorità del Reich. Il cancelliere si mostrò meco soddisfattissimo di tale solu-• zione che metteva fuori causa Knox per il quale ebbe parole di disprezzo. Egli tenne a dirmi, pesando le parole, che l'opera sempre abilissima ed opportuna e veramente instancabile del barone Aloisi era stata da lui assai ammirata e che avrebbe trovato dl modo di testimoniargli tale suo riconoscimento (lch werde schon sorgen, dass ich dem baron Aloisi meine Aner!kennrung zukommen lasse).

Ci siamo testé scambiati informazioni fra ambasciatori di Italia, Francia ed Inghilterra circa i colloqui avuti iersera col cancelliere del Reich.

Il primo col quale Hitler parlò fu sir Eric Phtpps. Questi si congratulò con il cancelliere per il risultato del plebiscito della Saar. Gli fu risposto che se si procedesse ad una votazione libera in Austria si avrebbero identici risultati, cioè il 90% ln favore del nazionalsocialismo. Sir Eric accennò poi al patto per l'Austria ed il bacino danubiano ottenendo risposta analoga alle dichiarazioni fatte a me: non esservi cioè ragione di aderire ad un atto che garantisce l'indtpendenza di un paese il quale in realtà non è indipendente. Hitler gli disse che egli avrebbe però potuto fare una dichiarazione relativamente al riconoscimento della indipendenza dell'Austria.

Avendo l'ambasciatore d'Inghilterra svolto gli argomenti della collaborazio

ne con le altre Potenze che era necessaria per creare un'atmosfera di maggior

fiducia, ed accennato anche al patto orientale, Hitler insistè sul suo punto di

vista e dichiaròò che una sola specie di patti era utile; quella dei patti bila

terali. Menzionò il patto germanico-polacco, dicendo che esso si approfondisce

ogni giorno maggiormente.

Il cancelliere si lasciò poi sfuggire la dichiarazione singolare che « se la Po

lonia fosse aggredita dall'U.R.S.S., la Germania non avrebbe alcuna ragione di

intervenire in suo aiuto ~. lasciando così chiaramente vedere che le note ideé

esposte nel suo libro Mein Kampf continuano ad essere quelle a cui egli ispdra

la propria politica.

All'accenno di sir Eri:c alla proposta che il Governo britannico avrebbe

prossimamente fatta di prendere nuovamente in considerazione un regolamento

internazionale degli armamenti, Hitler rispose che egli non scorgeva quale inte

resse v1 potesse avere la Germania, dato che l'U.R.S.S. era armata potente

mente e che di ciò il Reich doveva tener conto (1).

Gli sforzi dell'ambasciatore d'Inghilterra durante la sua conversazione di oltre 20 minuti per convincere il cancelliere a seguire una politica di collaborazione non sortirono alcun risultato.

Il signor François-Poncet parlò degli stessi argomenti ottenendo analoghe risposte circa il patto per l'Austria e il patto orientale, compresa la possibilità di riconoscere in una dichiarazione l'ind1pendenza dell'Austria. Quando accennò al ritorno del Reicch nella S.d.N. menzionando la possibilità che gli S.U.A. entrassero a farne parte, in breve, il cancelliere rispose confermando la sua avversione per l'Istituto ginevrino.

Parlando degli armamenti, François-Poncet chiese a Hitler se le richieste della Germania sarebbero state le medesime presentate lo scorso anno a Eden, ricevendo risposta negativa con la spiegazione che gli armamenti dell'U.R.S.S. circa i quali il Reich aveva informazioni molto precise erano cresciuti in modo da rendere necessari molto maggiori armamenti tedeschi, che però evitò di precisare.

L'impressione riportata dai miei due colleghi e da me dai nostri colloqui con Hitler iersera non è certo stata favorevole, perché abbiamo dovuto constatare ciascuno singolarmente e poi tutti e tre insieme che egli non fa conto di quello che può pensare questo o quel paese, non considera per nulla gli interessi degli altri Stati, e soprattutto non intende collaborare alla ricostituzione di una Europa migliore. Egli vede ovunque e soltanto avversari del nazionalsocialismo, ritiene che s'intenda porre la Germania dinanzi a dei fatti compiuti, contrari ai propri interessi, con una polmca di intese con gli altri Stati, di dissipare le diffidenze create dalla ideologia del partito, assume un atteggiamento di sdegnoso rifiuto che sarà in definitiva considerato come una prova della insincerità delle tanto decantate sue professioni di pacifismo.

È assai significativo l'accenno fatto da Hitler a sir Eric Phipps circa il suo proposito di non aiutare, nonostante l'accordo bilaterale dello scorso anno, la Polonia qualora essa fosse attaccata dall'U.R.S.S. Di tale sua imprudente dichiarazione si varranno subito Francia e Inghilterra nei riguardi della Polonia.

(l) -Cfr. quanto comunicò Colonna con il telespr. 3575/482 del 5 aprile: «Il signorKanya ha aggiunto non credere che gli accordi danubiani di cui all'invito itala-francese del gennaio scorso sarebbero mai realizzati: era del resto sua impressione che l'Italia se ne disinteressasse, paga del patto consultivo con la Francia. Ma anche se cosi non fosse -ha concluso -l'Ungheria non potrebbe addivenire in alcun caso ad un accordo con la Jugoslavia se la questione d! Marsiglia non fosse stata prima definitivamente liquidata». (2) -Il ministro d'Austria, da me interrogato, mi ha dichiarato che può mostrarmene quattro di questi giornali di emigrati austriaci [Nota del documento].

(l) Avendo accennato al ritorno del Reich nella S.d.N. come ad una premessa desiderabile per una sincera collaborazione colle altre Potenze, Hitler rispose che la Gran Bretagna trattava cogli s.U.A. e col Giappone ancorché essi non fossero rappresentati a Ginevra. Facesse la stessa cosa con la Germania [Nota del documento].

485

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 307/139. Mosca, 23 gennaio 1935.

Mio rapporto segreto n. 224/102 del 15 c.m. (1). Come mi aveva promesso, Karakhan è venuto a vedermi, senza peraltro dirmi nulla di molto nuovo.

Anche per lui, origine e base di ogni apprensione turca nei nostri riguardi: la paura. Egli stesso ha provato a domandare cosa potrebbe esser fatto da parte nostra per ridare alla Turchia la tranquillità perduta. Forse si attendeva che, da parte turca, si fosse chiesto un rinvigorimento del patto attuale itala-turco. Niente di tutto questo. Il Signor Tevfik Ruschdi Aras non si fida più dell'Italia e non vuole trovarvisi à tete à tete in patti bilaterali. La Turchia cerca delle

garanzie da parte di terzi e quindi :patti collettivi, con Francia e Jugoslavia alle costole: donde il famoso patto mediterraneo, per cui sembra che Tevfik Ruschdi Aras abbia ottenuto, anche di recente, dalla Francia qualche favorevole affidamento.

Ho risposto a Karakhan che, se cosi stavano le cose, il caso della Turchia mi sembrava tipicamente di quelli che ... si curano da sé. La messa in valore militare delle sue isole era un elemento essenziale della politica navale, generale e mediterranea, dell'Italia fascista, a cui questa non avrebbe rinunciato per far piacere alla Turchia, cosi come non aveva rinunciato alla costruzione delle due corazzate da 35.000 tonnellate nonostante il clamore del mondo intero. Stava alla Turchia di tirare da questo le conseguenze del caso: non all'Italia, che rimaneva insensibile agli spasmi del signor Aras come agli stessi armamenti turchi, incapaci, qualunque essi fossero, di pesare in modo decisivo sul rapporto delle forze nel Mediterraneo.

Quanto al patto mediterraneo, non lo sapevo vedere se non col consenso e nelle forme volute dall'Italia. La Turchia avrebbe, comunque, mal salvaguardati gli interessi propri affidandone la tutela alla... flotta jugoslava. Riflettes! se, piuttosto, se non le fosse invece più utile di tornare ad una politica di confidente collaborazione con l'Italia.

Karakhan si mostrò meco profondamente convinto della sostanziale verità di quanto gli dicevo.

Egli tenne, nell'occasione, a ripetere il giudizio, già espresso nella precedente conversazione, che cioè gli accordi di Roma costituivano, specie dopo gli sterili a;pprocci Aras-Laval per un patto a due, un colpo all'Intesa Balcanica, «specie -egli ripeteva --se voi saprete profittarne subito per migliorare i vostri rapporti, non solo con la Rumania, ma anche e specialmente con la

Jugoslavia~.

A parte l'ovvio accenno alla Rumania, l'affermazione di Karakhan è interessante per la sua esatta 'COincidenza, in quanto riguarda la Jugoslavia, con l'analoga osservazione fattami pochi giorni prima dal Ministro di Grecia (mio citato rapporto n. 224/102).

Ho nel frattempo preso visione dei telegrammi in cui S. E. il R. Ambasciatore ad Ankara riferisce sul suo colloquio con il signor Aras (1). Il linguaggio usato da quest'ultimo risponde alla sensazione che io avevo, di qua. avuto sull'attitudine turca. È questo ormai un settore che non mancherà di darci da fare e non rimarrà privo di ripercussioni anche qui.

(l) Cfr. n. 465.

486

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 400/022 R. Berlino, 24 gennaio 1935 (per. il 26).

È venuto stamane a vedermi l'ambasciatore von Hassell che domani rientrerà a Roma. Mi ha detto di avere conferito ieri a lungo col cancelliere del Reich, e che oggi vedrà nuovamente il barone von Neurath che aveva già

incontrato nei giorni scorsi. Disse che Hitler si era mostrato molto scettico circa la politica dei 'patti multipli, e quindi anche del patto danubiano (mi scongiurò di non parlare qui mai di questo patto chiamandolo «patto per l'Austria»). Egli credeva però di essere riuscito a persuaderlo, esponendogli tutti gli argomenti che militavano in favore della partecipazione del Reich al patto stesso, ad esaminarlo attentamente e riteneva che il cancelliere finirà per decidersi ad aderirvi. Altrettanto non poteva dirmi per quanto riguardava il patto orientale che Hitler è più che mai deciso di non firmare non intendendo assumere alcun impegno che possa obbligare la Germania ad ac~ordare assistenza all'U;R.S.S. od a consentirle di lasciare transitare sopra il suo territorio truppe sovietiche che si recassero in aiuto della Francia.

Alla domanda dell'ambasciatore von Hassell circa le mie impressioni ho risposto che purtroppo le impressioni riportate da me ed anche da altri miei colleghi delle nostre 'conversazioni di avantieri col cancelliere del Reich non erano state favorevoli perché Hitler si era espresso in termini tali da lasciare scarse speranze che la Germania entrasse nella via della cooperazione internazionale che sta tanto a cuore ai nostri Governi.

Il signor von Hassell ripetè che egli credeva che alla fine Hitler avrebbe aderito al patto danubiano. Occorreva tenere conto di una certa naturale disposizione sua ad essere diffidente verso quanto non gli appare chiaro. I patti multipli appaiono ad Hitler come eccessivamente complicati; egli sospetta che contengano qualche tranello. Ed è per questo che egli predilige i patti a due, più semplici, che regolano invece questioni determinate.

Egli credeva che l'Auswartiges Amt avrebbe esaminato oggi nuovamente il patto danubiano e formulato prossimamente talune domande di chiarimento; mi lasciò intendere che una di esse concernerà la portata del patto di consultazione itala-francese che è stato firmato a Roma e che durerà sino al giorno in cui il patto danubiano entrasse in vigore.

Gli ho risposto che tale patto risponde alle idee del cancelliere del Reich il quale predilige i patti a due, ancorché sia un atto internazionale, destinato nelle intenzioni dei firmatari ad essere di breve durata ed a cessare di esistere quando entrasse in vigore il patto generale. Il stgnor von Hassell ribattè che poiché il patto di consultazione stesso è stato stipulato all'infuori della Germania, era naturale che questa nutrisse dei sospetti al riguardo.

L'ambasciatore di Germania mi mise poi al corrente delle conversazioni avute con S. E. Suvich (l) circa il modo con cui Italia e Francia avrebbero dato seguito al proposito manifestato di riconoscere, circa il patto danubiano, la situazione speciale della Germania e mi domandò se fosse stata presa una decisione circa l'idea espostagli dal sottosegretario di Stato agli esteri secondo la quale Italia e Francia avrebbero dovuto compiere un nuovo passo a Berlino per invitare il Governo del Re:ich a discutere con loro, in un primo tempo ed all'infuori degli altri Stati chiamati al patto stesso, il tenore di esso. Ho risposto >che finora non avevo ricevuto alcuna istruzione al riguardo. Egli sembrò annettere grande importanza a che un simile passo avvenisse al più presto per facilitare il compito del Governo del Reich.

Ritornando a parlare del linguaggio del cancelliere del Reich circa la pat~ tomania von Hassell disse che occorreva tenere presente che uomini dello stampo di Hitler solevano sovente usare con i diplomatici un linguaggio più rude di quello che era abituale da parte delle cancellerie e che non si doveva prendere alla lettera tutto quello che Hitler diceva, perché l'influenza dell'Auswartiges Amt aveva il suo peso e riusciva a far modificare certi suoi atteggiamenti impulsivi.

Il signor von Hassell parlò poi degli armamenti dicendomi che aveva trovato l'ambiente di Berlino influenzato dalle notizie molto precise qui giunte della preparazione bellica dei Soviets, i quali avrebbero ormai un esercito di un milione e mezzo di uomini, i quali naturalmente avrebbero influito assai sopra i calcoli della Reichswehr. Ho osservato che anche il cancelliere aveva parlato meco e con gli ambasciatori di Francia ed Inghilterra degli armamenti dell'U.R.S.S. con evidente preoccupazione. Se a Berlino si partiva dal punto di vista che il futuro esercito tedesco dovesse essere così forte da poter far fronte contemporaneamente ad un attacco eventuale sopra tutti i fronti, si sarebbe giunti facilmente a cifre aggirantisi sugli ottocentomila uomini ed in tal caso era fuor di luogo pensare alla possibilità di una convenzione circa gli armamenti. Von Hassell ne convenne, menzionò la grande difficoltà che rappresenterebbe già per la conclusione di una simile convenzione la pretesa della Francia di possedere un esercito alquanto più forte di quello tedesco, cosa che la Germania non potrebbe ammettere, e deplorò che non fosse stato possibile di concludere un accordo al riguardo sino dallo scorso anno. D'allora in poi la situazione politica si era mutata e rendeva quindi necessaria l'adozione di metodi diversi per calcolare il fabbisogno difensivo del Reich.

L'ambasciatore di Germania a Roma mi disse infine di avere veduto tanto il generale von Blomberg quanto il generale barone von Fritsch che, riferendosi alle voci pervenute a Roma di ;preparativi militari della Germania verso l'Italia, avevano smentito categoricamente che esistesse un simile proposito. Me ne sono rallegrato facendo osservare al signor von Hassell che assai frequentemente giungevano anche al mio orecchio voci che menzionavano intenzioni di conquista tedesca verso il Sud. Esse non erano state giustificate almeno sinora da notizie di preparativi militari, ma dimostravano però l'esistenza di uno spirito ultra-nazionalista di conquista in una parte almeno del partito nazionalsocialista e come tali dovevano essere registrate, pur senza attribuire ad esse una eccessiva importanza.

(l) Cfr. nn. 418 e 419.

(l) Cfr. n. 468.

487

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 420/02 R. Belgrado, 24 gennaio 1935 (per. il 28).

Nel corso di una conversazione avuta con questo ministro aggiunto degli affari esteri, il signor Puric, riferendosi al testo del protocollo italo-francese del 7 gennaio per l'Austria, mi ha lasciato intendere che sarebbe opportuno precisare se l'impegno di «non ingerenza :. negli affari interni austriaci dovesse o meno giuocare nel caso che, senza una palese azione esterna, avesse a verificarsi un'assunzione al potere da parte dei nazisti austriaci.

488

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 24 gennaio 1935.

Il signor Stein si ri,chiama alle conversazioni avute da Litvinoff a Ginevra col Ministro Lavai, col signor Eden e con il Barone Aloisi relative alla situazione di Memel.

La Germania ha ammassato truppe e armi alla frontiera lituana per esercitare con ciò una pressione su quel Governo. Le Potenze che sono garanti dello statuto di Memel, non possono non intervenire per far cessare questo stato di cose.

Ho risposto all'Ambasciatore che era in corso uno scambio di vedute fra Italia, Francia e Inghilterra su tale questione: sembrava però opportuno che il Governo lituano rientrasse al più presto nella legalità per non dare troppo facile giuoco alla Germania, la quale afferma che le Potenze garanti non sono in grado d:i evitare gli atti arbitrari del Governo lituano. Avremmo ad ogni modo ,prospettato anche il punto di vista esposto dall'U.R.S.S. e gli avrei fatto avere aJPpena possibile una risposta.

L'Ambasciatore poi si informa sulle disposizioni della Germania nei riguardi del Patto dell'Europa centrale.

Gli rispondo che, a quanto si vuò giudicare, le disposizioni al momento attuale della Germania non sono favorevoli ad una politica di collaborazione con le altre Potenze. Ad ogni modo non siamo in possesso di una risposta precisa.

L'Ambasciatore si dimostra preoccupato per le ripercussioni della vittoria tedesca nella Saar che ha rinfocolato tutte le irrequietezze e le aspirazioni tedesche in Germania e fuori.

489

COLLOQUIO FRA IL CAPO DI GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DEI.iL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 24 gennaio 1935.

Ha chiesto nuovi particolari sul patto danubiano oltre quelli che a[vevo ri]ferito (l) a Ginevra a Litvinov e che questi gli aveva c[omunicat]o. Stein appariva particolarmente interessato a conoscere la condotta di Tevfik in proposito. Gli ho fornito i chiarimenti del caso. Siccome ha ripetuto

la stessa opinione espressa da Litvinov e dal suo predecessore e cioè che la Russia teneva in modo particolare ai buoni rapporti di amicizia tra l'Italia e la Turchia ho creduto opportuno prospettare anche a lui -perché all'occasione ne possa riferire al suo collega turco -il vero stato dei rapporti itala-turchi.

Passati a discutere di Rodi, gli ho dimostrato l'assoluta impossibilità che la questione della nostra base nel Mediterraneo orientale ~possa formare oggetto di discussioni fra noi e Turchia. La questione della base è una questione di politica militare di carattere strettamente interno e non sarà certo in questo campo che la Turchia potrà sperare dall'Italia la dimostrazione delle amichevoli intenzioni che questa nutre a suo riguardo.

Tutt'al più sarà nel campo delle convenzioni già esistenti che la Turchia potrà ricercare q[uelleJ soddisfazioni e quelle assicurazioni di sicurezza a cui [aspira] e di cui con tanta insistenza ha recentemente intrattenuto [a GinJevra Lavai, che mi pregò -come feci a suo tempo -di riferirne a V. E.

Stein ha detto di essere dello stesso avviso.

(l) Le lacune sono dovute al deterioramento del documento.

490

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI (l)

T. PER CORRIERE S. 750 P.R. Roma, 25 gennaio 1935, ore 16,50.

(Per Londra) Ho telegrafato alla R. ambasciata a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Prego chiedere al signor Lavai se egli abbia difficoltà acché, a mezzo della R. ambasciata a Londra, il Governo italiano provveda a far comunicare verbalmente e confidenzialmente al signor Simon il contenuto dello scambio di lettere segreto effettuatosi recentemente a Roma circa l'Etiopia, ponendo particolarmente in rilievo che detto scambio di lettere è inquadrato nell'accordo tripartito del quale precisa le modalità di applicazione nei confronti itala-francesi.

Mi sembrerebbe evidente l'opportunità di una tale comunicazione, tenendo conto dello spirito generale dell'accordo tripartito, dei notevoli interessi britannici in Etiopia, ed infine del principio di collaborazione amichevole che, non solo nel ·campo della politica generale ma anche in quello della politica africana, ispira i rapporti fra l'Italia e la Gran Bretagna, come del resto quelli fra la Francia e la Gran Bretagna.

Prego telegrafare benestare Governo francese oltre che a questo ministero anche alla R. ambasciata a Londra (cui invio altresì presente telegramma) e alla quale vengono date per posta istruzioni perché faccia al signor Simon la comunicazione di cui sopra tosto che avrà ricevuto telegramma di V. E.

(l) Tratto dal fondo Ambasciata a Londra. Il telegramma diretto a Parigi (t. 751/48 P.R.) non è inserito nel registro dei telegrammi in partenza dove è annotato: «Nella cassaforte del Capo Ufficio ».

491

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 419/03 R. Belgrado, 25 gennaio 1935 (per. il 28).

Nel corso conversazione avuta nella sede di questa legazione di Cecoslovacchia con colleghi di Francia e Romania, questi ultimi precisatomi obiezioni carattere generale e particolare che si sollevano in ambienti responsabili jugoslavi. Oltre ,consuete lagnanze per non mutate fondamentali concezioni revisioniste italiane, principale obiezione carattere generale è che Italia nulla avrebbe «effettivamente:. fatto per venire incontro Jugoslavia rifiutandosi sopra tutto seguire esempio Inghilterra (dichiarazioni del 19 ottobre 1934 di sir John Simon dopo attentato Marsiglia) con affermazioni pubbliche del principio esistenza e integrità Jugoslavia.

Conoscendo abitudini miei interlocutori che non avrebbero mancato riferirne questo ministero esteri, ho replicato che dichiarazioni del febbraio di

S. E. Aloisi a Ducic (l) e parole S. E. Capo del Governo discorso Milano avevano costituito chiarissimo e più che sufficiente invito.

Collega francese continuato dicendo ciò non essere sufficiente ma necessario un effettivo gesto, quale ad esempio concessione speciali garanzie e diritti «minoranze jugoslave» Italia sopra tutto riguardi insegnamento lingua slovena. Sembrerebbe anzi che forte corrente ambienti governativi tenda condizionare a tale «gesto» italiano adesione jugoslava accordi Roma. Sintomatico che in questi giorni tutta la stampa slovena ha intensificato campagna in difesa diritti allogeni nella Venezia Giulia. Ho risposto essere escluso che nostri sudditi allogeni possano costituire comunque oggetto di qualsiasi discorso.

Collega francese aggiunto che Governo jugoslavo sarebbe stato poi «sorpreso» da fatto che non sia stato formalmente chiesto suo avviso in merito accordi Roma all'atto comunicazione testo accordi. Ho risposto che tale comunicazione, essendo stata fatta ai fini della raccomandazione contenuta nel testo, comportava di per se stessa un invito ed una risposta.

Colleghi predetti hanno concordemente concluso dicendo che realizzazione accordi Roma dipende comunque interamente da Italia e precisamente da composizione «a sua iniziativa», delle difficoltà itala-jugoslave. Mentre per quanto riguarda effettive tendenze jugoslave risultaml principale remora adesione accordi Roma consiste sempre nel timore rinascita patto a quattro e anche nel disappunto per non raggiunto accordo diretto itala-jugoslavo senza intermediari, mi riferisco, per quanto riguarda locale atteggiamento francese, a telegramma R. ambasciatore Mosca in data 8 gennaio (2) (comunicatomi con telegramma ministeriale 113/C. R. del 19 gennaio), per rilevare che linea condotta questa legazione Francia può essere confrontata con quella ambasciatore Alphand, nel senso di una difesa precedenti politiche francesi locali in resi

stenza politica generale dipendente accordi romani. Mentre tale linea condotta può esser comprensibile quale difesa attività personale e successi locali singoli rappresentanti francesi, essa però potrebbe in definitiva intralciare realizzazione concreta intesa italo-francese, contrariamente intenzioni stesso Governo Parigi. Ruscdi Aras che ha qui sostato Intiera giornata di ieri tenta per parte sua .con ogni mezzo di intorbidare le acque mettendo in gioco fra jugoslavi e rappresentanti Francia Piccola Intesa, Intesa Balcanica ogni sorta di interessi, sospetti e timori di Governi e personali.

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIV, n. 727. (2) -Cfr. n. 409.
492

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI (l)

TELESPR. UU. STRETTAMENTE SEGRETO 977. Roma, 25 gennaio 1935.

l. Per le ragioni esposte nel mio telegramma n. 750 in data 25 gennaio (2) debbo ritenere che il Governo francese non abbia difficoltà acché il Governo britannico sia messo al corrente dell'intesa segreta intervenuta fra l'Italia e la Francia circa l'Etiopia.

È possibile anzi che, dopo il nostro passo di cui. al telegramma anzidetto, i Signori Flandin e Lavai nella prossima visita cht faranno a Londra porranno in via confidenziale al corrente H Governo britannico del contenuto di detto accordo.

Ritengo opportuno che il Governo britannico sia informato previamente da noi; ed è perciò che fornisco a V. E. i seguenti dettagli, onde Ella possa intrattenerne verbalmente e a titolo segreto il Signor Simon, dopodiché, giusta il telegramma citato, V. E. avrà ricevuto dalla R. Ambasciata a Parigi la conferma dell'assenso francese.

2. L'intesa di cui si tratta è costituita da uno scambio di lettere segrete fra il Crupo del Governo italiano e il Ministro degli Esteri francese e trae formalmente lo spunto dall'Accordo Tripartito del 1906, per precisare quali sono gli interessi che detto Accordo Tripartito riconosce come interessi francesi in Etiopia.

Il Signor Lavai pre·cisa infatti nella sua lettera che, dopo esame della situazione dell'Italia e della Francia nell'Africa Orientale, particolarmente per quanto concerne gli interessi della Eritrea e della Somalia italiana da una

La penetraz!one italiana !n Etiopia vorrebbe dire la creazione d! un rispettab11e Imperocoloniale Italiano a ridosso delle vie dl comunicazione dell'Impero Inglese per le Indie da un lato, e della linea Cairo-Capo dall'altro. Non è a presumere quindi che l'lngh11terra dla 11 vla a una nostra azione, anche se se ne rispettano integralmente l dlrltt! e i prlv11egi che essa vanta già, ma a più forte ragione no! urteremo contro l'ostacolo inglese se fin d'ora mostreremo dl mettere In forse quello che l'Ingh!lterra ritiene d! propria pertinenza.

La Direzione Generale Affari Polltici resta in attesa delle disposizioni di V.E. nel caso che si ritenga che la comunicazione da dare a Grandi debba lasciare aperto 11 dubbio circa 11 nostro proposito di estendere la nostra penetrazione anche nella zona inglese •· suvych apportò alcune modifiche al testo preparato da Buti.

parte e della Costa francese dei Somali dall'altra, e nel desiderio di praticare la politica di amichevole collaborazione che i due Governi perseguono nelle vicinanze dei loro possessi africani, il Governo francese dichiara al Governo italiano che, nell'applicazione dell'Accordo Tripartito del 1906, nonché di tutti gli accordi citati all'art. 1° di detto Accordo Tripartito, il Governo francese non ricercherà in Etiopia la soddisfazione di altri interessi che degli interessi economici relativi al traffico della Ferrovia Gibuti-Addis Abeba, nella zona che è definita in un annesso alla lettera. Tuttavia -continua la lettera del Signor Lavai -il Governo francese non intende con ciò rinunciare ai diritti di cui i cittadini, sudditi o protetti francesi fruiscono in base al Trattato franco-etiopico del 10 gennaio 1908, né alle concessioni che essi hanno ottenuto sulle parti del territorio etiopico situate al di fuori della zona anzidetta, nonché al rinnovo delle dette concessioni.

Con la lettera di risposta il Governo italiano prende atto della dichiarazione fatta dal Governo francese, e s'impegna a rispettare gli interessi economici relativi al traffico della ferrovia Gibuti-Addis Abeba nella zona suindicata, come pure i diritti sopra specificati dei cittadini, sudditi e protetti francesi.

La zona di cui sopra può essere cosi descritta:

Partendo dal confine franco-etiopico dal Lago di Gum, una linea retta che raggiunge ad Hadele Gubò il fiume Auasc; segue il corso di questo fiume fino all'incontro con il 10° parallelo; segue il. 10° parallelo con direzione da est ad ovest fino all'incontro con il meridiano che passa immediatamente ad ovest della città di Addis Abeba; segue questo meridiano con direzione da nord a sud fino all'incontro con 1'8° parallelo; segue 1'8° parallelo con direzione da ovest ad est fino all'incontro con il meridiano che passa immediatamente ad est della città di Barrar; segue questo meridiano con direzione da sud a nord fino all'incontro con la strada carovaniera che da Gildessa si dirige con direzione nord nord-est al confine del Somaliland britannico; segue infine tale carovaniera fino alla frontiera.

Concludendo dunque l'intesa intervenuta con la Francia precisa le modalità di applicazione del Tripartito nei confronti degli interessi itala-francesi. Essa non offende né diminuisce gli interessi della Gran Bretagna.

3. Le informazioni che precedono daranno forse lo spunto ad un colloquio più approfondito, nel quale il Signor Simon cercherà di sondare quali sono le intenzioni del Governo italiano sui futuri sviluppi delle relazioni itala-etiopiche.

Per Sua esclusiva personale conoscenza La informo che è mio proposito di risolvere il problema dell'Etiopia in modo radicale, sia instaurandovi il nostro diretto dominio, sia in quell'altra forma che gli avvenimenti avessero a consigliare; e a ciò il Governo italiano si sta attivamente preparando, provvedendo alle necessarie misure militari che potranno essere compiute verso il mese di ottobre p. v. Naturalmente nulla di ciò deve esser detto al Signor Simon.

È tuttavia della più alta importanza cercare di sondare fin d'ora l'atteggiamento del Governo britannico in relazione ai futuri avvenimenti ed avviarsi a preparare cotesto ambiente in modo che la nostra azione in Etiopia invece che ostacolata venga .possibilmente considerata in modo simpatico.

4. Nella Sua conversazione con Simon V. E. può così accennare intanto in via confidenziale ai seguenti cncetti, sui quali mi riservo di ritornare e sviluppare anche in base alle indicazioni che Ella mi avrà fornito dopo il Suo colloquio.

Intendiamo possibilmente agire in Etiopia in via pacifica, curando di dare sviluppo alla nostra penetrazione economica, secondo gli impegni presi dall'Italia e dall'Etiopia col trattato di amicizia del 1928. A tal fine, come ci siamo preoccupati di chiarire i limiti degli interessi econom1ci francesi, desideriamo metterei in rapporto con codesto Governo, non solo per evitare contrasti, ma anche perché lo sviluppo dei nostri interessi in Etiopia abbia a svolgersi armonicamente con gli interessi britannici.

Le intenzioni pacifiche dell'Italia trovano certamente ostacolo nello spirito xenofobo da cui è animato il Governo di Addis Abeba, e di cui sono sintomi i ripetuti incidenti avvenuti in questo ultimo periodo: aggressione contro il rappresentante diplomatico americano in Addis Abeba, attacco al Consolato di Gondar, aggressione contro il presidio italiano di Ual-Ual, recente massacro alla frontiera della Costa francese dei Somali. Tale atteggiamento xenofobo ha reso finora vano ogni tentativo da parte nostra di collaborazione nel campo economico ai fini del progresso civile e materiale di quella parte dell'Africa, che è interesse comune italiano e britannico di curare. Ove tali ostacoli continuino ad esserci frapposti, non potremmo fare a meno di considerare i mezzi migliori per venirne a capo in modo efficace, nell'interesse nostro e generale.

Resto in attesa di comunicazioni da parte di V. E.

(l) Inviato, per conoscenza, all'ambasciata a Parigi. Cfr. 11 seguente appunto d! Buti per suv!ch del 24 gennaio: «Il presente telespresso è redatto avuto riguardo al dir!tt! ma anche alle l!m!taz!oni che sono stab1llte dal Trattati vigenti. I qual! nel riguardi degli Inglesi stabiliscono determinate zone che, In caso d! spartizione dell'Etiopia, sarebbero di loro pertinenza.

(2) Cfr. n. 490.

493

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI

T. 136 R. Roma, 26 gennaio 1935, ore 13.

(Solo per Addis Abeba) Seguito tele.gramma n. 42 (1).

(Per tutti) Questione relativa .incidente Ual-Ual e ricorso etiopico a Società Nazioni ha formato oggetto a Ginevra di colloqui privati, a seguito dei quali delegazioni italiana ed etiopica hanno inviato a segretario Società Nazioni lettere di cui telegrafo a parte il testo in chiaro, evitando discussione pubblica. È stato così che Consiglio Società Nazioni, nella seduta privata del giorno 19 u.s., senza intervento del delegato etiopico, ha preso conoscenza delle lettere sopra citate ed ha rinviato alla sessione successiva l'eventuale esame del ricorso etiopico nel caso in cui nel frattempo Italia e Etiopia non abbiano raggiunto l'accordo. Telegrafo ugualmente a parte in chiaro il testo della risoluzione.

Mi riservo inviare alla R. legazione in Addis Abeba ulteriori istruzioni per proseguimento negoziati.

(l) T. 120/42 R. del 21 gennaio, con cui veniva ritrasmesso U n. 462.

494

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. S. 813/33 P. R. Parigi, 26 gennaio 1935, ore 19,40.

Decifri Ella stessa.

Mi riferisco telegramma ministeriale n. 48 (2).

Lavai mi ha dichiarato non aver obiezione a che R. ambasciata a Londra faccia verbalmente e confidenzialmente a Simon la comunicazione relativa noto scambio lettere segrete ,per l'Etiopia effettuatosi a Roma, ponendo in rilievo che il detto scambio lettere è inquadrato nell'accordo tripartito del quale precisa modalità di esecuzione nei confronti itala-francesi.

Lavai ha soggiunto spontaneamente che nei suoi prossimi colloqui di Londra se conversazione cadrà sulla questione abissina egli si esprimerà con gli uomini di Governo inglesi secondo lo spirito degli accordi di Roma col proposito di contribuire a provocare una favorevole comprensione da parte Inghilterra delle aspirazioni italiane in Abissinia.

Aggiungo che, da quello che ministro degli affari esteri Iili ha detto, ho tratto impressione che egli abbia già informato Simon a Ginevra del contenuto di massima dello scambio lettere succitate e che abbia pure procurato di influenzare ministro degli affari esteri inglese a favore nostre vedutè nei riguardi dell'Abissinia (3).

495

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. 139/51 R. Roma, 26 gennaio 1935, ore 24.

Telegramma V. E. n. 28 del 23 corrente (4).

Concordo in linea di principio con proposta del Governo francese circa passo da compiere presso ministri di Lituania accreditati Roma Londra e Parigi per questione di Menel.

Prego V. E. farmi conoscere quando codesto ministro affari esteri intenda fare la comunicazione in questione a rappresentante lituano Parigi. Nel colloquio che V. E. avrà al riguardo con codesto ministro degli affari esteri prego aggiungere che questo ambasciatore dei Sovieti ha attirato la

38 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

nostra attenzione su concentramenti di truppe tedesche alla frontiera lituana. Gli è stato risposto che secondo le informazioni in nostro possesso l'aumento di truppe tedesche nella Prussia orientale è più o meno in corrispondenza con l'aumento delle forze del Reichswehr: non ci risulta però che il Governo tedesco abbia effettivamente intenzioni aggressive.

Prego V. E. farmi conoscere quali informazioni si abbiano al riguardo costà e quali siano impressioni di codesto Governo in proposito.

(l) -Il telegramma fu inviato da Pignattl anche all'ambasciata a Londra dal cui fondo è tratto· 11 testo pervenuto a Roma non è inserito nel registro dei telegrammi in arrivo dove è ann~tato:: "Nella cassaforte del Capo Ufficio>>. (2) -Cfr. n. 490, nota l. (3) -Cfr. infatti il seguente brano di un appunto consegnato da Chambrun a Suvich 11 4 febbraio: «Au cours de son séjour à Genève, M. Lava! a été amené à mettre personnellement Sir John Simon au courant de l'ensemble des accorda du 7 janvier sur les questiona afrlcaines. Aucun texte ne lui a été laissé. Seul le traité portant réglement de frontière a été communiqué, à. la demande du Secrétaire d'Etat, au Foreign Offlce par !es soins de l'Ambassadeur de France à Londres ». (l) -Cfr. n. 481.
496

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 26 gennaio 1935.

Sir Eric Drummond che era stato da me interessato relativamente alla questione degli invii da parte inglese di ingenti quantità di armi in Abissinia, mi riferisce che da una inchiesta fatta dal Foreign Office risulta non esserci assolutamente nessuna compromissione da parte di autorità inglesi; molte notizie però che ci pervengono sono assolutamente esagerate; così è stato chiarito che quei famosi cassoni partiti da Aden che avevano gettato tanto allarme in Italia, non contenevano altro che mobili commessi dall'Imperatore a Londra in relazione all'arrivo del principe ereditario di Svezia ad Addis Abeba. Mi chi-ede poi l'ambasciatore a che punto siamo con le trattative con il Governo abissino.

Gli rispondo che non si è fatto alcun progresso: la cosa è rimasta ferma

dopo Ginevra.

Parlando del memoriale abissino osservo all'Ambasciatore che lo stesso è

abbastanza oggettivo, meno in alcuni punti essenziali come quello dell'inizio

dell'atta.cco; chi fa una figura molto strana è il colonnello Clifford, che dà

l'impressione di aver preso di progetto la parte degli Abissini contro gli Italiani.

L'Ambasciatore mi dice che, spogliandosi della sua veste ufficiale e par

Iandomi in confidenza, non può che condividere questa mia osservazione.

L'Ambasciatore mi chiede rpoi di essere tenuto al corrente delle trattative

fra l'Irak e la Persia che interessano particolarmente il Governo Britannico.

497

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCié

APPUNTO. Roma, 26 gennaio 1935.

Ho protestato col signor Ducié per la vignetta offensiva del giornale

Koprive.

Il signor Ducié ha riconosciuto la legittimità della nostra reazione avvertendo però che si tratta di un giornale di Zagabria di una limitata tiratura e di nessun credito. Farà presente la cosa e richiamerà nel modo più serio sulla inammissibilità di tale pubblicazione l'attenzione del proprio Governo.

Il signor Ducié a sua volta si lagna del fatto che in Italia si venda dappertutto il libro dello Zingarelli su Serajevo, libro contenente delle evidenti falsità fatte a scopo tendenzioso per calunniare la Jugoslavia ed il defunto Re.

Non ho letto il libro dello Zingarelli; osservo però che le due cose non hanno a che fare. Nel caso dello Zingarelli, a quanto mi dice il Ministro, si tratta di fatti storici che possono avere diverse interpretazioni; nel caso per cui oggi protesta, non si :può vedere altro che la più manifesta intenzione di offendere il popolo italiano.

Il Ministro di Jugoslavia mi chiede poi notizie sugli avvenimenti. Non si meraviglia della intransigenza tedesca dopo la Saar: non vi è dubbio che i tedeschi mirano ad una loro espansione in Europa; non è neanche tanto vero che le vie della espansione tedesca sono quelle indicate da Rosenber,g, cioè verso l'Est. La Germania vuole in primo luogo l'Austria e la strada per l'Adriatico. È per ciò che la Jugoslavia, checché se ne dica in contrario, non marcerà mai assieme con la Germania. Se il signor Mussolini sentisse queste sue parole, direbbe che questa è la chiaroveggenza del poeta.

Il ministro conferma che in Jugoslavia si è avuta molta gioia per l'accordo itala-francese da cui si sperano i migliori sviluppo dei rapporti tra Italia e Jugoslavia.

498

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A SOFIA, CORA

TELESPR. P. 988. Roma, 26 gennaio 1935.

Secondo informazioni in nostro possesso molto confidenziali ma di sicuro fondamento, ci risulta in modo preciso che fra la Turchia e la Grecia è stato concluso un vero e pro·prio accordo di carattere militare in cui si prevedono gli obblighi dei contraenti nelle varie possibili ~potesi. In caso di un attacco della Bulgaria contro la Turchia, la Grecia avrebbe il compito di cooperare con la Jugoslavia e la Romania contro la Bulgaria. Obbligazioni analoghe ha assunto la Turchia in caso di attacchi della Bulgaria contro la Grecia. Anche in questo caso è prevista la cooperazione della Jugoslavia e della Romania. Questa pratica garanzia reciproca di frontiera si limita peraltro alle sole frontiere balcaniche dei singoli paesi contraenti. Il patto militare gre,co-turco è legato ed integrato dai vari altri patti militari analoghi conclusi tra gli altri componenti della intesa balcanica.

È inutile che aggiunga che tali notizie sono di indiscutibile e controllata fondatezza; ma appunto per questo hanno un carattere di assoluta segretezza e destinate ad un uso di assoluta discrezione.

s. E. il Capo del Governo desidera tuttavia, ciò malgrado, che esse pervengano a conoscenza delle più alte autorità responsabili bulgare.

Vedrà peraltro l'E. V. se convenga che Ella ne intrattenga in occasione più o meno prossima direttamente S. M. Re Boris a nome di S. E. il Capo del Governo oppure sia il caso di limitarsi di ·farne confidenzialissima menzione a codesto Presidente del Consiglio, Generale Zlateff.

499

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 453/016 R. Vienna, 27 gennaio 1935 (per. il 30).

Mio telegramma per corriere n. 010 del 16 gennaio (1).

L'altra sera, in un lungo colloquio col cancelliere, trassi l'impressione che egli, fra tutte le minacce naziste formulate in dipendenza del plebiscito della Saar, presti sovratutto attenzione alla rinnovata richiesta di un plebiscito per l'Austria.

Difatti, persuaso che solo nel prossimo marzo sia da attendersi una decisa azione nazista, egli non assegna pel momento speciale importanza né alle notizie di accentramenti di legionari nelle vicinanze della frontiera né ai limitati ed invero non gravi incidenti che si sono prodotti qua e là né alla notizia della nuova attività dell'Habicht. Egli ne attribuisce invece alla suindicata richiesta di plebiscito ed al riguardo ha sostenuto meco che esso non è da escludersi per l'avvenire. In questa opinione ha perseverato, pur condividendo alcune mie osservazioni circa il pericolo di una siffatta consultazione, specie in vista delle circostanze che potrebbero influire gravemente sul responso: propaganda degli avversari; corruzione; spiegamento artificiale di forze; panico dei votanti per le ritorsioni in cui incorrerebbero in caso di soccombenza ecc. Tuttavia, ha mostrato di apprezzare specialmente l'argomento che in un diretto plebiscito potrà essere rqppresentato -allorquando saranno organizzate le corporazioni dalle elezioni, previste dalla costituzione, dei membri dei nuovi corpi consultivi.

Intanto la circostanza che nessuna vera e propria agitazione siasi qui sviluppata a seguito del plebiscito della Saar, mentre conferma, come ho già riferito a V. E. l'esistenza di precise direttive date in tal senso dal di fuori, non può invece valere, per la predetta ragione, come un sicuro indice dello stato d'animo di questa popolazione.

Infatti, per quella a fondo nazista, occorre, a mio avviso, prestare attenzione ad altri sintomi: ad esempio, i recenti viaggi dei cosidetti « nazionali » in Germania; la nuova attività a cui sarebbero chiamati l'Habicht ed il Frauenfeld; gli incarichi che si accingerebbe ad assumere il Neubacher; e forse anche un viaggio a Berlino, che sarebbe stato sul punto di intraprendere il generale Glaise Horstenau, il quale, nonostante la sua nomina a membro del consiglio di Stato, ha tendenza «nazionale». CA tale ultimo riguardo il cancelliere mi ha però detto che, nella stessa giornata di ieri, egli era riuscito a dissuadere il Glaise da detto viaggio, apparentemente dovuto ad un impegno per una conferenza in un circolo privato). Ora, tutte queste notizie non possono non lasciare pensare che i nazionali o nazisti, animati dal grande successo della Saar e decisi allo stesso tempo a non lasciar cadere una circostanza così insperatamente propizia, vogliano compiere ogni sforzo per farsi tramiti di un compromesso tra Berlino e Vienna; e maggiormente ancora per inscenare, più che

una campagna terroristica, una viva propaganda d'opinione, basata essenzialmente sui noti concetti di Volkstum e del Deutschtum, e quindi, in definitiva, sulla necessità di un plebiscito anche per l'Austria.

Circa lo stato d'animo della popolazione non nazista non può tenersi in non cale il rilievo che il cancelliere e l'Adam, dopo avere fatto, nella previsione di forti smarrimenti nell'opinione pubblica in conseguenza del plebiscito sarrese, i noti ambigui accenni (mio teleposta riservato n. 79 del 14 corrente) (1), hanno creduto di un tratto correggerli con categoriche dichiarazioni circa l'essenza «non stagionale» dello Stato austriaco e della sua missione (2). Tale improvviso mutamento se è infatti da ascriversi in buona parte, come ho segnalato all'E. V., alla reazione provocata da detti accenni in questi circoli diplomatici ed all'estero, non può non trovare d'altro canto la sua causa anche nella constatazione che gli eventi della Saar avevano in pratica avuto solo una relativa ripercussione su questa opinione pubblica. Relativa, poiché se detta pubblica opinione ha mostrato in genere compiacimento per la vittoria riportata dal germanesimo, non può dirsi che essa abbia assunto atteggiamenti tali da svelare una sopravvenuta debilità nella concezione fondamentale circa l'indipendenza stessa del paese.

Infine è da rilevare che questi ambienti go,vernativi sono ormai d'avviso che la Francia, con l'abbandonare la Saar al suo destino, se ha forse evitato complicazioni e difficoltà, ha finito di certo col contribuire grandemente a fare risorgere le declinanti sorti dell'hitlerismo, sia all'interno della Germania che all'estero, e quindi a porre il Reich in una situazione di speciale vantaggio nei rispetti di quella qualsiasi nuova linea di condotta che esso vorrà scegliere nei riguardi dell'Austria.

(l) Cfr. n. 457.

500

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 439/148 R. Addis Abeba, 28 gennaio 1935, ore 21 (per. ore 16 del 29).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero precedente (3).

Parte terza. 6°) Impressione di maggior calma in questo Governo e in tutto il paese si riferisce parti-colarmente a sensazione da parte Etiopia che pericolo non sia più immediato.

Esiste però diffusa previsione (direi quasi certezza) di inevitabile conflitto avvenire, e di conseguenza misure di carattere militare (sulle quali ho riferito di volta in volta a V. E.) continuano venire predisposte ed attuate con ritmo regolare. Maggiori sforzi finanziari sono diretti permettere forniture armi e materiale bellico, mentre raccolte di viveri e quadrupedi, invii di armi e di armati hanno luogo in tutto l'Impero, naturalmente con maggior rilievo ed entità in direzione nostra frontiera Eritrea e Somalia.

7°) Ritengo vi sia anche da parte Etiopia buona conoscenza nostre misure militari in corso di attuazione; anche in questo campo non è certamente mancata azione fiancheggiatrice britannica, svolta attraverso singoli agenti e questa legazione, come appoggio e consiglio continui hanno accompagnato iniziative di questo Governo nelle trattative che hanno seguito incidente Ual-Ual. Ho già riferito diffusamente a V. E. su tale aspetto di questa vertenza; considerata nel suo insieme e nell'attuale momento, quest'ultima sembra presenti da parte Etiopia diminuita aprensione, marcata soddisfazione per ultime decisioni ginevrine, ma continuata preparazione per previsto conflitto e suggerire di conseguenza da parte nostra attuazione adeguate misure di carattere fisso, e atteggiamento verso questo Governo ispirato a serena obiettiva fermezza, quale (tenuto conto particolare mentalità etiopica facile esaltazione o deprimersi secondo circostanze del momento), appare necessario, per quanto da qui possa giudicarsi, per poter giungere a soluzione conforme nostre richieste e nostro prestigio. (Fine del telegramma).

(l) -Cfr. n. 447. (2) -Preziosi aveva riferito in proposito con t. per corriere 355/013 R. del 21 gennaio, non pubblicato. (3) -T. 448/146 R. e t. 447/147 R., pari data, non pubblicati.
501

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE CIUTIIS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 466/04 R. Belgrado, 28 gennaio 1935 (per. il 31).

Questo incaricato d'affari di Cecoslovacchia mi ha detto che risposta Stati Piccola Intesa invito partecipare convenzione di cui al processo verbale italafrancese del 7 gennaio per Austria ed Europa centro-danubiana sarebbe effettuata suolto .aopo conosciuti i risultati dell'incontro di Londra e decisioni Governo francese nei riguardi conclusione patto orientale.

Risposta sarebbe data da Jugoslavia a nome anche della Cecoslovacchia e della Romania, «quale Stato maggiormente interessato ed in vista anche della situazione dei rapporti itala-jugoslavi il cui miglioramento dovrebbe costituire principale conseguenza accordi romani :..

(Ritengo invece che delega al Governo jugoslavo sia sopratutto fatta scopo riaffermare anche in questa circostanza unità Piccola Intesa introducendol"' in blocco nelle trattative di sviluppo degli accordi itala-francesi, oltrechP. rapnresentare tentativo, che Jugoslavia farebbe nella sua qualità di principale reembro dell'Intesa Balcanica, per inserire Turchia in tali accordi).

Collega cecoslovacco aggiunto adesione non essere dubbia ma subordinata alcune condizioni che giusta le decisioni del Consiglio della Piccola Intesa a Lubiana dovrebbero «salvaguardare gli interessi nazionali:. dei tre Stati e che riguarderebbero principalmente la esclusione quali questioni interne di singoli Stati di quelle relative alla restaurazione absburgica ed alla situazione delle minoranze nazionali, l'impedimento reciproco di ogni propaganda revisionista nei territori degli Stati contraenti, l'eliminazione reciproca di ogni trattamento di favore agli emigrati politici.

Mio collega, nel riaffermarmi effettiva buona volontà Governo cecoslovacco collaborare da parte sua concreti sviluppi accordi di Roma mi ha lasciato intendere che tale buona volontà veniva purtroppo ad essere limitata dalla sua situazione di membro della Piccola Intesa che inceppava una completa sua libertà di azione, «almeno per ora:. (ha tenuto ad aggiungermi l'incaricato d'affari).

502

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 28 gennaio 1935.

Come è noto a V. E., nella ultima sessione del Consiglio della Società delle Nazioni è stata deferita all'Italia la soluzione della vertenza fra Persia e Irak. I rappresentanti dei due Stati sono ora giunti a Roma e ho avuto con essi i primi contatti.

Salvo contrario ordine di V. E., mi proporrei di tener presente, nella ricerca di una soluzione, i seguenti obiettivi politici: l) .possibilmente varare una soluzione che ci lasci anche nel ,futuro una qualche ingerenza nella questione della navigazione dello Schatt-El-Arab;

2) non disgustare l'Irak, che rruppresenta il primo Stato arabo almeno formalmente indipendente e sul quale sono perciò fissi gli occhi di tutto il mondo arabo;

3) farci riconoscere dall'Inghilterra quanto eventualmente disporremo in favore dell'Irak, che essa energicamente protegge;

4) evitare una soluzione spiccatamente favorevole alla Persia che, fra l'altro, avrebbe anche l'inconveniente di contribuire a rafforzare l'attuale governo persiano, rendendo così più ardua l'impresa di sovvertimento dell'attuale stato di cose in Persia assuntasi da S. E. Tabatabai, il quale, come V. E. ricorderà, appunto a tale scopo ha firmato recentemente un trattato col P.N.F. (1).

503

L'INCARICATO D'AFFARI AD ADDIS ABEBA, MOMBELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 456/151 R. Addis Abeba, 29 gennaio 1935, ore 20 (per. ore 14,40 del 30).

Mio telegramma n. 18 (2). Segretario Imperatore recatosi trovare Borra, si è nuovamente diffuso in dichiarazioni analoghe precedenti.

Ha chiesto a Borra intervenire privatamente, perché si concreti possibilità intesa fra i due paesi, ora che l'Italia ha accettato procedura arbitrale in seduta privata Consiglio Società delle Nazioni, dimostrando con ciò buona volontà nei riguardi Etiopia.

Ha aggiunto considerare incidente Ual-Ual avviato ormai fase sistemazione definitiva, e quindi non suscettibdle immediate preoccupanti ripercussioni.

Taddese ha annunziato che Governo etiopico, considerando quanto precede e che certamente ministro Vinci avrà ricevuto istruzioni di favorire intesa, ha intenzione dare tangibili prove di amicizia a Governo italiano.

Ha richiamato cordiali rapporti stabilitisi occasione visita S.A.R. duca degli Abruzzi, e accennato anche al nuovo consigliere elettrotecnico quale mezzo di collaborazione.

(l) -Cfr. n. 16. (2) -Cfr. n. 379.
504

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRAKENO, NURI PASCIA

APPUNTO. Roma, 29 gennaio 1935.

Nuri Pascià, a proposito del Patto di amicizia italo-irakiano, mi espone alcuni punti rimasti ancora in sospeso, sui quali egli deve scrivere a Bagdad, sperando di avere una risposta entro lunedì della prossima settimana. Egli ad ogni modo intende firmare il Trattato prima di partire da Roma.

Gli ricordo che la sua visita al Governo italiano per firmare il Trattato di

amicizia era stata stabilita da tempo. Conviene quindi che la cosa sia solle

citata il più possibile per dar rilievo a questo che è lo scopo principale della sua

venuta a Roma.

Nuri Pascià afferma che farà il possibile, ma rileva che mentre durano le

trattative tra l'Irak e la Persia, potrebbe essere delicato per l'Italia firmare un

Trattato di amicizia col primo poiché ciò la esporrebbe a delle critiche dal

l'altra parte in causa.

Rispondo che ciò non mi pare. Sono due cose nettamente distinte. La trat

tativa tra l'Irak e la Persia è fatta in sede di Società Nazioni, mentre l'accordo

italo-irakiano passa direttamente tra i due governi. Nessuno potrà pensare di

mettere in relazione i due fatti.

Nuri Pascià si riserva di farmi avere ulteriori notizie appena abbia la ri

sposta da Bagdad.

505

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, VOI GRUBER

APPUNTO. Roma, 29 gennaio 1935.

Il signor Vollgruber mi comunica un rapporto sul plebiscito della Sarre,

qu1 allegato.

Mi informa poi che il Presidente Gombos ha incontrato dal Nunzio il Mi

nistro d'Austria a Budapest e lo ha intrattenuto sui recenti accordi italo-fran

cesl. GombOs ritiene che il ministro Lavai abbia esercitato una forte pressione sUl Capo del Governo, prospettandogli la possibilità di un accordo diretto [franco] (1)-tedesco. In relazione a ciò ha fatto poi qualche ac[cenno dal] quale appare che il processo verbale dell'Europa centrale [non] sia di p:ieno gradimento dell'Ungheria e neanche dell'Austria. G5mb5s ha chiesto poi che i ministri austriaci, [pas]sando a Parigi, non assumano nessun impegno di fronte alla Francia e che in genere l'Austria tenga informata di ogni sua [mos]sa l'Ungheria. Gombos ha fatto anche intravedere la possibilità che l'Austria e l'Ungheria si presentino unite dinanzi alla terza Potenza amica, l'Italia. Ha chiesto al Ministro d'Austria di voler portare le sue richieste a conoscenza del Governo federale. Il Ministro d'Austria ha risposto che [non] gli pareva la cosa necessaria perché certamente di tali argomenti avranno già parlato Berger 'Waldenegg e Kanya che si sono incontrati a Ginevra. Gombos però ha insiStlto. Il Governo Federale qualche giorno fa ha risposto che non avrebbe certo pr·eso degli impegni colla Francia senza consultarsi cogli altri Paesi sulla base del Patto di Roma; che esso Governo Federale aveva sempre e anche recentemente durante le trattative per il processo verbale tenuto al corrente il governo ungherese di ogni suo movimento.

506

APPUNTO (2)

Roma, 29 gennaio 1935.

J.u caso -Mobilitazione tedesca, per qualsiasi causa. Contegno francese ed italiano.

~o caso -Aggressione tedesca contro la Francia. Intervento dell'Italia.

so caso -Sommosse interne austriache. Provvedimenti militari da prendere dalla Francia e dall'Italia d'accordo col Governo austriaco.

4° caso -Sommosse in Austria con intervento tedesco. Idem. Collegamento fra gli Stati Maggiori per informazioni.

507

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 446/46 R. Londra, 30 gennaio 1935, ore 1,30 (per. ore 6).

Simon mi ha oggi dato conoscenza delle istruzioni che egli ha impartito a Drummond perché egli metta al corrente V. E. sostanziali idee che il Governo

{l) Le lacune sono dovute al deterioramento del documento.

britannico intende sottoporre ai ministri francesi durante loro visita a Londra, Idee sulle quali ho già informato con mio telegramma n. 43 di ieri (1).

Punto di vista del Governo britannico è che, secondo quanto è detto nel protocollo di Roma, in via diplomatica Francia e Italia [non] possono ammettere che la Germania modifichi con atto unilaterale le obbligazioni del trattato di Versailles.

Esse tuttavia possono dichiararsi disposte considerare come decaduta parte V trattato, a condizione che si giunga con la Germania ad un accordo tanto per problema degli armamenti che per quello della sicurezza.

Foreign Office ha quindi preparato progetto di dichiarazione, del quale Simon mi ha dato lettura e che dovrebbe essere sottoscritto dalle tre Potenze, inghilterra, Frància e Italia.

Tale dichiarazione, da rendersi pubblica, dovrebbe considerare risultato finale e conclusivo degli incontri di Roma e Londra. Ho domandato a Simon che cosa precisamente Governo britannico intende sotto generica denominazione di sicurezza a cui dichiarazione si riferisce. Simon ha risposto egli intende comprendere sia progetto patto orientale, sia patto di non interferenza previsto dagli accordi Roma. Circa atteggiamento francese Simon mi ha confermato quanto ho riferito ieri con mio telegramma n. 43.

Flandin e Lavai non si sono mostrati, almeno finora, disposti ad accettare la dichiarazione proposta dal Governo inglese per quello che riguarda parte 5a trattato di Versailles.

Essi vorrebbero inoltre che la Germania si impegnasse ad aderire al patto orientale. e accordi Roma, e che di ciò fosse fatta specifica menzione nella dichiarazione anzidetta.

Simon mi ha spiegato ancora una volta ragioni per cui Inghilterra crede invece utile mettere Governo tedesco di fronte offerta che si presenti come ragionevole e vantaggiosa per la Germania.

La Germania potrà accettarla o meno, ma nel caso essa non la accetti, le vere intenzioni della Germania saranno chiare a tutto il mondo, e le responsabilità tedesche nettamente fissate.

Le prospettive quindi della visita di Londra nella quale Governo britannico sperava poter compiere opera iniziata a Roma, sono in questo momento piuttosto scarse.

E Simon tiene che V. E. sia informata della situazione.

Egli sarà vivamente grato a V. E. per quella azione che credesse poter svolgere a Parigi e per quei suggerimenti che volesse far pervenire al Governo britannico.

Inviati francesi hanno posto come questione preliminare da doversi esaminare e risolvere la conclusione del patto orientale che, secondo l loro propositi, dovrebbe precedere ogni discussione sul disarmo ».

(2) Anonimo ma su carta intestata «Il Capo di Stato Maggiore Generale». Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

(l) T. 438/43 R., del quale si pubblica solo 11 seguente brano: «Trattativa che ambasciatore d'Inghilterra a Parigi ha avuto in questi giorni con Flandin e Lavai per !Issare programma visita a Londra ha mostrato a giudizio del Foreign Office che esistono dl!ficoltà a una ripresa negoziati disarmo più gravi del previsto.

508

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 458/36 R. Berlino, 30 gennaio 1935, ore 14,03 (per. ore 17,45).

Barone von Neurath mi ha rimesso stamane testo del documento redatto dall'Auswartiges Amt in cui sono formulate 5 domande di chiarimenti circa il protocollo danubiano informandomi che esso verrà consegnato a V. E. nel pomeriggio di oggi dall'ambasciatore von Hassell che è stato pure incaricato di fornire delucidazioni verbali al riguardo.

Oltre a quanto è contenuto nel documento barone von Neurath mi ha detto che Governo germanico considererebbe come contraria a principio del riconoscimento della indipendenza Austria la clausola che venisse introdotta nel patto a richiesta della Piccola Intesa relativa al divieto di una restaurazione asburgica oppure altra clausola relativa al divieto dell'Anschluss.

Pur osservando che sarà cura del R. Governo formulare le risposte alle domande di cui si tratta ho subito detto al ministro degli affari esteri che il divieto dell'Anschluss era implicito nel riconoscimento da parte dei firmatari dell'integrità territoriale dell'Austria.

Copia del documento è stata pure rimessa a questo ambasciatore di Francia.

509

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 460/37 R. Berlino, 30 gennaio 1935, ore 18,50 (per. ore 21,20).

Vengo informato da ottima fonte che sarebbero in corso a Vienna trattative condotte dal ministro Neustadter Sturmer con gruppo cattolico per far entrare nel Governo tre nazionalsocialisti. Trattative avverrebbero d'accordo Hitler in base ad un compromesso secondo il quale in Austria si rinunzierebbe alla politica del «paragrafario :) ed a qualsiasi azione condotta contro la chiesa cattolica.

Ove trattative fossero coronate da successo e Gabinetto austriaco contasse tre membri nazionalsocialisti Hitler, in regola con la propria coscienza, si sentirebbe in grado di firmare il patto danubiano.

510

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (1)

T. s. 2000/47 P. G. Londra, 30 gennaio 1935, ore 21,22 (per. ore 2 del 31).

Telegramma per corriere di V. E. n. 750 P.R. (2).

ln conformità con le istruzioni dì V. E. ho informato ieri Sir John Simon dei termini dell'intesa segreta intervenuta tra l'Italia e la Francia circa l'Etiopia, e gli ho dato conoscenza delle lettere scambiate tra V. E. e Laval.

Di questa intesa Sir John Simon era già al corrente perché Lavai -egli mi ha detto -lo aveva a Ginevra minutamente informato di tutto e gli aveva anche spiegato sopra una carta geografica dell'Abissinia i limiti degli interessi francesi. Egli mi ha tuttavia ringraziato, aggiungendomi che appena gli uf.fici competenti del Foreign Office avranno ultimato lo studio della questione, potremo avere un nuovo colloquio sull'argomento.

Gli ho risposto che questo sarebbe stato tanto più utile in quanto credevo essere desiderio dì V. E. di mettersi in contatto con il Governo britannico per venire ad un chiarimento che permetta un armonico svolgimento degli interessi italiani e britannici in Etiopia.

Ho quindi fatto cenno ai concetti che V. E. mi ha indicato nel suo telespresso n. 977 (l) per mettere in luce la necessità dì una collaborazione delle Potenze alla soluzione del problema etiopico.

Questa conversazione non ha avuto -secondo come ho inteso essere le intenzioni dì V. E. -che un carattere preliminare. Mi è valsa tuttavia a fissare con Sìmon un primo punto: e cioè che l'Italia intende ormai porre nettamente il problema dei suoi interessi in Abissinia. Segue rapporto (2).

(l) -Da Fondo Ambasciata a Londra; non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo dove esiste l'annotazione: «Nella cassaforte del Capo Ufficio». (2) -Cfr. n. 490.
511

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 479/025 R. Berlino, 30 gennaio 1935 (per. il 1° febbraio).

Stamane il barone von Neurath, nel rimettermi il documento in cui sono

esposte le domande dì chiarimento circa il patto danubiano, mi chiese che cosa

mi avesse detto al riguardo il cancelliere del Reich, dopo il pranzo del 22 cor

rente. Lo misi sommariamente al corrente. Il ministro degli affari esteri osservò

che quella sera Hitler aveva manifestato idee diverse da quelle che lui, von

Neurath, gli aveva esposte a Berchtesgaden, e che avevano avuto l'approvazione

del cancelliere. Egli stesso se ne era reso conto pur non avendo assistito che

saltuariamente alle conversazioni di Hitler con i vari ambasciatori. Si doveva

attribuire il linguaggio del càncelliere del Reich alla sua poca pro·pensione per

i patti multipli, ma non credere con ciò che egli avesse una decisa ripugnanza

ad accedere al patto danubiano qualora le risposte alle spiegazioni chieste fos

sero soddisfacenti.

Ho risposto al barone von Neurath che non diversamente avevo interpre

tato il linguaggio del cancelliere del Reich soprattutto dopo che gli ebbi posto

il quesito di mettermi in grado di far conoscere al mio Governo se la linea di

condotta espostami pochi giorni prima dal signor von Biilow avesse subito una

modificazione e ricevuto da lui la risposta che, nonostante quanto egli mi

aveva detto, tale linea di condotta rimaneva immutata.

(l) -Cfr. n. 492. (2) -Cfr. n. 523.
512

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 480/026 R. Berlino, 30 gennaio 1935 (per. il to febbraio).

Il barone von Neurath mi ha detto che questo ambasciatore di Francia gli chiese, all'atto in cui egli gli consegnò il documento contenente le domande di chiarimento del Governo del Reich circa il patto danubiano, se la Germania avesse mutato il proprio atteggiamento circa il patto orientale. La sua risposta fu che la Germania ha definitivamente rifiutato (endgilltig abgelehnt) di accedervi a causa della clausola relativa alla mutua assistenza.

Il signor François-Poncet si era inoltre informato delle intenzioni del Governo del Reich circa una nuova discussione del problema degli armamenti ottenendo la risposta che la Germania era pronta oggi come per il passato a discutere tale questione sulla base del riconoscimento pieno ed intero della parità dei suoi diritti. Alla domanda di chiarimento presentata dall'ambasciatore di Francia per sapere se le richieste del Governo tedesco fossero tuttora quelle presentate lo scorso anno al lord del sigillo privato Eden il barone von Neurath rispose che da quell'epoca era trascorso circa un anno e che le richieste tedesche sarebbero quindi state notevolmente differenti e maggioi"i dato che gli armamenti degli altri Stati si erano intensificati.

Il barone von Neurath mi disse dopo di ciò che il problema degli armamenti continuava ad essere quello che preoccupava maggiormente tutti e che sarebbe stato d'altra parte difficilissimo risolvere perché ognuno avrebbe tentato d'essere più forte dei propri vicini. Ciò nonostante egli non disperava che si potesse concludere qualcosa se si avessero avute aspirazioni modeste: ·se ci si fosse ad esempio limitati a decidere di non ricorrere in futuro all'uso del gas. Così ,come si era riusciti a concludere una convenzione internazionale circa l'impiego della Croce Rossa in guerra, si sarebbe potuto, sia pure non senza difficoltà, decidere di evitare l'impiego di taluni mezzi particolarmente crudeli in tempo di guerra. Mi permisi obiettare che ciò non sarebbe stato nulla di nuovo perché già nelle cosidette conferenze della pace dell'Aja, prima della guerra, erano state concluse convenzioni del genere, disgraziatamente rimaste prive di effetto dato che esse contenevano la clausola che avrebbero cessato di esistere qualora uno dei firmatari le avesse violate. E durante la guerra ciascuno aveva accusato il nemico di averle violate per avere mano libera. A me pareva che se si voleva fare qualcosa di serio, era necessario affrontare lealmente il problema principale, quello degli armamenti, accontentandosi magari poi di raggiungere al riguardo un accordo parziale sperando che esso potesse essere perfezionato in avvenire.

Il barone von Neurath ripetè che la Germania è sempre pronta a discorrere

al riguardo, ma tenne a rilevare che non si deve parlare della necessità per

essa di accedere previamente al patto orientale o di rientrare nella S.d.N. Circa

il consesso ginevrino egli disse che nonostante tutte le pressioni esercitate su

di esso il Reich avrebbe continuato a restarne fuori. Quanto al patto orientale

accennò ai colloqui avuti nei giorni scorsi a Berlino con lord Allen of Hurtwood

e con il marchese di Lothian (ex segretario di Lloyd George) dicendomi che aveva detto chiaramente ai due suoi visitatori inglesi che insistevano per l'accessione della Germania al patto stesso che gli sembrava che in Inghilterra si fosse scordato che il Reich non confina più con la Russia e che fra questi due paesi vi era adesso la Polonia, stato con cui Hitler aveva concluso un trattato di non aggressione che aveva la durata di dieci anni. La Germania non pensava quindi menomamente a garantire i propri confini all'U.R.S.S., dato che un tale fatto non l'interessava affatto. Sapeva che anche il cancelliere si era espresso con loro su per giù negli stessi termini. Era stato necessario essere molto espliciti nel parlare con i suddetti due uomini politici inglesi il primo dei quali era un idealista pieno di utopie perché nel loro paese si conosce molto male la geografia dell'Europa continentale.

513

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 498/07 R. Budapest, 30 gennaio 1935 (per. il 2 febbraio).

Ho segnalato nelle ultime settimane a V. E. l'effetto prodotto su questa pubblica opinione e su questi circoli politici dalla conclusione degli accordi italo-francesi; effetto dapprima di disorientamento, al quale è venuta poi subentrando gradualmente una valutazione più chiara e perciò più serena della portata degli accordi per questo paese.

Ho segnalato pure l'atteggiamento -di fiduciosa riserva prima, di crescente favore poi -osservato in proposito da questa stampa. Il punto di vista ufficiale del Governo ungherese -già tratteggiato dal presidente Goemboes il 24 corrente nel discorso di Szolnok (mio telespresso

n. 819/131) (l) in cui ha rilevato da un lato la volontà dell'Ungheria di partecipare alla collaborazione raccomandata, e riaffermato dall'altro le note condizioni preliminari di questa collaborazione -è stato precisato ieri innanzi alle commissioni per gli affari esteri delle due Camere dal ministro Kanya, che ha rilevato (mio telespresso odierno n. 1069/168) (1) «la gioia e la soddisfazione con le quali il Governo ungherese accoglie l'avvicinamento delle due nazioni latine come una nuova garanzia della pace europea , e la disposizione di detto Governo «ad iniziare trattative per la realizzazione dell'accordo di non ingerenza contemplato dal protocollo di Roma del 7 gennaio. Se i nostri vicini -continua il comunicato -dimostreranno nelle trattative tanta comprensione quanta ne hanno dimostrata Lavai e Mussolini, sussiste la possibilità di un accordo. Le trattative preparatorie richiederanno beninteso un lungo periodo di tempo, poiché beninteso ciascuna delle parti avrà le proprie condizioni senza

la cui realizzazione non potrà aderire alla conclusione dell'accordo di non in

gerenza~.

2. Per un'esatta valutazione· di queste manifestazioni, come pure del linguaggio, da me riferito, che si tiene con noi in questo ministero affari esteri, occorre naturalmente tener presenti le note direttive fondamentali fin qui seguite dalla politica estera del Governo ungherese, riassumentisi nell'amicizia per l'Italia e per la Germania, considerate certo le più utili e forse le sole possibili per soddisfare le necessità economiche del presente e realizzare le speranze politiche del futuro.

Se anche, con la conclusione degli accordi tripartiti del marzo 1934 e con l'accentuata collaborazione prestata all'Austria dopo l'assassinio del cancelliere Dollfuss, si è qui mostrata propensione a preferire, per un complesso di motivi e di circostanze note, l'amicizia italiana a quella germanica, è pur vero che questo Governo non ha mai abbandonato l'idea, né cessato per quanto in esso di adoperarsi in favore della costituzione di quel «blocco revisionista ~ la cui realizzazione esso sperava fatale, perché fatale riteneva il contrasto italafrancese.

Giorni fa questo direttore degli affari politici accennava in via di conversazione col primo segretario della R. legazione al « grossolano errore psicologico del Governo germanico~ di avere ritenuto impossibile un accordo italafrancese e avere sperato, attendendo, di «avere l'Italia a migliori condizioni specie per quanto riguardava l'Austria», con altrettanto fondamento potrebbe parlarsi di un'errata previsione del Governo ungherese il cui capo, ancora il 26 dicembre u.s., si mostrava dubbioso (mio telecorriere n. 070) (l) ed era scettico del successo dei negoziati franco-italiani.

3. -Di fronte alla situazione creata dagli accordi del 7 gennaio questo Governo, preso tra il timore di fare, se troppo arrendevole, le spese della festa e, se troppo intransigente, di rimanere isolato, dichiara ora di accettare il principio -secondo il nostro desiderio -rinviando ai negoziati -per i quali conta sul nostro appoggio -la discussione dei problemi che gli stanno a cuore. Tutto sommato, il suo atteggiamento sembra possa considerarsi finora soddisfacente. Ove si tenga presente quanto sia ormai radi.cato in questo paese il convincimento della necessità dell'amicizia italiana -per la fiducia che si ha nel successo di V. E. e per l'appoggio politico, l'aiuto economico, la collaborazione militare di cui ha approfittato e approfitterà l'Ungheria -si è indotti a confidare che, quali che saranno le vicende della politica interna, esso continuerà ad essere tale anche per l'avvenire (2).

informatore in margine al quale Mussolini ha annotato «Importante»:

«Colloquio con un fiduciario del Presidente Goemboes ».

Noi in Ungheria siamo oramai convinti che nelle ultime fasi della grande politica euro

pea (de!!nizione dell'attentato di Marsiglia, accordo di Roma con relativa interdizione dell'Austria ecc.) i fregati sono la Germania, l'Ungheria e la Jugoslavia; anzi la Germania è destinata ad essere giocata prossimamente. L'umore degli ungheresi nei riguardi dell'Italia è pessimo. Non ci rimane altro da fare che di metterei in linea con la Germania; ciò è naturalmente assai dif!!cile perché forze non indifferenti lavorano in senso contrario. Potrebbe essere compito del futuro ministro degli esteri ungherese, si parla di Tibor Eckhardt capodei piccoli proprietari rurali, di tentare la creazione di una intesa germano-ungaro-jugoslava che dispone fin d'ora di una ottima base economica»

(l) Non pubbl1cato.

(l) -Cfr. n. 338. (2) -Si pubblicano qui due brani di un rapporto datato Vienna 16 gennaio di un anonimo
514

PROMEMORIA DEL CONSULENTE GIURIDICO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI, MONTAGNA

Roma, 30 gennaio 1935.

Ho preso visione dei progetti degli accordi relativi al Marocco, e concordati ad referendum col delegato francese. La portata di tali accordi cambia sostanzialmente lo statuto economico e doganale del Marocco, quale risulta dall'Atto di Algesiras e dagli altri trattati in vigore. Al regime della port<t aperta, sino ad oggi costantemente difeso da tutti gli Stati rappresentati ad Algesiras, è sostituito un regime di politica economica e doganale manovrata dal governo protettore, sia pure con determinate garanzie a favore degli Stati suddetti.

Non è ancora la mano libera, cui tende la Francia; ma un vant!liggio notevolissimo è da essa realizzato. La riserva delle posizioni giuridiche acquisite ha evidentemente un valore molto relativo: ciò che conta è il fatto; ed il fatto è che la Francia riesce a liberarsi in gran parte dall'ipoteca internazionale che grava sul Marocco.

Mi permetto di far considerare se, in queste condizioni, non converrebbe porre alla Francia, come corrispettivo delle concessioni che noi le facciamo, la seguente alternativa: o che consenta a indennizzare adeguatamente i nostri connazionali che essa ha espropriati al Marocco senza alcun compenso, violando il regime della porta aperta; o che consenta a sottoporre, con un regolare compromesso, la decisione della controversia alla Corte de L'Aja.

Se la Francia dovesse persistere nell'atteggiamento evasivo sinora adottato in questa che è per noi una importante questione marocchina, non darebbe prova dello spirito di conciliazione che oramai s'impone d'ambo le parti, e non si mostrerebbe meritevole del nostro concorso per raggiungere le sue mire nel Marocco.

515

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 941/26 P. R. Vienna, 31 gennaio 1935, ore 15,05 (per. ore 17,45).

Telegramma di V. E. n. 17 (1). Tutti i giornali hanno avantieri riportato articolo S. E. il Capo del Governo, riprodotto dal Pesti Naplo, dandogli il più ampio risalto.

Articolo ha destato la più favorevole impressione nonché vivo compiacimento, scorgendosi in esso altissimo incoraggiamento e sostegno a favore delle tesi che questo Governo ha in quest'ultimo tempo sviluppato circa particolare ed indistruttibile missione austriaca (2).

Principe Starhemberg si è meco espresso con calde parole di ammirazione e mi risulta che analoga sensazione hanno provato anche ambienti dell'attivismo cattolico. Ex ministro cristiano sociale Mataia, prendendo ieri sera la parola dopo il cancelliere austriaco in una riunione Sturmscharen si è ispirato al contenuto dell'articolo di S. E., citandone anzi frasi sostanziali.

(l) -Con il t. 914/17 P. R. del 30 gennaio Suvich aveva chiesto a Preziosi d! riferire circa le ripercussioni dell'articolo d! Mussolini sull'Austria pubblicato dal Journal. (2) -Con t. 706/37 R. del 15 febbraio, non pubblicato, Pl'eziosi riferì ulteriori commenti della stampa austriaca all'articolo di Mussolini.
516

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AL CAIRO, PAGLIANO, AGLI INCARICATI D'AFFARI A BAGDAD, PORTA, E A GEDDA, PERSICO, AI CONSOLI GENERALI AD ALGERI, CALISSE, A BEIRUT, DE CICCO, A GERUSALEMME, DE ANGELIS, A RABAT, ZAPPOLI, E A TUNISI, BOMBIERI, E AI CONSOLI AD ALEPPO, ROSSI, E A DAMASCO, CARUSO

T. 934/C. P. R. Roma, 31 gennaio 1935, ore 16,30.

Pregola volersi interessare perché codesta stampa diffonda opportunamente notizia atto clemenza compiuto da S. E. Balbo per cui sono stati graziati 130 ex ribelli della Cirenaica già condannati a pene variabili da 20 a 30 anni di reclusione.

Pregola altresì interessarsi perché codesta stampa ponga anche in rilievo annuncio dato nella stessa occasione da S. E. Balbo, circa concessione di crediti pastorizi a basso interesse a favore degli indigeni della Cirenaica e circa riattamento pozzi e cisterne usati dagli indigeni stessi pel quale lavoro sono già state stanziate lire un milione e mezzo.

517

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 152 R. Roma, 31 gennaio 1935, ore 24.

(Per Parigi) Mio telegramma n. 147/56 (1).

Ho telegrafato al R. ambasciatore a Londra quanto segue:

(Per tutti) Sir Eric Drummond ha consegnato oggi copia del comunicato concordato fra Governo britannico e francese di cui al suo telegramma n. 49 (2).

Visto che accordo è stato raggiunto non è più naturalmente il caso di fare a codesto Governo suggerimenti di cui ultima parte suo telegramma n. 46 (3). Per quanto lo concerne Governo italiano non ha difficoltà a dare sua adesione comunicato in questione.

39 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

V. E. continuerà naturalmente ad essere informato su svolgimento conversazioni giusta assicurazione datale al riguardo da Simon: sarà bene, in ogni modo, che V. E. si tenga in stretto contatto con La val essendo opportuno che in tutti gli sviluppi delle conversazioni di Londra sia marcato che noi desideriamo procedere d'accordo con la Francia.

Dal progetto di , comunicato vedo che Governo britannico ha acconsentito a connettere questione disarmo con adesione Germania, sia al patto orientale che a patto danubiano, e con ritorno Germania a Ginevra. Interesserebbe intanto conoscere se, per quanto concerne patto orientale, Governi francese ed inglese intendono attenersi in massima a progetto già concordato da Barthou a Londra oppure se prevedono possibilità sua modificazione soprattutto nel senso di trasformarlo piuttosto in patto di consultazione invece di patto di assistenza mutua, quale esso è attualmente, allo scopo di renderlo più accetta· bile alla Germania.

Aggiungo, per opportuna norma di V. E., che per il R. Governo patto orientale non presenta particolare interesse e che da parte nostra non si farebbero obiezioni qualora si volesse !asciarlo cadere. Ciò naturalmente non significa che noi intendiamo opporci a sua connessione con patto danubiano quale risulta da comunicato franco-inglese. È in ogni modo opportuno che per il momento almeno R. Governo non si pronunci al riguardo in considerazione delle ripercussioni che l'abbandono del patto orientale avrebbe sui nostri rapporti con l'U.R.S.S. Tanto vale esclusivamente per norma di condotta di V. E. qualora eventualmente questione dovesse venire in discussione.

(l) -Comunicazione del n. 507. (2) -T. 465/49 R. del 30 gennaio, non pubbllcato. (3) -Cfr. n. 507.
518

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL (l)

APPUNTO. Roma, 31 gennaio 1935.

L'Ambasciatore von Hassell è rientrato da Berl:ino ove ha avuto dei colloqui col Cancelliere [e] con gli altri principali espanenti della politica tedesca. Ha trovato la situazione politica tedesca molto migliorata: per esprimere le sue impressioni con una frase sintetica, egli deve dire che in Germania finalmente si è capito che è lo Stato che deve comandare sul Partito. In ciò la Germania ha seguito il punto di vista tante volte manifestato dal Capo del Governo. In Germania si sente ora una maggiore stabilità in tutti i campi; l'unico che è rimasto ancora incerto è quello culturale dove si sbizzarriscono ancora tutte le fantasie.

L'Ambasciatore von Hassell presenta poi un appunto relativo alla posizione che il Governo tedesco prende nei riguardi del Patto per l'Austria (allegato) (2). Chiede quale seguito sarà dato alla pratica.

Il Capo del Governo si riserva di parlarne coi Francesi al loro ritorno da Londra. Su qualche punto si può dare una risposta già da ora.

Il Capo del Governo ritiene utile fissare il concetto di «non-ingerenza,: si potrebbe considerare come illecita ingerenza quella che, ad avviso dello Stato interessato, sia atta a turbare l'ordine politico e la sicurezza dello Stato.

Per quanto riguarda il Patto consultivo è stato determinato che lo stesso cessi al momento in cui entri in vigore il Patto di non-ingerenza. Suvich fa presente che fino ad oggi non c'è che il Patto Consultivo italafrancese e per questo non esiste che il Processo Verbale. L'Ambasciatore pensa che se si dovesse prolungare la vita di questi Patti Consultivi bisognerebbe che gli stessi fossero stabiliti sulla base della parità.

Il Capo del Governo non vede difficoltà a prendere in considerazione questo desiderio come pure l'altro desiderio espresso nell'appunto che gli eventuali accordi particolari siano fatti d'intesa tra tutti i partecipanti al patto di «non-ingerenza,_

Si passa poi a parlare del Patto Orientale.

L'Ambasciatore osserva che nella forma attuale lo stesso non può essere accettato dalla Germania. Quello che rende impossibile tale accettazione è la questione della mutua assistenza. La Germania non può consentire il passaggiò sul proprio territorio di truppe russe. Egli sa che i Francesi ora dicono che le truppe potrebbero essere trasportate via mare, ma tutto clò non ha nessuna praticità.

Il Capo del Governo si rende conto di questa difficoltà. Osserva però, d'altra parte, che sarebbe opportuno evitare un accordo diretto franco-russo.

L'Ambasciatore von Hassell afferma che la Germania non si spaventa troppo per questo Accordo, anzi preferirebbe un accordo aperto a qualche combinazione mascherata sotto altra forma.

(l) -Al colloquio era presente Suv!ch, che redasse l'appunto. (2) -L'allegato manca. È ed. in Akten, III, 2, pp. 846-847.
519

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, UMILTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 501/65. Zagabria, 31 gennaio 1935 (per. il 4 febbraio).

Ho avuto occasione di prendere visione di una lettera confidenziale che il dott. Macek ha fatto dirigere in questi giorni alla sede di Vienna della emfgrazione croata e che ho l'onore di. riprodurre, qui di seguito, sugli appunti presi:

«l) Si sappia per la ennesima volta che io in ogni caso ed incondizionatamente manterrò invariata la mia linea di condotta politica e rimarrò sempre fedele alle massime, da me sinora scrupolosamente osservate.

2) Sempre ed in ogni occasione richiederò l'impossibile al fine di ottenere ciò che, date le grandi difficoltà che ci circondano, sarà possibile di ottenere.

3) Ciononostante, la mèta principale delle nostre aspirazioni non può e non deve essere altra che una Croazia libera ed indipendente.

4) Non si interpreti falsamente dalle apparenze se io, in via transitoria, aderirò a qualche accordo, per così dire a mezza strada e non corrispondente del tutto alle nostre finalità. Lo farò eventualmente per raggiungere una tappa sulla nostra tortuosa via e per continuare più agevolmente la strada finora battuta.

5) I serbi non sono intelligenti, perché nulla hanno imparato dal recente passato, vale a dire essi non hanno mutato l'atteggiamento verso i croati; all'opposto, le persecuzioni dei nostri aderenti, che cadono nelle loro mani, sono ancora numerose e continue.

6) Mi è di somma ed indispensabile necessità di conoscere quanto prima:

a) È rimasta l'Italia invariabilmente la benevole protettrice delle nostre aspirazioni politiche e della emigrazione croata? b) Rimarrà l'Ungheria nel gruppo italo-austriaco, ovvero minaccia di orientarsi verso Berlino? c) Cosa c'è di vero dietro le quinte degli avvenimenti in Bulgaria? d) Com'è da interpretare il continuo aumento dell'interesse inglese nella politica europea? Ha la questione croata qualche influenza in ciò?

e) Quale è la vera situazione in Austria? Potrà Vienna resistere alla pressione della Germania per l'Anschluss, che a mio vedere si fa sempre più popolare in Austria? È probabile, o meno, la prossima restaurazione degli Absburgo? Ciò mi interessa specialmente.

7) Il mio ideale sarebbe di vedere una Croazia libera ed indipendente, legata da stretti vincoli economici con l'Italia, basati sul nostro patrimonio :..1ootecnico, e con l'Austria con riguardo alla esuberanza dei cereali. L'Ungheria non può tanto interessare!, essendo come noi uno Stato precipuamente agricolo.

8) Dagli indizi che ho potuto finora raccogliere, prevedo prossima la caduta dell'attuale Governo, per dar luogo ad uno più stabile e definitivo, che avrebbe ad indire le elezioni. Dell'attuale Gabinetto rimarrebbero: zivkovié alla Guerra, Jeftié agli Esteri, Stojadinovié alle Finanze e Popovié agli Interni. Gli altri portafogli verrebbero distribuiti fra gli aderenti di Spaho e di Korosec.

9) La recente amnistia non è da prendersi sul serio. Essa era null'altro che un bel gesto per gettare polvere sugli occhi dell'estero, che facilmente soggiace al solo criterio senza esaminare la sostanza.

10) Questo alinea è cifrato e riguarda alcuni emissari.

11) Se talvolta si legge qualche mia dichiarazione in favore dei contadini, non si deve prendere strettamente che ciò si riferisca soltanto al partito radiciano rurale. Poiché ci siamo fusi in un solo partito di opposizione, intendo anche gli altri partiti croati. Per ragioni di opportunità locale mi attengo al nome del mio partito originario :..

Tale è il contenuto della lettera.

Durante la dettatura del punto 8 il dott. Macek fece il commento, senza richiedere la scrittura, che nel prossimo Gabinetto i croati non saranno rappresentati da nessuna persona di qualche considerazione politica e di qualche seguito. Per ciò Macek si sarebbe già accordato con Korosec, e questi tutelerebbe gli interessi dei croati, indirettamente e insieme con quelli sloveni. L'astensione dei croati non recherebbe quindi tanto danno ai croati, ma per contro, l'eco di tale circostanza all'estero, che cioè i croati non vogliono trattare coi serbi, neppure attraverso un Gabinetto mite ed umano, farebbe un effetto considerevole.

Il punto 4 lascia però anche prevedere la possibilità di qualche concessione da parte di Macek. In ogni modo si vede la tendenza di voler maneggiare liberamente, prevenendo un eventuale biasimo della opinione pubbl:ica locale.

Sarei ben grato all'E. V. se dopo preso visione del presente rapporto volesse disporre la distruzione di esso col fuoco, perché ogni notizia che trapelasse al riguardo, potrebbe creare un serio imbarazzo al mio servizio informazioni (1).

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. CONFIDENZIALE 628. Parigi, 31 gennaio 1935.

Con mia lettera del 12 dicembre u.s. n. 6331/2460 (2) della quale ad ogni buon fine unisco la copia, riferivo all'E. V. la proposta del Presidente del Consiglio d'incontrarsi con S. E. il Capo del Governo, a Ventimiglia. Il Duce decise che un eventuale Suo incontro col sig. Flandin, prima della visita del sig. Laval a Roma, avrebbe potuto essere preso in considerazione solo nel caso di difficoltà gravi nelle trattative in corso, in quel tempo. (Telegramma n. 414 che si allega) (3).

Non è stato poi necessario ricorrere a quella ultima ratio e credo sia stato bene. Mi pare però che non possa da parte nostra essere trascurato il desiderio espresso dal Presidente del Consiglio d'incontrarsi con S. E. il Capo del Governo. Il sig. Flandin contemplò, infatti, la eventualità anche di una sua visita dopo quella del Ministro degli Esteri. In ogni caso sarebbe da parte nostra opportuno fare qualche comunicazione al sig. Flandin, fargli sapere ad esempio che il Duce ha apprezzato la sua idea e condivide il suo desiderio di un incontro in una propizia occasione. Bisognerebbe nel contempo lasciare intendere che la risposta non nasconde il proposito di un rinvio a una data indeterminata. Senza azzardare una precisa proposta, ma a solo titolo d'indicazione, parmi che potrebbe essere considerata occasione favorevole all'incon

1. -timore che 11 grosso del suo partito dei contadini croati si stancasse nell'inazione e, allettato dai programmi demagogici che saranno banditi dal Governo, e forzato dalla Polizia -di cui sono noti i metodi -si sbandasse e votasse poi sparpagliato in varie liste; 2. -persuasione che ormai dall'estero -almeno per qualche tempo -non ci saranno grandi aiuti per far raggiungere alla Croazia la completa Indipendenza; 3. -consigli ricevuti specialmente da personaggi inglesi di cambiare la sua attitudine dl assoluta Intransigenza che, in Inghilterra, non sarebbe più guardata con simpatia; 4. -consigli pure in questo senso, ricevuti da non pochi del suoi amici ancora emigrati».

tro la Fiera Campionaria che si tiene a Milano nel prossimo mese di aprile. II sig. Flandin visitò la Mostra milanese alcuni anni or sono come Ministro del Commercio, riscuotendo notevoli simpatie. L'incontro prospettato potrebbe inoltre dare luogo opportunamente alla trattazione d'importanti argomenti d'ordine economico-commerciale.

Sono del subordinato avviso che si debba, comunque, mostrare di aver gradito l'offerta del Presidente del Consiglio, il quale oltre tutto ha rafforzata negli ultimi tempi la sua posizione al Governo. Non voglio dire con questo che il Gabinetto sia fuori da ogni pericolo; intendo dire che il sig. Flandin ha dimostrato di sapere superare situazioni delicate.

Sarò grato all'E. V. di farmi sapere se, condividendo il suesposto punto di vista, considera opportuno di impartirmi senz'altro le Sue istruzioni (1).

(1) Cfr. 11 seguente brano del t. posta 837/96 di Um11tà del 15 febbraio: «DI sicuro, ad ogni modo, posso dire quanto segue: la decisione del dott. Mal\ek, di prendere parte alla lotta elettorale, abbandonando così il programma seguito nelle ultime elezioni di completa astensione, è stata determinata dalle ragioni:

(2) -Cfr. n. 283. (3) -Cfr. n. 283, nota 1, p. 295.
521

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 1° febbraio 1935.

L'Ambasciatore von HasseU riprende gli argomenti svolti nel colloquio col Capo del Governo (2) affermando che il Capo del Governo ha approvato il principio di avere un Patto consultivo su base uniforme per tutti e di portare a conoscenza e di aprire all'adesione degli altri partecipanti gli eventuali accordi particolari.

Gli rispondo che il Capo del Governo ha preso In considerazione questi desideri tedeschi senza espr,imersi in modo deciso dovendosi trattare coi francesi.

Per quanto riguarda il Patto consultivo può essere per ragioni pratiche inopportuno di mettere sulla base di uguaglianza tutti gll stati grandi e piccoH; bisognerà naturalmente considerare in modo speciale la posizione della Germania.

L'Ambasciatore in via di discorso mi parla dell'articolo di Farinata sul Popolo d'Italia relativo alla statua di Druso che farà certamente pessima impressione in Germania e del resto anche in Austria, e che provocherà certamente delle reazioni. Egli si dispiace di ciò tanto più in quanto ha trovato nell'ultima sua visita a Berlino, sia da parte del canceHiere che da parte di Gi:iring le migliori disposizioni nei riguardi dell'Italia e sincero desiderio di un avvicinamento.

Gli osservo che l'articolo di FarJnata non va preso sul tragico. L'avvicinamento con la Germania è anche nei nostri desideri, ma esso dipende sopratutto dalla buona volontà dei tedeschi. In Germania si sapeva benissimo che attaccando l'Austria come si è fatto ci si guastava con l'Ital1a. D'altra parte c'è anche un'altra tenden2la dell'attuale regime che non può essere da noi

accettata: quella della superiorità della razza che provocherà sempre da parte nostra ritorsioni e polemiche. So che di fronte all'estero la teoria sulla razza viene presentata come una teoria che non implica nessuna preva,lenza o superiorttà dell'una razza sull'altra, ma sappiamo che in realtà il pensiero tedesco è diverso.

L'Ambasciatore von Hassell ammette che questa idea della superiorità della razza è diffusa nelle masse social-nazlonaliste, però il Governo ed i dirigenti responsabili del Partito non ila pensano così.

L'Ambasciatore mi chiede poi qualche notizia sulle conversazioni di Londra; gli do comunicazione, in via riservata, del progettato comunicato che chiuderà le conversazioni stesse.

(l) -Annotazione a margine di Suvych: «Rispondere In forma vaga». Ctr. n. 641. (2) -Cfr. n. 518.
522

IL SEGRETARIO DELL'UFFICIO ALBANIA, CASTELLANI, A..

APPUNTO. Roma, 1° febbraio 1935.

Il 26 gennaio il sottoscritto, parlando del messaggio inviato da Re Zog a

S. E. il Capo del Governo (2), domandò al Colonnello Seregg,i ed all'Incaricato d'Affari d'Albania, signor Kodheli, se tale messaggio aveva carattere privato o pubblico e se in quest'ultimo caso poteva essere trasmesso al giornali

o darsene un riassunto.

Mentre il Kodheli si limitava a dichiarare che egli non aveva istruzioni in proposito, ma che riteneva opportuno di fare almeno un comunicato che desse notizia della cosa, il Col. Sereggi dichiarò formalmente ed esplicitamente che poteva autorizzare la pubblicazione del testo.

Il giorno dopo il signor Kodhell informava hl sottoscritto che aveva avuto un colloquio con il Sereggi il quale non solo mostrava di aver cambiato avviso, ma asseriva anche di non aver mai dato il propr,lo consenso alla pubblicazione del messaggio; cosa che indignava lo stesso Kodheli che ricordava benissimo le esplicite dichiarazioni del Colcmnello; egli cons,igliava in ogni modo di soprassedere per il momento dal rendere pubblico il messaggio del Re. Si ritenne quindi opportuno seguire tale consig1io.

Ieri il Kodheli riferiva di aver telegrafato a Tirana per conoscere quale era il pensiero del Governo albanese al riguardo, e di aver ricevuto in mattinata una r,isposta che lo autorizzava a d~chiarare essere i~ Re soddisfatto che si desse pubblicità al suo messaggio.

Gli fu risposto che sarebbe stato riferito ciò ai superiori, pur facendogli presente per ogni evenienza che la lettera recava ormai la data di molti

g,iorni addietro e che nel redigerla non era stato usato il «plurale majestatis , come la tradizione richiede per i messaggi ufficiali di un Sovrano.

Il Conte Vidau ha poi riferito di aver ricevuto questa mattina il signor Rocco il quale gli ha comunicato che a Tirana si gradirebbe la pubblicazione del messaggio.

L'Ufficio Albania esprime il subordinato avviso che sarebbe utile pubblicare almeno un comunicato in cui sia riassunto il contenuto del messaggio, dato che in questo momento potrebbe riuscire utiJe dare di fronte all'estero la sensazione della ripresa della collaborazione italo-albanese ed impegnare maggiormente Re Zog di fronte all'opinione pubblica albanese (1).

(l) -Il destinatario non è indicato. (2) -Il messaggio di re Zog non è stato trovato. Cfr. tuttavia la seguente informazione da Tirana del 1• febbraio: «Cl risulta inoltre che S. M. Re Zog ha diretto al Capo del Governo un messaggio per esprimergli, a nome di tutto 11 popolo albanese, calorosi ringraziamenti per 11 generoso aiuto dato all'Albania e per riconfermargU l'indissolubile amicizia che, attraverso tanti legami ed interessi comuni, lega i due Paesi».
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. Londra, 1° febbraio 1935.

Con i miei telegrammi nn. 47 (2) e 52 (3) ho riferito sommariamente a V. E. sui colloqui che ho avuto con Sir John Simon e con Sir Robert Vansittart circa l'intesa segreta italo-francese recentemente raggiunta tra V. E. ed il Signor Lavai, gli interessi italo-britannici e gli sviluppi della politica delle tre Potenze in Etiopia. Nel corso di tali colloqui io ho avuto modo di presentare al Foreign Office quelle che sono le linee essenziali delle istruzioni di V. E.: la buona intesa tra l'Italia, l'Inghilterra e la Francia per una loro collaborazione pacifica in Etiopia ed il coordinamento armonico dei loro interessi, reso più che mai necessario dallo sviluppo del movimento xenofobo in Etiopia, che sta predudendo la via ad una messa in valore del Paese, quale è nostro interesse comune -voglio dire interesse comune delle tre Potenze -di condurre, ad ogni modo, innanzi.

A conc1usione di questa esposizione delle vedute di V. E., io ho accennato

alla convenienza che, stablllta oramai, con l'intesa corsa fra V. E. e Lavai,

una pacifica coordinazione degli interessi francesi ed italiani previsti nell'ac

cordo tripartito, potrebbe essere conveniente uno scambio di idee tra il Go

verno britannico ed il Governo italiano per avviare la sistemazione degli inte

ressi dei due Paesi in Etiopia, in un regime di armonica collaborazione.

Per quanto Simon e Vansittart abbiano creduto di mantenere di fronte

alle idee che io loro esponevo ed a queste mie conclusioni un atteggiamento

di riserbo, né certo era altro da attendersi in una conversazione che aveva

chiaramente un carattere informativo e preliminare, * essi hanno mostrato

tuttavia il maggiore interessamento alla nostra iniziativa* (4). Né ho avuto

a rilevare -specialmente nel colloquio avuto con Vansittart -una posizione

(-4) I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini.

pregiudizialmente ostile all'idea di un chiarimento degli interessi reciproci dei due Paesi in Etiopia e, da questo punto di vista, credo che potrei anche * considerare le cose da loro dettemi come abbastanza soddisfacenti*, se essi non mi avessero nello stesso tempo mostrato la *maggiore incertezza ed esitazione su quelle che possono essere le conseguenze politiche dell'accordo itala-francese, nei riguardi dell'integrità etiopica * e per quelli che possono essere i fini ultimi della nostra iniziativa e della nostra azione.

L'impostazione stessa che Simon ha dato al colloquio e la S()llecitudine colla quale egli ha voluto anzitutto sollevare una questione -il rifornimento di armi al Governo abissino -che non aveva nulla a che fare con quella della quale io lo intrattenevo, mi hanno subiro mostrato quaie era veramente la sua maggiore preoccupazione, e come sopra tutto * quello di cui egli voleva rendersi conto era della portata politica dell'intesa franco-italiana, e delle conseguenze alle quali essa potrebbe portare in caso di una tensione italaabissina •.

I) Dopo avermi infatti ringraziato per la comunicazione che gli avevo fatto del tenore dell'intesa franco-italiana, che egli conosceva perché Lavai glielo aveva comunicato ed illustrato a Ginevra, ma che voleva studiare nei particolari in vista di conversazioni più approfondite che avremmo potuto avere in seguito, la prima cosa che egli mi ha detto è che egli aveva a farmi, per suo conto, una comunicazione che poteva interessare la politica italiana in Abissinia.

Egli era stato informato che era pervenuta al Governo britannico una richiesta, da parte di ditte inglesi di trasporti marittimi per l'autorizzazione al passaggio attraverso il territorio della Somalia Britannica di materiale bellico acquistato in un paese straniero -n()n sapeva quale -dal Governo etiopico. In base al Trattato anglo-franco-itala-etiopico del 1930, il Governo britannico si sentiva giuridicamente obbligato ad aderire alla richiesta del Governo abissino, una volta che esso avesse verificato che le condizioni previste nel suddetto Trattato fossero state rispettate. Il Governo britannico desiderava comunicare quanto sopra al Governo Italiano a scanso di malintesi e di equivoci. II Governo britannico non desiderava fare cosa che potesse dispiacere all'Italia, ma egli non vedeva come il Governo britannico, qualora la richiesta etiopica fosse in piena regola, avrebbe potuto rifiutare di darle corso, e come avrebbe potuto rifiutarsi di dar corso a quelle del genere che fossero avanzate in futuro. «Il Governo britannico non potrebbe evidentemente -ha continuato Simon -fare discriminazioni su questo terreno tra l'Italia e l'Abissinia, a meno che la S.d.N. non decidesse un embargo di armi in Abissinia, il che naturalmente è cosa assai improbabile che possa verificarsi ».

Ho risposto a Simon dicendogli che lo ringraziavo per la sua comunicazione, ma non potevo nello stesso tempo tacere la mia dolorosa sorpresa. «È perfettamente vero che vi è un Trattato del 1930 che regola il traffico delle armi in Abissinia, è anche vero che l'Inghilterra ha, in base ad esso, certi obblighi, i quali poi sono i medesimi contratti dalla Francia e dall'Italia. Ma il problema non poteva esse,re considerato sotto questo aspetto, particolare, letterale e meschino. Esso andava inquadrato in un problema più generale e più

vasto: il problema degli interessi comuni dell'Italia e dell'Inghilterra in Abis

sinia, secondo lo spirito di quell'Accordo Tripartito, al quale i due Paesi così

giustamente tengono, oltre naturalmente che nel quadro della collaborazione

itala-britannica nella politica mondiale:..

Ho ripetuto che non potevo senza dolorosa sorpresa registrare quanto

egli mi aveva detto circa l'impossibilità per la Gran Bretagna di fare discri

minazioni fra l'Italia e J'Abissinia e cioè fra una Grande Potenza europea la

cui politica è intimamente legata alla politica della Gran Bretagna ed un

paese ancora in istato di barbarie, che mostra di essere oggi più che mai forse

il maggiore centro di infezione e di pericoli per la pace del continente africano

e per quell'opera di civilizzazione che i popoli europei -prima l'Inghilterra

hanno intrapreso nel continente africano. È vero che l'Abissinia è oggi mem

bro dena S.d.N. ma credo che tutti i Grandi Stati Europei concordemente

abbiano a rimproverarsi vivamente di avere accolto a Ginevra l'Abissinia. E poi

ché l'errore è stato di tutti, tutti hanno il dovere, ciascuno per la propria

parte, di porvi rimedio. Ho insistito sul fatto che l'Italia vuole una politica

di pace nell'Africa Orientale, ma gli ultimi avvenimenti hanno dimostrato

quanto sia necessaria per attuare precisamente questa politica di pace una

mano ferma che dia all'Imperatore l'impressione che le Potenze Europee non

tollererebbero dei colpi di testa in Africa da parte di chicchessia. L'Abissinia

ha finora profittato delle gelosie fra le tre Potenze confinanti traendo van

taggio dalle divisioni e dai malintesi nell'attività politica dei diversi Mini

steri coloniali. La *Francia e l'Italia hanno finalmente capito che una poli

tica di concorrenza itala-francese in Abissinia non portava che al danno co

mune*, e si sono messe lealmente d'accordo per una leale collaborazione, sgom

brando il terreno da ogni equivoco in materia. *Altrettanto l'Italia desidera

fare col Governo britannico. Ho insistito su questo punto che l'Italia non vuole

in nessun modo interferire con gli interessi inglesi, anzi vuole contribuire a

realizzarli, ma domanda nel contempo alla Gran Bretagna di non essere osta

colata nella realizzazione dei propri vitali interessi*. È da questo punto di

vista e non da quello di una convenzione per il traffico delle armi che biso

gna considerare il problema dei rapporti tra le Grandi Potenze e l'Abissinia.

Ed è in questa maniera che io speravo che si sarebbe potuti venire ad un

chiarimento degli interessi reciproci dei due Paesi. Questo era anche utile ad

evitare il ripetersi di inconvenienti che si sono verificati durante l'incidente

di Ual-Ual. «A noi non è francamente sembrato -ho detto a Simon -che · l'atteggiamento delle autorità locali inglesi nel corso di questo incidente, sia

stato sempre non dirò favorevole ai nostri interessi, ma agli interessi comuni

che le Potenze dovrebbero avere in Etiopia. Questo atteggiamento si sarà

dovuto alle inclinazioni personali dei funzionari coloniali. Certo esso è valso

ad incoraggiare gli abissini dando loro l'impressione di poter contare su un

certo appoggio da parte inglese. Ora questo è contrario allo spirito generale

della collaborazione itala-britannica e non può non avere ripercussioni sfa

vorevoll nella fiducia che l'Italia deve avere nella politica inglese:..

Simon piuttosto imbarazzato, ha replicato che egli non si attendeva da

me una reazione simile, ma ad ogni modo mi ringraziava per la mia franchezza. Mi pregava anche di rendermi conto della posizione delicata in cui si trovava il Governo britannico ed ha aggiunto che non vi era urgenza che io comunicassi la cosa a Roma e che intanto egli dava disposizioni perché il permesso richiesto da queste ditte in~lesi per il trasporto di armi attraverso la Somalia britannica fosse sospeso, • in attesa che io avessi ulteriori conversazioni con Vansittart per esaminare più a fondo i dettagli della questione. Ha insistito pregandomi di non mandare per ora a Roma notizie su questopunto della conversazione •.

Il) Stamane ho ripreso con Vanslttart l'argomento. Ho anzitutto fatto amche a Vansittart le identiche comunicazioni fatte a Simon nel limiti prescritti dalle istruzioni ricevute. Vanslttart mi ha confermato che, non appena gli Uffici del Colonia! Office e del Forelgn Office avranno ultimato l loro studi sulla questione, avremmo ripreso l'argomento per vedere se e su quali basi sia possibile iniziare delle conversazioni fra il Governo italiano e il Governo britannico per l'esame dei rispettivi interessi in Abissinia. Ciò non credo avverrà nel prossimi giorni dato che Simon, Vansittart ed il Forelgn Offlce sono occupati interamente per la visita del Ministri francesi a Londra e ci vorrà un certo tempo prima che gli Uffici del Colonia! Office e dcl Forelgn Office si mettano d'accordo sulla linea da seguire.

Dopo di che ho ripreso con Vanslttart la seconda parte della conversazione avuta con Simon. Ho ricordato a Vansittart, sulla base del miei ricordi personali quando ero Ministro degli Affari Esteri, quante volte l'Ambasciatore britannico a Roma è venuto a chiedere all'amicizia del Governo italiano cose che erano fuori deHa lettera dei Trattati; e come il Governo Fascista, interpretando largamente gli obblighi che derivano da una poEtica di collaborazione fra due Paesi amici nel campo degli interessi generali, abbia sempre dato seguito alle domande discrete del Governo britannico. E qon avevo che a ricordargli il caso degli Ufficiali italiani richiesti dal Governo persiano per organizzare la difesa navale del Golfo Persico in alcune località che presentavano interesse particolare al Governo Imperiale Britannico, e le richieste di usare la propria influenza per impedire che l'ex Re dell'Afganistan, ospite dell'Italia avesse mano troppo libera nei suoi tentativi di restaurazione in Afganistan, restaurazione che andava contro l disegni del Governo Imperiale. La politica della lettera dei trattati è la politica di due Paesi nemici, non di due Paesi amici. E del resto non è nell'interesse di tutti impedire che l'Etiopia si armi sino ai denti? Contro chi può essa impiegare queste armi se non contro uno di noi? E chi garantisce all'Inghilterra che essa stessa non abbia a soffrire -al Sudan, al Kenla o al Somaliland -gli effetti di un nazionalismo eccitato e xenofobo come quello abissino? Da parte britannica si deve guardare al problema abissino una buona volta non più attraverso la meschina e corta visuale di piccoli interessi locali e periferici, ma come un problema, forse il più acuto ed importante a risolvere per il pacifico progresso del continente africano e per l'armonico sviluppo dell'attività delle Potenze Europee in Africa. Ora, in queste condizioni, pretendere che il Govemo Italiano si dichiari soddisfatto che l'Inghilterra consenta, sia pure in omaggio alla lettera del Trattato del 1930,

al passaggio dl materiale bellico destinato all'Abissinia, mi pare fuori luogo. Le armi che passeranno attraverso la Somalia britannica sono destinate a rendere più acuta la politica xenofoba del Governo abissino, e, in ultima analisi, a rendere più difficile il compito di stabilizzazione pacifica dei suoi rapporti con l'Etiopia che l'Italia intende, in armonia con la Francia e l'Inghilterra, svolgere. Dire che il Governo britannico non trova modo di eludere gli obblighi del Trattato del 1930 relativi alla importazione di armi in Abissinia, è una cosa fanciullesca. E ho pregato Vansittart di non insistere su questo punto. Il Governo britannico ha mille modi, come il Governo francese ed il Governo Italiano, per impedire l'aumento delle possibilità belliche dell'Abissinia in questi momenti di indubitabile delicatezza dei rapporti fra Abissinia ed Italia.

Vansittart a questo punto mi ha detto che egli desiderava rettificare la comunicazione fattami da Simon. Nessun permesso di importazione di armi era ancora stato richiesto da Ditte inglesi e pertanto il problema non si poneva ancora come un problema di fatto. Si trattava di una ipotesi che potrà verificarsi nel futuro e pertanto Vansittart aveva ritenuto che il Governo italiano fosse preavvertito in tempo di questa eventualità. Vansittart, che era stato informato da Simon della reazione provocata in me da tale comunicazione, mi ha aggiunto che non va,leva forse neppure la pena che io informassi il Governo Italiano di tale comunicazione che non si riferiva ad un fatto ma, ripeto, ad una semplice eventualità, per cui, Vansittart ha continuato, abbiamo del tempo avanti a noi per riflettere. «Vi preghiamo di rendervi conto delle nostre difficoltà, della delicatezza della situazione, ma ad ogni modo tutto questo s,ia come non detto. Riprenderemo più avanti l'argomento ed esamineremo questo problema sotto tutti i suoi aspetti).

Ho detto a Vansittart che non avrei ,informato ufficialmente Roma né della parte della conversazione avuta con Simon, né con lui, giusta il loro desiderio; ma che ne avrei informato personalmente e confidenzialmente il Duce per sommi capi in occasione di una mia prossima andata a Roma.

Abbiamo poi ripreso l'esame della intesa itala-francese e delle possibilità di uno scambio di idee itala-britannico. Pur avendo le conversazioni un carattere generico e preliminare -secondo le istruzioni che V.E. mi ha dato -* ho potuto mettere bene in chiaro i nostri concetti: 11 nostro desiderio di assicurare una adeguata protezione dei nostri interessi, l'utilità di un armonico coordinamento di questi interessi con quelli della Francia e dell'Inghilterra*.

Né potrei dire che, nel complesso, il colloquio sia stato poco soddisfacente, se non avessi sentito che, sotto ogni ragionamento e quasi ad ogni osservazione che Vansittart veniva facendo, * era latente la preoccupazione che l fini della nostra politica potrebbero essere in realtà più lontani di quello che non mostriamo *.

III) Questa preoccupazione è, per così dire, serpeggiata durante tutto questo periodo, al fondo della politica inglese, e spiega molti aspetti dell'atteggiamento tenuto dall'Inghilterra ad Addis Abeba ed a Ginevra. La nostra intesa colla Francia non ha valso certo ad attenuarla, non naturalmente per il contenuto tecnico dell'accordo, ma perché da esso è stata tratta la conclu

sione che esso potrebbe dopo tutto costituire il preludio di una politica di abbandono dell'Etiopia da parte della Francia alla nostra iniziativa e ad una nostra eventuale azione. Questa impressione era certo nella mente di Simon al momento che io ho cominciato a parlargli e, se egli ha sollevato la questione del passaggio delle armi, era per condurre la discussione direttamente aU'ipotesi di un conflitto italo-etiopico.

*Un tale conflitto, come V. E. sa, è considerato dagli inglesi dannoso ai loro interessi; all'interesse generico che essi credono di avere al mantenimento della pace nell'Africa Orientale ed all'interesse specifico che essi credono di avere al mantenimento dell'integrità e della indipendenza dell'Etiopia. Da questa concezione dei loro interessi essi traggono due conseguenze essenziali: primo che l'Inghilterra debba fare di tutto per far funzionare l'Accordo Tripartito come uno strumento di garanzia della integrità della indipendenza dell'Abissinia, secondo che l'Inghilterra abbia interesse a sostenere ed a rafforzare l'autorità dell'Imperatore contro le tendenze disgregatrici dei capi locali, tendenze che potrebbero portare a una crisi e ad un intervento straniero*.

Nel corso dei negoziati diplomatici relativi all'incidente di Ual-Ual, queste due idee (v. precedenti rapporti di questa R. Ambasciata) sono risultate con sufficiente chiarezza, ma anche se non lo fossero state, potrebbero essere facilmente tratte da tutto quello che Simon mi ha detto ed in primo luogo dalla sua insistenza a portare il problema dei rapporti fra Italia ed Etiopia nel quadro della S.d.N., degli impegni internazionali che esistono, della situazione nella quale si trovano gli Stati membri della S.d.N. quando si tratti di obblighi specifici fissati nei trattati.

Tutti questi ragionamenti non miravano evidentemente che ad un solÒ scopo: a chiarire che l'Inghilterra ha degli interessi in Abissinia che essa intende proteggere nel quadro dell'Accordo tripartito ed in relazione a questo accordo potrebbe eventualmente considerare utile di chiarirli e definirli, ma che contemporaneamente l'Inghilterra tiene a che l'Etiopia mantenga la sua indipendenza e la sua integrità territoriale.

Questo punto -ripeto -non è stato né toccato né accennato nei colloqui che ho avuto, ed io comunque avrei evitato che la conversazione si mettesse su questa strada; ma è indubbio che nelle intenzioni di Simon vi era il desiderio di farmi sentire che l'Inghilterra non poteva non considerare il problema etiopico anche da questo aspetto.

Ho creduto di dover riferire a V. E. così dettagliatamente dei miei colloqui e delle mie impressioni per presentare al giudizio di V. E. tutti gli elementi, anche secondari, che mi risultano. Questi elementi non rappresentano evidentemente che * la situazione al punto di partenza di conversazioni, nelle quali non dubito che sarà possibile dare uno svolgimento più conforme al nostro modo di vedere *.

Più che riferirmi alle divergenze, le quali indubbiamente esistono tra l'Inghilterra e noi, mi preme di indicare in quale direzione io credo noi dovremmo particolarmente concentrare i nostri sforzi per raggiungere gli obiettivi fissati da V. E.

(l) -Annotazione a margine: «Il Comm. Favall1 è d'accordo». Il comunicato non risulta però pubblicato. (2) -Cfr. n. 510. (3) -T. 2082/52 P.G. del 1° febbraio, non pubblicato.
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IL DIRETTORE DEL GIORNALE D'ITALIA, GAYDA, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO (l)

L. P. Roma, 1° febbraio 1935.

A scopo informativo:

Ieri sera, in occasione di un pranzo offerto dall'Ambasciatore di Germania, ho avuto occasione di conversare lungamente con l'Ambasciatore, von Hassell, il quale, tornato da pochi giorni da Berlino, mi ha esposto con notevole chiarezza alcuni aspetti della situazione politica germanica.

Credo utile riassumere, nel loro senso preciso, le informazioni che von Hassell mi ha date.

Politica interna. -La situazione della Germania risulta notevolmente diversa in confronto a quella constatata nell'ultimo viaggio di von Hassell a Berlino (circa cinque mesi fa). Si è operata una generale chiarificazione. Il problema, alquanto complesso, dei rapporti fra lo Stato e il Partito è stato completamente superato nel senso che lo Stato domina e dominerà incondizionatamente, senza interferenze e controlli del Partito. Ciò vale tanto per la politica estera ed interna quanto per quella finanziaria, economica e militare. Sussiste solo, ancora, una certa confusione nell'indirizzo culturale e dottrinario, che però sarà progressivamente controllato e disciplinato.

Il Partito va perdendo una parte della sua originaria importanza.

Nel campo militare, la Reichswehr domina su tutto. Le S.A. hanno perduto ormai ogni importanza militare e politica, e rimangono come formazioni, sopratutto giovanili, di istruzione e disciplina. Le S.S. conservano una maggiore importanza militare, ma sono sotto il completo controllo della Reichswehr, che le assorbirà a poco a poco.

Progetto del Patto orientale. -Il Governo di Berlino ha ricevuto il nuovo memoriale francese, che non contiene, però, assolutamente nulla di nuovo. Il Governo è perplesso nella risposta, perché non ha nulla di nuovo da dire. Il Governo rifiuterà l'adesione a questo Patto, del quale non vede con chiarezza gli scopi e l'utilità.

Accordi di Roma. -L'Ambasciatore von Hassell ha già presentato al Governo italiano una nota in proposito (2). Il Governo di Berlino ha accolto con fiducia le replicate assicurazioni date da S.E. il Capo del Governo, secondo le quali gli accordi italo-francesi non sono in alcun senso rivolti contro la Germania.

La Germania aderisce in principio a questi accordi, apponendovi solo qualche riserva. La più importante riserva riguarda il riferimento ad eventuali «patti addizionali~. Si vede in questo riferimento una iniziativa fran

cese, la quale, se avesse sviluppo, potrebbe turbare l'equilibrio creato dall'accordo generale. In ogni modo, miglior partito sarebbe tornare decisamente al Patto a quattro.

Armamenti. -La Germania è pronta a firmare una convenzione; ma non più sulla base della primavera 1934. Allora la Germania si avvicinava alla tesi italiana e in parte britannica. Ora considera che, dopo la nota francese del 17 aprile 1934 e tutto quanto è sopravvenuto, le condizioni sono profondamente mutate. Nessun Paese ha disarmato, e la Germania ha da parte sua -lo riconosce esplicitamente -sviluppato i suoi armamenti, che non è più disposta a ridurre. Non è più il caso di discutere del principio della parità, che è ormai acquisito, ma soltanto della sua applicazione. In tale applicazione, la divisione fra armi offensive e armi difensive non appare più attuale e tale da dover governare gli eventuali accordi.

Politica generale. -In Germania si considerano come molto incerti gli sviluppi della politica estera della Francia e dell'Inghilterra, perché in entrambi i Paesi essa è dominata ancora dalla politica interna. Sopratutto in Inghilterra l'approssimarsi delle elezioni generali non può non influire sull'attitudine della politica estera del Governo e dei partiti che vi sono rappresentati.

In ogni caso si ritiene in Germania che sia più facile discutere con Laval.

Rapporti con l'Italia. -L'Ambasciatore von Hassell ha notato una notevole pacificazione nello spirito germanico. Non ha udito più alcuna parola dura od ostile nei riguardi dell'Italia, tanto dal Cancelliere Hitler quanto da Goering. Egli sa che alcuni Italiani recatisi a Berlino hanno riportato impressioni diverse conversando con alcuni capi nazisti. Ma si deve precisare che questi capi nazisti non sono autorizzati a parlare, e rappresentano soltanto delle opinioni personali.

I rapporti itala-germanici non possono ancora considerarsi completamente chiariti, ma un notevole passo si è compiuto per il loro miglioramento. «Rimane, naturalmente, in piedi il problema dell'Austria •· Si è seguita con interesse la recente discussione fra le Munchener Neueste Nachrichten e il Giornale d'Italia. L'Ambasciatore von Hassell ha osservato che l'attitudine italiana si è in essa dimostrata abile.

Ho avuto pure occasione di conversare con i due Ministri di Romania e di Cecoslovacchia. Entrambi sono molto pessimisti sulle possibilità di salvare durevolmente l'indipendenza dell'Austria. Il Ministro di Cecoslovacchia mi ha detto che il Governo di Praga osserva con inquietudine la formazione spirituale delle giovani generazioni. Mentre le generazioni adulte germaniche hanno, in genere, aderito al regime cecoslovacco, le giovani generazioni tedesche, che si sono formate dopo la guerra, pur non avendo mai appartenuto allo Stato tedesco, si rivelano decisamente orientate verso la Germania. La propaganda nazista trova quindi in esse un terreno fertilissimo e favorevole. Si ritiene che di questo nuovo orientamento nazionale tedesco si avranno i segni, nella Repubblica cecoslovacca, già nelle elezioni politiche dell'autunno prossimo.

Entrambi i Ministri ritengono pure che una partecipazione della Francia ad una eventuale azione armata derivante da un tentativo di Anschluss sia da considerarsi più che dubbia. Lo stato generale della Francia sarebbe contrario ad una tale azione, tanto più che si moltiplicano in Francia le correnti che desiderano un'intesa con la Germania ad ogni costo.

Il Ministro di Romania, Lugosiano, che è tornato da poche settimane da Parigi, ha aggiunto che, in una conversazione col signor Lavai, questi gli ha detto che, se la Germania non aderisse al progetto del Patto orientale, il Governo francese concluderà in ogni modo un accordo fra la Francia, la Russia e la Cecoslovacchia, con un carattere di alleanza militare difensiva. A sua volta il Ministro di Cecoslovacchia ha aggiunto che, secondo le informazioni del Governo di Praga, esisterebbero delle convenzioni militari segrete fra la Germania, la Polonia e il Giappone. Vi sarebbero stati ultimamente dei contatti dello Stato Maggiore giapponese con quello polacco.

(l) -Da A C S, Ministero della Cultura Popolare. (2) -Cfr. n. 518, allegato.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 161/61 R. Roma, 2 febbraio 1935, ore 22.

V. S. avrà ricevuto direttamente da alto commissario notizia aggressione etiopica verificatasi la mattina del 29 gennaio alle ore 8 contro nostro presidio Afdub, cui è seguito combattimento, con nostre perdite in morti e feriti non ancora precisate.

Contemporaneamente attività etiopica nella zona si è manifestata con occupazione, da parte abissini, della località di Scillave, appartenente alla Somalia italiana; abissini hanno profittato temporanea assenza delle nostre forze per occupare Scillave di sorpresa.

Pregola presentare d'urgenza nota a codesto Governo protestando per due nuovi gravi episodi, e sottolineando il fatto che aggressione Afdub e occupazione Sclllave, oltre ad essere in netto contrasto con la lettera e con lo spirito dei trattati vigenti fra i due paesi, costituiscono anche violazione impegno assunto recentemente Ginevra da codesto Governo di non provocare nuovi incidenti. Pregola altresì far riserva di precisare riparazioni dovuteci per aggressione Afdub.

Per quanto si riferisce occupazione Scillave comunico ad ogni utile fine che detta località è situata in territorio dei somali Marrehan e fa parte del sultanato di Obbia.

Fu da noi presidiato fin dal 1926 e venne nel 1929 collegata con camionabile alla rete stradale somala. Essa era da noi -negli ultimi tempi -controllata saltuariamente a mezzo pattuglie alle dipendenze del comando del settore di stanza a Lammabar.

Prego assicurare (l).

(l) Il contenuto di questo telegramma fu comunicato con t. 163 R., pari data, alle ambasciate a Londra e Parigi perché ne informassero i Governi inglese e francese.

526

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 520/013 R. Parigi, 2 febbraio 1935 (per. il 4).

A telegramma n. 53 del 28 gennaio u.s. (l).

Ho domandato al segretario generale del Qual d'Orsay, prima della sua partenza per Londra, se poteva darmi un'indicazione circa la data in cui gli accordi di Roma sarebbero approvati dall'assemblea legislativa. Il signor Léger mi ha risposto che non aveva finora parlato al ministro della cosa, ma si proponeva di farlo al più presto, possibilmente prima del viaggio in Inghilterra.

Ho ripetuto stamane la domanda al direttore generale degli affari politici ed ho saputo che l'argomento non è stato ancora trattato. Ho raccomandato di non trascurarlo.

Ne intratterrò personalmente il signor Lavai al suo ritorno da Londra. Ho creduto opportuno di interessare prima gli altri funzionari del ministero perché il ministro degli esteri non potrebbe dirmi nulla di preciso senza un accordo previo con i medesimi.

Non perdo di vista la cosa (2).

527

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 618/04 R. Ankara, 2 febbraio 1935 (per. Z'11) •

.A:d ogni buon fine informo V. E. che il 24 e il 28 gennaio scorso ho avuto due lunghissimi colloqui durati complessivamente 4 ore con Chiikrii Kaya sui rapporti turco-italiani. Chiikri Kaya a conclusione di essi propone un patto italo-turco-greco di garanzia del Mediterraneo Orientale aperto alla adesione della Francia, con promessa di neutralità benevola in caso di conflitto di uno dei contraenti. Su questo patto dovrebbe innestarsi, in seguito, una alleanza militare italo-turca.

Non ho mancato in tali colloqui di muovere cortesi ma precisissime critiche all'aspetto anti italiano della attività di Tewfik Ruscdi.

Avevo chiesto poi di vedere Tewfik Ruscdi Aras non .appena questi era tornato da Ginevra. Ma Tewfik ha dovuto far ritorno ad Istambul chiamatovi dal Gazi e non ha perciò potuto ricevermi.

Non appena avrò parlato col ministro degli affari esteri riferirò in dettaglio tutti i colloqui.

40-Documenti Dtp!omatìcì -Serie VII -Vol. XVI

(l) -T. 140/53 R. del 27 gennaio, ore 23, non pubblicato. (2) -Annotazione a margine di Suvich «È interessante che sia fatto presto».
528

IL VICE CAPO GABINETTO, IACOMONI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI

APPUNTO RR. 1266. Roma, 2 febbraio 1935.

Si ha notizia, da fonte sicura che il Ministro di Turchia a Belgrado ha confidato ad un suo collega l'esistenza di un accordo intervenuto a Ginevra, durante la recente riunione del Consiglio, tra Tewfik Rushdi Aras, Maximos, Titulescu e Jeftic. Tale accordo conterrebbe i seguenti impegni:

l) La Jugoslavia e la Romania si obbligano di non negoziare alcun atto previsto dagli accordi di Roma, se la Turchia e la Grecia non saranno invitate a questi negoziati. Nel caso poi che la Turchia e la Grecia, sebbene invitate, non vogliano partecipare ai negoziati o non vogliano aderire agli atti conclusi tra gli altri, anche la Yugoslavia rimane libera di impegnarsi da sola.

2) Le quattro Potenze dell'Intesa Balcanica si obbligano di non negoziare o concludere da sole tanto un patto di sicurezza che un patto di non aggressione con l'Italia.

L'esistenza di tale accordo che sarebbe dovuto alle insistenze di Tewfik Rushdi Aras, è stata confermata anche da funzionari del Ministero degli Esteri jugoslavo.

529

NOTIZIA (l)

Roma, 2 febbraio 1935.

Il Governo Italiano ha appreso con particolare soddisfazione che il Governo germanico sarebbe disposto a procedere coi Governi interessati ad uno scambio di vedute per studiare la possibilità di fissare in un accordo relativo all'Europa Centrale il principio della non-ingerenza reciproca negli affari interni di altri Stati e l'impegno di non permettere che il proprio territorio serva di base per atti di terrorismo sovversivo contro altri Stati.

Allo scopo di facilitare l'inizio di questo scambio di vedute, il R. Governo è ben lieto di poter fornire al Governo germanico i chiarimenti da esso richiesti.

l) -Il R. Governo condivide il pensiero del Governo germanico che il principio della non-ingerenza debba cioè essere applicato con criterio di piena parità fra tutti gli Stati partecipanti al Patto. Come è detto espressamente nel processo verbale firmato a Roma il 7 gennaio u.s. dal Capo del Governo Italiano e dal Ministro degli Esteri francese (2) e già comunicato al Governo germanico, gli Stati contraenti dovrebbero impegnarsi reciprocamente ad aste

n. -518, allegato]. Ed. in trad. francese, in D D F, voi IX, pp. 226-228. •

nersi dal suscitare o favorire alcuna agitazione, propaganda o tentativo di intervento avente per scopo di attentare con la forza all'integrità territoriale o di trasformare con la forza il regime politico o sociale di uno degli Stati contraenti. E' nel pensiero del Governo italiano che le stipulazioni del Patto dovrebbero riferirsi, con criterio di perfetta parità, a qualsiasi atto del genere di quelli sopra elencati, da qualunque parte essi provengano.

2) -Nel pensiero del Governo Italiano gli accordi particolari che resterebbe in facoltà degli Stati contraenti di concludere per l'applicazione dei principi del Patto non debbono in alcuna maniera disturbare l'equilibrio o falsare la tendenza fondamentale del Patto generale. Per quanto lo concerne il R. Governo non avr·ebbe nulla in contrario del resto a che venisse specificato che questi accordi particolari debbano essere conclusi col consenso di tutti gli altri contraenti, e che essi restano aperti alla loro partecipazione.

3) -Il Governo germanico ha chiesto di conoscere quale sia stato il criterio che ha servito di base per stabilire quali Stati avrebbero dovuto far parte del progettato patto di non-ingerenza. A questo scopo si è tenuto presente il concetto ·che perché il patto rispondesse agli scopi che il R. Governo si proponeva, esso doveva essere limitato, oltre naturalmente agli Stati che del Patto stesso hanno preso l'iniziativa, agli Stati confinanti con l'Austria con l'aggiunta degli Stati successori dell'antico Impero austro-ungarico.

Per quanto concerne la Confederazione elvetica il R. Governo ha portato a conoscenza del Governo svizzero l'accordo raggiunto nelle conversazioni di Roma; se l'invito a partecipare al Patto non è stato esteso anche al Governo elvetico ciò è esclusivamente in considerazione della ben nota tradizio"ne della politica svizzera. Per parte sua del resto il R. Governo non avrebbe nulla in contrario a che il Governo svizzero, qualora tale fosse il suo desiderio, ciò che d'altra parte non sembra essere il caso -vi partecipasse.

Per quanto concerne la Gran Bretagna, il Governo britannico è stato anch'esso tenuto al corrente degli accordi intervenuti a Roma fra il Governo francese e quello italiano ed ha data la sua approvazione ai principi a cui si ispira il progettato patto di non-ingerenza. Tenuto però conto della ben nota concezione del Governo britannico per quanto concerne gli impegni per questioni di politica europea, si è creduto preferibile lasciare esclusivamente al Governo britannico stesso di decidere se ed in quale forma esso intenderà dare la sua adesione al progettato Patto di non-ingerenza. Il Governo italiano, per quanto lo concerne, non potrebbe che compiacersi qualora anche il Governo britannico decidesse di aderirvi.

4) -Come già è stato comunicato all'Ambasciatore di Germania e come risulta dal testo del processo-verbale del 7 gennaio, il Patto di consultazione tra Francia ed Italia per la questione austriaca è stato previsto in attesa della concl:usione del Patto di non-ingerenza tra tutti gli Stati, ed è destinato ad avere effetto per il caso in cui alla conclusione del Patto in questione non si potesse giungere. Qualora invece, come il Governo italiano fermamente spera, si potrà arrivare alla conclusione del Patto di non-ingerenza, esso è destinato a cadere all'atto della messa in vigore del Patto stesso.

5) -Le espressioni «nel quadro della Società delle Nazioni~ e «con il concorso della Società delle Nazioni~ vanno intese nello stesso modo in cui esse sono intese in rapporto ad altri atti internazionali, come ad esempio il Patto di Locarno, nel senso cioè che .gli obblighi risultanti sia dal Patto Generale che dagli Accordi particolari e le modalità del loro funzionamento non potranno essere in contrasto con i principi generali dello Statuto della Società delle Nazioni.

(l) -Così 11 titolo originale che è preceduto dalla seguente specificazione: «Progetto d! risposta alla '"notlzta » consegnata al Capo del Governo dall'ambasciatore Von Hassell [cfr (2) -Cfr. n. 403.
530

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. 511/178 R. Addis Abeba, 3 febbraio 1935, ore 2 (per. ore 11,15).

Questo addetto militare è potuto venire riservatamente in possesso di una lettera che questo console Turchia (suddito tedesco Bonemberger) in data 24 gennaio ha diretto a ambasciatore ad Angora, su suggerimento dell'Imperatore, domandando quale sarebbe atteggiamento del Governo turco circa incidente itala-etiopico se il Governo etiopico ne domandasse la mediazione per risolvere questione per mezzo di arbitrato.

Egli chiede istruzioni nel caso che l'Imperatore gli domandasse l'opinione della repubblica turca sul detto arbitrato, aggiungendo di voler conoscere se le attuali relazioni italo-turche potrebbero permettere l'intervento della repubblica turca per l'arbitrato del conflitto itala-etiopico.

Il console allega copia del rapporto etiopico alla Società delle Nazioni e alcune note personali che difendono in pieno la tesi abissina.

531

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

T. 512/181 R. Addis Abeba, 3 febbraio 1935, ore 2 (per. ore 11,15)

Telegramma di questa legazione 173 (2).

Ricevo in questo momento nota del ministero degli affari esteri etiopico per esporre che conferma comunicazione orale fatta al R. incaricato d'affari «circa il contatto che ha avuto luogo il 28 gennaio davanti il posto confinario di Gherlogubi fra le sentinelle di questo posto ed una pattuglia di bande armate italiane armate di fucili e di mitragliatrici.

Degli aeroplani italiani continuano a sorvolare Gherlogubi e l'hanno particolarmente sorvolato avantieri e ieri.

Già dopo ultimo incontro ... (l) accadette davanti Gherlogubi mio Governo aveva dato al comandante... posto ordini formali di non sorpassare la linea assegnata alle sentinelle e il comandante ci assicura che ha scrupolosamente osservato gli ordini, anche nell'occasione del contatto che ha avuto luogo ora, non avendo inseguito le pattuglie in questione.

Riferendomi alla proposta fatta a Ginevra dai delegati inglese e francese che le truppe delle due parti dovrebbero indietreggiare per evitare nuovi incidenti, ho l'onore di informarLa che il Governo Imperiale è pronto ad iniziare negoziati per quanto concerne questa proposta,.

Firmato Heruy.

Mie considerazioni seguono con telegramma a parte.

(l) Ed. in Il conflitto ttalo-etiopico, p. 150.

(2) Con t. 482/173 R. del 31 gennaio Mombelli aveva comunicato: «Direttore generaleministero degli affari esteri venuto stamane legazione per farmi apprendere che giorno 27 corrente altro scontro si era verificato presso Gherlogubi e che Etiopia avrebbe avuto due morti».

532

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 552/019 R. Vienna, 3 febbraio 1935 (per. il 6).

Berger mi ha detto che fra gli Stati della Piccola Intesa correrebbero ancora profonde divergenze di vedute nei riguardi degli accordi di Roma. Giusta le sue informazioni, Titulescu, spintovi anche da Tewfik Ruschdi bey, vi sarebbe decisamente contrario.

In Jugoslavia, vi sarebbe favorevole il Jeftic ed il suo congiunto generale Zivkovich, che intenderebbero seguire una politica nettamente francofila; vi sarebbe invece contrario il ministro delle finanze, di tendenze profondamente germanofile il quale andrebbe sempre più aumentando il suo prestigio, anche con la concentrazione, nelle sue mani, delle principali tre banche. Donde l'opportunità, a dire del Berger, di agevolare quanto più possibile la posizione del Jeftic.

La Cecoslovacchia sarebbe poi decisissima ad aderirvi. Il ministro del commercio Stockinger, che si è recato di recente a Praga per i noti accordi economici, ha qui confermato che Benes è quanto mai deciso ad aderire agli accordi di Roma, vivamente desideroso di migliorare i suoi rapporti con l'Italia e con l'Austria.

A tale ultimo proposito Berger ha aggiunto che Benes, particolarmente compiaciuto della visita dello Stockinger, ha detto a quest'ultimo di voler senz'altro procedere ad un « Gegengeschen , che, secondo Berger, assumerà più la forma di agevolazioni economiche, che di restituzione di visita.

Da parte sua Berger non mi ha nascosto la sua disposizione ad inviare a Praga di tanto in tanto qualche altro ministro tecnico, giacché ciò eviterebbe -ed in ogni modo procrastinerebbe -una sua visita in Cecoslovecchia.

(l) Gruppo !ndec!frato.

533

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 553/020 R. Vienna, 3 febbraio 1935 (per. il 6).

Mio telegramma n. 28 (1).

Von Papen ha accompagnato la comunicazione delle note cinque domande di chiarimento circa quanto è previsto nel processo verbale di Roma, da una speciale manovra.

Difatti egli si è dapprima rivolto al cancelliere, cui ha tenuto un discorso così volutamente intricato, che il signor Schuschnigg si è visto costretto a pregarlo di rivolgersi al ministro degli esteri, non essendo egli in grado di dargli precise risposte.

A quanto ho potuto appurare, von Papen ha cominciato con l'esporre al cancelliere la necessità di giungere senz'altro ad una completa distensione dei rapporti tra la Germania e l'Austria, chiedendogli quindi se fosse disposto ad addivenire ad un patto bilaterale austro-tedesco. Avendo ottenuto risposte evasive, è tornato ad insistere per l'ammissione di giornali tedeschi in Austria. Ha infine presentato, a titolo d'informazione, il foglio contenente le predette richieste di chiarimento rivolte a Roma e a Parigi.

Il von Papen si è quindi recato dal segretario generale Peter, che gli

ha dato le risposte segnalate col mio telegramma su indicato; ha chiesto

infine udienza al Berger cui intanto il cancelliere aveva passato un riassunto

della confusa surriferita conversazione.

Berger, ancora irritato del procedimento usato dal von Papen, mi ha

detto che questi aveva cominciato col ripetergli che il momento attuale era

più che propizio per la distensione dei rapporti da lui tanto desiderata. Al che

Berger aveva seccamente risposto che il suo desiderio sarebbe stato automati

camente soddisfatto non appena Hitler avesse proceduto ad una pubblica

dichiarazione di riconoscimento dell'indipendenza dell'Austria.

Il ministro di Germania gli aveva allora posto le seguenti domande, rice

vendone le risposte, pure qui appresso riassunte:

l) V'ha alcunché che si opponga ad un'intesa bilaterale austro-tedesca?

-L'Austria è legata non giuridicamente ma politicamente al protocollo italo-francese del 7 gennaio, in quanto che essa ha preso parte alla redazione del testo definitivo di esso. Giusta il punto di vista del Ballplatz tale documento prevede in primo luogo una convenzione plurilaterale, contenente i principi fondamentali relativi alla non ingerenza ed al divieto di procedere ad

atti di terrorismo: cosicché, solo dopo la conclusione di una siffatta convenzione, gli Stati firmatari verranno ad avere la possibilità di concludere accordi particolari, di carattere bilaterale.

2) Ha l'Austria assunto qualche « politische Bindung »?

-L'Austria non ha preso rispetto a nessuno Stato, ed in nessuna forma, alcun impegno che potesse mettere in pericolo la sua indipendenza. Ma l'Austria ha l'obbligo di concertarsi e di consultarsi sul terreno politico, con l'Italia e con l'Ungheria sulla base di trattati di amicizia esistenti fra di essa e le predette due Potenze.

3) Il patto consultivo decade automaticamente con la stipulazione di una convenzione generale di non ingerenza?

-Detta questione non è prevista. Tuttavia, per via di logica, poiché nel protocollo è detto che solamente gli Stati che hanno aderito alla convenzione generale di non ingerenza possono partecipare al patto consultivo, così è da ritenersi che esso patto consultivo continui a sussistere anche dopo la conclusione di una convenzione generale.

Nel seguito della conversazione Berger mi ha detto che egli, circa questo punto, ha fatto anche rilevare al von Papen che la questione era invero alquanto oziosa, poiché, stabilita che fosse la convenzione generale, e praticati che fossero scrupolosamente gli impegni con essa assunti, il Patto consultivo resterebbe da per sé in sospeso, per mancanza di causa.

Da quanto precede ho rilevato come il ministro degli Esteri abbia voluto evitare ogni accenno -diversamente da quanto non abbia fatto Peter (mio telegramma precitato) -alla funzione di garanzia-e quindi di eventuale sanzione), rispetto alla convenzione generale, riservata al patto consultivo.

Ministro degli Esteri, che mi ha rimesso copia sia del foglio presentato dal von Papen che del punto di vista austriaco al riguardo -documenti che Vollgruber ha ricevuto istruzione di rimettere a V.E. -si è mostrato meco alquanto ottimista. Egli ritiene che il Governo del Reich, deciso a non prendere parte al Patto orientale, sia ormai disposto -assai più di quanto non lo lasci apparire -ad aderire agli accordi di Roma: e tutto il suo linguaggio è stato improntato a questa aspettativa.

E forse è appunto per questa aspettativa che Berger, il quale è finora stato il solo ad opporsi costantemente alla insistente richiesta di von Papen per l'ammissione in Austria di giornali tedeschi, è divenuto propenso ad autorizzare la introduzione della Frankfurter Zeitung. Al riguardo mi ha confidato esservi indotto da due motivi: l) per l'atteggiamento austrofilo sempre mantenuto dal detto foglio; 2) per il fatto che la redazione di esso giornale, con cui egli mantiene indiretti e discreti contatti, ha risposto favorevolmente ad un suo segreto sondaggio; e cioè se essa redazione «consenta » di poter sviluppare appieno la già iniziata campagna contro il Goebbels. Berger ha aggiunto che l'eventuale autorizzazione sarebbe da lui data a titolo provvisorio e «di prova» il che gli permetterebbe, se le assicurazioni ricevute avessero a cadere, di ritornare sui suoi passi.

(l) T. 505/28 R. del 2 febbraio, non pubbl!cato: colloquio d! Papen con Peter relativo alle cinque domande di chiarimento sugli accordi Mussol!ni Lavai rivolte dal Governo tedesco a Roma e Parigi.

534

COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, CON GLI AMBASCIATORI A ROMA DI FRANCIA, CHAMBRUN, E DI GRAN BRETAGNA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 3 febbraio 1935.

Gli Ambasciatori di Francia e di Inghilterra hanno avuto l'incarico di comunicare al Governo italiano i risultati delle conversazioni di questi giorni. Tali risultati sono contenuti nell'allegata nota.

L'Ambasciatore di Francia mi aggiunge che egli attende ancora qualche spiegazione riguardo all'ultima parte della nota relativa alle forze aeree. Appena queste informazioni saranno pervenute me le comunicherà.

Tanto l'Ambasciatore di Francia quanto quello d'Inghilterra ritengono che le conclusioni sono favorevoli.

ALLEGATO (l)

The object of the meeting between the French and British Ministers which has been taking piace in London was to promote peace of the worid by cioser European co-operation in a spirit of most friendiy confidence, and to remove those tendencies which if unchecked are caicuiated to Iead to a race in armaments and increase the dangers of war.

With this object in view the French and British Ministers proceeded to an examination of the generai situation. They took note of the particulariy important part piayed by the League in recent settlements of internationai probiems and weicomed successfui resuits as evidence of the conciliatory spirit of ali Governments taking part in those settlements. They deciare their determination to pursue both as regards the probiems of their own countries and ·those of the League, policies guided by the same methods of conciliation and co-operation.

With reference to Franco-Italian agreements recently reached in Rome, the British Ministers, on behalf of His Majesty's Government in the United Kingdom, cordially welcomed the declaration by which the French and Italian Governments have asserted their intention to deveiop the traditionai friendship which unites the two nations and associated His Majesty's Government with the intention of the French and Italian Governments to collaborate in a spirit of mutuai trust in the maintenance of generai peace. The British Ministers expressed the congratuiations of His Majesty's Government on the conciusion of the Rome agreement regarding Centrai Europe and made it ciear that as a consequence of the declarations made by His Majesty's Government in conjunction with the French and Italian Governments on the 17th February and the 22nd September Iast, His Majesty's Government consider themseives to be amongst the Powers which will, as provided for in the Rome agreement, consult together, if the independence and integrity of Austria are menaced.

The French and British Ministers hope that the encouraging progress thus achieved may now be continued by means of the direct and effective co-operation of Germany. They are agreed that neither Germany nor any other Power whose armaments have been defined by the Peace Treatles is entitled by unilateral action to modify those obligations. But they are further agreed that nothing would contribute so much to restore confidence and the prospects of peace among nations than a generai settlement freeiy negotiated between Germany and the other Powers. This generai settiement wouid make provision for the organisation of security in Europe, particularly by means of the conclusion of pacts, freeiy negotiated between ali interested parties

and ensuring mutual assistance in Eastern Europe, and the system foreshadowed in the Rome Proces Verbal for Centrai Europe. Simultaneously, in conformity with the declaration of the 11th December 1932, regarding equality of rights in a system of security this settlement would establish agreements regarding a,rmaments generally which, in the case of Germany, would replace the provisions of Part V of the Treaty of Versailles at present limiting arms and armed force of Germany. It would also be part of the generai settlement that Germany should resume her place in the League of Nations with a view to active membership. The French and British Governments trust that other Governments concerned may share these views.

In the course of these meetings, the French and British Ministers have been impressed by special dangers to peace created by modern developments in the air, the misuse of which might lead to sudden serial aggression by one country upon another and bave given consideration to the possibility of provision being made against these dangers by a reciproca! regional agreement between certain Powers. It is suggested that the signatories would undertake immediately to give assistance of their air forces to whichever of them might be the victims of unprovoked aerial aggression by one of the contracting parties. The French and British Ministers, on behalf of their respective Governments found themselves in agreement that any mutuai arrangement of this kind for Western Europe would go far to operate as a deterrent to aggression and to ensure immunity from sudden attacks from the air and they resolved to invite Italy, Germany and Belgium to consider with them whether such a convention might not be promptly negotiated. They earnestly desire that all countries concerned should appreciate that the object of this proposal is to reinforce peace -the sole aim pursùed by the two Governments.

The Governments of France and of the United Kingdom declare themselves ready to resume their consultations without delay after having received the replies of the other interested Powers.

(l) Ed. !n D B, vol. XII, pp. 482-484.

535

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 516/56 R. Londra, 4 febbraio 1935, ore 1,29 (per. ore 4).

Nel corso della mia conversazione Lavai (l) mi ha detto egli non aveva avuto occasione di parlare a Simon dell'Abissinia.

Mi ha confermato, tuttavia, che a Ginevra egli aveva avuto con lui un lungo colloquio sull'argomento e gli aveva dato conoscenza delle lettere scambiate con V.E. e degli impegni assunti dalla Francia circa nostra politica etiopica.

536

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 526/58 R. Londra, 4 febbraio 1935, ore 4,10 (per. ore 10,50).

Stasera subito dopo riunione con i ministri francesi, Simon ha chiesto di vedermi e mi ha informato dell'ultima fase sue conversazioni del pomeriggio, concluse con l'rupprovazione definitiva del comunicato che V.E. già a

quest'ora conosce. Simon me lo ha illustrato minutamente mettendo in particolare rilievo adesione inglese agli accordi di Roma e ripetendomi desiderio del Governo britannico dl agire in piena intesa con V. E.

Simon è venuto quindi a parlarmi del progetto di mutua assistenza contro aggressioni aeree. Egli ha tenuto a spiegarmi che per ora non si tratta se non di una iniziativa generica destinata concretarsi, soltanto dopo scambio di idee e negoziati fra Inghilterra Francia Italia Germania e Belgio. Egli mi ha detto anche che ministri francesi avrebbero voluto che si concretasse subito a Londra almeno un accordo aereo franco-inglese, ma che Governo britannico aveva deciso di lasciare la questione aperta 'ai negoziati invitando le altre Potenze interessate.

Simon ha aggiunto che, non potendo Governo britannico andare oltre impegni di Locarno, esso aveva dovuto limitare concetto assistenza aerea ai paesi garantiti dal trattato Locarno e cioè Francia Germania e Belgio. Questo egli aveva spiegato in un discorso preparato per la radio nel quale aveva anche messo in rilievo ovvie difficoltà geografiche che si oppongono ad una mutua assistenza fra l'Italia e Inghilterra nel caso improvvisa aggressione aerea.

Simon ha aggiunto che con questo Governo inglese intendeva mettere

V. E. nella più assoluta libertà di aderire· o meno al patto.

Questo problema era stato discusso a lungo con Lavai; si era anche pensato alla possibilità di due patti distinti, uno comprendente Belgio, Inghilterra e Francia, l'altro Italia, Francia e Germania.

Slmon mi ha chiesto quali erano mie impressioni. Ho risposto a titolo personale che non vedevo facile adesione italiana ad un patto che dava all'Italia degli obblighi e nessun vantaggio.

Non mi sembra d'altra parte necessario ricorrere conclusione due patti distinti poiché si potrebbe benissimo giungere ad un accordo generale mutua assistenza fra tutti i cinque Stati mentre per loro conto Italia e Inghilterra data loro posizione geografica potrebbero esonerarsi a vicenda dall'obbligo di mutua assistenza.

Così si manterrebbe intatta struttura politica di Locarno senza che né Inghilterra né Italia si assumessero reciproci obblighi di assistenza o garanzia modificando così trattato Locarno (1).

Abbiamo avuto scambio di vedute sull'argomento e Simon ha concluso dicendo che qualora Duce credesse utile partecipazione dell'Italia, come Inghilterra vivamente la desidera, questa soluzione sarebbe senza dubbio la più soddisfacente. Egli per conto suo è pronto accettarla e sostenerla.

Nella serata ho riveduto Simon a pranzo con Lavai, Eden e Austln Chamberlain, si è riparlato naturalmente di quanto era oggetto mia conversazione con Simon.

Eden e Chamberlain hanno insistito anche essi sul vivo desiderio inglese che all'obbligo della mutua assistenza partecipino tutte quattro le grandi Potenze, ritenendo anche essi che posizione speciale dell'Italia e dell'Inghilterra potrebbe essere fissata in una clausola aggiuntiva. Lavai è stato invece piuttosto riservato su questo punto ed ha cercato di incamminare discorso verso idea di due patti separati dei quali l'uno potesse comprendere Inghilterra, Francia, Germania e Belgio, e l'altro Francia, Germania, Italia ed i paesi dell'Europa centrale e danubiani.

Questo risponde alla tendenza che Lavai ha costantemente mostrato nel corso presenti conversazioni di Londra di tirare dentro a tutti i costi nei negoziati i paesi danubiani, mentre la tendenza popolazione inglese è di restare nell'ambito delle quattro grandi Potenze.

(l) Sulla conversazione Grandi rlferl con t. 518/55 R. dello stesso 4 febbraio, che non si pubblica in quanto anticipa 1 concetti ripetuti nella lettera a Mussolini edita al n. 545.

(l) Cfr. quanto fu comunicato da V!tett! a Sargent il 3 febbraio: «Ho replicato che !n questo caso era molto p!ù sempl!ce concludere il patto tra i cinque Stati !n condizione assoluta d! parità e r!allacc!arlo strettamente al Trattato d! Locarno con l'Intesa tuttavia che Ingh!lterra e Ital!a avrebbero concluso un protocollo a parte escludendosi mutualmente dalla garanzia reciproca. In questa maniera si sarebbe salvata l'unità del meccanismo delle garanzie, s! sarebbe costruito un nuovo organismo assolutamente parallelo a quello del Trattato d! Locarno e l'Ital!a e l'Ingh!lterra sarebbero rimaste rispettivamente nella stessa posizione nella quale esse attualmente si trovano e con !n più una Identica garanzia a loro favore ».

537

L'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 533/27 R. Shanghai, 4 febbraio 1935, ore 12 (per. ore 7 deZ 5).

Mio telegramma n. 23 (1).

Dopo intervista Chiang-Kai-Shek con ministro e addetto militare giapponese non essendo apparsa alcuna notizia correvano voci di ogni genere a troncare le quali è intervenuto una dichiarazione di lui all' ... (2) nella quale è rilevato che ogni possibilità che Cina cada praticamente sotto il protettorato giapponese deve essere considerata inammissibile e ridicola.

Conversazioni del Chiang-Kai-Shek con rappresentanti Giappone hanno avuto per oggetto attività anti-giapponese in Cina che, secondo Chiang-KaiShek, sono una reazione popolare per ripetute cause di irritazione sofferte da Cina. Attività anti-giapponese potrà cessare quando cesserà atteggiamento superiorità del Giappone verso Cina. Politica del Governo cinese, in generale, essere guidata da principio di onesta amicizia e pace con ogni nazione allo scopo sviluppare cooperazione ed eliminare cause di attrito.

Un comunicato del ministero esteri dice Chiang-Kai-Shek non ha chiesto a ministro del Giappone alcun aiuto del Giappone alla Cina.

538

L'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 539/27 bis R. Shanghai, 4 febbraio 1935, ore 12 (per. ore 7 deZ 5).

Mio primo colloquio con questo ministro del Giappone ha condotto necessariamente argomento attività attuale politica dell'Italia in Cina.

Ho detto che due grandi Potenze come Italia e Giappone che procedono in una fase storica di sviluppo hanno certi parallelismi che implicano in Oriente qualche comprensione reciproca. Non possono però esistere ora nel mondo politico continenti chiusi tanto è vero che Giappone è presente in Europa oltre che col suo lavoro commerciale anche con partecipazione politica ad alcuni principi fondamentali europei nei quali esso rappresenta un fattore imparziale a causa della sua stessa lontananza. Altrettanto logica è presenza dell'Italia in Cina ove essa può costituire anche per Giappone un elemento di politica serena in confronto a quella interessata di altre Potenze che hanno interesse più diretto e contrastante. Giappone, appunto, perché ha qui una posizione di forza non potrà mai sperare che Cina impegnerebbesi mani e piedi legati rinunziando al giuoco europeo. Da questa considerazione realistica deriva anche per Giappone evidente che tra tutte le Potenze europee Italia è quella più adatta per potere ottemperare, dato quanto predetto, ad una missione di collaborazione in Cina.

Ho creduto mio dovere non dare alle mie considerazioni un carattere di intransigenza antigiapponese per non dar pretesto all'impressione di una pressione giapponese sulla Cina e in ogni caso per condividere anche in parte della ragione [sic]. Ministro del Giappone infatti si è dovuto limitare a fare gesto di consenso non so con quanta convinzione ... (l) che sperava che due grandi potenze procedessero sempre d'accordo.

(l) -T. 902/23 P. R. del 29 gennaio, non pubblicato. (2) -Gruppo indec!frato.
539

L'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. MAf?SIMA PRECEDENZA ASSOLUTA 171/1035. Asmara, 4 febbraio 1935, ore 13,45.

Ho ricevuto anche seconda parte 829 (2). Avevo classificato incidente locale lo scontro pattuglie del 31 gennaio anche per la impressione avutane dal Governatore Somalia il quale fornirà tutti i dati richiesti. Ora provocazione abissina è troppo evidente e se continuasse due sarebbero le soluzioni. O rispondere alla forza con la forza oppure fare apparire lampante nostra lealtà nel non volere provocare. Prima soluzione, seppure militarmente e fascisticamente più simpatica, può essere pericolosa. Alcune informazioni tendono lasciare credere che Etiopia voglia impegnarsi in Somalla, sperando distrarre forze dall'Eritrea lo che sarebbe errore massimo. Una nostra azione offensiva è da sconsigliare, è anzi esclusa in primo tempo da programma S. E. il Ministro. Portare nostre forze nelle posizioni avanzate che non presentano alcuna condizione difensiva e aspettare che ci attacchino loro sarebbe altro pregiudizievole errore, perché probabilmente abissini ci taccherebbero sempre più di provocatori, non ci attaccherebbero e le nostre forze si logorerebbero,

specialmente per le difficoltà logistiche alle quali sarebbero sottoposte. Si presenta la seconda soluzione. Il mio parere, di puro carattere militare, sarebbe di portarci in zona adatta per sostenere qualunque urto e poi passare alla controffesa. Ma, per far questo, dovremmo abbandonare la zona dei pozzi lo che ci sarebbe certo imputato come atto di debolezza dai nostri avversari. Occorre quindi esigere che gli abissini lascino, davanti attuale nostra posizione ad Ubertale, una striscia neutrale di qualche chilometro che noi ci impegneremo di non toccare. Mi occorrono istruzioni e urgenti (l) poiché la scintilla può scoppiare da un momento all'altro, dovendo noi mantenere i pozzi ad ogni costo. Non ci conviene fare il giuoco del nemico perché non mi stancherò mai di ripetere che ogni incaglio messo alla nostra preparazione può portare danni ben più gravi di quanto può apparire.

(l) -Gruppi lndeclfratl. (2) -Non pubblicato.
540

IL MINISTRO A SOFIA, CORA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2253/14 P.G. Sofia, 4 febbraio 1935, ore 14 (per. ore 17,30).

Gabinetto Segreto n. 988 (2). Ho fatto personalmente a S. M. il Re comunicazione di cui al telespresso d1

V. E. n. 988 Gabinetto Segreto.

Sua Maestà ne è rimasto assai impressionato e mi ha incaricato di fare pervenire all'E. V. espressione sua gratitudine e devozione e mi ha chiesto di farne cenno prima occasione al presidente del consiglio.

Con mia sorpresa ho trovato Sovrano assai depresso e scoraggiato malgrado recenti avvenimenti che egli interpreta senza ottimismo temendo altri contraccolpi: Sua Maestà non sembra purtroppo disposto sfruttare a fondo indiscutibile successo favorevole e situazione nel paese.

Ho comunicato al Re impressione raccolta nei vari ambienti concordanti nella certezza che Sovrano può essere arbitro situazione e che paese approverà ogni sua decisione.

Riferirò dettagliatamente col prossimo corriere sulla parte colloquio riguardante situazione interna.

541

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 174/66 R. Roma, 4 febbraio 1935, ore 24.

Suoi telegrammi 181 (3) e 182 (4). A richiesta V. S., Governo Mogadiscio le ha fornito con telegramma n. 141 dettagli circa aggressione etiopica Afdub. Riferendosi a nota etiopica di cui al

{2) Cfr. n. 498.
{4) T. 517/182 R., pari data, non pubblicato.

suo telegramma n. 181, pregola presentare nota di protesta per aggressione Afdub, rettificando versione etiopica, nonché per occupazione Scillave, giusta mio telegramma n. 61 (1).

Proposta etiopica che truppe delle due parti indietreggiano onde evitare nuovi incidenti non è accettabile. Anche Governo Londra avrebbe telegrafato in questo senso ministro Barton.

(l) -Per le istruzioni cfr. n. 547. (3) -Cfr. n. 531.
542

APPUNTO (2)

Roma, 4 febbraio 1935.

L'Ambasciatore Chambrun viene a comunicare che sarebbe vivo desiderio del suo Governo che l'Italia, come Potenza firmataria di Locarno aderisse al Patto di mutua assistenza aerea contemplato nelle conversazioni di Londra.

Poiché però a favore dell'Italia non vi sarebbe reciprocità, il Governo francese è in grado di dichiarare che né a Parigi e neanche a Londra un eventuale rifiuto dell'Italia sarebbe male interpretato.

Il Governo francese poi, per parte sua, dichiara di essere disposto a trattare con l'Italia il patto di assistenza aerea sulla base della reciprocità.

543

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

PROMEMORIA. Roma, 4 febbraio 1935.

Tenute presenti le direttive di V. E. sulla nostra politica verso l'Etiopia, reputo opportuno sottoporre a V. E. qualche considerazione sull'azione svolta dal Governo di Addis Abeba a Ginevra, a seguito dell'incidente di Ual-Ual, nonché sugli sviluppi che tale azione potrebbe avere.

l) -L'Etiopia ha chiesto formalmente di portare innanzi al Consiglio la questione di Ual-Ual con un memorandum presentato a Ginevra il 17 gennaio u.s. (3), redatto con molta abilità, per opera, a quanto pare, del giurista francese Jèze. In tale memorandum è confermata in forma moderata, ma non per questo meno efficace, la versione abissina dei fatti.

La nota fa valere sopratutto due elementi: a) che l'attacco è partito dal presidio italiano; b) che lo scontro è avvenuto in territorio etiopico. Essa fa presente al riguardo che se il confine da questa parte non è stato ancora fissato sul terreno, esso è stato comunque, sia pure approssimativamente,

(l} Cfr. n. 525.

indicato dall'accordo Nerazzini-Negus del 1897 che stabilisce i limiti del possesso italiano della Somalia ad una distanza non superiore alle 180 miglia dalla costa.

La stampa ha dato notevole diffusione al memoriale etiopico. Ad evitare che, nel silenzio da parte nostra, la versione abissina si accrediti, riterrei utile ristabilire al momento opportuno, con precisioni di fatto e di diritto, l'esattezza della situazione in un documento di risposta redatto in forma obiettiva.

2) -Nel memoriale abissino ciò che generalmente ha più colpito l'attenzione è il rilievo dato alla testimonianza, riportata per intero negli allegati, del Colonnello Clifford, Commissario britannico per la delimitazione dei confini tra il Somaliland e l'Etiopia. Il Colonnello Clifford ha tta l'altro qualificato a due riprese di « provocatrice » l'attitudine adottata dall'autorità italiana. Sul contegno deì Colonnello Clifford il R. Governo non mancò, appena ne ebbe conoscenza nel novembre scorso, di richiamare in termini energici l'attenzione del Governo britannico. Questi provvide immediatamente ad allontanare il suo ufficiale dalla zona contestata. Anche in questi ultimi giorni l'Ambasciatore Drummond, in un colloquio con S. E. Suvich, non ha nascosto che il suo Governo disapprovava il modo di procedere del Colonnello Clifford. Tuttavia, poiché la testimonianza di quest'ultimo figura in un documento ufficiale, converrebbe ottenere, nelle opportune forme, una esplicita sconfessione del suo operato da parte del Governo britannico sì da paterne fare atto in un documento pubblico.

3) -La formale domanda del Governo abissino di investire il Consiglio della questione di Ual-Ual in virtù dell'art. 11 alinea 2 del Patto, ha obbligato il Consiglio ad iscrivere la vertenza al suo ordine del giorno.

Ho potuto ottenere, con lo scambio di lettere col Delegato abissino, che fosse evitato anche l'inizio della discussione, come il Governo etiopico fermamente voleva, e che tutta la questione fosse rinviata ad una ulteriore sessione.

Poiché il motivo del rinvio è la possibilità di avviare trattative dirette tra le due parti, cercherò, finché esisterà almeno una lustra di negoziati in corso, di sospendere ogni interessamento da parte del Consiglio. Di tale possibilità mi varrei sopratutto alla eventuale prossima sessione straordinaria del Consiglio, prevista per la seconda metà del corrente mese, nel caso che da parte abissina si delineasse la manovra di riaprire il dibattito.

Intanto però sto facendo tutto il possibile per cercare di impedire che il Consiglio si riunisca alla fine di febbraio. Da parte inglese ne ho avuto assicurazione favorevole, a meno che la questione della Sarre non renda la convocazione necessaria.

Per quanto riguarda la procedura relativa ai negoziati diretti fra le Parti, l'art. 5 del Trattato di amicizia itala-etiopico del 1928, al quale è stato fatto riferimento nello scambio di note col delegato abissino a Ginevra, dispone quanto segue:

«I due Governi s'impegnano a sottoporre a una procedura di conciliazione

o di arbitrato le questioni che sorgeranno tra di loro e che non abbiano potuto esser risolte con i normali mezzi diplomatici fra i due Governi; di comune accordo saranno scambiate note circa il modo di scegliere gli arbitri,.

Si presentano cioè tre fasi di negoziati:

a) le conversazioni dirette;

b) la conciliazione;

c) l'arbitrato.

Sfruttando le risorse della procedura, si può tentare di allontanare, almeno per qualche tempo, l'azione del Consiglio.

4) -È evidente tuttavia che quando, in fasi successive, la nostra azione si dovesse precisare in Etiopia, sarà impossibile evitare che quel Governo riprenda e spinga in fondo la procedura davanti alla Lega.

Questa procedura comprende normalmente le tre fasi seguenti:

a) interessamento del Consiglio e proposte per rimuovere il contrasto, in forza dell'art. 11, al. 2, del Patto;

b) tentativo di conciliazione in virtù dell'art. 15 al. 3, del Patto;

c) decisione del Consiglio sulle responsabilità e le soluzioni da adottare, art. 15 al. 4 del Patto.

Tanto nel conflitto cino-giapponese, che in quello tra la Bolivia ed il Paraguay, sono state esaurite tutte e tre le fasi procedurali predette. Le due prime fasi sono normalmente le più lunghe ed offrono all'abilità delle Parti le risorse di una svariata gamma di misure procedurali.

Giunta la procedura all'ultima fase, il Patto distingue: se la decisione contenuta nel famoso « rapporto , del Consiglio è adottata all'unanimità ad esclusione del voto delle Parti, lo Stato, che non accetta la decisione del Consiglio e fa valere con le armi le sue ragioni contro lo Stato che ha accettato il verdetto, è passibile delle sanzioni previste dall'art. 16.

L'epilogo normale è che lo Stato contro il quale è stata emessa una decisione unanime, abbandona la Lega. Così ha fatto il Giappone, cosi sarà costretto a fare il Paraguay.

Se viceversa il rapporto del Consiglio non è adottato all'unanimità, ogni Stato membro riprende libertà d'azione. Giova ricordare che nell'incidente di Corfù il delegato brasiliano, col far precedentemente sapere in via confidenziale che aveva avuto istruzioni dal suo Governo di appoggiare la tesi italiana, bloccò di fatto fin dall'inizio la procedura societaria.

Tutto ciò è opportuno ,tener presente per la scelta di una linea di condotta tale, che, ove la macchina procedurale avanti al Consiglio sia messa in moto, ci renda meno difficile assicurarci l'amichevole .interessamento di qualche membro del Consiglio per ostacolarla od arrestarla.

Nell'incidente di Corfù la delegazione italiana, prima di ripiegare sulla tesi che la doppia procedura in corso davanti alla Conferenza degli Ambasciatori e davanti alla Lega richiedeva che venisse sospesa quella in corso a Ginevra, sostenne preliminarmente l'eccezione dell'incompetenza del Consiglio. A tal fine fece valere che il tentativo della Grecia di far apparire il Governo italiano come aggressore non era che una manovra per sfuggire alle responsabilità incorse e perciò all'obbligo delle riparazioni. Il Consiglio non doveva prestarsi a tale manovra, ma limitarsi a respingere il ricorso greco, una argomentazione con.simile potrebbe eventualmente essere anche essa tenuta presente al momento opportuno. Essa offrirebbe il vantaggio di evitare, sia pure formalmente il diretto contraddittorio con l'altra Parte.

Non sarebbe a priori neppur da escludere la tesi che gli atti di violenza perpetrati dall'Etiopia, le violazioni da parte sua delle fondamentali norme del diritto internazionale e delle clausole del Patto, come ad esempio il mantenimento della schiavitù, costituiscono altrettante trasgressioni degli impegni assunti che giustificano, ai sensi dell'art. 16, al. 4 l'espulsione di quello Stato dalla Società delle Nazioni.

Nella vertenza per il Manciukuo, il Giappone sostenne la tesi che non esisteva in Cina un Governo responsabile e che perciò esso si trovava nella necessità di reprimere direttamente l'anarchia e gli atti di brigantaggio commessi a danno degli interessi giapponesi da bande armate e da capi ribelli. Tale tesi potrebbe esser sostenuta anche contro l'Abissinia, che presenta una situazione interna in molti punti analoga a quella della Cina.

Concludendo, due sono le vie che la Delegazione italiana potrà seguire a Ginevra, le quali a mio avviso sono antitetiche e si escludono a vicenda. Si può seguire la via della intransigenza, nelle sue varie forme, o si può scegliere la via della legalità procedurale ginevrina.

La prima via, che va dalla eccezione della incompetenza del Consiglio al rifiuto di trattare con un Governo irresponsabile è, nella sua direttiva generale, la via seguita dal Giappone nell'ultimo stadio della vertenza cino-giapponese. L'esperienza ha dimostrato che facilmente essa può finire per rendere insostenibile la permanenza nella Lega.

Ovvero si può seguire la via della legalità procedurale, appigliandosi agli svariati cavilli della procedura, e la stessa esperienza giapponese, nel suo primo stadio, l'ha dimostrata rispondente al fine di guadagnare tempo e a quello di lasciare impregiudicata la situazione politica fino all'avverarsi del fatto compiuto.

Nella ipotesi che V. E. ordinasse di seguire questa via, riterrei opportuno far giungere sin da ora al nostro Ministro ad Addis Abeba istruzioni di non prestarsi al giuoco dei colpi di spillo che inevitabilmente il Governo etiopico inizierà nella speranza di spingerei alla esasperazione e di farci così adottare anzi tempo qualche energica risoluzione, di cui esso possa poi addossare a noi la responsabilità. È mia opinione che una politica fredda che non raccogliesse le inevitabili provocazioni etiopiche potrebbe utilmente fiancheggiare il temporeggiamento ginevrino, facendovi sorpassare tutte le tappe dei vari Consigli, fino all'Assemblea Generale del settembre.

Resto in attesa degli ordini che V. E. vorrà impartirmi per mettermi decisamente per l'una o per l'altra via (1).

41 -Documenti Dtp!omattct -Serie VII -Vol. XVI

(2) -Privo di firma, probabilmente di Suvich. (3) -Si tratta del memorandum del 15 dicembre 1934 già cit. ed. in Il conflitto itala-etiopico, pp. 132-143.

(1) Annotazione a margine di Mussolinl: «Scegliere e attuare il metodo numero due».

544

RELAZIONE

... (l).

TUNISIA.

In seguito alla denuncia, effettuata dalla Francia nel settembre 1918, delle due Convenzioni italo-tunisine consolare e di stabilimento e commerciale e di navigazione del 1896, le Convenzioni stesse vivevano di una vita precaria, rinnovandosi esse per tacita riconduzione di tre in tre mesi.

Per quanto al momento della denuncia la Francia avesse dato come spiegazione ufficiale della denuncia stessa la necessità di rivedere le clausole economiche contenute nelle due Convenzioni, si andò man mano precisando ed accentuando il proposito francese di non procedere ulteriormente al rinnovo delle Convenzioni stesse per un lungo periodo di tempo, onde cercare di eliminare la situazione speciale che, dal punto di vista della cittadinanza, del regime scolastico e di altre minori materie, era dalle Convenzioni stesse riconosciuta agli Italiani nella Reggenza.

Fu cosi che i vari negoziati intercorsi dal 1918 in poi, per ottenere dal Governo francese il rinnovo per un più lungo periodo di tempo delle Convenzioni tunisine, non sboccarono ad alcun pratico risultato.

Importava d'altra parte pervenire ad un accordo che eliminasse la instabilità della situazione degli Italiani nella Reggenza.

Il Trattato del 7 gennaio c. a. stabilisce all'art. 1 che la situazione ed i diritti degli Italiani e dei sudditi italiani in Tunisia, come dei tunisini in Italia, saranno regolati da una Convenzione speciale, che le due Parti contraenti si impegnano a negoziare al più presto possibile, in modo che essa entri in vigore contemporaneamente al Trattato. Le basi della Convenzione da negoziare sono fissate in un

PROTOCOLLO SPECIALE RELATIVO ALLE QUESTIONI TUNISINE.

Tale Protocollo determina che la futura Convenzione sarà basata sul mantenimento fino al 28 marzo 1945, cioè per un periodo di 10 anni, delle Convenzioni del 1896, e degli altri documenti annessi attualmente in vigore; e che il ritorno al diritto comune, a partire dal 28 marzo 1945, dovrà compiersi progressivamente.

Il Protocollo fissa altresì i criteri di tale progressività per le due principali materie delle Convenzioni del 1896, interessanti l'Italia, e cioè in rapporto alla cittadinanza ed alle scuole.

Per quanto riguarda la cittadinanza, il protocollo stabilisce che le Convenzioni tunisine del 28 marzo 1896 sono prorogate praticamente fino al 1965.

Infatti tutti gli individui che nasceranno in Tunisia da genitori italiani fino alla data anzidetta. saranno di nazionalità italiana, con facoltà tuttavia per quelli che nasceranno fra il 1945 ed il 1965 di optare per la nazionalità francese al momento in cui raggiungeranno la maggiore età.

Si è in tal modo, con una progressione largamente spaziata nel tempo, provveduto a sufficientemente tutelare il mantenimento della nazionalità della patriottica colonia di Tunisi, in modo che il passaggio dalla perpetuità della cittadinanza italiana al ritorno al diritto comune possa avvenire senza scosse.

Per quanto riguarda le scuole, è egualmente stabilito fin d'ora che la Convenzione stipulerà il mantenimento delle attuali scuole regie fino al 28 marzo 1945; data alla quale esse diverranno scuole private italiane sottoposte alla legislazione scolastica francese in Tunisia. Questa legislazione non potrà però aggravare la situazione delle scuole private italiane tale quale risulta dalla legislazione attualmente vigente. È inoltre previsto che saranno tempestivamente accordate le necessarie autorizzazioni amministrative perché le scuole italiane non soffrano interruzioni nella loro attività, in conseguenza della prevista trasformazione.

Il protocollo non determina quale sarà il regime che la Convenzione fisserà in materia di esercizio di professioni liberali per il periodo successivo al 28 marzo 1945; ma è stabilito fin d'ora che, qualunque sia per essere tale regime, tutti gli Italiani che, prima del 28 marzo 1945 fossero stati ammessi ad esercitare delle professioni liberali in Tunisia, specialmente quelle di avvocato, medico, farmacista, levatrice, architetto, potranno continuare ad esercitare tali professioni vita natura! durante.

INTERESSI ECONOMICI COLONIALI.

Nel corso dei negoziati italo-francesi, è stata riconosciuta la opportunità di sviluppare le relazioni economiche fra i territori metropolitani delle due Potenze contraenti con le rispettive colonie in Africa ed i paesi vicini, stabilendo di prendere le disposizioni necessarie per realizzare tale collaborazione.

Rientra nel campo di tale collaborazione l'impegno assunto pal Governo francese circa una partecipazione italiana nella ferrovia Gibuti-Addis Abeba. Il Governo francese infatti ha dichiarato al Governo italiano che, desideroso di facilitare una più stretta collaborazione ·degli interessi italiani e francesi nella ferrovia Gibuti-Addis Abeba, si è assicurato che il gruppo francese della Società concessionaria di questa linea cederà 2.500 azioni di detta Società ad un gruppo italiano. È da tener presente in proposito che si tratta di azioni bloccate che non si trovano sul mercato.

È stata anche prevista la possibilità che, a mezzo dei buoni uffici del Governo francese, sia allargata la rappresentanza italiana negli organismi direttivi di detta Società. Come noto, sinora l'Italia ha avuto soltanto un posto nel Consiglio di Amministrazione della Compagnia ferroviaria di Gibuti.

Rientra ugualmente nel campo della collaborazione italo-francese in Africa la dichiarazione francese -di carattere confidenziale -relativa all'applicazione dell'Accordo Tripartito del 13 dicembre 1906, concernente l'Etiopia.

Il Governo francese ha infatti comunicato al Governo italiano che, nell'applicazione dell'Accordo anzidetto, la Francia non ricercherà in Etiopia la soddisfazione di altri interessi che di quelli economici relativi al traffico della Ferrovia Gibuti-Addis Abeba, in una zona determinata. Nel fare tale dichiarazione i} Governo francese ha tuttavia aggiunto che non rinuncia con ciò ai diritti che ai suoi cittadini e protetti derivano dal Trattato fr.anco-etiopico del 1908, né alle concessioni da essi ottenute sulle parti del territorio etiopico situate al di fuori della zona suindicata, e neppure al rinnovo di tali concessioni.

Con tale comunicazione resta chiarita la portata degli interessi francesi in Etiopia, nel senso che questi sono limitati soltanto agli interessi della Ferrovia, ed anche questi in una determinata zona. Cade con ciò la possibilità di eventuali rivendicazioni francesi in Etiopia, al di fuori dei limiti sopra specificati.

Questa Dichiarazione ha carattere strettamente segreto; e non è stata né sarà pubblicata.

Con un Protocollo di carattere confidenziale, annesso al Trattato relativo al regolamento degli interessi dei due Paesi in Africa, è stato stabilito che, in considerazione del comune interesse itala-francese ad assicurare il libero passaggio dello Stretto di Bab-el-Mandeb, i territori di cui agli art. 4 e 6 del Trattato verranno mantenuti nello stato attuale, per quanto concerne le fortificazioni e le opere strategiche.

L'AUSTRIA E GLI ALTRI STATI DELL'EUROPA CENTRO-ORIENTALE.

La questione dell'Austria e dell'Europa danubiana si è posta col fatto stesso del frazionamento dell'antico Impero austro-ungarico, attuato dal Trattati di pace del 1919, e dal sorgere dal medesimo di vari Stati autonomi indipendenti, tra cui la Repubblica austriaca. Da quell'epoca e da tale situazione, si inizia il travaglio di sistemazione politica, economica e sociale di questa rilevante parte di Europa che va dal centro del continente fino a toccare il Mar Nero.

L'Italia è sotto molteplici aspetti interessata ad uno stabile assetto politico ed economico di questa parte di Europa, oltre che come grande Potenza in parità con le altre grandi Potenze europee, come Paese successore dell'ex-Impero austro-ungarico, ad immediato contatto territoriale, politico e culturale .!on tutti i popoli che vivono su questo grande territorio. Di qui le iniziative italiane dalla guerra in poi per cooperare al loro riassetto economico e politico, di qui la partecipazione attiva dell'Italia a tutti gli atti internazionali riguardanti la sistemazione di tali Paesi.

Converrà di ricordare qui tra queste iniziative e questi atti, e per varie ragioni: il cosidetto «Memorandum danubiano» del 29 settembre 1933 che ha carattere più particolarmente economico, nonché gli Accordi itala-austro-ungheresi di Roma del 17 marzo 1934-XII, che direttamente vi si ricollegano, ecc. ecc.

Il Protocollo firmato a Roma il 7 gennaio u.s., detto di «non ingerenza», si ricollega nello spirito e nelle finalità a tutta tale politica e a tali atti. Tale protocollo, che constata l'accordo tra l'Italia e Francia, non è un punto di arrivo, ma è anche e soprattutto un punto di partenza in quanto che non ha un carattere particolare italo-francese, ma è un invito di queste due Potenze a tutti coloro che, come Stati successori dell'Impero austro-ungarico o per altro interesse diretto ed immediato, hanno titolo per partecipare o contribuire alla sistemazione dell'Europa centro-danubiana.

L'invito itala-francese è infatti diretto all'Austria, alla Cecoslovacchia, alla Jugoslavia, alla Romania, all'Ungheria, alla Germania e alla Polonia, e prevede l'eventuale partecipazione di altri Stati, tra cui l'Inghilterra.

Nel testo del Protocollo suddetto, ed allegato alla presente relazione, viene riaffermato il concetto del rispetto dell'indipendenza e integrità territoriale degli Stati contraenti ed insieme definita con sufficiente precisione la sfera di attività, da cui ciascuno Stato contraente si impegna di astenersi, ai fini di garantire la conservazione di quella indipendenza e integrità statale che è alla base dell'accordo.

Anche se evidentemente il rispetto dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato è sempre il presupposto di qualsiasi accordo internazionale tra due o più Stati, la menzione esplicita che se ne fa nel Protocollo in questione e nell'accordo previsto da tale Protocollo, assume particolare significato dalla situazione dell'Austria dopo i tragici avvenimenti del febbraio e del luglio 1934 con i fatti che li hanno preceduti e accompagnati.

Il Protocollo del 7 gennaio -avuto riguardo all'indipendenza e all'integrità dell'Austria -prevede un impegno di consultazione fra Italia e Francia per il caso che tale indipendenza e tale integrità vengano minacciate. Questo impegno di consultazione non ha carattere esclusivo. Esso sarà esteso infatti a tutte le Potenze che parteciperanno all'accordo di «non ingerenza :..

Il Protocollo di «non ingerenza:. per l'Europa danubiana è stato subito comunicato a tutti gli Stati ai quali si dirigeva l'invito, e, a titolo informativo, anche a quelli che, per quanto al di fuori della pratica possibilità di una partecipazione, sono tuttavia certamente interessati in modo indiretto alla stabilità di una così importante regione del continente europeo. Sono ora in corso le necessarie trattative diplomatiche per la realizzazione di quanto è previsto nel Protocollo.

ARMAMENTI.

Nel convegno di Roma è stato trattato anche della questione degli eventuali sviluppi della situazione creatasi in seguito al riarmo tedesco.

Il Protocollo firmato sull'argomento riprende le tesi già esposte nel Memorandum italiano del 31 gennaio 1934. In detto Protocollo, infatti, Italia e Francia si dichiarano d'accordo nel senso che la Germania, come le altre Potenze i cui armamenti sono stati definiti dai Trattati, non può modificare unilateralmente i suoi obblighi in materia di armamento.

Accanto a questo principio -come si rileverà -viene solennemente riaffermata l'idea della parità di diritti quale essa è stata definita dalla Dichiarazione dell'H dicembre 1932.

I Governi italiano e francese precisano il loro atteggiamento avvenire sulla base dei seguenti principi:

l) qualora la Germania volesse liberarsi unilateralmente dal Trattato riservandosi una completa libertà di armamenti, i due Governi, animati dal desiderio di procedere di comune accordo, si concerteranno sull'atteggiamento da adottare;

2) qualora le circostanze permettessero una ripresa dei negoziati per la conclusione di una convenzione generale di limitazione degli armamenti, i due Governi associeranno i loro sforzi allo scopo di ottenere che le cifre di limitazione iscritte nella futura convenzione assicurino ai loro due Paesi, nei rispetti della Germania, i vantaggi che saranno giustificati per ognuno di essi.

Quest'ultimo criterio, per ragioni di opportunità, non fu ritenuto di rendere di pubblica ragione, ma di conservargli invece un carattere riservato.

DICHIARAZIONE GENERALE.

A conclusione dei negoziati eçl allo scopo di marcare Il nuovo spirito a cui, per l'avvenire, debbono essere improntati i rapporti franco-italiani è stata firmata una «Dichiarazione Generale ,,

Con questa Dichiarazione i due Governi si danno atto che le questioni

pendenti fra di loro e particolarmente quelle relative all'applicazione dell'art.

13 del Patto di Londra sono state regolate.

Convengono che le questioni litigiose che potessero sorgere in avvenire

troveranno la loro soluzione sia per il tramite diplomatico, sia attraverso le

procedure conciliative previste dalla Società delle Nazioni, dallo Statuto della

Corte Permanente di Giustizia Internazionale e dall'Atto generale di arbitrato.

Dichiarano di collaborare, in uno spirito di fiducia reciproca, al manteni

mento della pace generale; a questo scopo essi si consulteranno ogni qual

volta le circostanze lo esigano.

La materia oggetto degli Accordi di Roma (parte generale) è stata ripre

sa e sviluppata nelle conversazioni che hanno avuto luogo a Londra tra i

rappresentanti dei governi inglese e francese. Continuano ancora gli scambi

di vedute cogli altri Governi interessati, specie col Governo tedesco, col fine

di giungere possibilmente ad un'intesa da cui si avvantaggi l'opera di rico

struzione politica ed economica europea e mondiale.

(l) Privo di data. Forse è una relazione preparativa a quella definitiva circa gll accordi !taio-francese del 7 gennato 1935 redatta dagli Uffici e presentata da Mussol!ni al Gran Consiglio il 14 febbraio, che non si pubbllca. Ma poiché manca ogni prova al riguardo si colloca sotto l! 4 febbraio tenendo conto dell'allusione alle conversazioni franco-inglesi di Londra. La relazione al Gran Consiglio trattava esclusivamente degli accordi per i confini libici e per la rettifica del confine fra l'Eritrea e la Somalia francese.

545

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 4 febbraio 1935.

Allego un rapporto dettagliato sui miei colloqui con Simon e Vansittart Intorno al problema etiopico (l). Su tali colloqui ho già riferito con telegrammi

nei quali mi sono limitato ad informazioni sommarie, e cw per ovvie ragioni, non ultima il segreto, sempre relativo, della cifra. Altri elementi, di natura psicologica, ma non meno importanti, Ti darò a voce la settimana prossima, in occasione della mia venuta a Roma per il Gran Consiglio.

Tanto Simon quanto Vansittart mi hanno chiesto se potevo comunicar loro il testo delle lettere scambiate a Roma per l'Etiopia. Ho risposto che non avevo il testo delle lettere, ma che la comunicazione che facevo era completa e che il testo delle lettere non avrebbe certamente aggiunto nulla. Essi hanno tuttavia insistito. E io credo che tutto considerato, ci converrebbe dare il testo. Come vedrai dal mio rapporto e come del resto Tu sai già benissimo, gli inglesi pensano che le nostre mire in Abissinia vadano molto al di là di quello che noi non mostriamo. A questo giudizio deve avere contribuito involontariamente lo stesso Laval nel colloquio che egli ebbe a Ginevra con Simon. Il fatto anzi che la prima notizia dell'intesa è venuta da Laval e non da noi, ha dovuto rafforzare negli inglesi l'idea che noi vogliamo tenere verso di loro un atteggiamento riservato. Siccome le Tue intenzioni sono invece piuttosto nel senso di «addormentare» per ora le diffidenze inglesi, credo che ci convenga fare questa comunicazione dando l'impressione che non abbiamo nulla da nascondere. Cosi si evita anche che gli Inglesi si rivolgano a Parigi per avere il documento, e Parigi glielo dia.

Stamani sono partiti da Londra Flandin e Laval. I due Ministri Francesi avevano, si può dire, l'aria raggiante per i risultati delle conversazioni londinesi, e anche gli Inglesi sono nel complesso soddisfatti del come sono andate le cose. Col Patto progettato di Mutua Assistenza l'Inghilterra passa da Potenza garante a Potenza garante e garantita. La Francia è riuscita finalmente a scuotere il mito britannico dell'isolamento, e ad ottenere l'adesione della Gran Bretagna ad un patto europeo, il quale rappresenta per l'Inghilterra una mole di responsabilità nella politica europea assai più vaste e complesse di quelle che non rappresentasse il Trattato di Locarno.

Non rivedevo Laval da tre anni, e il nostro incontro è stato cordialissimo. Abbiamo ricordato insieme le due Conferenze di Parigi e di Londra, luglio 1931, con l susseguenti nostri viaggi in America e a Berlino, durante i quali ci correvamo dietro l'un l'altro con intenzioni che allora non si potevano dire assolutamente amichevoli. Di tutti gli Uomini di Stato Francesi che ho conosciuti, Laval è sempre quello che mi è piaciuto di più, per avere egli, assai meno di tutti gli altri, i classici difetti della mentalità francese. Laval è un contadino dell'Alvernia, furbo, ma ragionevole e aperto, che sa quello che vuole, e in cui la logica non ha ucciso il buon senso o un elementare senso della realtà. La prima mezz'ora del nostro colloquio di sabato è stata dedicata interamente al racconto che Lavai mi ha fatto del suo incontro con Te, e delle giornate Romane delle quali Lavai porta una impressione indelebile, a giudi-. care dal tono accalorato, e oso dire commovente, con cui egli si è indugiato a raccontare l particolari del suo incontro e del negoziato con Te. Tu gli hai fatto una impressione enorme, ed egli è partito da Roma collo stesso spirito con cui è ripartito dopo sei mesi di missione Romana l'Ambasciatore De Jouvenel. Lavai è stato particolarmente impressionato dai caratteri popolari del

Regime Fascista del quale egli possedeva in precedenza, come la maggior parte dei francesi, un cliché non abbastanza esatto. La Roma Mussoliniana lo ha particolarmente colpito, ma sopratutto quello che mi ha detto egli non potrà mai dimenticare è la maniera umana e affettuosa con cui Tu lo hai trattato e come Tu hai condotto direttamente e personalmente con lui l negoziati. Lo ha impressionato anche lo spettacolo di disciplina spontanea e dignitosa offertagli dal popolo italiano. « Se questo sentimento di disciplina, che nessun poliziotto può imporre a nessun popolo, esistesse in Francia -cosi egli ha detto -noi non avremmo avuto il delitto di Marsiglia:.. Quando ieri sera io sono entrato nella sala da pranzo dell'Hotel Savoy, invitato ad un pranzo intimo a cui hanno preso parte Lavai, Simon, Eden, Sir Austen Chamberlain e il sottoscritto, Lavai mi ha ricevuto facendo un bel saluto romano, ed ha aggiunto sorridendo e guardando attorno alle parecchie centinaia di persone le quali pranzavano insieme con noi nella sala e che guardavano curiosamente verso il nostro tavolo: «Vedete, caro Grandi, io non ho nessun timore a farvi in pubblico il saluto fascista ».

Ti ho già informato con numerosi telegrammi circa le vicende di queste giornate londinesi. Ma molto più avrò a dirTi la settimana prossima, direttamente, in occasione della mia venuta a Roma. Il Patto di Mutua Assistenza Aerea è una iniziativa francese sulla quale Flandin e Lavai non sembravano dapprima interamente d'accordo tra loro. Tu sai che Flandin e Lavai non si amano, che i loro rapporti personali non sono facili. Sembra che la sera stessa del loro arrivo a Londra, a casa Londonderry, dopo il pranzo dato in onore degli ospiti Francesi, Flandin abbia preso da parte Mac Donald e contrariamente alle intese avute con La val, abbia senz'altro proposto a Mac Donald una intesa aerea franco-inglese, dando cosi inizio a una trattativa che gli stessi inglesi non prevedevano sarebbe stata affrontata dai francesi, almeno in quest'occasione.

Mae Donald ne ha subito parlato ai suoi colleghi, e ha deciso di convocare d'urgenza il Gabinetto per vincere le riluttanze di alcuni Membri del Governo Inglese, e così il progetto del Patto di Mutua Assistenza è stato accettato, ma non sotto la forma di accordo anglo-francese come Flandin e Lavai da principio lo volevano, ma nella forma di un accordo di mutua assistenza da negoziarsi fra le Potenze firmatarie del Trattato di Locarno.

Circa la posizione dell'Italia 1n questo Patto, ho cercato coi miei telegrammi di ieri e di oggi (l) di informarTi come sono andate effettivamente le cose.

Le mie conversazioni con Lavai e con Simon mi hanno permesso di cogliere alcuni punti, a mio avviso, non senza interesse, e che naturalmente non appaiono se non di scorcio nel comunicato ufficiale. Come ho telegrafato, il Gabinetto inglese ha aderito al Patto alla condizione che questo non costituisse un allargamento delle responsabilità politiche e militari dell'Inghilterra, fissate a Locarno. Si è ricorso così alla formula, geograficamente non felice e troppo approssimativa dell'« Europa Occidentale». I Ministri Francesi ed Inglesi si sono resi conto che con questa limitazione l'Italia non aveva per

la sua situazione geografica un interesse diretto a partec1pare al Patto, ma essi sono stati concordemente d'avviso che l'Italia, essendo una Potenza garante del Trattato di Locarno aveva il diritto di esprimere il suo avviso al riguardo, salvo accettare o no l'invito. Né poteva essere altrimenti data l'importanza capitale che specie dopo l'incontro tra Te e Lavai, l'Italia Fascista ha assunto nella politica d'Europa, importanza che del resto è riconosciuta in modo inequivocabile nel testo dell'intero comunicato. E infatti nel mio primo colloquio con Lavai, Lavai pure insistendo sulla viva speranza che Tu avresTi aderito al Patto, mi ha detto che si rendeva conto del come era difficile domandare all'Italia di assumere degli obblighi senza offrire dei corrispettivi vantaggi, e che per questo egli aveva in mente di proporre un secondo patto da negoziarsi e concludersi in un secondo tempo tra Francia, Italia, Germania e gli Stati dell'Europa Centrale e Danubiana. «Ciò sarà possibile -ha detto Lavai -non appena i rapporti italo-jugoslavi saranno chiariti, il che spero non tarderà molto a verificarsi, anche perché mi risulta che il Duce ha disposto che in occasione della presentazione delle credenziali del nuovo Ministro Italiano a Belgrado il Rappresentante dell'Italia farà delle dichiarazioni le quali saranno certamente interpretate in Jugoslavia come un avviamento sicuro verso una nuova fase dei rapporti italo-jugoslavi.

Quando Simon nel pomeriggio mi ha dato lettura del testo definitivo del comunicato, io ho creduto fosse mio dovere subito di mettere Simon di fronte al problema della posizione dell'Italia e questo l'ho fatto senza conoscere il Tuo pensiero, ma nella convinzione che era necessario subito porre davanti agli inglesi il problema della partecipazione italiana in termini diversi da quelli che erano stati considerati nelle conversazioni franco-britanniche. Ho naturalmente dichiarato che facevo questo a titolo personale, perché Tu solo possiedi gli elementi per giudicare la situazione nel modo che riterrai più opportuno e consono agli interessi del Paese.

Simon, e con lui Vansittart e Eden, hanno subito afferrato, bisogna riconoscerlo, gli svantaggi di carattere generale che sarebbero derivati da un patto generale senza l'Italia. E poiché l'unica difficoltà per gli inglesi è quella di considerare impegni che esulino da quelli presi a Locarno, l'idea di una clausola aggiuntiva al Patto che regoli i rapporti reciproci di mutua assistenza tra Italia e Inghilterra, ma che lasci operante il Patto di Mutua Assistenza tra Inghilterra, Francia, Germania e Belgio da una parte, tra Italia, Francia, Germania e Belgio dall'altra (dando cosi al Patto una concezione simmetrica basata sopra la struttura di Locarno) è stata subito accolta con favore tanto da Simon che da Eden e Vansittart. Essi si sono subito resi conto che una Italia fuori di questo Patto e partecipe domani (giusta il desiderio espresso da Laval) di un secondo patto che sarà chiamato dell'Europa Centro Orientale, poteva indebolire quella che è stata finora la collaborazione permanente italo-britannica nella politica dell'Europa.

Quando nel secondo incontro ho accennato a Laval che una volta regolata la speciale posizione in cui si trovavano rispettivamente Italia e Inghilterra, non mi sembrava difficile una partecipazione italiana al Patto, Laval, occorre dirlo, non ha manifestato la soddisfazione manifestata dai Ministri Inglesi.

Egli ha, sia pure cautamente, osservato di preferire un secondo patto tra Francia, Germania, Italia e gli Stati dell'Europa Danubiana e Centrale, da negoziarsi in un secondo tempo (e qui mi ha ripetuto c quando saranno chiariti i rapporti itala-jugoslavi)). È evidente che il Governo Francese (a parte i sentimenti che credo lealmente sentiti. sonratutto in Lavai. di sincera e leale amicizia e collaborazione coll'Italia) vede naturalmente con maggior favore una rete di patti indipendenti (cosidetti c re.e:ionali ,) i quali sarebbero in termini chiari costituiti da una intesa franco-inglese, da una intesa francoitaliana, da una intesa franco-russa, di cui la Francia diventerebbe automaticamente il perno generale e regolatore. Aggiungasi che mentre in un patto di mutua assistenza comprendente le quattro Grandi Potenze la linea· della collaborazione Itala-britannica nella sua funzione di garanzia equilibratrice dei rapporti franco-tedeschi si mantiene intatta, tale linea verrebbe ad avere una soluzione di continuità qualora si concludessero due patti separati in ambedue dei quali Francia e Germania figurerebbero mentre l'Inghilterra e l'Italia sarebbero separate.

Non è da meravigliarsi che le prime notizie giunte stamane da Berlino, sia pure di carattere puramente giornalistico, si esprimono favorevolmente all'idea di patti separati, i quali permetterebbero alla Germania e anche alla Francia di introdurre nel negoziato per il secondo Patto di Assistenza nuovi elementi di contrattazione.

Sono queste le considerazioni che mi hanno guidato ad opporre subito al Governo Inglese una serie di obiezioni a quella che non mi sembrava una maniera felice di avere posto il problema della partecipazione italiana al Patto di Mutua Assistenza. È superfluo dirTi che ho sempre curato di mettere in chiaro come tali obiezioni erano mie personali e che avrei sottomesso tutti gli elementi al Tuo giudizio.

A quest'ora Tu avrai già avuto con Drummond lo scambio di idee tanto atteso a Londra, per quelle che saranno le Tue decisioni.

(l) Cfr. n. 523.

(l) 81 pubbllcano solo 1 nn. 535 e 536.

546

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 180/70 R. Roma, 5 febbraio 1935, ore 24.

Mio telegramma n. 66 (l).

A seguito recenti incidenti di Afdub e di Scillave, R. Governo, animato da spirito conciliativo ed a conferma della propria volontà di non complicare ulteriormente situazione alla frontiera somala, ha dato istruzioni al Governo della Somalia di far prendere contatto da autorità locali con comandanti abissini, onde cercare di stabilire, fra nostre truppe che devono mantenere

linea dei pozzi, e truppe etiopiche, una zona neutra di qualche chilometro, che da ambo le parti ci si impegnerebbe di non violare.

V. S. vorrà appoggiare al centro i contatti che vengono iniziati localmente, cercando di ottenere da Imperatore che siano impartite istruzioni ai comandi dipendenti, onde sia facilitato lo stabilimento di una zona neutra che eliminerebbe la possibilità di contatti fra le truppe. Nell'occasione V. S. potrà far notare che Afdub è stata da noi evacuata per evitare nuovo combattimento, ma che essendo detta località da tempo sede di un nostro presidio, essa dovrebbe essere sgomberata da attuali occupanti.

Nostro atteggiamento è dettato da volontà di evitare nuoV'i incidenti, secondo impegno recentemente preso a Ginevra, ma non potremmo evidentemente continuare ad assistere passivamente ad iniziative etiopiche in violazione dell'impegno anzidetto.

Prego telegrafare.

(l) Cfr. n. 541.

547

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELLE COLONIE, MUSSOLINI, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO

T. 934. Roma, 5 febbraio 1935.

Rispondo al tuo telegramma 1035 (1). È necessario mantenerci sulla linea dei pozzi poiché ulteriore arretramento potrebbe essere considerato dagli abissini come confessione di debolezza. È necessario con trattative dirette fra i comandanti in loco di fissare una linea neutrale di qualche chilometro con impegno reciproco di non violare. È necessario predisporre tempestivamente uomini e mezzi nella zona più adatta per resistere e contrattaccare. Bisogna che vigilanza aerea sia ininterrotta. Attendo notizie. Maresciallo Badoglio concorda con queste vedute.

548

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE S. 576/013 R. Londra, 5 febbraio 1935 (per. l'B).

Ho comunicato al Foreign Office il contenuto del telegramma di V. E.

n. 30 (2), mettendo in rilievo come nuova aggressione abissina al nostro posto di Afdub et occupazione di Scillave costituiscano violazione impegno assunto recentemente a Ginevra dal Governo etiopico di non provocare nuovi incidenti.

Foreign Office mi ha informato che esso aveva già avuto notizia dalla legazione britannica ad Addis Abeba dell'incidente Afdub. Mi ha aggiunto che

slr Sidney Barton era stato chiamato insieme con il ministro di Francia dall'Imperatore; e l'Imperatore aveva loro raccontato che gli italiani avevano aggredito truppe abissine uccidendo due uomini. In seguito a tale nuovo incidente l'Imperatore proponeva che, facendo arretrare le truppe da una parte e dall'altra, si stabilisse una zona neutra tra le linee italiane e le linee abissine.

Foreign Office ha r·isposto a sir Sidney Barton che Governo britannico aveva ricevuto assicurazione da Governo italiano che ordini severi erano stati impartiti ai nostri presidi, perché essi evitassero qualunque incidente. Prima di tutto era quindi necessario accertare se anche da parte abissina si erano adottate analoghe misure. Ad evitare ulteriori incidenti sarebbe bene che gli abissini si ritirassero dalle zone dove essi sono in immediato contatto con le truppe italiane. L'Imperatore deve rendersi conto della difficoltà della situazione e della spiacevole impressione che il ripetersi di questi incidenti, con gli italiani e con i francesi, provoca nei riguardi dell'Etiopia.

Sir Sidney Barton dovrà trovare occasione di esporre all'Imperatore, a titolo personale, queste idee, in modo che l'Imperatore si renda esattamente conto della sua posizione e della sua responsabilità. E questo negli stessi interessi dell'Etiopia.

Al Foreign Office mi è stato agg.iunto che Governo britannico spera che questo nuovo incidente -il quale è stato probabilmente provocato da qualche capo locale -non interrompa i negoziati per la soluzione dell'incidente di Ual-Ual, e che si possa sempre venire ad un aggiustamento amichevole tra l'Italia e l'Etiopia, secondo le intese prese a Ginevra.

Foreign Office mi ha poi pregato di voler considerare come strettamente confidenziali le istruzioni inviate a Sir Sidney Barton (1}.

(1) -Cfr. n. 539. (2) -Protocollo particolare per Londra del t. cit. al n. 525, nota 1.
549

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 5 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond mi chiede la nostra impressione sugli accordi di Londra.

Gli rispondo che l'impressione è in genere favorevole. Si è anche notato in Italia il fatto che sia stato posto in giusto rilievo che gli accordi di Londra sono stati resi possibili dai recenti accordi di Roma. L'Ambasciatore mi chiede che cosa pensiamo del patto aereo e se intendiamo darvi la nostra adesione.

Gli rispondo che non abbiamo ancora preso una decisione definitiva; che in massima noi potremmo aderire al patto quando per l'Italia venisse fatta una situazione analoga a quella dell'Inghilterra: si potrebbe ad esempio, stabilire una mutua assistenza tra le potenze firmatarie di Locarno, con esclusione dell'assistenza diretta tra Italia e Gran Bretagna data la rispettiva sit.Hazione geografica.

All'Ambasciatore questa idea pare molto opportuna.

Continuando, gli dico che ad ogni modo noi vorremmo evitare che si faccia un patto separato per fare entrare l'Italia includendovi poi anche 1 Paesi danubiani, come risulterebbe da qualche accenno del Ministro Lavai. Si vedrà in un secondo tempo se converrà fare qualche cosa anche per quella parte di Europa. Ora si sta trattando fra le quattro Potenze (Inghilterra, Germania, Francia, Italia) e conviene non allargare tale partecipazione, a parte il Belgio naturalmente che può essere considerato come la prolungazione del fronte francese.

(l) Ritrasmesso ad Addis Abeba con t. 215/79 R. dell'll febbraio.

550

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 5 febbraio 1935.

Il Signor Stein mi espone lo stadio delle negoziazioni commerciali sovieticoitaliane. È da tre settimane che si trova a Roma un incaricato speciale del Governo sovietico per partecipare a tali trattative. Da parte italiana però si continua a rinviare ogni incontro da un giorno all'altro con dei pretesti sempre diversi, di modo che l'Amba~ciatore dei Sovieti si chiede veramente se sia

o no intenzione del Governo italiano di voler condurre in porto tali trattative commerciali.

L'Ambasciatore si rende conto naturalmente che una certa remora possa essere stata portata dai mutamenti avvenuti nel Ministero delle Corporazioni, ma egli ora ha l'impressione che questa fase sia superata e che ci siano delle altre ragioni per non voler trattare.

Rispondo all'Ambasciatore che non mi risulta affatto che ci sia l'intenzione di non voler trattare: devo anz.i escluderlo. È probabile che si stia studiando l'inquadramento delle trattative coi Sovieti nelle direttive di carattere generale dei nostri rapporti economici con l'estero. Ad ogni modo mi informerò della cosa e darò una risposta precisa all'Ambasciatore.

Il Signor Stein mi chiede poi se ci risulti che nelle conversazioni di Londra si sia trattato della questione della Lituania.

Gli rispondo che non abbiamo nessuna notizia al riguardo.

L'Ambasciatore deve poi richiamare la mia attenzione sul corsivo c Kirow · e Soci~ comparso nel Popolo d'Italia. Tale articolo, se conosciuto a Mosca -il che avverrà di certo -non c'è dubbio che provocherà una forte reazione. Rispondo all'Ambasciatore che la stampa russa contiene pure articoli

contro l'Italia.

Il Signor Stein mi può escludere nel modo più assoluto che ciò sia avvenuto negli ultimi tempi, dopo che si era deciso di cessare le polemiche dall'una parte e dall'altra, ciò che è coinciso presso a poco con la sua venuta a Roma.

551

L'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELLE COLONIE, MUSSOLINI

N.s. 10. Asmara, 5 febbraio 1935.

Questa relazione parte oggi stesso per via aerea Kartum-AlessandriaBrindisi ed è, naturalmente, portata da un ufficiale. Seguendo la via ordinaria di mare avrebbe ·impiegato dieci giorni per giungere costà; ed in dieci giorni molte cose possono mutare, se pure non può cambiare la situazione radicalmente.

La situazione politico-militare è sostanzialmente chiara per quanto riflette i confini eritrei, nonostante il continuo cambiamento delle informazioni che, spesso, troppo spesso, si contraddicono.

Gli abissini si preparano ovunque e costituiscono reparti regolari anche all'infuori della guardia imperiale. I belgi si prodigano in questa bisogna e vanno al di là del loro incarico; ma di questo l'E. V. è già al corrente.

Lavorano a nostro danno anche i tedeschi, specie gli ebrei alemanni rifugiatisi numerosi in Etiopia. Si insiste e si conferma che dalla Germania siano mandate in Abissinia armi ed aeroplani; chi dice via Gibuti, chi sostiene via Porto-Sudan-Kartum. Nulla per ora si è potuto appurare.

Certo i nostri nemici non difetteranno di armi anche automatiche; sta a vedere come le sapranno impiegare. Ma ciò che più interessa a noi, nel momento attuale, è di potere stabilire se i preparativi avversari hanno carattere difensivo od offensivo.

Chi più crede alla possibilità di una guerra preventiva da parte etiopica è il Colonnello Ruggero, il quale, però, ultimamente, la metteva in dubbio lui pure (l). Tutte le altre informazioni, non escludendo, come ho già riferito, la possibilità di qualche colpo di testa per parte di capi minori, sono concordi nel ritenere difensivi gli attuali a]tprontamenti. Il primo corrente fu da me il Dr. Alemagna, addetto al Consolato di Adua e molto amato da quei capi perché li cura; egli pure mi ha affermato che nessuno, nel Tigrai almeno, pensa all'offensiva.

Da quattro o cinque fonti differenti, si insiste nel sostenere che fino alla stagione delle grandi piogge -giugno, luglio -gli abissini non saranno pronti; ma che in luglio, mentre nol non li aspettiamo, essi attaccherebbero puntando ai nostri punti vitali: Asmara e Ferrovia.

Non ritengo ciò molto probabile. In ogni modo in luglio noi saremo già pronti a riceverli se, come ritengo sicuro, sarà qui e già schierata sul nostro fronte difensivo, la 18 Divisione metropolitana; se, come spero, mi sarà fatto

l'anticipato invio dei carri veloci (che mi riservo di richiedere non appena abbia sistemato la località ore metterli). Per giugno sarà completato altresi il nostro potente schieramento di artiglieria e sarà già arrivata una buona aliquota di aviazione.

Io aspetto con desiderio la stagione delle piogge; sarò più tranquillo. Essa ritarderà qualche lavoro, non molto; ma ci consentirà un apprestamento più metodico. Gli abissini, invece, potranno far poco per le estreme difficoltà di movimento.

Se nel quadro generale ed indefinito il tempo lavora a nostro danno, in quello definito (febbraio-ottobre) lavora a nostro beneficio. Noi abbiamo bisogno di non essere disturbati fino ai primi di ottobre {l). E oso sperare che questo avverrà non solo verso l'Eritrea, ma anche verso la Somalia.

Da tal parte la situazione è più oscura. Lo scontro di pattuglie avvenuto il 31 gennaio u.s., nell'ora detta Colonia, fu da me giudicato un incidente locale di non spiccata importanza. Il telegramma col quale mi fu annunziato dal Governatore rispecchiava una calma assoluta ed una visione netta delle cose. Ma il successivo contegno abissino non può non lasciar credere ad una continua provocazione da parte loro. Fra le varie informazioni, non ancora esattamente controllabili, vi è quella che essi -gli abissini -cerchino, con le minacce verso la Somalia, di distrarre forze dall'Eritrea, cosa che devesi assolutamente evitare. Ho già telegrafato il mio pensiero circa quale dovrebbe essere secondo me il moçio nostro di agire in Somalia. È necessario che a Ginevra la nostra sincerità di voler comporre la controversia appaia lampante di fronte alla condotta subdola dei neri.

Codesto Ministero mi sembra alquanto preoccupato circa il possibile contegno delle popolazioni indigene. Io non lo sono affatto per quanto concerne la Somalia e lo sono poco per la gente eritrea.

Non giuro sulla fedeltà di nessuno, specie se le cose dovessero andar male -quod Deus avertat -ma questo non sarà.

Malcontento pericoloso non ce n'è; vi sono dei malcontenti. Xenofobi se ne trovano essenzialmente fra i preti copti fra questi sono anche i peggiori mestatori. Anche qualche capo che non ha visto soddisfatte tutte le sue brame, fa il muso; ma da questo ad una possibile rivolta alle spalle, ci corre.

Il nemico ha buoni emissari, non lo escludo; propaganda a nostro danno se ne fa e con maggiore facilità di quanto noi possiamo fare al riguardo. Non amici nostri sono anche i pastori della missione svedese. Li ho chiamati ed avvertiti che al menomo sintomo di lavorio politico da parte loro li espello dalla Colonia.

Le mie idee e le mie impressioni le ho, del resto, già telegrafate. V. E. si assicuri che prendo tutti i provvedimenti opportuni a sventare pericoli. Mi

sono fatto sinceramente amare e temere dal trlpolitani; potrò, spero, riuscire, in parte almeno, anche fra questa popolazione nera, la quale non merita neppure di baciare i piedi agli arabi.

Il 2 febbraio ho riunito da me tutti i Commissari Regionali per sentire da loro quale sia la situazione. Tutti mi hanno dato affidamento per quanto riflette la sicurezza interna. A mia volta ho dato istruzioni precise.

È da tenere conto che l'arrivo continuo qui di gente nostra tiene in rispetto; ed io credo fermamente che quando nell'aprile avremo qui una divisione metropolitana saremo a posto.

Riguardo alla situazione militare avrei desiderato che si sentisse il mio parere circa l'aumento di forze in Somalia. Avrei detto di sì, perché più siamo e meglio siamo garantiti. Ma ripeterò che se è cosa buona essere in molti, bisogna essere molti, ma in ordine. Pensi sempre V. E. che le risorse delle due colonie di fronte alle necessità di un corpo mobilitato, sono nulle. Perciò bisogna sempre prima preparare il necessario a ricevere quello che in Colonia viene avviato. Il porto di Massaua funziona regolarmente, ma occorre non congestionarlo.

In relazione ai rinforzi da inviarsi in Somalia ho già fatto noto telegraficamente il mio dubbio che i battaglioni colà spediti dalla Libia possano essere rinforzati con elementi yemeniti. È noto a V. E. che le nostre relazioni con l'Iman non sono più quelle prima esistenti. In ogni modo faccio passi. Ho telegrafato al Dr. Dubbiosi, che è però giunto a Sanaa soltanto il 31 gennaio u.s. Ho già anche telegrafato costà che cosa ne pensi al riguardo il Sig. Lazzarini, col quale ho oggi parlato e che veniva appunto da Sanaa.

In Eritrea la preparazione è in progressivo e celere cammino. Lo potranno testificare gli ufficiali qui mandati in ricognizione e che saranno presto costà di ritorno. Amerei che li sentisse personalmente l'E. V.

A questo riguardo mi permetta V. E. che Le dica una cosa spiacevole, ma che se la tenessi nel gozzo soffocherei.

I Generali Babbini e Garavelli e il Colonnello Forgiero sono venuti qui prevenuti. Perché? Per la famosa relazione Visconti-Frasca fatta sapientemente sì, ma con criteri puramente metropolitani? Non mi pronuncio.

L'importante è che i sopradetti ufficiali -lasciati assolutamente liberi anche di sindacare -hanno trovato che posizioni migliori di quelle scelte non ve ne possono essere e che l'avviamento a rendere queste munite com'è necessario è in corso regolarmente. Così hanno detto davanti a me e, poiché sono ufficiali, non dubito che mutino parere parlando a Roma.

II più grande lavoro è quello per l'Aviazione; ma anch'esso procede con celerità ed ordine.

Come certo è noto all'E. V. il Ministero dell'Aeronautica voleva un mutamento di programma. Ho risposto già telegraficamente con le ragioni che mi obbligano ad accettare solo in parte i desiderati cambiamenti.

Eccellenza: sta bene che gli studi e conseguenti disposizioni per preparare siano devoluti agli Stati Maggiori che sono a Roma; ma la fase che attraversiamo adesso qui in Colonia è già una fase inoltrata di esecuzione e di questa la responsabilità è esclusivamente mia, se sono io che devo comandare.

L'E. V. nel congedarmi ml manifestò la Sua piena fiducia; io non chiedo ora che di lasciarmi fare, dandomene i mezzi, che, per la verità, finora non mi furono lesinati.

Dirò che con la mano d'opera nera non si può andare avanti come si vorrebbe; l'E. V. ha già aderito alle mie richieste ed io glie ne sono riconoscente. Anche le Ditte meglio attrezzate provvedono a far venire manovalanza dall'Italia. Costerà di più ma pel momento opportuno avremo fatto e saremo pronti.

E questo, per ora, è il programma.

Per il poi, io (che sono pur nemico dei pistolotti e delle frasi ad effetto), dico che sotto gli auspici di V. E. e con la fede fascista piena di volontà che ci anima, il successo sarà nostro.

(l) Cfr. il seguente brano del verbale della riunione tenuta lo stesso 5 febbraio presso 11 Capo d! Stato Maggiore Generale: «S. E. BADOGLIO -Il Capo del Governo negli ultimi colloqui, ha insistito sulle sue preoccupazioni per la Somalia. Egli pensa che 11 Governo Etiopico possa decidere d! tentare un non impossiblle successo in Somalla. Tale successo produrrebbe l suoi effetti anche durante il corso di operazioni a no! favorevoli dal fronte eritreo, poiché queste avrebbero !n ogni modo una lunga durata».

(l) Cfr. i seguenti brani dell'appunto 2460 di Baistrocchi per il Sottocapo di Stato Maggiore del 10 febbraio (Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito): «È quindi da prevedersi che la massa delle nostre forze non potrà essere pronta ad agire che verso la fine di febbraio del prossimo anno... Giova notare che l'epoca di inizio delle operazioni potrebbe in tal modo coincidere con l'anniversario di Adua, coincidenza questa di alto valore e che potrà avere inUuenza notevole sul morale o sullo slancio combattivo delle nostre truppe».

552

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 184 R. Roma, 6 febbraio 1935, ore 24.

(Solo per Parigi e Londra) Mio telegramma n. 163 (l). Ho telegrafato

R. legazione Addis Abeba quanto segue:

(Solo per Addis Abeba) Mio telegramma n. 66 (2).

(Per tutti) Colonna di circa 650 armati etiopici, dopo aver nuovamente avanzato ed essersi trincerata a circa un chilometro da Afdub, ha iniziato al tramonto del 2 corrente accerchiamento del fortino con evidente intenzione sopraffare quel presidio. Capoposto, onde evitare nuovo incidente, decideva sottrarsi accerchiamento profittando oscurità, e abbandonava Afdub senza combattere ripiegando su Ubertale. Pressione etiopica continua ed è prevista nuova avanzata etiopica su Ubertale.

Prego far risultare con nota scritta a codesto Governo svolgimento degli avvenimenti, dai quali appare evidente come i capi locali non tengano alcun conto degli impegni assunti da Governo etiopico a Ginevra di non provocare nuovi incidenti; V. S. vorrà dichiarare formalmente che risale al Governo etiopico responsabilità delle conseguenze che potranno derivare da iniziative militari abissine.

(Solo per Parigi e Londra) Prego dare notizia di quanto precede a codesto Governo, mettendo in rilievo nostra buona volontà evitare incidenti cui corrisponde sempre maggiore tracotanza etiopica. Governo etiopico, mentre non mantiene impegni assunti Ginevra, lascia che capi locali prendano iniziative di operazioni belliche, alle quali non potremo non reagire al momento che <!rederemo più opportuno. Telegrafato Parigi Londra.

~2 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol XVI

(l) -Cfr. n. 525, nota l. (2) -Cfr. n. 541.
553

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 185 R. Roma, 6 febbraio 1935, ore 24.

(Per Parigi) Ho telegrafato al R. ambasciatore a Londra quanto segue:

(Per tutti) Prego V. E. voler comunicare Simon che Italia è disposta in linea di massima ad aderire ad accordo generale mutua assistenza aerea fra Stati firmatari Locarno nella forma da V. E. prospettata a Simon e La val e cioè accordo unico fra tutti i cinque Stati mentre Italia ed Inghilterra, in considerazione loro posizione geografica, si escluderebbero a vicenda obbligo mutua assistenza.

È evidente che dettagli accordo dovranno essere discussi fra Potenze invitate aderirvi.

Gradirei intanto conoscere se nelle conversazioni che hanno avuto luogo costà sia stato precisato pensiero Governi britannico e francese nel senso che accordo mutua assistenza aerea sia connesso con regolamento generale questioni attualmente pendenti di cui al comunicato conclusivo incontro Londra, oppure se alla sua negoziazione si addiverrebbe anche se regolamento generale risultasse impossibile.

554

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 186 R. Roma, 6 febbraio 1935, ore 24.

(Per Londra) Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Prego V. E. fare codesto Governo circa patto mutua assistenza aerea comunicazione analoga a quella che R. ambasciata a Londra è stata incaricata di fare a Governo britannico.

Per sua norma di linguaggio la informo che R. Governo non gradirebbe, per il momento almeno, proposta del genere di quella accennata da Lavai al

R. ambasciatore a Londra di un accordo separato fra Francia, Germania ed Italia, di cui potrebbero far parte paesi Europa centrale e danubiana. Patto mutua assistenza aerea si connette con patto Locarno, ed è bene per ora non estenderlo ad altri settori. Della idea di Lavai potrà eventualmente parlarsi in seguito ma ln altra sede.

555

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI PERSIANO, KAZEMI

APPUNTO. Roma, 6 febbraio 1935 (1).

Il Signor Kazemi si dice lieto di portare al Capo del Governo il saluto del suo Sovrano e l'omaggio del suo paese. Il Capo del Governo ringrazia e incarica il Ministro di portare allo Scià di Persia i suoi ossequi.

Il Ministro di Persia ritiene che ci siano molte possibilità di una collaborazione fra i nostri due Paesi: il suo Governo è disposto a marciare molto avanti su questa strada.

Il Capo del Governo manifesta anche da parte sua la migliore intenzione di collaborare con l'Iran. Chiede al Ministro quanto si tratterrà a Roma. Ciò dipende dall'andamento dei negoziati fra l'Iran e l'Irak.

Il Capo del Governo chiede se ci siano delle buone prospettive.

Il Ministro non può rispondere affermativamente perché l'lrak non vuol riconoscere la domanda legittima della Persia, quella cioè di avere la sovranità sulla metà del fiume Schat el Arab che forma il confine fra i due paesi: effettivamente dietro l'Irak sta una grande potenza che persegue i propri interessi.

Ritornando ai rapporti fra i due Paesi il Ministro avverte che la Persia è disposta a fissare in un atto formale i suoi rapporti di amicizia con l'Italia. Chiede se il Capo del Governo sia dell'opinione di fare un patto di amicizia.

Il Capo del Governo dà più importanza al fine che alla forma; crede tuttavia che un patto di amicizia potrebbe giovare ai nostri due Paesi.

Il Ministro persiano è ben lieto di sentire esprimere dal Capo del Governo tale opinione; ritiene tuttavia che finché dura la controve·rsia con l'Irak, in vista del fatto che è relatore il delegato italiano a Ginevra, non sia conveniente conchiudere tale patto.

Il Capo del Governo è d'opinione che la cosa possa essere trattata con tutta calma e che non ci sia nessun motivo per affrettarci.

556

IL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO (2)

L. P. Roma, 6 febbraio 1935.

Ho letto con vivo interesse il tuo rapporto sul Fascismo e Antifascismo negli Stati Uniti (3). Sono del tutto d'accordo con te. Sorvegliare, sia pur da vicino, l'attività di vecchi arnesi quali il Modigliani o altri simili, va bene: ma

quasi più per un eccesso di zelo che per una reale necessità. La loro azione è del tutto sterile. Così come è assurdo allarmarsi per la vaga eco di un banchetto o di un comizio, che lasciano il tempo che trovano.

Concordo sull'azione da svolgere: misurata, calma e in profondità. Due fattori, i più formidabili, lavorano per il fascismo: il tempo e la documentazione quotidiana della realizzazione del Regime in tutti i settori.

(l) -Al colloquio era presente Suvich che redasse l'appunto. (2) -Da A C s, Ministero della Cultura Popolare, Carte Renzetti. (3) -Del 17 gennaio, non pubblicato.
557

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 574/194 R. Addis Abeba, 7 febbraio 1935, ore 18 (per. ore 5,30 dell'B).

Telegramma di v. E. n. 66 (l) e mio telegramma 190 (2).

Commentando nota di protesta, ho dichiarato al Blatingheta Herui inaccettabile proposta etiopica fare indietreggiare rispettive truppe. Ho aggiunto che il desiderio del R. Governo di arrivare ad una equa soluzione dell'incidente Ual-Ual era ora contrastato da questi due nuovi gravi episodi e dalle provocazioni e aggressioni etiopiche in aperto contrasto con impegni assunti a Ginevra.

Ministro degli affari esteri, che al solito ha preteso non avere ancora notizie circa contenuto mia nota, ha replicato che anche il Governo etiopico era animato dallo stesso desiderio di raggiungere un accordo, e, a tal fine, aveva fatto proposta arretramento truppe.

Ad ogni modo, fermo restando che occorre ora etiopici ci diano prima soddisfazione per nuovi episodi Afdub e Scilla ve, sarò grato a V. E., tuttavia, se vorrà farmi conoscere le sue istruzioni circa una possibile soluzione dell'incidente in generale, come da telegramma di V. E. n. 47 del 26 gennaio (3).

558

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 564/54 R. Parigi, 7 febbraio 1935, ore 20,10 (per. ore 24).

A telegramma di V. E. n. 69 (4). In assenza Lavai tuttora ammalato ho fatto al segretario generale degll affari esteri comunicazione ordinatami.

Gli ho dichiarato che l'Italia è disposta in massima partecipare ad un accordo generale mutua assistenza aerea fra gli Stati firmatari patto Locarno; cioè accordo unico fra tutti cinque Stati.

Italia ed Inghilterra si escluderebbero a vicenda dall'obbligo della assistenza.

n. -541. (-4) Protocollo particolare per Parigi del n. 553.

Ho aggiunto che particolari dell'accordo dovevano essere discussi fra gli Stati invitati aderirvi.

Léger preso atto della comunicazione ha osservato che accordo proposto essendo a carattere regionale, ossia riferendosi esclusivamente all'Europa Occidentale e più specialmente alla zona contemplata nel patto di Locarno, egli teneva dichiararmi che la Francia era disposta e pronta accordare all'Italia la dovuta contropartita.

Infatti Italia non poteva temere un attacco nella zona dell'Europa occidentale contemplata nel patto Locarno.

Segretario generale degli affari esteri ha precisato che sembrava difficile alla Francia poter dare tale contropartita nell'accordo generale regionale in discorso.

Si trattava in ogni modo di una semplice questione di forma perché Governo francese, così mi ha ripetuto il mio interlocutore, era disposto e deciso a dare a noi la contropartita dì assistenza.

Ho posto ìn seguito a Léger domanda di cui all'ultima parte del succitato telegramma di V. E. Egli mi ha risposto che l'accordo di mutua assistenza aerea è connesso al regolamento delle questioni di cui al comunicato di Londra. Se l'anzidetto regolamento generale risultasse impossibile sarebbero aperte nuove trattative. Ho insistito per sapere se vi fosse tacito accordo mandare avanti in ogni caso accordo aereo.

Segretario generale degli affari esteri non si è sbottonato però mi ha dato impressione che almeno da parte di Simon sia stato dato qualche affidamento di considerare a sé accordo di mutua assistenza qualora la Germania mostrandosi intrattabile facesse naufragare regolamento generale.

(l) -Cfr. n. 541. (2) -T. 554/190 R. del 5 febbraio, non pubblicato: presentazione della nota prescritta col (3) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 493.
559

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 568/65 R. Londra, 7 febbraio 1935, ore 21,58 (per. ore 5,30 dell'B).

Ho comunicato oggi a Simon contenuto del telegramma di V.E. 35 (l). Non ho bisogno di dire quanto Simon sia rimasto soddisfatto per le favorevoli disposizioni di V. E.

Egli mi ha ripetuto che il Governo britannico è ansioso di assicurarsi la cooperazione dell'Italia in quella forma che a V. E. sembra più conveniente, e mi ha confermato quanto egli aveva già avuto occasione di dirmi circa utilità di un patto unico tra tutti cinque i firmatari del trattato di Locarno.

Resta ora da persuadere Governo francese. Simon che va domani a Parigi per l'annuale banchetto della Camera di Commercio, spera avere il tempo e l'occasione di intrattenere personalmente Laval sull'argomento.

Tra le altre questioni egli dovrà discutere anche con Lavai proprio quel punto che V. E. ha giustamente sollevato nella seconda parte del suo telegramma sopracitato: se cioè accordo aereo ·di mutua assistenza deve essere considerato o no come indipendente dal regolamento generale questioni in corso.

Simon mi ha detto che Governo britannico -per rispondere a presenti esigenze opinione pubblica -avrebbe in mente di far procedere innanzi subito i negoziati per il patto aereo, anche a costo di separare tali negoziati dal regolamento delle altre questioni.

Tale procedura avrebbe, secondo il Governo britannico, vantaggio di permettere intanto raggiungimento di un accordo sopra un punto importante, e questo faciliterebbe discussione e soluzione degli altri problemi.

Il modo di vedere del Governo francese -per quanto Simon ha inteso è invece diverso.

Secondo il Governo francese patto aereo fa parte di una soluzione globale del problema degli armamenti e della sicurezza, non è possibile perciò procedere alla sua conclusione con un negoziato a parte.

Tale negoziato presenterebbe due pericoli:

1°) -La Germania, una volta assuntasi degli obblighi di garanzia, reclamerebbe subito diritto di un'armata aerea per far fronte a tali obblighi; 2°) -Il problema degli armamenti aerei verrebbe per forza spostato dal quadro del trattato di Versailles a quello della convenzione aerea; si permetterebbe alla Germania di invertire a suo vantaggio la propria situazione tattica.

Dopo avermi esposto punto di veduta, Simon mi ha chiesto se io potevo fargli conoscere quale era pensiero di V. E.

Gli ho detto che non ero al momento in grado di rispondergli su questo punto particolare, ma che avrei subito informato V. E. della nostra conversazione.

Ho creduto anche utile evitare di esprimere alcun giudizio personale, e questo perché, dato il mio convincimento che le osservazioni di Lavai meritano seria considerazione, non mi è sembrato conveniente entrare con Simon in un argomento che può formare oggetto esame fra noi e il Governo francese nell'azione che dovremo svolgere a Parigi per portare Governo francese all'idea del patto unico.

(l) Protocollo particolare per Londra del n. 554.

560

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. s. 196/73 R. Roma, 7 febbraio 1935, ore 24.

Proposta stabilire zona neutra di cui al mio telegramma n. 70 (l) mira, fra l'altro, creare atmosfera tranquillità per ripresa negoziati diretti circa aggres

sione Ual-Ual negoziati che, prendendo lo spunto dal suo ritorno costì, conviene proseguire come da intesa Ginevra. A tale scopo prego V.S. rispondere settima nota etiopica, replicando ai varii punti in essa contenuti come da telegramma a parte in pari data (1).

V. S. potrà, nel contempo, ove ciò giovi a facilitare adesione etiopica alla nostra proposta per la zona neutra, avanzare, quale sua iniziativa personale, suggerimenti per componimento incidente che, riprendendo in parte note proposte brltanmche, potrebbero basarsi sui punti seguenti:

a) lettera dell'Imperatore nella quale questi deplorerebbe scontro UalUal ed esprimerebbe suo rammarico per vittime che incidente ci (dico ci) ha causato. Testo lettera dovrebbe essere concordato e sarebbe reso pubblico.

b) Deposito 200.000 Talleri presso Banca d'Italia all'Asmara.

Tale deposito sarebbe destinato ad indennità per morti e feriti italiani e per. spese sostenute dall'Italia, l'ammontare esatto delle quali sarebbe stabilito dalla commissione di cui al paragrafo seguente.

c) Nomina della commissione per delimitare confini fra Somalia ed Etiopia secondo il disposto dell'art. 5 del Trattato italo-etiopico del 1908, Commissione che, come primo suo compito, stabilirebbe ammontare riparazioni dovute all'Italia.

In quanto ad onori da rendersi alla bandiera, V. S. senza per ora rinunciarv1 vorrà tener presente che saremmo disposti in definitiva a non insistere su nostra richiesta, sempreché lettera Imperatore sia di nostra soddisfazione e in un certo senso equivalga a tali onori, e purché sia accettata nostra proposta di stabilimento della zona neutra.

Riguardo a tale proposta, V. S. vorrà far notare che noi siamo fermi in posizioni che teniamo da tempo, mentre abissini solo recentemente sono avanzati prendendo contatto con nostri presidii ed occupando persino qualche posizione da noi prima tenuta. Commissione delimitazione confini stabilirà quali saranno posizioni definitive; ma per ora è necessario ripristinare situazione turbata da iniziative etiopiche, e mettere fra le truppe un certo spazio onde evitare nuovi incidenti.

V. S. vorrà far risultare nostra. volontà di conciliazione e di chiarificazione: ci attendiamo che codesto Governo dimostri analoghe disposizioni.

(l) Cfr. n. 546.

561

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 598/031 R. Berlino, 7 febbraio 1935 (pef'. il 9).

Segretario di Stato von Biilow mi ha detto testé che il protocollo di Londra ha formato oggetto di diligente esame da parte dell'Auswartiges Amt. Fu

riconosciuto che il documento è redatto molto abilmente. Esso contiene tuttavia alcune frasi che risentono ancora dell'antico spirito ostile alla Germania. E' poi stato constatato che questo protocollo, non diversamente da quello di Roma, era stato redatto, tranne che nella parte concernente l'assistenza mutua aerea, ancora prima della partenza degli uomini di Stato francesi da Parigi e che esso fu portato a conoscenza del Governo del Reich, dopo che l'accordo tra l'Inghilterra e la Francia era stato raggiunto. Ciò nonostante il Governo tedesco trovava interessante il documento di cui si tratta ed era disposto a considerarlo una conveniente base per iniziare uno scambio di vedute fra i Gabinetti interessati.

Von Biilow aggiunse di aver preparato uno schema di risposta da dare a Parigi e a Londra. Lo aveva rimesso poco prima al barone von Neurath perché lo esaminasse e lo sottoponesse al cancelliere del Reich. Egli stesso sarebbe partito questa sera per la Svizzera, dove si reca a riposare ed a fare dello sport invernale. Conta essere d! ritorno a Berlino il l o marzo. Calcola che la risposta tedesca potrà essere pronta verso la metà della settimana entrante. accorreranno dieci giorni per avere le contro-risposte cosicché egli avrà il tempo di prendersi le meritate sue vacanze. Ed in marzo si continuerà a lavorare. Poteva dirmi sin da ora che le grandi linee della risposta del Reich saranno le seguenti: menzionerà che ha già fatto conoscere i chiarimenti che desidera circa il patto danubiano, dichiarerà che il patto orientale continua a dare luogo alle obbiezioni rese note anteriormente, confermerà le favorevoli disposizioni del Reich a discutere una convenzione circa gli armamenti, ricordando che l'interruzione dei negoziati non può essere attribuita a colpa della Germania, farà riserve circa la parte V del trattato di Versailles nel senso che non fu la Germania a contravvenire alle disposizioni militari del trattato stesso, ma che furono gli ex avversari i quali non adempirono all'obbligo assunto di ridurre i propri armamenti, si dichiarerà disposto a discutere il problema della mutua assistenza aerea insieme con gli Stati firmatari del trattato di Locarno.

Gli sembrava che in tal modo sarebbe stato risposto in modo favorevole a tutti i punti del protocollo di Londra. Osservai che non aveva parlato dell'atteggiamento che il Governo del Reich contava assumere di fronte alla S.d.N., ancorché questo punto fosse menzionato nel documento di cui parlavamo. Von Btilow osservò che tale problema non esiste in questo momento per la Germania. Essa non intende legare la sua adesione a questo od a quel patto internazionale con il proprio ritorno a Ginevra. Non voleva escludere che un giorno, liberamente, la Germania decidesse di rientrare nella S.d.N. Attualmente essa continuava però ad essere avversa al consesso ginevrino, dato che esso è intimamente connesso coi trattati di pace e dato che la Germania vi si è sempre trovata in posizione di Stato che vi scapitava.

Circa il patto orientale la Germania stimava preferibile attendere ancora qualche tempo prima di redigere la propria risposta al contro-memorandum

francese. Sarebbe stato agevole all'Auswartiges Amt insistere sul proprio punto di vista ma egli credeva opportuno procrastinare la risposta in attesa dello svolgimento degli eventi.

Riassumo le mie impressioni sulla situazione veduta da Berlino.

Il Governo del Reich fu sorpreso dall'accordo raggiunto a Londra, cosi come lo fu da quello di Roma. Dieci giorni fa il barone von Neurath mi disse essere convinto che a Londra non si sarebbe concluso nulla. Trovatosi per la seconda volta dinanzi ad un fatto compiuto, ancorché presentato con tutte le forme della più perfetta cortesia diplomatica, Hitler dovette constatare come nessuno avesse tenuto conto delle sue profferte di concludere patti a due con la Germania. Donde un non celato risentimento, mitigato peraltro dalla constatazione che il protocollo di Londra dava alla Germania il modo di acquistare di fatto la parità dei diritti e riconosceva lo stato di fatto dei suoi armamenti, compresi quelli aerei. D'altra parte i protocolli di Roma e di Londra costituiscono quell'edificio di sicurtà per la pace d'Europa che le potenze occidentali ritengono indispensabile erigere contro la minaccia germanica e questa constatazione non può certo essere gradita a Hitler né al popolo tedesco.

A Berlino si specula però sopra i seguenti elementi che potrebbero servire alla causa tedesca: non si presta eccessiva fede alla durata dell'amicizia tra la Francia e l'Italia, si calcola che l'Inghilterra, ottenuto che abbia la sicurezza in casa propria mediante il patto di mutua assistenza aerea, si disinteresserà sempre maggiormente dei problemi continentali europei; si calcola su una levata di scudi della Piccola Intesa contro la Francia per avere la grande protettrice dimostrato con i patti di Roma e Londra di curarsi assai poco dei suoi alleati; si confida in un non minore risentimento della Polonia con conseguente sempre maggiore intimità fra Berlino e Varsavia; si calcola sopra obbiezioni mosse dalla Turchia e sopratutto sopra l'atteggiamento ostile di Litvinoff di fronte ad una politica che è troppo inspirata dallo spirito del patto a quattro per non far rinascere tutti i sospetti dell'U.R.S.S., specie in questo momento in cui tutto sembra eospirare contro i soviet.

Non si deve dimenticare che lo scopo della politica di Hitler verso la Polonia è quello di creare una situazione favorevole ad un'azione militare comune contro l'U.R.S.S. non appena questo Stato sia impegnato in un conflitto col Giappone. I discorsi pronunciati stamane dal nuovo Ambasciatore del Giappone a Berlino e da Hitler lasciano chiaramente vedere che si sta cercando di rafforzare l'amicizia fra gli Stati che potranno essere domani eventuali alleati contro i soviet.

Se la Germania potesse essere sicura di trovare nei patti occidentali la sicurezza di potersi gettare eventualmente in un'avventura orientale, essa vi accederebbe di buon grado. Vi è però l'insidia della Francia che vuoi intendersi con l'U.R.S.S. e che sembra disposta a garantire l'integrità delle frontiere europee dei soviet che guasta il gioco germanico polacco. Il guadagnare tempo, prima di impegnarsi a fondo, non può quindi che giovare alla Germania che non tralascerà certo per seminare zizzania nei vari campi da essa considerati fertili ai fini che si propone raggiungere.

(l) Cfr. n. 569.

562

APPUNTO (l)

Roma, 7 febbraio 1935.

Il Ministro d'Austria è venuto a ringraziare da parte del suo Governo per la comunicazione che S. E. il Sottosegretario di Stato gli ha dato del progetto di risposta ai quesiti germanici circa il Patto di «non-ingerenza».

Egli desiderava di sapere se avevamo avuto comunicazione dal Governo francese di quelle che sarebbero state le sue risposte ai quesiti presentati a Parigi dal Governo tedesco.

Gli è stato risposto che nessuna comunicazione era stata fatta fino a questo momento dal Governo francese. Il Governo austriaco pregherebbe inoltre di essere informato in tempo della definitiva risposta che verrà data alla Germania. Il Signor Vollgruber rimette l'unito appunto estratto da un telegramma ricevuto da Vienna.

ALLEGATO

Nous croyons que nous devrions faire coo.naitre notre point de vue a Paris seulement alors quand le point de vue que Rome, prenant en considération bienveillante nos observations d'hier, fera valoir à Paris sera définitivement fixé, et sera venu a notre connaissance. Alors seulement nous voudrions soutenir notre point de vue parallelement avec le Gouvernement italien. Nous voulons aussi en meme temps alors informer le Gouvernement hongrois.

563

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. s. 548/238. Mosca, 7 febbraio 1935 (per. il 12).

I telegrammi di S. E. Galli sul suo primo colloquio con il Signor Aras (2), come i resoconti delle conversazioni avute da S. E. Suvich con l'Ambasciatore Ragib e dal Barone Aloisi con Stein {3) mi hanno fornito lo spunto per deplorare vivamente con Litvinov il contegno, che io non ho esitato a definire « insano e ridicolo insieme», del Signor Aras nei nostri riguardi.

Litvinov non si è mostrato affatto sorpreso né dei fatti che gli ho narrato né del mio linguaggio. Egli stesso mi ha detto che, arrivato a Ginevra,

ha trovato Aras nella più cupa « disperazione » per gli accordi di Roma. «Tutto è finito ~ gli disse il Ministro turco vedendolo -finita la Intesa Balcanica, finita la Piccola Intesa... ».

-Tutti questi paesi, e specialmente la Turchia, aggiungeva Litvinov, si sono messi in testa che, con la formazione di queste Intese, essi hanno acquistato il «diritto» a partecipare, in corpore, a tutti gli accordi internazionali possibili e immaginabili. Sicché ogni esclusione singola fa sorgere allarmi e crisi più o meno da parte di tutti.

-Aras, continuava il mio interlocutore, non ha esitato ad agitare lo spauraèchio della Germania anche· di fronte a La val ed in presenza di lui stesso, Litvinov ... Al che Laval avrebbe, in tutta calma, replicato che la Turchia era tanto lontana dalla Germania che non vedeva bene come avrebbe fatto... ad arrivarci. Quello della Germania è tutto un bluff, concludeva, sorridente e sicuro di sé, Litvinov ...

-Ma non è un bluff, ribattei io, la politica jugoslavofila di Aras, come non è un bluff quella germanofila della Jugoslavia ...

(Per quanto Litvinov si sia affrettato a proclamare la fedeltà di Jeftic alla Francia e quindi l'assenza di un pericolo serio ed «attuale» da quella parte, mi sono accorto che l'intimità turco-jugoslava rappresenta nell'animo di Litvinov il punto di minor resistenza nella sua concezione della fedeltà turca all'U.R.S.S. Mentre mi riprometto quindi per conto mio di non tralasciare occasione per battere su quel punto, mi permetto di richiamare l'attenzione del R. Ambasciatore ad Ankara sulla opportunità che anche egli lo faccia -e con maggiore autorità di me, data la sua provenienza da Belgrado -nei confronti di Karakhan).

-Comunque, rincalzai io con Litvinov, è sorprendente vedere come lo stesso Ambasciatore Ragib, persona pure molto assennata e giudiziosa, non si sia peritato di dichiarare a S. E. Suvich che persino un concentramento, nel Dodecanneso, di truppe italiane per... l'Abissinia, avrebbe suscitato gli allarmi ed il risentimento turco. Credete che se un giorno il Governo italiano si tro-. vasse davvero a dovere far qualcosa in Abissinia... se ne dovrebbe astenere solo per far piacere al Signor Aras?

Litvìnov non fece che assentire a tutto quanto dicevo. Assentì, poi, espressamente, quando io aggiunsi che, se era vero che il Signor Aras ubbidiva agli ordini del Gazi, era anche vero che vi è modo e modo di eseguire gli ordini ricevuti. « Certainly -disse Litvinov a questo punto -Aras does not make things easier ». Sarebbe tuttavia da sperare, continuava, che la situazione dei

__c.

rapporti italo-turchi potesse migliorarsi. Cosa si potrebbe fare domandava egli a questo scopo?

-Una sola cosa, risposi, è per il momento e, pregiudizialmente, necessaria e cioè che il Signor Aras si calmi e che di questa riacquistata calma nei nostri riguardi dia prove, sicure ed evidenti, non solo verso di noi, ma verso i terzi, interrompendo gli intrighi, altrettanto folli quanto ridicoli, che sta conducendo da tempo.

E la conversazione rimase li.

Questo accadeva quattro giorni fa. Ieri, invitato da lui in campagna, In luogo quindi e circostanze che assicuravano al nostro incontro il carattere della maggiore intimità, fu lo stesso Litvinov a ritornare sull'argomento.

-Sapete, mi disse, io ho avuto occasione di mettere al corrente Vassif (Ambasciatore turco a Mosca) della nostra conversazione dell'altro giorno. Anch'egli è rimasto stupito di quanto gli ho raccontato... Vassif è un sincero amico vostro... Non si potrebbe fare qualche cosa per migliorarli questi rapporti itala-turchi?

E qui il Commissario sovietico accennava a tre possibili modi che egli aveva «fra sé e sé » pensato:

2") Un patto diretto italo-turco avente per punto di partenza una specie di status qua delle isole. Ma anche questo potrebbe non piacervi;

3°) Ultima ratia: una qualche cosa a tre: Italia-Turchia-U.R.S.S ....

Io, che dal filo del discorso avevo intuito dove Litvinov andasse a parare, mi affrettai ad interrompere dicendo: « Mio caro Signor Litvinov, vi ho già detto l'altro giorno che, come stanno le cose, è assolutamente inutile parlare di niente se prima il Signor Aras non si calma. Bisogna che egli incominci a... rientrare in se stesso ».

E trovai modo di concludere, ancora una volta e nello stesso modo della prima, anche questa seconda conversazione.

Come V. E. osserverà, in tutto questo è pregiudizialmente da osservare l'interesse che Litvinov pone nelle vicende dei nostri rapporti con la Turchia. Io lo credo, in questo, sincero. Quanto agli accenni che egli mi ha fatto a possibili modi per ridare tono e contenuto amichevole a quei rapporti, accenni che io ho fatto senz'altro e, salvo istruzioni contrarie, continuerò a far cadere anche se mi fossero ripetuti in avvenire, essi si prestano a qualche considerazione di merito.

1°) È evidente, intanto, che i primi due sono stati messi innanzi da Litvinov per arrivare al terzo ... Comunque, come lo stesso Litvinov si rende conto, date le nostre relazioni attuali con la Jugoslavia e le «origini» della Intesa Balcanica, un patto Italia-Turchia-Intesa Balcanica, che pure in altre condizioni potrebbe persino presentare qualche vantaggio, sarebbe invece, allo stato delle cose, inconcepibile.

2°) Un patto a due Italia-Turchia non potrebbe non avere per punto di partenza, se non per oggetto, una specie di mantenimento dello status qua delle nostre isole mediterranee, contemplando per esempio un vincolo di consultazioni per eventuali ulteriori aumenti del loro armamento. Non ostante che, dato specialmente che noi abbiamo già fatto nelle isole quello che volevamo, la cosa avrebbe per la Turchia più che altro un valore figurativo, è evidente tuttavia che, per ragioni di principio, noi non potremmo neanche permettere che se ne parlasse.

3°) Rimarrebbe il terzo mezzo, quello che Litvinov ha chiamato genericamente un «qualche cosa a tre». È chiaro che anche questo terzo mezzo, se dovesse comunque implicare un vincolo nel senso di cui al n. 2, oppure conferire alla Russia la funzione di garante locarniano fra la Turchia e noi sarebbe comunque inammissibile.

La possibilità di un «qualche cosa a tre» potrebbe essere intravista -soltanto -nella forma in cui io mi permisi di avanzarla già due anni or sono in occasione dei negoziati per il patto di amicizia con l'U.R.S.S., forma cht. l'E. V., pur non accettando nel momento dato, stimò degna di considerazione.

Come V. E. ricorda, quando si trattò di stipulare il nostro patto di amicizia con l'U.R.S.S. mi permisi proporre che il patto stesso fosse inquadrato nel nostro sistema ài accordi politici mediterranei. Proponevo, perciò, di dare al patto un contenuto positivo, sotto forma di clausola consultiva del tipo di quella contenuta nel patto italo-greco, a condizione peraltro che una clausola siffatta fosse estesa alla Turchia. Concludevo le mie osservazioni su questo punto dicendo sembrarmi conveniente: «spingere la Turchia ad ampliare e perfezionare i suoi rapporti con noi, chiedendo la aggiunzione di una identica clausola nel suo patto con l'Italia. (Clausola consultiva).

Dal punto di vista realistico, uno dei vantaggi più apprezzabili che possa offrirei il patto con l'U.R.S.S. è proprio quello di un solido ancoraggio dei nostri rapporti con la Turchia la cui politica estera è, per inderogabile necessità, legata a quella dell'U.R.S.S. E poiché un rafforzamento dei nostri vincoli politici con Mosca non mancherebbe di avere automaticamente un immediato, benefico contraccolpo su Ankara, questa di conseguenza sarebbe spinta ad avvicinarsi ancor maggiormente a noi, il che potrebbe costituire anche una utile remora a quello stato di perplessità di alcuni circoli turchi nei riguardi della Francia... » (Mio telespresso n. 2913/1426 del 28 giugno 1933) (1).

Orbene, ciò che, per considerazioni varie, non fu possibile allora, potrebbe forse, e sempre dopo che il Signor Aras avesse dato prova di resipiscenza, esser possibile ora. Un rafforzamento della nostra situazione politica con la Russia potrebbe d'altra parte non esser privo di valore oltreché nei riguardi della Turchia, anche in quelli dei Balcani e ciò nel momento in cui la Russia si riaffaccia nuovamente e attivamente sulla· soglia balcanica. (Mio telespresso in pari data n. 573/252) (2).

Per il momento, del resto, io non mi permetto di avanzare proposta alcuna. Le considerazioni fatte sono sopra tutto un commento allo «spunto» datomi da Litvinov nella nostra ultima conversazione e che, non ostante il tono assolutamente personale e confidenziale della conversazione stessa, era mio dovere portare senz'altro -come porto -a conoscenza dell'E. V.

(l) -L'appunto redatto su carta Intestata del Gabinetto, è privo di !Irma. (2) -Cfr. nn. 418 e 419. (3) -Non si è rinvenuto il verbale del colloquio Suvlch-Rag!b, per il colloqulo Alolsl-Stein cfr. n. 489.

l 0 ) Quello preferito da Aras sarebbe quello di un trattato Italia-Intesa Balcanica che, peraltro, « does no t appeal to you just now »;

(l) -Cfr. serle VII, vol. XIII, n. 911. (2) -Non pubbllcato.
564

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 302/129. Varsavia, 7 febbraio 1935 (per. il 12).

Il riserbo nel quale la stampa ufficiosa si è chiusa oggi, in contrasto con quella di opposizione che dopo il convegno di Londra parla senza ambagi dell'isolamento della Polonia, significa che Beck non ha ancora tutti gli elementi che gli sono necessari per prendere una posizione netta dopo le decisioni di Londra che in un primo momento pareva fossero state accolte a Varsavia con palese compiacimento. Alla chiusura del Convegno di Londra i giornali ufficiosi salutarono come uno dei più importanti risultati il fatto che in esso non si era parlato del Patto Orientale che per studiare il modo di liberarlo dallo spirito a cui finora era ispirato, ma ecco che invece il comunicato londinese per quanto si riferisce al modo di garantire la pace dell'Europa Orientale ritorna a parlare di quella assistenza scambievole che costituisce appunto la ragione principale dell'avversione polacca al progetto orientale.

Sarà opportuno aspettare delle precisazioni prima di esaminare le possibilità che si aprono o si chiudono dinanzi alla Polonia, sembrami tuttavia da rilevare fin d'ora che non potrà in questo momento non acquistare maggiore valore a Varsavia l'iniziativa italiana per la quale la Polonia è stata chiamata ad entrare in un gruppo di Stati europei insieme con le tre grandi potenze che a Londra hanno riconfermato la loro collaborazione.

Ed a mio rimesso avviso converrebbe che da parte nostra nulla venisse trascurato per dare a Varsavia l'impressione che l'Italia, apprezzando l'apporto che la Polonia ha deciso di dare alla Convenzione danubiana, non manca di tenere nella massima considerazione la speciale situazione della Polonia nell'Europa Orientale. Perché se la Francia si ostinasse a voler piegare la Polonia ed umiliarla in un'accettazione forzata degli obblighi contenuti nel progetto orientale, non ci si deve nascondere il pericolo che Varsavia identifichi in Berlino il solo punto di appoggio per allontanare l'amaro calice.

L'Italia non si è mai trovata come in questo momento a rappresentare un fattore determinante della politica polacca. Dinanzi alle tendenze negative del Reich ad ogni progetto europeo, nelle quali esso cerca di compromettere al massimo la Polonia profittando delle sue necessità come delle sue debolezze, vi è soltanto l'Italia che chiamando la Polonia a compiti positivi, contrasta efficacemente la manovra hitleriana che la Francia favorisce in certo modo con il suo corruccio, l'esagerazione di linguaggio e le pubblicazioni tendenziose della sua stampa all'indirizzo della Polonia. Questo fatto è importante non solo ai fini del nostro prestigio, ma anche per gli sviluppi che si vogliono dare alla collaborazione fra gli Stati principali europei perché soltanto per la sua posizione geografica, anche se non vi fosse tutto il resto, la Polonia rappresenta un elemento indispensabile all'organizzazione della sicurezza in Europa.

La visita di Goering ha voluto essere un sondaggio delle intenzioni della Polonia riguardo ai problemi che interessano la Germania, dopo la sorpresa suscitata a Berlino dalle favorevoli disposizioni polacche alla Convenzione da

nubiana, ma è stata anche -lo stesso Beck me lo ha detto -una nuova calorosa offerta di collaborazione che il Ftihrer ha fatto alla Polonia facendo dire da Goering che è suo vivo desiderio sviluppare i ·rapporti attuali polonotedeschi e renderli sempre più stretti ed efficienti nel presente e nel futuro.

Su questa offensiva d'amicizia che la Germania sviluppa a Varsavia ho intrattenuto il mio Collega di Francia perché ne sia tenuto conto a Parigi dove il risentimento sembra far nascere la presunzione di condurre Beck a Canossa.

Non è da meravigliarsi se la Polonia dopo le decisioni di Londra pensi seriamente al da farsi.

Vi è una convenzione danubiana voluta dall'Italia alla quale la Polonia ha aderito e vi è un Patto Orientale che la Francia vuole imporre e che la Polonia non gradisce. Vi è la Germania che pare si disponga ad esaminare sia pure a denti stretti la possibilità di aderire alla prima, pur restando negativa nei confronti del secondo. Vi è l'Inghilterra che aderisce alla prima e continua, senza peraltro entrarvi, ad appoggiare il secondo. Germania e Polonia son dunque spinte a stringersi sul fronte che le accomuna dinanzi alla proposta che respingono, e non è nell'interesse di nessuno degli altri far sì che tale fronte e tale collaborazione si allarghino, magari soltanto in un giuoco d'astuzia che ritardi l'opera iniziata a Roma e proseguita a Londra.

È invece interesse italiano che la Polonia possa agire magari se del caso direttamente, su Berlino come ha già fatto spontaneamente a Budapest, per appoggiare la Convenzione di Roma e convincere il Reich a discutere su quel terreno e non su quello del Patto Orientale, le sue questioni morali, il riarmo, il ritorno a Ginevra ecc. ecc.

Tali considerazioni sorgono alla lettura del comunicato ufficiale di Londra il quale contiene un periodo che qui si attende di chiarire, dove si parla di un « regolamento generale ottenuto con liberi negoziati fra la Germania e le altre Potenze~ il quale «provvederebbe all'organizzazione della sicurezza in Europa particolarmente con la conclusione di un patto liberamente negoziato fra tutte le parti interessa te, assicurando l'assistenza scambievole nell'Europa Orientale e realizzando per l'Europa Centrale il sistema previsto nel processo verbale di Roma~

I due patti si fonderebbero dunque in un regolamento g~nerale? E quale sarebbe la parte dell'U.R.S.S. nella combinazione? E quale quella della Cecoslovacchia e della Lituania?

Qui gli ottimisti inclinano a credere che la formula più sopra riprodotta sia stata escogitata forse per offrire, attraverso le libere discussioni previste, il modo di liquidare il Patto Orientale così come era stato progettato finora, senza che la sua mancata realiz~azione costituisca uno scacco per l'indirizzo politico di nessuna capitale ed interpretano l'adesione inglese al protocollo romano e il rafforzamento della collaborazione franco-inglese come il premio ottenuto dalla Francia per l'abbandono della sua politica filo-sovietica, ma abbiamo visto che vi è anche chi l'interpreta come un pericolo d'isolamento della Polonia e della Germania, potenze confinanti e indispensabili alla riorganizzazione europea.

E questo ho ritenuto opportuno portare a conoscenza dell'E. V.

565

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 582/56 R. Parigi, 8 febbraio 1935, ore 13 (per. ore 17).

Mio telegramma n. 54 (1).

Segretario generale affari esteri mi ha telefonato iersera tardi per dirmi che, dopo un esame più approfondito della questione, non gli sembrava così difficile come gli era parso in un primo tempo di darci la contropartita nello stesso accordo di assistenza mutua aerea.

Ha insistito che si trattava di un punto di vista suo personale che egli avrebbe procurato di fare accettare dal suo ministro e dall'ufficio del Qual d'Orsay.

Segretario generale ha precisato che mi diceva questo perché supponeva che un accordo separato con l'eventuale partecipazione di Stati centro-balcanici potesse incontrare difficoltà a Roma.

Ho replicato nel senso delle istruzioni di V.E. di cui al telegramma n. 70 (2), ossia che non ci sembra infatti opportuno, almeno per il momento, una estensione ad altri settori del proposto accordo di assistenza mutua aerea, il quale è connesso al patto di Locarno.

Si dovrebbe dedurre da quanto mi ha detto Léger che il Qual d'Orsay abbia abbandonato definitivamente idea di un accordo separato con la partecipazione dei centro-balcanici.

Mi preme inoltre di precisare che a ripetuta e insistente offerta di accordare una contropartita non ho dato risposta di merito.

Mi sono limitato a prendere atto.

V. E. giudicherà dell'accoglienza da farvi.

Converrà considerare con ponderazione l'offerta francese la quale sotto un aspetto, potrebbe alla fine impegnare l'Italia a qualche cosa di analogo ad una vera e propria alleanza ( 3).

566

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 1202/42 P. R. Washington, 8 febbraio 1935, ore 18,23 (per. ore 4,30 del 9).

Conversazione avuta ieri al Dipartimento di Stato, mi induce richiamare l'attenzione dell'E. V. su situazione che si sta creando in questi circoli politici, nei riguardi della pretesa propaganda fascista e che minaccia assumere aspetti sgradevoli.

(l} Cfr. n. 558.

Devo premettere che da qualche tempo giornale antifascista Stampa libera andava asserendo che attività politica degli agenti del fascismo avrebbe formato oggetto di inchiesta da parte autorità americane.

Non credetti dover attribuire soverchia importanza a tale affermazione fino a quando giornale New York Evening Post confermò recentemente stessa notizia pubblicando ragguagli particolareggiati circa reclami che sarebbero stati presentati e verbalmente illustrati tanto al Dipartimento di Stato quanto al Dipartimento Lavoro da una commissione di cittadini americani.

Ritenni allora opportuno controllare notizia presso competente funzionario del Dipartimento di Stato, col quale sono in buone relazioni personali.

Parlandomi a titolo confidenziale, predetto funzionario mi ha confermato che negli ultimi tempi reclami contro propaganda fascista sono diventati sempre più insistenti, che alcuni senatori e deputati ne sono rimasti impressionati e che Dipartimento di Stato aveva dovuto esercitare opera di persuasione per ottenere che la questione non venisse sollevata subito pubblicamente al Congresso.

Parlamentari interessati si erano lasciati indurre a soprassedere alla presentazione delle loro interpellanze in attesa che Dipartimento stesso avesse potuto compiere discreta inchiesta e presentare un rapporto sulla situazione.

Questo rapporto è in corso di preparazione e mio interlocutare non mi ha nascosto che pur constatando molta esagerazione da parte degli accusatori, rapporto stesso non potrà fare a meno di riconoscere fondatezza di taluni fatti, che dal punto di vista americano, si presteranno a critiche ed obiezioni.

Ho domandato allora di conoscere questi fatti, i quali mi sono stati indicati nell'ordine seguente:

l o -Atteggiamento del viceconsole in Detroit Ungarelli, il quale in occasioni diverse, avrebbe oltrepassato giuste misure nella esplicazione della sua funzione consolare con atti di prepotenza verso cittadini americani perché non favorevoli fascismo.

Reclami generici concernenti propaganda politica, sono stati presentati anche contro viceconsole in Pittsburgh Sircana.

2° -Propaganda politica e interferenze nelle scuole americane, esplicata dai maestri italiani inviati dalla direzione generale italiani all'estero scuole per la diffusione della lingua italiana.

Sono stati segnalati in modo particolare maestri aggregati ai consolati New York, Filadelfia e Detroit.

3° -Distribuzione di libri di testo italiani in alcune scuole pubbliche americane, nonché in quelle parrocchiali frequentate da allievi di razza italiana.

4° -Partecipazione ragazzi americani ai campeggi estivi organizzati dalla segreteria fasci all'estero.

Ho discusso i vari punti rilevando infondatezza o quanto meno esagerazione delle accuse mosse ai due funzionari consolari nonché ingiustificazione apprensioni nutrite verso attività che mirano unitamente a scopi educativi e culturali nel campo della collaborazione itala-americana.

43 -Document'ì Diplomatici -Sen~ VII -Vol. XVI

Funzionario del Dipartimento di Stato ha ribattuto che personalmente egli non metteva menomamente in dubbio buone intenzioni del Governo italiano nel promuovere ed aiutare tali iniziative ma che esse presentavano alcuni aspetti di nostra ingerenza nella vita americana.

Egli si riservava approfondire con me singoli argomenti appena avesse completato esame delle diverse questioni ma mi chiedeva fin da ora di collaborare con lui per evitare inasprimento di una situazione che il Governo degli Stati Uniti era particolarmente desideroso («most anxious ») di appianare in modo soddisfacente.

II presente telegramma continua col numero di protocollo successivo (l).

(2) -Protocollo particolare per Parigi del n. 554. (3) -Questo telegramma fu comunicato a Londra con t. per corriere 206 R. del 9 febbraio.
567

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1204/43 P.R. Washington, 8 febbraio 1935, ore 18,49 (per. ore 7,15 del 9).

II presente telegramma fa seguito a quello avente il n. di protocollo precedente (2).

Pur senza esagerarne portata giudico che richiamo fatto da Dipartimento di Stato non possa essere ignorato se si vogliono evitare ripercussioni sfavorevoli anche di carattere politico.

In proposito sottometto a V. E. seguenti considerazioni:

1°) Occorre anzi tutto rendersi conto che Governo degli S.U.A. non può vedere con larghezza di vedute attività straniere che abbiano per effetto di marcare o incoraggiare distinzioni di nazionalità fra diversi elementi della popolazione ritardando quella fusione che esso si sforza di raggiungere con ogni mezzo.

Non deve quindi stupire che autorità americane subordinino obbiezioni contro nostre interferenze nei cosidetti ambienti itala-americani i quali sono oggi costituiti in grandissima maggioranza da cittadini americani;

2°) Non ho bisogno di ripetere quanto vado segnalando oramai da due anni e cioè estrema sensibilità di questa opinione pubblica in materia di propaganda straniera.

È evidente anche che correnti politiche contrarie al Fascismo si tengono sempre pronte a sfruttare qualsiasi incidente che possa ingenerare sospetto di ingerenza delle autorità fasciste nella vita americana;

3°) Governo centrale ed in particolare Dipartimento di Stato si sono finora mostrati propensi a tenere debito conto delle ragioni ideali che spiegano nostro interessamento per la gente di razza italiana negli S.U.A.

Essi non possono però non preoccuparsi delle correnti nazionali e degli umori del Congresso dove domina spirito dell'« Americanismo al 100% ».

Per tutte queste ragioni è ovvia necessità di usare massima moderazione e tatto nonché ogni possibile precauzione di forma nella esplicazione di attività le quali, non rientrando nel campo delle tradizionali funzioni diplomatiche e consolari, risultano necessariamente soggette ai limiti fissati dal maggiore o minore buon volere del Governo locale (1).

(l) -Cfr. n. 567. (2) -Cfr. n. 566.
568

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 584/16 R. Bucarest, 8 febbraio 1935, ore 21,45 (per. ore 4,30 del 9).

Questo Governo si prepara dare a me ed al mio collega di Francia risposta scritta al passo fatto da noi per invitare la Romania a fare conoscere se disposta di partecipare all'accordo per l'indipendenza dell'Austria.

Da informazioni assunte a fonte diretta mi risulta che Governo romeno d'accordo con gli altri due Governi della Piccola Intesa (le risposte pur essendo intonate non sarebbero però identiche) farà conoscere che è pronto a partecipare alla convenzione però sotto « certe riserve » che saranno espresse nel corso di negoziati e non, dico non, nella risposta che ci sarà diretta, con cui ci si farà conoscere inoltre che Romania è lieta potere essere ammessa fin da ora all'accordo di consultazione.

Mi sono preoccupato di appurare in via confidenziale quali sarebbero le «riserve» che la Romania si prepara richiamare nel corso dei negoziati. A quanto mi risulta, esse sarebbero le seguenti:

lo -La Romania considera che l'impegno di non immistione nelle cose interne dell'Austria non dovrebbe estendersi alla restaurazione asburgica, che la Romania non considera come una questione puramente interna dell'Austria, bensì come un problema di carattere internazionale (2).

2° -L'impegno di non immistione, non dovrebbe estendersi ad eventuali tentativi di plebiscito che potrebbe rappresentare il mezzo per rimettere sul tappeto la questione dell'Anschluss;

3° -La Rom,ania ritiene infine che se in applicazione del futuro accordo per l'indipendenza dell'Austria fosse chiamata ad intervenire militarmente essa avrebbe diritto durante le operazioni militari ad essere garantita contro ogni eventuale aggressione da parte terzi (Ungheria).

(}03

Era interessante conoscere se questo ultimo punto adombrasse una richiesta di « garanzia mutua~ fra i firmatari della convenzione.

La risposta che mi è stata data è decisamente negativa: la Romania cioè, si rende conto che la convenzione «per l'Austria~ non può costituire punto e pretesto per una richiesta di garanzie della sicurezza e della frontiera dei firmatari.

Mi è risultato che la Jugoslavia però non vede con eguale chiarezza l'impossibilità di conseguire tale garanzia: che essa quindi insisterebbe per ottenere se non nella convenzione per l'Austria, almeno a parte, una dichiarazione «italiana~ della intangibilità del suo territorio.

(l) -Non si pubblicano i successivi t. r. 1203/45 P. R. dell'8 febbraio t. r. 1230/46 P. R. del 9 febbraio e t. 1411/55 P. R. del 15 febbraio, che si riferiscono allo stesso argomento. (2) -Cfr. quanto comunicò Rocco con t. per corriere 731/025 R. del 14 fe,bbraio relativo alla risposta cecoslovacca alla comunicazione dell'accordo !taio-francese del 7 gennaio: «Nella risposta cecoslovacca non vi sarà condizionamento dell'adesione al programma di Roma ad impegni o chiarimenti antiasburgici, come erano corse voci qui e altrove. Benes mi ha detto che si rende conto del1e difficoltà cui ciò condurrebbe principalmente verso Austria, dove in questo momento elementi Jegittimisti sono di innegabile utllità al Governo. Ciò non toglie che Stati Piccola Intesa rimangono nettamente contrari a restaurazione absburgica (come .'iferisco più ampiamente con citato rapporto) e ritengono poter contare su appoggio della h,rancia ».
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 200/75 R. Roma, 8 febbraio 1935, ore 23

Suo telegramma n. 19 (1). Settima nota etiopica in quanto riepiloga precedenti note di codesto Governo e conferma versione, non rispondente a realtà dei fatti, dell'incidente di Ual-Ual, rende necessaria opportuna replica da parte nostra. V. S. vorrà pertanto dirigere a codesto Governo apposita nota mettendo in evidenza:

1°) Che dettagliati rapporti nel frattempo giunti da Mogadiscio, verbali interrogatori disertori etiopici, nonché altri documenti in nostro possesso, sempre più confermano la responsabilità dei capi abissini nell'incidente di Ual-Ual; che circa preteso bombardamento Ado codesta R. legazione deve confermare quanto già comunicato a codesto Governo, per istruzioni R. Governo, con apposita nota (telegramma di V. S. n. 783) (2); ed infine che anche la versione etiopica del fatto verificatosi presso Afdub giorno 28 dicembre non corrisponde con quanto al riguardo ha riferito il Governo di Mogadiscio. Trattasi di nostre pattuglie di collegamento fra due nostri posti fissi nelle vicinanze di Afdub le quali, fatte segno a fucilate, risposero al fuoco senza tuttavia ingaggiare com

·attimento. Fatto non riveste del resto alcuna importanza particolare e non esce dagli episodi che già nel passato si sono verificati in quella regione. Questo per quanto si riferisce ai punti uno e due della nota etiopica.

2°) Circa presenza nostro presidio Ual-Ual (di cui alla lettera a) del punto terzo nota etiopica) V. S. vorrà ricordare che codesta R. legazione, ha già espresso .1elle sue precedenti note l'opinione del R. Governo, che non vi è motivo di modificare, e cioè .che tale presenza è legittima e conforme ai vigenti Trattati secondo i quali Ual-Ual appartiene alla Somalia Italiana.

n. -329.

3°) Quanto fatto presente alla lettera b) del punto 3, deriva dall'erroneo apprezzamento da parte del Governo etiopico circa l'appartenenza dei pozzi di Ual-Ual. Essendo tali pozzi compresi in territorio Somalia, nostro comandante non poteva, come è ovvio, consentire ad armati etiopici di entrare in territorio italiano.

4°) Affermazione contenuta alla lettera c) del punto 3, secondo cui nostro presidio Ual-Ual non avrebbe risposto alla protesta della commissione angloetiopica « altrimenti che con l'attacco del 5 dicembre ) deve venire nettamente respinta da parte nostra. V. S. vorrà a tale riguardo porre in rilievo che alla protesta della commissione predetta capitano Cimmaruta non soltanto rispose per iscritto, ma si recò anche personalmente al campo di detta commissione, per chiarire situazione. Ciò è provato dalla stessa relazione deUa commissione, datata da Ado il 30 novembre 1934; come pure dalla stessa relazione è provato che, partita la commissione, il capitano Cimmaruta fece ai capi etiopici varie proposte intese tutte ad evitare possibilità di incidenti. Tali proposte per esplicita dichiarazione contenuta nella relazione citata, non (dico non) furono accettate con pretesti vari dal comandante etiopico le cui truppe andarono continuamente aumentando sino giorno 5 dicembre in cui nostro presidio fu assalito.

5°) Anche per quanto riguarda questione delimitazione frontiera SomaliaEtiopia V. S. vorrà far rilevare a codesto Governo che affermazione contenuta al punto quattro della sua ultima nota non è esatta, in quanto, come è ben noto a codesto Governo, non più tardi dello scorso agosto, V. S. ebbe a dichiarare sia al Blatingheta Herui, sia allo stesso Negus che R. Governo era disposto procedere delimitazione confini Somalia. Governo etiopico rispose esprimendo avviso che due Governi procedessero previamente, ciascuno per conto proprio, allo studio di tale questione e che quindi tecnici delle due parti si riunissero ad Addis Abeba per delimitare confine sulle carte prima di recarsi sul terreno.

R. Governo aderì a tale proposta e procedette agli studi necessari che sono ora ultimati.

Demarcazione confine sul terreno deve essere eseguita secondo disposto dai trattati vigenti, ad opera di una apposita commissione composta di delegati dei due Governi interessati.

6°) Infine V. S., riferendosi alla conferma contenuta nell'ultima frase della nota etiopica che appello Ginevra non pregiudica negoziati diretti fra i due Governi, vorrà informa're che codesta legazione si riserva ulteriori comunicazioni non appena ricevute istruzioni da questo R. Ministero.

(l) -T. 79/19 R. del 5 gennaio non pubblicato, con eu! veniva trasmessa la settima nota etiopica ed. !n Il conflitto itala-etiopico, pp. 129-131. (2) -T. 4506/783 R. del 29 dicembre, non pubblicato: presentazione della nota d! eu! al
570

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 620/016 R. Parigi, 8 febbraio 1935 (per. Z'11'

Da qualche tempo e da varie parti viene riaffacciata l'idea di un patto mediterraneo.

Questo ministro degli esteri, prima del viaggio a Londra, mi ha detto incidentalmente che non corrispondeva al vero, che egli avesse assunto precisi impegni al riguardo con gli Stati interessati. Egli aveva soltanto dichiarato, a Ginevra, ai ministri degli esteri di Romania, di Turchia, di Jugoslavia e mi pare anche di Grecia, che, senza impegnarsi per nulla, avrebbe, presentandosene l'occasione, intrattenuto V. E. circa il desiderio degli Stati precitati di stringere un accordo sul genere di quelli danubiano e del nord-est. Il signor Lavai non è entrato in particolari né io ho creduto opportuno di seguirlo su quell'argomento, anche perché egli insistette nel dirmi che la Francia riconosceva esplicitamente che l'iniziativa doveva essere riservata in ogni caso all'Italia.

Nel pensiero del signor Lavai, il patto del sud est dovrebbe costituire l'ultimo anello della catena dei patti collettivi intesi a costituire un regime di sicurezza ,alla Francia ed ai suoi amici.

Per quanto il signor Lavai sia stato preciso e deciso nel senso che egli non intende assumere una parte principale riguardo all'accordo in discorso, non è possibile escludere che, sotto la pressione di Titulescu e consoci, sia indotto, alla fine, a un'azione più zelante e magari a prendere qualche iniziativa poco opportuna. Per parte mia vigilerò per tenere V. E. informata.

571

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, VOLLGRUBER

APPUNTO. Roma, 8 febbraio 1935.

Il Ministro Vollgruber mi informa che il Ministro di Francia a Vienna Puaux ha parlato al Ministro Berger della possibilità di un patto di amicizia austro-francese, presentando la cosa però come una propria idea.

Il Ministro mi avverte che in Austria non si crede che sia un'idea del Ministro Puaux. Ad ogni modo se così fosse si ritiene che prima di parlarne al Governo austriaco ne abbia informato ed abbia avuto il consenso da Parigi. Il Ministro Berger ha risposto come dall'unito appunto. Il Ministro Berger chiede di conoscere al più presto l'opinione in merito del Governo italiano perché appena ottenuto questo si darà una risposta alla Francia.

Il Ministro austriaco mi parla pure della risposta data dal Governo di Vienna a Budapest, in merito alle osservazioni fatte dal· signor Goemboes al Ministro d'Austria a Budapest (vedi precedente rapporto) (1). A tale proposito il Ministro d'Austria mi lascia l'unito appunto.

Il signor Vollgruber chiede infine che gli sia comunicata la risposta cnt a suo tempo verrà data a Berlino nei riguardi del «patto di non ingerenza~, tale risposta l'Austria vorrebbe comunicarla anche a Berlino.

Lo assicuro che non mancheremo di tenere informato il suo Paese.

ALLEGATO l

PHOPOSITION PAR LE MINISTRE DE FRANCE DE LA CONCLUSION D'UN TRAITE D'AMITIE AUSTRO-FRANçAIS A L'OCCASION DE LA VISITE DU CHANCELIER ET DES MINISTRES DES AFFAIRES ETRANGERES A PARIS

Le Baron Berger a répondu qu'il devrait encore réflechir. Le Baron Berger est de l'avis que nous pourrions relever, en principe, cette idée et conclure avec la France un Traité d'amitié lequel, il est vrai, ne devrait, en aucun cas, dépasser le cadre du premier traité austro-italien d'amitié, de conciliation et d'arbitrage du 16 Février 1930 et dévrait, selon son avis, se conforme.r autant que pOSSiible à ce traité quant à la forme et .a.u contenu. L'intention de conclure un tel traité serait, le cas échéant, insérée dans le communiqué sur la visite de Paris, étant donné que les negociations qui seraient éventuellement à ouvrir à ce sujet, ne pourraient pas encore étre terminées jusqu'à la date du voyage.

Le Baron Berger attache le plus grand prix à savoir, avant tout, ce qu'en pense

S. E. M. Mussolini. Seulement après avoir établi à l'espèce une conformité absolue des points de vue des Gouvernement autrichien et italien, nous allons répondre au Ministre de France.

Le Baron Berger croit que le Ministre de France reviendra déjà ces jours-ci sur son idée et serai.t donc très reconnaissant de connaitre aussi vite que possible l'opirnon de V. E. et de S. E. M. Mussolini.

ALLEGATO II

COMUNICAZIONE DEL MINISTRO D'AUSTRIA D'INCARICO DEL SUO GOVERNO

Il Ministro d'Austria dando seguito alle istruzioni pervenutegli, ha esposto al Ministro degli Esteri ungherese che il Governo Federale ha una impressione assolutamente favorevole degli accordi di Roma e che ha un interesse a favorire ed accelerare 1a realizzazione degli accordi previsti, speci·almente della Convem~ione di non-ingerenza.

Parlando delle informazioni dateci da parte ungherese durante il corso delle negoziazioni, il Ministro ha detto al signor de Kànya che il Governo ungherese non ci avrebbe tenuto al corrente delle sue idee così bene come noi lo avessimo fatto in riguardo al Governo ungherese delle nostre idee. Kànya ammise che le notizie avute da parte nostra fossero forse più spesse e più dettagliate, ma insistette che avrebbe fatto sapere a noi tutto ciò che avrebbe saputo, o pel tramite del Ministro di Ungheria a Vienna

o di persona in occasione del suo passaggio attraverso Vienna.

Del resto le cose si sarebbero sviluppate come l'avrebbe predetto: le vere negoziazioni sui patti comincerebbero soltanto adesso. Crederebbe che prima sarebbe concluso un patto generale di non-ingerenza come una specie di cornice, nella qua~e, più tardi, sarebbero conclusi accordi bilaterali fra i singoli stati. Così potrebbe a.cca.dere che, per esempio, fra Austria, Italia, Polonia e Ungheria sarebbero conclusi accordi di questo genere più lungimiranti e che l'Austria concluderebbe con singoli Stati convenzioni di non-ingerenza il contenuto dei quali sarebbe più lungimirante di quelle concluse coll'Ungheria. Su tutto questo dovremmo intenderei.

Il Signor de Kànya, assicurò infine il Barone Hennet in maniera, si potrebbe dire, solenne che nello spirito del trattato di amicizia terrebbe sempre al corrente il Governo Federale su tutte le intenzioni e tutti i passi dell'Ungheria.

(l) Cfr. n. 505.

572

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 608/202 R. Addis Abeba, 9 febbraio 1935, ore 18 (per. ore 6,30 del 10).

Mio telegramma n. 195 (l).

Sono stato ricevuto dall'Imperatore col quale mi sono espresso secondo le direttive generali ricevute dalla E. V., affermando avere istruzioni di riprendere secondo l'intesa di Ginevra negoziati diretti per solu:lione incidente UalUal; ho pure aggiunto che però tale desiderio era per il momento frustrato dal procedere Etiopia; ho quindi ripetuto e illustrato contenuto telegrammi di V. E. n. 61, 66 e 70 (2), facendo risaltare che di fronte atteggiamento nostri armati, continuava invece pressione etiopica e la provocazione anche oltre Afdub verso Ubertale.

Ciò in evidente contrasto con trattati vigenti e l'impegno assunto a Ginevra.

Ho appoggiato proposta di cui al telegramma di V. E. n. 70 e ho sottolineato tuttavia che se nostro atteggiamento era dettato dalla volontà risoluzione incidente, noi non potremmo evidentemente continuare ad assistere passivamente ad iniziative etiopiche in violazione impegno anzidetto e che in ogni modo responsabilità di prevalenti iniziative militari ricade sul Governo etiopico.

Imperatore, dopo essersi dichiarato lieto delle buone disposizioni del Governo italiano, mi ha:

l) assicurato essere mosso dalle stesse intenzioni: avrebbe dato istruzioni al Blata Herui di mettersi in contatto con me per la risoluzione incidente e all'occorrenza avrebbe egli stesso partecipato conversazioni;

2) mi ha dichiarato che le recenti perdite di alcune delle nostre bande armate in morti e feriti, quali gli avevo denunziato si era verificata dinanzi Gherlogubi e non Afdub;

3) mi ha dato assicurazione che gli ordini più precisi erano stati dati affinché gli armati etiopici non avanzassero dalle loro posizioni; escludeva quindi possibilità di ogni minaccia su Ubertale;

4) alla mia dichiarazione che in ogni modo prova di quanto avevo affermato era che attualmente gli etiopici occupavano località che pochi giorni fa erano da noi occupate, rispondeva che non gli risultava Afdub fosse stata occupata da armati etiopici.

Di Scillave non ha parlato.

5) Circa nostre proposte creazione di una zona neutra, mi avrebbe fatto conoscere risposta del Governo etiopico sui dettagli, pur essendo in principio disposto a prendere in considerazione richiesta.

Avendo io detto infine che le stesse mie istruzioni erano state date anche,

per quello che lo concerne, a S. E. De Bono, Imperatore mi ha domandato come

mai, viste queste buone disposizioni del R. Governo, si stavano facendo ingenti preparativi militari nelle nostre due colonie vicine.

Ho risposto che tali provvedimenti avevano carattere precauzionale e difensivo. giustificato dall'aumento degli apprestamenti bellici etiopici verificatisi questi ultimi tempi, dal pericoloso stato di nervosità dell'Impero etiopico, dalla perdurante propaganda contro di noi.

Ha cosi avuto termine il lungo colloquio.

(l) -T. 565/195 R. del 7 febbraio, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 525, 541 e 546.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

T. 209 R. Roma, 9 febbraio 1935, ore 23.

(Per Parigi) Il R. ambasciatore a Londra telegrafa quanto segue: (riprodurre telegramma da Londra n. 65) (1).

(Per Londra) Suo n. 65. Ho telegrafato al R. ambasciatore a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Informo V.E. per sua norma che condivido quanto il R. ambasciatore a Londra ha detto nell'ultima parte del suo telegramma circa opportunità che connessione o meno patto assistenza aerea e regolamento generale debba servirei, eventualmente, per portare Governo francese idea patto unico.

V. E. potrà servirsi di questa indicazione come sua norma di linguaggio per il caso che in occasione visita Simon a Parigi ella venga interpellato sull'argomento.

574

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 621/017 R. Parigi, 9 febbraio 1935 (per. l'11).

Telegramma di V. E. n. 51 (2).

Questo ministero degli affari esteri che aveva promesso di dare non appena possibile indicazione per concretare data della comunicazione contemporanea ai rappresentanti della Lituania a Roma, Parigi e Londra, ha atteso fino a tre giorni or sono il parere che al riguardo aveva chiesto a Londra. Ieri il signor Bargeton ha fatto sapere che il Governo di Londra aveva fatto una contro-proposta a Parigi e, direttamente, credeva di sapere, anche a Roma.

La proposta inglese contemplerebbe, ha accennato il signor Bargeton senza meglio specificare, un passo nelle tre dette capitali, come era stato proposto; accompagnato però da una comunicazione che nello stesso tempo dovrebbero fare i rappresentanti dei tre Governi a Kaunas.

(1) -Cfr. n. 559. (2) -Cfr. n. 495.
575

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 9 febbraio 1935.

Il signor de Chambrun mi rimette l'unito appunto contenente le osservazioni francesi al progetto italiano (l) di risposta alla Germania.

Avverto l'Ambasciatore che abbiamo anche qualche osservazione da parte austriaca. Esamineremo i due documenti e poi comunicheremo a Parigi le nostre impressioni.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI (2)

APPUNTO.

Le Gouvernement français remercie très vivement le Gouvernement Italien d'avoir bien voulu lui communiquer un projet de réponse à la note de l'Ambassade d'Allemagne sur le Pacte de non ingérence et il se propose de son còté de soumettre très prochainement au Gouvernement Royal le texte qu'il envisage d'adresser au Gouvernement du Reich. Il est heureux de constater par la Iecture du projet italien qu'il existe une concordance générale entre ses vues et celles du Gouvernement Royal. Les points particuliers sur lesquels il se permet de formuler certaines remarques sont les suivants:

·Préambule -Il y a intérét à préciser que l'engagement prévu au procès-verbal de ne pas << susciter ou favoriser » une propagande subversive, doit s'accompagner de l'engagement pour chaque contractant, de ne pas «permettre » une telle propagande sur son propre territoire, mais cette précision semble plus à sa piace dans le paragraphe

I. En visant, en effct, dans le préambule la notion de « territoire », on risque de lui conférer une portée trop générale, laissant croire que l'interdiction de « susciter ou favoriser » est également limitée au territoire du contractant. Or une propagande contre l'Autriche, par exemple exercée en Autriche méme ou sur le territoire d'un Etat tiers, doit tomber également sous le coup de la convention.

Paragraphe I -Aucune remarque à faire.

Paragraphe II -Nous sommes d'accord sur le principe que tous les Etats contractants ont un droit égal à user de la faculté d'ajouter à l'obligation générale de non immixtion et de consultation l'engagement particulier en cas de manquement, de faire respecter cette obligation en ce qui concerne tout ou partie seulement des autres contractants. ·

Par contre, en subordonnant, comme parait l'admettre le projet italien, l'adjonction de chacun de ces engagements particuliers au consentement de tous !es autres contractants, meme de ceux qui, pour leur part, ne seraient disposés à en prendre aucun on rendrait pratiquement très doutense la conclusion d'aucun engagement de garantie.

Pour tenir compte de la préoccupation du Gouvernement italien, c'est-à-dire pour éviter que des ententes séparées n'interviennent en déhors de l'ensemble des contractants et dans un esprit différent de celui du pacte projété, il conviendrait de donner à, ces accords particuliers la forme d'engagements facultatifs incorporés au traité général, tous !es signataires du traité en ayant ainsi connaissance et pouvant, chacun pour sa part, les souscrire soit au moment de la signature, soit ultérieurement.

Paragraphes 3 et 4 -Aucune remarque à faire.

Paragraphe 5 -Il ne suffirait pas d'indiquer que les obligations résultant du traité envisagé et leurs modalités d'application ne pourTont etre contraires aux principes généraux du pacte de la S.d.N. -Il faudrait encore préciser que les faits considérés comme des manquements au traité projété pourront étre portés devant le Conseil de la S.d.N. ~~(

En effet, une consultation entre les signataires (qu'il y aurait d'ailleurs intéret à prévoir dans le traité) t:eut etre nécessa.ire au cas où certains d'entre eux estimeraient que les engagements généraux ne sont pas observés. Or, en pareil cas, il n'est pas certain qu'on puisse toujours se dispenser de recourir au Conseil de la S.d.N. pour faire constater le manquement caractérises.

Ce ~recours ne retarderait pas le jeu de l'assi:stance si, comme dans le traité de Locarno, il était prévu qu'en cas de violation flagrante cette assistance serait prétée immédiatement et sans attendre la décision du Conseil de la S.d.N. -Par contre, la possibilité d'une telle procédure constituernit un frein contre les dénonciations abusives ou tendancieuses. Elle ménagerait d'autre part le moyen d'associer éventuellement la Grande Bretll!gne au jugement ·i:ntemational qui consac:revait la légittimité de l'acUon requise.

Il convient au surplus de noter que par le protocole N. l du 4 Octobre 1922 relatif à la restauration économique et financière de l'Autriche, les Gouvernements français italien, anglais et tchécoslova.que se sont déjà engagés à saisir le Conseil de la S.d.N. des faits qui, dans une certaine mesure, pourraient tomber également sous les coups du tra.ité projété; d'où 1a nécessité d'éviter que deux procédures distinctes engagées parallèlement ne puissent conduire à des constatations différentes ou qu'on ne puisse en conclure qu'un des actes entame la validité de l'autre.

Les faits considérés comme des manquements •au trnité projté devraient, étre portés devant le Conseil de la S.d.N.

(l) -Cfr. n. 529. (2) -Ed. con varianti formali in D D F, vol. IX, pp. 282-283.
576

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 9 febbraio 1935.

Il signor Ducic viene ad intrattenermi ancora sul caso Zingarelli (1). Lo avverto che si daranno disposizioni per sequestrare il volume.

Mi parla poi dei profughi croati che girerebbero ancora per l'Italia e che sarebbero accolti da. noi in numero rilevante alle frontiere. Lo avverto che le sue informazioni sono sbagliate. I croati rifugiati in Italia sono tutti a Lipari meno i due arrestati a Torino. Il Ministro insiste sulla sua versione e parla anche di manifestazioni irredentiste in Italia (accenna ad una manifestazione pro Dalmazia avvenuta a Trieste con l'intervento delle autorità).

Gli rispondo che non sono informato di ciò; comunque le manifestazioni irredentiste in Italia praticamente non esistono; non altrettanto si può dire .di quanto avviene in Jugoslavia. Se io dovessi adottare il suo sistema di presentare delle note per ogni piccolo fatto, dovrei inviargli una valanga di carte.

Dubito che il sistema buono per migliorare i rapporti dei nostri due Paesi sia quello di raccogliere tutte le informazioni tendenziose e infondate e di gonfiare ogni piccolo incidente.

(l) Cfr. n. 497.

577

L'ADDETTO STAMPA A VIENNA, MORREALE, AL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI

L. P. Vienna, 9 febbraio 1935.

Mi riferisco al Suo recentissimo telegramma (1).

L'interessato (2), che ho potuto vedere solo oggi perché fino a stamane assente da Vienna, accetta in massima l'offerta e ringrazia. Si riserva di fissare la data dopo essersi accordato col Cancelliere al quale però non parlerà della cosa finché non avrà avuto per tramite del Ministro Preziosi l'invito ufficiale dell'Istituto. Ciò perché in tal modo potrà molto più facilmente superare le eventuali obbiezioni. Devo avvertirla che anch'io, sia per non urtare possibili suscettibilità, sia perché mi sarebbe stato impossibile di dire le ragioni ultime della visita, non ho informato Preziosi. Le sarò molto grato se vorrà farlo Lei, tn modo assolutamente indipendente da questo nostro carteggio, allorché trasmetterà in via ufficiale e corredato dal Suo parere espressamente favorevole, !'invito dell'Istituto. Mi permetto farLe presente l'opportunità che tale invito giunga qui con una certa sollecitudine, non essendo escluso che il Cancelliere intraprenda il 20 corr. il suo viaggio per Parigi e Londra. Aggiungo, infine nella speranza che il mio parere non Le torni sgradito -che io sono sempre d'avviso che una visita dell'interessato a breve scaden~a. e cioè subito dopo il ritorno di Schuschnigg da Londra, sarebbe molto opportuna

578

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 661/023 R. Vienna, 11 febbraio 1935 (per. il 13).

Berger ebbe a dirmi avant'ieri, prima di partire per la sua campagna, di avere telegrafato a Vollgruber circa un'importante questione, nei cui riguardi desiderava ottenere al più presto l'avviso di S. E. il Capo del Governo.

Stante la presenza di altri colleghi non mi dette altri particolari, limitandosi a pregarmi d'andarlo a vedere stamane; aggiunse tuttavia che la questione non era urgente, avendo egli comunicato a Vollgruber tutto il suo pensiero, interamente approvato da Schuschnigg.

Stamani mi ha poi detto che trattavasi di una proposta fattagli, a titolo personale, dal mio collega di Francia, circa la conclusione di un patto di amicizia e di arbitrato austro-francese. Al riguardo mi ha letto le istruzioni impartite a Vollgruber e la risposta pervenutagli stamani stesso da questo ultimo, e della quale egli mostravasi del tutto soddisfatto (3).

Berger ha aggiunto di avere visto poco innanzi Puaux, con cui nel primo

colloquio si era riservato di dare una risposta «solo dopo un maturo esame

(l} Non rinvenuto. (2} Annotazione a margine: « starhemberg ». (3} Cfr. n. 571.

della proposta,, e di avergli comunicato di essere favorevole alla medesima, rimettendogli al tempo stesso un esemplare del trattato di amicizia italo-austriaco del 1930, al quale dovrebbe esattamente corrispondere il patto austrofrancese.

Puaux ha replicato che avrebbe senz'altro telegrafato al suo Governo sia la sua proposta che la favorevole impressione riportata dal Berger; ha poi accennato che il Patto avrebbe dovuto essere concluso durante l'imminente visita austriaca a Parigi. Al che Berger ha fatto le sue riserve, essendo egli del parere che l'idea del patto in questione debba apparire come soltanto agitata ed esaminata nella visita in parola.

Da parte mia ho avuto la sensazione che Berger non si nasconda la poco favorevole impressione che il patto austro-francese non mancherà di destare in alcuni circoli di questa opinione pubblica, ma che, malgrado ciò, egli sia compiaciuto di poter procedere ad una nuova sua attività diplomatica, di particolare rilievo.

È tuttavia da rilevarsi che il patto in questione sarà sfruttato da quelle camarille cristiano-sociali che cercano con ogni mezzo contrastare il movimento heimwehrista, e ciò anche con l'esaltare oltre misura -in relazione all'Italia l'importanza ed il prestigio politico della Francia: così come ne è recente prova l'opuscolo trasmesso a V. E. col mio teleposta n. 318 (1).

Berger mi ha infine detto che avrebbe ragguagliato oggi stesso Starhemberg sulla proposta francese e sul seguito ad essa dato.

579

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 11 febbraio 1935.

L'Ambasciatore Drummond è venuto a chiedermi qualche informazione sul comunicato relativo alla mobilitazione di due Divisioni. Il Governo inglese è tranquillo sulle nostre intenzioni in seguito alle assicurazioni che sono state date a mezzo del nostro Ambasciatore a Londra. Tuttavia il richiamo di una classe -se questo è il provvedimento -che vuol dire oltre 100 mila uomini, non può non suscitare l'interesse del suo Governo. Egli tiene a riaffermare le intenzioni amichevoli del Governo inglese nei riguardi dell'Italia e mi comuni

Ad ogni modo desidero rilevare che essa campagna tende non soltanto a colpire l'attuale Ministro degli Esteri per eccessivo italofilismo, ma anche lo stesso movimento heimwehrista, sul punto che esso si baserebbe eccessivamente sull'Italia, allorché questa, sia per complesso della situazione internazionale e sia per altri pretesi motivi (taluni accennano agli stessi accordi italo-francesi di Roma), dimostrerebbe non avere tutte le risorse della Francia, con cui invece l "vecchi" cristiano-sociali avrebbero sempre cercato, con provvida avvedutezza, mantenere l migliori rapporti».

ca anche (notizia che già abbiamo da Londra) che il Colonnello Clifford è stato inviato ad Addis Abeba per ragioni puramente tecniche, ma che ha l'istruzione precisa di non ingerirsi in questioni politiche.

Rispondo all'Ambasciatore che non conosco i particolari tecnici del provve· dimento; ad ogni modo si tratta della mobilitazione di due Divisioni il che vuol dire soltanto alcune migliaia di uomini per completarla fino a raggiungere gli effettivi di mobilitazione.

Ad ogni modo il provvedimento ha carattere precauzionale: gli avvenimenti in Abissinia non possono !asciarci indifferenti; dall'incidente di Ual-Ual, che noi abbiamo l'impressione sia stato preordinato secondo un piano più vasto, i nostri presidii di confine non sono stati più lasciati in pace; nell'Ogaden vi è un ammasso di truppe -oggi ha superato i 30 mila uomini -che non accenna a fermarsi. Riceviamo continuamente segnalazioni, oltre che di movimenti di truppe verso i nostri confini, di invio di armi e di mezzi bellici che entrano in Abissinia da tutte le frontiere.

La tendenza xenofoba e bellicosa in Abissinia è in continuo progresso. Non abbiamo ragione di dubitare delle intenzioni pacifiche dell'Imperatore, ma possiamo invece dubitare della sua autorità e del suo effettivo controllo sui circoli nazionalisti xenofobi e sui capi che cercano di forzargli la mano. Non vi è dubbio che in certe regioni, specialmente verso i confini, il Governo abisslno non è in grado di garantire la tranquillità e la sicurezza.

Riferisco all'Ambasciatore una voce che ci è stata comunicata, che anche se non vera è sintomatica, per caratterizzare la situazione: si dice che i francesi vorrebbero presidiare temporaneamente un pozzo a 100 chilometri dalla loro frontiera per regolarvi l'afflusso delle varie tribù dato che gli abissini non sono in grado di garantirne la sicurezza (l).

Tutto ciò non ci allarma perché siamo decisi a fronteggiare qualsiasi evenienza, ma c'impone di prendere determinate misure per la nostra tranquillità e sicurezza. D'altra parte noi siamo in trattative con l'Imperatore per la liquidazione di questi incidenti.

L'Ambasciatore Drummond che mi è sembrato piuttosto preoccupato ed incerto mi ha ringraziato per le indicazioni dategli (2).

(l) Annotazione a margine di Mussollni "'Che cosa è?'' Altra annotazione di mano ignota: «Oscar Bam Europa 1,935". Cfr. quanto riferl in proposito Preziosi con 11 R.r. 613/403 del1'11 febbraio: «le indagini da me effettuate circa l'opuscolo relativo alla polltica estera 1935, di cui era oggetto il mio telespresso n. 318, hanno portato alla conclusione che l'apparente autore di esso, sig. Bam, un pubbllcista di assai scarso valore, ex-capo dell'Ufficio Stampa del Vice Cancelliere Winkler, trovasi adesso in stretti legami col Mataja, il quale potrebbe essere quindi, più che l'ispiratore, il redattore stesso del llbretto...

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, GOMEZ OCERIN

APPUNTO. Roma, 11 febbraio 1935.

L'Ambasciatore di Spagna· mi chiede notizie sulle conversazioni di Londra. Gli do' alcuni sommari ragguagli.

R. -del 12 febbraio per norma di !lnguagglo. A Washlngton fu aggiunta l'istruzione di intonare la stampa.. anche in relazione ad un'intervista che il corrispondente da Roma dell'« United Press » doveva avere con il rappresentante etiopico.

Il signor Ocerin è stato molto lieto dell'accoglienza fatta in Italia al discorso del Ministro degli Esteri spagnuolo <l). È la prima volta, dice l'Ambasciatore, che un Ministro della Repubblica si esprime in termini convenienti sull'Italia.

Lo spirito in !spagna nei riguardi dell'Italia è completamente cambiato. Ora la Spagna tende a fare una politica più attiva ritenendo di essere rimasta troppo da parte dal movimento internazionale (2).

(l) -La notizia era stata comunicata da Vinci con t. 615/208 R. da Addis Abeba del 10 febbraio, non pubblicato. (2) -Il contenuto di questo appunto fu comunicato a Londra, Parigi e Washlngton con t. 218
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 670/228 R. Addis Abeba, 12 febbraio 1935, ore 18 (per. ore 13,10 del 13).

Mi riferisco ai telegrammi di questa legazione· circa atteggiamento inglese e, da ultimo, al telegramma n. 157 (3).

R. console Harrar continua a segnalare sintomi che rendono atteggia~ mento inglese verso gli abissini estremamente sospetto, oltre a quello segnalato precedentemente, R. console comunica che:

lo -Essi continuano in Somalia sorreggere sottomano soldati fuggiaschi e disertori abissini, cui prestano cure; 2° -Continuano fornire etiopici di viveri, merci varie fra cui lubrificanti e essenze; 3° -Hanno consigliato etiopici trasportare in volo a Addis Abeba bombe e... (4) evenienza nostro attacco aereo; 4° -Forniscono consigli tecnici agli etiopici per difendersi dai carri armati;

5° -Medico inglese giunto Harrar recentemente per visitare i feriti UalUal degenti ospedale, ha invitato medico curante compilare per ciascun ferito verbale da cui risulti entità e qualità ferita Cse di arma fuoco, bianca o bomba). Dottore ungherese Jantzur nostro protetto si è rifiutato con pretesto;

6° -Malgrado pericolosa situazione Ogaden ufficiali inglesi scorrazzano in lungo e largo da Gigh-Giga a Gherlogubi in prossimità nostre linee: loro presenza è segnalata saltuariamente a Gigh-Giga, Dagahabur, Buloale, Gherlogubi.

Due ufficiali inglesi con relativa scorta, provenienti in autocarro da Ogaden giunsero ad Harrar, si abboccarono con Gabrè Mariam, ripartirono poi per Dire Daua e Gigh-Giga;

7° -Intanto, come ovvio, cominciano a circolare tra la popolazione voci secondo cui inglesi spalleggiano etiopici contro gli italiani;

8° -Ufficiali inglesi in compagnia di Fitaurari Tesama sotto pretesto delimitazione confini anglo-etiopici, riuniscono capi etiopici di Bartiroh, degli Abasgul, dei Gheri, per avere da essi dati e chiarimenti: procedono misurazione terreno e inventariano pozzi da Bulale a Gigh-Giga con l'aiuto perito ingegnere inglese.

Tale attività non manca sollevare vivo fermento fra Cabile somale Ogaden che parlano addirittura di «cessione» Cigh-Giga e zone limitrofe agli inglesi (mio telegramma n. 94) (l).

Dottore Taezaz al quale R. console ha fatto cenno di ciò, ha risposto trattarsi di lavori di «stabilimento zone pascolo» previsti nello scambio di note quattro giugno 1897 Rennell Rodd-Macocen.

Giardini segnala che speciale commissione di somali è venuta Harrar per protestare contro Gabré Mariam: accondiscendenza inusitata etiopici verso gli inglesi sarebbe stata da questi ultimi compensata con promesse di aiuti contro di noi, rappresentati non solo da forniture viveri e merci, ma soprattutto da nuovi stati di fatto che così creati in favore degli inglesi, costituirebbero migliore ostacolo a nostra eventuale avanzata in quella zona.

Invio per corriere rapporto Giardini e, come già ebbi occasione di fare a Roma, mi permetto, come già il R. incaricato d'affari di attirare ogni più particolare attenzione sull'atteggiamento inglese, anche per quanto si riferisce all'interpretazione che inglesi danno allo stabilimento zona di pascolo di cui a precedente corrispondenza.

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -Sugli accordi Mussolini-Lava!. (2) -Comunicato a Madrid con teloopr. 205303/8 del 19 febbraio. (3) -T. 450/157 R. del 29 gennaio. non pubblicato. (4) -Gruppo !ndec!frato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 723/035 R. Berlino, 12 febbraio 1935 (per. tl 17).

Ho preso visione col massimo interesse dei rapporti del R. ambasciatore a Londra (2), comunicatimi con i telespressi di V. E. nn. 204198 e 204199 dell'8 corrente.

Se si tiene conto della data in cui fu .redatto il mio telegramma per corriere n. 0312 del 20 dicembre (3), assai prima cioè del convegno di Roma e della votazione per la Saar, mi sembra che le informazioni trasmesse da Berlino abbiano trovato conferma in quanto riferì da Londra S. E. Grandi circa le disposizioni del Governo britannico verso la Germania con particolare riguardo ai problemi degli armamenti in genere e di quelli aerei in ispecie.

In un rapporto del R. ambasciatore a Londra, in data del 21 gennaio, ho rilevato il seguente periodo: «Le notizie che giungono a Londra dànno infatti dei segni di una rinnovata attività tedesca un poco dovunque, a Memel ed a

Danzica, in Austria, nel territorio di Eupen e Malmedy, mentre non so con quanta fondatezza si è diffusa improvvisamente l'idea che la Germania intenda al più presto risollevare la questione delle sue ex-colonie africane'>.

Tre sere or sono, dopo un pranzo al quale avevamo entrambi assistito, sir Eric Phipps, nel parlarmi degli appetiti della Germania, mi disse che durante il soggiorno a Berlino di lord Rothermere e precisamente la sera in cui il cancelliere del Reich offerse un pranzo in onore del nobile lord, Hitler, discorrendo con il suo ospite e servendosi di sir Eric Phipps come interprete (dato che il cancelliere non sa altra lingua che il tedesco e che lord Rothermere non conosce che l'inglese) disse di essere certo che questi si sarebbe fatto paladino, sui suoi giornali ed in Parlamento al momento opportuno, di un'altra giusta aspirazione del Reich, quella di riavere le colonie. Il mio collega inglese mi confidò che, prima di tradurre questa frase di Hitler, aveva ritenuto necessario dire al cancelliere del Reich, a scanso di qualsiasi equivoco, che il Governo britannico non aveva alcuna intenzione di ammettere che si parlasse di rivendicazioni coloniali della Germania. Egli riferì quindi a lord Rothermere la frase di Hitler informandolo di quanto aveva dal suo lato detto al cancelliere. E siccome lord Rothermere, con la leggerezza che gli è abituale, aveva risposto che avrebbe tenuto presente il desiderio espressogli, di cui riconosceva il buon fondamento, sir Eric Phipps aveva nuovamente creduto dire a Hitler che l'opinione espressa dal nobile lord era puramente personale e contrastava in modo assoluto con le vedute del Governo di Sua Maestà Britannica.

Sir Eric Phipps aggiunse che potevo facilmente comprendere quanto spiacevole fosse stata la sua situazione e prese occasione da questo episodio per ripetermi quanto egli ritenesse nocivi viaggi come quelli di lord Rothermere, lord Allen of Hartwood e del marchese di Lothian (l).

(l) -T. 315/94 R. del 19 gennaio, non pubblicato. (2) -Cfr. nn. 459 e 476. (3) -Cfr. n. 315.
583

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DEL BELGIO A ROMA, LIGNE

APPUNTO. Roma, 12 febbraio 1935.

L'Ambasciatore de Ligne viene a comunicarmi che da parte del Governo di Bruxelles si sono date delle severe istruzioni al Comandante la Miss,ione Militare belga in Abissinia di attenersi strettamente al proprio compito che è quello della istruzione militare.

Ha aggiunto che il fatto che Germania non avesse finora sollevato tale questione non significava che in avvenire essa non potrebbe essere indotta a modificare suo atteggiamento anche su questo punto ed ha osservato che intransigenza francese aveva impedito un accordo sugli armamenti un anno fa, quando condizioni erano diverse dalle attuali e Germania possedeva soltanto un piccolo esercito di 100.000 uomini».

44 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

L'Ambasciatore mi chiede se abbiamo avuto ulteriori lagnanze sul conte dei componenti la Missione. Gli ho risposto che negli ultimi tempi non ci è risultato nulla di specifico per quanto riguarda l'attività dei detti istruttori. L'Ambasciatore prega di segnalargli ogni inconveniente ed egli si farà un dovere di darne notizia a Bruxelles. Espongo all'Ambasciatore, su sua ,richiesta, le ragioni della nostra parziale mobilitazione (l).

(l) Si pubblica, qui un brano del t. 546/40 R. del 5 febbraio relativo a dichiarazioni fatte da Hitler a François-Poncet riferite da Phipps a Cerruti: <<Cosi, ad esempio, Governo del Reich non aveva mai sollevato questione zona smilitarizzata che pure costituisce notevole limitazione al principio della parità.

584

APPUNTO (2)

Roma, 12 febbraio 1935.

Ha telefonato da Londra il Comm. Vitetti per informare che sono state presentate alla Camera dei Comuni alcune interrogazioni *sugli avvenimenti in Abissinia e, in particolare, sul richtamo della classe 1911 * (3).

Simon risponderà in base alle informazioni fornite da Drummond in seguito ai colloquio avuto 1'11 corrente con S. E. Suvich (4).

Simon inoltre desiderava sottoporre in visione a S. E. Grandi per avere il Suo parere le risposte che egli leggerà domani ma questi ha ritenuto opportuno declinare l'invito.

Il Comm. Vitetti ha anche informato che il Foreign Office ha chiesto se le trattative Halo-etiopiche per dirimere l'incidente « conti[nuano] ».

È stat[o rispos]to al Comm Vitetti, per sua norma di condotta, che [le trattativ]e attualmente «continuano>> ma non si può prevedere [se «contin]ueranno » in futuro.

585

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 663/70 R. Londra, 13 febbraio 1935, ore 3,51 (per. ore 9).

Foreign Office mi ha informato di avere ricevuto stamane da codesto ambasciatore d'Inghilterra un telegramma nel quale questi riferisce un suo colloquio con S. E. Suvich (4). Quanto S. E. Suvich ha detto a Drummond è di piena soddisfazione del Governo britannico, e Simon se ne varrà per rispondere interrogazioni che da parte vari deputati sono state presentate alla Camera dei

Comuni sulla situazione in Abissinia e sulla nostra controversia col Governo etiopico.

Egli si propone, f.ra l'altro, di mettere in rilievo che le misure militari italiane hanno carattere precauzionale e che le trattative tra i due Governi per una soluzione dell'incidente di Ual-Ual intanto continuano. Questo Simon farà soprattutto per calmare le apprensioni che si sarebbero manifestate in alcuni ambienti parlamentari circa una nostra imminente azione in Abissinia.

Ho risposto che atteggiamento moderato e conciliativo tenuto dal Governo italiano non può essere messo in dubbio e la buona volontà di evitare incidenti risulta chiaramente dai fatti.

Non bisogna tuttavia che abissini credano che noi non intendiamo reagire a operazioni belliche delle quali essi prendessèro iniziativa. Le nostre misure precauzionali, rese necessarie dalla tracotanza abissina, devono permetterei di reagire al momento che noi stimiamo opportuno.

Mi è stato fatto osservare che gli incidenti sono stati finora provocati da capi locali, che si sottraggono al controllo dell'Imperatore e agiscono per conto loro.

Non si può quindi far risalire all'Imperatore ed al Governo etiopico responsabilità delle loro azioni.

Ho replicato che se Imperatore non è in grado di mantenere l'ordine e di far rispettare dai suoi gli impegni internazionali che egli ha assunti, egli non può lamentarsi delle misure che prendiamo per proteggerei.

Il presente telegramma continua col n. di protocollo successivo (1).

(l) -Cfr. il seguente brano del t. per corriere 743/011 R. di Ferrone, Bruxelles, 15 febbraio: «Va però rilevato il significativo riserbo mostrato da quasi tutti i giornali belgi i quali evitano, per lo più, di esprimere giudizi recisi al riguardo e si mostrano, del resto, generalmente a noi favorevoli». (2) -L'appunto, redatto su carta intestata del Gabinetto, è privo di firma. Le lacune sono dovute al deterioramento del documento. (3) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini. (4) -Cfr. n. 579.
586

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 666/71 R. Londra, 13 febbraio 1935, ore 3,50 (per. ore 10,15).

Il presente telegramma fa seguito a. quello precedente (2).

Avendo Thompson accennato alle ripercussioni che nostra azione potrebbe avere sulla S.d.N., ho risposto che, se Governo abissino non è in grado rispettare suoi impegni internazionali, esso non può rivolgersi alla S.d.N. perché vengono a mancare le stesse premesse in base alle quali è entrato a fare parte della

S.d.N. e fra le quali, come è esplicitamente stabilito nel Patto vi è il rispetto delle obbligazioni internazionali. Stessa osservazione gli ho ripetuto circa preparazione militare abissina, sui suoi rifornimenti di armi e munizioni all'Abissinia.

Riprendendo osservazioni fatte dal R. ambasciatore a Simon circa impegni che Inghilterra avrebbe in base trattato 1930 (3) di lasciare liberamente passare queste armi, ho richiamato attenzione di Thompson su ultimo paragrafo

dell'articolo 9 di detto trattato dove è chiaramente detto che autorizzazione al transito delle armi dovrà essere rifiutata qualora atteggiamento Abissinia o instabilità della sua situazione politica minaccino pace o tranquillità pubblica.

Non vi è dubbio che siamo proprio in questo caso poiché atteggiamento Abissinia nella controversia e incapacità Imperatore mantenere ordine non possono che essere considerati come minaccia alla tranquillità e alla pace.

Anche dunque da questo punto di vista Italia è nel suo diritto.

Thompson mi ha quindi espresso preoccupazione Foreign Office per la sicurezza dei sudditi britannici in Abissinia qualora tensione dei rapporti italaabissini diventasse acuta e elementi xenofobi prendessero sopravvento sull'Imperatore.

Ho risposto che misure precauzionali da noi adottate avranno, se mai, effetto rendere più sicura posizione degli stranieri poiché esperienza insegna che elementi xenofobi diventano più irrequieti e minacciosi quando credono trovarsi di fronte a una politica di debolezza, non quando si trovano di fronte a un atteggiamento deciso.

(l) -Cfr. n. 586. (2) -Cfr. n. 585. (3) -Cfr. n. 523.
587

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 682/237 R. Addis Abeba, 13 febbraio 1935, ore 12 (per. ore 22,35).

Mio telegramma n. 235 (l).

In lunga conversazione avuta stamane con Blata Herui, gli ho fatto innanzitutto rilevare (ciò che ritengo sarà il caso confermare per iscritto in risposta note 10a e 11") che mi meravigliavo altamente come reiteratamente egli parlasse nelle sue note di proposta Etiopia di costituire zona neutra, quando antecedentemente e precisamente il 7 corrente e 8 corrente avevo avanzato la proposta del R. Governo di cui al telegramma di V. E. n. 70 (2), al direttore generale e all'Imperatore.

Gli ho confermato argomenti di cui al telegramma suddetto e cioè quelli ...

In un primo tempo dichiarandosi d'accordo, ha proposto che zona fosse stabilita sulla carta qui; ho obbiettato l'impossibilità pratica di farlo e la convenienza invece che fossero date ai comandanti etiopici istruzioni analoghe a quelle inequivocabilmente da noi impartite alle nostre autorità.

Ho sottolineato urgenza provvedimento affinché sia creata atmosfera tranquilla per ripresa negoziati diretti per aggressione Afdub, circa i quali, mentre annunziavo nota di risposta a settima etiopica, ho dichiarato avere intanto dei suggerimenti personali da fare.

Ha mostrato non insistere nel suo concetto; mi ha detto che ne avrebbe parlato subito all'Imperatore e mi avrebbe dato risposta appena possibile. in ogni modo venerdì.

Mi assicurava d'altra parte di nuovo che ordini precisi erano già stati dati agli armati etiopici di non provocare assolutamente incidentì. Telegrafato Roma e Asmara.

(3) per quanto si riferisce a tale zona.

(l) -T. 667/235 R. del 12 febbraio, non pubblicato, col quale veniva comunicata la nota etiopica !n pari data edita in Il conflitto itala-etiopico, p. 153. (2) -Cfr. n. 546. (3) -Gruppo lndeclfrato.
588

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 669/61 R. Parigi, 13 febbraio 1935, ore 13,40 (per. ore 16,40).

Questo ministro degli affari esteri ha ripreso ieri mattina sue funzioni.

L'ho visto in giornata.

Circa ,intesa di Londra mi ha detto che non era stato fatto nessun passo avanti e che, tanto Quai d'Orsay quanto Foreign Office attendono che il Reich definisca suo atteggiamento, ciò che si crede possa avvenire a giorni e, in ogni caso, entro questa settimana.

Parlando del patto di mutua assistenza del nord-est e della scarsa possibilità di una adesione della Germania, Lavai mi ha dichiarato che la Germania stessa ha offerto alla Francia di partecipare invece a un patto di non aggressione con validità di dieci anni.

Ministro degli affari esteri ha portato in seguito discorso sulla Jugoslavia.

Mi ha chiesto se nuovo R. ministro avesse già assunto funzioni.

Ho risposto non sapevo dargli risposta precisa, ma che supponevo di no, non avendo letto nessuna notizia in proposito nei giornali. Lavai ha soggiunto che da Belgrado gli viene segnalata una certa irrequietezza. Ha alluso ad affidamenti verbali ricevuti dall'E. V. riguardo discorso che il nuovo R. ministro dovrà pronunciare all'atto della presentazione credenziali.

Da tali dichiarazioni La val si attende effetto tranquillante.

Ministro mi ha chiesto notizie della nostra azione in Abissinia.

Mi sono riferito alla comunicazione che d'ordine di V. E. ho fatto in di lui assenza al segretario generale degli affari esteri. Ho detto che gli abissini persistono nel darci serie noie, che non siamo disposti tollerare.

Lavai ha convenuto essere buona cosa dimostrare agli etiopici risolutezza.

Ha soggiunto sperare che non ci saremmo addentrati in un'impresa che avrebbe potuto ingrossare al di là delle nostre previsioni. Si è riferito al caso della Francia nel Rif. Ho rassicurato dicendogli che in questo momento noi ci difendiamo contro... (1).

Lavai mi ha detto infine che, per il momento, non ha possibilità di fare un soggiorno di riposo nel mezzogiorno della Francia. Continua col numero successivo (l).

(l) Gruppo lndeclfrato.

589

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'INCARICATO D'AFFARI D'ETIOPIA A ROMA, AFEVORK

APPUNTO. Roma, 13 febbraio 1935.

Richiamo l'attenzione del Ministro d'Etiopia sulla penosa impressione fatta in Italia dalle sue interviste in cui si parla di possibile aggressione italiana contro l'Abissinia e si ricorda, sotto luce tutt'altro che simpatica per l'Italia, la passata guerra fra l'Italia e l'Abissinia. Tali interviste egli ha dato ai giornali svedesi, alla Reuter, e al Petit Parisien, ecc.

Il Ministro afferma di non aver letto nessuna di queste interviste. Effettivamente egli parla con i giornalisti che vengono a vederlo, giustificando l'operato del suo Paese, ma non sa poi che cosa scrivono. Egli giustifica qualche accenno contro l'Italia col fatto che nel proprio paese egli è accusato di italofilia e si tiene in Abissinia un suo figlio in ostaggio. Il suo animo però riconosce l'Italia come la sua seconda patria ed egli perciò tende ad un accordo tra i due Paesi. Il Minist,ro ripete nel modo più deciso la sua convinzione che l'Abissinia non attaccherà mai l'Italia.

Gli rispondo che non ho motivo di dubitare della sua convinzione ma i fatti possono far intravedere il contrario. Dall'incidente di Ual-Ual in poi l'aggressività abissina ha avuto molte manifestazioni e noi dobbiamo prendere le misure di precauzione. È speranza del Governo Italiano che l'Abissinia si persuada del proprio torto e voglia corrispondere alle nostre richieste.

590

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. RR. 478/170. Londra, 13 febbraio 1935.

Con il mio telegramma n. 70 (2) ho informato V. E. di un nuovo colloquio che ho avuto ieri al Foreign Office con il signor Thompson circa la nostra controversia con l'Etiopia. Nel corso di questo colloquio il signor Thompson mi ha parlato di nuovo della situazione dell'Imperatore, delle difficoltà nelle quali egli si trova, e dell'azione indipendente che svolgono i capi locali in Abissinia, azione che è causa allo stesso Imperatore di preoccupazione e di danno.

Ho replicato che noi conosciamo benissimo questa situazione, e che abbiamo usato e usiamo verso l'Imperatore tutti i riguardi possibili. Ma non è ammissibile che la responsabilità del Governo etiopico venga, per così dire, coperta dalla sua incapacità a controllare la situazione. Se l'Imperatore non è in grado di far fronte alla irrequietezza dei suoi capi, e non si sente la forza di affrontarli e di piegarli, bisogna che egli riconosca il diritto che noi abbiamo a difendere per conto nostro i nostri interessi. Se egli vuole coprire la sua responsabilità non ha che ad agire contro i suoi capi. Sono questi infatti che minacciano, con la loro azione indipendente, l'integrità etiopica, non siamo noi a minacciarla poiché noi solo vogliamo difendere il nostro territorio e i nostri diritti, e mantenere l'ordine e la tranquillità nella zona di frontiera.

Avendomi il signor Thompson accennato alle ripercussioni che la nostra azione potrebbe avere in seno alla S.d.N., cosa della quale il Governo britannico soprattutto si preoccupa, ho risposto che questa questione della S.d.N. deve essere ben chiarita. Il Governo etiopico parla sempre di ricorrere alla S.d.N., come se esso avesse un diritto precostituito ad avere ragione. Esso pare dimentichi che, al suo entrare alla S.d.N., esso è stato chiamato a dare «garanzie effettive » della sua intenzione di mantenere gli impegni internazionali. Tutto quello che nel Patto è stipulato a protezione degli interessi degli Stati è condizionato a questo concetto: che gli Stati adempiano ai loro impegni internazionali. Una volta che un Governo non vuole o non può tenere fede ai suoi impegni, esso non può neppure invocare a sua difesa la stipulazione del Patto. Se l'Imperatore è impotente a far rispettare dai Capi locali le norme del diritto internazionale e le regole del buon vicinato, vuol dire che egli non può mantenere le «garanzie effettive» che ha dato entrando nella S.d.N. Con questo egli è fuori del Patto, e non può quindi chiedere che le controversie nelle quali i suoi Capi lo trascinano vengano risolte in base al Patto.

In realtà la situazione etiopica non interessa la S.d.N., ma essenzialmente le tre potenze, i cui possedimenti confinano con l'Abissinia. Questa è la sola maniera realistica di considerare il problema. Se le tre potenze faranno sentire al Governo etiopico che esso è responsabile delle iniziative dei Capi locali, e dell'ordine e della tranquillità delle zone di frontiera, gli .incidenti cesseranno, e noi potremo non solo regolare, con mezzi pacifici, le nostre controversie con il Governo etiopico, ma fl!nche sviluppare quell'opera di civilizzazione dell'Abissinia, nella quale è nostro intendimento lavorare d'accordo con l'Inghilterra e con la Francia.

Questo principio della solidarietà delle Tre Potenze è stato finora costantemente mantenuto negli atti internazionali -dall'Accordo Tripartito al Trattato del 1930 per l'importazione in Etiopia delle armi e delle munizioni. Dicevo questo particolarmente in relazione ai colloqui che S. E. l'Ambasciatore aveva avuto con Sir John Simon e con Sir Robert Vansittart. Era inutile che io ripetessi quello che S. E. l'Ambasciatore aveva già detto.

Ma il Foreign Office era bene che si rendesse conto della grandissima importanza che l'Italia attribuisce alla questione del passaggio delle armi attraverso la Somalia Britannica.

Il Signor Thompson mi ha risposto che tanto Simon quanto Vansittart si erano resi perfettamente conto di questo, ed erano rimasti molto impressionati della reazione di S. E. l'Ambasciatore agli accenni che essi avevano fatto al Trattato del 1930. «L'Inghilterra -egli mi ha aggiunto -non ha nessun interesse ad armare l'Etiopia, ma tuttavia esiste il Trattato del 1930, e qualora noi ci trovassimo di fronte a una richiesta abissina, la nostra situazione potrebbe diventare imbarazzante».

Ho replicato che io non trovavo affatto che era così. Il Trattato del 1930 mentre fissa l'obbligo di concedere il passaggio delle armi, in tempi ed in condizioni normali, annulla poi, all'art. 9 della Parte II, quell'obbligo quando le condizioni dell'Etiopia siano turbate o vi sia una minaccia alla pace.

Il signor Thompson mi ha risposto che la stipulazione alla quale ·io mi riferivo riguardava piuttosto la situazione interna dell'Etiopia che le sue relazioni internazionali, e che non era facile applicarla alle condizioni presenti. « Con questo -egli mi ha aggiunto -non voglio affatto dire che noi siamo pronti a lasciar passare le armi, ma che non possiamo senz'altro rifiutarci eventualmente a farlo».

Ho replicato che non vedevo questa difficoltà. L'art. 9 non lascia libertà

-o meno di concedere il passaggio, ma obbliga gli Stati contraenti a rifiutarlo. Lascia solo libertà in caso che le armi siano destinate al mantenimento dell'ordine pubblico. Ora vediamo la situazione presente: da due mesi gli abissini stanno conducendo una propria e vera guerriglia alla nostra frontiera, attaccando i nostri posti, e provocando le nostre guarnigioni. Ammettiamo pure che si tratti di un'azione dei Capi locali. Ma da chi i Capi locali hanno avuto le armi e le munzioni? Non sono armi e munizioni fornite dal Governo etiopico? E non costituiscono queste armi una minaccia alla pace e alla tranquillità pubblica? Il Trattato del 1930 è fondato sul concetto che l'Etiopia non deve essere armata, che nei limiti delle sue necessità di ordine pubblico e della difesa contro le aggressioni. Questo risulta non solo dal Trattato, ma anche dalla Dichiarazione del Plenipotenziario Etiopico, dall'impegno che ha assunto l'Imperatore a non acquistare artiglieria pesante o aeroplani da combattimento, e di informare ogni anno l'Italia, l'Inghilterra e la Francia delle spese militari che l'Etiopia intendeva fare. Non si può dunque dire né che l'Etiopia può armarsi come vuole, né che l'Italia, l'Inghilterra e la Francia devono consentire al suo armamento. Anzi queste tre potenze si sono reciprocamente impegnate 'a non lasciare armare rEtiopia, nel caso che questa o minacci la pace, -o si trovi in condizioni di disordine che siano pericolose per essa.

Ho concluso dicendo al Signor Thompson: «se l'Imperatore non è in grado di controllare i suoi Capi, e questi svolgono un'azione disturbatrice della pace, l'Imperatore non può chiedere che alle armi destinate all'Etiopia sia dato libero transito. Queste armi infatti non sono destinate né a mantenere la pace né a difendere la tranquillità pubblica, ma proprio al fine contrar.io. Le potenze dunque hanno il dovere di rifiutare il transito delle armi sui loro territori; e quanto all'Inghilterra questo non vale solo per il Somaliland, ma anche per il Sudan e il Kenya ».

Con ciò ho inteso sopratutto di chiarire che se il Governo britannico vuole veramente -in omaggio a quelle precise ragioni che S. E. l'Ambasciatore ebbe a esporre a Sir John Simon, e che rappresentano il fondamento della nostra azione -rifiutare il transito delle armi per l'Etiopia, esso può benissimo valersi delle disposizioni stesse del Trattato del 1930.

In caso di un conflitto con l'Etiop,ia, non vi è questione che potrebbe avere a un certo punto piùù importanza di questa, e si intendono ben le ragioni per le quali il Foreign Office, che vuole scoraggiarci dall'idea di una guerra, cerchi di mettere innanzi tutte le difficoltà che si oppongono a una interpretazione del Trattato come quella che a noi interesserebbe. Il Signor Thompson quindi, senza espormi in realtà alcuna ragione specifica, ha tuttavia dimostrato di dissentire da me. Io, a mia volta, per lasciare traccia delle mie osservazioni, gli ho scritto stamane la lettera personale della quale accludo una copia.

Da tutto l'insieme della conversazione non ho tratto elementi di giudizio sostanzialmente diversi da quelli che a V. E. sono noti. Il Foreign Office si mantiene fedele al concetto che l'Inghilterra ha sopratutto interesse ad evitare un conflitto itala-abissino, e alla sua speranza che si venga ·a una soluzione della nostra controversia con l'Etiopia. Questo è particolarmente un voto di Sir John Simon, il quale tiene a mettere in rilievo che il Governo britannico, svolge opera di pacificazione e di conciliazione, il che è giudicato molto utile nei riguardi della politica interna inglese, e si inquadra nella concezione generale che il Gabinetto ha dei suoi interessi: che cioè ad esso convenga presentare al paese la sua politiea internazionale come diretta essenzialmente al mantenimento della pace e della stabilità.

ALLEGATO

VITETTI A THOMPSON

L. P. Londra, 13 febbraio 1935.

Yesterday, when I come to see you, I mentioned the last paragraph of article 9 of the 1930 Treaty regulating the importation into Ethiopia of arms, ammunition and im{Jlements of war. I have only got the french text of the Treaty and in this text the clause I am :referrtng to is formulated as follows:

«Toutefois, si l'attitude ou la situation troublée de l'Eth1opie menace la paix ou la tranquillité publique, l'autorisation de transit devra etre refusée par !es autorités des territoires limitrophes, jusqu'à ce que cette menace ait cessé d'exister. Cette disposition ne saurait faire obstacle à la possibilité d'un tel transit dans le cas où ces armes et munitions seraient necessaires pour permettre aux autorités éthiopiennes légitimes d'assurer le maintien de la tranquillité publique ».

It seems to me that this clause contains a precise reference not only to interna! but also to external facts. I could not otherwise understand what would be the meaning of the words: «si l'attitude de l'Ethiopie menace la paix ». Something could also be said about «tranquillité publique ». If the Ethiopian Government imports arms to be distributed among tribes, which cause disturbances at the Ethiopian frontiers, it could hardly be assumed that the Ethiopian Government need the arms for the «maintien de la tranquillité publique ».

Please consider this letter purely as a personal one. Neither have I instructions to raise such point nor do I know the views of my Government on the subject. But since it carne up in our conversation I thought better to read over again article 9, and tell you what I thought of it.

(l) -T. 676/63 R., pari data, che non si pubblica: conversazione con Léger sul progetto di patto di mutua assistenza aerea. (2) -Cfr. n. 585.
591

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 688/54 R. Washington, 14 febbraio 1935, ore 7,44 (per. ore 6,30 del 15).

Ho avuto stamane due lunghe conversazioni con sottosegretario di Stato

e con signor Murray, capo dell'ufficio che si occupa dell'Abissinia.

Valendomi degli elementi contenuti nel telegramma di V. E. n. 58 (1), ho

illustrato portata e scopi precauzionali delle misure militari adottate dal R. Go

verno e non ho avuto difficoltà a convincerli della giustificatezza di tali mi

sure, nonché della moderazione dell'attitudine italiana.

Sottosegretario di Stato mi ha confermato (telegramma di questa amba

sciata n. 52) (2) che Dipartimento di Stato era stato già informato dal suo

Incaricato d'affari ad Addis Abeba della attitudine bellicosa dei capi etiopici.

Comprendeva quindi necessità per l'Italia di tenersi pronta fronteggiare si

tuazione che potrebbe nascere qualora Imperatore pevdesse completamente

controllo sui Ras.

Esperienza fatta dallo stesso Governo degli S.U.A. nelle sue relazioni con

Governo etiopico gli permetteva di rendersi conto della difficoltà trattare con

paese semiselvaggio, dove potere centrale è obbligato continuamente a destreg

giarsi fra intrighi e minacce di insurrezioni.

Avendo io deplorato notizie allarmiste, troppo facilmente accolte dalla

stampa americana, sottosegretario di Stato mi ha spiegato che esse erano dovute

al carattere sensazionale delle corrispondenze da Roma circa mobilitazione,

convocazione Gran Consiglio fascista, venuta a Roma generale Balbo, ecc.

Tali notizie avevano dato impressione di preparativi su larga scala e si

prestavano ad essere sfruttate dai giornali a scopo pubblicità nonché ad essere

commentate nelle pagine editoriali nel senso che l'Italia si preparava a mettere

in esecuzione progetti di espansione coloniale dei quali si era tanto parlato in

occasione del viaggio Lavai a Roma.

Ho osservato allora che, poiché Dipartimento di Stato conosceva meglio si

tuazione reale delle cose, non doveva essergli difficile di indirizzare stampa

americana verso giudizi più ponderati.

Sottosegretario di Stato m.i ha promesso di agire in questo senso attraverso

ufficio stampa del Dipartimento di Stato.

Ha consigliato però di agire in. pari tempo direttamente sui corrispondenti .romani e specialmente su quelli delle due agenzie (Associated Press e United

Press), fornendo loro elementi necessari per rettificare impressioni provocate

da interviste e dichiarazioni di codesto incaricato d'affari abissino.

Circa designazione del signor Hanson come nuovo rappresentante ameri

cano ad Addis Abeba (miei telegrammi n. 48 e n. [50]) (3), il signor Murray mi

ha detto che il Dipartimento di Stato ha voluto mandare funzionario esperto e ponderato in sostituzione dell'attuale incaricato d'affari troppo giovane ed impressionabile.

Sto adoperandomi presso stampa nel senso desiderato. Smentita diramata dall'ambasciata (mio telegramma n. 51) (l) è stata pubblicata da tutti i giornali e citata anche in due successivi programmi radiofonici.

(l) -Protocollo particolare per Washington del t. di cui al n. 579, nota 2, p. 614. (2) -T. 673/52 R. del 3 febbraio. (3) -T. 646/48 R. del 12 febbraio e t. 678/50 R. del 13 febbraio, non pubblicati.
592

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 226/8 R. Roma, 14 febbraio 1935, ore 17,15.

Stazione radio Berlino ha diffuso data 12 corrente seguente notizia:

« Tokio -Preparativi militari italiani contro Abissinia sono seguiti con attenzione intensa, ma silenziosa. Si sa che simpatie giapponesi sono per Abissinia che ha accordato al Giappone diritto colonizzazione. Politica italiana ha incontrato poca comprensione nel Giappone come pure atteggiamento non ben definito Italia di fronte al Giappone relativamente alla Russia. Politica italiana in Europa in generale non è approvata negli ambienti politici giapponesi».

Prego telegrafare se quanto precede corrisponda effettivamente attuale atteggiamento codesta opinione pubblica nei nostri riguardi specialmente per quanto concerne nostre divergenze con Abissinia.

Di tale atteggiamento prego seguire e segnalare eventualmente concrete manifestazioni.

593

IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 687/19 R. Tirana, 14 febbraio 1935, ore 18,45 (per. ore 21,30).

Il Re mi ha parlato oggi a lungo della ripresa effettiva di una collaborazione fra l'Italia e l'Albania.

Mi ha fatto cenno della questione scolastica e più diffusamente di quella militare, date risoluzioni restrittive che situazione finanziaria gli impone per imminente inizio nuovo esercizio finanziario.

Mi ha espressamente autorizzato [ad esporre] di persona a V. E. situazione.

Salvo ordini contrari, verrei Roma entrante settimana.

(l) T. 674/51 R. del 13 febbraio, non pubblicato.

594

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 721/248 R. Addis Abeba, 15 febbraio 1935, ore 11 (per. ore 12,15 del 16).

Mio telegramma n. 213 (l).

Benché non ve ne sia ... (2) dall'esame della nota n. 10 (3) del Governo etiopico traspare intenzione interpretare decisioni Ginevra come ricorso all'arbitrato.

In ogni modo di questa tendenza mi è stato parlato da varie parti. Tale forma (4) evidentemente occorre ad ogni costo evitare.

Riprenderò appena possibile le conversazioni secondo le istruzioni dell'E. V.: ma ritengo che occorrerebbe esser pronti con qualche controproposta se etiopici dovessero resistere alle mie proposte e di nuovo parlare di arbitrato, poiché in tal caso l'opporre un semplice rifiuto ci porrebbe di nuovo nella stessa situazione del dicembre u.s.

Per quanto è possibile occorre ricercare via diretta uscita fuori dalle pastoie ginevrine. Ho avuto iersera una lunga conversazione col consigliere giuridico etiopico signor Auberson, che mi ha rinforzato in queste mie supposizioni.

Mentre mi sono mantenuto con lui sulle generaH, ma piuttosto su una linea più intransigente, egli, in sostanza, ha detto (come sua opinione personale ma evidentemente esprimendo il pensiero di questo Governo) che ritiene difficile date le opposte tesi, un componimento senza il ricorso ad un arbitrato o almeno ad un conciliatore. (Credo alludesse ai buoni uffici del ministro d'Inghilterra). Ed ha sostenuto anche la difficoltà che la delimitazione delle frontiere possa essere risolta direttamente fra di noi senza intervento di terzi.

Gli ho risposto con gli argomenti suggeritimi dall'E. V., e dicendo che non vedevo perché non si potesse trovare criterio di una soluzione soddisfacente con conversazioni dirette, come eravamo rimasti d'accordo a Ginevra, e con «i normali mezzi diplomatici» di cui all'articolo 5 del trattato del 1928, e avevo fiducia che governo etiopico si mostrasse ragionevole. Che avrei ripreso queste conversazioni, come avevo detto all'Imperatore, appena d'accordo definitivamente nella nostra proposta della costituzione di una zona neutra di qualche chilometro stabilita localmente.

Quanto aua delimitazione della frontiera, i trattati parlavano chiaro e la procedura del resto era già stata fissata recentemente fra il Blata Herui e me. Comunicato Roma e Asmara.

(l) -T. 626/213 R. del 10 febbraio, non pubblicato. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Trasmessa con t. 613/212 R. del 10 febbraio, non pubblicato. Cfr. Il conflitto italoettopico, p. 152. (4) -Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo di dubbia interpretazione».
595

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 700/249 R. Addis Abeba, 15 teòbraio 1935, ore 18 (per. ore 1 del 16).

Mio telegramma n. 237 (1).

Segretario generale affari esteri (Blata Herui ha sospeso [incontro] allegando futili pretesti) è venuto a vedermi portandomi uno schema di 56 istruzioni per l.a costituzione della zona neutra del seguente tenore:

1° -Comandante posto di Gherlogubi riceve l'ordine: A) di entrare in relazione col comandante del posto italiano di punto Axum (gli ho detto ritenere, su riserva conferma, il comandante si trovi a Uardaire). A questo scopo, dopo l'arrivo a Gherlogubi dei collaboratori di cui al punto C) domanderà colloquio al comandant'e italiano convenire attiguo luogo e ora per incontro.

B) Di procedere col comandante italiano allo stabilimento di una zona neutra provvisoria di sei chilometri di larghezza che sarà delimitata sul terreno.

C) Nelle conversazioni col comandante italiano e per la demarcazione tratto terreno della zona neutra provvisoria, il comandante etiopico di Gherlogubi sarà assistito da un ufficiale belga e da un ufficiale svedese, e da console Lorenzo Taezaz.

D) Lo statuto (sic) della zona neutra provvisoria sarà discusso sul posto ed i punti più importanti di questo statuto che dovrebbero essere specialmente determinati saranno:

l) le condizioni di accesso della zona da parte delle tribù delle regioni; 2) il diritto e le condizioni del passaggio delle tribù attraverso questa zona per recarsi dall'altra parte per abbeverare bestiame.

E) Il comandante etiopico ed i suoi collaboratori hanno il diritto e dovere di proporre e di prendere d'accordo col comandante italiano ogni altra misura complementare per assicurare il mantenimento della calma e della pace trattata.

Fine dello schema. Continua col numero successivo (2).

596

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 711/250 R. Addis Abeba, 15 febbraio 1935, ore 18 (per. ore 4 del 16).

H presente telegramma fa seguito a quello avente il n. di protocollo precedente (1).

Mentre ho preso atto dell'accettazione di principio del Governo etiopico della proposta da me fatta il 7 scorso, ripetendo che le autorità italiane avevano già ricevuto istruzioni di mettersi in contatto con i comandanti etiopici per la creazione della zona neutra, beninteso ristabilendo la situazione che abissini avevano modificata a loro favore dopo il 29 gennaio scorso, ho in linea generale osservato che non vedevo la necessità di tutta questa macchina quando mi sembra cosi semplice impedire il contatto fra gli armati.

Ho poi dichiarato:

1°) Che non potevo accettare i punti a) e c) che considerano la presenza di ufficiali di altre Potenze.

Segretario generale ha obbiettato trattarsi funzionari etiopici.

Ho insistito su questo punto svolgendolo opportunamente.

Gli etiopici faranno qui resistenza.

2°) Che solo i due comandanti avrebbero potuto decidere sul posto sulla larghezza della zona, circa terreno, e che sua estensione non poteva essere fissata da qui.

Qui gli etiopici mostrano non insistere. 3°) Che era ridicolo parlare di statuto della zona neutra; e quanto alle tribù, ritenevo oltremodo pericoloso che popolazioni, quasi sempre armate, oltrepassassero la zona; meglio decisamente indirla a tutti. Alle sue insistenze, ho replicato al segretario generale che non conosco bene la situazione e mi riservavo su questo punto. 4°) Che non vedevo quali altre misure ci sarebbero da prendere: ma che non vedevo difficoltà che eventualmente il comandante etiopico e quello italiano potessero fare delle proposte.

Infine, allegando l'urgenza di impedire nuovi incidenti, e dovendo per il resto attendere le istruzioni di V. E., ho invitato il segretario generale, invece di perder tempo in tanti dettagli, di provocare intanto istruzioni al comandante del posto di Gherlogubi per mettersi subito direttamente in contatto con comandante italiano che già da oltre una settimana ha ricevuto istruzioni opportune.

A scanso di ogni equivoco ho poi precisato per iscritto al segretario generale in una lettera privata queste mie osservazioni, respingendo soprattutto fin da ora presenza «collaboratori».

Credo che su questo punto occorrerà insistere ad ogni costo da Londra e

V. E. giudicherà se non convenga d'altra parte far comprendere ai Governi svedese e belga ragioni della nostra opposizione, e opportunità che ufficiali rispettivi si astengano dalla loro partecipazione, se V. E. approva mio atteggiamento.

Circa ristabilimento situazione, etiopici confermano che Afdub non è stato da essi occupato e ammetterebbero restasse nella zona neutra, mentre dicono avere occupato stabilmente Scillave dal 1931.

Sono in attesa delle istruzioni di V. E. anche per ciò che concerne il punto d) versione dello schema etiopico. Comunicato Roma e Asmara.

(l) -Cfr. n. 587. (2) -Cfr. n. 596. (3) -Cfr. n. 595.
597

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 725/038 R. Berlino, 15 febbraio 1935 (per. il 17).

Mio telespresso n. 0595/272 in data odierna (1).

Nel rimettermi questa mattina il promemoria tedesco, redatto come risposta al protocollo di Londra comunicato al Governo del Reich da questi ambasciatori di Francia ed Inghilterra, il barone von Neurath mi informò di avere chiamato nel pomeriggio di ieri presso di sé i miei due colleghi predetti e di avere loro consegnato il documento di cui si tratta.

Egli desiderava darne comunicazione pure al Governo italiano, firmatario e garante del trattato di Locarno. Il barone von Neurath mi pregò inoltre di fare conoscere a V. E. le seguenti sue osservazioni al promemoria:

poiché la prima parte del Protocollo di Londra era stata redatta in termini generali, quasi come un riassunto della situazione politica del momento, il Governo del Reich aveva creduto seguire la stessa linea di condotta nel redigere il documento di risposta. Per tale ragione il promemoria tedesco menziona nella sua prima parte il desiderio di pace come un postulato che corrisponde alle aspirazioni della Germania non meno che a quelle degli altri Stati europei, saluta con soddisfazione la fiducia riposta dai Governi francese ed inglese nelle conversazioni confidenziali fra le singole Potenze, dichiara di voler sottoporre a diligente esame i vari problemi europei, accenna alla sicurezza del Reich, data la sua situazione geografica nel cuore dell'Europa come ad uno dei motivi da cui sarà guidata la Germania, unitamente con il desiderio di pace, nell'esaminare i suddetti problemi.

Nell'accennare alla necessità di evitare una corsa agli armamenti il Governo del Reich credette poi ricordare che il pericolo suddetto è la conseguenza del mancato disarmo da parte degli Stati potentemente armati. Esso esprime poi la fiducia che soltanto lo spirito delle libere convenzioni fra Stati sovrani, menzionato nel comunicato franco-inglese, permetterà di regolare in modo duraturo le relazioni internazionali in materia di armamenti.

Come si vede non fu menzionato il protocollo di Roma, circa il quale il Governo del Reich chiese chiarimenti, ai quali attende risposta. Neppure fu menzionato il patto orientale dato che il Governo del Reich nel settembre scorso fece conoscere al riguardo le proprie obbiezioni, sopratutto circa la proposta mutua assistenza, e che la risposta ricevuta dal Governo francese non diede soddisfazione alle osservazioni tedesche.

Neppure si menzionò la S.d.N., dato che il punto di vista del Governo del Reich è e rimane quello che esso solo dovrà eventualmente giudicare se e quando saranno state eliminate o superate le molte ragioni che lo indussero ad uscire dal Congresso Ginevrino. Occorre che tutti si rendano conto che in tale

materia il Governo tedesco non intende trattare con altri Stati ma essere unico giudice del modo, del tempo e delle condizioni in cui eventualmente entrare nuovamente nella S.d.N.

Nella seconda parte del promemoria il Governo del Reich si dichiara disposto a concludere al più presto la convenzione di assistenza aerea, come mezzo per incutere spavento agli eventuali disturbatori della pace.

Poiché questo argomento è stato così diffusamente dibattuto sinora in conversazioni anglo-francesi, il barone von Neurath mi ha detto che, senza che costituisca per la Germania uno speciale interesse conoscere se la paternità della proposta convenzione aerea spetti agli uomini di Stato francesi od a quelli inglesi (argomento che, aggiunse il ministro degli affari esteri del Reich, sembra formare in questo momento argomento di litigio) essa riteneva che dovesse ora venire il turno di conversazioni dirette ed esaurienti al riguardo fra Berlino e Londra. Donde l'invito contenuto nel promemoria al Governo inglese, nella sua qualità di partecipe alle conversazioni di Londra e di Stato garante del Trattato di Locarno, di addivenire ad immediato scambio di idee con il Governo del Reich.

Ho chiesto al barone von Neurath se egli ritenesse che la convenzione di mutua assistenza aerea dovesse menzionare le forze aeree dei vari Stati. Egli protestò energicamente contro una simile eventualità, dicendo che se si fosse menzionata una sola cifra, la convenzione sarebbe fallita miseramente. Si doveva fare al più presto una convenzione di poche righe stabilendo solo l'impegno dei firmatari di attaccare, a titolo di punizione, lo Stato firmatario che avesse osato aggredire dall'aria uno degli altri Stati contraenti. E' vero, aggiunse il ministro degli affari esteri del Reich, che rimarrà poi sempre aperta la questione di definire l'« aggressore», ma appunto per ciò è preferibile mantenersi in linee generali.

Ho chiesto pure al barone von Neurath se la convenzione di assistenza aerea non dovesse essere preceduta -siccome mi sembrava logico dal punto di vista giuridico -dalla revoca delle disposizioni della parte V del Trattato di Versailles.

Mi fu risposto che questa era una questione di secondaria importanza per la Germania il cui interesse era quello di poter concludere al più presto la convenzione suddetta.

Dalla lettura del documento di cui si tratta appare evidente che esso è stato redatto in modo diverso da quello che era il pensiero del signor von Bi.ilow (mio telegramma per corriere n. 031) (l) e più conforme alle vedute del cancelliere del Reich e del signor Alfredo Rosenberg, con il preciso intento di provare all'opinione pubblica tedesca che Ia sola via giusta è quella degli «accordi a due» patrocinati da Hitler.

Il modo semplicista e brutale che dir si voglia adottato dal Governo del Reich nel proporre le conversazioni a due con l'Inghilterra non potrà non suscitare aspri commenti e rancori a Parigi.

Esso indica in modo manifesto la direttiva da cui si lasciò guidare il Governo del Reich: quella di pensare che il Governo britannico desidera essenzialmente

garantire la propria sicurezza e quella di Londra mediante la convenzione di mutua assistenza aerea e che, ottenuto che abbia questo scopo, potrebbe disinteressarsi alle conclusioni delle altre convenzioni e degli altri patti che riescono così ostici alla Germania e che essa desidera quindi vedere tramontare.

Ne ebbi del resto la conferma da quanto mi disse stamani il barone von Neurath. Quando gli domandai infatti se egli avesse informazioni precise sopra le idee che si nutrivano al riguardo a Parigi, se cioè il Governo francese non considerasse come un tutto unico ed inscindibile il raggiungimento della «sicurezza » mediante la conclusione dei patti orientale e danubiano e della convenzione di assistenza aerea, in modo da poter poi procedere alla convenzione generale per gli armamenti, il barone von Neurath rispose che egli sapeva soltanto quanto avevano scritto i giornali e non aveva invece ricevuto sinora informazioni ufficiali al riguardo.

Se il Governo francese nutriva realmente simili idee, non si sarebbe concluso nulla, oppure si sarebbe discusso non meno di due anni per concludere poi ben poco.

In materia di armamenti si poteva, secondo lui, sperare di raggiungere un risultato solo se ci si fosse posti sul terreno della praticità e se si fosse cercato di concludere convenzioni singole àssumendo l'impegno ad esempio di non ricorrere all'uso dei gas e al bombardamento aereo al di fuori delle zone di guerra, ogni altra convenzione meno generale avrebbe dato luogo a discussioni senza fine, a sospetti ed avrebbe quindi servito non alla pacificazione degli animi ma ad esacerbarli.

È chiaro che la Reichswehr vuol condurre innanzi l'armamento della Germania e non essere dLsturbata in tale sua opera febbrile da qualsiasi discussione internazionale. Goering e l'aviazione desiderano ardentemente di vedere legittimati da una convenzione aerea gli armamenti aerei del Reich, ma non intendono subire limitazioni circa lo svolgimento del programma prefissosi. E da ultimo, ma come punto di massima importanza, Hitler personalmente spera che con la tattica da lui adottata, si rimandi alle calende greche la conclusione del patto danubiano, che egli nel fondo dell'animo suo aborre, perché costituirebbe la sconfitta, nei riguardi dell'Austria, della politica da lui voluta e che costituisce la base della «Weltanschauung » del nazionalsocialismo.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 561.

598

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. 486. Londra, 15 febbraio 1935.

Il mio telegramma n. 75 0) è stato il frutto di informazioni che ho avute al Foreign Office e fuori. Da queste informazioni ho tratto l'impressione che

45 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Simon inclini decisamente a favore del suo viaggio a Berlino, e questo principalmente, se non anche essenzialmente, per ragioni di politica interna (1). Egli e con lui alcuni membri del Gabinetto, credono che sia venuto il momento di fare un gesto verso la Germania, che dia all'opinione pubblica inglese la sensazione che il Governo fa tutto il possibile per facilitare il ritorno della Germania a Ginevra e aggiunge a questo il desiderio che ha il Governo britannico di concludere al più presto la convenzione aerea, perché ritiene che l'opinione pubblica inglese considererebbe la convenzione come un successo britannico e un gran passo verso la pace. Tutte cose di carattere assai imponderabile, ma che entrano nei calcoli di un Governo il quale sta preparando il suo piano elettorale.

Simon, dunque, mi pare che voglia andare a Berlino. Ma non vorrebbe intaccare il lavoro di Roma e di Londra. Se gli si dà la sensazione che il suo viaggio può compromettere i risultati già raggiunti attraverso l'intesa dei tre Governi, e aprire una fessura nella quale la Germania potrà inserire la leva con cui essa vuole spezzare questa intesa, egli dovrà riconsiderare la cosa.

Tutto questo io l'ho da fonte diretta, ma poiché mi sono impegnato a non commettere alcuna indiscrezione, ti sarei grato, se parlando con Drummond tu evitassi di accennare alle informazioni che ho mandato. Tanto più che i giornali tedeschi hanno di già accennato alla visita di Simon a Berlino, e questo basterebbe a giustificare il nostro interessamento alla cosa.

Se tu poi credessi, per mia norma di linguaggio, di farmi conoscere il pensiero del Duce -se favorevole o contrario alle conversazioni separate -io me ne varrei subito. Confidenzialmente ti aggiungo che gli Uffici del Foreign Office sono contrari tanto alle conversazioni separate che al viaggio di Simon, ma la cosa è in mano del Gabinetto, e quindi va più legata alla politica interna che a quella estera.

(l) T. s. 707/75 R., minutato lo stesso 15 febbraio e partito alle ore 1,57 del 16, non pubblicato.

599

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 719/19 R. Tokio, 16 febbraio 1935, ore 19,40 (per. ore 18 del 17).

TeLegramma di V. E. n. 8 (2). Già dal 10 aprile u.s. con mio telegramma n. 63 (3) segnalavo a V. E. raffreddamento opinione pubblica giapponese.

Ciò risulta del resto anche dai miei rapporti anteriori posteriori e specie da quello n. 292 in data del 6 giugno scorso (l) nel quale sono altresì esposte alcune idee circa politica che potremmo seguire se volessimo rendere di nuovo più amichevoli nostri rapporti.

Ragione principale mutati sentimenti deve ricercarsi nella nostra azione in Cina, nella quale si vuole qui vedere da tutti uno spiccato carattere politico anti-nipponico.

Non giova certo a fare mutare tale radicata opinione linguaggio maggior parte nostri giornali che, quando hanno parlato del Giappone, spesse volte hanno ripetuto notizie tendenziose sovietiche e parecchie altre, allorché hanno manifestato idee proprie non hanno mostrato alcuna simpatia o considerazione per questo Impero ma si sono invece compiaciuti limitarsi designarlo come paese in cui si vendono donne e si sfruttano operai.

Opinione che si ha qui sul contegno Italia verso il Giappone è rafforzata anche meglio da articoli stampa con cui sono attribuiti, con lodi all'Italia, iniziativa e primato campagna anti-giapponese.

Politica nostra e in genere delle grandi Potenze in Europa non interessa in realtà Giappone che nei riguardi suoi effetti As~a specie estrema.

Nostro atteggiamento verso Russia non suscita finora particolare risentimento e non desta in ogni caso malcontento superiore a quello causato da politica che, anche altre grandi Potenze, vanno facendo verso sovieti.

Quanto all'Abissinia (circa la quale anche di recente vice ministro esteri mi ha negato esistenza così interessi politici come grande importanza ·interes~t economici e smentito voci contrarie corse in proposito anno scorso) nei non brevi articoli qui pubblicati, che trasmetto regolarmente per posta e alcuni dei quali sono tratti da giornali americani, questa stampa, pur facendo comprendere sue simpatie per quello Stato, non può dirsi ci si mostri palesemente ostile.

In genere stampa giapponese, speoie la più importante, non ci si dichiara avversa ma non fa commenti favorevoli a nostro riguardo anzi si astiene di solito da commenti.

In questi ultimi tempi però mi sembra tono giornali italiani siasi alquanto mitigato e il gesto di V. E. per olimpiadi ha fatto grande e gradita impressione. Ove si proseguisse in tal senso si potrebbero un po' alla volta ristabilire anteriori più amichevoli re·lazioni.

Popolo giapponese (e specie militaristi e nazionalisti) non ci è punto nemico e continua ammirare V. E. Miei viaggi scorsa estate da nord a estremo sud me lo hanno confermato. Se volessimo metterei condizione trarne profitto, quamdo ve ·ne fosse per

noi possibilità e convenienza, dovremmo convincere Giappone sin da ora che non vog1iamo né offenderlo nel suo sensibilissimo amor proprio né asteggiarlo in quelli che considera i suoi supremi interessi.

Ciò mi sembra potrebbe farsi senza nostro danno.

Riferirò nuovamente se del caso.

(l) -Annotazione a margine di Suvich: «Far sapere che viene male il viaggio». (Telegrafato a firma del Capo del Governo). Cfr. n. 635. (2) -Cfr n. 592. (3) -Nori. pubblicato nel vol. XV, serie VII.

(l) Cfr. serie VII, vol. XV, n. 361.

600

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, GALLI, A BERLINO, CERRUTI, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, E A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI

T. 242/c. R. (1). Roma, 16 febbraio 1935, ore 22.

(Per tutti meno Ankar:a) Il R. ambasciatore ad Ankara telegrafa quanto segue:

(Come telegramma da Ankara n. 04-618 R.) (2).

Ho telegrafato al R. ambasciatore ad Ankara quanto segue:

(Solo per Ankara) Suo telegramma n. 4.

(Per tutti) Sono in massima d'accordo per rinforzare i rapporti fra Italia, Turchia e Grecia; ciò potrebbe essere ottenuto con l'unificare i tre patti attualmente esistenti in un patto unico italo-greco-turco di garanzia del Mediterraneo orientale avvicinandosi in ciò alla proposta di Chiikri Kaya. Non sarebbe per ora nostra rntenzione di estendere il patto ad altri paesi.

Questo patto potrà chiamarsi triplice Intesa del Mediterraneo Orientale.

Tanto le comunico per sua norma. Nelle conversazioni che V. E. avrà con codesto Governo al riguardo sarà bene che ella, a suo giudizio naturalmente, mostri nel principio qualche riserva, e gradui opportunamente la nostra accettazione al patto proposto, in modo da poterla sfruttare allo scopo della maggiore possibile chiarificazione dei rapporti itala-turchi.

(Per tutti meno Ankara) Tanto comunico a V. E. per ora per sua riservata informazione.

601

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO

T. RR. 245/28 R. Roma, 16 febbraio 1935, ore 23,30

TeLegramma di V. E. n. 27 (3).

R. ambasciatore in Mosca informa (4) che commissario aggiunto affari estremo Oriente gli ha confidenzialmente detto risultargli con certezza che ln

recenti colloqui tra personalità cinesi e giapponesi Giappone ha negoziato per ottenere da Cina seguenti impegni:

l) acquistare materiale bellico solo da Giappone;

2) accettare istruttori militari solo da Giappone;

3) non contrarre prestiti esteri senza consenso Giappone.

Ambasciata Cina a Roma ha assicurato questo ministero che voce fatta circolare circa impegno cinese di assumere consiglieri esteri solo da Giappone è del tutto infondata. Comunque prego V. E. telegrafare quanto potrà risultarle circa tre punti di cui sopra oltre notizie di cui al suo telegramma n. 27 (per Tokio n. 11).

Presente te'legramma è diretto anche Tokio cui prego trasmetterlo con il n. 12.

(l) -Il telegramma venne inviato ad Ankara per filo e a tutte le altre sedi per corriere. (2) -Cfr. n. 527. (3) -Cfr. n. 537. (4) -Con R. r.u. 434/192 del 30 gennaio, non pubblicato.
602

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 746/041 R. Berlino, 16 febbraio 1935 (per. il 18).

Miei telegrammi per corriere nn. 038 (1), 039 e 040 (2).

Ho potuto appurare che invito alla sola Inghilterra di 1mz1are trattative con ,la Germania fu introdotto nella risposta tedesca personalmente da Hitler su consiglio sopratutto di von Ribbentrop.

In questi circoli diplomatici il promemoria pubblicato oggi ha prodotto impressione che una volta di più Germania ha mostrato intenzione seguire vie proprie e non collaborare con altre grandi Potenze europee secondo piani da esse escogitati. Ministro d'Austria si mostrò meco molto preoccupato ritenendo che se l'Inghilterra accettasse di discorrere da sola con la Germania, questa, scorgendo in ciò una propria vittoria diplomatica, diverrebbe ancora più intransigente nei riguardi dell'Austria.

Da fonte di prim'ordine in continuo contatto con Auswartiges Amt ho appreso confidenzialmente che Governo del Reich è assai soddisfatto dei risultati della visita di Goering in Polonia che avrebbero superato le più favorevoli aspettative. AHa mia domanda se si dovesse pensare ad una vera e "'propria alleanza anche militare non (dico non) fu risposto smentendola. Ho pure appreso che qui si calcola non senza compiacimento che se l'Italia sd impegnasse in una guerra contro l'Abissinia dovrebbe divenire molto più arrendevole nella questione austriaca. Si spera, come già feci conoscere a V. E., sopra un accordo con l'Inghilterra per il patto aereo con successivo disinteressamento della Gran Bretagna per le questioni continentali e si ritiene che il gruppo germanico-polacco potrebbe tenere perfettamente testa alla Francia, priva dell'aiuto italiano se noialtri fossimo impegnati in Africa, ed alla Piccola Intesa. L'U.R.S.S. non

incute spavento nel momento presente perché si pensa che se anche dovesse concludere un'alleanza con la Francia il Giappone non si lascerebbe sfuggire un'occasione propizia per attaccarla in Estremo Oriente paralizzando così l'azione dei Soviet in Europa.

Da un altro lato, persona pure bene cinformata ma per sua natura alquanto timorosa e non ammiratrice della politica estera di Hitler mi ha espresso preoccupazione che Inghilterra, Francia, Italia e Belgio rendendosi conto dell'inutilità di contare sopra una collaborazione europea della Germania, decidano di fare a meno di essa e stipulino patto aereo fra di loro e quindi contro la Germania. Alla mia osservazione che questo non corrisponde certo alle intenzioni dell'Italia e degli altri flirmatari del trattato di Locarno è stato risposto che la Germania hitleriana pone a troppo dura prova la pazienza altrui perché non si debba pensare ad una eventuale legittima reazione.

Ambasciatore d'Inghilterra si è espresso testé meco nel senso che egli vedrebbe con piacere 'l'inizio di conversazioni dirette fra Londra e Berlino, qualora esse fossero naturalmente approvate da Parigi, Roma e Bruxelles e mi lasciò intendere che troverebbe appropriato che il suo Governo le conducesse per il tramite naturale del proprio rappresentante a Berlino. Nel corso della conversazione, sir Eric Phipps mi disse che riterrebbe ottima cosa concludere se ·non altro la convenzione di assistenza aerea. Come V. E. vede i tedeschi non si sono dunque male apposti quando hanno confidato sopra una condiscendenza della Gran Bretagna all'invito di trattare da soli con loro circa la convenzione che li riguarda più direttamente.

Se Londra risponde accettando di discorrere con Berlino, Hitler avrà riportato un grande successo. Questo potrebbe essere minore se la Francia, l'Italia ed il Belg,io, previo accertamento delle intenzioni del Governo britannico, dichiarassero nulla avere da obbiettare ad uno scambio di vedute alquanto più approfondito fra Londra e Berlino per accertare le reali intenzioni dei tedeschi, salvo ad innestarsi nelle conversazioni quando lo giudicassero opportuno per sostenere i principi che hanno costituito la base degli accordi di Roma e Londra.

(l) -Cfr. n. 597. (2) -T. per corriere 726/039 R. e t. per corriere 727/040 R. del 15 febbraio, non pubblicati.
603

COLLPQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 16 febbraio 1935.

L'Ambasciatore Chambrun è venuto a riportare la preghiera del Signor Massigli che il nostro delegato a Ginevra, nelle questioni secondarie relative agli armamenti che si discutono ora, cerchi di evitare, almeno nelle apparenze, quell'atteggiamento di assoluto disinteresse che può dare l'impressione di una ostilità di fronte aHa posizione delle altre potenze, e oiò anche con riguardo all'attuale stato dei rapporti itala-francesi.

Rispondo al Signor Chambrun che si daranno istruzioni al nostro delegato, perché senza naturalmente deflettere da quella che è la nostra linea, eviti nella forma esteriore quanto può dare impressione di ostilità di fronte agli altri Paesi e alla Francia in particolare. Gli aggiungo però che queste impressioni non sono fondate in quanto il nostro rappresentante ha avuto sempre istruzioni di collaborare pure mantenendosi in quella 'linea di minore interesse che l'Italia ha per questi problemi che ritiene della pura accademia.

L'Ambasciatore Chambrun mi chiede poi notizie sull'Abissinia. La Francia segue con simpatia la politica italiana e per ciò appunto egli chiede di essere informato.

GLi rispondo che per H momento la situazione non accenna a migliorare. Noi abbiamo in corso gli incidenti di Ual-Ual e il nuovo incidente di Afdub. Abbiamo chiesto anche un arretramento delle truppe abissine per costituire una zona di 11ispetto fra le due linee. Siamo decisi ad agire con tutta calma ma con tutta decisione senza deflettere sulle nostre domande.

Il Capo del Governo ha già avuto occasione di dire all'Ambasciatore di Inghilterra che per Ual-Ual si rinunciava alla punizione dei colpevoli ma si mantenevano Ie altre nostre richi.este compresi gli onori alla bandiera.

Noi riteniamo che dare impressione di arrendevolezza in questo momento sarebbe incoraggiare gli abissini nelle loro tendenze xenofobe che renderanno fra breve ogni collaborazione impossibile fra quei Paesi e le Potenze europee.

Gli aggiungo che è anche probabile che di fronte alle misure militari dell'Abissinia noi siamo costretti a mandare giù al più presto le due divisioni recentemente mobilitate.

604

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 16 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond è venuto a chiedermi le nostre impressioni sulla nota di risposta tedesca.

Gli osservo che la cosa non è stata ancora discussa e non posso altro che dirgli qualche mia impressione personale. Mi riservo eventualmente di correggerla e di completar'la dopo averne parlato al Capo del Governo.

Secondo le mie impressioni, la nota tedesca è diretta sopratutto ad afferrare il destro porto alla Germania di discutere di un impiego della sua forza aerea militare considerando la stessa come acquisita.

Secondo punto rilevante della nota è quello di una offerta di trattative dirette alla Gran Bretagna, il che evidentemente parte da uno spirito diverso da quello che ha informato le intese di Roma e di Londra. Su tutto il resto la Germania non dice assolutamente niente che possa far progredire la questione: sull'armamento, una affermazione generica di voler evitare la corsa agli armamenti, con un rimprovero agli alleati per non avere disarmato; sul patto orientale e su quello per l'Europa centrale, soltanto delle frasi generiche; sul suo eventuale ritorno nella Società delle Nazioni neanche una parola.

· L'Ambasciatore condivide queste impressioni e ritiene che non sarebbe opportuno che la Gran Bretagna si metta a trattare direttamente con la Germania. Chiede che cosa pensiamo noi al riguardo.

Gli rispondo che aprire delle trattative dirette con la Germania sull'eventuale patto aereo, vorrebbe dire mettersi contro la tesi francese, che non ammette un riarmo della Germania se non in relazione alla soluzione delle questioni della sicurezza e della limitazione degli armamenti. Noi, avendo un patto di consultazione con la Francia, potremmo sentire la sua op,inione a tale riguardo. Mi pare probabile che la Francia debba considerare pregiudiziali le questioni dei due patti di sicurezza e della 1imitazione degli armamenti, mentre soltanto quando fossero risolte queste questioni si potrà parlare di una partecipazione della Germania al patto aereo. L'abolizione poi della parte V del trattato e il ritorno della Germania nella Società delle Nazioni, potranno essere conseguenze della regolazione del complesso delle questioni sopra enunciate.

L'Ambasciatore osserva che bisognerà mettersi d'accordo ora sul metodo. O si possono discutere tutte le questioni insieme o pr,enderle in esame successivamente. In questo ultimo caso si può anche esaminare l'eventualità di cominciare dalla convenzione aerea. Ciò però probabilmente non entrerebbe nelle vedute dei francesi.

Gli rispondo che noi attendiamo le eventuali proposte sulla procedura da seguire, proposte che ci erano state preannunciate dopo il convegno di Londra.

605

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, VOLLGRUBER

APPUNTO. Roma, 16 febbraio 1935.

Il Signor Vollgruber mi chiede se abbiamo qualche desiderio da manifestare in occasione del prossimo viaggio di Schuschnigg e Berger a Parigi e Londra.

Gli ripeto che sarebbe ben visto da parte nostra un patto di amicizia con la Francia.

Il Ministro Vollgruber mi dice che le trattative per ciò sono in corso, ma egli vede una certa esitazione da parte del Governo austriaco perché teme di essere attaccato dagli elementi nazionali. Bisognerà trovare il modo di «ménager » (1).

Comunico al Ministro per sua norma le osservazioni francesi sul nostro progetto di risposta alla Germania (2). Gli farò avere anche la nostra replica ai francesi (3).

(l) -Puaux disse a Preziosi (t. 806/40 R. del 20 febbraio): «l) Che il Governo francese non può concludere un trattato di conciliazione ed arbitrato giacché si è obbligato sin dal 1931 alla convenzione generale d'arbitrato. 2) Che in tali condizioni nella visita di Parigi saranno soltanto gettate 1e basi di un accordo culturale in cui verrà introdotto probabilmente un preambolo del genere di quello del trattato di amicizia italo-austriaco del 1930 » (2) -Cfr. n. 575. (3) -Cfr. n. 633.
606

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI GRECIA A ROMA, METAXAS

APPUNTO. Roma, 16 febbraio 1935.

Ho convocato il Ministro di Grecia e gli ho dato visione delle notizie Stefani sull'atteggiamento dei giornali in Grecia.

Gli ho fatto presente la indignazione provocata in Italia dall'atteggiamento anti-ita1iano preso dalla stampa e da alcuni ambienti politici greci senza che il Governo sia intervenuto in alcun modo. La notizia sull'arruolamento di una Iegione di dodecanesini e la propaganda per il boicottaggio delle merci italiane sono di una tale gravità da poter seriamente compromettere i rapporti tra i due Paesi.

Prego il Ministro Metaxas di voler chiarire molto esattamente ad Atene lo stato d'animo italiano.

Il Ministro è molto dispiacente d<i questi incidenti. Egli può assicurare che non solo da parte del Governo, ma anche da parte deU'assoluta maggioranza del popolo greco c'è una viva simpatia per l'Italia. Il governo però per il mito della libertà di stampa è impotente a fntervenire contro le manifestazioni sia pure di pochi irresponsabili. Il giornale che predica il boicottaggio è un giornale di tendenza comunista e perciò la cosa ha meno importanza. Tra i giornali però che riportano la notizia della costituzione della legione dodecanesina (almeno a quanto risulta dalle informazioni che ha sott'occhio) ci sarebbero giornali governativi e venizelisti.

Il Ministro ha motivi seri per ritenere -che l'agitazione non sia sorta in Grecia ma in Alessandria d'Egitto e che i giornali greci non facciano che riportare notizie che provengono di là.

Pur deplorando profondamente quanto accade, il Ministro ritiene che tutto si debba ricondurre all'agitazione per il Dodecaneso che avvelena gli animi. Egli ha proposto anche tempo addietro che il Governatore di Rodi si metta d'accordo direttamente col Santo Sinodo per risolvere la questione.

Replico al Ministro che la sua proposta pel Dodecaneso sarà presa nella più seria considerazione, ma che qualunque sia l'origine, le manifestazioni che avvengono oggi in Grecia o che almeno sono riportate dalla stampa greca, sono inammissibili. E' bene che il governo greco sappia che noi non siamo disposti a tollerarle.

607

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 841/019 R. Londra, 17 febbraio 1935 (per. il 22).

Dalla indiscrezione di un funzionario ho appreso che il Foreign Office ha fatto -qualche tempo fa -all'ambasciata di Francia un cenno preciso alla

possibilità di concludere con la Francia e con l'Italia un accordo di garanzia dell'integrità etiopica, accordo del quale dovrebbe far parte anche l'Abissinia. Esso ha anche cercato -in forma non ufficiale -di conoscere quelle che potrebbero essere le disposizioni del Governo francese verso una iniziativa del genere.

Da parte francese è stato risposto che l'iniziativa sembrava intempestiva e inopportuna, e che -dato il nessun affidamento che il Governo etiopico dà di rispettare gli impegni internazionali -non se ne vedeva neanche l'utilità pratica.

II Foreign Office non è più tornato con l'ambasciata di Francia sull'argomento. E' possibile dunque che esso abbia definitivamente abbandonato questa stravagante idea, se pure l'ha mai veramente avuta. Non potrei infatti escludere che -desideroso di conoscere f<ino a che punto il Governo francese si sia impegnato con noi -il Foreign Office abbia cercato col suo suggerimento più di accertare se la Francia ha rinunciato nei nostri confronti a mantenere il pr,incipio dell'integrità abissina, che di tentare veramente un negoziato su queste basi.

608

APPUNTO (l)

Roma, 17 febbraio 1935.

II R. Incaricato d'Affari a Londra ha telefonato per anticipare qualche notizia circa lo scambio di idee che ha avuto luogo tra i Governi di Londra e di Parigi relativamente alla proposta tedesca di conversazioni separate con Londra.

La R. Ambasciata invierà un telegramma in proposito (2) e ritiene che sull'atteggiamento francese riceveremo domani informazioni anche dalla R. Ambasciata a Parigi.

In sostanza, H Governo francese ha fatto sapere a Londra che esso non ha la minima intenzione di limitare la libertà d'azione del Governo britannico, ma che ritiene non necessario che Sir John Simon si rechi a Berlino.

Quanto a un eventuale v,iaggio di Neurath a Londra, le disposizioni del Governo francese sarebbero favorevoli.

609

IL SENATORE SALATA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. RR. Vienna, 17 febbraio 1935.

Ieri sabato ho avuto alla Cancelleria Federale una conversazione con il Cancelliere Dr. Schuschnigg, durava oltre un'ora e della quale riferisco qui la parte che mi sembra politicamente notevole.

l) -S. si disse ripetutamente, nel corso del colloquio, molto lieto che d'ora innanzi dovrò fare frequenti e lunghe permanenze a Vienna: potrà così vedermi spesso. Sul terreno culturale si potranno toccare molti argomenti che mal si prestano a conversazioni diplomatiche. Egli è sicuro che, anche quando mi dovesse parlare ex abundantia cordis, saprò interpretarlo bene verso il Duce e non lo comprometterò mai verso gli altri. Quando venne a parlare delle agitazioni tirolesi contro l'Alto Adige, esclamò: «Per l'amor di Dio, non mi tradisca!».

2) -Nell'Istituto Italiano di Cultura e nelle altre azioni previste dall'Accordo del 2 f€bbraio, S. vede, oltre ai vantaggi diretti avvii ed evidenti, questi particolari benefici politici:

a) -penetrazione negli ambienti accademici e dell'alta cultura di Vienna, non molto favorevoli né all'ItaLia né al regime attuale in Austria: «forse -disse -ciò che non riesce a noi, riuscirà a voi, nell'interesse vostro e nostro, che è la stessa cosa».

b) -«rispettando, come voi vi proponete sulla traccia dell'articolo del Duce, il carattere tedesco dell'Austria, far apparire ai tedeschi di qua e di là del confine, che all'Austria si attribuisce anche in pratica un'altra funzione nazionale e spostare così progressivamente da Berlino e Monaco su Vienna l'attenzione degli intellettuali tedeschi che incominciano già a preoccuparsi dell'isolamento a cui li porta il nazismo »;

c) -sostituire, nell'apprestamento dei mezzi di lavoro e di studio degli intellettuali austriaci (libri, riviste ecc.) la « Deutsche Notgemeinschaft » che sino a due anni fa soccorreva anche fmanziariamente gli istituti culturali austriaci, ed ora ha troncato ogni aiuto morale e materiale;

3) -Essendo caduto il discorso sulle polemiche germaniche circa ·alcune disposizioni dell'Accordo culturale itala-austriaco (specialmente circa l'insegnamento, anche obbligatorio, dell'italiano nelle scuole medie e speciali in Austria) S. ha gradito molto il mio preannunzio di una minuta statistica del largo impulso dato, dopo la riforma Gentile e cresciuto ogni anno, all'insegnamento del tedesco nelle scuole medie e speciali in tutto il Regno. La pubblicazione che noi faremo di queste statistiche in tedesco, nel primo numero del Bollettino dell'Istituto Italiano di Cultura in Vienna, «sarà -disse S. -tanto oro per noi, per ribattere sui giornali e nei discorsi le accuse naziste ».

4) -Avendo questo argomento portato a sfiorare l'insegnamento del tedesco, come materia libera, nelle scuole elementari dell'Alto-Adige, S. mi disse che, dopo averci molto pensato, aveva, contro il parere di Berger, rinunziato a scrivere la lettera privata, personale, al Duce, che mi aveva preannunziato in un colloquio del dicembre scorso. Aveva nel frattempo ricevuto comunicazione dei corsi d'italiano già aperti nell'Alto Adige, né voleva prestar fede a voci pervenutegli, secondo le quali questi corsi, in pratica, non funzionerebbero. Sperava, anzi, che sarebbero stati accresciuti di numero. Lo rassicurai in tutti due i sensi e credetti di poterli rivelare la personale cura che di questo delicato argomento si prende direttamente il Duce. Se ritardi o difficoltà ci furono, o ci

sono ancora, dipese da strani atteggiamenti di alcuni circoli allogeni dell'Alto Adige. Mi disse che avrebbe molto gradito di essere, per sua norma e tranquillità ~nformato, non certo in via ufficiale, di ogni ulteriore passo della questione. Sperava -soggiunse -che la generosità del Duce avrebbe esonerato dalla tassa d'iscrizione a questi corsi, se non la totalità, almeno i meno abbienti dei padri di famiglia alto-atesini.

5) -Riconobbe quanto gli dimostrai, che la contesa nell'Alto-Adige non è tra Italia e Austria, ma fra Italia e nazismo germanico. Chi colà non è con noi, è anche contro l'Austria, che non conta più. Egli era convinto profondamente che la lealtà dei tedeschi dell'Alto Adige verso l'Italia non era solo una necessità giuridica, doverosa, verso un fatto storico, irrevocabile, ma una utilità e opportunità per l'Austria stessa. L'irredentismo alto-atesino, se mai esisteva, non giovava né agli alto-atesini né all'Austria, ed era solo una speculazione, più antiaustriaca che antitaliana, della Germania nazista. Il nazismo ha rovinato in tutto il mondo l'azione, una volta intellettualmente utile, del così detto «Auslands-Deutschtum », che ora conduce nei suoi organi una campagna feroce contro l'Austria. Mi assicurò che di questi argomenti egli si valeva sempre ad Innsbruck per frenare le agitazioni antitaliane che, in circoli sempre più ristretti, permanevano ancora per causa dell'Alto Adige. Ma non voleva né poteva -disse -andare troppo oltre nelle repressioni per non fare dei vari Reuth-Nicolussi, altrettanti martiri, come essi forse aspiravano! Obiettai che, almeno certe escandescenze di uno o due giornaletti tirolesi si sarebbero dovute o reprimere, o controbattere nei giornali ministeriali, con la facile confutazione obiettiva delle molte falsità e sciocchezze che si pubblicano sul conto dell'Alto Adige. Avrebbe gradito -replicò -elementi positivi per queste confutazioni.

6) -S. si mostrò entusiasta dello spirito del Duce sulla m1sswne storica dell'Austria. Lo fece tradurre testualmente dall'ufficiale Wiener Zeitung (15 febbraio) e commentare largamente su tutti gli altri giornali.

7) -Circa l'imminente viaggio a Parigi e a Londra, osservò tra l'altro, che Blum gli aveva reso un servigio, verso Berlino, con le sue ,invettive e mtnaccie. Gli accordi di Roma tra Italia e Francia sono per l'Austria una grande facilitazione, anche indipendentemente dall'adesione della Germania al patto di non-ingerenza. Il patto itala-francese tolse l'Austria da ogni imbarazzo nei rapporti con i due stati: ma -soggiunse -mostrando di credere che io sapessi ciò che non mostrai in alcun modo di sapere -poteva assicurarmi che in ogni caso l'Italia era, per ragioni sentimentali e pratiche, tra gli amici dell' Austria al primo posto e che, prima di iniziare con Parigi trattative perché la visita imminente avesse un determinato riflesso diplomatico durevole (patto di amicizia austro-francese) egli s'era rivolto al Duce per averne consiglio e consenso, senza il quale non avrebbe neppur fatto iniziare quel negoziato; e che --infine -a Parig,i e a Londra avrebbe tenuto ad accentuare in ogni modo e con ogni precisione e forza, che l'Austria agiva ed agirà sempre in stretto accordo con l'Italia, premessa fondamentale della sua politica.

8) -S. trovò modo di dirmi che non meritavano alcuna fede voci diffuse da notori suoi avversari personali secondo cui in alcuni discorsi egli si sarebbe lasciato andare a prospettive di pacificazione con il nazismo sulla base di più o meno larghe autonomie per l'Austria nel nesso del Reich. Parlare, come si sarebbe fatto anche da qualche diplomatico, di discorsi germanofili, i cui testi sarebbero stati accomodati prima della pubblicazione, S. disse non solo contrario alla sua lealtà, ma anche materialmente impossibile; ad ogni modo non sarebbe mai avvenuto. Non si deve confondere con la fermezza del suo atteggiamento verso il nazismo, la sua preoccupazione di promuovere la pacificazione interna; ma, in questa doverosa sua opera di interna distens,ione di nervi, egli serba una linea retta e non deflette dalla fedeltà al programma dell'assoluta indipendenza dell'Austria come stato a sé, e alle alleanze ed amicizie che in sé escludono ogru transazione verso la Germania. In ciò egli è in pieno accordo con Starhemberg e ne sottoscrive senza eccezione anche i discorsi di questi giorni a Graz. Su questa linea lo impegnerà anche più, se mai ce ne fosse bisogno, il patto d'amicizia con la Francia. A proposito del quale, S. osservò, tra l'altro, che così la Francia dovrà, circa i problemi dell'Europa centrale, parlare non solo con la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, ma anche con l'Austria.

9) -Avendo io approfittato di una sua frase accennante alla gravezza del suo compito e delle sue responsabilità, per alludere se forse aveva qualche imbarazzo personale nello stesso suo campo, rispose che al mondo non conosceva se non un solo uomo al di sopra di tali difficoltà: Mussolini. Ma, dopo aver esclusa ogni seria preoccupazione, osservò, con un sorriso: «Ad ogni modo, i miei eventuali avversari non sono e non sarebbero vostri amici», accennando forse alle inclinazioni francofile di Schmitz (borgomastro di Vienna) e compagni, che non farebbero mistero della loro aspirazione alla successione. Avendogli detto che, secondo le mie impressioni puramente personali, egli poteva essere sicuro della fiducia e simpatia del Duce specialmente dopo il convegno di Roma, S. concluse che apprezzava al massimo grado l'appoggio ed il consiglio di Mussolini come conforto personale e come forza politica.

10) -S. mi offerse di darmi la possibilità di seguire da vicino, anche nella parte non pubblica, il funzionamento pratico dei Corpi consultivi e deliberativ,i che nella nuova costituzione hanno sostituito il vecchio sistema parlamentare. Nei prossimi giorni vedrò di dar seguito a questa iniziativa. S. si mostrò soddisfatto delle condizioni dell'ordine pubblico e del funzionamento delle organizzazioni assistenziali nel corso dell'inverno. «Non tabbiamo avuto e non avremo -disse con sicurezza -la rivolta della fame», che occorre prevenire, perché sarebbe orribile doverla reprimere con le mitragliatrici (l).

Accludo un sunto (l) di un discorso recente di Mataia, il noto cristiano-sociale, già ministro degli esteri, che credo poco fido a S. e forse simpatizzante non disinteressato per la Piccola Intesa.

Aggiungo un articolo (1), notevole della Reichspost sulle relazioni fra Stato e Chiesa in Italia e in Germania, articolo che non si concilia con le voci di un passaggio del giornale cristiano-sociale sotto influenze finanziarie germaniche.

(l) -L'appunto, redatto su carta Intestata del Gabinetto, è privo di firma. (2) -T. 736/77 R. del 18 febbraio, non pubblicato.

(l) Cfr. quanto aveva comunicato Preziosi con R.r. 613/403 dell'H febbraio: «Dopo otto mesi di suo governo può dirsi che le manchevolezze dello Schuschnigg si riassumono nel fatto che -a differenza del compianto Dollfuss che seppe tosto imporre il suo personale prestigio su tutte le camarille del partito cristiano-sociale -in oggi ogni personalità di detto partito ritiene che solo una propria autonoma azione possa soccorrere nell'attuale momento: e ciascuna naturalmente ambisce a divenire il candidato alla successione dello Schuschnigg.sul cui non lontano ritiro dal governo si fanno ormai da più settimane correre insistenti voci».

610

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO (2)

L. P. Washington, 17 febbraio 1935.

La copia di rapporto al Ministero degli Affari Esteri, che t'invio per conoscenza (1), richiede qualche parola di commento.

Questo mio rapporto vuole essere una risposta ad una lettera personale scrittami da Parini per segnalarmi la sgradita impressione suscitata costì da alcuni episodi verificatisi recentemente nell'ambiente coloniale di New York. Parini concludeva la sua lettera invitandomi ad «organizzare la difesa al più presto e con abilità».

Io ho voluto far comprendere a Parini che gli episodi di New York devono essere considemti in un quadro più largo di quello in cui si muovono i Modigliani, Antonini, ecc. Le manifestazioni da lui segnalatemi sono di una importanza molto relativa. Il fenomeno cui oggi si assiste negli Stati Uniti (che si può riassumere in queste parole: tendenza delle masse popolari verso sinistra e simpatie delle classi intellettuali verso il Fascismo) ha una portata ben più vasta.

La conclusione alla quale io ho voluto giungere, senza dirlo esplicitamente nel mio rapporto -perché l'ho già detto altre volte -è la seguente: niente ricostituzione di Fasci che provocherebbero inevitabilmente delle reazioni sfavorevoli nel Governo e nella opinione pubblica americana -niente dimostrazioni pubbliche o cazzottamenti -continuare invece tranquillamente nella nostra azione di propaganda, esplicita specialmente negli ambienti culturali, cioè fra quegli elementi sui quali essa può avere un'azione efficace.

Ho tenuto a mandarti copia del mio rapporto perché ritengo necessario che tu sia al corrente della situazione americana. Voglio prendere quest'occasione per ringraziarti della cortesia e della comprensione che i tuoi uffici mostrano nei loro rapporti con quest'Ambasciata.

(l) -L'allegatn non si pubb:ica. (2) -Da ACS, Ministero della Cultuta Popolare.
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IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 759/262 R. Addis Abeba, 18 febbraio 1935, ore 14 (per. ore 22).

Mio telegramma n. 250 (1).

Ho ripetuto al Blata Herui argomenti già esposti al segretario generale circa creazione zona neutra (niente collaboratori, niente pascoli tribù, ... (2) demarcazione zona neutra provvisoria; ampiezza di essa). Ha ammesso estensione zona sia stabilita localmente, ma ha insistito sugli altri punti; a tale riguardo ha poi cercato sostenere essere stato il Governo etiopico a proporre «indietreggiamento truppe». Ho subito detto che tale proposta era stata nettamente respinta dal R. Governo (mio telegramma n. 194 (3) ministero esteri, 173 Asmara) e che si trattava ora di ben altro: la creazione di una zona neutra provvisoria fra gli armati beninteso ristabilendo situazione turbata dagli etiopici dopo 29 gennaio senza veruno indietreggiamento. Ha ammesso questo principio che del resto avevamo già trattato in precedenti conversazioni, come appare dai miei telegrammi sull'argomento. Ho detto proposte italiane essere puramente e semplicemente di mettere al contatto nostri rispettivi comandi militari per creazione zona neutra. Se egli insisteva sugli altri punti io non potevo che comunicare ordini di V. E.: ma il ritardo con cui qui si ritiene rispondermi (ne avevo parlato il 7 febbraio) e le difficoltà frapposte non avrebbero che assai male impressionato R. Governo al quale non avrei potuto nascondere mia fmpressione che tale modo di procedere significa che Governo etiopico non ha intenzioni di conciliare. Ho di nuovo invitato quindi Blata Herui per non perdere tempo a provocare istruzioni preliminari al comando etiopico di mettersi d'accordo con le nostre autorità. Mi ha detto all'uso etiopico che mi avrebbe poi fatto avere una risposta.

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara (4).

612

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 757/69 R. Parigi, 18 febbraio 1935, ore 20,15 (per. ore 22,45).

Mio telegramma n. 58 (5).

Accordo danubiano; risposta a questionario tedesco.

Segretario generale del Quai d'Orsay mi ha domandato se potevo dirgli a che punto di preparazione fosse il progetto di risposta al Reich. Léger ha soggiunto che qui si è in attesa di conoscere pensiero di V. E. sulle osservazioni comunicate per mezzo di codesto ambasciatore di Francia.

Converrebbe ormai di accelerare, ha precisato il mio interlocutore, per non fare il giuoco del Reich il quale non domanda di meglio di tirare in lungo le cose.

(l) -Cfr. n. 596. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Cfr. n. 557. (4) -Con t. 775/270 R., pari data, non pubblicato, Vinci trasmise la nota n. 12 etiopica ed. in Il conflitto itala-etiopico, p. 157. (5) -T. 587/58 R. dell'8 febbraio, non pubblicato perché anticipava quanto detto più ampiamente nel n. 575, allegato.
613

L'ESPERTO NAVALE DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, RUSPOLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 217/3. Ginevra, 18 febbraio 1935.

Nella seduta odierna del così detto Comitato delle disposizioni Generali che, come è noto a V. E., si propone lo scopo di istituire la Commissione Permanente del Disarmo, il Presidente del Comitato stesso (il belga Prof. Bourquin) ha rammentato che all'ordine del giorno vi è anche la proposta sovietica per la istituzione di una «Conferenza Permanente della Pace)}. Codesto Ambasciatore sovietico Signor Stein, che rappresentava il suo Paese alla seduta odierna, ha ricordato brevemente in quali condizioni il Signor Litvinoff era venuto a precisare la sua proposta. Ha aggiunto che, malgrado l'invito de,l Signor Henderson a tutti gli Stati partecipanti alla Conferenza del Disarmo di esprimere la propria opinione sulla proposta sovietica, pochissimi Stati avevano, sino ad oggi, manifestato H proprio •pensiero al riguardo. «Dopo otto mesi dacché la proposta è stata avanzata, ha concluso H Signor Stein, l'Unione Sovietica gradirebbe vivamente di conoscere l'opinione degli altri Stati presenti a Ginevra sulla iniziativa di cui si è fatta promotrice )}.

I:I Delegato francese, appoggiato da quello rumeno, dopo aver reso un cortese omaggio di forma alle idee essenziali contenute nella proposta russa, ha proposto subito che la discussione della stessa innanzi al Comitato venisse rinviata agli ulteriori lavort Nel pensiero del Signor Aubert la istituzione della Commissione Permanente del Disarmo è il compito naturale e predominante del Comitato. Quando la proposta per la istituzione di tale Commissione permanente sarà stata esaur.ita, con esito positivo o negativo, vi sarà sempre tempo e modo di discutere la proposta dell'U.R.S.S.

Il Signor Stein ha finito col consentire alla procedura che si proponeva, pur rinnovando le più vive premure che i Governi si decidessero a far conodi Tripoli, mi ha messo al corrente delle preoccupazioni di Knox circa il conformità al suggerimento del Delegato francese.

Prima di tale discussione, il Signor Stein mi aveva avvicinato e mi aveva domandato se la Delegazione italiana non avrebbe appoggiato in qualche modo la sua proposta. Ha anzi aggiunto di avere espresso una tale fiducia anche costà prima di lasciare Roma.

Ho risposto al Signor Stein che effettivamente sino ad oggi non avevo istruzioni al riguardo.

L'andamento della discussione non ha reso necessario in alcun modo né un intervento mio, né quello della maggior parte dei delegati presenti. Tuttavia, sia per mia norma di linguaggio in future conversazioni che verosimilmente potrò avere col Signor Stein, sia per l'ipotesi che prima della chiusura degli attuali lavori la proposta sovietica ritorni in discussione innanzi al Comitato, sarei grato a V. E. se si compiacesse di farmi conoscere a quali disposizioni dovrò conformare la mia attitudine.

Aggiungo che il contenuto ed il tono della breve dichiarazione del delegato francese hanno dato l'impressione che il Quai d'Orsay non vede con eccessiva simpatia la proposta sovietica.

614

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI DELLA SOCIETÁ DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 18 febbraio 1935.

Ieri mattina Sir Eric Drummond, che desiderava parlarmi dell'Esposizione di Tripoli, mi ha messo al corrente delle preoccupazioni di Knox circa il riarmo spirituale e materiale della Germania e delle gravi conseguenze... (l) del successo tedesco nella Saar. Pare che esistano frequenti contatti tra lo Stato Maggiore tedesco e quello giapponese e che in seguito ad accordi avvenuti tra Varsavia e Berlino un conflitto od aggressione a danno della Russia sia prossimo. Ma l'Ambasciatore non può dire se le previsioni dell'Intelligence Service possano far prevedere che la spinta tedesca avverrà pr.ima al nord

o prima al sud, benché gli Inglesi siano pessimisti sull'avvenire dell'Austria che gode ancora, secondo Drumond, di una vita indipendente unicamente per merito di Mussolini.

Si dice anche che i contatti con Ucraini, Giorgiani, Tartari si stiano intensificando ultimamente a Berlino, cercando anche di attrarre nel giuoco la Turchia.

Benes sarebbe più di ogni altro preoccupato di questa intesa germanopolacco-giapponese che potrebbe un giorno far trovare la Cecoslovacchia completamente accerchiata. Drummond mi ha domandato se risultasse che qualche cosa era stata fatta da Palazzo Chigi 'Per avvicinare Benes dopo il 7 gennaio, perché lo statu quo nell'Europa Centrale può esser gravido d'imprevisti. Egli, di sfuggita, mi ha accennato pure alla abilità dei Turchi che hanno saputo destreggiarsi ~n modo da star bene non solo coi Sovieti, ma anche con la Germania, la Grecia e la Piccola Intesa.

Conoscendo io Sir Eric da molti anni, mi resi subito conto che questa passeggiata attraverso l'Europa non era che un pretesto per condurmi in

46 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Africa, ciò che è avvenuto naturalmente dopo la domanda rivoltami a bruciapelo: «Quanto tempo Grandi è rimasto a Roma? E che cosa è venuto a dire?». Ignorando io il viaggio del nostro Ambasciatore a Londra, mi è stato facile rispondergli che avrebbe potuto domandarlo a te, caro Suvich, che egli aveva visitato.

Pare che la Camicie Nere sfilavano nel Corso quando egli si trovava teco, ma che non avete parlato d'Abissinia.

« Mes informations me portent à croire que dans vos milieux militaires on envisage des mesures bien plus vastes que la mobilisation annoncée des deux divisions. Si c'est une impression morale et une précaution d'ordre général, cela correspond aux assurances qu'on m'a données au Palais Chigi et que Grandi a données au Foreign Office. Mais l'opinion publique angla.ise se souleverait et s'offenserait si après avoir trainé à Genève et à Addis Abeba pour gagner du temps en nous laissant jouer le ròle d'ami commun, l'Italie essaierait d'.imposer par la force une soluti:on radicale en Abyssinie.

Il sera plus facile pour l'Angleterre de s'entendre avec vous sur la communauté d'intéréts en Afrique Orientale et sur l'application du Traité triparti ainsi que la solution éventuelle de ses différentes clauses, que sur le conflit italo-abyssin à Genève. L'opinion publique anglaise verrait de très mauvais oeil une atteinte portée par I'Italie aux principes de la S.d.N., surtout au moment où on travaille à Londres à ramener l'Allemagne à Genève. Et croyezmoi, tous les Chefs des partis chez nous, comme la plus part des Petites Puissances se revolteraient à l'idée de l'écrasement d'un membre faible par un plus fort de la S.d.N.

La presse italienne ne reproduit en général que les articles des journaux favorab'les à votre pays mais [elle] n'est quelque fois pas la photographie de l'opinion publique chez nous, où o n sait très bien que Musso lini n'[aime], pas la Ligue, quoique il n'ait au fonds jamais rien fai [contraire] mais the man in the street donne plus d'importance aux paroles qu'aux faits ».

Avendo io fatto allusione alle dichiarazioni molto simpatiche fattemi in novembre da Vansittart circa la necessità per l'Italia di territori, di sbocchi e di materie prime di cui fummo privati durante e dopo la Conferenza della Pace, l'Ambasciatore mi ha risposto: «Sì, è vero che H Sottosegretario permanente è molto ben disposto per voi, ma Simon deve tener conto non solo dell'opinione pubblica, ma anche della situazione parlamentare che sboccherà fra qualche mese nelle elezioni politiche. On est très chatouilleux chez nous au po.int de vue forme. L'Italie peut compter sur notre amitié pour agir en Abyssinie à condition cependant qu'elle ne se mette pas dès le commencement dans son tort. Il faut savoir manoeuvrer à Genève.

Londres d'accord avec Rome peut et doit faire une forte pression à Addis Abeba (où nous avons une grande influence) pour imposer au Negus et aux autres Chefs d'accepter les conseils, l'influence, la direction et la coopération italienne af.in de mettre en valeur ce grand Empire dont la France se désintéresse aujourd'hui, mais qu'elle a fait entrer avec vous dans la S.d.N. malgré l'avis de l'Angleterre qui n'a pas cessé de protester à cause de l'esclavage et à cause des frontières encore incomplètement délimitées.

Est-ce-que Grandi aura expliqué à Mussolini ce point délicat et dan

gereux? Est-ce-qu'il aura reçu des instructions pour parler franchement au

Foreign Office? [Il ne] faut pas jouer d'astuce ou essayer de nous tromper.

Quelles sont vos intentions en Erythrée? Qu'allez vous faire en Somalie? ».

Fin qui l'esposizione fedele di [quanto] ho sentito dalla bocca di Sir Eric.

Difficile, per non [dire] impossibile, mi è riuscito capire fin dove si sfogava

m[eco] l'ex Segretario Generale della S.d.N., o quali invece potevano essere

le istruzioni ricevute dall'Ambasciatore di S.M. Britannica.

Ricordando le tue istruzioni, caro Suvich, di non impegnarmi a fondo,

ho creduto sorvolare sul Tripartito e sulle possibilità d'intese tra Londra e

Roma circa !'·applicazione dei Patti previsti nel 1926. Ho invece cercato di

farlo parlare attaccando io a fondo tra H serio ed il faceto.

«Caro Drummond, molto difficile è per me rispondere alle vostre svariate

domande, perché non ho visto Grandi, sono 8 g.iorni che non ho parlato con

Suvich, e non conosco che quello che hanno stampato i giornali circa le misure

precauzionali militari. Permettete però adesso a me, che frequento Ginevra

da tanti anni e conosco bene l'Inghilterra, di farv.i qualche osservazione e

anche qualche domanda non rivolta naturalmente all'Ambasciatore d'Inghil

terra, ma all'amico Eric.

Voi parlate di forme da salvaguardare, di principi da rispettare, di una

grande sensibilità dei vostri compatrioti, ma volete spie.garmi quali sono,

secondo gli Inglesi, i sacri principi della civiltà, della morale ecc.? Quando

io ero in Inghilterra, ho visto la Società protettrice degli animali elevare

contravvenzione ad un carrettiere per un morso del suo cavallo che era fuori

misura, mentre si [tolleravano] degli spettacoli di box umana, dove uno dei

lottatori finiva sempre mezzo morto col volto insanguinato. Io ho [assistito]

per tre giorni a Cospoli al massacro degli Armeni [sotto le] finestre dell'Am

basciata d'Inghilterra. La flotta [inglese] presenziò a Smirne ai massacri e

ai saccheggi del 1922 [senza che] l'opinione pubblica insorgesse contro il Foreign

O[ffice e l']Ammiragliato.

Tutti conosciamo gli impegni presi e rinnovati per lo sgombero dell'Egitto!

Che ne è dello Statuto internazionale dei Luoghi Santi? Né abbiamo dimen

ticato come l'Inghilterra occupò e conquistò il Transvaal, come ha preso ed

esercita i mandati ecc. ecc.

Sì o no, caro Drummond, siamo stati danneggiati dalla Pace del 1919

malgrado la vittoria ottenuta con sforzi superiori per noi al previsto, e che

ora si vanno giustamente valutando? Voi dite che Londra è pronta ad aiutare

Roma a penetrare pacificamente in Abissinia, ma come si può civilizzare una

accozzaglia di razze e di religioni se i Capi, poco sottomessi al Negus, v.i si

rifiutano? Voi dimenticate pure che il Colonia! Office e la City sono spesso

in contrasto col Foreign Office.

Voi mi dite: «troviamo la formula per salvare la faccia a Ginevra». Nes

suno megHo di voi può suggerirei il modo di salvaguardare i sacri principi ·della Lega sen:lla trascurare i nostri interessi e la nostra dignità. Voi sapete meglio di me che lé decisioni sul Lago Lemano debbono essere prese all'unanimità. Voi m'insegnate che la procedura può nel meandro dei diversi articoli

del Covenant suggerire a ·voi ed aiutare noi ad uscire da una situazione che a Londra si giudica de[licata]. Non sarebbe forse, per esempio, difficile provare che la [Etiopia] non può più appartenere alla S.d.N. perché non ha abolito la schiavitù, e perché il potere centrale di Addis Abeba non ha autorità o controHo alla periferia. Che ne pensate, caro Sir Eric, se con queste premesse con un'abile preparazione e una forte pressione vostra ad Addis Abeba, la

S.d.N. affidasse il mandato all'Italia di amministrare l'Abissinia in base ai famosi sacri principi dell'art. 22? Lo avere noi italiani votato con la Francia anni or sono a favore dell'ammissione dell'Abissinia nella S.d.N. serve proprio a dimostrare oggi le nostre buone intenzioni, come pure non fu colpa nostra se i diversi tentativi di 'accordi e cooperazione con Ras Tafari, venuto poi anche a Roma, andarono delusi. Se gli avvenimenti sono stati poi ben differenti da quello che 'in Italia si sperava, non è davvero colpa nostra».

Questo mio attacco a fondo ha sorpreso Sir Eric che non ha saputo rispondermi a tono, ma ha terminato H nostro colloquio col raccomandare una spiegazione franca e completa a Roma od a Londra.

Dimenticavo dirti, caro Suvich, che allorquando Drummond invocò da noi il giuoco a carte scoperte, io ridendo lo interruppi facendogli osservare che le informaz.ioni ricevute da lui da Roma o da Londra e che gli permettevano di essere in grado di parlarmi sull'argomento, dimostravano il franco atteggiamento del Governo italiano.

(l) Le lacune sono dovute al deterioramento del documento.

615

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, VITETTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 780/84 R. Londra, 19 febbraio 1935, ore 12,40 (per. ore 17,30).

Ieri alla Camera dei Comuni, rispondendo ad interrogazione, Simon ha dichiarato:

«Il ministro britannico in Addis Abeba, ha, sin dall'inizio e con piena autorizzazione del Governo, adoperato i suoi buoni uffici per promuovere un amichevole regolamento delle presenti controversie fra Italia ed Etiopia. Non ho nulla da aggiungere, all'infuori del fatto che ad Addis Abeba sono state iniziate conversazionà dirette fra il ministro d'Italia ed il Governo etiopico ».

Al laburista Wilmot, che ha chiesto se Simon intendesse sollevare questione a Ginevra, il ministro degli esteri ha risposto negativamente, aggiungendo: « rutengo sia meglio stare a vedere come la questione si svolge. Di giorno in giorno essa procede e la riunione del Consiglio a Ginevra avverrà solo fra qualche tempo».

Wilmot ha insistito, domandando se non sarebbe consigliabile fare qualche cosa prima che sia troppo tardi. Simon ha replicato: «Non credo che di Governo britannico possa essere rimproverato d'inerzia, ma desidero dichiarare che non è invero desiderabile che, per qualunque caso si presenti, e in qualunque parte del mondo, la Gran Bretagna sollevi delle <\uestioni » (1).

(l) Ritrasmesso ad Addis Abeba e Asmara con t. 266 R. del 21 febbraio.

616

L'INCARICATO D'AFFARI A BAGDAD, PORTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 786/11 R. Bagdad, 19 febbraio 1935, ore 17,50 (per. ore 2,15 del 20).

Non appena terminate cerimonie funebri per la morte di Re Alì, Nuri pascià mi ha fatto chiamare per mettermi al corrente delle sue conversazioni di Roma a proposito trattato di amicizia e ques1lioni frontiera con la Persia.

Per ciò che concerne trattato di amicizia ho potuto comprendere che le difficoltà e dissidi (anche la Turchia, secondo Nuri pascià, si sarebbe insospettita) non sono ancora del tutto superate, ma che lo saranno quasi sicuramente.

Nuri pascià mi ha detto che, a causa della sopravvenuta crisi ministeriale e sopratutto in quanto preveduto che sua soluzione non sarà breve, diff.icilmente potrà tornare a Roma per l'epoca che già aveva costì preannunziata.

Ad ogni modo mi assicurò che farà suo viaggio costì non appena gli sarà possibile «per firmare il trattato». Il presente telegramma continua con il numero di protocollo successivo (l).

617

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 818/273 R. Addis Abeba, 19 febbraio 1935, ore 20 (per. ore 17 del 20).

Telegramma di questa legazione n. 146 (2). Mentre confermo quanto incaricato d'affari ebbe a comunicare sulla situazione, quale sia il corso delle mie conversazioni, ho l'impressione:

l) -Che etiopici, a cominciare dall'Imperatore, sono fermamente convinti che noi stiamo alacremente preparandoci per attaccarli a breve scadenza; in questi circoli si parla già di ottobre.

2) -Di fronte alla minaccia, Imperatore ha abilmente sollecitato il patriottismo dei capi; ora si atteggia a moderatore, ma in realtà è stato lui ad incitarli ed è così riuscito a cementarli maggiormente, per combattere «invasore».

3) -In conseguenza, se da una parte sembra siano stati dati ordini di calma alle frontiere, dall'altra vi è una forte tendenza a prevenirci attaccandoci per pr.imi. Ma sopratutto si cercherà intanto ogni mezzo per legarci le mani (Ginevra, arbitrato).

Preoccupazione principale dell'Imperatore è, mi sembra, da una parte d1 condurre a termine intensamente la preparazione tanks in vista di un prossimo previsto conflitto e dall'altra di restare p.iù possibile nel campo della legalità apparente e di mantenere la posizione di «vittima l) sfruttando il più possibile i vantaggi dell'organo ginevrino (è ancora presente nell'animo dell'Imperatore il successo realizzato dal suo ricorso in seguito agli accordi anglo-Italiani).

Questo, del resto, risponderebbe alla logica; ma occorre tener presente anche mentalità degli abissini, la sicurezza di loro stessi come guerrieri, la segreta speranza avere in un modo o in un altro... (l) appoggio straniero e spirito bellico, ormai scatenato nell'Impero.

Conviene in ogni modo quindi essere pronti a rintuzzare se non addirittura un attacco a fondo contro Somalia (di cui tuttavia si parla con insistenza), possibili iniziative locali di capi, in relazione anche a propaganda svolta per preparare moralmente le masse in caso di ostilità.

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -T. 787/12 R., pari data, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 500, nota 3.
618

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, PERRONE, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T.R. 256 R. Roma, 20 febbraio 1935, ore 1,30.

(Solo per Addis Abeba) Ho telegrafato R. ambasciata Bruxelles quanto segue:

(Per tutti) R. legazione Addis Abeba su istruzioni questo ministero ha recentemente proposto Governo etiopico che comandanti militari italiano e britannico nella zona di Ual-Ual concordassero lo stabilimento di una zona neutra che le due parti si impegnerebbero a non violare: e ciò allo scopo di evitare nuovi incidenti mentre si svolgano negoziati diretti per soluzione questione Ual-Ual. Governo etiopico ha subordinato accettazione della proposta a varie condizioni, fra le quali quella che comandante etiopico, nelle conversazioni con il comandante italiano e nella demarcazione sul lerreno della zona neutra, sia assistito da un ufficiale della missione belga.

Governo italiano non intende accettare tale condizione.

Poiché codesto Governo, sia per mezzo dell'E. V. (telegramma di codesta ambasciata n. 2) (2) sia per mezzo di questo ambasciatore belga (3), ci ha fatto conoscere di avere invitato ufficiali missione miutare belga alla stretta osservanza del loro incarico di carattere istruttivo e a non assumere atteggiamenti e responsabilità che esulino da esso, R. Governo si attende che code

{l) Gruppo indecifrato.

sto Governo dta istruzioni al comandante della missione militare belga in Etiopia di far sapere al Governo di Addis Abeba che gli ufficiali belgi non potrebbero comunque interessarsi allo stabilimento della zona neutra.

Prego fare opportuni riservati passi presso codesto Governo e telegrafare (1).

(2) -T. 244/2 P.R. dell'8 gennaio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 583.
619

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 257 R. Roma, 20 febbraio 1935, ore 13,15.

(Solo per Asmara) Ho telegrafato R. legazione Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti) Suoi telegrammi nn. 249 e 250 del 15 corrente (2). Approvo risposta di V. S. circa schema etiopico di .istruzioni per costituzione zona neutra. Nell'ulteriore trattazione della questione pregola tener presente quanto segue:

1) -È da escludersi in modo assoluto partecipazione uUiciali stranier.i. Al riguardo questo R. ministero telegrafa opportunamente a Bruxelles e a Stoccolma (3).

2) -Sta bene per larghezza zona neutra 6 km. salvo quelle modificazioni che potranno essere 'localmente concordate. Tale zona dovrebbe separare il posto italiano d.i Afdub dal posto etiopico di Gherlogubi e procedere verso nord-est fino a separare presidio italiano di Ual-Ual dal posto etiopico di Ado.

3) -Circa statuto zona neutra, si osserva che date carattel'i.stiche terreno esso si ridurrebbe a stabilire la transumanza reciproca (ripeto reciproca) delle popolazioni indigene. Contro questa transumanza noi non avremmo obbiezioni di pl'i.ncipio, salvo a far concordare dai comandanti locali le precauzioni con le quali nostri sudditi potrebbero essere ammessi ai pozzi entro la linea etiopica e sudditi abissini ai pozzi entro la linea italiana. Le intese dei comandanti locali dovranno essere approvate dalle superiori autorità.

4) -Circa Scillave, confermasi quanto telegrafato con telegramma n. 61,

(4) -che cioè detta località è stata da noi presidiata fin dal 1926 e solo recentissimamente occupata dalle truppe etiopiche. Al riguardo pregola tener presente che Governo Somalia ritiene non sia nel nostro interesse estendere la zona neutra oltre il settore Afdub Ual-Ual-Uarder. In o.gni caso, ove abissini insistessero per estendere zona neutra anche nel settore di Scillave, dovremmo da parte nostra insistere per ripristino della preesistente situazione in detto settore. (l) -Analogo telegramma (t.r. 255 R., pari data) venne inviato alla legazione a Stoccolma. (2) -Cfr. nn. 595 e 596. (3) -Cfr. n. 618. (4) -Cfr. n. 525.
620

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI; MUSSOLINI

T. 812/72 R. Parigi, 20 febbraio 1935, ore 17,20 (per. ore 21,30).

Il collega di Germania è venuto a vedermi ieri.

Parlando delle conversazioni franco-inglesi ha osservato che questa volta la Germania è stata messa di fronte a fatti compiuti.

Tutto è stato concordato preventivamente tra Francia e Inghilterra.

Il Reich è stato invitato ad omologare con la sua accettazione una intesa

g,ià perfetta. Koster ha soggiunto che finché non si cambierà sistema l'accordo con la Germania sarà difficile o impossibile.

Il mio interlocutore ha ripetuto, beninteso, che la Germania non accetterà il patto del nord-est, come è presentemente imperniato sulla clausola di mutua assistenza.

Il patto di non aggressione non incontrerebbe difficoltà da parte Germania.

Koster lo ha detto a Lavai.

Il mio collega di Germania mi è sembrato assai riservato anche riguardo convenzione mutua assistenza aerea.

Ho osservato che mi sembra che la proposta franco-,inglese al riguardo

sia, senza discussione, molto accetta... (l).

Koster ha replicato che delle trattative su questo punto sembrano pos

sibili.

Ha soggiunto, però, subito che gli constava da fonte attendibile che, se Francia riuscirà a condurre in porto la convenzione aerea di mutua assistenza dell'Europa Occidentale, ne metterà in piedi un'altra ana1oga per l'altra parte dell'Europa.

Nella deprecata eventualità, ha concluso ambasciatore di Germania, Cecoslovacchia servirebbe da piattaforma per il collegamento aereo franco-russo. La Francia riuscirebbe con ciòò a legalizzare in certo modo le convenzioni militari segrete che ha stretto con alcuni Stati centro-balcanici.

Inoltre potrebbe fare assegnamento, in modo positivo sulla potenza mili

tare russa che, secondo il mio collega tedesco, diventa ogni giorno più te

mibile.

Non escludo che l'informazione di Koster sia fondata.

Però la confidenza fatta mirava evidentemente a suscitare diffidenza con

la Francia.

Ho riportato in seguito il discorso sulle trattative in corso franco-anglo

tedesche.

Ki:ister mi ha detto di essere convinto che Lavai si renda conto dell'impos-•

sibilità di piegare il Reich ad accettare concetto della mutua assistenza in un

patto coilettivo del nord-est Europa.

Egli crede che ministro degli affari esteri francese pensi, come ultima ratio, alla conclusione di due patti: l'uno tra Francia, Russia, Cecoslovacchia di mutua assistenza, l'altro fra gli stessi Stati e la Germania e la Polonia di non aggressione. Germania non consentirebbe in nessun caso a passare contratto con la Lituania a causa situazione di Memel.

Koster mi ha ripetuto alla fine di aver la convinzione che Laval si incammina su questa via. Mi riservo fare opportuni sondaggi di controllo.

(l) Gruppo indecifrato.

621

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. U. R. 1564/62-63 P. R. Washington, 20 febbraio 1R35, ore 19,50 (per. ore 7,15 del 21).

Mio telegramma n. 55 e precedenti ( 1).

Oggi sono stato pregato di passare al Dipartimento di Stato, dove mi è stato rimesso e commentato promemoria confidenziale, concernente attività di alcuni consolati italiani.

Promemoria afferma anzitutto che inchiesta fatta ha constatato « recrudescenza della attività di funzionari consolari italiani, nella organizzazione della propaganda fascista negli S.U.A., quale aveva già formato oggetto di reclamo alcuni anni fa, quando Governo italiano aveva promesso di cessare suo appoggio a favore di organizzazioni, la cui attività era stata motivo di reolamo ».

Promemoria continua osservando che vice console Ungarelli ha mostrato « eccesso di zelo e poco discernimento, oltrepassando tutte le iniziative di propaganda fascista fra cittadini di origine italiana»; che le sue attività hanno provocato risentimento di una larga parte della popolazione; che le accuse mossegli sono così numerose, serie ed accreditate, da rendere sua situazione insostenibile, e che «sua ulteriore permanenza a Detroit potrebbe produrre manifestazioni della opinione pubblica, spiacevoli tanto per Governo italiano che per Governo degrli S.U.A. ».

Promemoria passa poi all'attività degli insegnanti aggregati ai consolati di Detroit, New York e Filadelfia, osservando che tale attività (consistente fra l'altro nella distribuzione gratuita di libr.i di testo «non adatti alla educazione di ragazzi americani») ha sollevato sospetti e critiche da parte di cittadini americani, e non può essere considerata senza apprensione dal Governo

S.U.A.

Promemoria osserva poi che accuse di propaganda fascista sono state fatte da membri del Senato e della Camera anche contro altri consoli, che

finora ha potuto essere evitata una d·iscussione avanti al Congresso, ma che tale discussione non potrebbe essere più evitata qualora presente situazione dovesse continuare.

Promemoria conclude «suggerendo ufficiosamente» i seguenti provvedimenti:

l) -Trasferimento in altro paese del R. vice console Ungarelli e dei tre insegnanti di Detroit, New York e Filadelfia;

2) -Che i funzionari consolari italiani vengano invitati ad astenersi da attività suscettibili di provocare ostilità simili a quelle provocate da cav. Ungarelli;

3) -Che nessuna persona, incaricata di attività simile a quella esplicata da insegnanti di Detroit, New York e Filadelfia, sia aggregata ai consolati italiani;

4) -Che venga sospesa distribuzione gratuita nelle scuole americane di libri di testo stampati in Italia.

Promemoria, rimessomi a titolo confidenziale, e del quale trasmetto testo prossimo corriere, mostra serietà che Dipartimento di Stato attribuisce alla questione.

Nel riceverlo ho chiesto anzitutto se la comunicazione doveva essere considerata da me come passo ufficiale e se ultima parte promemoria dovesse essere interpretata come richiesta formale.

Mi è stato risposto che comunicazione aveva carattere confidenziale e «quasi personale», che essa aveva scopo di far conoscere «ufficiosamente» al Governo italiano punto di vista del Governo americano e che provvedimenti menzionati alla fine del promemoria erano stati indicati a titolo di suggerimento amichevole come via migliore per risolvere d>ifficoltà e chiudere al più presto incidente.

Ho osservato allora che reolami contro Ungarelli erano formulati in modo troppo generico per darmi possibilità di confutarH o quanto meno di dimostrarne esagerazione.

A ciò si è risposto ammettendo Dipartimento di Stato aveva constatato esso stesso accanimento delle accuse e non escludeva quindi una parte di esagerazione.

Riconosceva pure che v-ice console Detroit era stato soggetto a gravi provocazioni da parte di ambienti antifascisti. Voluminoso incartamento raccolto mostrava però in modo convincente che Ungarelli si era reso inadatto al suo posto.

Dipartimento di Stato era pronto approfondire e discutere con me merito delle accuse ma non credeva possibile arrivare a conclusioni diverse neppure dopo giustiHcazioni che io fossi in grado fornire ed avevo del resto tempo fa fornite a scarico di Ungarelli.

Suo trasferimento era soluzione pratica che Governo italiano poteva adottare per mettere termine ad una campagna della quale vice console italiano poteva essere più o meno responsabile ma che purtroppo esisteva né accennava a calmarsi.

Circa attività maestri e distribuzione libri, mio interlocutore è stato molto esplicito nel dichiararmi che reazioni contrarie pubblico americano erano state troppo forti per permettere al Dipartimento di Stato di .ignorarle.

Egli ha pertanto insistito perché io facessi presente a V. E. situazione esistente e raccomandassi pronta decisione nel senso suggerito.

Non mi è stato fatto più cenno dei campeggi estivi; aggiungo che Dipartimento d.i Stato mi ha garantito massima riservatezza circa comunicazione odierna.

Con ciò esso intende facilitare misure che appariranno prese spontaneamente dal Governo italiano, mentre teme che ulter.iori discussioni sull'argomento potrebbero attirare attenzione del pubblico e creare situazione imbarazzante per entrambi i Governi.

V.E. possiede ormai tutti gli elementi per giudicare situazione e decidere

circa seguito da dare alle r.ichieste uffic·iose del Dipartimento di Stato. Rimango quindi in attesa delle sue istruzioni.

(l) Cfr. nn. 566, 567 e 567, nota l, p. 603.

622

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, PERRONE, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 811/21. Bruxelles, 20 febbraio 1935, ore 20,10 (per. ore 23,15).

Telegramma di V. E. n. 30 (l).

Il direttore generale della politica di questo ministero degli affari esteri, col quale mi sono subito messo a contatto, mi ha assicurato che sino da iersera era stato te,legrafato ad Addis Abeba per ricordare agli ufficiali missione militare belga che essi dovevano astenersi dal far parte commissione incaricata di stabilire una zona neutra nella regione di Ual-Ual.

Queste istruzioni erano state impartite dal signor Hymans non appena venuto a conoscenza di un'informazione apparsa sul Daily Telegraph seèondo la quale era desiderio del Governo etiopico che un ufficiale belga ed uno svedese facessero parte della commissione di delimitazione.

Mi è stato aggiunto che quanto pr·ecede era stato anche comunicato per conoscenza al Governo svedese.

Il telegramma di questo Governo, di cui ho potuto avere visione, aggiunge che agli ufficiali belgi è del pari vietato d'interessarsi comunque ad eventuali operazioni di mobilitazione e che essi dovranno immediatamente rimpatriare in caso di dichiarazione di guerra.

Mi è apparso che, pur essendo assolutamente disposto a farci cosa gradita, questo Governo desideri evitare anche la semplice apparenza di aver agito in seguito nostre pressioni, e che esso si rallegra pertanto della spontaneità e della tempestività del suo telegramma {1).

(l) Protocollo particolare per Bruxelles del n. 618.

623

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 844/045 R. Berlino, 20 febbraio 1935 (per. il 22).

Sono stato informato in via del tutto confidenziale e riservata che questo ambasciatore d'Inghilterra ricevendo nei giorni scorsi un giornalista austriaco si sarebbe espresso con lui nel senso che occorrerebbe facilitare al Governo del Reich una via di uscita dalla situazione in cui si è posto nei riguardi dell'Austria. Richiesto di quello che intendesse per «via d'uscita» sir Eric Phipps avrebbe r.isposto che occorreva poter dimostrare con una libera votazione quali fossero i reali sentimenti della popolazione austriaca, giacché nel caso in cui ,la maggioranza si pronunciasse contro il nazionalsocialismo sarebbe riuscito più facile a Hitler di assumere un atteggiamento di disinteresse verso l'Austr.ia e quindi di partecipare al patto danubiano.

Tale linguaggio del mio collega non mi ha soverchiamente sorpreso, perché gli inglesi imbevuti come sono tutti di llberalismo scorgono· nell'appello alle urne la panacea per ogni mal'!. D'altro lato l'ansietà manifestata da sir Eric Phipps anche a François-Poncet ed a me, di giungere ad un accordo con la Germania per la questione del patto di garanzia aerea dimostra come egli tenda a far trionfare quello che considera il patto di maggior interesse per ·l'Inghilterra. Nulla sinora fa peraltro ritenere probabile che il Governo britannico intenda mutare il proprio atteggiamento nella questione austriaca, cosicché spero che le cose dette da sir Er,ic Phipps rispecchino unicamente una sua opinione personale.

Poiché d'altra parte sir Eric Phipps fu per vari anni, prima di venire a Berlino, ministro d'Inghilterra a Vienna e conosce quindi perfettamente la situazione dell'Austria, il linguaggio da lui recentemente tenuto appare se non altro ingenuo, giacché è opinione generale che le elezioni in quel paese sopratutto dopo il Plebiscito della Saar, darebbero la maggioranza ai nazionalsocialisti. È perciò infatti che Hitler insiste continuamente perché si faccia appello alla volontà popolare, sapendo perfettamente che i metodi d'intimidazione che verrebbero posti in atto, assicurerebbero un successo alla Croce Uncinata.

Procurerò, nelle mie conversazioni col collega inglese, di far cadere la conversazione sull'argomento dell'Austria per svolgere tutti i motiv.i che si oppongono ad elezioni in quello Stato.

Ritengo ad ogni modo necessario informare di quanto precede, in via del tutto confidenziale, V. E. affinché ella possa mediante un cauto controllo esercitato a Londra indagare se per avventura il linguaggio di sir Eric Phipps sia indizio di un mutamento di opinione da parte del Governo britannico.

(l) Rltrasmesso a Stoccolma e Addis Abeba con t. 265 R. del 21 febbraio

624

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE Dl GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 20 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond mi intrattiene sugli scambi di vedute franco-inglesi in rapporto alla nota di risposta tedesca. Non è ancora deciso se e quando i ministri inglesi andranno a Berlino ma ad ogni modo è inteso che ciò non potrà avvenire che in pieno accordo colla Francia e con l'Italia e che le conversazioni di Berlino dovranno inquadrarsi negli accordi di Roma e di Londra. Da parte francese non si fa nessuna obiezione a questo viaggio.

Rispondo all'Ambasciatore che è nell'interesse generale, ma sopratutto in quello della Germania che questa accetti una politica di collaborazione con le grandi potenze europee. Non dobbiamo però farci molte illusioni: la Germania intende marciare per la propria strada e intende sopratutto riarmare rapidamente e formidabilmente. La vittoria della Saar ha contribuito a rialzare molto le pretese germaniche e il tono in cui essa parla agli altri paesi. Gli inglesi si erano fatta l'illusione che una clamorosa vittoria dei tedeschi nella Saar li avrebbe resi più trattabili sulle altre questioni. Avviene -come era da prevedere -perfettamente l'inverso. Se ora ad un cenno della nota tedesca i Ministri inglesi si precipitano a Berlino, Hitler avrà veramente l'impressione di poter dettar legge al resto del mondo. Tutto ciò è contrario al fine che vogliamo raggiungere: quello cioè di una collaborazione su basi ragionevoli con la Germania. Il punto di vista del Governo italiano è che l'eventuale incontro di Berlino, deve essere preceduto da una adeguata preparazione per farlo rientrare nel complesso degli accordi in via di discussione e non dare l'impressione che l'Inghilterra si stacchi dagli altri per negozia,re separatamente coi tedeschi soltanto un patto di mutua assistenza aerea. Sarà anche conveniente lasciare trascorrere un certo tempo perché anche nel pubblico si abbia l'impressione che il viaggio dei Ministri inglesi avvenga a ragion veduta e dopo presi tutti gli accordi necessari.

L'Ambasciatore viene poi a parlarmi dell'Abissinia e mi dice che il Governo ing,lese spera vivamente che gli abissini accetteranno l'a nostra proposta per la fissazione di una zona neutra e che il Governo inglese sta occupandosi attivamente a tal fine.

L'Ambasciatore Drummond ritiene che, ottenuta la zona neutra, sia risolta la principale difficoltà esistente tra noi e gli abissini.

Lo informo sullo stadio delle trattative, sulla nostra richiesta che siano gli abissini ad arretrare e sulla nostra opposizione a che nella Commissione abissina per la fissazione della zona neutra ci siano degli ufficiali stranieri:

belgi e svedesi. Aggiungo che la fissazione della zona no nè che la prima conbelgi e svedesi.

L'Ambasciatore trova ragionevoli le nostre richieste.

Aggiungo che la fissazione della zona non è che la prima condizione perché noi possiamo entrare in discussione con gli abissini sugli incidenti tuttora insoluti. Evidentemente tale discussione non è possibile se ogni giorno avviene un incidente -per colpa degli abissini.

Sir Eric Drummond mi dice che il suo Governo si prèoccupa molto che l'Italia possa essere impegnata a fondo nella questione africana rimanendo assente dal settore europeo dove in questo tempo si gioca la partita decisiva.

Gli rispondo che non c'è nessuna preoccupazione a tale riguardo.

L'Ambasciatore confida tuttavia che la questione possa essere liquidata senza arrivare a misure estreme. Eg'li spera che gli abissini potranno persuadersi ad accettare una collaborazione con l'Italia nel senso di accordarci delle concessioni e darci la possibilità di lavorare nel paese; egli ritiene che ciò potrebbe essere per noi sufficiente.

Gli rispondo che per ottenere ciò bisognerebbe cambiare la mentalità degli abissini e sottoporla ad una pressione tale per cui non possano reagire. Oggi per noi il problema è quello della sicurezza delle nostre colonie e per ciò siamo decisi ad andare fino in fondo. Qualunque segno di esitazione da parte nostra sarebbe pericoloso per noi e per gli altri europei che saranno pure presi di mira dalle tendenze xenofobe che prendono sempre più piede in Abissinia. La nostra azione è nell'interesse di tutti e ad essa non può opporsi l'equivoco creato dall'appartenenza dell'Abissinia alla Società delle Nazioni; abbiamo anche noi la nostra responsabilità in ciò e non lo neghiamo. Ma il paese non potrebbe essere ammesso a Ginevra data la disorganizzazione statale che in esso è ormai una regola e l'esistenza della schiavitù.

All'Ambasciatore non fa tanto impressione la questione della schiavitù che in fondo in molte regioni ha delle forme attenuate per cui nori si può dire che gli schiavi stiano male, ma ove riconosce in pieno la deficienza dell'Abissinia è nella mancanza di un'organizzazione statale.

Sir Eric Drummond mi parla poi dell'attività svolta dal ministro di Abissinia a Roma.

Gli rispondo che effettivamente .conosciamo tale attività che si sfoga in interv-iste, comunicati ecc. Noi vi diamo un'importanza relativa e non rispondiamo neanche più ai suoi comunicati (1).

625

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI GRECIA A ROMA, METAXAS

APPUNTO. Roma, 20 febbraio 1935.

Faccio vedere al Ministro Metaxas l'unito telegramma del corrispondente della Stefani da Atene (2); gli faccio le più vive rimostranze specialmente per il fatto che sono i giornali governativi a fare questa campagna contro l'ItaHa.

Il Ministro di Grecia mi informa di aver ricevuto ieri un telegramma in cui è detto che il Capo del Governo Tsaldaris impressionato per quanto gli ha comunicato lo stesso Metaxas, ha convocato i direttori di tutti i giornali di Atene invitandoli a cessare da questa campagna che metteva il Governo nel più serio imbarazzo. Il Direttore del Vradini avrebbe dichiarato di voler interrompere la pubblicazione degli articoli sulla guerra in Abissinia e ne avrebbe dato notizia anche al nostro Ministro ad Atene.

Il Ministro Metaxas ritiene che la corrispondenza di Ceresole sia antecedente all'intervento del Governo e spera che ora le cose stiano per cambiare.

Rispondo al Ministro che gli diamo credito per vedere l'effetto dell'intervento del capo del Governo greco, ma che se le cose non dovessero mutare mi troverò costretto a pregarlo di ripassare per fargli ancora presente le gravi conseguenze a cui si può giungere.

(l) -Il contenuto di questo colloquio fu comunicato a Londra, Parigi, Ginevra, Addis Abeba e alle Colonie, con telespr. 205992/C. del 25 febbraio. (2) -Non pubblicato.
626

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 20 febbraio 1935.

Sono rientrato ieri, dopo un viaggio aereo pieno di interesse e alquanto tempestoso. Stamane ho visto Simon e adesso ho spedito a Roma n solito regolare telegramma su questo colloquio (1). Ma a Te, con franca sincerità, dico che questo colloquio non mi è affatto piaciuto. Una sola settimana di assenza da Londra, e già qualche cosa di cambiato. Non so che cosa Tu pensi di questo viaggio di Simon a Berlino, ma io credo che esso sia un grosso errore. Uno dei risultati degli incontri di Roma e di Londra è stato quello di dare alla Germania la sensazione precisa del suo isolamento internazionale. L'esperienza insegna che è questo l'unico metodo che abbia qualche probabilità di fare rinsavire i tedeschi. Ed ecco che questi baggiani di Inglesi, invece di far leva sulla naturale preoccupazione tedesca nel vedere ricostituito per la prima volta dopo Versailles il blocco degli Alleati, solo per un meschino e sbagliatissimo calcolo elettorale, corrono a Berlino, e ciò ancora prima di sapere quale sarà l'effettiva accoglienza che Hitler e i suoi riserbano di fatto alle proposte franco-.italo-britanniche di Roma e di Londra. Non è difficile prevedere che-Plebiscito della Saar insegni-i Tedeschi saranno dopo la visita di Simon, più intrattabili di oggi. E cosi gli Inglesi anziché avere servito la causa della pace, avranno, come sempre -colla loro politica inconsistente come la loro nebbia -servito ad accelerare i tempi della guerra.

Tutte queste cose ho detto a Simon, e dopo di me gliele è andate a dire anche l'Ambasciatore di Francia, Corbin, che avevo visto in precedenza e col quale -dopo gli Accordi di Roma -lavoriamo con una sincronia perfetta. La risposta di Simon è stata ed è sempre la medesima: «... La Camera dei Comuni... La Società delle Nazioni. .. Le elezioni ,a breve scadenza ... Il Governo non deve essere accusato di avere dato l'ostracismo alla Germania... io (Simon) vedo Lloyd George

puntare il dito contro di me. La colpa è vostra perché avete respinto l'offerta di conversazioni fatta da Hitler... Non bisogna lasciare ai laburisti H monopolio della Società delle Nazioni... I giornali francesi hanno esagerato parlando di entente cordiale... Può darsi che abbiate ragione dicendo che, se il mio viaggio a Berlino sarà un .insuccesso, la situazione Europea ne risulterà peggiorata, ma se così il Governo di Ba;ldwin potrà ben dire che ha fatto tutto quanto era possibile di fare... ».

Insomma, come ho avuto già più volte occasione di dirTi, questa gente, da qualche tempo in qua non fa più della politica estera, bensì della bassa cucina di Partito, e gU interessi del Mondo non sono considerati se non ingredienti nei calcoli elettorali di Baldwin. C'è quindi da attendersi tutto, le cose più strampalate e più inverosimili, dai Conservatori Inglesi, in questo momento.

Intanto stiamo a vedere come reagirà la cosidetta « opinione pubblica » inglese a questa decisione presa ieri dal Gabinetto. Ma non mi meraviglierei affatto di vedere nei prossimi giorni la stampa e la Camera dei Comuni, che ancora ieri mostrava di essere inorridita alle notizie che un boia tedesco in frack aveva tagHato la testa a due donne (come se gli Inglesi non avessero mai tagliato la testa a nessuno), applaudire al viaggio di Simon a Berlino. Così è questo popolo; tutto il rovescio di quello che gli europei credono che sia, ma che Tu hai sempre inteso e definito nei Tuoi epigrammi essenzrali senza sbagliarti mai. A Simon il quale disse una volta che non era possibile per il Governo Britannico di trattare con un Pa·ese che cambiava ogni tre mesi governo, Barthou rispose secco: « Meglio cambiare un governo ogni tre mesi, che, come voi, opinione ogni tre giorni».

(l) Cfr. n. 631, evidentemente minutato il 20 febbraio.

627

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 829/75 R. Parigi, 21 febbraio 1935, ore 19,15 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 74 (l).

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto di avere ricevuto avantieri la visita del ministro di Etiopia a Parigi accompagnato da un avvocato francese, consulente legale della legazione.

Il ministro ha espresso il desiderio, a nome del suo Governo, che le conversazioni in corso per regolare noti incidenti continuino a Parigi: «anche per profittare della presenza qui dell'ambasciatore di Inghilterra sir George Clerk conoscitore dell'Abissinia».

Ministro di Etiopia ha esibito a Lavai una carta italiana dalla quale risulta che Ual-Ual si trova in territorio etiopico. Il rappresentante etiopico ha finito per parlare chiaramente di arbitrato, senza ,però designare la persona dell'arbitro.

Lavai ha soggiunto di avere l'impressione che arbitrato della Francia sa

rebbe gradito.

.

Il ministro francese mi ha detto di avere risposto che il fatto che Ual-Ual figura in una carta italiana in territorio abissino non ha, a suo avviso, importanza decisiva.

Occupazione italiana poteva tuttavia essere giustificata da ragioni di sicurezza per il fatto che potere centrale Abissinia non era in grado di mantenere l'ordine in quel territorio.

Il rappresentante etiopico avrebbe replicato che se un arbitro decidesse che appartenenza del territorio contestato doveva essere attribuita all'Italia il verdetto sarebbe accettato dal suo Governo.

Lo stesso poteva dirsi se l'Etiopia fosse stata condannata a pagare le chieste penalità e a fare le scuse all'Italia.

Viceversa Governo etiopico non avrebbe consentito a cedere in nessun caso territorio contestato, non avrebbe pagato nessun indennizzo, né fatto scuse per diretta imposizione del Governo italiano.

Lavai ha concluso dicendo che un eventuale arbitrato della Francia avrebbe tenuto conto nel Umite del possibile dei nostri desideri. Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo con tabella A.R. 21 e con cifrario A.R. 15 (l).

(l) T. 801i74 R. del 20 febbraio, non pubblicato.

628

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 825/76 R. Parigi, 21 febbraio 1935, ore 19,40 (per. ore 23).

Il pres,ente telegramma fa seguito a quello precedente (2).

Ho dichiarato al ministro degli affari esteri che ero sorpreso dal tenore della sua comunicazione. Non potevo rispondergU che a titolo personale. Mi richiamavo in primo luogo alle intese di Roma. Mi esimevo perciò chiarirgli punto di vista italiano nella questione Abissinia.

Non mi sembrava che la proposta abissina potesse riuscire gradita a Roma.

Lavai aveva preso parte alle conve,rsazioni di Ginevra, cui scopo era lasciare all'Italia e all'Abissinia regolare direttamente propri affari.

Avevo netta impressione che i,l punto di vista italiano non fosse per nulla modificato a questo riguardo. Il fatto che procedura proposta lasciasse intravvedere possibilità di regolare soddisfacentemente per l'Italia gli incidenti al confine italiano non mi sembrava conclusivo.

Si sarebbe creato un precedente pessimo per noi e foriero di guai maggiori.

Se Governo etiopico non ostacola sistematicamente l'espansione economico-commerciale della [Francia] e dell'Inghilterra neU'Abissinia è notorio che esso sbarra la strada a qualsiasi iniziativa italiana. È questo il punto essen

47 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

ziale della controversia che la procedura proposta dall'Abissinia non vale a modificare.

Ho osservato infine che credevo di potere escludere in modo assoluto, per ragioni così ovvie da omettere di precisarle, che il nostro Governo acconsentisse di lasciarsi indeterminatamente trascinare in una procedura arbitrale con un popolo di colore che viveva ai margini della civiltà.

Quanto poi al richiamo alla persona del mio collega britannico non riuscivo proprio a comprenderne il significato.

Il ministro ha replicato che era ben !ungi dal suo pensiero proporre cosa che non riuscisse gradita a V. E. Però egli mi ha pregato, insistendo ripetutamente, perché informassi V. E.

Il telegramma continua col numero di protocollo successivo (l).

(l) -Cfr. n. 628. (2) -Cfr. n. 627.
629

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 835/77 R. Parigi, 21 febbraio 1935, ore 19,40 (per. ore 23).

Il presente telegramma fa seguito a quello precedente (2).

Mi resta da aggiungere che a un certo punto della conversazione Lavai mi ha detto che Governo etiopico se fosse respinta la sua proposta arbitrato ricorrerebbe a S.d.N.

Sono stato sul punto di dire a Lavai che ero sorpreso che egli avesse consentito parlarci sia pure dopo avere ... (3) ufficiosa della proposta abissina. Gli sarebbe stato infatti facile respingerla sen'altro riferendosi alle intese ginevrine omologanti trattative dirette.

Intervento del ministro degli affari esteri francese può essere spiegato con motivi prestigio personale ai quali senza dubbio Lavai è assai sensibile.

Credo però che nella fattispecie debbano entrare in considerazione anche altri elementi e che manovra che si delinea a nostro danno faccia parte di piano che è appena agli inizi. Mi riferisco a questo proposito a una conversazione avuta nel tratto fra palazzo Chigi e quello di Venezia con S. E. sottosegretario di Stato alcuni giorni dopo la partenza da Roma di Lavai. Dissi allora non poter escludere che il disinteressamento francese sull'Abissinia fosse senza sottintesi. Mi richiamai ai principi tradizionali della politica estera francese per i quali «un attento disinteresse~ non è sinonimo di «un disinteresse leale~-Esempi del dopoguerra lo [dimostrano].

Non so quale sarà la risposta di V. E. alle aperture del signor Lavat Da parte mia ho creduto mio dovere [riferirmiJ dal canto mio a varie riprese, sia pure con molta cortesia, alle intese di Roma, lasciando intendere al mio interlocutore che v. E. segue la linea che si è tracciata ( 4).

(l) -Cfr. n. 629. (2) -Cfr. n, 628. (3) -Gruppo !ndec!frato. (4) -Mussolin! rispose con t. 307/101 R. del 24 febbraio: «Approvo risposta d! v. E. Conviene lasciar cadere ogni tentativo far divergere questione !taio-abissina cLa linea decisa a Ginevra di trattative dirette fra i due paesi».
630

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 821/80 R. Parigi, 21 febbraio 1935, ore 20 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 70 {1).

Ho intrattenuto questo ministro degli affari esteri dell'approvazione degli accordi di Roma da parte del Parlamento. In mia presenza Lava! ha telefonato a Léger e lo ha pregato di sollecitare la preparazione della relazione.

Gli ha detto che desidererebbe presentare al Parlamento il progetto di legge relativo martedì 28 corrente.

631

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 839/91 R. Londra, 21 febbraio 1935, ore 21,36 (per. ore 3,40 del 22).

Simon, che ho veduto stamane, mi ha messo al corrente della discussione di ieri al consiglio dei ministri su nota tedesca e proposta avanzata dal Governo tedesco di un incontro anglo-germanico a Berlino.

Questione è stata esaminata sotto suoi vari aspetti e il Gabinetto è stato d'opinione che il Governo britannico non potrebbe rispondere senz'altro negativamente a tale proposta. È stato osservato che dopo incontri bilaterali italainglesi, itala-francesi e anglo-francesi, è utile considerare possibilità di un incontro anglo-tedesco.

Simon ha insistito su questo aspetto del problema e su elementi di politica interna dei qua-li Governo britannico non può non tener conto. Governo britannico, egli mi ha detto, è persuaso che opinione pubblica inglese è desiderosa che sia fatto il possibile per incoraggiare Germania a rientra:re nella

S.d.N. e per iniziare al più presto negoziati per convenzione aerea e nel decidere sulla eventuale visita a Berlino Gabinetto non ha potuto non tener conto di questo.

Tuttavia incontro anglo-tedesco non potrebbe avvenire senza prelimina:ri scambi di idee e senza che Governo germanico accetti una condizione precisa e, cioè, che conversazioni anglo-tedesche non possono essere limitate alla sola convenzione aerea ma vanno estese a tutti i problemi indicati nel comunicato 3 febbraio. Questi problemi sono infatti co*.>iderati dal Governo inglese come inseparabili.

Se scambio di idee preliminare del quale sarà incaricato ambasciatore di Inghilterra a Berlino darà risultati soddisfacenti, ministri britannici consentiranno un incontro in luogo e data da stabilirsi.

Foreign Office, intanto, sta preparando istruzioni agli ambasciatori a Roma e Parigi e a Berlino.

Simon mi ha chiesto pensiero di V. E. su risposta tedesca e suo viaggio a BerLino. Ho risposto che quando ero partito da Roma nota tedesca non era ancora giunta. Non ero perciò in caso rispondergli. Il viaggio dei ministri britannici a Berlino era indubbiamente gesto di importanza poLitica.

Il Governo italiano aveva la maggior fiducia nell'azione del Governo britannico e nella bontà delle sue intenzioni; e quanto a fini da perseguire identità di vedute rilevata negli accordi di Roma e di Londra costituiva per noi garanzia che incontro anglo-tedesco, qualora avvenisse, rientrerebbe nel quadro preciso di questi accordi.

Su questo Simon ha tenuto a darmi le più ampie assicurazioni. Mi ha aggiunto poi che incontro di Berlino non era concepito dal Governo britannico che come una continuazione del lavoro fatto a Roma e a Londra, e che tanto la Francia che l'Italia sarebbero state consultat'e e informate tempestivamente. Cioè si trattava, per ora, proprio di fare accettare dalla Germania quelle condizioni preliminari che eliminassero ogni equivoco su questo punto.

Simon quindi mi ha chiesto se ero in grado metterlo al corrente delle conversazioni itala-tedesche per il patto danubiano alle quali von Neurath aveva accennato nel suo colloquio con Phipps (telegramma questa ambasciata

n. 82) Cl). Ho risposto che avrei subito chiesto a V. E. istruzioni. Simon ha insistito sull'utilità di un completo scambio informazioni tra i

tre Governi -britannico, francese e itaJliano -in modo da evitare malintesi di fronte alla Germania.

Di un invito che il Governo sovietico avrebbe il'ivolto al Governo britannico perché Simon si rechi a Mosca, Simon mi ha risposto che in questo momento il solo incontro che egli considera è quello anglo-tedesco.

In seguito potrà essere anche esaminata opportunità di un incontro anglo

russo e anglo-polacco. Ciò dipenderà dallo sviluppo delle circostanze. Simon mi ha anche parlato della situazione in Abissinia. Su questo riferisco a parte (2).

(l) T. 758/70 R. del 18 febbraio, non pubblicato.

632

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 21 febbraio 1935.

L'Ambasciatore Chambrun viene a parrlarmi dei negoziati tra la Francia e la Gran Bretagna a proposito della risposta tedesca.

La Francia lascia alla Gran Bretagna la responsabilità di decidere se il suo Ministro debba o no andare a Berlino. Però vi è un accordo preciso fra due Governi perché le questioni che hanno formato oggetto del comunicato

finale di Londra non possono essere dissociate, quindi se anche si dovesse trattare a Londra del Patto di mutua assistenza aerea, è chi!llro che questo non potrà entrare in vigore se non quando siano risolte le altre questioni.

Ringrazio ,l'Ambasciatore per la comunicazione: gli dico che il punto di vista del Governo italiano è quello che l'eventuale incontro debba essere preceduto da un'adeguata prepaJrazione perché sia chiaro che l'Inghilterra non tratta un accordo per conto proprio con la Germania, ma che le trattative di Berlino non rappresentano altro che una fase degli accordi già fissati a Roma e a Londra. Anche per questo sarà bene che non si dimostri un eccessivo empressement nel cmTispondere al vago invito fatto da Berlino. Come mia impressione personale dico all'Ambasciatore che la visita a Londra non mi pare priva di pericoli, sopratutto dal punto di vista francese: quando i tedeschi avranno discusso con l'Inghilterra del Patto aereo e si saranno dichiarati disposti ad aderirvi, ci sarà comunque un principio d~ riconoscimento della possibilità della Germania di avere una flotta aerea militare senza che siano state risolte le questioni principali, cioè quelle della limitazione degli armamenti e della sicurezza. A me pare che dal punto di vista francese, si sarebbe dovuto richiedere prima la discussione delle questioni preliminari, cioè Limitazione degli armamenti e i due Patti di sicurezza per poi passare alla fase ulteriore che potrà essere quella dell'abolizione della parte V del Patto aereo e del ritorno della Germania alla Società delle Nazioni. Dico dal punto di vista francese; dal punto di vista italiano vi è una divers'a valutazione del problema della sicurezza, particolarmente per quanto riguarda H Patto Orientale.

L'Ambasciatore mi parla poi del recente decreto sui contingentamenti. Egli ha fatto un'opera di persuasione presso il suo Governo e presso i corrispondenti locali dei giornali per chi!llrire il punto di vista italiano e per mettere in rilievo la necessità del provvedimento dal punto di vista della difesa della nostra valuta: spera di essere riuscito nel suo intento almeno in p!llrte. Egli ha fatto anche capire che il divieto è una presa di posizione di partenza che non escluderà ulteriori trattative; d'altra parte la Francia deve essere abbastanza tranquilla perché gli scambi sono quasi compensati e l'importazione francese è già contingentata; anzi i contingentamenti sono stati resi più restrittivi da parte italiana con recenti provvedimenti.

Ciò premesso però l'Ambasciatore deve fare due richieste:

l) di lasciare entrare in Italia le spedizioni che erano g1a in viaggio al momento della emanazione del decreto. Si tratta fra l'altro di spedizioni di carbone e di acciaio che sono ferme alla frontiera; egli è bersagliato di telegrammi degli interessati e del Governo a cui non sa che cosa rispondeTe perché gli pare ragionevale che si cerchi di evitare dei danni ingenti per quelli che hanno fatto la spedizione in perfetta buona fede quando il decreto non era ancora emanato;

2) --e su questo egli mi prega di attirare l'attenzione personale del Capo del Governo -il decreto ha colpito l'importazione dei giornali e dei libri francesi.

Il contingentamento dei giornali dovrebbe essere ridotto del 75 %. Egli pensa che non si può avere voluto mettere un contingentamento anche sui giornali e che il provvedimento in tale riguardo abbia avuto applicazione automatica, in quanto i giornali sono compresi in una categoria più vasta di voci che devono essere contingentate.

Egli non riuscirà mai a fare ammettere dai giornali francesi che il provvedimento possa avere carattere economico e non poLitico -un provvedimento che equivale al sequestro del 75% dei giornali francesi che entrano in Italià. La reazione sarebbe seria e sarebbe perduta gran parte della sua opera tendente ad una migliore valutazione da parte francese delle condizioni dell'Italia e ciò in un momento particolarmente delicato come l'attuale. Egli perciò mi ripete la pr,eghiera più insistente perché il Capo del Governo voglia riesaminare tali inaspettate e certamente non volute conseguenze del decreto.

(l) -T. 772/82 R. del 19 febbraio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 638.
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IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA

NOTA VERBALE. Roma, 21 febbraio 1935 (1).

Il Governo Italiano 11ingrazia il Governo francese per la comunicazione (2) che esso gli ha fatto pervenire, relativamente al progetto italiano di risposta alla Nota tedesca sul Patto di non ingerenza: i,l Governo Italiano, da parte sua, attende ora di conoscere il progetto di risposta che n Governo francese si propone di inviare al Governo del Reich sullo stesso argomento. Al Governo Italiano sono, nel f~rattempo, pervenute, da parte de'l Governo austriaco, alcune considerazioni sulla Nota tedesca delle quali é opportuno che il Governo francese prenda conoscenza. Se ne allega copia.

DaU'esame della comunicazione francese, n Governo Italiano si compiace esso pure di constatare che esiste, in generale, una concordanza di vedute fra il Governo italiano ed il Governo francese in merito ai chiarimenti richiesti dal Governo Germanico.

II Governo itaJiano ritiene tuttavia utile di fornire al Governo francese alcune maggiori precisazioni circa il suo punto di vista.

Preambolo.

Il Governo ~italiano é d'accordo col Governo francese nel cons~dera:re che dell'impegno per le Parti contraenti, di non permettere una propaganda sovversiva nel proprio territorio, allo scopo di evitare ogni dubbio di interpretazione sia fatta menzione, invece che nel preambolo, al paragrafo I.

Paragrafo 2°

Dichdarandosi disposto ad accettare 1a proposta tedesca di subordinare gli accordi particolari al consenso di tutti gli Stati firmatari, il Governo dtaliano

ha tenuto presente, in primo luogo, la possibilità di 'impedire, con questa formula, qualsiasi pressione sull'Austria da parte della Germania per un accordo particolare, subordinandolo all'approvazione degli altri Stati contraenti. Questa considera~ione sembra al Governo italiano di particolare importanza, in vista di una eventualità che -il Governo francese ne vorrà convenire senza dubbio -non è possibile di escludere a priori.

Tuttavia -tenendo presenti le considerazioni svolte dal Governo francese ed il fatto che -come H Governo f·rancese potrà rilevare -anche H Governo austmiaco è contrario alla subordinazione degLi accordi particolari al consenso di tutti gl'i altri contraenti, tl Governo italiano si domanda se ai fini che esso si propone, non potrebbe anche essere sufficiente lo stabilire che degli accordi particolarà prima della loro conclusione debba essere data comunicazione tempestiva agli altri Stati contraenti, in modo che essi possano eventualmente far valere le loro obiezioni. Il Governo italiano gradirebbe conoscere il pensiero del Governo francese sull'argomento in rapporto alle considerazioni da esso esposte.

Paragrafo 5°

Nella sua risposta alla Nota germanica il Governo italiano si è, in linea di massima e nei limiti del possibile, ispirato alla opportunità di venire incontro al Governo germanico: ciò sia allo scopo di facilitarne l'adesione al progettato Patto di non ingerenza, sia per non offrirgli pretestd. a deviare la discussione, evitando così di pronunciarsi su quello che è il punto centrale del Patto, e cioè la non ingerenza negli affari austriaci. Le questioni relative alla connessione della Società delle Nazioni con n Batto progettato essendo appunto di natura, ad avviso del Governo italiano, da permettere una simile deviazione, la risposta italiana si è volutamente mantenuta sulle generali.

Il Governo italiano, del resto, non ha nulla da obiettare alle considerazioni svolte, al riguardo, dal Governo francese, specialmente per quanto concerne la possibilità che la Società delle nazioni offre di associare alle eventuali decisioni relative all'Austria, anche la Gran Bretagna. Esso dubita fortemente che sia opportuno di sollevare la questione in questa sede.

Come il Governo francese potrà rilevare, il Governo austriaco si preoccupa dell'effetto che potrebbe avere sulla opinione pubblica austriaca il fatto che, con la realizza:t?l.one della convenzione generale, verrebbe a cadere la consultazione itala-francese relativa all'Austria: ciò tanto più in quanto, con essa, verrebbe a cadere anche la consultazione coll'Inghilterra, di cui è fatta specifica menzione nel comunicato conclusivo sulle conversazioni anglo-francesi di Londra.

Sebbene non si possa negare un certo valore alle considerazioni del Governo austr~aco, sembra ·al Governo itaHano che, allo stato attuale delle cose, convenga, nei riguardi deHa Germania, mantenere il punto dì vista che, con la conclusione di una convenzione generale, l'accordo di consultazione itala-francese verrebbe a cadere. Si rpotrebbe però attirare l'attenzione del Governo austriaco sul fatto che la Dichiara~ione Generale firmata a Roma il 7 gennaio

u.s. contiene un par·agrafo relativo alla consultazione, paragrafo il quale evi

dentemente si riferirebbe, se necessario, anche aLle questioni concernenti la Austria: in particolare dl Governo italiano e il Governo francese potr,ebbero informrure H Governo austriaco che, in sede di negoziati, intendono aggiungere al progettato Patto una clausola generale di consultazione. A tale clausola sarebbe da richiedere l'adesione anche del Governo britannico (l).

ALLEGATO (2)

OSSERVAZIONI AUSTRIACHE AL PATTO DI NON INGERENZA

En ce qui concerne le préambule et les points 3 et 5 du projet de réponre il n'y a aucune observation à faire.

En ce qui concerne les points l, 2 et 4 nos observations sont les suivantes:

Ad l) A notre avis il manque au point l) la mention de la nécessité de transcrire d'une manière plus précise le principe de la « non-immixtion ». Malgré que nous nous rendons entlèrement compte des considérations pour lesquelles le Gouvernement Italien a cru ne pas devoir préciser dans la phase actuelle des négociations cette idée, nous sommes quand meme de l'avis que la convention meme ou une interprétation authentique et obligeante pour tous devrait cootenir sans taute une précisation de ce principe fondamenta! et cela, d'un còté pour éviter que le principe de la non-immixtion soit interprété de manière différente dans les accords particuliers, d'autre còté, pour obtenir par cela autant que possible une uniformité des accords particuliers bilatéraux qui reront éventuellement conclus (3).

Ad 2) Le Gouvemement Fédéral craint sérieusement que, si la conclusion des accords particuliers bilatéraux qui wnt prévus, est liée au consentement de tous les Etats participants à la convention de non-immixtion -attendu que ces accords particuliers aient un contenu correspondant entièrement au principe de la convention mais précisant sa sphère d'application -ils en résulteraient des difficultés telles à rendre, le cas échéant, la conclusion des accords particuliers impossible.

Ad 4) Si l'interprétation qui nous a été communiquée par le Gouvemement Italien, suivant laquelle le pacte de consultation cessera de fonctionner au moment où la convention de non-immixtion entrera en vigueur, était maintenue, l'Autriche perdrait un des avantages les plus essentiels des accords de Rome à savoir, la disposition de l'Italie et de la France de se mettre d'accord (sans avoir plus recours à la voie à travers le Conseil de la Société des Nations qui est prévue dans le protocole de Genève I de l'année 1923) dans le cas que l'indépendance et l'intégrité de l'Autriche soient menacées, sur Ies mesures immédiates à prendre.

Ce désavantage apparent pour l'Autriche pourrait, selon notre avis, etre aboli si on insérait dans la convention de non-immixtion une disposition prévoyante une garantie, immédiatement efficace, contre des actions d'immixtion.

(l) -La data è quella della consegna a Chambrun del documento che era stato redatto 11 12. Ed. in trad. francese, in DDF, vol. IX, pp. 394-395. (2) -Cfr. n. 575, allegato. (l) -Con t. 264/92 R. dello stesso 21 febbraio Suvich avverti Pignatti della consegna all'ambasciata di Francia di questo documento. (2) -Ed. in D D F, vol. IX, pp. 397-398. (3) -Cfr. il seguente brano del telespr. 795/518 d! Preziosi del 4 marzo: «Le difficoltà tecniche a proposito del patto di non ingerenza, stanno anzitutto nella definizione dei concetti di ingerenza e di non ingerenza. Anche a tal proposito si hanno in Austria le stesse idee che a Parigi ed a Londra; e ciò perché si è riconosciuto espressamente che per un tale patto si richiede la completa reciprocità. Noi non desideriamo infatti un patto che abbia effetti unilaterali, poiché non solo sul terreno economico, ma anche su quello politico, no! non siamo de! limosinanti: oggi, noi possiamo anche dare»
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IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 21 febbraio 1935.

In ossequio alle disposizioni di V. E. il giorno 18 u.s. ho convocato a Napoli il Comitato dei Tre, nonché gli ambasciatori di Francia e di Germania, per procedere alla firma deg1i Accordi per la Sarre.

La cosa ha potuto svolgersi nel modo ed alla data prestabilita, dato che nelle trattative svoltesi nei giorni precedenti a Roma erano state ·a;ppianate tutte le residue difficoltà e 'l'accordo era stato completamente raggiunto su tutti i punti.

Questa totale eliminazione di ogni questione pendente relativa a;lla Sarre mi ha fornito il pretesto per protestare come ormai inutile la convocazione del Consiglio straordinario per la Sarre prev,isto per la fine di questo mese.

Obbedendo alle direttive che V. E. recentemente si è compiaciuta approvare relativamente al corso da dare all'azione della delegazione italiana nella vertenza itala-etiopica, ho tentato di eliminare una del1e tappe ginevrine, che awebbe potuto fornire all'Etiopia una facile occasione per risollevare la questione, mirando a guadagnare così altri tre mesi di t·empo fino al Consiglio del maggio.

La manovra sembra riuscita e nei prossimi giorni spero di essere in grado di darne conferma a V. E.

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 270/45 R. Roma, 22 febbraio 1935, ore 19,30.

Prego V. E. far conoscere Governo inglese che Governo italiano non vede utilità trattative dirette germanico-britanniche se non precedute da adeguata preparazione in modo che appaia bene evidente che rientrano nel quadro accordi Roma e Londra. Ad ogni modo pare che eventuale visita sia Simon a Belrlino che Neurath a Londra potrebbe essere utilmente rinviata per qualche tempo.

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L'INCARICATO D'AFFARI A STOCCOLMA, SERENA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 854/10 R. Stoccolma, 22 febbraio 1935, ore 21,45 (per. ore 1,15 del 23).

Seguito mio telegramma n. 9 (l) e telegramma di V. E. n. 6 (2). Segretario generale questo ministero esteri mi ha oggi assicurato, anche a nome del signor Sandler, che dopo esame posizione ufficiali svedesi in Etiopia,

è stato loro telegrafato che, anche se invitati, devono astenersi far parte commissione incaricata stabilire zona neutra ricordando che non sono autorizzati assumere a;lcun incarico estraneo a quelli puramente istruttivi loro impegno.

Segretal'io generale, nel confermarmi che nessuna comunicazione è fino ad oggi giunta da predetti ufficiali, ha tenuto ad aggiungere che quanto precede prova intenzione Governo svedese l'imanere assolutamente estraneo divergenze itala-etiopiche in tutto ciò che possa riuscire sgradito al Governo ·italiano.

:Mi risulta Governo belga ha nel frattempo messo al col'rente Governo svedese suo atteggiamento nella questione.

(1) -T. 813/9 R. del 20 febbraio, non pubblicato. (2) -T. 265/6 R. del 21 febbraio, non pubblicato.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

T. PER CORRIERE 274 R. Roma, 22 febbraio 1935.

Questa ambasciata britannica ha presentato l'acclusa nota verbale (1). Nota verbale di uguale contenuto è stata presentata contemporaneamente a codesto Governo.

Ho risposto a questa ambasciata britannica con l'accluso memorandum (l). Le osservazioni ivi contenute, come ho avuto cura di chiarire a questo ambasciatore britannico, non hanno carattere definitivo. Il Governo italiano si riserva di procedere d'accordo oltre che con Governo inglese, anche con codesto Governo.

Siamo sostanzialmente d'accordo con gli inglesi che al momento opportuno e colle modalità da stabilire anche nei rigual'di dell'Austria, dell'Ungheria e della Bulgaria, lo statuto miLitare dei trattati di pace debba essere sostituito con delle convenzioni liberamente negoziate. Siamo pure d'accordo che la questione non debba essere sollevata attualmente. Crediamo inoltre che non si debba stabilire né un <rapporto di dipendenza né un parallelismo fra le due questioni (statuto militare tedesco, statuto militare dei tre Stati minori) per evitare che siamo proprio noi ad istituire o quanto meno a mfforzare una solidarietà di interessi tra la Germania e l'Austria, l'Ungheria e la Bulgaria.

D'altronde il punto di vista italiano non impUca nessuna compromissione e lascia completamente liberi gli altri Stati (Italia, Inghilterra, Francia ecc.) da ogni compromissione al riguardo, pur dando a divedere all'Austria, all'Ungheria e alla Bulgada le disposizioni favorevoli che esistono nei loro riguardi per questo importante problema.

(l) Non rinvenuto.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 888/021 R. Londra, 22 febbraio 1935 (per. il 25).

Alla fine del nos'tro colloquio di ieri Simon mi ha chiesto se avevo qualche comunicazione da fargli da parte di V. E. Ho risposto dicendo che V. E. mi aveva incaricato di confermare a Simon il g·rande interesse con cui segue lo svolgersi delle trattative diplomatiche per un riassetto generale e il più possibile duraturo dell'Europa. Simon mi ha pregato di ringraziare vivamente V. E., ed ha continuato dicendo che .egli era particolarmente ansioso di conoscere che cosa vi era di nuovo nella nostra controversia con l'Abissinia. Mi ha aggiunto, con l'aria imbarazzata, che egli cominciava a trovarsi in una situazione piuttosto difficile. Tutti i giorni veniv•ano presentate alla Camera dei Comuni interrogazioni sulla situazione in Etiopia, e sui rapporti itala-abissini, interrogazioni che vanno dalla richiesta di informazioni sul passaggio di truppe italiane attraverso il canale di Suez fino addirittura alla proposta di invio di una forza neutrale nella zona di Ual-Ual. I deputati laburisti intendono spingere il Governo britannico ad un intervento diplomatico nella controversia itala-abissina e ad assumere l'impegno che esso agirà perché essa sia portata comunque al giudizio della Società delle Nazioni.

«Finora -mi ha detto Simon -io mi sono limitato a risposte evasive, e a ripetere le assicurazioni date in Roma a sir Eric Drummond. Ma la situazione sta ora cambiando. I preparativi militari ·italiani sono oramai universalmente noti. La partenza delle truppe italiane per l'Africa è cominciata con dimostrazioni pubbliche, delle quali i giornali inglesi sono pieni. Non posso io continuare a dire -come ho fatto finora -che la S'ituazione è migliorata, che non vi è nessun pericolo di conflitto e che le trattative continuano. Nessuno crede più a questo. Io non posso nascondere -egli ha concluso -tutta la mia preoccupazione per la piega che stanno prendendo gli avvenimenti. Questa preoccupazione è sopratutto grave per quelle che possono esse.re le ripercussioni ai Comuni, dove il Governo britannico sarà certamente accusato di non fare abbastanza per prevenire un conflitto fra l'Italia e l'Abissinia».

Simon mi ha chiesto quindi se potevo dargli nuove assicurazioni che l'ItaLia non intendeva esercitare alcuna azione di forza in Etiopia, e se egli poteva tranquillizzare i Comuni su questo punto.

Ho anzitutto risposto a Simon dicendogli francamente che •le sue preoccupazioni mi sembravano eccessive, che la situazione è assolutamente normale, e che non vedevo ragioni per allarmi di sorta. Gli ho confermato che noi siamo favorevolmente disposti a regolare l'incidente di Ual-Ual, e che ad Addis Abeba si stanno appunto svolgendo dei negoziati per un pacifico accordo. Ho aggiunto: «Tale questione sarà tanto più facile a regolarsi quanto più gli abissini avranno l'impressione che l'Italia intende fare sul serio, e quanto meno gli abissini sentiranno di poter contare sull'appoggio diretto o ~ndiretto di

chicchessia, in primo luogo della Gran Bretagna o della S.d.N. Gli ho spiegato ancora una volta le ragioni delle nostre misure militari, d.l cui carattere precauzionale non può essere messo in dubbio, misure destinate precisamente a dare agli abissini la netta sensazione che l'Italia è pronta a tutte le evenienze, e che un eventuale colpo di testa non ricadrebbe se non a loro danno. Il Duce non vuole la guerra e farà di tutto per evitarla, ma deve essere ben chiaro che la sua decisione di far rispettare i diritti dell'ltialia è irremovibile. Lo sviluppo della nostra azione dipende dunque -ho concluso -interamente dall'atteggiamento abissino.

Ho detto infine a Simon che mi rendevo conto delle difficoltà parlamentari in cui poteva venire a trovarsi il Governo britannico, ma d'al1lro canto egli doveva rendersi conto che il Governo fascista non può subordinare a tali difHcoltà quella che è la più elementare protezione degli interessi italiani.

Sarei grato a V. E. se mi tenesse al corrente, nella maniere più larga e più rapida delle ·Conversazioni che hanno luogo ad Addis Abeba, e questo sia al,lo scopo di calmare l'allarmismo che sta prendendo questi ambienti parlamentarà e del Governo, e dare a Simon argomenti ·che gli consentano di agire in tale senso ai Comuni, e sia anche per controbilanciare le informazioni inviate dal ministro britannico ad Addis Abeba.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MIIDSTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 899/048 R. Berlino, 22 febbraio 1935 (per. il 25).

Questo addetto militare, reduce da Kaunas dove si è recato a richiesta di quel R. ministro per ass-istere alle cerimonie della festa nazionale lituana, mi 'riferisce che in quei circoli diplomatici f,rancesi ed ~nglesi si ritiene che lo scioglimento del Consiglio municipale di Danzica miri ad ottenere il 100 % dei seggi del nuovo Consiglio per i nazionalsocialisti. Dopo di che si attribuàsce al Consiglio stesso l'intenzione di chiedere il plebiscito per l'annessione di Danzica al Reich, annessione alla quale la Polonia si sarebbe impegnata colla Germania di non fare opposizione.

Mi riservo di compiere indagini per procurare di appurare quanto vi sia di vero nel sopra esposto atteggiamento della Polonia. Data l'atmosfera dei rapporti creatisi fra Berlino e Varsavia esso non può essere escluso e verrebbe a confermare le notizie secondo le quali il Governo polacco avrebbe dato assicurazioni al Governo del Reich di assumere un atteggiamento passivo nei riguardi dell'eventuale Anschluss dell'Austria al Reich. Il procedimento di Danzica costituirebbe infatti un precedente di enorme importanza per l'ulteriore ingrandimento territoriale del Reich mediante plebisciti {1).

(l) Questo telegramma fu ritrasmesso a Varsavia con t. 347/18 R. del 28 febbraio. Bastlanini rispose con telespr. 533/236 del 7 marzo: «Ritengo che le indagini esperite dal R. Ambasciatore a Berlino in seguito a quanto gli era stato riferito da quel R. Addetto Militare circa

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 22 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond ha avuto incarico dal suo Governo di chiedere l'adesione del Capo del Governo alle conversazioni anglo-germaniche.

C'è già il gradimento francese. Mi aggiunge che a Londra si è tenuto conto delle osservazioni che io gli ho esposto nei colloqui precedenti, ma si è ritenuto tuttavia di dover dare seguito all'invito tedesco, anche perché nel comunicato anglo-francese si parlava di libere negoziazioni fra i vari paesi interessati. Conviene sentire che cosa pensi e fino a qual punto voglia arrivare la Germania. È chiaro però che tutte le questioni rimangono strettamente collegate e che l'Inghilterra intende trattare con la Germania su tutte.

Mi riservo di fargli avere una risposta dopo aver parlato col Capo del Governo.

L'Ambasciatore torna sulla questione dell'Etiopia, scusandosi se egli deve intrattenermi ogni giorno su tale argomento, ma l'opinione pubblica inglese lo segue con grande interesse. Il Governo di Londra ha senti:to che il nostro Ministro ad Addis Abeba non ha istruz.Loni per trattare col Governo abissino, contrariamente a quanto era stato fissato a Ginevra. Ora egli deve dirmi che a Londra si avrebbe un'impressione moito penosa se noi volessimo iniziare le trattative soltanto dopo aver portato giù delle forze ingenti e quindi sotto la pressione delle stesse.

Gli rispondo che non c'è nessuna ragione che l'opinione pubblica inglese si faccia di queste preoccupazioni. Noi portiamo giù deHe truppe perché siamo in una situazione di inferiorità di f1ronte ai concentramenti abissini, inferiorità notevolissima di uomini e anche per quanto riguarda le llirmi, l'armamento abissino non è trascurabile in seguito ai recenti continui acquisti. Ci vorrà molto prima che si stabilisca l'equilibr-io turbato a nostro danno. Ad ogni modo n Ministro ad Addis Abeba ha istruzioni di non inizia;re alcuna trattativa col Governo abissino fino a che non sia risolta la questione della zona neutra, questione da noi sollevata appunto per ragioni di sicurezza.

L'Ambasciatore ritiene ragionevole questo nostro punto di vista e comunicherà a Londra che noi inizieremo le trattative dopo risolta la questione della zona neutra.

Osservo all'Ambasciatore che gli abissini, mentre fino ad ora pigliavano le cose con una certa leggerezza, da qualche giorno, quando hanno visto che facciamo sul serio e che non intendiamo arrestarci a metà, sono stati presi

la non opposizione della Polonia all'annessione di Danzica al Reich, avranno già largamente dimostrato l'inverosimiglianza di quella informazione.

Come ho già segnalato altre volte vi è la tendenza nei circoli ufficiali francesi ad esagerare alquanto la portata delle nuove relazioni polono-tedesche ed a scorgere dietro di esse piani già preparati ed accordi già conclusi fra i due Paesi su questioni importantissime; uguale tendenza esiste com'è naturale a Kaunas, Mosca e Praga, ma io ho già avuto occasione di far noto all'E. V. che la politica di Beck si inspira invece al principio di non impegnarsi in niente con nessuno per avere le mani libere ed essere pronto a tutte le possibilità al momento buono».

da una gran premura di conchiudere. Pare anche che vogliano fare qualche passo a Parigi perché abbiamo avuto una notizia vaga che parla di voler concentrare le trattative a Parigi.

Sir Eric Drummond mi assicura che il Governo inglese non ha avuto in questi ultimi tempi nessuna richiesta di mediazione da parte del Governo abissino.

L'Ambasciatore mi dice che questo incidente con l'Etiopia desta molte preoccupazioni a Londra e che si vorrebbe che lo stesso potesse essere liquidato quanto prima possibile.

Gli osservo che se la generazione passata in Italia avesse avuto lo spirito dell'attuale, oggi di una questiQne abissina non si parlerebbe più. L'Ambasciatore mi osserva: «Già, si sarebbe potuta spartire come dall'Accordo Tripartito ). Gli rispondo ,che già prima dell'Accordo Tripartito avevamo l'Accordo di U cci alli che ci dava praticamente il prote,ttorato sull'Abissinia. Sir Eric Drummond osserva che sarebbe stato bene che tale accordo avesse potuto ottenere ,la propria realizzazione.

641

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI

L. CONFIDENZIALE 1817. Roma, 22 febbraio 1935.

Con rifer,imento alla Sua lettera n. 628 del 31 gennaio Cl), La info,rmo che

S. E. il Capo del Governo, al quale l'ho sottoposta, condivide l'avviso da Lei espresso che convenga mostrare al signor Flandin che la sua offerta è riuscita gradita.

Non è possibile, d'altra parte, prendere fin d'ora impegni circa la data e il luogo deJl'eventuale incontro. Converrà attendere che gli sviluppi delle c'Onversazioni seguite ai recenti accordi di Roma e di Londra ne suggeriscano l'opportunità e ne offrano l'occasione.

Il signor Flandin non potrà non rendersene conto.

V. E. tornando con lui sull'argomento, vorrà prendere norma di quanto precede.

642

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, UMILTA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA RR. 1039/108. Zagabria, 22 febbraio 1935.

In varie occasioni H direttorio della opposizione croata mi ha pregato di interessare i miei superiori affinché le radio comunicazioni italiane, al

riguardo della situazione in questo paese, e fatte in lingua tedesca e croata vengano riprese, perché -a dire della opposizione -dette comunicazioni rappresentavano l'unica fonte da cui era possibile attingere J.e vere notizie sugli avvenimenti in Jugoslavia.

La opposizione ha rilevato che a partire dall'accordo Mussolini-Laval, le su lfiferite comunicazioni hanno completamente cessato. Anche da tale circostanza essa crede di poter dedurre che «l'interessamento dell'Italia in favore dei croati sia stato sacrificato per soddisfare la Francia».

Continuando il regime di Belgrado a premere vieppiù sui croati, specialmente da quando sono state indette le elezioni, sono stato vivamente pregato di interessare l'E. V., affinché la propaganda di stampa e della radio in favore dei croati venga ripresa e, se possibile, accentuata.

Vorrà vedere l'E. V. quale corso si possa dare alla su esposta richiesta, nei limiti dei nuovi impegni assunti. Da parte mia non posso fare altro che con· fermare lo scoraggiamento dei croati che, nel corso della attuale agitazione elettorale, avrebbero invece non poco bisogno di sentirsi sorretti dalla simpatia dell'estero (1).

(l) Cfr. n. 520.

643

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 882/310 R. Addis Abeba, 23 febbraio 1935, ore 17 (per. ore 23).

Ieri terzo colloquio con Blata Herui.

Prendendo spunto dalla nota etiopica 14 (mio telegramma n. 307 per Roma (2), 273 per Asmara) che non esclude continuazione conversazioni dirette ad un ,accordo amichevole (ciò che non credo per ora) ho indicato, come suggerimento personale, soluzione di cui al telegramma V. E. n. 73 (3).

Riassumendo lunga discussione risulta che:

l) Blata Herui, anche egli dicendo di parlare a titolo personale, ha dichiarato inammissibile punto B: deposito 200 mila talleri da parte Etiopia su Banca d'Italia Asmara equivarrebbe impHcito riconoscimento torto Etiopia; quindi o nessun deposito o deposito fatto dalle due parti.

2) Sul punto A (ho mantenuto, oltre alla lettera imperiale, necessità scuse locali), mi farà conoscere suo pa;rere.

" sull'atteggiamento del Governo d'Italia verso l'opposizione croata 11 dott. Macek si è espresso con molta fiducia ed ha parlato della difficoltà del momento, che richiede dall'Italia una grande riserva nel mostrare il suo interesse verso i croati; riserva che egll spera sarà soltanto passeggera.

La circostanza che lo Stato necessita dl un vicino tranquillo ed evoluto per poter svolgere 1 futuri traffici in un ambiente sereno, gll dà ugualmente affidamento che l'interesse dell'Italia per questa regione non verrà meno, e di ciò i croati, sotto qualsiasi aspetto, non potranno che godere benefici sicuri " ».

3) In sostanza ha sostenuto che ritiene possibili soltanto due soluzioni:

o arbitrato, ovvero riunione immediata della commissione delimitazione confini: a seconda delle decisioni di essa circa appartenenza Ual-Ual, Governo etiopico o Governo italiano daranno soddisfazioni e riparazioni.

Conversazioni continueranno per ora nella fase da me posta, in attesa risposta Blata Herui di cui mene... (l) è nostro evidente interesse evitare arbitrato e Consiglio Società Nazioni; e quindi raggiungere direttamente accordo: ma, dato atteggiamento preso nella fase attuale dagli etiopici, che sanno purtroppo di averci incastrati a Ginevra, bisognerebbe perciò fare ancora concessioni che non possono essere ammesse dal nostro p~restig.io. D'altra parte è da chiedersi se, una volta raggiunto un accordo, non ci sarebbe domandato direttamente dall'Etiopia e indirettamente da qualche altra Potenza troppo interessata, di arrestare espressamente nostra preparazione militare.

Telegrafato Roma e per conoscenza ad Asmara.

(l) Umiltà comunicò con t. posta r. 1555/147 del 21 marzo: «Ho avuto occasione di far intrattenere il dott. Macek, capo della opposizione croata, da un mio fiduciario attendlblle, al quale lo stesso ha fatto le dichiarazioni seguenti:

(2) -T. 850/307 R. del 21 febbraio, non pubblicato. La quattordicesima nota etiopica è edita ln Il conflitto italo-etiopico, pp. 160-161. (3) -Cfr. n. 560.
644

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.s. 881/311 R. Addis Abeba, 23 febbraio 1935, ore 17 (per. ore 21,30).

Contemporaneamente all'attività già segna,lata dei numerosi agenti del Governo inglese, continua incessante azione questo ministro d'Inghilterra, sulla quale ho esposto mie impressioni, come già incaricato d'affari.

Fra l'altro egli cercherebbe valorizzare in ogni modo suoi pretesi sforzi perché sia raggiunto l'accordo con noi; si dice che avrebbe avuto assicurazione circa importanti privilegi riservati all'Inghilterra nella questione dello Tsana, se egli riuscisse a sventare nostri piani, ed evitare pericolo conflitto: Governo britannico si mostrerebbe disposto consentire zona franca a Berbera.

Per mio conto ho tenuto col mio collega inglese il contegno più riservato: solo ieri egli mi ha parlato della questione; l'ho informato in genere sulle trattative, ben sapendo che egli è tenuto al corrente ora per ora dal Governo etiopico, che ho ragione credere gli comuruchi persino copia delle note che Blata Herui mi dirige.

Nell'esporre il suo pensiero, egli ha sostenuto in pieno, del resto con tutta franchezza, quello che so essere punto di vista etiopico ma visto se possibile anche più radicalmente, perché in perfetta britannica malafede voleva sostenere che articolo 5 del patto del 1928 e lo spirito delle lettere scambiate a Ginevra prevederebbero come solo mezzo il ricorso all'arbitrato.

È mia convinzione che governo e'tiopico si basa speci,almente sui consigli e conta sull'appoggio dell'Inghilterra.

Anche dalla legazione di Francia è considerato per lo meno strano questo contegno dell'Inghilterra, fin dal principio dell'incidente. Per me non è strano, è ben chiaro, come ebbi anche dichiararlo all'E. V. personalmente.

Mi sembrerebbe d'altra parte ben difficile che frase di cui punto 3 della nota etiopica sia stata scritta all'insaputa di sir Sidney e del Governo britannico (1).

(Il presente telegramma continua col n. successivo) (2).

(l) Gruppo indecifrato.

645

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 884/312 R. Addis Abeba, 23 febbraio 1935, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Il presente telegramma fa seguito a quello col n. precedente (3).

Ministro di Francia e colleghi della legazione hanno personalmente, sebbene con ogni prudenza, espresso pensiero in favore nostra tesi; ma azione del Governo francese, certo molto più riservata di quella del Governo britannico, non credo per questo ci sia più favorevole.

Esso ha tenuto subito a mostrare agli etiopici, nella liquidazione dell'incidente di Dikil, di non voler solidarizzare ultimo tempo dalla Francia [sic]. D'altra parte ho segnalato attività agenti francesi, principalmente del gruppo Cote.

Ministro di Francia si tiene in continui contatti con ministro d'Inghilterra.

Il 31 gennaio scorso Imperatore li chiamò insieme per metterli al corrente del preteso incidente di Gherlogubi e per sentire loro parere circa nota proposta di arrestamento truppe... (4) dal telegramma di V. E. n. 79 (5). Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

646

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 876/86 R. Parigi, 23 febbraio 1935, ore 19,45 (per. ore 23).

Ministro degli affari esteri austriaco ha chiesto stamani di vedermi. ·J!: venuto a vedermi all'ambasciata prima di mezzogiorno gli ho restituito la v.isita nel pomeriggio aJl'albergo dove ho incontrato anche il cancelliere.

4R -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Ambedue gli uomini di governo austriaci si dichiarano soddisfatti dei colloqui di Parigi. Si lodano specialmente dello spirito di comprensione e della moderazione dimostrata da Lavai. Il ministro Berger mi ha detto di essere stato ieri sera in comunicazione telefonica con S. E. il sottosegretario di Stato per gli affalfi esteri. Mi ha anche assicurato che qui non firmerà nulla e non si impegnerà menomamente desiderando prima di ogni altra cosa d'intendersi con V. E.

Informerà direttamente S. E. Suvich di quanto sarà fatto qui inviandogli il testo del documento riassuntivo nel quale saranno fissati i punti di vista austriaco e francese riguardo alle questioni oggetto patto danubiano.

Si tratta, mi ha precisato il ministro austriaco, di un documento che non sarà firmato, inteso a raccogliere, a guisa di processo verbale, il risultato delle conversazioni di questi giorni dei due direttori degli affari politici austriaco e francese.

Passando dal generale al particolare il ministro degli affari esteri mi ha informato che i punti di veduta austriaco e francese circa il patto di non immistione tendevano a riavv1cmarsi.

Egli aveva speranza che alla fine si sarebbe fatto l'accordo su di una base che sperava incontrasse l'approvazione di V. E. Mi ha ripetutamente assicurato che non avrebbe in nessun modo vincolata la propria libertà di decisione.

Appunto per questo egli aveva voluto che l'accordo fosse presentato come intervenuto fra i due direttori generali degli affari politici che ne riferivano ai capi rispettivi, i ministri degli affari esteri austriaco e francese.

Continua col numero successivo (l).

(l) -Il punto 3 della nota etiopica diceva: « Qu'à la date du 5 décembre 1934, la Commission anglo-éthiopienne retirée à Ado depuis le 25 novembre au matin, attendait encore la réponsedu Gouvernement itallen à la Jettre conjointe de protestatlon des commissaires ang!als et éthioplen du 23 novembre 1934, ainsl qu'en fait foi la lettre du colone! Clifford au capltalne Clmmaruta du 24 novembre 1934 ». (2) -Cfr. n. 645. (3) -Cfr. n. 644, (4) -Gruppo indeclfrato. (5) -Cfr. n. 548, nota l, p. 580.
647

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

T.s 1669/102 P.R. Londra, 23 febbraio 1935, ore 20,56 (per. ore 1,35 del 24).

Duce mi ha dato domenica scorsa istruzioni consegnare a Simon testo lettere Mussolini-Laval circa Abissinia.

Ti sarò grato se vo11rai farmi avere testo documento.

Cordiali saluti (2).

{2) Suvlch aveva già provveduto ad inviare 1 documenti richiesti con l.s. p. 1808 del 21 febbraio. Grandi ne effettuò la consegna a Thompson il 26 febbraio.

(l) Cfr. n. 648.

648

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 879/87 R. Parigi, 23 febbraio 1935, ore 21,10 (per. ore 1,35 del 24).

Seguito del numero precedente (1).

Ministro austriaco ha detto che Lavai ha convenuto nella necessità che il patto danubiano contempli sanzioni. Berger non è stato tuttavia esplicito a questo riguardo. Mi ha dato le notizie a spizzico forse anche per comprensibile riguardo verso il Quai d'Orsay.

Mi riservo perciò controllare ed eventualmente completare questo punto.

Lava! ammetterebbe che eventuale azione armata in Austria competa all'Italia. Non si preoccupa delle reazioni deHa Romania e crede poter garantire che la Cecoslovacchia non fa,rà all'atto pratico difficoltà.

Considera invece indispensabile che la Jugoslavia abbia una certa parte.

In altre parole ministro degli affari esteri francese crede necessario concedere alla Jugoslavia qualche soddisfazione di ordine morale. A parere suo potrebbe essere sufficiente che la Jugoslavia fosse presa in considerazione. Essa dovrebbe ad· esempio figurare nel patto in funzione di riserva per intervenire a fianco dell'Italia solo nel caso fosse giudicato opportuno.

Ministro mi ha detto avere intrattenuto Flandin e Laval deHa questione degli Asburgo ripetendo loro dichiarazione da lui fatta a Benes. Cioè che la restaurazione non è di attualità, .però Austria rivendica anche su questo punto quella libertà di decisione che spetta a qualsiasi Stato sovrano.

Ho l'impressione che funzione della Jugoslavia nel patto danubiano abbia costituito la parte veramente importante delle conversazioni di Parigi.

Mi è sembrato pure che i punti di vista austriaci e francesi si siano trovati vicini nel senso che da ambo le parti si sarebbe constatato che la natura delle relazioni esistenti fra l'Italia e Jugoslavia influirà in modo determinante nell'assetto del problema centro-danubiano.

A Parigi si attendono con interesse, direi quasi con ansia, dichiarazioni che ordine di V. E. farà R. ministro a Belgrado all'atto della presentazione delle credenziali.

Lava! mi ha intrattenuto di nuovo ieri sull'argomento.

Se V. E. mi permette esprimere un apprezzamento personale vorrei aggiungere che la ripercussione delle parole che V. E. farà dire al conte Viola sarà comunque grande e notevoli potranno esserne risultati politici per l'Italia.

Posizione di preminenza che V. E. vuole giustamente riservare all'Italia nel patto danubiano potrà essere più facilmente conseguita se V. E. giudicherà possibile e opportuno dare qualche affidamento alla Jugoslavia. La Francia regolerà indubbiamente proprio atteggiamento sul nostro verso la Jugoslavia.

Prima della partenza dei ministri austriaci sarà pubblicato comunicato che verrà redatto nella forma definitiva dopo la conversazione del pomeriggio di oggi.

(l) Cfr. n. 646.

649

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1935.

Il signor Chambrun mi riferisce che ha visto l'incaricato d'Affari di Etiopia il quale gli ha chiesto consiglio sul modo di comportarsi nei riguardi dell'Italia. Egli non sa bene che cosa vogliano gli italiani. L'Etiopia viene loro incontro ma non può riconoscere di avere torto se invece ha ragione. L'Etiopia non ha nessuna intenzione aggressiva contro l'Italia. Invece egli pensa che non altrettanto si possa dire dell'Italia riguardo all'Etiopia.

L'Ambasciatore ha risposto che egli è certo che neanche l'Italia abbia delle intenzioni aggressive ed ha detto che come consiglio non può dargliene che uno: quello di cercare di accordarsi direttamente con gli Italiani aderendo alle loro richieste.

Il signor Afevork ha insistito perché l'Ambasciatore cercasse di sentire che cosa effettivamente vogliono gli Italiani e lo ha pregato insistentemente di fare presto.

Il signor Chambrun mi chiede come deve contenersi.

Gli rispondo che gli Abissini da qualche tempo dimostrano una certa premura di conchiudere e ciò sotto la nostra minaccia. Ma conosciamo troppo bene il loro gioco per non sapere che domani, appena cessata la nostra minaccia, ritornerebbero prepotenti ed aggressivi. Ad ogni modo intendiamo trattare direttamente con loro. C'è anche un tentativo di mediazione fatto a Parigi (l) che noi vogliamo lascia-r cadere.

L'Ambasciatore può rispondere ad Afevork che, avendo parlato con me, gli ho detto che le trattative si fanno ad Addis Abeba e che il Governo abissino è perfettamente informato delle nostre condizioni.

Il signor Chambrun mi dice poi che ha visto in questi giorni il Signor Cote che è il principale interessato deila Ferrovia di Gibuti ed è in istretti rapporti con l'Imperatore. Il signor Cote gli ha detto di essere molto soddisfatto dell'accordo itala-francese, ma l'Ambasciatore non può assicurarmi che questo risponda effettivamente al suo intimo pensiero. Il signor Cote gli ha detto anche che l'Imperatore gli ha dato l'impressione di avere delle intenzioni assolutamente pacifiche e si è dimostrato invece preoccupato delle intenzioni italiane.

L'Ambasciatore si riserva di vedere ancora il signor Cote e di avere

altre informazioni da lui, data la sua profonda conoscenza degli ambienti

abissini e la fiducia che gode negli stessi.

(l) Cfr. nn. 627, 628 e 629.

650

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 23 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond viene a chiedermi la risposta del Capo del Governo sulla nota relativa alle trattative anglo-tedesche (1).

Gli rispondo che il Capo del Governo non ha obiezioni.

L'Ambasciatore mi ripete che egli ha già fatto presente a Londra le nostre considerazioni. Ritiene che Simon, nell'annunciare alla Camera dei Comuni il suo eventuale viaggio a Berlino voglia informare anche che ha già avuto l'adesione della Francia e dell'Italia.

L'Ambasciatore Drummond mi consegna poi l'unita nota (2) relativa alle restrizioni alle importazioni. Le nostre disposizioni hanno suscitato molta emozione in Gran Bretagna. Un telegramma da lui ricevuto aveva un tono tale che egli non ha potuto non tener conto di tale stato d'animo di Londra, come risulta dall'ultima frase della sua nota.

Gli rispondo che il punto di vista italiano è ben chiaro. Dobbimo equilibrare la nostra bilancia commerciale. L'Inghilterra è uno dei Paesi verso i quali siamo deficitari e quindi bisognerà trovare un giusto equilibrio.

L'Ambasciatore osserva che noi siamo passivi verso i Dominions, ma che con la Gran Bretagna siamo circa in pareggio.

Rispondo che non ho presenti J:e recenti statistiche, però se come io ritengo abbiamo una passività commerciale verso la Gran Bretagna, il modo di sanare la situazione è semplice: aumentare gli acquisti inglesi in Italia. Invece la Gran Bretagna segue un'altra politica: alcuni nostri prodotti sono contingentati, non solo nella quantità ma anche nei periodi in cui possono essere importati.

Ad ogni modo esamineremo la nota inglese con lo spirito meglio disposto per giungere ad un accordo.

651

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO

T. R. R. Roma, 24 febbraio 1935, ore 17.

Nonostante dichiarazioni di Chang-Kai-Shek di cui al telegramma di V. E.

n. 27 (3), sia notizie da V. E. trasmesse con telegramma n. 49 (4), sia quelle

provenienti da Tokio (comunicatele da ultimo con telegramma di questo ministero n. 30 (1), potrebbero preludere ad un riavvicinamento cino-giapponese.

Ho presente quanto ella ebbe a dire al presidente del Consiglio WangChing-Wei dopo presentazione sue credenziali e risposta avutane; nonché quanto Ella ha incaricato Lodi di dire Chang-Kai-Shek circa pericoli di una politica che tolga alla Cina possibilità controbilanciare con Europa e America invadenza Giappone.

Approvo e prego V. E. continuare seguire attentamente sviluppo rapporti cino-giapponesi indicandone possibilmente esatta portata. Pregola anche riprendere in attento esame questione eventuali riflessi su posizioni italiane in Cina.

(l) -Del 22 febbraio, non pubblicata. Per 11 suo contenuto cfr. DB, vol. XII, p. 547. (2) -Non si pubblica. (3) -Cfr. n. 537. (4) -T. 785/49 R. del 19 febbraio, non pubblicato: Intervista d! Chang-Kai-Shek su! rapporti cino-nipponici.
652

L'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 917/58 R. Shanghai, 25 febbraio 1935, ore 13,30 (per. ore 0,45 del 26).

Telegramma di V. E. n. 28 (2).

Ritengo che prima di esaminare rapporti privati giapponesi alla luce delle vicende diplomatiche giornaliere occarre risalire ad una metodica tesi degli obiettivi naturali di ciascuno dei due paesi nei riguardi dell'altro.

Giappone tende a fare della Cina un campo riservato alla propria azione esclusiva, sia come mercato di consumo e sia soprattutto come serbatoio di uomini e di risorse naturali da sfruttare profittando della condizione di inferiorità e di disorganizzazione della Cina per asservirla al programma giapponese di predominio in Asia e nel mondo.

Cina tende a resistere a questo piano di asservimento, guadagnando tempo per organizzarsi con l'aiuto di varie nazioni e mai di una sola per quel minimo di consistenza, costituendosi Potenza capace di contrastare nuova usurpazione Giappone in modo che questo venga trovarsi non più dinanzi a platonici voti di Ginevra ma dinanzi all'eventualità di conflitto, che una volta scoppiato potrebbe determinare un fronte antigiapponese mondiale.

Contenuto interno di queste linee fondamentali possono verificarsi movimenti tattici in vari sensi perchè Giappone può scegliere ora tattica violenta ora quella di imporre suo volere a piccole dosi pacificamente, accettabili da paziente ed ora mostrando quello di alternare bocconi amari con offerta di maggiori o almeno di normali coercizioni.

Cina a questo riguardo finché non sarà in grado opporre una resistenza qualsiasi dovrà adottare tattica dilatoria e evasiva senza mai dare risposta nettamente contraria alle pressioni diplomatiche gtapponesi per non scatenare quell'azione di forzamento da essa temuta.

In questo quadro si può affermare che notizie di cui al telegramma di

V. E. n. 28 rispondono alla politica del Giappone verso la Cina e che possono essere ritenute serie anche se le tre domande non siano state formulate nei tempi e nei modi asseriti dal Governo Sovietico sul che mi riservo fare ulteriori accertamenti.

Si può affermare ugualmente che ... (l) evitare di prendere considerazioni richieste, ciò che è nel suo interesse naturale, ·e che è dimostrato anche da prosecuzione delle sue trattative per nostre prestazioni da fornitura di aviazione che Lodi continua a riservare alla nostra industria senza incontrare divieto di massima.

Momento politico impone disgraziatamente alla Cina massima arrendevolezza verso il Giappone, il qua<le sta svolgendo sua influenza in una fase di vero bisogno di armi e denaro da parte del Governo di Nanchino per inevitabile lotta contro i comunisti e per lavoro di ricostruzione ed è certo che se Europa e America continueranno a disinteressarsi dei bisogni finanziari della Cina, questo Governo diventerà sempre meno capace di resistere alle intimidazioni russe e allettamenti del Giappone.

Tuttavia Governo cinese comprende che, sia per ragioni interne ove politica favorevole al Giappone sarebbe mal vista e sia per ragioni internazionali suo eventuale avvicinamento al Giappone non dovrebbe mai giungere a accettare una esclusiva assistenza giapponese giacché una esclusione dell'Europa e dell'America (che io ritengo inammissible senza grandi conseguenze a danno dello stesso Giappone) significherebbe vassallaggio della Cina e costituirebbe una grave condanna per quel Governo cinese che lo accettasse ... (l) movimento di avvicinamento cino-giapponese potrà dunque evolversi sino alla ricerca di un accomodamento che permetta alla Cina di vivere e di rinvigorirsi dando una legittima parte di lavoro al Giappone che evidentemente ne ha diritto senza però rinunziare mai a controbilanciare 'lavoro giapponese con lavoro europeo e americano.

Sarebbe proprio all'interno di questo settore che noi dovremmo quanto più possibile incunearci anche nell'ipotesi di cessazione delle pregiudiziali anti-giapponesi della Cina facendo valere di fronte all'uno e all'altro di questi due popoli particolare nostra posizione di grande Potenza europea che ... (l) qui nel quadro di una politica mondiale nuova e che vuole lavorare largamente sotto il sole ma senza essere legata ad alcun particolare obiettivo contro un qualsiasi Paese dell'Asia .

... (l) ... sta ora ... (l) ... vedere se Giappone si adatterà a lavorare con gli altri facendo gli interessi della ricostruzione della Cina, che può volge.rsi a suo danno, ovvero se vorrà conseguire quella esclusività di azione che forma suo obiettivo naturale in Cina accelerando però in tal caso formazione di un fronte internazionale anti-giapponese.

Sono ipotesi che richiedono incessante ... (l) a Tokio e che fanno del momento attuale del Giappone verso Cina un fenomeno politico più ... (1) di interesse per il mondo.

(1) -T. 267/30 R. del 22 febbraio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 601.

(l) Gruppo !ndecifrato.

653

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 914/313 R. Addis Abeba, 25 febbraio 1935, ore 17 (per. ore 23,30).

Mio telegramma n. 308 (l). Mi è stata rimessa ieri 24 corrente seguente nota etiopica n. 15 in data del 23 corrente:

«Facendo seguito a mia lettera n. 12, ho l'onore di informare che Comandante Gherlogubi si è messo in relazione col Comandante del posto italiano di Uarder che, con lettera ricevuta a Gherlogubi 22 corrente, ha risposto che attende ordini ... (2) cui aveva trasmesso richiesta.

Colgo occasione per ritornare sul contenuto della vostra nota 18 corrente (mio telegramma n. 268 per Roma (3), 256 per Asmara) che, riservandosi decisioni R. Governo, confermava non accettazione punti C, D, E delle istruzioni al comandante Gherlogubi, comunicati a V. E.. con mia nota n. 12. Da allora, nel corso conversazione del 22 corrente al ministero degli Affari esteri

V. E. mi ha informato:

l) Che vostro Governo considerava una zona di sei chilometri ampiezza, salvo modificazioni sul luogo;

2) Che per il punto D, passaggio tribù, un accordo sarebbe trovato sul luogo dai due Comandanti ... (4) per delimitare luogo passaggio alla (5) che il diritto passaggio sia reciproco per tribù due paesi.

3) Che i punti occupati dovrebbero essere quelli occupati il 29 gennaio scorso, cioè che Afdub resterebbe inoccupato. 4) Che linea mediana della zona partirebbe da Afdub verso Ado, f.ra Gherlogubi e Ual-Ual. 5) Che Governo italiano non accettava il concorso di ufficiali stranieri anche se funzionari del Governo etiopico.

Ho l'onore di confermarvi che Governo etiopico accetta punti l, 2, ... (5) lettere A e B, 3 e 4. Per ciò che concerne la partecipazione ufficiali belgi e svedesi, Governo etiopico afferma il suo diritto di designa.re come gli pare i suoi rappresentanti.

Tuttavia, per scartare ogni possibilità di nuovo ritardo alla delimitazione esatta, le discussioni di tale questione saranno condotte in nome del Governo etiopico dal Comandante Gherlogubi e Bietaesa.

Terminando, esprimo speranza Governo etiopico che istruzioni, di cui v. E. mi ha più volte annunziato l'invio, non tarderanno a pervenire al Comandante Uarder.

antistanti».
(l) -Non Inserito nel registro del telegrammi In arrivo. (2) -Nota del documento: <<Gruppo indecifrabile: per approssimazione dà: Eccellenza». (3) -Con t. 774/268 R. del 18 febbraio, non pubblicato Vinci aveva Informato d! aver presentato la nota di cui al n. 569. (4) -Nota del documento: «Gruppo esatto: potrebbe, con variante d! una lettera, leggersl (5) -Gruppo lndeclfrato.
654

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 907/322 R. Addis Abeba, 25 febbraio 1935, ore 18 (per. ore 23,30).

Mio telegramma n. 313 per Roma (1), 309 per Asmara.

Nota 15 è nuova prova malafede etiopica: ho vivamente protestato col Blatingheta Herui per il modo di procedere facendogli rilevare che Governo etiopico era libero di dire il suo pensiero, ma non era ammissibile che in una nota ufficiale fossero contenute delle pretese apertamente e interamente non corrispondenti al vero.

Sulle prime ministro affari esteri sembrava volesse ritirare nota e l'aveva infatti ripresa; ma avendola poi rinviata oggi senza mutamenti, ho presentato nota in cui ho precisato per iscritto tutti i punti che, a norma del telegramma di v. S. n. 96 (2) avevo già a voce esposto al Blatingheta Herui.

Ho chesto udienza all'Imperatore.

Teleg.rafato Roma e per conoscenza Asmara.

655

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 310/117 R. Roma, 25 febbraio 1935, ore 23.

Suo telegramma n. 308 (3). Trascrivesi seguente telegramma diretto in data 21 corrente dal Governo di Mogadiscio all'Alto Commissario Asmara:

« Stamane è stata recapitata al comandante settore Uarder lettera in data odierna del grasmacc Afevork così concepita: "Ho ricevuto istruzioni mio Governo per mettermi in rapporto con voi per stabilire zona neutra provvisoria. Per questo motivo proporrei riunirei Afdub. Pregherei comunicarmi la giornata l'ora che vi converrà".

Comandante del settore ha accusato ricevuta e si è riservato di comunicare le decisioni del Governo».

R. ministero colonie, d'intesa con questo ministero, ha telegrafato in proposito all'Alto commissario le seguenti istruzioni in data 23 corrente:

Comanda-nte settore Uarder può rispondere al Grasmacc Afevork che egli è pronto per entrare in rapporti con delegati etiopici incaricati di stabilire zona neutra e che si riserva di comunicare data e località eventuale convegno appena saranno state risolte ad Addis Abeba questioni preliminari fonda

mentali per le quali R. ministro attende ancora di conoscere le decisioni del Governo etiopico~.

V. S. potrà chiarire al Blatingheta che noi attendiamo di conoscere la definitiva risposta del Governo etiopico circa la non partecipazione degli ufficiali stranieri, prima di fare iniziare i contatti tra i comandanti militari per la costituzione della zona neutra.

(l) -Cfr. n. 653. (2) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 619. (3) -Non inserito nel registro dei telegrammi in arrivo.
656

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1036/07 R. Ankara, 25 febbraio 1935 (per. il 4 marzo).

Mio telegramma odierno n. 29 (1).

Ho avuto poco fa lunghissimo colloquio con Tevfik Rustu.

Questi dopo esauriente esposizione sue passate proposte per passaggio da patti bilaterali a plurilaterali e colloqui avuti specialmente con Barthou e Simon, con naturalmente, previa conoscenza (ed approvazione) di Litvinoff, affermato che ideale sarebbe patto che con Stati del Mediterraneo Orientale unisse anche quelli dei Mar Nero poiché ciò garantirebbe al miglior modo libertà per gli stretti, ha concluso che evidentemente per il massimo non dovevasi trascurare il meglio. Perciò egli era favorevole ad un patto del Mediterraneo orientale che unisse tutti i paesi ad est dell'Italia.

Mi ha detto che in proposito eravi stato un colloquio fra S. E. Suvich e codesto ministro Grecia e che S. E. Suvich aveva espresso idea che accessione a tale patto della Francia ed Inghilterra avrebbe complicato e reso più difficile conclusione. Egli aderiva a tale punto di vista di S. E. Suvich ma soltanto perché la accessione o la assenza da tale patto (al quale del resto Francia ed Inghilterra erano già favorevolissime) delle due grandi Potenze nulla aggiungeva o toglieva purché vi fosse l'Italia.

Però patto doveva comprendere tutti i paesi ad est Italia. Tale era il senso delle proposte e delle idee di Chukri Kaia che egli conosceva. Vi erano paesi che potevano essere esclusi come l'Albania per i loro speciali rapporti di dipendenza dall'Italia e ve ne erano altri che potevano escludersi da sé, ma soltanto per loro spontanea dichiarazione di non avere interesse al patto. Ma la Turchia non poteva escluderli a priori poiché niun patto poteva essere chiuso ai vicini senza che questi non potessero trarne sospetto, La Turchia non voleva soprattutto insospettire la Jugoslavia che ne avrebbe potuto trarre pretesto per rafforzare i suoi legami con la Bulgaria. Il patto che non doveva essere diretto contro nessuno avrebbe finito altrimenti col creare un fronte e determinare conseguenze contrarie agli obiettivi turchi e probabilmente anche agli italiani.

Una comunicazione del proposito di concludere tale patto avrebbe perciò dovuto essere preliminarmente fatta ad Jugoslavia, Bulgaria e Romania ap

punto per evitare qualsiasi sospetto. Del resto qualche cosa. d1 analogo erasi deciso da Francia-Italia nei colloqui di Roma rispetto all'Europa centrale. Tutti i paesi vicini indistintamente erano stati invitati a partecipare al proposto patto di non ingerenza.

Egli riteneva che tale comunicazione avrebbe dovuto essere fatta dall'Italia che avrebbe dovuto prendere la iniziativa ufficiale della conclusione del progettato patto. Tutti i Balcani avrebbero conside.rato tale gesto italiano come segno foriero di una nuova politica che avrebbe raccolto tutti questi Stati con la Turchia intorno all'Italia ed avrebbe anche mostrato alla Germania unità di vedute e di direttive, quindi impossibilità di speculare su sperate divergenze e divisioni.

Questa sua conversazione odierna era pertanto una conversazione accademica e teorica, non costituiva proposta od esame effettivo di un progetto. Egli sapeva che vi erano stati scambi di idee, e continuavano, fra Roma ed Atene. Aveva incoraggiato la Grecia a continuarli e ne conoscerebbe il contenuto per giudicare sempre meglio come il patto avrebbe potuto congegnarsi. Ma non vi parteciperebbe.

Era del resto intimamente persuaso, dopo lo svolgersi degli ultimi avvenimenti politici, che, indipendentemente dal buon esito o meno delle odierne conversazioni, i rapporti itala-turchi anche sulla base attuale bilaterale non avrebbero potuto che progressivamente migliorare.

In passato egli aveva parlato di un patto italo-turco-russo che gli sembrava anche oggi la sistemazione ideale del Mediterraneo Orientale col Mar Nero. I tempi non erano allora maturi. Credeva peraltro che come lo sviluppo naturale nel rafforzamento italo-turco sarebbe stata in terzo tempo l'alleanza (confermando così quanto dettomi da Chukri Kaia) così credeva che ai già esistenti saldi rapporti turco-russi avrebbe finito con l'unirsi in successivo momento anche l'Italia.

Il presente telegramma per corriere fa seguito con quello avente il numero di protocollo successivo. (l).

(l) T. 909/29 R., che non si pubblica in quanto il contenuto è esposto in modo più esteso nel presente telegramma.

657

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1037/08 R. Ankara, 25 febbraio 1935 (per. il 4 marzo).

Mio telegramma per corriere n. 07 (2).

Non ho lasciato Tevfik Rustu senza risposta specie quando egli ha parlato della partecipazione jugoslava. Ho sviluppato le obbiezioni già mosse a Numan alla uguale suggestione (mio telespresso n. 389/149 del 19 corrente) (3). Ho aggiunto oggi la inopportunità di un gesto italiano che potesse non essere compreso nel suo intero valore dai paesi ai quali esso era diretto. Vi doveva essere economia di gesti, non abbondanza. Inoltre ciò avrebbe potuto deter

minare un ritardo o l'esame di nuovi e più complessi problemi che avrebbero potuto rendere impossibile la conclusione di un nuovo passo in avanti che appariva tanto semplice data la esister.za dei patiti bilaterali itala-turco-greci. Inoltre poiché Bulgaria e Romania si affacciavano sul Mar Nero non sul Mediterraneo, si sarebbe entrati in quell'ideale al quale egli mostrava di rinunciare in vista di un maggiore bene e più pratico.

V. E. mi farà quindi avere le sue istruzioni mentre faccio viva preghiera di essere tenuto al corrente dei colloqui con la Grecia che non mi è assolutamente possibile ignorare, o ricevere con dannoso ritardo se affidati al corriere.

È ormai chiaro che della previa conoscenza ed eventuale adesione Jugoslava al proposto patto qui si fa condizione preliminare per discussioni concrete. La Jugoslavia deve se mai escludersi da sé. I motivi sono quel concreto timore dell'unione bulgaro-jugoslava, che è pure la maggiore preoccupazione del momento mentre costituisce la sola effettiva base di intesa con la G:·ecia, e che anche la Romania guarda con timoroso sospetto, cd è poi la ragione fondamentale del patto balcanico.

Mi è difficile del resto esprimere un pensiero definito sulle proposte di Tevfik Rustu tanto più che in quanto ignoro quali siano le attuali direttive di V. E. rispetto alla Jugoslavia. Ivi si è aperta ora quella crisi elettorale primaverile che fu ben facile prevedere immediatamente dopo l'assassinio di Re Alessandro. Se anche grave essa però non dovrebbe condurre in errore. La situazione interna jugoslava potrebbe uscirne rafforzata non indebolita. In ogni caso la Jugoslavia è ormai legata ad un sistema di impegni plurimi che è difficile rompere. Per una supposta nostra minaccia Jugoslavia e Turchia si sono unite per impedire che una diversa nostra evoluzione politica verso l'una o l'altra possa indebolire il sistema di comune reciproca difesa. Verosimilmente Turchia e Jugoslavia sono ora, fra l'altro, impegnate a non iniziare neanche alcuna trattativa con noi senza la conoscenza e la possibile partecipazione dell'altra.

Ma se mi è difficile venire a conclusioni posso per altro richiamarmi a pensieri costantemente esposti durante il mio lungo soggiorno in Jugoslavia, e ricordare la mia convinzione sulla forte ed utile costante base di azione che potremo trovare a Belgrado per la Jugoslavia in sé e per la penisola balcanica aperta dal destino alla nostra missione ed alla nostra influenza. E credo pure che le ambizioni espansionistiche jugoslave e le sue mire nazionaliste di allargamento siano meno difficilmente contenibili in un regime di amicizia con noi che in un regime di indifferenza o di inimicizia. Credo poi, per esporre più ampio pensiero, che se per un lunghissimo periodo politico noi abbiamo ogni interesse ad apparci alla Jugoslavia integrale, può venire un momento storico in cui si profili chiaro l'interesse opposto, tanto più che col realizzarsi di così ampia tendenza storica possiamo trovare mezzo di difesa con allargarci utilmente su territori asiatici. Né questa prospettiva è trascurata certo ed ignota al Governo kem!l!lista.

Ma tenuto conto dell'accordo politico dei due Stati, visto che al momento attuale Ankara e Belgrado sono i due fuochi di una ampia ellissi balcanicoorientale ravvivati da un istinto di comune difesa quindi influenzantisi a vicenda (ed Ankara ha fondato a Belgrado un unico sistema di difesa tanto contro l'Italia quanto contro la Grande Jugoslavia), se pur perseguendo finalità di pace ed amicizia con la Turchia ed Jugoslavia teniamo presente che tali finalità hanno con la Jugoslavia obiettivi storici e permanenti, ma con la Turchia forse soltanto politici e transitori, ci potrà in avvenire essere necessario dissociare il sistema. Per ciò non vi è altro mezzo che rafforzare i legami già esistenti con la Turchia e stabilirne di saldi anche con la Jugoslavia. Già a questa china ci conducono gli accordi di Roma, e ci consiglia quella ricerca di equilibrio e di temporanea stabilizzazione che è creata da Londra e Berlino, da da Parigi e Mosca, come fra Roma e Londra e Parigi con Vienna, sulla base della sconfitta diplomatica della Germania.

Vi è perciò, fuori del diluvio di parole con le quali si esprime, a mio parere del buono nella esposizione di Tevfik Rustu. Ed è per questo che col ricordo del mio subordinato pensiero, che ho costantemente espresso, mi permetto di raccomandare al profondo esame di V. E. quanto il ministro turco degli affari esteri ha proposto ed indicato.

Fra le cose dettemi da Tevfik Rustu una però rilevo che parmi degna della massima attenzione. Egli ha accennato a passate sue proposte di un accordo politico italo-turco-russo. Ignoro quando egli le abbia fatte ed ancor più mi sfuggono le ragioni per le quali egli ha affermato che esse non erano allora ancora mature. Ma certo tale combinazione potrebbe presentarsi sempre più possibile tenendosi conto della tendenza ad una singolare trasformazione del secolare problema degli Stretti, come riferisco in dettaglio.

È tutta una visione nuova che potrebbe profilarsi in un prossimo avvenire ponendo nuovi problemi, ed esigendo nuovi adattamenti e combinazioni politiche. Di queste la meno improbabile è quella che Tevfik Rustu dice avere in passato già proposto a V. E.

(1) -Cfr. n. 657. (2) -Cfr. n. 656. (3) -Non pubblicato.
658

IL CAPO GABINETTO, AWISI, ALL'ESPERTO NAVALE DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, RUSPOLI

T. PER CORRIERE 313 R. Roma, 26 febbraio 1935.

Telespresso S. V. n. 217/3 del 18 corrente (1).

Nella discussione, che verrà ripresa tra qualche giorno, sulla proposta Litvinoff per la creazione di una conferenza permanente della pace, la S. V. potrà fare una dichiarazione di carattere generico non impegnativa nella quale potrà accennare all'interesse col quale il R. Governo ha considerato la proposta sovietica. L'Italia si è prospettata da tempo l'opportunità di dare una pratica soluzione a taluno dei problemi che sono alla base del progetto Litvinoff. Il

R. Governo condivide perciò il punto di vista del Governo sovietico che tali problemi debbano al momento opportuno essere esaurientemente discussi.

La S. V. potrà aggiungere che la delegazione italiana non mancherà da parte sua di esaminare con la maggiore attenzione ogni proposta dettagliata che verrà presentata dalla delegazione sovietica al riguardo.

(l) Cfr. n. 613.

659

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 327/61 R. Roma, 26 febbraio 1935, ore 24.

Suoi rapporti 17 gennaio e 9 febbraio (l) e telegrammi 42, 43, 45, 46, 55, 62 (2).

Ministero ha preso in esame quanto V. E. ha esposto circa questione propaganda straniera in America, circa gli accertamenti commissione inchiesta e circa provvedimenti sollecitati dal Governo americano che pur indicati a titolo di suggerimento amichevole non sono meno raccomandati per una pronta decisione da parte nostra. Complesso tali provvedimenti impone dovute riserve, e non si ritiene possa essere sia pure parzialmente accolto prima che V. E. abbia prospettato codesto Governo nostro punto di vista.

In primo luogo non può non rilevarsi che mentre dal rapporto commissione inchiesta responsabilità principali vengono attribuite nazismo comunismo non si ha notizia che siano stati sollecitati particolari provvedimenti contro propaganda nazista che costà svolgesi in forma seria.

Sorprende quindi complesso misure sollecitate a nostro danno quando nostro chiaro atteggiamento politico nei riguardi cittadini americani origine italiana dovrebbe costituire elemento sufficiente per non lasciar dubbi su quale sia reale impostazione rapporti politici fra Italia e Stati Uniti. Ne consegue logicamente che nostra propaganda non è diretta ad ingerirsi politica interna americana, della quale siamo rispettosissimi.

Per quanto concerne specifiche richieste Ministero riconosce opportunità trasferimento altrove vice console Detroit e pertanto V. E. potrà informare Dipartimento Stato che provvedimento sollecitato viene incontro ad una determinazione presa anteriormente da questo ministero e che non attendeva che di essere attuata.

Per quanto riguarda maestri, V. E. potrà far presente come misura richiesta appare di certa gravità, tanto più che l'allontanamento dei maestri dovrebbe essere accompagnato da impegno di non adibire presso Consolati persone con funzioni analoghe.

È da tener presente che propaganda che da detti maestri doveva essere compiuta non era informata ad altro carattere che quello culturale e che si ricollega a ragioni ideali che spiegano da sole motivi nostro interessamento per gente di origine italiana negli Stati Uniti. Con ciò non si è mai inteso di contrastare opera di unificazione dei cittadini amerLcani di diversa origine. Può anche ammettersi che detti maestri nuovi a codesto ambiente abbiano provocato suscettibilità per la forma con cui essi hanno svolto funzioni loro

affìda.te. Ciò potrebbe eventualmente fornire di che muovere loro qualche appunto di carattere personale ma non può a nostro giudizio motivare provvedimenti aventi per scopo di impedire azione propagandistica dalla quale è da escludere ogni finalità politica. V. E. quindi dovrebbe insistere presso codesto Dipartimento su tale punto di vista facendo noto in ultima ipotesi che si esaminerà possibiUtà sostituzione maestri indicati ma che allo stato attuale delle cose non si riterrebbe di poter dare affidamenti perché l'incarico di cui trattasi venga senz'altro soppresso. Ai nuovi maestri evidentemente sarebbero dettati criteri atti ad evitare che la loro missione si svolga in modo da non contraddire punto di vista americano in materia.

Per quanto concerne iniziativa distribuzione gratuita libri può anche aromettersi che sia stata poco opportuna tanto più considerato che libri a carattere fortemente nazionale non erano adatti per codeste scuole dove noi chiediamo ospitalità per lingua italiana. A V.E. sono già note istruzioni impartite con dispaccio 347 del 5 corrente (l) che predispone edizioni speciali di libri che dovranno risultare assolutamente adatte allo scopo. Loro distribuzione potrà quindi essere regolata e limitata in base ad opportuni criteri ma non potrebbe essere soppressa. In caso contrario ammette.rebbesi principio che costituirebbe gravissimo ostacolo per quell'interscambio culturale fra le nazioni che oggi più che mai si intensifica per cui non è mai stata ostacolata in Italia diffusione e vendita libri editi in paesi stranieri.

Per quanto concerne infine raccomandazione diretta ad impedire che nostri consoli esplichino attività atte a provocare suscettibilità codesti ambienti V. E. potrà contestare come raccomandazione non sembri necéssaria in quanto attività nostri consoli svolgesi in un campo che non deve urtare tali suscettibilità e che eventuali intemperanze possono attribuirsi ad errate valutazioni personali che R. ambasciata è stata sempre pronta a rilevare.

Ministero rendesi conto che atteggiamento codesto Dipartimento Stato è costretto da moventi politica interna. Tuttavia V. E. è bene faccia rilevare come

R. Governo mentre è desideroso eliminare cause che possano provocare risentimenti e critiche da parte opinione pubblica ed offrire il destro a campagne di stampa non può accettare la qualifica tendenziosa di propaganda politica per quella che non è che azione diretta a valorizzare nostro paese, a rettificare false notizie, a permettere che nostra evoluzione sociale e politica sia adeguatamente studiata e giudicata.

(1) -Non pubblicati. (2) -Cfr. nn. 566, 567 e 621. Gli altri tele~;ramml non sono pubblicati.
660

IL MINISTRO DESTINATO A BELGRADO, VIOLA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH (2)

APPUNTO R. Roma, 26 febbraio 1935 (2).

Istruzioni di S. E. il Capo del Governo al Ministro Viola.

«La sua missione in Jugoslavia dovrà avere anzitutto lo scopo di produrre una "détente" nei rapporti itala-jugoslavi. Bisogna creare un'atmosfera favorevole per un patto di amicizia e di "non aggressione".

Ella potrà assicurare intanto che noi non diamo ulteriormente ricetta a infiltrazioni di fuorusciti croati, salvo per quanto possa consentirlo un principio generico di ospitalità e un senso di umanità. Quanto ai fuorusciti che trovansi concentrati alle Lipari si troverà il mezzo per liquidarli, in parte assorbendoli, e in parte dando loro il mezzo di emigrare altrove.

Quanto alla stampa ho disposto che si astenga da riprodurre notizie sfavorevoli alla Jugoslavia e che riproduca solamente le notizie che non possano dare luogo a risentimenti. Esigo però che la stampa jugoslava da parte sua faccia altrettanto e sopratutto, al presente, si astenga da commenti sfavorevoli sulla nostra azione in Abissinia.

La sua azione di carattere immediato si concreterà nel raggiungimento delle premesse necessarie alla conclusione del patto di amicizia di cui le ho detto.

Come azione mediata si potrà ulteriormente pensare a un accordo anche con carattere di alleanza militare.

Ella sorveglierà attentamente i rapporti tedesco-jugoslavi e darà opera a impedire una intesa tedesco-jugoslava. La Jugoslavia deve rendersi conto della portata che ha per essa, assai più che per noi, il pericolo tedesco. Naturalmente Ella si adopererà a impedire l'adesione jugoslava all'Anschluss; ma se l'unione dell'Austria alla Germania dovesse fatalmente avvenire, sia per movimento spontaneo, sia in seguito a una azione violenta, la Jugoslavia deve essere persuasa della sua convenienza di essere unita a noi per fronteggiare e ostacolare la marcia tedesca.

Quanto aH'Ungheria, noi non intendiamo abbandonarla ma essa non può fare indefinitamente una politica a molte facce; e nel giorno in cui sia avvenuto un accordo tra noi e la Jugoslavia essa dovrà comprendere la sua convenienza di accordarsi con Belgrado. Questo ravvicinamento non potrà però avvenire simultaneamente con l'avvicinamento itala-jugoslavo, né dovrà avvenire direttamente tra Belgrado e Budapest; ma dovrà avvenire attraverso di noi e come conseguenza dell'avvenuto accordo itala-jugoslavo. Avere dunque di mira il trinomio: Vienna, Budapest, Belgrado e nella peggiore ipotesi il binomio: Budapest, Belgrado».

S. E. il Capo del Governo, avendomi invitato a dire se desideravo rivolgerGli alcuna domanda di schiarimento Gli ho chiesto se avessi potuto eventualmente tener presenti come tuttora validi e attuali i punti che avevano formato oggetto delle conversazioni svoltesi nell'autunno 1933 tra il signor Avakumovic e il signor Cosmelli (1), in vista di un riavvicinamento.

Questi punti sono i seguenti:

l) accordo della durata da dieci a quindici anni, estensibile fino a vera e propria alleanzà. militare; 2) accordo per impedire la restaurazione Absburgica; 3) accordo per impedire in ogni caso l'Anschluss; 4) accordo per l'Albania con riconoscimento della prevalenza economica

italiana in relazione ai sacrifici fatti e ai diritti acquisiti;

5) accordi culturali in genere con speciale riguardo alla cultura e alla tradizione italiana in Dalmazia;

6) accordo economico-commerciale;

7) consorzio portuale per una collaborazione nell'attività del porto di F,iume-Sussak.

S. E. il Capo del Governo ha dichiarato che questi vari punti possono tuttora essere tenuti presenti.

(l) -Non pubblicato. (2) -Ed. in DE FELICE, pp. 646-647.

(l) Cfr. Serie VII, vol. XIV, nn. 217, 218.• 228, 236, 452, 465.

661

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 26 febbraio 1935.

Fino a questo momento non è pervenuta alcuna risposta da questa Legazione Jugoslava circa la possibilità che, ,in occasione della presentazione deUe credenziaLi da parte del nuovo R. Ministro in Jugoslavia sia pronunciato un discorso. È quindi probabile che a Belgrado non si sia propensi a mutare il consueto cerimoniale, che non prevede alcuno scambio di allocuzioni. Ciò premesso, rimane l'alternativa di un comunicato che segua la presentazione delle credenziaU, da pubblicarsi contemporaneamente dalla stampa italiana e da quella jugoslava.

Ho l'onore di allegare un Appunto contenente gli elementi per un tale comunicato (1).

P. S. -Ove la Corte jugoslava credesse invece di modificare il cerimoniale per modo da far rientrare nella presentazione delle credenziali anche un discorso del Ministro, il contenuto dei comunicato potrebbe essere il punto centrale del discorso stesso.

ALLEGATO

Il giorno ... il nuovo Ministro d'Italia a Belgrado ha presentato, col consueto cerimoniale, le lettere che io accreditano in qualità di Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario presso S. M. il Re di Jugoslavia. S.A.R. il Principe Reggente ha quindi intrattenuto a cordiale conversazione il Ministro d'Italia. Quest'ultimo ha dichiarato: «Sono stato incaricato direttamente dal Capo del Governo di svolgere un'azione intesa a realizzare un riavvicinamento positivo (2) fra i nostri due Paesi. Sono autorizzato a dichiarare che l'Italia non ha propositi ostili (3) nei riguardi della Jugoslavia e si propone -partendo dal naturale presupposto del rispetto dell'indipendenza e dell'integrità territoriale di codesto Stato (4) -sviluppare tutte le premesse esistenti per giungere ad una collaborazione amichevole (5) e per un'intesa, sia nel campo politico che in quello economico, tra Italia e Jugoslavia (6).

Desidero esprimere la speranza che questi miei sentimenti e direttive trovino una risposta favorevole nei fattori dYigenti la politica estera della Jugoslavia.

49 -Dovumenti Diplomatid -Serle VII -Vol. XVI

(l) -Si allega il testo definitivo del comunicato che è stato corretto da Mussolinl. In nota sono riportate le varianti più significative rispetto all'appunto di Buti. (2) -NeWappunto di Buti: «Molto positivo>>. (3) -Nell'appunto di Buti «!ungi dall'avere intenzioni aggressive». (4) -Nell'appunto di Buti: «rispetto reciproco dell'indipendenza e dell'integ.rità territoriale dei due Stati». (5) -Nell'appunto di Buti: «cordiale». (6) -L'appunto d! Buti termina qui con le parole «le cui economie sono complementari». L'ultima frase è stata aggiunta da Mussol!ni.
662

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 26 febbraio 1935.

Informo il Ministro Ducié delle buone disposizioni del Capo del Governo nei riguardi della Jugoslavia e delle progettate dichiarazioni che farebbe il Ministro Viola in occasione della presentazione delle credenziali (1). Lo avverto però che queste buone disposizioni potrebbero essere frustrate se continua l'atteggiamento ingiurioso da parte della stampa jugoslava contro l'Italia. C'è un articolo del Vreme contro il quale devo sollevare le più energiche proteste; se la cosa continuasse così ogni previsione dì avvicinamento fra ì nostri due Paesi andrebbe a gambe all'aria.

Il Ministro conosceva l'articolo del Vreme, sa che ha formato oggetto di un passo del nostro Incaricato d'Affari a Belgrado e spera che per le dichiarazioni colà ricevute la cosa sia liquidata. Egli insisterà ancora a Belgrado perché si eserciti ogni possibile controllo sulla stampa, specialmente quella di Zagabria che è la più ostile.

Il Ministro poi ritorna sulla questione dei profughi croati pregando di esercitare sugli stessi la più severa sorveglianza. Eg1i pensa che i profughi croati in Italia siano circa 3000.

Gli rispondo che è malissimo informato, che i profughi sono appena un paio di centinaia, che sono tutti concentrati a Lipari, meno i due arrestati di Torino.

663

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R.s. 953/387. Mosca, 26 febbraio 1935 (per. il 4 marzo).

Ieri è venuto a vedermi nuovamente Karakan, che riparte per Ankara oggi.

Come era naturale, la nostra conversazione è caduta sullo stato dei rapporti itala-turchi. Ne ho profittato per ripetere a lui quanto avevo già detto a Litvinoff in merito alle dichiarazioni fatte dal Signor Aras a S. E. Galli nel suo primo incontro con quest'ultimo (2).

Nell'occasione, sono stato peraltro piuttosto sorpreso di udire da Karakan, a proposito del vantato «diritto di veto» della Turchia sulla Jugoslavia, che un tale diritto di veto non è un parto della fantasia di Aras, ma trae la sua origine da un protocollo segreto che Karakan fa risalire all'Ottobre 1934, stipulato dalle Potenze dell'Intesa Balcanica (probabilmente -devo ritenere in occasione della riunione di Belgrado o di quella di Ankara) ed in forza

del quale esse si sarebbero impegnate a nulla fare a proposito dell'Austria, ciascuna senza il consenso delle altre. Questo protocollo aveva avuto un principio di esecuzione proprio a proposito degli accordi di Roma. Nella apposita riunione della Intesa Balcanica tenuta a Ginevra dopo il Convegno MussoliniLaval, le Potenze dell'Intesa si sarebbero infatti, sempre secondo Karakan, impegnate ad astenersi da ogni azione in materia senza il consenso della Turchia, cui sarebbe stato, sembra, promesso di farla anche essa, in un secondo momento, accedere al Patto Danubiano. Questa decisione avrebbe né più né meno che carattere consequenziale e rappresenterebbe un caso di applicazione della stipulazione dell'Ottobre 1934.

Karakan mi ha riferito tutto questo sotto il vincolo del più assoluto segreto.

Richiesto se a suo credere la Francia fosse a conoscenza di questo patto, Karakan mi ha risposto di sì, aggiungendo peraltro che, di fronte alla nostra attitudine negativa, Lavai, per non compromettere il riavvicinamento con noi, aveva natumlmente preferito di non insistere ulteriormente per l'adesione turca.

Domandai anche al mio interlocutore come mai Aras fosse riuscito ed a tal punto, a far presa su Jeftic. *Risposta: non si tratta, nell'un caso e nell'altro, di politica personale. La Jugoslavia e la Turchia si sono incontrate, e si sostengono vicendevolmente, sul terreno della comune paura dell'Italia * (l).

Io mi accingevo, a questo punto, a passare ad altro argomento, quando, come già altra volta Litvinov, anche Karakan mi poneva subito dopo la questione del «che cosa si potrebbe fare fra Turchia ed Italia per ridare alle loro relazioni il loro primitivo carattere :1>. Al che non ho mancato, intonandomi alle note conversazioni così di S. E. Suvich come di S. E. Aloisi, di r.ibattere che condizione sine qua non, preliminarmente indispensabile ad ogni détente fra noi e la Turchia era che questa cessasse i suoi intrighi antiitaliani. Solo una ristabilita fiducia avrebbe potuto render possibili delle discussioni amichevoli «sul modo o modi migliori :1>. In merito, peraltro, ai patti più o meno Mediterranei, aggiungevo, il Signor Aras doversi convincere che l'unico modo per farli abortire era quello di dar loro un significato di garanzia contro un supposto pericolo italiano.

«A questo punto Karakan mi interrompeva e mi diceva presso a poco così: Certamente voi avete ragione quando dite che un patto Mediterraneo contro l'Italia e senza l'Italia è impossibile non solo a discutere, ma anche a concepire. Ma ricordatevi, egli mi disse, che la vostra posizione in materia non può, dopo gli accordi di Roma, essere esattamente la stessa di prima. Voi avete Infatti sostenuto finora (Karakan si riferiva a questo punto a passate dichiarazioni di nostri diplomatici) che un patto Mediterraneo era per l'Italia inaccettabile, perché avrebbe costituito un rafforzamento della Jugoslavia, il che per voi era naturalmente non desiderabile. Adesso la Turchia dice: negli accordi di Roma, voi avete mostrato di volervi avvicinare alla Jugoslavia. L'impedimento principale da voi accampato è quindi venuto meno... Aggiungete

continuava Karakan -che gli accordi di Roma hanno dato ad Aras un

argomento nuovo: e cioè che essendo l'Italia disposta, direttamente o indirettamente a garantire l'attuale statuto territoriale deUa Jugoslavia, non vi è ragione che essa non possa fare lo stesso, in una od altra forma con la Turchia... ».

«Caro Karakan, dissi io a questo punto, noi abbiamo con la Turchia un trattato di amieizia. Esso è già buono e, comunque, se a suo tempo non fu ancora migliore non fu certo per fatto dell'Italia... (clausola consultiva etc. etc.) ».

L'argomento fece su Karakan una certa impressione, tanto che egli ne prese nota scritta. Ci lasciammo con la promessa che, andando ad Ankara, egli si sarebbe tenuto a stretto contatto con S. E. Galli a lui attingendo elementi sul tenore dei *rapporti germano-jugoslavi e jugoslavo-turchi*, punto questo che mi convinco sempre più costituire in questo momento un piccolo tallone di Achille nell'amicizia e nella fiducia turco-sovietica...

Sulle relazioni itala-turche ho pure conferito con S. E. Vassif, Ambasciatore turco a Mosca, che sembra esser stato chiamato a conferire dal Gazi, di cui è intimo, sulla situazione interna ed estera della Turchia. Egli parte per Ankara il 2 marzo. Vassif mi sembra sempre nei nostri riguardi animato da ottime intenzioni e certamente agirà per il meglio. Del resto, egli mi ha detto di avere, traendone lo spunto da taluni accenni fattigli da Litvinoff, ancora di recente, richiamato personalmente l'attenzione del suo Governo sulla opportunità del ristabilimento di relazioni amichevoli con l'Italia, ricevendo, direttamente da Aras, assicurazioni in questo senso, che egli diceva soddisfacenti e concrete.

Al momento di firmare il presente rapporto vedo che molta parte della mia conversazione con Karakan è superata dalle decisioni di massima già adottate dalla E. V. a proposito di un patto italo-greco-turco. Non così peraltro la prima parte, relativa ad un patto segreto da parte delle potenze della Intesa Balcanica relativamente all'Austria, notizia che, a prescindere dalla sua portata sulle nostre negoziazioni attuali e future con la Turchia, ha un valore per sé stante che merita di esser considerato e tenuto presente.

(l) -Cfr. n. 661, allegato. (2) -Cfr. nn. 418 e 419.

(l) I passi fra asterischi sono stati segnati a margine o sottollneati da Mussolini.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 942/95 R. Parigi, 27 febbraio 1935, ore 18,45 (per. ore 22,25).

Telegramma di V. E. n. 101 (l).

Ho fatto a questo ministro degli affari esteri comunicazione ordinatami.

Lavai mi ha detto che ministro di Etiopia gli ha domandato ieri se avesse ricevuto notizie da Roma.

Alla sua risposta negativa ministro di Etiopia aveva manifestato ferma intenzione del suo Governo di chiedere eonvocazione Jmmediata del Consiglio della S.d.N.

Lavai aveva opposto le conversazioni dirette in corso.

AI che ministro di Etiopia aveva repUcato che il nostro rappresentante ad Addis Abeba metteva avanti ad ogni momento che egli agiva a titolo personale e non impegnava R. Governo.

Ho detto che non ero al corrente dell'andamento delle trattative e non ero perciò in grado di dare una risposta precisa ai rilievi dell'Abissinia.

Osservavo tuttavia che probabilmente conte Vcinci intendeva riservare alle sue proposte approvazione del R. Governo, ciò che rientrava nell'andamento normale di ogni negoziato.

Anche questa volta, come del resto usa fare ogni volta parlando dell'Abissinia, LavaJl mi ha detto a conclusione della nostra conversazione: «Ne vous laissez pas embarquer dans une guerre».

Ministro francese non nasconde la sua preoccupazione per un indebolimento possibile di una nostra azione· .in Europa se divenisse necessaria.

Sempre su questo argomento ministro degli affari esteri austriaco mi ha comunicato che Flandin parlando con lui aveva dichiarato apertamente che la minaccia tedesca era in questo momento diretta verso il Brennero.

Signor Berger senza dirlo espressamente sembrava considerare tale apprezzamento.

(l) Cfr. n. 629, nota 4.

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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 338/54 R. Roma, 27 febbraio 1935, ore 23,30.

Ringrazio V. E. suo telegramma per corriere n. 021 del 22 corrente (l).

Assicuro V. E. che continuerò inviare a codesta ambasciata· le comunicazioni relative alle conversazioni che hanno luogo ad Addis Abeba e tutto quanto riguardi questione abissina, curando che tale invio abbcia luogo quanto più possibHe per filo.

Intanto, per opportuna norma di linguaggio con codesto Governo riassumo di seguito -conforme il linguaggio tenuto con questo ambasciatore britannico -il corso dei negoziati diretti che sono stati r~presi ad Addis Abeba, in adempimento degli impegni di Ginevra, dopo il ritorno in res.idenza del

R. ministro.

Per prima cosa è sembrato essenziale che tali negoziati mirassero ad evcitare alla frontiera nuovi incidenti che avrebbero potuto far precipitare o comunque peggiorare la situazione. A tale scopo il Governo italiano ha proposto al Governo di Addis Abeba l'immediato inizio di contatti fra i comandanti locali del settore Ual-Ual-Uarder-Afdub per stabilire una zona neutra che le due parti si sarebbero impegnate a non violare, ed ha contemporaneamente fatto pervenire opportune istruzioni al comandante militare italiano di detta zona.

L'accettazione di principio da parte del Governo etiopico della proposta italiana è stata subordinata ad una serie di condizioni, che il Governo italiano ha accettate integralmente, ad eccezione di quella che stabiliva la partecipa

zione di ufficiali stranieri ai colloqui fra comandanti per la determinazione della zona neutra ed alla demarcazione effettiva della zona stessa. Il Governo etiopico non ha ancora fatto conoscere la sua risposta definitiva circa tale punto, e sono quindi sempre tuttora da iniziarsi i contatti fra i comandanti militari.

Mentre procedevano questi negoziati, il R. ministro ad Addis Abeba ha parimenti risposto all'ultima nota etiopica relativa alle responsabilità per l'incidente di Ual-Ual. La replica etiopica, testé pervenuta, ha carattere nettamente intransigente.

Ciò malgrado, il R. ministro ad Addis Abeba ha presentato, a titolo personale, al Blatingheta Herui dei suggerimenti che potrebbero condurre ad una soluzione dell'incidente di Ual-Ual (telespresso imnisteriale n. 204391/C del1'11 febbraio (l). Tali suggerimenti si ispirano sostanzialmente a quelli avanzati nel gennaio scorso dalla Gran Bretagna per il componimento dell'incidente, pur modificandoli affine di raggiungere la condizione essenziale che all'Italia deve essere data soddisfazione, sia pure in forma tale da facilitare 11 raggiungimento dell'accordo.

La risposta verbale data dal Blatingheta Herui, pur non essendo ancora né completa né definitiva, non mostra da parte etiopica la stessa volontà di conciliazione che anima il Governo italiano. Il Blatingheta Herui ha dichiarato inammissibile il deposito di 200.000 talleri alla Banca d'Italia all'Asmara, e si è riservato di fare conoscere il suo parere circa l'in_vio della lettera dell'Impe"·atore. Comunque le conversazioni continuano. In proposito potrà convenire di mettere in chiara evidenza col Governo britannico l'intransigenza del Governo etiopico, il quale non sembra tener conto dei consigli di moderazione che indubbiamente gli avrà dato il Ministro Barton.

Come risulta ·da quanto precede e come V. E. ha opportunamente fatto rilevare al signor Simon, noi intendiamo --pur senza dipartirei da una ragionevole moderazione -dare agli abissini la netta sensazione che siamo pronti -occorrendo -a tutte le evenienze per ottenere le soddisfazioni che ci sono dovute.

Quanto all'invio di truppe, si tratta per ora dei contingenti relativi alle due divisioni di cui all'annuncio dato pubblicamente. Ciò rappresenta una elementare misura precauzionale, che del resto non riesce nemmeno a ristabilire l'equilibrio militare turbato ai nostri danni. L'Etiopia ha infatti già proceduto ad una mobilitazione nella maggior parte dei comandi principali, e ad un ammassamento di parecchie diecine di migliaia di uomini nella zona prospiciente la Somalia italiana. Inoltre essa provvede a notevolissimi acquisti di armi e materiali da guerra, secondo le ripetute informazioni al riguardo. (Si vedano le mie comunicazioni a codesta R. ambasciata). Debbo aggiungere che lo scarsissimo armamento iniziale delle nostre colonie ed i preparativi bellici dell'Etiopia imporranno all'Italia, anche a scopo soltanto difensivo, l'adozione di nuove misure per la protezione dei suoi interessi in Africa Orientale. In modo particolare l'acquisto di aeroplani da parte dell'Etiopia ci induce a inviare nelle nostre Colonie talune forze aeree.

(l) Cfr. n. 638.

(l) Non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1030/024 R. Londra, 27 febbraio 1935 (per. il 4 marzo).

Mio telegramma n. 112 del 26 corrente (1).

CanceLliere Schuschnigg, nel colloquio che ho avuto ieri con lui, e poi il ministro Berger Waldenegg, col quale anche ho avuto una conversazione, mi hanno riferito che Mac Donald e Simon avevano accennato agli apprestamenti militari che la Germania andava facendo al confine austro-bavarese, e gli avevano chiesto la sua opinione circa gli obiettivi che tali apprestamenti potrebbero avere.

Schuschnigg mi ha detto di avere risposto che egli non ritiene che gli apprestamenti militari tedeschi in Baviera abbiano carattere diverso dagli altri apprestamenti militari che la Germania sta facendo a tutte le sue frontiere in generale, ma che evidentemente gli apprestamenti militari della Germania in Baviera non hanno come obiettivo soltanto l'Austria ma anche l'Italia. Mi ha poi aggiunto che i ministri britannici gli avevano a questo punto manifestato la loro preoccupazione per la politica dell'Italia nell'Africa Orientale accentuando il timore di un possibile indebolimento delle forze militari italiane ai nostri confini del Brennero qualora l'Italia dovesse trovarsi impegnata in serie operazioni nell'Africa Orientale.

È superfluo dire che ho replicato a Schuschnigg che le preoccupazioni di cui si erano fatti eco con lui e col ministro Berger Waldenegg i ministri inglese non avevano ragione di essere. Mi sono valso a tale proposito del deliberato del Gran Consiglio, di quello della Commissione Suprema di difesa e del comunicato dato ieri dal sottosegretario Stampa per rassicurarlo che l'invio di forze nell'Africa Orientale non diminuiva in alcun modo l'efficienza del nostro esercito, e le garanzie di ordine e di stabilità che esso rappresenta in Europa.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 27 JebiJraio 1935.

L'Ambasciatore de Chambrun mi comunica l'unita lettera diretta al Capo del Governo relativa al punto di vista francese per quanto riguarda il Patto di non-ingerenza. L'Ambasciatore rileva che l'appunto allegato alla lettera era stato fatto per uso interno del Governo francese ed è stato mostrato come tale ai Ministri austriaci.

Indipendentemente da questo documento, il Governo francese ci farà pervenire il progetto di risposta alle richieste germaniche, progetto redatto sulla base delle nostre osservazioni e di quelle austriache (l).

Assicuro l'Ambasciatore che il documento oggi presentato sarà oggetto di attento studio da parte nostra; devo osservargli fin da ora che questo progetto mi pare troppo ingranato nella Società delle Nazioni perché possa essere accettato dalla Germania.

L'Ambasciatore prende nota di tale osservazione ma si riserva di fare una comunicazione in merito a Parigi quando gli avremo dato una risposta su tutti i punti.

ALLEGATO I

CHAMBRUN A MUSSOLINI

J'ai l'honneur de transmettre, ci-joint, à V. E. le texte d'une note qui a été rédigée en vue de préciser les idées sur les conditions du futur pacte danubien de non immixtion et qui pourrait, si V. E. en acceptait la teneur, étre ultérieurement utilisée comme base de discussion auprès des autres Gouvernements, sans apporter naturellement aucune restriction à la liberté des négociations qui doit demeurer entière. Communication en a été donnée, à titre officieux, pendant son séjour à Paris, au Chancelier d'Autriche, qui s'est déclaré d'accord sur les différents points visés dans ce document.

Le Gouvernement français serait heureux que V. E. vouliìt bien lui faire connaitre les observations que pourrait provoquer de sa part l'examen de la note <:Iont il s'agit.

ANNESSO

23 febbraio 1935.

Pour donner effet de la manière la plus appropnee et la plus efficace à l'accord de principe enregistré à Rome le 7 janvier dernier, en ce qui concerne l'Europe Centrale, il y a lieu de tenir compte des considérations suivantes:

A. Les engagements généraux à prendre par tous les contractantes doivent d'une part couvrir tous les cas possibles d'immixtion. Il y aura dane lieu de rechercher si la formule incluse dans le procès-verbal de Rome n'a pas à étre complétée sur certains points. D'ores et déjà il conviendrait de rechercher une formule qui préciserait que non seulement chaque Etat ne devra pas sur quelque territoire que ce soit favoriser les agissements méme de caractère privé visés par le procès-verbal mais que sur son propre territoire il devra les empécher.

B. Il importe non seulement d'interdire les actes d'immixtion mais également et à plus forte raison l'action directe, c'est-à-dire l'agression et d'instituer une procédure rapide d'assistance contre une telle action directe.

C. L'assistance ne pouvant étre demandée à chacun des contractants au profit de chacun des autres contractants, l'obligation d'assistance ne pourra résulter que d'engagements particuliers. Mais il est essentiel que sous le couvert d'accords particuliers deux ou quelques contractants ne puissent conclure des conventions séparées allant à l'encontre de l'esprit général du traité. Il est indispensable que l'assistance soit, d'une manière uniforme, définie et réglée dans le traité lui-méme. Chaque signataire déclarerait quels pays il entend faire bénéficier de cette assistance. Le pays qui recevrait ainsi une promesse d'assistance pourmit, s'il lui convient, lui donner un caractère réciproque en déclarant à son tour qu'il prétera assistance au pays qui la lui aura

lui-meme promise. Le caractère et la procédure d'assistance étant les memes pour tous, les différentes assistances jouiront ensemble d'après le meme mécanisme et sans pouvoir se contrecarrer.

D. S'il est prudent de prévoir que l'assistance ne jouera en cas d'immixtion, d'intervention déguisée, qu'après avis du Conseil de la S.d.N. (cela est nécessaire pour ne pas se mettre en contradiction avec le Protocole de 1922 concernant l'Autriche qui vise de tels cas et les défère au Conse:l de la S.d.N., car ce Protocole engage notamment l'Angleterre), par contre, dans le cas d'action directe d'agression indiscutable, il est nécessaire de prévoir une sanction immédiate. A cet effet, il y a lieu de prévoir que l'assistance pourra etre immédiate sans attenàre la décision du Conseil de la S.d.N. Le Conseil sera saisi dès le déb'ut. Sa décision pourra éventuellement servir de base pour faire cesser une mesure d'assistance qui ne serait pas justifiée.

Dans ces conditions le pacte de l'Europe Centrale pourrait avoir la structure et le contenu suivant:

Un préambule se référant notamment: au désir de développer les sentiments de confiance en Europe Centrale; à l'obligation qu'à tout Etat de respecter l'maependance et l'intégrité territoriale des autres Etats;

au désir de se conformer pleinement aux principes et procédure de pacte de la S.d.N.

Dispositions générales

Un pr article comporterait l'engagement de ne se livrer à aucun acte d'agressl6n. Un 2•m• article comporterait un engagement de non immixtion à préciser autant que possible. Un 3•m• artic!e comporterait l'engagement de ne susciter ou favoriser où que ce soit aucune agitation, propagande, etc.... engagement également à préciser. Le meme artic!e comportcrait l'obligation pour chaque Etat d'empecher sur son propre territoire tous agissements ci-dessus désignés.

Un 4•m• article prévoirait que les Puissances contractantes se consulteront sur toutes circonstances qui 1eur paraitraient mettre en question !es principes ci-dessus énoncés. Que si l'une d'elles estime qu'une violation des articles l, 2 ou 3 a été commise

elle portéra immédiatement la question devant le Conseil de la S.d.N. Que dès que le Conseil de la S.d.N. aura constaté qu'une telle violation est ou a été commise, il en donnera sans délai avis aux Puissances contractantes.

Engagements particuliers

Un 5•m• article prévoirait que chacune des parties contractantes aura la faculté soit en signant le traité, soit par une déclaration spéciale, aussi longtemps qu'il sera en vigueur, de prendre l'engagement complémentaire défini à l'article suivant et de désigner celles des autres parties contractantes auxquelles elle s'engage à preter l'assistance prévue par le di.t article.

Un 6•m• article prévoyant: 1°) qu'en cas de violation flagrante de l'article 1•r il sera immédiatement et sans attendre la décision du Conseil, preté assistance à la Puissance contre laquelle l'acte aura été dirigé. Le Conseil n'en sera pas moins saisi et !es parties contractantes s'engagent à se conformer à ~a décision que le Conseil prendrait ultérieurement. 2°) qu'en cas de violation des articles 2 ou 3 et dès que le conseil aura procédé à la constatation visée à l'article 4, chacune des Puissances contractantes, dans la mesure des engagements pris par elle, conformément à l'article 5, pretera assistance à la Puissance contre laquelle l'acte aura été dirigé.

Un 7•m• article visant la durée du traité.

Un s•m• article prévoyant les adhésion.

Un dernier article prévoyant les ratifications et l'enregistrement à Genève.

Il est essentiel de ne pas donner l'impression qu'aucun texte ait été concerté par avance et de ne fournir à aucun pays prétexte pour soutenir qu'on cherche à le lui imposer. C'est une fois !es négociateurs réunis que des projets pourront etre présentés.

(l) T. 938/112 R., partito in realtà alle 2,35 del 27 febbraio, non pubbllcato.

(l) Il progetto venne comunicato a Suvich da Chambrun con l. del 28 febbr>tio, elle 'lon si pubblica. Esso è edito in DDF, vol. IX, pp. 441-443.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 27 febbraio 1935.

Il Barone Villani mi informa che il suo Governo non avrebbe intenzione di rispondere per ora al processo verbale italo-francese sul Patto di non-ingerenza; può essere però che ne sia sollecitato dal Ministro francese a Budapest.

In tale caso risponderebbe come dall'allegato I. Ha preferito di parlare della «riserva di fare delle proposte» anziché di parlare di osservazioni; ciò perchè ha sentito che la Piccola Intesa potrebbe aderire al processo verbale senza riserve.

Se il Ministro francese insistesse per sapere quali sono tali eventuali proposte, il Governo ungherese si propone di rispondere come all'allegato II. Informo poi il Ministro Villani del corso delle conversazioni di Parigi fra i Ministri francesi e quelli austriaci.

Informo ancora il Ministro del prossimo invio del nostro Ministro a Belgrado e gli dò lettura delle dichiarazioni che farebbe il Conte Viola (l). Gli spiego le ragioni per le quali noi riteniamo opportuno in questo momento di aderire ad un avvicinamento con la Jugoslavia dicendogli che naturalmente nulla cambia nella nostra politica nei riguardi dell'Ungheria.

Il Ministro Villani si rende conto di questo nostro atteggiamento; non dubita sulla continuazione della politica di amicizia da parte del Capo del Governo; non può nascondersi però che l'accenno alla integrità della Jugoslavia darà pretesto ai nostri nemici di dire che l'Italia ha cambiato la propria politica per quanto concerne il revisionismo.

Gli osservo che una tale affermazione non sarebbe assolutamente fondata; si parla nelle dichiarazioni di non turbare l'integrità, il che lascia completamente fuori causa il revisionismo pacifico, che è quello che oggi si sostiene; d'altra parte è evidente che tale frase si riferisce alla minacciata dislocazione della Jugoslavia in seguito al movimento dei croati (2).

ALLEGATO l.

Le Gouvernement hongrois a étudié avec la plus grande attention et le plus vif intérét le texte du Procès Verbal de Rome, que les représentants de la France et de l'Italie ont bien voulu lui remettre.

Le Gouvernement hongrois accueille avec un plaisir d'autant plus sincère cette initiative, qu'en étudiant le texte mis à sa disposition, il a pu constater que la politique hongroise fondée sur le principe d'une paisible évolution est en pleine concordance avec les idées exprimées dans le procès verbal. Le Gouvernement hongrois est donc prét comme j'ai eu d'ailleurs l'occasion de l'annoncer à la commission pour les affaires

Gli rispondo che la notizia è assolutamente priva di fondamento».

étrangères de la Chambre -à prendre part dans un esprit de bonne volonté et de conclliation aux négociations qui probablement s'ouvriront prochainement entre !es Etats intéressés.

Suivant l'opinion du Gouvernement hongrois, l'initiative prise à Rome par la France et l'Italie a pour objet de fournir aux Etats de l'Elurope centrale une base solide et équitable de collaboration ainsi que de leur assurer une période de tranquillité et de prospérité économique. En vue d'atteindre plus facilement ce but, profondément désiré par la nation hongroise aussi, le Gouvernement se réserve de faire au cours des négociations certaines propositions.

ALLEGATO II.

En effet ce but ne pourrait etre poursuivi raisonnablement sans écarter certaines difficultés qui, si elles restaient sans solution pour le moment, ne manqueraient pas de surgir inopinément à l'avenir et de troubler la bonne entente entre les nations et les gouvernements respectifs. Sans vouloir entrer dans les détails, je me contenterai de citer comme exemples l'égalité de droit entre !es différentes parties contractantes ainsi que la question des minorités.

Il va sans dire que le différend entre la Yougoslavie et la Hongrie devrait également recevoir bientòt une solution définitive, vu que la continuation des controverses autour de cette question ne pourrait avoir qu'une fàcheuse influence sur le cours des négociations importantes pour le pacte de non intervention.

(l) -Cfr. n. 661, allegato. (2) -Cfr. 11 seguente brano di un altro appunto di Suvich dello stesso 27 febbraio: «Il Ministro Vlllani mi chiede se cl sia qualche cosa di vero nelle notizie diffuse da una parte della stampa straniera su nostre concentrazioni al Brennero.
669

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA

NOTA VERBALE. Roma, 27 febbraio 1935.

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di riferirsi al promemoria di Francia n. 74 del 22 corrente (1).

Il Governo italiano è lieto di conoscere che i Governi britannico e francese sono d'accordo nel senso che le conversazioni che il Ministro degli Esteri britannico avrà a Berlino non debbano fornire al Governo germanico la possibilità di dissociare i differenti elementi costitutivi del piano stabilito in comune durante le conversazioni anglo-francesi di Londra e che come è già noto al Governo francese corrisponde alle vedute del Governo italiano.

In sostanza il Governo italiano è d'avviso che le conversazioni di sir John Simon a Berlino come pure qualsiasi altra conversazione che potesse, in avvenire, essere condotta con il Governo germanico sulle differenti questioni che hanno fatto oggetto degli accordi di Roma delle conversazioni di Londra, non presentano qualche probabilità di condurre a risultati positivi per quel consolidamento della pace europea, che è cura costante dél Governo italiano che qualora si dia al Governo germanico la precisa sensazione della unità di vedute esistente fra Roma, Parigi e Londra.

Ciò premesso il Governo italiano condivide il pensiero del Governo francese che convenga cioè lasciare al Governo britannico di prendere le sue responsabilità per quanto riguarda l'eventualità di una conversazione anglo-americana a Berlino e non sollevare questioni di procedura cui potrebbe essere fatta risalire la responsabilità di un eventuale insuccesso dei negoziati.

Il Governo italiano condivide pure il pensiero del Governo francese circa la opportunità che esso riprenda, al più presto, col Governo germanico le conversazioni relative al Patto Orientale. Da parte sua il Governo italiano ritiene pure opportuno consegnare al più presto al Governo germanico le risposte francesi ed italiana alla sua richiesta di chiarimenti relativi al Patto Danubiano, allo scopo di poter cosi riprendere i negoziati anche su questo argomento.

Il Governo italiano, non ha, per il momento, da formulare alcuno speciale suggerimento circa il metodo e la sostanza dei prossimi negoziati; è solo dopo che il Governo germanico avrà maggiormente precisato il suo punto di vista sulla questione attualmente in discussione che sarà probabilmente necessario un nuovo esame della situazione da parte dei due Governi per decidere sull'ulteriore sviluppo dei negoziati.

(l) Non pubblicato.

670

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 610/205. Londra, 27 febbraio 1935.

Vansittart mi ha pregato stamane di andare da lui perché desiderava parlarmi a lungo sopra un argomento -egli mi ha detto -«di molta importanza per le relazioni tra i nostri due Paesi». Ho capito subito che si trattava della questione etiopica. Vansittart ha cominciato dicendo che, a seguito della nostra franca precedente discussione sull'argomento, egli desiderava parlarmi di nuovo pregandomi di sottoporre il nostro colloquio al più presto possibile al Duce. «Nessuno può mettere in dubbio la lealtà dei miei sentimenti di amicizia verso l'Italia Fascista. Sono precisamente questi sentimenti che mi inducono a parlare francamente senza il minimo riserbo diplomatico, e a andare in fondo alle cose quali esse sono al fine di evitare ragioni di possibili equivoci o malintesi. Sono informato da Simon di quanto egli vi ha detto e di quanto voi gli avete risposto nel vostro colloquio di giovedì scorso (v. mio telegramma n. 115) (1). Io sono molto ma molto preoccupato della piega ehe stanno prendendo gli avvenimenti. Ecco qui il rapporto che il Governo Britannico ha ricevuto da Drummond circa gli attuali negoziati Itala-etiopici in Addis-Abeba. Tale rapporto è proprio scoraggiante. È chiaro che le trattative di fatto non sono ancora neppure cominciate. Ora c'è la richiesta italiana di una zona neutra, che è fuori di quanto era stato deciso a Ginevra. Il Governo Britannico si trova già investito da ogni parte e accusato di connivenza col Governo italiano il quale, si dice, non mostra alcuna buona volontà di eseguire gli impegni presi a Ginevra, impegni dei quali il Governo Britannico si è fatto garante quandt"J esso ha insistito perchè fosse aggior

70H

nata la discussione dell'incidente itala-abissino in attesa nella speranza di un amichevole accomodamento attraverso trattative dirette. La questione così tornerà a Ginevra, e questa volta io non vedo come il Governo Britannico potrebbe evitare di prendere un atteggiamento che in definitiva non potrebbe essere se non sgradevole nei riguardi dell'Italia. Intanto le vostre truppe partono tra canti di guerra e manifestazioni di ogni genere che non lasciano dubbio sui compiti ad esse affidati e su quanto l'Italia attende da esse. I preparativi militari italiani appaiono sproporzionati all'entità della controversia itala-abissina. Ora l'Italia non può farsi illusioni sull'atteggiamento dell'opinione pubblica britannica, che è ostile ad ogni idea di guerra in Africa come altrove. La vostra impresa in Abissinia, poiché è ormai chiaro che voi mirate ad una conquista col miale, mette nel più serio imbarazzo tutti coloro i quali, soddisfatti nel veder.:: all'alba di quest'anno, costruita finalmente dopo tanti sforzi una intesa anglo-franco-italiana a garanzia della pace dell'Europa, temono che attraverso questa impresa africana possa venire messa in pericolo quel:la franca e piena collaborazione itala-britannica che è stata sin'ora una chiave della pace europea. Voi avete forse ragione quando mi avete detto, e forse mi ripeterete oggi, che al fondo di questa irritazione delle correnti politiche inglesi non vi è se non una questione di politica interna britannica. Ciò è esatto: poiché tanto i conservatori quanto i laburisti si preparano alle prossime elezioni, le quali saranno particolarmente dure, e vogliono, ciascuno per proprio conto, attrarre a sè quelle correnti, forti e numerose, che sostengono la politica della S.d.N. Voi mi avete già detto e mi ripeterete che l'attitudine britannica verso la questione abissina sarebbe probabilmente diversa se le elezioni, invece di avere luogo prossimamente, avessero luogo fra qualche anno. Non vi contraddico, ma il fatto è che questa situazione esiste e non si può non tenerne conto. L'Abissinia fa parte della S.d.N. e non vedo come nell'ipotesi di un conflitto itala-abissino l'Inghilterra potrebbe ignorare i doveri che la S.d.N. ha assunto di proteggere l'integrità e l'indipendenza etiopica».

Ho risposto a Vansittart, molto calmamente, che tutte queste preoccupazioni e questi allarmi da parte britannica mi sembravano ingiustificati. Non potevo discutere con lui sulla base del rapporto di Drummond circa le intenzioni del Governo italiano per la zona neutra perché io non ero ancora al corrente di quanto era stato detto all'Ambasciatore Britannico a Roma, e mi mancavano ancora precise notizie sullo svolgimento dei nostri negoziati ad Addis Abeba. Tuttavia da quanto avevo potuto rilevare dai nostri dispacci diplomatici e dalle notizie contenute in alcune corrispondenze apparse negli stessi giornali di Londra non mi pareva che vi fosse ragione di tanto pessimismo e di tante preoccupazioni. Il Governo italiano ha proposto la delimitazione di una zona di rispetto al di fuori di quello che era stato l'Accordo di Ginevra, perché, dopo tale Accordo, gli Etiopi avevano continuato a molestare i nostri posti e a provocare nuovi incidenti, il che, evidentemente impediva un pacifico e tranquillo scambio di idee fra i due Governi. Nelle nostre intenzioni, lo stabilimento di una zona di rispetto avrebbe reso più facili i negoziati e certamente evitato contatti fra le nostre truppe coloniali e le truppe etiopiche, contatti che, durante le discussioni ginevrine, erano state da lui stesso, Vansittart, indicate a me come estre

mamente pericolosi, tanto che egli stesso mi aveva pregato di richiamare l'attenzione del Governo di Roma sull'opportunità di evitarli. Quanto all'idea che la nostra politica abissina ha subito in questi ultimi giorni dei cambiamenti, ciò non è esatto.

Fin dal primo momento noi abbiamo messo bene in chiaro al Governo Britannico l'importanza che davamo a una favorevole soluzione dell'incidente di Ual-Ual. Dal primo momento noi abbiamo anche messo in chiaro che non consideravamo l'incidente di Ual-Ual come un episodio isolato di carattere locale e di limitata importanza, ma che esso era per noi il sintomo di una situazione generale che ormai non era più possibile di ignorare. Non vedevo alcuna sproporzione tra i nostri preparativi militari e lo stato delle cose in Abissinia. Sono ormai due mesi che gli abissini conducono sulla nostra frontiera somala una vera guerriglia irritante e provocante per i nostri posti militari. Ad Addis Abeba il Governo etiopico non fa che tergiversare e cercare di guadagnare tempo per mobilitare ed ammassare sempre nuovi armati, tattica la quale non manca di preoccupare la nostre autorità militari. L'Abissinia non è un paese disarmato: l'Impero etiopico ha un esercito il quale può costituire una vera minaccia per i possedimenti europei, e non solo per i possedimenti italiani. No non possiamo negoziare coll'Abissinia sotto questa minaccia; ed è anzi solo riducendo la pressione abissina, e mettendo gli abissini di fronte a uno spiegamento di forze militari che si può giungere alla conclusione che tutti desideriamo. Mi pareva che questa situazione fosse stata così bene spiegata che non vi poteva essere ragione di alcuna sorpresa per il Governo Britannico. È perfettamente vero che di giorno in giorno aumenta in Gran Bretagna la preoccupazione per la controversia itala-abissina. Non è difficile rendersi conto di ciò. Che l'opinione pubblica inglese possa, per una errata e sproporzionata valutazione dei fatti, essere portata domani a non giudicare favorevolmente lo svolgimento di tale controversia, ciò è certo doloroso per l'Italia, ma il Governo britannico deve rendersi ben conto che ciò non potrebbe trattenere l'Italia da quello che essa ritiene sia la più elementare protezione dei suoi vitali interessi. Circa la questione dell'appartenenza dell'Abissinia alla S.d.N. tutti convengono che è stato un grosso errore l'avere ammesso l'Etiopia nella S.d.N. L'Abissinia doveva essere lasciata alla politica delle Tre Potenze nel sistema dell'Accordo Tripartito; averla nella

S.d.N. è stato un danno per tutte e tre queste Potenze, Inghilterra, Francia e Italia, un danno non solo perché la partecipazione abissina alla S.d.N. ha portato a una complicazione nel problema abissino già di per se stesso così difficile, ma perché l'Abissinia ha trovato a Ginevra la maniera d.i resistere alle Tre Potenze e di frustare i fini dell'Accordo Tripartito. È nell'interesse di queste Tre Potenze di mettere ormai le cose a posto, e correggere una situazione che si è venuta a creare aì loro danni. Bisogna che l'Abissinia venga ricondotta a quello stato di cose nel quale essa si trovava fino ad alcuni anni or sono. In occasione dell'in

cidente di Ual-Ual noi abbiamo fatto chiaramente intendere a Ginevra che non intendevamo entrare in una discussione coll'Abissinia, la quale deve essere considerata un oggetto della politica coloniale delle Tre Potenze e non un soggetto della politica internazionale. Questa situazione era stata bene ristabilita nei rapporti fra l'Italia e la Francia, e l'Italia subito dopo gli Accordi di

Roma, aveva fatto presente al Governo britannico il desiderio di iniziare una conversazione per venire ad una precisazione coll'Inghilterra dei diritti inglesi in base all'Accordo Tripartito. Noi riteniamo che ciò risponda, oltre che agli interessi della politica italiana, anche agli interessi della politica britannica. Il Duce non ha assolutamente in mente di attentare all'integrità dell'Etiopia e tanto meno di fare la guerra coll'Abissinia. Porre il problema in tal modo significa porlo contro la realtà. Un conflitto coll'Abissinia diventerebbe forse inevitabile se gli abissini ci provocassero, ma non saranno mai le truppe Italiane a farlo. Messi davanti ad una situazione pericolosa per la sicurezza delle nostre Colonie, non possiamo fermarci solo perché l'Abissinia è uno Stato membro della

S.d.N. La Gran Bretagna in analoghe condizioni non si regolerebbe altrimenti. L'importante è che l'Abissinia non ci obblighi ad agire. Se essa ci obbligherà a farlo non vedo come noi potremmo arretrare da quelle che potrebbero essere le conseguenze provvisorie di una reazione dell'opinione pubblica britannica. Se il Governo britannico è interessato ad evitare un conflitto con l'Abissinia non ha che da far sentire ad Addis Abeba i pericoli ai quali l'Abissinia si sta esponendo, e contro i quali è bene non dare all'Abissinia la sensazione che essa troverebbe garanzia e difesa in seno alla S.d.N., dove l'Italia non ha la minima intenzione di essere portata a discutere gli affari abissini.

All'argomentazione di Vansittart, essere quanto mai deprecabile in questo momento un indebolimento della S.d.N. attraverso la controversia itala-abissina, ho risposto che condividevo interamente con lui questo sentimento; non bisogna che la controversia itala-abissina minacci di indebolire la S.d.N. e per questo non vi è che un modo: lasciare la questione fuori dell'ambito della Lega, e cioè soltanto all'esame delle Tre Potenze firmatarie dell'Accordo Tripartito. Questo sopratutto deve essere spiegato e fatto sentire ai fautori britannici della pace europea attraverso la S.d.N. Non bisogna ingrandire le proporzioni di quello che non deve essere considerato se non un episodio di politica coloniale da parte di una delle Tre Potenze firmatarie dell'Accordo Tripartito. Per rinforzare l'autorità della S.d.N. bisogna impedire che piccole Potenze non civilizzate possano turbare un sistema di collaborazione fra le Grandi Potenze. Su di queste soltanto è fondata la pace. La Società delle Nazioni, per essere tale, occorre sia Società delle Grandi Nazioni civili, e non farsi direttamente o indirettamente garante e protettrice di popoli tuttora in istato di barbarie.

Ho così riassunto a V. E., schematicamente, le due posizioni, di Vansittart e mia, nella nostra conversazione di oggi. Vansittart ha evitato, come V. E. ha visto, di raccogliere l'accenno da me fatto al suggerimento italiano del 30 gennaio u.s. (mio telegramma n. 47) (l) per conversazioni dirette italabritanniche in base all'Accordo Tripartito. Né io ho creduto opportuno, per il momento, di insistere su questo punto, e sia per non dare al Governo britannico la sensazione che l'Italia considera queste conversazioni come una necessità preliminare ad una sua eventuale azione nell'Africa Orientale, sia per non mostrare troppo, in questo momento di attesa, quelli che l'Inghilterra crede ormai che siano i fini ultimi della politica italiana in Africa.

(l) T. 945/115 R., pari data, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 510.

671

L'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELLE COLONIE, MUSSOLINI

T.s. 1124/1993. Asmara, 28 febbraio 1935, ore 12.

Mi riferisco al telegramma di Vinci 311 del 23 corrente diretto esteri (l). Azione britannica ai nostri danni mi è segnalata da più parti ed io ho sempre informato E. V. Di fronte loro possibili interessi, gli inglesi non badano al colore della faccia. Quanto a consentimento della zona franca a Berbera se non esiste in linea diplomatica esiste nel fatto, come risulta dal passaggio per quella rada dei numerosi materiali da guerra diretti in Etiopia. Noi abbiamo bisogno sentirei più sicuri da questo lato. Contrabbando di guerra è continuo e quando me lo comunicano io mi devo limitare ad esclamare transit me calix iste perché assolutamente nulla mi è dato di fare né per impedirlo né per !imitarlo.

672

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 973/119 R. Londra, 28 febbraio 1935, ore 20,48 (per. ore 1,30 del to marzo).

Vansittart mi ha informato stamane che il viaggio di Simon a Berlino avverrà probabilmente verso la metà di marzo Nulla tuttavia è ancora deciso, si stanno ora fissando tra Londra e Berlino le modalità della visita.

Il consiglio dei ministri di oggi deciderà circa viaggio a Mosca e Varsavia ed esaminerà se convenga che Simon, dopo il suo viaggio a Berlino, torni prima a Londra e poi riparta per Mosca, se egli proseguirà da Berlino direttamente per Varsavia e Mosca.

È ancora incerto se Eden accompagnerà Simon, e se Eden andrà a Mosca, in un primo tempo, solo.

Ho fatto presente a Vansittart, sulla scorta del telegramma di V. E. n. 45 (2). i rischi che presenta l'incontro anglo-tedesco qualora non sia data ai tedeschi e alla opinione europea la netta sensazione che tale affare rientra negli accordi di Roma e di Londra.

Vansittart non è molto ottimista sui risultati di tale affare.

Tanto Parigi che Roma, ha risposto Vansittart, possono stare tranquille su questo punto perché è ormai più che chiaro che l'incontro anglo-tedesco non avrà altro che un compito esplorativo.

Nessuna decisione sarà presa ed i risultati del viaggio di Berlino saranno immediatamente [riferiti] dal Governo di Londra a v. E. ed al Governo fran

rese per concertare insieme sull'azione comune da svolgere in armonia cogli accordi di Roma e di Londra.

Vansittart ha tenuto ancora una volta a spiegarmi come nell'attuale situazione di politica interna era difficile per il Gabinetto rispondere invito tedesco con un «fin de non recevoir ....

Egli ha concluso dicendo che se il viaggio di Simon porterà qualche frutto apprezzabile tanto meglio per tutti.

In caso contrario esso avrà dato dimostrazione evidente che una sola politica è possibile ormai di fronte alla Germania e cioè ìl blocco italo-francobri tannico.

(l) -Cfr. n. 644. (2) -Cfr. n. 635.
673

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

'I'.R. 348/129 R. Roma, 28 febbraio 1935, ore 21,30.

Suoi telegrammi 291, 302 (l) e 310 (2).

V. S. potrà rispondere alla tredicesima nota etiopica secondo le direttive seguenti, salvo sue osservazioni:

l) La nota del R. incaricato d'affari in data 11 dicembre scioglieva la riserva contenuta nella precedente nota dello stesso incaricato d'affari in data 8 dicembre, precisando le scuse e riparazioni dovute all'Italia per l'aggressione subita il 5 dicembre dal Presidio italiano di Ual-Ual ad opera di armati etiopici. Detta nota dell'l! dicembre non costituiva quindi la risposta alla nota del Governo etiopico in data 9 dicembre.

2) Consiglio della S.d.N. avendo nella seduta privata del 19 gennaio preso atto delle lettere delle delegazioni italiana ed etiopica della stessa data,

R. Governo, conformemente agli impegni assunti, si è adoperato:

a) a ricercare un mezzo pratico per evitare nuovi incidenti. Donde la proposta italiana della costituzione della zona neutra che non ha ancora potuto avere attuazione prima per il ritardo nell'accettazione da parte del Governo etiopico e poi per talune pretese avanzate in proposito da codesto Governo. In ogni modo la quistione è in discussione;

b) a riprendere la trattazione dell'incidente di Ual-Ual. Codesta R. legazione ha infatti invliato al Governo etiopico la nota in data 18 febbraio: il Governo etiopico ha replicato con la nota n. 14 (suo telegramma 307) (3). Con altro telegramma le saranno impartite istruzioni per la nostra risposta;

50 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

c) a ricercare -subordinatamente alla costituzione della zona neutra e nel quadro dello scambio di note di cui al punto b) -un possibile componimento dell'incidente di Ual-Ual. V. E. ha già infatti presentato, pel momento a titolo personale, proposte di soluzione che riprendono in parte i noti suggerimenti britannici, e che dimostrano la volontà di conciliazione da cui è animato R. Governo. A tali proposte il Blatingheta, pure a titolo personale, ha dato finora una risposta che, a parte il fatto che è inaccettabile, non è né completa né definitiva (telegram~ di V. S. n. 310).

Il Governo italiano continua cosi a ricercare la soluzione dell'incidente per le normali vie diplomatiche conformemente al disposto dell'articolo 5 del trattato del 1928, che contiene il riferimento alla procedura di conciliazione e di arbitrato per le questioni che appunto coi normali mezzi diplomatici non avessero potuto trovare la loro soluzione.

Nella fase attuale dei negoziati il R. Governo non può quindi che richiamarsi alle intese di Ginevra, sulle cui linee esso agisce allo scopo di giungere ad una soluzione dell'incidente conformemente al diritto dE>lle genti ed alla equità (1).

(l) -T. 831/291 R. e t. 837/302 R. del 21 febbraio, non pubblicati, relativi alla trediceslma nota etiopica edita in Il conflitto itala-etiopico, p. 160. (2) -Cfr. n. 643. (3) -Cfr. 643, nota 2.
674

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 349/130 R. Roma, 28 febbraio 1935, ore 22,30.

Suoi telegrammi 313 e 322 (2).

V. S. ha opportunamente replicato subito alla nota etiopica n. 15 sulla base del telegramma ministeriale n. 96 (3), secondo il quale zona neutra deve separare posto italiano (dice italiano) di Afdub da posto etiopico di Gherlogubi e procedere verso nord-est fino a separare presidio italiano Ual-Ual da posto etio·pico di Ado.

Si tratta di ristabilire situazione esistente al 29 gennaio come è anche detto al punto 3 della nota etiopica n. 15. In detto giorno si verificò aggressione etiopica davanti Afdub aggressione da noi respinta. Afdub fu poi da noi evacuata il 2 febbraio in seguito alla pressione etiopica.

Afdub non deve quindi rimanere nella zona neutra, ma essere nuovamente compresa nelle nostre linee.

R. Governo è in attesa che Governo etiopico dichiari il suo accordo su quanto precede, onde si possa senza ulteriori ritardi far iniziare colloqui fra i comandanti locali.

(l) La nota fu presentata da Vinci il 6 marzo. Cfr. Il conflitto itala-etiopico, pp. 161-162.

(2) -Cfr. nn. 653 e 654. (3) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 619.
675

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T.R. 975/70 R. Washington, 28 febbraio 1935, ore 23,20 (per. ore 8,30 del 1° m arzo). Telegramma di V. E. n. 61

Ho avuto stamane al Dipartimento di Stato lunga discussione su tutte le questioni sollevate dal memorandum rimessomi 20 corrente.

Premetto che nelle mie precedenti conversazioni io avevo già svolto in sostanza medesimi argomenti contenuti nel telegramma sopra citato pure avendo naturalmente prospettato soltanto come mio punto di vista personale.

Valendomi oggi della maggiore autorità che a essi derivava dalla comunicazione di V. E. ho ripetuto e sviluppato tali argomenti intesi a dimostrare che nostri rappresentanti consolari non erano mai venuti meno né alle regole di correttezza, né a tradizione di cordiale amicizia fra i due paesi.

Ho osservato che se anche, in massima, imprudenza od intemperanza potevano essere rimproverate a qualche agente subalterno ciò non giustificava il sospetto di una intenzionale propaganda di carattere politico in contrasto con gli interessi od i sentimenti americani.

Ho approfittato dell'occasione per ricordare nuovamente la propaganda ostile al fascismo che stanno liberamente svolgendo in questo paese uomini come Modigliani e Salvemini e ,che costituisce una vera e propria provocazione.

Ho pure rilevato che campagna contro vice console in Detroit è stata fomentata da elementi antifascisti, fra cui persone di dubbia moralità.

Ho concluso dicendo che, mentre R. Governo è sempre pronto ad intervenire in casi specifici in cui gli vengono segnalati inconvenienti provocati da errori di comprensione o di esecuzione da parte dei propri agenti, esso non potrebbe impegnarsi a rinunziare a certe attività che ritiene lecite e normali.

Esaminando in modo particolare caso dei maestri ho insistito sul carattere esclusivamente didattico che il R. Governo ha sempre inteso attribuire a loro compito presso i consolati ed ho espresso fiducia che, riconsiderando questione, Dipartimento di Stato avrebbe riconosciuto legittimità delle loro funzioni.

Quanto alla distribuzione dei libri di testo ho fatto presente che l'iniziativa era stata provocata da numerose pressanti richieste da parte di scuole non in grado di procurarsi in questo paese materiale necessario per l'insegnamento della lingua italiana.

Ho messo mio interlocutore al corrente delle misure già in corso per rendere libri adatti all'esigenza americana ed ho ancora una volta illustrato tesi

d.a me sempre sostenuta anche pubblicamente e, cioè, che conoscenza della lingua e della tradizione paese d'or,igine serve non solo a mantenere e sviluppare legami culturali e sentimentali fra i due paesi ma anche a rafforzare sentimenti di dignità e fierezza dei figli degLi italiani che potranno cosi dare contributo sempre più alto alla vita americana.

Il} Cfr. n. 659.

Avendo ascoltato mia esposizione con molta attenzione signor Moffat tenne anzitutto a spiegarmi che intervento Dipartimento di Stato era stato determinato dal desiderio di segnalare tempestivamente al Governo italiano pericolo di una situazione di fatto che minacciava di creare nell'opinione pubblica amer,icana correnti sfavorevoli all'Italia.

Egli mi citò esempio Germania cui posizione morale aveva gravemente sofferto in questo paese appunto perché essa erasi a lungo ostinata in una azione di propaganda che sotto forme svariate aveva pur sempre carattere politico.

Dipartimento di Stato non aveva mancato di far presente fin dall'inizio all'ambasciata di Germania pericolo di tale azione contro la quale Congresso aveva finito per reagire vigorosamente creando apposita commissione d'inchiesta.

Intervento commissione aveva avuto effetto di arrestare propaganda na2lista ma ciò quando si erano acuiti nel pubblico americano sentimenti diffidenza e di ostilità contro nazismo.

Appunto perché attribuiva particolare importanza ai buoni rapporti italaamericani, Dipartimento di Stato aveva creduto utile e doveroso mettere R. Governo in guardia contro risultati analoghi.

Signor Moffat ha preso atto con soddisfazione della [decisione] già presa da R. Ministero nei confronti vice console Detroit.

Quanto alla questione maestri e dei libri di testo eg1i si rende conto delle finalità che avevano ispirato iniziative prese ma non si sentiva in grado pronunciarsi subito sulla accettabilità o meno dei criteri da me esposti.

Egli continuava a ritenere per lo meno dubbio che attività, anche soltanto culturali, del genere di quelle esplicate attraverso maestri e distribuzione libri di testo rientrassero normal·i funzioni di consoli esteri.

Comunque egli desiderava consultarsi col Segretario di Stato prima di intrattenermi ancora sull'argomento. Mi riservo riferire ulteriormente.

(1).
676

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI (l)

T. RR. 351/14 bis R. Roma, 28 febbraio 1935, ore 23,30.

Telegramma di V. E. n. 19 (2).

Prendo atto di quanto V. E. ha riferito circa scarso interesse Giappone in questioni politiche europee e in particolare per quel che concerne Abissinia. Ciò è stato confermato anche da dichiarazione Sugimura alla Reuter.

Per quanto riguarda rapporti itala-giapponesi informo V. E. che di recente questo ambasciatore giapponese ha fatto proposte intese intensificare rap

porti culturali ed economici itala-giapponesi le quali attualmente formano oggetto attento esame da parte nostra. Ho impressione che iniziativa Sugimura miri anche preparare terreno per migliori rapporti politici.

Ne deduco che politica estremo-orientale italiana mentre ha stretto nostri legami con la Cina, dove abbiamo continuato affermarci in modo concreto in campi importanti, ha risposto allo scopo che il R. Governo si proponeva valorizzare Italia in Estremo Oriente e non ha sostanzialmente pregiudicato eventuale migliore svolgimento futuro relazioni itala-giapponesi.

Nel suo rapporto n. 292 del 6 giugno u.s. (l) V. E. ha esaminato questione relazioni itala-giapponesi specialmente in funzione situazione europea accennando vantaggi che da ulteriore accrescimento potenza Giappone potrebbero derivare all'Italia in Europa e nelle colonie Stati Europei. Poiché peraltro considero anche di grande importanza per l'avvenire mantenimento e sviluppo nostre posizioni in Cina, pregola illustrare ulteriormente situazione da questo punto di vista chiarendo se, come lascia supporre accenno a pagina 10 del suo rapporto n. 447 del 18 agosto 1933 (2), ella ha tenuto presente quanto precede nella conclusione del suo telegramma n. 19 là dove è detto che noi potremmo senza nostro danno non osteggiare Giappone in quelli che considera suoi supremi interessi.

Tale esame sembra tanto più necessario in quanto al punto quarto del suo telegramma n. 30 (3), V. E. riferisce che informazioni da Mosca comunicate con telegramma di questo ministero n. 12 (4) corrisponderebbero politica che Giappone intende svolgere in Cina.

Nel suo telegramma n. 19 V. E. riferisce che all'azione italiana in Cina si attribuisce costà spiccato carattere anti-nipponico. Ora non è nelle intenzioni del R. Governo dare sua azione tale carattere. R. Governo mira soltanto continuare opera iniziata partecipazdone ricostruzione Cina collaborando con essa. Del resto Cina persegue essa stessa fini difensivi e pacifici come è dimostrato da recenti colloqui tra uomini politici responsabili cinesi e giapponesi ed azione italiana si inquadra in questo ambito di pace e di lavoro. È in questo ordine di idee che R. Governo ha assunto atteggiamento favorevole Olimpiadi Tokio 1940 ciò che ha avuto costà larga simpatica eco.

(l) -Trasmesso tramite l'ambasciata in Cina. (2) -Cfr. n. 599.
677

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1935.

Sir Eric Drummond mi consegna, con preghiera di farla avere al Capo del Governo, l'unita nota sull'Abissinia.

(-4) Cfr. n. 601.

Mi parla poi delle questioni relative ai recenti divieti. Egli prega vivamente di fargli avere una risposta alle ultime domande perché Bimon deve rispondere a interrogazioni su questo oggetto alla Camera del Comuni.

Lo assicuro che solleciterò ancora i Ministeri competenti per avere gli elementi per la risposta.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTER!

PROMEMORIA 159/224/35. Roma, 28 febbraio 1935.

His Majesty's Government feel convinced, as a most sincere friend of Italy and collaborator with her in matters of the highest import, that the Italian Government will not take it amiss if His Majesty's Government set out in the most friendly manner certain preoccupations which the present situation between Italy and Abyssinia causes them. The Italian Govemment will realise that His Majesty's Government, as a permanent member of the Council, have a very direct responsability to do their utmost to secure that the terms of any resolution taken by the Council are duly executed: and the Italian Government are aware of the high importance which His Majesty's Government and public opinion in the United Kingdom attach to the malntenance of the authority of the League.

By the terms of the Council resolution adopted with the consent of both parties, the Italian .and Ethiopian Governments bound themselves to pursue the methods laid down in article 5 of the Italo-Ethiopian treaty of 1928. The letter of ,the Italian Government to the Council referred to direct negotiations and being in conformity with the spirit of the Covenant and with the traditions of the League of Nations. The understanding of the Council was this clearly that there would be resort to a.rms, but that metods of conciliation by direct negotiation would be adopted by both sides in the first ìnstance. It was this understanding that, in the CounciJ's eyes, justified them in postponing discussion of the Abyssinian request.

His Majesty's Govemment understand that the direct negotiations specified in the letter of the Italian Government already referred to, although begun, have not shown any substantive results. On the other hand, military measures the importance of which has been much emphasized in the press have recently been taken by Italy. No doubt such measures are of a precautionary nature, but His Majesty's Government cannot but feel a growing anxiety !est those measures, coupled with the slow progress of the negotiations, may lead to a further tintensification of the tension .unhappily existing between Italy and Abyssinia, and the risk of a situation arising which His Majesty's Government could not but view with most serious concern.

His Majesty's Government consider that, for the reasons stated, it is of the highest importance that the negociations provided for by the Council resolution should progress more rapidly. They would be pleased, if the Italian govemment so desire, to instruct His Mayesty's Minister contdnue to lend his good offices at Addis Abeba to prompt the success of such negotiations and would be glad to Iearn if the Italian Government have any suggestions to make on this point.

His Majesty's Government piace these considerations before the Italian Govern

ment in the confident assurance that their friendly character will not be misunderstood.

They feel it of the highest importance that no cloud should arise upon Anglo-Italian

relations. The continuance of intimate collaboration between Italy and the United

Kingdom in unclouded efficiency is more than ever desirable at the present juncture

when energies of Italy France and the United Kingdom should be concentrated on the

European situation.

(l) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 361. (2) -Non pubblicato nel vol. XIV, serie VII. (3) -Non pubblicato.
678

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRVMMOND (l)

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1935.

Il Capo del Governo prende conoscenza della nota presentata dall'Ambasciatore sulle trattative in Abissinia (2).

Per quanto riguarda il desiderio espresso che si accelerino le trattative, il Capo del Governo informa che stiamo trattando attivamente. Siamo già alla sedicesima nota abissina alle quali tutte regolarmente rispondiamo.

Stiamo trattando sulla zona neutra, richiesta da noi e, risolta tale questione, si riprenderanno le trattative per l'incidente di Ual-Ual e per la delimitazione della frontiera.

L'Ambasciatore Drummond ringrazia per queste ,informazioni. Tuttavia il fatto che mentre le trattative si prolungano, l'Italia continua ad inviare truppe e materiale, lascia un po' perplesso il suo paese sopratutto con riguardo a quello che potrà essere l'atteggiamento della S.d.N. Egli ha l'impressione che i giornali italiani non riferiscano esattamente quello che è lo stato d'animo inglese.

Il Capo del Gov.erno ammette che i giornali italiani riferiscano sopratutto quello che è a nostro favore, ma egli conosce perfettamente anche le opinioni meno favorevoli.

L'Ambasciatore riprende dicendo che l'Inghilterra vorrebbe a qualunque costo evitare che si portasse un altro colpo alla S.d.N. nel momento in cui si cerca di valorizzarla per far rientrare la Germania.

Il Capo del Governo osserva che quando la Germania sarà alla S.d.N., essa ci darà tali fastidi che desidereremmo piuttosto di averla fuori. Ad ogni modo egli ha capito il punto di vista inglese: la Gran Bretagna s'i interessa fino a un certo punto dell'Abissinia, ma s'interessa moltissimo alla S.d.N. Egli deve però esporre nettamente la propria linea: noi in Africa siamo minacciati; le nostre due colonie hanno tanto l'una che l'altra una situazione strategica impossibile. D'altra parte gli abissini si armano potentemente e non fanno mistero che la loro preparazione è diretta contro di noi. Abbiamo informazioni sicure da cui risulta che gli abissini, appena fossero in grado di farlo, ci attaccherebbero. In queste condizioni egli deve provvedere alla sicurezza delle colonie. Si tratta di un terreno di operazioni distante dalla Madre Patria intorno ai 4.000 chilometri. Non può lasciarsi prendere alla sprovvista; ha inviato due divisioni; continuerà ad inviare tutte le truppe che fossero necessarie, dovessero anche essere richiesti 500.0000 uomini.

L'Ambasciatore spera che non ci sarà bisogno di ricorrere a queste misure. Egli tiene a notare che la nota presentata è fatta nello spirito più ami

chevole e che anche in tale spirito deve essere interpretata l'offerta di collaborazione da parte del Governo inglese.

Il Capo del Governo apprezza le buone intenzioni dell'Inghilterra, ma osserva che se ci fosse un intervento in forma di mediazione da parte dell'Inghilterra, gli abissini affermerebbero che l'Italia ha dovuto cedere alle pressioni inglesi ed egli vuole assolutamente evitare una cosa del genere.

L'Ambasciatore r.ingrazia per le comunicazioni che riferirà al proprio Governo (1).

(l) -Al colloquio era presente Suvich che redasse ·l'appunto. (2) -Cfr. n. 677, allegato.
679

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1935.

Il Signor Wysocki viene a chiederm.i informazioni sulla situazione generale. Nel suo paese c'è stato un certo malumore per i recenti decreti, e ciò tanto più in quanto gli scambi con la Polonia sono quasi bilanciati. Egli è riuscito tuttavia a calmare gli animi, affermando che ci sarebbero state delle trattative economiche e che egli avrebbe dato quanto prima delle informazioni. Prega quindi di fargli pervenire con tutta sollecitudine queste informazioni.

A proposito dell'Abissinia egli mi dice che nel suo paese si è preoccupati perché si teme che l'Italia voglia fare la guerra.

Rispondo che queste preoccupazioni sono Infondate e gli spiego la situazione di necessità nella quale ci troviamo, per cui dobbiamo pensare seriamente alla sicurezza delle nostre colonie.

680

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1935 (2).

Il signor Stein mi riparla ancora (3) della questione delle trattative commerciali. Il suo Governo è veramente molto stupito pel modo come tali trattative vengono condotte. Passano le settimane; si promettono delle risposte che non arrivano mai.

L'Ambasciatore poi si lagna per il fatto che le nostre .importazioni russe sono ferme. Si era detto e pubblicato che le spedizioni partite fino al 19 sarebbero entrate in Italia senza difficoltà. Ciò è stato adottato :oer altri Paesi ma non per la Russia. Egli mi prega anche in tale riguardo di volere inter-... sare i Ministeri competenti perché non si facciano delle difficoltà.

R. -del l o marzo.

no

Per quanto poi riguarda il regime avvenire, il suo Governo interoret.a 1n. cosa nel senso che fino alla scadenza dell'attuale Trattato le disposizioni dello stesso rimangono in vigore: quindi fino al 31 marzo si dovrebbero importare merci per un valore corrispondente all'esportazione italiana più 25 milioni che corrisponde al margine per un trimestre.

L'Ambasciatore mi aggiunge che le valute corrispondenti all'importazione in Russia non vengono trasferite neanche in parte perché sono tutte necessarie in Italia per gli acquisti della Russia.

Mi riservo di chiarire i punti sui quali m'ha intrattenuto l'Ambasciatore. Il Signor Stein mi chiede poi notizie sulle negoziazioni in corso tra le Potenze occidentali.

A proposito della Polonia egli mi dice che la stessa è legata a dopplo filo alla Germania, e che entrambe non possono accedere al Patto di mutua assistenza perché contrario ai loro piani di espansione.

Gli domando se egli effettivamente crede all'esistenza di un Patto fra Germania e Polonia (magari con l'accessione del Giappone) ai danni della Russia.

L'Ambasciatore elude la domanda dicendomi che egli non crede che Goering sia andato a Varsavia a parlare solo di caccia. Mi aggiunge ancora che a Ginevra si crede a questo accordo.

A proposito dell'Abissinia attiro la sua attenzione sull'interesse che può avere la Russia a favorire in quel paese una nostra espansione, contrastandovi l'influenza giapponese. Il Giappone ootrebbe fare in Abissinia una politica di penetrazione anche demografica e quindi costituirsi una solida base in un punto particolarmente delicato che rappresenta una tappa verso il Mediterraneo.

L'Ambasciatore trova esatte queste osservazioni: egli ha però l'impressione che da parte russa non ci sia stata nessuna ostilità contro l'atteggiamento italiano in Etiopia. È una questione che riguarda. l'Italia, in cui il suo Governo non vuole ingerirsi.

(l) -DI questo colloquio e del promemoria inglese venne data notizia a Grandi con t. 358/56 (2) -Annotazione a margine: «Dettato !l 1° marzo. (3) -Cfr. n. 550.
681

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 28 febbraio 1935.

Il giorno 20 corrente il Governo etiopico ha inviato alla R. Legazione in Addis Abeba una nota (l) con la quale tende a dichiarare praticamente chiusa la prima fase prevista dall'art. 5 del Trattato del 1928 relativa ai negoziati per le normali vie diplomatiche.

Col telegramma allegato (2) sono date istruzioni al R. Ministro ad Addis Abeba di rispondere per modo da far apparire che i negoziati sono invece

in pieno sviluppo, e che pertanto non è affatto il caso di parlare di chiusura della prima fase prevista dall'art. 5.

Il fine che ci proponiamo è quello di guadagnar tempo. A tale scopo si potranno opportunamente sfruttare gli inevitabili intralci che sorgeranno per la costituzione della zona neutra e per il passaggio delle tribù attraverso detta zona. Sempre a questo scopo si potrebbe inoltre suggerire al Governo etiopico che essendo il fondo della vertenza costituito dalla diversa versione sull'origine dell'incidente di Ual-Ual, fra il R. Ministro ed il Blatingheta si proceda, in via non ufficiale ma amichevole, ad un dettagliato esame e confronto dei documenti e delle prove che da una parte e dall'altra fosse possibile produrre per dimostrare la fondatezza delle due tesi in contrasto. Si tratterebbe di fatto di un inizio della procedura di conciliazione, in forma per ora amichevole e non ufficiale, e quindi non in applicazione dell'art. 5 del Trattato del 1928, onde cercare di rinviare ancora l'inizio della seconda fase prevista dal detto articolo. Ove V. E. approvi, si potrebbero dare in tal senso istruzioni al R. Ministro in Addis Abeba.

In ogni caso sembra che da parte nostra si debba continuare a contrapporre nota a nota, lasciando eventualmente al Governo etiopico di dichiarare in modo più formale di quanto non lo abbia fatto con la nota del 20 corrente che esso considera esaurita la fase delle normali vie diplomatiche, e lasciando ad esso di chiedere in modo esplicito l'inizio della procedura di conciliazione prevista dall'art. 5.

Ove tale domanda esplicita ci sia rivolta, sembra che noi non dovremmo opporci alla costituzione della Commissione di conciliazione. È infatti evidente che anche in sede di commissione di conciliazione, come pù tardi ove la Commissione di conciliazione dovesse con l'aggiunta del 5° Membro trasformarsi eventualmente in Commissione di arbitrato, sarà a noi possibile tirare in lun,go la questione, che non è evidentemente nostro interesse di risolvere.

D'altra parte sarebbe più conveniente per noi adire una procedura di conciliazione, ed eventualmente d'arbitrato, italo-etiopica sulla base dell'art. 5 del Trattato del 1928, piuttosto che vederci fin d'ora imporre la procedura ginevrina. Ed a Ginevra sarà meno difficile ritardare e rinviare l'azione societaria e quindi l'intervento di terzi, finché agiremo secondo il disposto dell'art. 5 del Trattato del 1928.

Com'è noto a V. E., risulta da segnalazioni speciali che il Governo etiopico ha già autorizzato il suo rappresentante a Parigi a presentare al momento opportuno ricorso a Ginevra non più sulla base dell'art. 11, ma sulla base dell'art. 15 del Patto il quale stabilisce che «se sorge tra i membri della Società una divergenza suscettibile di condurre ad una rottura e se questa divergenza non è sottoposta alla procedura dell'arbitrato o ad un regolamento giudiziario, i membri della Società convengono di portarla davanti al Consiglio».

Ove tale ricorso fosse presentato a Ginevra, sembra che sarebbe possibile da parte nostra obiettare che la divergenza itala-etiopica trovasi ancora nella fase dei negoziati diretti previsti dall'art. 5 del Trattato del 1928, e che deve esaurirsi la procedura di conciliazione e di arbitrato prevista da detto articolo prima che il Consiglio si investa della questione.

Sembra quindi da ciò che sia confermata l'opportunità di continuare a tenersi sull'applicazione dell'art. 5 del Trattato del 1928 pur cercando di spaziare il più possibile le varie fasi che detto articolo prevede, onde ritardare l'ingerenza della Società delle Nazioni {1).

(l) Cfr. Il conflitto itala-etiopico, p. 160.

(2) Cfr. n. 673.

682

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO

T. 352/21 R. Roma, 1° marzo 1935, ore 15,30.

Prego V. E. di voler continuare a seguire dedicandovi attenzione speciale atteggiamento di codesti ambienti nei riguardi delle nostre divergenze con Etiopia e nostra azione in quel settore.

L'U.R.S.S. ha tutto interesse a non ostacolarla an• ha interesse a considerarla con simpatia ed a favorirne gli sviluppi.

L'aumento dell'influenza italiana nell'Africa Orientale contrasterebbe infatti efficacemente le tendenze giapponesi espansionistiche che finora manifestatesi in un interessamento generico a quella regione ed in qualche iniziativa economica, ove non incontrassero ostacoli, non tarderebbero, incoraggiate come sono dal Governo di Addis Abeba e sotto impulso ricerca ansiosa sbocchi demografici e commerciali, assumere minacciosi aspetti per civiltà europea affermando influenza giapponese in un punto molto delicato e importante, tappa verso Mare Mediterraneo.

V. E. potrà ispirarsi a queste considerazioni già svolte con questo ambasciatore Sovietico (2) dandovi sviluppo che le circostanze consigliassero, quando ritenesse opportuno di intervenire per rettificare errori di apprezzamento e per mantenere l'atteggiamento di codesto Governo nella linea determinata da valutazione serena interessi suoi e comuni.

683

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, E ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO

T. 359. R. Roma, 1° marzo 1935, ore 20,30.

Suoi telegrammi n. 331, 332 e 333 (3).

R. ministero colonie impartisce in data odierna istruzioni nel senso che, essendosi ora raggiunta intesa circa i principii secondo i quali dovrà essere

costituita zona neutra provvisoria nel settore di Ual-Ual, comandante italiano di Uarder può iniziare contatti col comandante etiopico di Gherlogubi per definire sul terreno zona neutra secondo le intese corse costì, e per prendere gli ulteriori accordi che sono stati domandati alle autorità militari locali.

Telegrafato per conoscenza Asmara (l).

(l) -Annotazione a margine di Mussolini: «Approvo». Cfr. infatti il n. 698. (2) -Cfr. n. 680. (3) -T. 965/331 R., t. 962/332 R. e t. 961/333 R. del 27 febbraio, non pubblicati, con cui Vinci trasmetteva la quindicesima nota etiopica ed. !n Il conflitto italo-etiopico, pp. 163-164 e osservava: «In sostanza però, per quanto si riferisce a zona neutra, Governo etiopico accetta tutti i nostri punti ».
684

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 1° marzo 1935 (2).

Il Signor Chambrun mi avverte che il Governo francese intende ritirare la domanda di rinvio a.,ludizio dei due detenuti di Torino.

L'Ambasciatore non ha ben compreso il motivo ma, a quanto ha potuto capire, il ritiro della richiesta francese sarebbe determinato dall'intenzione di giudicare i detenuti suddetti in Francia: pare infatti che il processo di Marsiglia non possa procedere perché ad ogni piè sospinto ci si trova davanti. a presunte responsabilità del Pavelich. A quanto pare la procedura potrebbe essere essere sollecitata se il Pavelich comparisse insieme agli altri come accusato.

Ho chiesto all'Ambasciatore di voler farmi una domanda formale.

Egli prima di far ciò si riserva di chiedere maggiori delucidazioni a Parigi.

685

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 1° marzo 1935.

Ti mando questo resoconto della mia conversazione con Vansittart (3). Vansittart ha cercato di farmi impressione; non gli è mancata neppure una certa nota melodrammatica. Gli ho risposto, come vedrai, molto calmamente non !asciandomi impressionare affatto. Una cosa è l'incidente di Ual-Ual, ed un'altra sono gli interessi della politica africana dell'Italia. Credo che bisogna dare netta agli Inglesi la sensazione che qualsiasi eventuale tentativo di intimidazione trova l'Italia calmissima ed è destinato a produrre risultati precisamente contrari a quelli che essi si ripromettono. Ieri sera un deputato inglese mi diceva:

«Ma vi rendete conto a cosa può portare tutto ciò?».

Ho risposto: «A qualche mese di cattive parole tra noi e voi. I vostri giornali stanno già, del resto, un po' cominciando. I nostri risponderanno. Non possiamo evidentemente sacrificare gli interessi vitali del nostro Paese, solo perché ciò disturba i calcoli elettorali del Governo conservatore... ».

«Ma poi?».

« Poi Sir John Simon verrà a farsi un viaggio a Roma, allo stesso modo con cui a conclusione di sei mesi di polemiche anglo-tedesche egli farà fra pochi giorni un viaggio a Berlino. Ecco tutto».

Che la stampa inglese si prepari ad uscire dalla neutralità, neutralità la quale del resto già da qualche giorno non è 'Più benevola nei nostri riguardi, è assai probabile. I segni sono ormai evidenti. Ciò non sarà piacevole, *ma non credo che noi fileremo meno dritti e decisi anche se ci mancheranno i battimani degli inglesi* (1}. Il che non vuol dire che non debba essere fatto tutto il possibile per ridurre al minimo questo margine di inconvenienti. Sabato scorso, infatti, sono riuscito a parare un cattivo articolo che doveva uscire sull'Observer. L'articolo è stato ritirato, almeno per una settimana, e sostituito con un altro, non sfavorevole che tu hai visto, per il quale io stesso ho dato il materiale all'autore che è figlio di Lord Astor. Martedì il mio amico Layton, direttore dell'Economist, mi ha fatto trovare l'intera redazione del News Chronicle che è poi una specie di concistoro melanconico dei vari gruppi liberali britannici (i più ostinati societari) al qual<e ho ammannito in un contraddittorio, durato due ore, una lezione, credo non proprio inefficace, di politica africana. Il Daily Telegraph invece ha avuto ieri un cattivo articolo di fondo, il primo effettivamente non amichevole, comparso sin'ora. Ho pregato ieri sera Gordon-Lennox che ne è l'autore, e che conosco bene, di venirmi a trovare. Gordon-Lennox mi ha detto, entrando all'Ambasciata: «Lo so che voi volete sgridarmi », e mi ha lasciato intendere anche troppo bene che egli l'aveva scritto su misura... come gli articoli di Gayda. Gli ho mostrato, esagerandone il carattere segreto, alcuni dati della mobilitazione abissina contro di noi, dati che l'hanno francamente impressionato. Anche il Times aveva avuto 1'« hint » di fare un articolo simile, e avant'ieri queste erano le intenzioni di Kennedy, il quale tutW.via mi ha promesso di pensarci ancora su qualche giorno dopo che io gli ho dimostrato come le informazioni assunte al Foreign Office non si potevano dire al 100/100 obiettive. Lord Beaverbrook, che non è d'ordinario un amico dell'Italia Fascista ha -fin d'ora -mantenuto la parola datami qualche settimana fa, e cioè che l'inviato speciale del Daily Express da Addis Abeba si sarebbe comportato da galantuomo. Il che ha fatto almeno nei suoi primi servizi speciali, che sono riprodotti con titoli su pagina intera... Assai bene si sono comportati sin'ora i corrispondenti dei grandi giornali inglesi da Roma.

Tutto quello che Tu potrai farmi avere raccolto dagli Esteri, dalle Colonie, dalla Guerra, di notizie interessanti la situazione interna dell'Abissinia, è per me materiale prezioso che riverso quotidianamente con opportuni dosaggi e debitamente trasformato ad uomini politici e alla stampa d'ogni colore. Stai certo che non perdo né tempo né occasioni.

(l) -Analoga comunicazione fu inviata a Londra e Parigi con t. 370 R. del 3 marzo. (2) -Annotazione a margine: «Dettato il 5 marzo 1935 -XIII». (3) -Cfr. n. 670.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini.

686

IL DIRETTORE DE “LA NUOVA ITALIA”, SULLIOTTI, AL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO (l)

APPUNTO. Parigi, 1° marzo 1935.

Mi perviene da Londra il primo numero del nuovo giornale quotidiano ebraico di lingua inglese The Jewish Post Limited.

Esso è accompagnato da una lettera del Direttore e Amministratore Delegato -che naturalmente si chiama Salomone -in cui mi si chiede di indirizzare al giornale «un article ou un message pour f.avoriser l'harmonie et la bonne volonté entre les races, entre les Juifs et les non Juifs ~.

L'unica parte interessante della lettera è quella in cui il giornale si offre a sua volta di riprodurre nelle sue colonne tutti gli articoli che noi credessimo interessanti per il pubblico inglese.

Avevo preparato uno schema di risposta che qui accludo (2). Ma ritengo doveroso sottometterla in precedenza alla visione dell'E. V. (3}.

687

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 363/15 R. Roma, 2 marzo 1935, ore 16.

Telegrammi di V. E. n. 25 e n. 28 (4}. Ad ogni utile fine informo che R. Governo Mogadiscio in data 25 febbraio

u.s. segnala essere già pronti in Etiopia alcuni aeroplani di fabbricazione giap

ponese. Converrà V. E. espleti ulteriori indagini al riguardo.

688

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1003/103 R. Parigi, 2 marzo 1935, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Foreign Office ha domandato al Quai d'Orsay di associarsi al passo che l'ambasciatore britannico a Roma ha ricevuto ordine di fare presso V. E. per esprimere il desiderio che siano al più presto intraprese le trattative dirette con Governo etiopico conformemente alle decisioni prese a Ginevra.

Codesto ambasciatore Francia ha ricevuto ieri sera ordine associarsi al passo del suo collega inglese dando al suo intervento la forma più amichevole.

Segretario generale del Quai d'Orsay nell'informarmi di quanto precede mi ha detto Governo inglese si preoccupa seriamente per il fatto che noi ci impegnamo sempre più in Etiopia mentre la situazione in Europa persiste delicata.

Léger ha soggiunto che tale preoccupazione è condivisa dal Governo francese.

Il mio interlocutore mi ha detto poi che da informazioni pervenute al Quai d'Orsay risulta che due paesi, cioè Germania e Turchia, non celano propria soddisfazione nel constatare che ci ingolfiamo sempre più nell'impresa abissina.

Per quanto riguarda la Turchia ho presente il telegramma di V. E. n. 242/R.C. del 17 febbraio scorso (1).

(l) -Da ACS, Ministero della Cultura Popolare. (2) -L'allegato non si pubblica. (3) -Annotazione a margine di Ciano: «No». (4) -Non pubblicati.
689

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1011/343 R. Addis Abeba, 2 marzo 1935, ore 20 (per. ore 16,30 del 3).

Mentre mi riservo telegrafare risultato controllo segnalazione di cui ai telegrammi di V. E. n. 107 e 122 (2), attiro speciale attenzione dell'E. V. sull'attività della legazione di Germania (che è stata sempre benevola verso l'Etiopia) e di agenti tedeschi, fra cui sopratutto maggiore Steffen di cui a mia precedente corrispondenza.

Costui, che in primo luogo si sarebbe dovuto occupare di fornitura di aeroplani, mentre insieme con noto Hall ed altro minore agente svolge con mezzi abbastanza larghi propaganda filo-tedesca e filo-abissina, starebbe trattando la fornitura al Governo etiopico di materiale di guerra compresi mezzi chimici più moderni per 5 milioni di talleri: consegna entro l'anno, pagamento dopo 10 anni, interessi 4 %.

A parte ciò, specie in questi ultimi tempi, si è affermata la convinzione degli etiopici che essi possono av,ere un valido appoggio nella Germania.

Il R. addetto militare al corrente di quanto precede non ha mancato di mettere confidenzialmente sull'avviso l'addetto militare francese facendogli osservare che dovrebbe trattarsi di materiale bellico tedesco depositato all'estero.

Colonnello Guillon sarebbe rimasto impressionato (anche per eventuale timore per Gibuti) ed ha detto che secondo lui la Francia non potrebbe permettere alla Germania di usare tali metodi e dovrebbe quindi fermare eventuale materiale in questione.

Comunicato Roma e Asmara (3).

(l) -Cfr. n. 600. (2) -T. 291/107 R. del 23 febbraio e t. 332/122 R. del 26 febbraio, non pubbllcatl. (3) -Annotazione a margine di Mussollni: «Segnalare a Drummond Chambrun ».
690

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. [2 marzo 1935]

Consegna del territorio della Sarre alla Germania.

Secondo il programma approvato da V. E. la sera del 28 febbraio arrivavo a Saarbrticken e ricevevo immediatamente la consegna del territorio da parte del Presidente della Commissione di Governo, l'inglese Knox. Compiuto l'atto di consegna, Knox è partito precipitosamente senza nemmeno salutare i suoi collaboratori tedeschi della Commissione di Governo. Con tutta evidenza, la sua posizione e quella del rappresentante francese Maurice, suo consigliere e ispiratore, era divenuta insostenibile.

Nella mattinata del 1° marzo, con so1ennità, nella sede del palazzo del Governo, ho proceduto alla consegna del territorio al Ministro dell'Interno Frick, quale rappresentante del Reich. All'atto della consegna ho pronunziato il testo del discorso trasmessomi da V. E., che il Ministro Frick ha parafrasato quasi integralmente nella sua risposta.

Nelle prime ore del pomeriggio è giunto il Ftihrer.

Come avevo riferito in un appunto a V. E., pochi giorni prima l'ambasciatore von Hassell mi aveva comunicato il desiderio di Hitler di ricevere il Comitato dei Tre a Berlino. Al mio arrivo a Saarbrticken mi si era comunicato che invece l'incontro sarebbe avvenuto in una città vicina, facendomi comprendere che si era dovuto tener conto di malumori espressi contro la scelta di Berlino. La mattina del 1° mi è stato comunicato un nuovo mutamento: l'incontro sarebbe avvenuto nel pomeriggio a Saarbrticken.

Il Fiihrer ci ha ricevuto nella sede del Palazzo del Governo, presenti Frick, Goebbels, Hess, von Papen e vari altri Unterftihrer.

Due punti egli ha tenuto a marcare: l'intenzione di evitare qualsiasi accenno politico e quello di concedere a me una spiccata preferenza di fronte ai miei due colleghi, dando chiaramente a vedere di voler dare nella cerimonia una posizione preminente al Rappresentante di V. E. assai più che al Presidente del Comitato dei Tre.

Alla fine di brevi colloqui particolari, ad alta voce mi ha incaricato di trasmettere a V. E. i ringraziamenti suoi personali e quelli del popolo tedesco per l'opera spiegata dal Governo di V. E. nella soluzione della questione della Sarre.

Dopo di che mi ha invitato a uscire con lui sul balcone, quasi a prendere atto della grandiosità del concentramento e dell'entusiasmo del popolo.

La sera, al Castello di Halberg, dove ero ospite del Governo del Reich, il Ministro Frick ha offerto un pranzo in onore del Comitato, con intervento di varie personalità politiche.

Due giorni non possono dare che rapide impressioni, ma la circostanza eccezionale della grande solennità e del grandioso concentramento delle forze del partito hanno permesso uno speciale rilievo a quanto veniva fatto di osservare. Di più, tanto io quanto i miei collaboratori abbiamo avuto lunghi contatti in tutte 1e ore del giorno con elementi scelti del Ministero degli Esteri e con personalità politiche venute espressamente da Berlino.

Le mie sommarie, ma precise impressioni sono state:

l) un innegabile unanime entusiasmo, che si manifestava sopratutto nella forma di una ferrea disciplina e di una forza pesante. Non gioia, ma mistica cupa e volontà concentrata.

Ottima la tenuta delle S.A., e, sopratutto, delle nere S.S.

2) la sensazione che il risultato del plebiscito della Saar è stato un potente apporto di forza al regime hitleriano in un momento particolarmente delicato. Da questo punto di vista, la politica francese nei riguardi della Germania è apparsa guidata da un errato apprezzamento della consistenza dello hitlerismo e della coesione interna tedesca;

3) un diffuso astio antifrancese, accompagnato però da un netto riconoscimento della forza politica e militare francese;

4) nei nostri riguardi, una marcata reticenza a parlare di politica, da cui traspariva chiara l'esasperazione e la ben nota, intatta, intransigenza tedesca nei riguardi del problema austriaco. Dal tono e dall'insieme dei molti accenni da loro fatti a vari altri problemi traspariva chiarissimo il loro pensiero: questo, e null'altro ci divide, ma si tratta di una questione capitale.

Anche se avessi voluto, questa onnipresente pregiudiziale avrebbe troncato ogni possibilità di parlare delle altre questioni internazionali, dentro e fuori di Europa, che attendono oggi una soluzione.

691

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, GEISSER CELESIA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 879/353. Madrid, 2 marzo 1935.

Telespresso V. E. 205303/8 del 19 febbraio u.s. (1).

Ringrazio vivamente codesto On. Ministero per avermi voluto comunicare il sunto del colloquio di S. E. Suvich con l'ambasciatore Ocerin, che mi è riuscito assai utile essendomi stato fatto di esso un accenno da questo Ministro degli Esteri.

Quanto ha detto codesto Ambasciatore sulle favorevoli ripercussioni delle accoglienze in Italia al discorso di questo Ministro degli Affari Esteri è esatto e ne ho riferito coi rapporti n. 146 e 147 del 30 gennaio e n. 184 del 5 febbraio u.s. (2).

Esatto anche è quanto il signor Gomez Ocerin ha detto circa il cambiamento dello spirito spagnolo verso l'Italia, cambio che ha avuto per fattore accidentale la reazione delle masse agli eccessi rivoluzionari marxisti di otto

51 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

bre (l) e per fattore diremo così subcosciente e continuativo l'ammirazione per il Duce e l'Italia fascista che va da tempo imponendosi in ogni ambiente (e perfino in quelli contrari in cui velenose e partigiane sono le critiche) che accompagna ogni nostra realizzazione interna e internazionale e che ha recen.:. temente culminato in occasione degli accordi itala-francesi di Roma. Nella grossa massa l'Italia è oggi qui più che un fattore mediterraneo di diretto interesse internazionale -l'ignoranza e l'indifferenza circondano in !spagna qualsiasi problema non immediato ed extra confine -il paese della autorità, dell'ordine, della tranquillità, contro altare della situazione ispanica, lontano ideale contro la dura realtà quotidiana.

Meno esatto è invece quanto l'ambasciatore di Spagna dice circa la tendenza della Spagna a fare una politica internazionale più attiva; ché in questa tendenza vi è molta parte di necessità interna ma in pratica non vi sono tuttavia progetti e programmi concreti ma solo vaghe aspirazioni. II primo presupposto di una efficace politica internazionale attiva deriva, come così provvidenzialmente è stato effettuato in Italia, non solo dalla situazione geografica ma da un definito e preciso programma militare e sovratutto da una continuazione di esso. Qui i programmi militari sono tuttora accidentali (vedi difesa delle Baleari di cui al mio rapporto odierno 865/344) (2) ma manca quell'orientamento continuo che permetta il coordinamento di quanto necessita ad un'efficace difesa nazionale (industria navale, industria aeronautica, questione del personale marittimo, industria metallurgica) al di là e al di sopra di interessi puramente locali o di occupazioni di maestranze o di improvvisazioni determinate da necessità di successi o diversioni politiche.

Così che per molti anni ancora -fino a quando non si sarà internamente assestato -questo Paese dovrà rimanere al margine del movimento internazionale, ciò che in fondo corrisponde assai più ai nostri interessi che non una Spagna militarmente forte ed internazionalmente attiva, la quale difficilmente saprebbe rimanere indipendente da pressioni o da lusinghe interessate. Naturalmente ciò non vuoi dire astrarre da quell'azione che formando nelle masse delle correnti spirituali e dei vincoli di simpatia consoni ai nostri ideali e alle nostre convenienze possa dar valore a dei rapporti in cui pesi -al disopra delle contingenze momentanee e di governo e di partiti -il fattore Italia.

(l) -Cfr. n. 580, nota 2, p. 615. (2) -Non pubblicati.
692

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1034/106 R. Parigi, 4 marzo 1935, ore 12,40 (per. ore 15,30).

Mi sono incontrato ieri con Lavai alla cerimonia promossa in suo onore dai volontari garibaldini che hanno combattuto in Francia.

«A mio modo di vedere, la partita non è finita ed è prematuro ragionare di vittoria o di sconfitta. Fra tutte queste lacrime e miserie continua la lotta in cui l'ultima parola dovrà spettare alle nuove generazioni che, se riusciranno ad uscire dalla presente generale apatia facendo rivivere la fede e Io spirito nazionale, potranno forse produrre quello che è mancato ora: l'Uomo».

Il ministro mi ha detto che con tutta probabilità intende partire per il mezzogiorno della Francia martedì 5 corr.

Probabilmente telefonerà oggi stesso a V. E. per esprimerle desiderio di un incontro in una località italiana della frontiera. Credo che abbia in mente San Remo.

Egli si propone di mettere al corrente V. E. delle conversazioni avute coi ministri inglese e austriaco e di parlarle della questione abissina.

Laval mi ha detto che la Francia ha ottenuto ottocentomila franchi di indennizzo per l'incidente del lago Abé, scuse e la promessa che il Governo etiopico intraprenderà una spedizione per punire tribù colpevoli. Il Governo della Repubblica si è astenuto dall'esigere saluto di riparazione alla bandiera. Il ministro è d'avviso che ci dovremmo dichiarare soddisfatti di un componimento analogo.

Ho ripetuto a Lavai che gli abissini ostacolano una nostra espansione economica nel paese e di credere che sia troppo tardi per arrivare ad un componimento pacifico.

Il ministro Lavai taciuto, ma non mi è sembrato persuaso. La questione abissina lo preoccupa, ne parlerà certamente a lungo a V. E. e probabilmente con insistenza.

(l) A proposito della lotta politica in Spagna cfr. li seguente passo, sottolineato da Mussollni, del R. 3316/1717, inviato da Geisser Celesia il 27 ottobre 1934:

(2) Non pubblicato.

693

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1055/35 R. Ankara, 4 marzo 1935, ore 15,15 (per. ore 18,50).

Miei telegrammi per corriere 07 e 08 (1).

Tevfil{ Ruschdi bey mi ha detto iersera che attendeva fiducioso che proposta da lui avanzata nella conversazione del 25 febbraio scorso (presenti Jugoslavia ed altri Stati ad est Italia) fosse accolta da S. E. il Capo del Governo.

Già l'atmosfera di tutti i Balcani verso l'Italia era nettamente cambiata.

Inoltre egli era informato che nuovo ministro a Belgrado vi sarebbe arrivato fra pochi giorni latore di un messaggio di S. E. Mussolini a principe reggente.

Tutto ciò gli faceva sperare, mentre attendeva con impazienza conoscere il seguito delle proposte di S. E. Suvich codesto ministro di Grecia (non ho ancora avuto nessuna informazione al riguardo), che si sarebbe giunti a favorevole conclusione delle conversazioni « accademiche» qui iniziate.

Egli confidava in pari tempo che relazioni itala-turche uniformate a reciproca confidenza si sviluppassero su un piano di collaborazione internazionale specialmente con Aloisi a Ginevra e potessero raggiungere il massimo beneficio negli scambi economici commerciali.

Egli ha ammesso inesattezze ed esagerazioni nelle notizie armamenti Lero ed aggiunto che nel quadro dei puri rapporti italo-turchi la Turchia, non avendo la minima aspirazione sul Dodecaneso, riteneva che il nostro dominio su quell'isola fosse un suo interesse tanto da avanzare finanche la estrema ipotesi di un suo contributo militare per anticiparcelo qualora fosse da noi richiesto (ciò come dimostrazione ad assurdo) ha anche nettamente riconosciuto la parte prevalente spettante all'Italia Cha aggiunto poi: con la Russia) per la difesa dei Balcani e del prossimo Oriente dalla prevalenza politica della Germania.

Colloquio assai caloroso, ma anche insolitamente sobrio, mi conferma un notevole cambiamento di tono. nei nostri riguardi specie se confrontato ccn quello [avvenuto] a Stambul dell'8 gennaio.

Molti avvenimenti intercorsi e poi anche odierna prova di potenza offe:::ta dall'Italia per la mobilitazione Abissinia può aver contribuito a far desiderare un ritorno a fiduciosi e fruttuosi rapporti con noi.

Trattasi in ogni caso di un momento psicologico interessante del quale, ove V. E. credesse accogliere le proposte più precise di Tevfik Ruschdi bey, sarebbe a mio giudizio utile profittare.

(l) Cfr. nn. 656 e 657.

694

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, CAVAGNARI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

PROMEMORIA. Roma, 4 marzo 1935.

1° -Una espansione italiana in Etiopia, come qualsiasi ingrandimento di uno Stato, porta, come conseguenza, un allarme nelle altre nazioni, specie in quelle che vedono intaccati i loro interessi dai nuovi avvenimenti.

2° -Un esame, anche limitato al puro campo geografico, mostra che la nuova Italia insediata nell'acrocoro etiopico può costituire ragione di preoccupazione per l'Inghilterra, che intravede una pressione sulla grande congiungente Cairo-Città del Capo, sui territori contigui del Kenia, dell'Uganda e del Tanganica, nella regione ove ha le sue sorgenti il Nilo e in ultimo sul Mar Rosso, via tuttora essenziale per unire la metropoli all'Impero Indiano.

3° -Per le ragioni su esposte, l'Inghilterra è portata ad ostacolare la nostra espansione in Abissinia.

;to -Il Patto della Società delle Nazioni le offre un ponte burocratico che è di difficile transito per i membri della Società.

Il Patto costituisce un'arma a doppio taglio ed un inciampo rilevante per quegli Stati che hanno tutte le ragioni e tutto l'interesse per agire in linea diretta saltando le forche caudine delle prescrizioni del Patto.

5° -Al momento dell'azione, il ritiro dalla Società non costituisce un espediente pratico, perché gli impegni durano per due anni a partire dal ritiro.

6° -La lettera e lo spirito dell'articolo 1° sono passibili delle interpretazioni più vaghe e delle applicazioni più vaste.

Ragioni di opportunità e forza di circostanze concomitanti possono produrre che ad uno Stato è proibito il respirare, mentre un altro può agire indisturbato in aperta violazione dello Statuto (vedi Giappone).

7° -Come frutto dell'analisi eseguita nel promemoria N. 430 del 18 luglio 1934 (l), la linea di condotta più sicura per l'Italia sembrò quella di rimanere fuori dell'ingranaggio del Patto, giacché agire entro il Patto e osservando strettamente la procedura che non ferisca il prestigio della Società delle Nazioni significa non poter agire affatto.

8° -Se per dispetto all'Italia l'Etiopia fu portata a Ginevra, il nostro Pa·ese non può essere assoggettato in eterno al ricatto quando ci troviamo di fronte ad una iniziata mobilitazione abissina e quando ragioni anche di estetica morale rendono malegevole e urtante che Italia e Abissinia si trovino giudicate allo stesso livello davanti ad uno stesso tribunale.

9° -Da quanto sopra, si deduce che dalla nostra preferenza di agire al di .fuori del Patto e dall'attitudine inglese di portare tutti i conflitti nell'ambito del Patto (contrariamente alla eccezione espressa da Simon alla Camera dei Comuni recentemente), scaturisce un evidente contrasto con conseguente aperto attrito.

10° -Entrando in merito al fatto specifico, forza di circostanze fanno trovare a Roma, come ambasciatore britannico, Sir Eric Drummond, architetto principale del Patto della Società, persona di eccezionale acume, di grandi iniziative e che ha come metodo di lavoro non solo il riferire quanto avviene nello Stato ove è accreditato, ma l'invito al Foreign Office a seguire quella linea di condotta che egli ritiene consona agli interessi del suo Paese, di modo che ciò che apparisce proveniente da Londra in realtà parte da Roma.

11° -Sir Eric Drummond sembra si sia, da oltre due mesi, particolarmente interessato della questione abissina e, davanti all'alternativa di aiutare un Paese per antica tradizione amico o di mettere il campo a rumore per dare su tutto e avanti tutto la prevalenza agli interessi inglesi, egli sembra abbia scelto questa seconda strada.

12° -Potrà l'eventuale applicazione dell'articolo 16 condurre ad una chiusura del Canale di Suez?

L'Italia sarebbe profondamente ferita e reagirebbe in modo poderoso se si delineasse il tentativo di rendere impotenti i suoi figli davanti al nemico col metodo del taglio dei rifornimenti, imposto dalla forza.

Un passo simile potrebbe portare a delle conseguenze estreme, ma gli interessi in giuoco sono di alto valore e la circostanza deve essere valutata, seppure scartata.

13° -Il rifornimento di un corpo di spedizione girando il Capo di Buona Speranza appare estremamente difficile. I punti di rifornimento inglesi sarebbero a noi chiusi; quelli portoghesi seguirebbero, per le ben note ragioni, la sorte di quelli inglesi.

14° -L'attitudine francese, davanti ad un'Inghilterra decisamente contraria, non potrà, nella migliore ipotesi, esserci apertamente favorevole, perché la Francia, davanti allo spettro tedesco, deve, per necessità di cose, assicurarsi l'incondizionato appoggio britannico.

15° -*Malta non costituisce il tallone di Achille nella situazione inglese in Mediterraneo. Le forze navali dislocate a Gibilterra e ad Alessandria sarebbero parecchio lontane dal nostro raggio di offensiva. Ma appare prematuro pensare allo svolgersi di un conflitto armato: l'Italia contro l'Inghilterra significa che l'Italia si porrebbe al di fuori * (l) di quell'intesa europea italafranco-inglese che è stata, anche recentemente, proclamata e che costituisce l'unico contrappeso possibile alla predominanza teutonica nel continente.

Con l'Italia al di fuori di tale intesa, con una Inghilterra sprovvista degli aiuti che durante la Grande Guerra le giunsero dai Dominii -aiuti che non vedremo mai più in caso di nuovi conflitti europei -significa la probabilità per la Germania di installarsi sui porti della Manica.

Questa eventualità si deve ammettere allorché si ricorda che, per piegare la Germania, occorse la coalizione di quasi tutte le Potenze mondiali. Davanti alla possibilità di una Germania a Calais, si ritiene che l'Inghilterra preferirà l'insediamento dell'Italia ad Addis-Abeba.

16° -Malgrado che la su esposta conclusione appaia di indiscutibile valore, occorre pure ammettere che l'Inghilterra cercherà, nel periodo evolutivo degli avvenimenti, di salvare con tenacia il prestigio della Società delle Nazioni e ciò in forma più energica di quanto non fece nei riguardi del Giappone nel 1932-33.

17° -Come elemento di discussione, ci si pone n-quesito circa la giustizia di applicare l'ingranaggio opprimente del Patto proprio quando la storia porta a dare all'Italia quanto da lungo tempo le spetta.

L'Inghilterra si è formato l'impero con numerose guerre coloniali, alcune delle quali combattute proprio attorno alle regioni che ci interessano, mentre altre, come quella Boera, ebbero la spiccata caratteristica della guerra a scopo di conquista e di sviluppo di un programma politico prestabilito.

Non solo durante la guerra Boera l'Italia mantenne una favorevole neutralità per l'Inghilterra, ma questa, in tutte le guerre coloniali, non ebbe mai le preoccupazioni e gli intralci che scaturiscono dalla creazione del Patto avvenuta nel 1920.

18° -Si può pensare che, spinte le cose ad uno stadio quasi acuto, buona parte del pubblico inglese dica «su le mani» (hands off) nei riguardi dell'Italia.

Abbiamo una certa ragione per ritenere che la Francia dovrebbe aiutarci per conseguire questo risultato, altrimenti nei recenti accordi di Roma ella avrebbe fatto, con una mano, una concessione generica che la sua amica ed alleata ci toglierebbe con l'altra mano.

19° -Gli avvenimenti europei evoluiscono con ritmo serrato. Presto o tardi si realizzerà di nuovo il bisogno di avere l'Italia consenziente o associata in un dato problema o ad un dato avvenimento.

20° -Intanto, le divisioni inviate sul posto potranno costituire sicuri campi trincerati e le popolazioni indigene riconfermeranno la loro fedeltà verso di noi.

Nel frattempo, la serietà dei nostri preparativi sarà custode del nostro prestigio e l'Abissinia si affretterà ad accogliere in pieno, e senza decurta'zioni, le domande presentate dal R. Governo a tutela della propria dignità.

Tutto questo non è sufficiente per conseguire quei tangibili risultati che

V. E. ha giudicato una necessità storica.

21° -Si può intravedere una evoluzione di avvenimenti, ad esempio far dichiarare l'Abissinia come Stato non degno di appartenere alla Società delle Nazioni. La schiavitù, certamente esistente tuttoggi in quel Paese, potrebbe fornire elementi capitali per tale tesi.

Ne conseguirebbe la possibilità di una predominanza italiana sotto forma di mandato o protettorato. La successiva presa di possesso, in forma più tangibile e concreta, verrebbe col tempo.

22° -Infatti, uno sguardo al futuro induce a porre i seguenti quesiti:

a) Ha l'Inghilterra interesse a permettere la graduale organizzazione di uno Stato indipendente abissino, sul quale la Gran Bretagna non avrebbe possibilità di pressione o coercizione, che potrebbe dare l'inizio ad un movimento di indipendenza della razza nera, mentre la finalità superiore della politica inglese parrebbe quella di assicurare il continente nero alla egemonia della razza bianca?

b) Non appare più logico l'insediamento in Abissinia di uno Stato europeo come l'Italia, sul quale l'Inghilterra può contare, non solo come leale osservatore di patti conclusi, ma sul quale può, in ogni evenienza, esercitare pressione non attraverso Addis-Abeba, ma attraverso Roma?

c) Anche per quanto si riferisce all'importante bacino idrico del Lago Tchana, non è forse più conveniente all'Inghilterra stipulare accordi con l'Italia che con l'Abissinia? Chi potrà contrastare una inadempienza etiopica quando tale Stato fosse potentemente armato entro le sue frontiere che non hanno confini marittimi?

d) Ostacolare l'espansione italiana può significare l'espansione di un altro Paese. Noi ci opporremmo e ciò non avverrà. Ma, a scopo di dialettica, è permesso osservare che una qualsiasi potenza, stabilita in Etiopia, può, anche con la sola creazione di campi di aviazione costituire una preoccupazione all'Inghilterra per le sue navi che attraversano il Mar Rosso.

23° -Le su esposte considerazioni portano a concludere che l'impresa studiata e voluta dall'E. V. nella sua luminosa visione dei futuri destini dell'Italià, considerata evento storico ineluttabile, riceverà, dallo svolgersi della storia stessa, sicuro adempimento.

(l) Non si pubblica un precedente promemoria di Cavagnari per Mussolini, del 15 gennaio, sul quale cfr. DE FELICE, pp. 638-640.

(l) Cfr. serle VII, vol. XV, n. 541.

(l) Il pasoo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini.

695

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1078/362 R. Addis Abeba, 5 marzo 1935, ore 17 (per. ore 14,30 del 6).

Mio telegramma n. 322 per esteri O), 20 per Asmara. Ho avuto oggi, 4 marzo, colloquio con Imperatore col quale mi sono espresso nel senso direttive generali dell'E. V. e secondo telegramma di V. E. n. 129 (2).

Imperatore non ha escluso continuazione conversazioni dirette anzi pur non entrando in merito, si è dichiarato al corrente miei suggerimenti personali al Blata Herui, e mi ha detto che « occorreva essi fossero maggiormente illustrati»; mi pregava perciò di vedere domani mattina stessa il ministro degli affari esteri.

Mia impressione è quindi che egli non voleva opporre una negativa ai miei argomenti inconfutabili circa interpretazione art. V, ha intenzione affrettare discussione.

Nel corso conversazione, di specialmente segnalabile ha rilevato che Etiopia aveva avuto nell'incidente perdite serie e anche importante capo era rimasto ucciso (trattasi fitaurari Alemaio, suo parente); ma sopratutto con una frase vaga ha voluto... (3) dirmi che mie proposte riguardavano sola soluzione incidente, ma non insieme rapporti itala-etiopici.

Su questo, per quanto vago accenno, al quale ho soggiunto replica che ci trovavamo di fronte grave problema dell'incidente che occorreva risolvere, attiro ogni attenzione dell'E. V. e mi riferisco, per l'ulteriore corso delle trattative, alle osservazioni che mi permettevo formulare nell'ultima parte mio telegramma n. 302 ( 4), 298 per Asmara.

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

696

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1081/368 R. Addis Abeba, 5 marzo 1935, ore 20 (per. ore 15,45 del 6).

Mio telegramma n. 362 per Roma (5), 58 per Asmara. Quarta conversazione Blata Herui. Gli ho in primo luogo illustrato in risposta alla nota tredicesima (telegramma di V. E. n. 129) (2) che invio per

(2} Cfr. n. 673.
(-4) Cfr. n. 673, nota l.

iscritto oggi, prendendone spunto per esporre di nuovo, sempre a titolo personale, proposte ·Conciliative di cui al telegramma di V. E. n. 131 (1). 1°) Ha promesso, come già nel precedente colloquio, di dare una risposta circa punto A e circa scus·e locali.

2°) Ha osservato che anche etiopici hanno avuto vittime: e mia proposta non teneva conto riserve suo Governo per indennLtà... (2) al Governo Etiopia; intanto italiani occupavano terreno appartenente all'Etiopia.

3°) Mi ha detto tuttavia avrebbe riflettuto sui miei suggerimenti e ha aggiunto che avrebbe avuto con me un'altra conversazione a titolo personale, ma poi riteneva opportuno occorresse passare ad un negoziato ufficiale.

Infine mi ha domandato, dicendo parlare a titolo personale, come mai mentre il R. Governo, a mio mezzo, mostrava volontà conciliative, si annunziavano continui arrivi truppe e armi nelle nostre Colonie.

Gli ho ampiamente illustrato carattere precauzionale e difensivo di tali misure e loro piene giustificazioni.

Avendomi pregato allora di assicurare ancora una volta R. Governo che Etiopia non ha intenzioni aggressive, gli ho risposto che non avrei mancato trasmettere queste comunicazioni ma non avrei certamente potuto dire che non vi siano in Etiopia preparativi militari e spirito aggressivo verso di noi perché ciò non risponderebbe assolutamente alla verità.

Blata Herui aveva infatti voluto negarlo asserendo che Governo etiopico è ben lungi aver raggiunto ltmite armamenti concessi dal Trattato, e che tali armamenti sono richiesti da necessità ordine interno.

Accenni dell'Imperatore (mio telegramma n. 362/58) sono dunque stati precisati dal Blata Herui. Riassumendo, circa mie proposte: nessuna parola ancora sull'eventuale lettera Imperiale e scuse locali; indennità o... (2) o niente.

E finalmente (quasi a condizione non espressa, a una possibilità di accordo) la domanda «personale» sui nostri armamenti. (Ciò dovrebbe a mio avviso preludere a una domanda ufficiale. Confermo quindi mie osservazioni di cui al mio telegramma n. 310/306 (3).

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -Cfr. n. 654. (3) -Gruppo lndeclfrato. (5) -Cfr. n. 695.
697

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 5 marzo 1935.

Il Signor Chambrun deve parlarmi a proposito di un telegramma ricevuto da Parigi relativo all'Etiopia. Egli vuol mettere in rilievo il carattere molto amichevole di questa sua conversazione.

Si tratta di questo: Lavai è stato chiamato in causa da Sir John Simon che gli ha ricordato le trattative di Ginevra, relative alla soluzione del conflitto itala-abissino, trattative a cui Lavai stesso ha partecipato. Ora Sir John Simon afferma che sarebbe nell'interesse generale che le negoziazioni tra Italia e Abissinia procedessero sollecitamente. Il Governo inglese fa quanto è nelle sue possibilità per ottenere tale intento. Sarebbe bene che il Governo francese facesse altrettanto.

L'Ambasciatore Chambrun ha aggiunto che in questi giorni è stato da Lavai il Ministro di Abissinia, il quale gli ha detto che è intenzione del proprio Governo di portare la questione davanti alla Società delle Nazioni.

Il signor Chambrun ritiene che ciò sarebbe da evitare tanto nell'interesse italiano che nell'interesse generale. È stato risposto all'Ambasciatore che non c'è nessun fatto che giustifichi questa impazienza degli inglesi. Abbiamo trattato sui principi della zona neutra ad Addis Abeba -zona neutra da noi richiesta -e ora si sta delimitando la stessa sul posto. Poi riprenderemo le trattative per l'incidente di Ual-Ual che da parte nostra non sono state mai interrotte. L'art. 5 del trattato del '28 prevede tre fasi: la negoziazione diretta; la conciliazione; l'arbitrato. Dobbiamo appena esaurire la prima fase. Vorremmo non arrivare all'arbitrato perché non ci piace di metterei sullo stesso piede degli abissini.

All'Ambasciatore pare che una tale risposta sia esaurientissima.

Gli è stato aggiunto ad ogni modo che quello che preoccupa gli inglesi è soprattutto il continuo invio di truppe e materiale da parte nostra. Ora a questo proposito il Capo del Governo ha già dichiarato che egli è solo giudice di quanto sia necessario per la sicurezza delle nostre colonie.

Gli inglesi si preoccupano anche che noi vogliamo fare le trattative sotto la pressione dei nostri apprestamenti militari.

Si può rispondere agli inglesi che siamo noi a non voler fare i negoziati sotto la pressione delle misure militari abissine. Siccome siamo tuttora in posizione di notevole inferiorità, noi potremmo anche rinviare le trattative fino a che avessimo sul posto lo stesso numero di armati che ha l'Abissinia.

(l) -Protocollo particolare per Addis Abeba n. 683. (2) -Gruppo !ndec!frato. (3) -Cfr. n. 643.
698

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, E ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO

T. 385 R. Roma, 6 marzo 1935, ore 24.

(Solo per Asmara) Ho telegrafato R. legazione Addis Abeba quanto segue.

(Per tutti) Suo telegramma n. 307 (l).

v. S. potrà rispondere a nota etiopica n. 14 secondo le seguenti direttive. salvo osservazioni da parte della S. V.:

1°) -Circa incidente Afdub del 28 dicembre u.s., per quanto di lieve importanza, R. Governo conferma che furono truppe etiopiche che attaccarono

nostre pattuglie di collegM!lento nelle vlCmanze di Afdub. Che tale versione sia esatta è provata anche dal fatto della successiva pressione etiopica verso Afdub, ed infine all'accerchiamento del 2 febbraio u.s. che provocò lo sgombero di Afdub da parte del presidio italiano. D'altronde, considerata notevole distanza fra Afdub e Gherlogubi, la versione di un attacco di Gherlogubi da parte delle scarse forze del nostro presidio di Afdub non è neppure verosimile.

2°) -Le carte italiane, anche se edite da enti ufficiali, non costituiscono documenti di valore determinante per provare l'andamento di frontiere che non sono state ancora demarcate. D'altronde le inesattezze di dette carte erano ben note e sono state, già nel passato, criticate dagli esperti stessi della materia.

Di più le varie edizioni delle carte italiane, come di quelle straniere, indicano la frontiera somalo-etiopica in modo non uniforme. Argomento addotto da Governo etiopico non ha quindi alcun valore determinante.

Comunque R. Governo, mentre si riserva di esporre i propri argomenti circa appartenenza Ual-Ual alla Somalìa italiana in sede competente, e cioè nella commissione che dovrà demarcare la frontiera somalo-etiopica sul terreno giusta il disposto dell'art. 5 del trattato del 1908, osserva che l'appartenenza di Ual-Ual nulla ha a che vedere con il fatto della premeditata ed improvvisa aggressione etiopica subita il 5 dicembre dal presidio italiano che da vari anni era colà installato.

3°) -Ugualmente l'attacco etiopico del 5 dicembre nulla ha a che vedere con i contatti che in data anteriore si sono svolti fra la commissione angloetiopica per i confini ed il comando italiano di Ual-Ual. Mentre non è esatto, ed è smentito dalla stessa documentazione etiopica, che il cap. Cimmaruta non abbia risposto alle lettere della commissione, è pacifico che questa sì era già allontanata da Ual-Ual da vari giorni quanto il 5 dicembre le truppe etiopiche attaccarono il presidio italiano.

4°) -Non è neppure esatto che la nota del Governo etiopico del 12 dicembre 1931 (vedasi rapporto di cotesta R. legazione n. 406/161 del 21 dioembre 1931) (l) sia rimasta senza risposta per quasi tre anni. Detta nota esprimeva talune riserve circa il punto di incontro dei tre confini della Somalia italiana, della Somalia inglese e dell'Etiopia; ed aggiungeva che tale punto si sarebbe potuto stabilire quando si fosse proceduto alla demarcazione sul terreno del confine fra la Somalia Italiana e l'Etiopia, concludendo essere intendimento del Governo etiopico di intrattenere il Governo italiano «in seguito a tale riguardo e nel più breve tempo».

Codesta R. legazione provvide (telegramma n. 178 del 9 aprile 1932) (2) a rispondere in data 7 aprile 1932 alla succitata nota etiopica, per quanto ha riguardo alle riserve avanzate circa il punto d'incontro dei tre confini. Nulla poteva né doveva rispondere circa l'intenzione espressa dal Governo etiopico d'iniziare i lavori per la demarcazione della frontiera somalo-etiopica, in quanto lo stesso Governo etiopico si era riservato di far seguire al riguardo ulteriori comunicazioni, che non sono state mai fatte. Come già accennato nella

nota precedente, solo nello scorso agosto ebbe luogo in proposito uno scambio d'idee fra V. S. e il Blatingheta.

Governo italiano è stato sempre pronto a proseguire la demarcazione della frontiera somalo-etiopica, sospesa nel 1910 non per fatto nostro, ed è tuttora pronto non appena beninteso sarà stata liquidata la vertenza in corso.

Ultimo periodo della nota etiopica accenna al contrasto fra versioni italiana ed etiopica dell'aggressione di Ual-Ual e alle divergenze che presenta l'interpretazione dei testi e documenti delle due parti. Con ciò il Governo etiopico tocca il punto fondamentale della vertenza. Ad eliminare la diversità delle versioni

R. Governo, sicuro della fondatezza della propria tesi, sarebbe da parte sua disposto a produrre, in via amichevole e non ufficiale, tutta la documentazione relativa, purché Governo etiopico faccia altrettanto. Si potrebbe cioè procedere personalmente fra V. S. ed il Blatingheta, sempre in via amichevole e non ufficiale, ad un esame critico dettagliato ed al confronto delle rispettive documentazioni, ciò che potrebbe condurre al risultato di eliminare il punto sostanziale di dissenso.

Procedutosi in via ufficiosa a tale discussione, che per essere ufficiosa può permettere maggior libertà di apprezzamenti e di atteggiamento e quindi, secondo gli intendimenti italiani, agevolare ed affrettare un accordo, l'accordo stesso, una volta raggiunto, sarebbe constatato ufficialmente dalla S. V. e dal Blatingheta e quindi applicato.

R. Governo, come già per la proposta relativa alla zona neutra, avanza tale nuova proposta con spirito conciliativo ed onde uniformarsi all'impegno di Ginevra del 19 gennaio di cercare una soluzione della questione, a mezzo di negoziati diretti per le normali vie diplomatiche giusta quanto disposto dall'art. 5 del trattat o del 1928 (l).

(l) Cfr. n. 643, nota 2.

(l) -Non pubblicato nel Vol. XI, serie VII. (2) -Non pubblicato nel vol. XII, serie VII.
699

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO S. Roma, 6 marzo 1935.

II R. Ministro a Tirana ha prospettata la convenienza di riprendere le

trattative di alcune delle più importanti questioni pendenti tra l'Italia e l'Alba

nia per .ricercarne una possibile sistemazione.

Le questioni indicate sono tre: questione delle scuole confessionali; que

stione militare; questione degli scambi itala-albanesi.

l. Questione delle scuole confessionali.

Sono note le vicende di questa questione. Essa si collega e rappresenta uno dei maggiori episodi dell'azione di Re Zog per combattere l'influenza italiana in Albania, dopo che col mancato rinnovo

da parte albanese del Patto di amicizia le relazioni italo-albanesi erano entrate in un periodo di crisi.

Nel campo culturale questa azione si inizia con la proibizione, nel. 1932, agli alunni albanesi di frequentare le scuole italiane; continua con la pretesa di imporre dei direttori amministrativi albanesi a scuole professionali create e mantenute con nostri fondi e culmina coi provvedimenti dell'aprile 1933, quando il Governo albanese, modificando all'uopo due articoli dello Statuto, dispose la sospensione di tutte le scuole private.

Nessun dubbio circa gli scopi di tali provvedimenti. Come è risultato chiaramente da precise manifestazioni albanesi, essi erano principalmente diretti contro i numerosi e fiorenti Istituti cattolici (vedi elenco annesso, all. n. l) (l) «quali strumenti di propaganda straniera», cioè italiana, sia perché sovvenzionati dall'Italia, sia perché parte del personale insegnante (in alcuni Istituti la maggior parte) era italiano.

'L'apprezzamento che di tali provvedimenti fu fatto in Albania, fu che si trattava di una rappresaglia per il noto pellegrinaggio dei cattolici albanesi i quali, guidati dai loro Vescovi, erano venuti a Roma nella primavera del 1932 per rendere omaggio a Sua Santità e a S. E. il Capo del Governo.

Sono noto i tentativi con cui si è cercato di avviare la questione ad una soluzione, come sono note le tergiversazioni albanesi, in fondo alle quali stavano e stanno ragioni di prestigio e di orgoglio personale del Re. Da parte nostra, fin dal principio si è indicato che, nelle circostanze, non pretendevamo il puro e semplice ripristino nello statu qua, ma lasciavamo anzi a Re Zog la scelta di una soluzione soddisfacente per entrambi le parti.

L'ultimo tentativo a cui fu creduto di ricorrere fu di includere la questione in un Concordato da concludersi tra l'Albania e la Santa Sede; ma anche tale tentativo non è riuscito; e il Governo albanese chiede ora che la questione formi oggetto di negoziati diretti tra Italia e Albania.

Le trattative tra Vaticano e Governo albanese sono formalmente fallite su questo punto: il Vaticano ha chiesto che venga permesso ai laici di frequentare i corsi dei Seminari e degli altri Istituti destinati alla formazione dei religiosi; la Delegazione albanese ha presentato delle controproposte che rifiutano tale richiesta. Sembrerebbe però che verbalmente essa abbia dichiarato essere il Governo albanese disposto a far qualche concessione circa la frequenza dei laici, ma in via amministrativa, anziché legislativa, ciò che il Vaticano non avrebbe accettato evidentemente per la preoccupazione che, non modificandosi la legge, il provvedimento potesse essere attaccato di incostituzionalità e quindi revocato ad libitum.

È avviso del R. Ministro a Tirana che il dissidio non sia insanabile ove l'accordo avvenga tra noi e l'Albania. L'accordo potrebbe cosi avvenire sulla base della concessione da parte del Governo albanese del permesso ai laici di frequentare gli Istituti per la formazione dei religiosi, ma con talune restrizioni circa il numero di tali Istituti. (È da notare che la proposta di risolvere la questione sulla base dell'ammissione dei laici nei Seminari era stata avan

zata or è un anno dallo stesso Governo albanese). Quanto poi alla natura del provvedimento da prendere, il Ministro Indelli esclude che essa possa non essere amministrativa, ma riconosce l'opportunità che il provvedimento sia accompagnato da misure (invio di lettera ad hoc del Governo albanese, etc.) che ne garantiscano la durata.

Nell'allegato n. 2 sono indicate le proposte del Vaticano, le controproposte albanesi e le linee generali di una possibile soluzione quale si prospetta al punto in cui sono giunte le cose e dopo le vicende subite da questa questione.

2. Questione militare.

Come è noto a V. E. il Generale Pariani aveva dato a suo tempo all'esercito albanese un'organizzazione che, partendo dalla costituzione di un nucleo di forze destinate a proteggere il regime di Re Zog, aveva gradatamente assunto uno sviluppo considerevole e si era orientata nettamente verso scopi di preparazione alla guerra, nel senso di apprestare una forza militare su cui l'Italia potesse contare nel caso di conflitto con la Jugoslavia.

Anche qui sono note le vicende attraverso le quali tale organizzazione è venuta progressivamente perdendo la sua fisonomia e la sua efficienza: richiamo del Generale Pariani, soppressione del dipartimento militare, mancati aiuti militari italiani in ispecie e in natura, contrazione del numero dei nostri organizzatori, riduzioni di uomini e di quadri per mancanza di fondi, ecc. ecc.

Ispirandosi a direttive del Capo del Governo, il R. Ministro a Tirana ha presentato un progetto (allegato n. 3) di riordinamento delle forze armate albanesi compilato da quell'Addetto Militare, che assegna a tali forze prevalentemente funzioni di tutela dell'ordine interno, nell'intento di evitare anche la possibilità di allarmi stranieri.

Il progetto prevede la trasformazione dell'Esercito in una Milizia per la sicurezza nazionale ripartita in tre nuclei: un nucleo-per la sicurezza dei confiai, un nucleo per la sicurezza interna (questo secondo nucleo sarebbe destinato a sostituire la gendarmeria attualmente esistente), un nucleo di manovra.

La progettata organizzazione mira a garantire la stabilità dello Stato albanese in un momento in cui sono da evitarsi complicazioni; e -mediante la corresponsione diretta agli ufficiali degli stipendi e poi delle pensioni -a costituire un centro di ufficiali -un piccolo partito militare -che sappiano di doverci la sicurezza della loro carriera e dei mezzi di esistenza attuali e futuri.

Il progetto mira altresì ad escludere gli ufficiali inglesi istruttori della gendarmeria e a sostituirli con ufficiali italiani. È questo però un punto molto delicato. L'Inghilterra ha mostrato infatti sinora di tenere alla polizia albanese, né sembra questo il momento più adatto per sollevare nei suoi rigua.rdi tale questione.

Ad ogni modo, per quanto riguarda l'economia del progetto occorrerà met · tersi in rapporto col Ministero della Guerra. Intanto importerebbe che S. E. il Capo del Governo autorizzasse di massima la spesa valutata in 13 milioni di lire e che verrebbe a tener luogo della cifra, calcolabile attorno ai 30 milioni, che importava all'Italia l'organizzazione militare precedentemente esistente in Albania.

3. Questione degli scambi commerciali.

Si riassumono per sommi capi le fasi attraverso cui è passata la questione:

Trattato di commercio del 1924 che rispondeva allora abbastanza bene alle esigenze dei due Paesi;

Provvedimenti restrittivi sia da parte italiana che da parte albanese. I nostri provvedimenti essendo stati presi in un periodo di crisi delle relazioni itala-albanesi, sono stati interpretati in Albania come diretti contro l'economia albanese, quantunque di fatto essi abbiano risposto a richieste avanzate dall'agricoltura italiana per la sua protezione, e qutndi abbiano avuto motivi economici e non politici;

Trattative per la conclusione di una Unione doganale. Queste trattative non hanno avuto un esito favorevole; anzi a un certo punto, allarmato dall'espressione Unione doganale, il Governo albanese si è rivolto ai Governi di altri Paesi denunciando il propo&ito italiano di voler creare coll'Unione doganale uno strumento per asservire politicamente l'Albania;

Richieste albanesi (e questa è la fase in cui attualmente ci troviamo) di facilitazioni all'esportazione agricola albanese, analoghe a quelle da noi concesse all'Ungheria contro impegno da parte albanese di fare una più larga parte all'esportazione italiana. (È da tener presente a questo proposito che, mentre le esportazioni albanesi in Italia rappresentano un fattore decisivo per la vita economica dell'Albania, esse non costituiscono oggi che una percentuale assolutamente minima (meno dell'l %) del totale delle importazioni italiane).

In quest'ordine di idee nel dicembre u.s. l'Ufficio Albania, d'accordo con la Direzione Generale degli Affari Economici e col R. Ministro a Tirana, ebbe a presentare apposito progetto, il quale, anche per le modalità e i limiti della sua pratica realizzazione, va esaminato (specie dopo gli ultimi nostri provvedimenti per la limitazione delle importazioni italiane) d'accordo con i Ministeri tecnici competenti.

Nel frattempo il R. Ministro a Tirana propone che si proceda all'adozione di taluni dei provvedimenti contenuti nel progetto in parola, e specialmente di quelli destinati a permettere l'acquisto di alcuni prodotti agricoli albanesi a prezzi remunerativi. Tali acquisti dovrebbero avvenire saltuariamente, quando se ne presenti l'opportunità politica. Poiché però a un primo gruppo di acquisti si dovrebbe procedere senza indugio, la misura proposta varrebbe intanto a dare un immediato aiuto all'economia albanese. Anche su ciò sarà necessario accordarsi coi Dicasteri competenti.

Riepilogando, come mezzo per superare la crisi attuale dei rapporti italaalbanesi e al fine di riportare le relazioni tra i due Paesi verso la cordialità e la intimità che hanno esistito in passato, il R. Ministro a Tirana propone:

-un accomodamento largamente transattivo della questione scolastica; -la riorganizzazione dell'esercito albanese e il suo rafforzamento addossandosi l'Italia parte del relativo onere finanziario; -talune concessioni doganali alle importazioni albanesi in modo da avvantaggiarne l'agricoltura e quindi l'economia nazionale.

Di recente (dopo un periodo in cui era cessato ogni aiuto finanziario da parte dell'Italia) furono anticipati al Governo albanese tre milioni di franchi oro senza contropartita. Il gesto italiano ha creato una distensione nei rapporti esistenti ed ha servito anche alla sistemazione delle difficoltà volontariamente create dal Governo albanese per la rinnovazione della convenzione aerea. Le misure indicate di sopra dovrebbero in parte utilizzare l'effetto del gesto italiano, in parte continuare l'aiuto costituito dai tre milioni anticipati.

S. V.E.A.

Parrebbe che contemporaneamente alla sistemazione delle tre questioni anzidette, sia opportuno di fare qualcosa anche per la S.V.E.A.

Il Governo albanese ha sempre mirato, anche se non lo abbia apertamente dichiarato, a sbarazzarsi delle convenzioni con la predetta Società, convenzioni che per i pegni che ci assicurano hanno per noi un rilevante valore.

Esso ha tentato anzitutto di non iscrivere alcuna cifra nel proprio bilancio né per il pagamento degli interessi né per l'ammortamento del prestito. L'anno scorso, dopo lunghe tergiversazioni, ha finito per iscrivere in bilancio la cifra di 250.000 franchi oro sui 6 milioni circa dovuti (tale somma non tiene conto delle rate arretrate), ma nessun versamento è stato effettuato. Anche questo punto dovrebbe essere tenuto presente, allo scopo preciso di sventare il tentativo albanese di rendere caduchi i suoi obblighi verso la S.V.E.A.

Volendo concludere si può dire che le attuali trattative con Re Zog e lo spirito di benevolenza che le impronta si giustificano con l'interesse italiano di riconquistare determinate posizioni in Albania anche ~n vista di possibili successive trattative itala-jugoslave, alle quali non conviene di presentarci in posizione di disfavore nel settore albanese. Sembra indispensabile però che la nostra moderazione e il nostro spirito conciliativo si mantengano entro determinati limiti e si accompagnino quindi ad una certa fermezza non fosse che per non indurre Re Zog a sottovalutare l'importanza del nostro apporto e il valore dell'amicizia e degli accordi con l'Italia.

P. S. -Il presente «Appunto» è compilato d'accordo col R. Ministro a Tirana (1).

(1) La nota venne presentata da Vinci il 18 marzo. Cfr. Il conflitto itala-etiopico, pp. 162-163.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

700

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA IN GERMANIA A ROMA (2)

PROMEMORIA. Roma, 6 marzo 1935.

Il Governo italiano ha appreso con particolare soddisfazione che il Governo germanico sarebbe disposto a procedere coi Governi interessati ad uno scambio

di vedute per studiare la possibilità di fissare in un Patto relativo all'Europa Centrale il principio del rispetto dell'indipendenza e dell'integrità degli Stati stessi e della non ingerenza negli affari interni rispettivi.

Allo scopo di facilitare l'inizio di questo scambio di vedute, il R. Governo è ben lieto di poter fornire al Governo germanico i chiarimenti da esso richiesti.

l. Il Governo italiano condivide il pensiero del Governo germanico che il prtncipio della non ingerenza debba essere applicato con criteri di piena parità tra tutti gli Stati partecipanti al Patto. Come è detto espressamente nel Processo Verbale firmato a Roma il 7 gennaio u.s. dal Capo del Governo italiano e dal Ministro degli Esteri francese e già comunicato al Governo germanico, · gli Stati contraenti dovrebbero impegnarsi reciprocamente ad astenersi dal suscitare o favorire alcuna agitazione, propaganda o tentativo di intervento avente per scopo di attentare con la forza all'integrità territoriale o di trasformare con la forza il regime politico o sociale di uno degli Stati contraenti.

Questa formula dovrebbe essere completata dall'impegno, per ognuno degli Stati contraenti, di impedire sul proprio territorio tutte quelle attività che esso si sarebbe così impegnato a non suscitare o favorire in qualsiasi altro Paese. Ai fini del funzionamento pratico del Patto, l'elemento principale che dovrà servire a giudicare se un determinato atto rappresenti o meno un caso di ingerenza negli affari interni di uno Stato, sarà la valutazione che ne verrà fatta dallo Stato interessato e dagli altri Stati contraenti.

È nel pensiero del Governo italiano che le stipulazioni del Patto dovrebbero riferirsi, con criterio di perfetta parità, a qualsiasi atto del genere di quelli sopra elencati, da qualunque parte essi provengano.

È evidente che il Patto in questione dovrebbe, in primo luogo, contenere l'impegno, per ognuno dei contraenti, di astenersi da ogni aggressione contro qualsiasi altro contraente. Questo impegno dovrebbe essere obbligatorio per tutte le Parti contraenti e risulterebbe impegnativo per ognuna di esse nei riguardi di ognuna delle altre.

2. La facoltà prevista di concludere degli accordi particolari deve essere intesa nel senso che ognuno dei contraenti avrebbe il diritto di impegnarsi, in particolare, con uno qualsiasi degli altri contraenti, ad assicurare l'applicazione degli impegni generali che costituiscono la base del Trattato ed a prestare assistenza a questo contraente nel caso che, nei suoi riguardi, si verificasse una violazione degli impegni suddetti. Questa facoltà naturalmente dovrebbe essere uguale per tutti.

Il Governo italiano è d'accordo col Governo germanico circa la necessità di evitare che questi accordi particolari possano turbare l'equilibrio del Patto generale o falsarne il concetto generale. A questo scopo esso ritiene che tali accordi particolari dovrebbero essere uniformi ed inclusi, come clausola facoltativa, nel trattato generale ed aperti all'adesione di tutti i firmatari a cui dovrebbe essere data comunicazione di detti accordi.

3. n Gov.erno germanico ha chiesto di conoscere quale sia stato il criterio che ha servito di base per stabilire quali Stati dovessero essere invitati a far

52 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

parte del progettato Patto di non ingerenza. A questo scopo è stato tenuto presente il seguente concetto. Perché il Patto rispondesse agli scopi che il

R. Governo si proponeva, esso doveva essere limitato, oltre naturalmente agli Stati che del Patto stesso hanno preso l'iniziativa, e alla Germania, in considerazione della sua situazione geografica, agli Stati successori dell'antico Impero austro-ungarico.

Per quanto concerne la Confederazione elvetica, il R. Governo ha portato a conoscenza del Governo svizzero l'accordo raggiunto nelle conversazioni di Roma. Se nnvito a partecipare al Patto non è stato esteso anche al Governo elvetico, è stato esclusivamente in considerazione delle ben note tradizioni della politica svizzera. Per parte sua del resto il R. Governo non avrebbe nulla in contrario a che il Governo svizzero vi partecipasse, se tale fosse il suo desiderio, ciò che però non sembra sia il caso.

Per quanto concerne la Gran Bretagna, il Governo britannico è stato tenuto pienamente al corrente degli accordi intervenuti a Roma fra il Governo francese e quello italiano ed esso ha dato la sua approvazione ai principi a cui si inspira il progettato Patto di non ingerenza. Tenuto conto però della ben nota concezione del Governo britannico per quanto concerne gli impegni per questioni di politica europea, si è creduto preferibile di lasciare esclusivamente al Governo britannico stesso di decidere se ed in quale forma esso intenderà dare la sua adesione al progettato Patto di non ingerenza. Il Governo italiano, per quanto lo concerne, non potrebbe che compiacersi qualora anche il Governo britannico decidesse di aderirvi.

4. Come è stato già comunicato all'Ambasciatore di Germania e come risulta dal testo del Processo Verbale del 7 gennaio, il Patto di consultazione fra Francia e Italia per la quìstione austriaca è stato previsto in attesa della conclusione del Patto di non ingerenza fra tutti gli Stati ed è destinato ad avere effetto fino all'entrata in vigore del Trattato stesso e degli accordi particolari che lo dovranno accompagnare.

Ad avviso del Governo italiano il Trattato generale dovrebbe prevedere la consultazione tra tutti i contraenti nel caso in cui l'indipendenza di uno di essi fosse minacciata.

5. Il Processo Verbale di Roma si riferisce al « quadro della Società delle Nazioni » ed al «concorso della Società delle Nazioni ».

Prevedendo infatti -come è nell'interesse generale dì farlo -una consultazione fra le Potenze contraenti nel caso che una di esse ritenga che una violazione del Patto sia stata commessa nei suoi riguardi, è necessario prevedere un organo ed una procedura per esaminare se ci si trovi realmente in presenza di una violazione degli impegni assunti.

Quale che sia la posizione della Germania al momento della conclusione del Trattato di cui si parla, non sembra che vi siano per essa ragioni speciali per rifiutare, in un caso di questo genere, l'esame da parte del Consiglio della S.d.N., mentre altri accordi internazionali di cui la Germania continua a far parte prevedono espressamente, per la loro applicazione, il ricorso al Consiglio della S.d.N.

(l) -A margine dell'appunto Suvich ha annotato: «Sta bene». (2) -Ed. in tedesco, in Akten, III, 2, pp. 964-967.
701

IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 266/246. Ginevra, 6 marzo 1935.

Il signor Avenol mi ha detto che in questi ultimi giorni parecchi Delegati stranieri -non mi ha specificato quali -gli hanno chiesto se non era urgente che la Società delle Nazioni intervenisse per impedire che la situazione nell'Africa Orientale degenerasse in un conmtto armato tra l'Italia e l'Etiopia, dimostrando un evidente nervosismo ed una palese inquietudine per quanto poteva accadere.

Avenol ha aggiunto di avere risposto a tutti i suoi interlocutori che l'Etiopia -Stato maggiormente interessato nella questione -conosceva già la via di Ginevra e che se non intendeva far nuovi appelli alla Lega, ciò significava che essa sperava di risolvere la vertenza con l'Italia direttamente; che se i due paesi arrivavano ad accordarsi fra loro senza intervento di Ginevra non c'era che da rallegrarsene.

702

IL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SCHUSCHNIGG, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (l)

L. Vienna, 7 marzo 1935.

Come mi è noto sin dai tempi del mio predecessore, il rimpianto Dott. Dollfuss, in casi particolari e urgenti e di particolare importanza avveniva un diretto scambio di lettere con V. E.

Per un doppio motivo credo di dovere servirmi di questa via più diretta.

Venni un giorno a conoscenza dal Dott. Schuller, il nostro Ministro di ritorno da Roma, che nella questione per noi molto importaJnte della Compagnia di Navigazione del Danubio e della Società Alpina-Montana fu possibile trovare attr;1verso la Sua personale influenza quella soluzione che noi proponevamo come quella che era nell'interesse delle due parti.

Dopo esserci molto preoccupati di questa questione, mi permetto trasmettere il mio cordiale e vivissimo rtngraziamento per le Sue premure svolte a favore di una utile soluzione. Io sono convinto che attraverso il raggiunto regolamento di queste due importanti questioni economiche siano state poste le basi di una rinnovata solida e duratura collaborazione e che si trovi facilitato anche ogni successivo sviluppo secondo lo spirito dell'attuale politica. Appunto perché questi sviluppi mi sono particolarmente a cuore, credo di potere

approfittare di questa occasione per considerare le questioni dell'Alto Adige che finora vennero soltanto trattate verbalmente.

Non ho bisogno di assicurarLa della maniera con la quale sarà salutata da parte austriaca ogni «avance» fatta da V. E. nella questione delle minoranze nazionali nell'Alto Adige; non soltanto dal punto di vista della protezione di queste minoranze nazionali, ma anche a causa della distensione in politica interna che è stata per noi la conseguenza relativa. Ora come prima, da parte del nazionalsocialismo del Reich viene fatta la più violenta propaganda in Austria, sfruttando l'argomento che l'Austria permette indiretta azione di snazionalizzazione della regione tedesca dell'Alto Adige. Questa ondata di agitazione è molto aumentata di intensità soprattutto nelle regioni di confine -specialmente il Tirolo ne è naturalmente colpito -e viene provocato nello stesso Alto Adige con ogni mezzo, come ne viene riferito da fonti degne di fede. Specialmente nelle ultime settimane questa propaganda è cresciuta di violenza.

Io credo che non sarebbe difficile convincere gli ambienti dirigenti dei tedeschi nell'Alto Adige ad una posizione assolutamente leale e realistica difronte allo Stato italiano, quando si potesse dimostrare (come fu il caso nell'estate 1934) che questi desideri nazionali possono essere soddisfatti in conseguenza degli amichevoli rapporti tra Italia e Austria, ma non certo con adesioni a ideologie nazionalsocialiste. Io sono tuttavia convinto che, qualora ci si venisse incontro sui punti meno gravi, nell'atmosfera amichevole esistente tra Italia e Austria (di cui è anche prova visibile l'accordo culturale testè conchiuso) si potrebbe avere un'essenziale distensione, che potrebbe assai opportunamente influire sulla situazione politica interna austriaca che per il resto è assai soddisfacente.

Mi permetto specialmente di sottoporLe i seguenti punti per vedere se non sia possibile adottare relative misure: L'italianizzazione dei nomi, a quanto mi viene riferito, vien condotta dalle autorità locali sotto forma di azione volontaria, ma con forte pressione; questo stato di fatto viene particolarmente sfruttato dalla contro propaganda.

Nella questione dell'insegnamento privato del tedesco ho preso conoscenza con molto piacere delle facilitazioni stabilite da V. E.; ogni facilitazione in questa materia e ogni successivo completamento attraverso il rafforzare ogni possibilità al riguardo verrebbero da noi salutate con la massima riconoscenza.

Venne fatto pure molto rumore specialmente negli ultimi tempi circa lo scioglimento delle associazioni giovanili cattoliche tedesche in molte città dell'Alto Adige; per quanto maggiori particolari non siano a mia conoscenza, mi permetto pregarLa di considerare se non sia possibile anche qui un atto di generosità che venga incontro ai nostri desideri, pur non essendo disgiunto da ogni necessaria cautela. Finalmente ci sarebbe da pensare alla possibilità di atti di grazia a favore di confinati politici, nel qual caso forse si potrebbero prendere in considerazione i padri di famiglie numerose e le condanne più recenti.

Qualora si potessero motivare queste misure di generosa indulgenza e di amicizia con i rapporti amichevoli esistenti tra Italia e Austria, e questo potesse venire messo in particolare evidenza, io ritengo che verrebbe tolta molta forza alla propaganda nazionalsocialista che si svolge al di qua e al di là del confine, mentre d'altra parte verrebbero P?Sti i più favorevoli auspici per un lavoro veramente fruttuoso e duraturo sul terreno dei rapporti di amicizia esistenti tra i due Stati.

Mi sembra particolarmente pericoloso per la propaganda anti austriaca il fatto che nell'Alto Adige viene letta solamente la stampa di Monaco; bisognerebbe quindi pensare se non si potesse fare inserire nei fogli tedeschi dell'Alto Adige notizie di origine austriaca per potere controbattere in qualche misura in lingua tedesca la propaganda nazionalsocialista.

Non ho bisogno di insistere quale alleggerimento per la situazione interna in Austria avrebbe un'azione condotta con successo contro la propaganda dei germanici in Alto Adige; atti di grazia per persone e per questioni, potrebbero soprattutto portarci enorme vantaggio se messi in rapporto con l'amicizia esistente fra i nostri due Stati.

Da parte austriaca sarebbe soprattutto desiderabile che ciò coincidesse con l'applicazione dell'accordo culturale.

Io ritengo utile intrattenere V. E. con ogni franchezza delle nostre preoccupazioni e Le sarei particolarmente grato qualora io potessi anche in casi futuri entrare in rapporti per questa via più diretta con l'E. V. per reciproca informazione.

(l) Si pubblica la traduzione e non l'originale tedesco.

703

L'AMBASCIATORE A LONDRA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1069/433. Mosca, 7 marzo 1935.

Telegramma V. E. n. 21 del 1° marzo (1).

Non ho mancato, come V. E. può bene immaginare, di intrattenere subito il Signor Litvinov, nel senso indicatomi dalla E. V. col telegramma in riferimento, della questione abissina. L'ho pertanto fatto. in maniera incidentale e a proposito della Turchia, anche per non creare, senza bisogno, partite da dare e avere.

Del resto qui non si manca mai -sempre che se ne abbia l'occasione di sottolineare con compiacimento il carattere e la portata antigiapponese della nostra azione in Abissinia. Il signor Lltvinov è il primo a rendersi conto di questo aspetto, importantissimo per l'U.R.S.S., della questione.

A titolo di opportuna informazione devo peraltro riferire alla E. V. che il signor Litvinov, nel rispondere -avantieri -ai miei accenni in materia, ha trovato modo di dirmi essere sua impressione che l'azione nostra sia vista con una certa diffidenza a Londra, sia perché ritenuta suscettibile di ritornare a Ginevra, dove l'Inghilterra tiene a mostrarsi ortodossa, sia soprattutto perché « ogni ulteriore estensione della nostra influenza in Abissinia non sarebbe comunque a Londra giudicata desiderabile».

Richiesto in proposito di ulteriori precisioni, il signor Litvinov ha evitato di darne. Egli ha soltanto detto di aver ricavato una tale impressione attraverso «conversazioni non ufficiali ».

Mentre riferisco quanto sopra a V. E. per quello che possa valere, tengo ad assicurarLe che continuerò a portare alla questione tutta l'attenzione che essa richiede.

(l) Cfr. n. 682.

704

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, PERSICO, E AL DOTTOR DUBBIOSI, A SANAA

T. u. 393 R. Roma, 8 marzo 1935, ore 1,45.

Riferendomi a precedenti telegrammi circa visita costì missione etiopica, visita da porsi in relazione con attuale tensione rapporti itala-etiopici, ritengo opportuno fornire a V. S. alcuni chiarimenti anche per sua eventuale norma di linguaggio con codesti ambienti governativi.

Come noto, incidente Ual-Ual verificatosi lo scorso dicembre fu provocato da armati etiopici che improvvisamente aggredirono quei nostri dubat con l'intenzione di occupare con la forza quella località nella quale da vari anni si trova un nostro presidio. Pozzi Ual-Ual appartengono da antica data alle tribù mussulmane del sultanato di Obbia e sono perciò di pertinenza della Somalia. Incidente Ual-Ual, pure essendo stato il più grave episodio del genere verificatosi in questi ultimi tempi alle frontiere della Somalia, non è tuttavia un episodio isolato, ma è stato preceduto da numerosi altri incidenti determinati dallo stato di continuo disordine in cui si trova l'Ogaden etiopico da quando il Governo di Addis Abeba ha inviato colà suoi soldati che taglieggiano e razziano continuamente quelle popolazioni mussulmane.

In conseguenza di tali maltrattamenti lo scorso anno ben diecimila (dico diecimila) mussulmani dell'Ogaden sono entrati in Somalia chiedendo protezione al Governo di Mogadiscio che li ha installati nell'interno della Colonia mettendo a loro disposizione terre da coltivare.

In seguito all'incidente di Ual-Ual R. Governo ha chiesto a Governo etiopico riparazioni materiali e morali per diritto offeso e danni subiti: trattative sono in corso attualmente ad Addis Abeba per cercare di giungere ad una soddisfacente soluzione a tale riguardo. Tuttavia Governo etiopico mantiene sinora atteggiamento ostruzionistico e continua inviare nell'Ogaden forze armate che ammontano ormai a parecchie diecine di migliaia di uomini; tale ammassamento ha reso necessarie le misure precauzionali adottate dal R. Governo che ha disposto l'invio nell'Africa Orientale di due divisioni al fine di assicurare in ogni evenienza la difesa delle nostre Colonie.

Appare opportuno che, in sue eventuali conversazioni anche private sull'argomento, V.S. insista nel porre in luce lo stato di disordine in cui si trova l'Ogaden da quando il Governo di Addis Abeba vi ha inviato propri soldati e funzionari, e sul trattamento di cui sono vittime i mussulmani che abitano l'Etiopia meridionale. Come noto l'Etiopia del Sud è abitata prevalentemente da popolazioni mussulmane che costituivano Stati indipendenti conquistati e soppressi da Menelik alla fine del secolo scorso.

Nessun vantaggio hanno tratto quelle popolazioni da dominio etiopico che_ le ha anzi immiserite. Riservomi inviarLe a tale riguardo ulteriori informazioni e documentazione.

705

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. per corriere 1205/058 r. Berlino, 8 marzo 1935 (per. l'11).

Vengo informato che organi del partito nazionalsocialista starebbero predisponendo un'azione nei possedimenti francesi dell'Africa settentrionale (Tunisi, Algeria e Marocco) dove le autorità locali avrebbero già constatato che certa diffusione dello Hakenkreuz. Pare che si stia già compiendo da agenti nazionalsocialisti e che dovrebbe essere intensificata propaganda fra gli arabi facendo loro apparire Hitler come un protettore ed un fautore della loro indipendenza e che si trovi terreno adatto a causa anche dell'intisemitismo degli arabi.

La cosa mi sembra degna di essere segnalata al Governo della Libia perchè si potrebbe cercare di estendere la propaganda anche alle nostre colonie mediterranee (l) .

706

COLLOQUIO FRA IL SEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, VOLLGRUBER

APPUNTO. Roma, 8 marzo 1935 (2).

Il signor Vollgruber mi espone il punto di vista austriaco nei riguardi delle questioni dibattute a Parigi. Mi lascia gli uniti appunti (3) che rappresentano tale punto di vista sulle singole questioni.

Mi dice poi che a Budapest l'accordo culturale con la Francia non è piaciuto. Gombos ha detto al Ministro d'Austria a Budapest che la cosa non era perfettamente in linea con lo spirito del Patto a tre; il Ministro ha risposto che tale non era la sua opinione.

Il Governo Federale ha fatto sapere al proprio rappresentante a Budapest che nel caso Gombos ritornasse sull'argomento bisognerà obiettargli che quello che invece non è nella linea del P~tto a tre è l'avance fatta da Gombos alla Germania ed alla Polonia per un accordo culturale tipo quello austro-ungarico.

(l) -Copia d! questo telegramma venne inviata da Suvlch a Balbo con L. 2400 del 14 marzo. (2) -Annotazione a margine: «Dettato !l 9 marzo 1935 ». (3) -Non rinvenuti.
707

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO (l)

L. P. Roma, 8 marzo 1935.

Rispondo alla tua lettera del 3 marzo che mi è stata portata da Klinger.

La linea aerea che funzionerà regolarmente col prossimo aprile faciliterà moltissimo la nostra corrispondenza non assolutamente urgente. Questa mia ti viene recata dal generale Valle, col quale ti intenderai su tutto quanto riguarda la complessa preparazione aeronautica.

Vedo con soddisfazione che stai ginnasticando le formazioni indigene. Il generale Babbini col quale ho lungamente conferito, mi conferma che si può contare sulla loro lealtà. Per quanto riguarda la preparazione, non hai che da domandare: ti sarà mandato sempre più di quanto chiederai.

È assolutamente necessario, è tuo strettissimo dovere di presentarmi la realtà, così com'è e non dipinta in rosa: sono lieto che il tuo colloquio con Graziani sia stato risolutivo e sono lieto di avere affidato la Somalia a Graziani.

Per quanto concerne i 3 btg. della M.V.S.N., il camerata Teruzzi al quale ho mostrato la tua lettera, non se n'è affatto sorpreso o irritato: egli ti fornisce a parte le spiegazioni opportune a mio avviso abbastanza esaurienti.

Ora passo ad esaminare il tuo piano di mobilitazione del R. Corpo C. e l'affluenza delle grandi unità nazionali.

È mia profonda convinzione che -dovendo noi prendere fine ottobre o fine settembre l'iniziativa delle operazioni, tu devi avere una forza complessiva di 300 mila uomini (di cui 100 mila neri circa fra le due colonie) più di 300-500 aeroplani, più 300 carri veloci. Senza queste forze per alimentare la penetrazione offensiva, le operazioni non avranno il ritmo energico che noi vogliamo.

Tu chiedi tre divisioni per la fine di ottobre: io intendo mandartene 10,

dico dieci; cinque di regolari dell'esercito; cinque di formazioni volontarie dl

cc. Nere; le quali saranno accuratamente selezionate e preparate. Queste divisioni di cc.nn. saranno la documentazione che la impresa trova il consenso popolare.

Il problema che tu devi affrontare è questo: alloggiare, nutrire, muovere, jare combattere 300 mila uomini.

Problema gravissimo, ma non insolubile con mezzi che io sono pronto a

fornirti in tempo utile.

Questo imponente e tempestivo spiegamento di forze avrà gli effetti desi

derati, prima, durante e dopo, soprattutto ci consentirà di andare a fondo.

Nell'aprile riceverai la Gavinana e successivamente una divisione al mese.

Non puoi attaccare, se queste forze non sono tutte sul posto: hai sette mesi

di tempo per risolvere gradualmente, divisione per divisione, il problema logistico:

il quale ha due aspetti veramente gravi ed urgenti, l'idrico e lo stradale. Anche in

vista di possibili controversie internazionali (Società delle Nazioni etc.) è bene

affrettare i tempi. Per poche migliaia di uomini che non c'erano perdemmo Adua: non commetterò mai questo errore. Voglio peccare per eccesso, non mai per difetto.

Date queste mie direttive è necessario che tu ti costituisca uno Stato Maggiore e un'Intendenza. A proposito di Stato Maggiore, qui si ritiene che il gen. Cubeddu non sia all'altezza della situazione, date specialmente le proporzioni assunte dalla nostra preparazione.

Rifletti su questo problema che è di origine essenziale.

(l) Da A C s Carte Badoglio; ed. in MussoLINI, Opera omnia, vol. LXII, pp. 97-99 e in ROCHAT, pp. 406-408.

708

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 8 marzo 1935.

Anche questa settimana è stata abbastanza movimentata. Il resoconto del mio colloquio con Vansittart (l) Ti fu spedito venerdì sera da Londra e Ti è stato recapitato mercoledì scorso. In verità il servizio dei corrieri è un po' lento, e le mie lettere rischiano sempre di giungerTi quando gli avvenimenti, che incalzano così rapidamente, cominciano ad avere il tono scolorato delle cose superate. D'altra parte vi sono impressioni che per telegramma cifrato non si possono assolutamente riprodurre. La risposta che tu hai dato alla nota presentata da Drummond sulla controversia itala-abissina, (2) risposta di cui mi è giunta copia, è veramente un documento di una Nazione grande e virile. Credo che essa abbia avuto già un primo effetto salutare. Non insisterò mai abbastanza in quello che è un mio convincimento preciso, è cioè che gli inglesi vanno trattati in forma cortese ma assolutamente ferma. Tre sono ordinariamente le fasi dell'azione britannica: persuasione, intimidazione, compromesso.

Si tratta quindi di non lasciarsi persuadere all'inizio, di non lasciarsi intimidire in seguito e di negoziare da ultimo col medesimo spirito giudaico che è nel fondo di questa razza di mercanti.

Ho accolto con soddisfazione stamane la notizia che Tu hai proibito in Italia la vendita del Daily Herald, provvedimento ottimo sotto ogni riguardo. Durante questa settimana ho dovuto per tre volte consecutive protestare al Foreign Office contro l'atteggiamento della stampa inglese nei riguardi della nostra politica africana. L'articolo del Times di avant'ieri era anche nel complesso meno amichevole di quello che non lo fosse l'articolo del Daily llerald. Infatti quest'ultimo, per le sue grossolane ingiurie, si squalificava da sé. Ho detto chiaro e netto al Foreign_ Office che, o ve continuasse questa ispirazione ufficiosa da parte del Governo Britannico alla stampa, la stampa italiana avrebbe replicato con articoli che non sarebbe certo tornati graditi a orecchi inglesi. Si sarebbe raccontato fra l'altro la storia del valoroso Colonnello Clifford che scambiava macchine fotografiche per mitragliatrici. Come Tu hai veduto dai miei fonogrammi stampa

di questi giorni, i giornali inglesi hanno presentato l'accordo raggiunto per l'istituzione di una zona neutra, come il risultato dei passi inglesi a Roma e ad Addis Abeba, il che dimostra ancora una volta che quando si guadagna la partita, gli Inglesi si affrettano ad essere sempre del nostro parere. Ho espresso al Foreign Office la mia meraviglia per ciò, e ho detto che all'occorrenza sarebbe stato messo in chiaro pubblicamente che la richiesta di una zona neutra da parte del Governo Italiano è stata ostacolata dal Governo Britannico. Se gli abissini hanno accettato la zona neutra è soltanto perché essi hanno veduto le due Divisioni Italiane salpare per l'Africa Orientale; li che dimostra ancora una volta che se l'Italia avesse seguito i consigli dell'Inghilterra, invece di adottare le misure militari necessarie, a quest'ora probabilmente avrebbe da registrare qualche altro incidente del tipo di quelli di Gondar o di Ual-Ual.

In tutta questa faccenda non credo che Sir Eric Drummond abbia aiutato molto. All'arrivo dei dispacci da Roma ho infatti trovato sempre il Foreign Office orientato in senso non certo favorevole a noi. È ad ogni modo fuor di dubbio che quanto egli ha riferito a Londra non corrisponde a quanto egli avrebbe dichiarato a Palazzo Chigi (lo rilevo dai resoconti dei colloqui con S. E. Suvich). Ad ogni modo l'istituzione della zona neutra ha calmato un poco l'allarmismo dei liberali e dei laburisti, e credo che avremo davanti a noi un po' di tempo di relativa calma. Il che rientra, se non sbaglio, nelle Tue direttive e nei Tuoi piani.

2) La pubblicazione del Libro Bianco, il raffredore di Hitler, il mancato viaggio di Simon a Berlino continuano a costituire l'argomento di tutti i discorsi a Londra. È un po' difficile davvero orientarsi nel guazzabuglio di interessi, pettegolezzi e opinioni determinati dagli avvenimenti di questi ultimi quattro giorni.

Ho avuto già occasione di segnalarTi come il gesto del Gabinetto Inglese, e cioè l'accettazione immediata dell'invito tedesco di recarsi a Berlino, era stato accolto con palese disfavore dal Foreign Office e dagli ambienti militari che fanno capo soprattutto a Lord Hailsham, i quali temevano che l'incontro Simon Hitler, anziché aiutare, avrebbe complicato maggiormente da una parte il programma degli armamenti britannici, dall'altra lo sviluppo di quella politica antitedesca che il Foreign Office ritiene ormai come l'unica possibile da seguirsi. Il povero Simon si è trovato tra i piedi questo documento alla vigilia della sua andata a Berlino: documento che questa volta anziché essere sottoscritto da Baldwin come era da aspettarsi, è stato addirittura pubblicato sotto la responsabilità dello stesso MacDonald. Credo che non siano estranee a ciò le gelosie che MacDonald ha sempre nutrito per Simon, e il timore che un possibile successo diplomatico di quest'ultimo potesse rinforzare a suo danno la posizione di Simon nella coalizione governativa. La corrente antitedesca ha segnato così un punto di vantaggio. Per quanto tempo è difficile dire. Certo il gesto di Hitler è valso a far misurare la tracotanza a cui sono giunti ormai i tedeschi, e anche a persuadere molti della necessità di fronteggiare la Germania in ben altra maniera che recandosi a fare una scampagnata diplomatica a Berlino. Infatti gli stessi liberali e laburisti mentre si scagliano contro il Governo conservatore per la pubblicazione intempestiva del Libro Bianco non possono fare a meno di stigmatizzare l'arrogante gesto tedesco che pone non solo un Governo conservatore, ma l'intera Inghilterra, in una situazione di scacco diplomatico, delicata e imbarazzante.

Ieri sera il Gabinetto ha deciso del viaggio di Eden a Mosca. Questa decisione più che per considerazioni di ordine diplomatico e internazionale, è stata presa piuttosto in vista di quella che sarà la discussione di lunedì prossimo alla Camera dei Comuni, durante la quale i laburisti e i liberali si propongono di sferrare un attacco contro il Governo. * Tutto quanto accade ormai in Inghilterra è in termini di campagna elettorale * (l). E quando i Governi fanno della politica estera con questo spirito si sbagliano sempre. Nel frattempo il Governo conservatore perde terreno nel Paese. L'ala conservatrice dei giovani è in fermento; per placarla si è pensato persino (Ti prego di leggere il mio ultimo rapporto inviato sull'argomento) (2) ad un'alleanza con il vecchio mago del Galles, Lloyd George. Nello stesso tempo i laburisti molto abilmente cercano di presentarsi nel p3iese coll'etichetta di Partito di sinistra radicale, che ha rinunciato a priori ai programmi socialisti: ciò per attrarre l'adesione e le simpatie di quelle classi medie che sono contro i conservatori, ma che non si rassegnerebbero a nuovi esperimenti di carattere tipicamente socialista nel Paese. Insomma, situazione fluida, dove tutto, Partiti, avvenimenti, uomini danno l'impressione di un insieme di cose anacronistiche a chi le giudica collo spirito della Rivoluzione Fascista del XX Secolo.

Vaie la pena di leggere attentamente il Libro Bianco che contiene i principi e le cifre del nuovo programma di armamenti britannici. Anche qui, come in tutti i Paesi democratici c'è il solito equivoco di una pseudo-classe dirigente a cui è affidata l'apparenza del comando, dietro la quale si nasconde un'altra effettiva classe dirigente, quella dei burocratici e dei militari che vanno diritti per la loro strada senza preoccuparsi della Camera dei Comuni o della Lega delle Nazioni.

(l) -Cfr. n. 670. (2) -Cfr. n. 678.
709

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, A TOKIO, AURITI, IN CINA, LOJACONO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTONN, ROSSI LONGHI E ALLA DELEGAZIONE A GINEVRA

T. 401/c. R. (3). Roma, 9 marzo 1935, ore 3.

(Per Tokio, Shanghai, Mosca e Ginevra) Ho telegrafato alle R. ambasciate a Washington, Parigi e Londra: Mio telegramma n. 69 per Washington; n. 65 per Londra; n. 387 per gli altri ( 4).

(Per tutti) Interessa conoscere atteggiamento codesto Governo dinanzi pressione che svolge Giappone su Cina per una intesa tra i due paesi con carattere

che appare antitetico all'azione e agli interessi altre Potenze. V. E. potrà far presente codesto Governo atteggiamento Governo italiano come segue. Azione italiana mira a continuare opera da tempo iniziata e in via di svolgimento per partecipazione ricostruzione Cina collaborando con essa per conseguimento fini difensivi e pacifici quel Governo. Notizie stampa circa passo britannico a Washington e accoglienza che esso avrebbe trovato confermerebbero d'altra parte necessità collaborazione Potenze interessate alla Cina, collaborazione alla quale l'Italia, come Potenza a interessi generali e che ha interessi in Cina, è naturalmente chiamata a partecipare, e per cui contatti con codesto Governo appaiono di reciproca utilità (l).

(l) -Il passo tra asterischi è stato sottolineato da Mussolini. (2) -R. 661/214 del 5 marzo, non pubblicato. (3) -A Mosca, Parigi e Ginevra !l telegramma venne Inviato per corriere. (4) -Del 7 marzo, non· pubblicato.
710

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1156/57 R. Atene, 9 marzo 1935, ore 13,30 (per. ore 16).

Mio telegramma in chiaro n. 51 (2).

Per quanto stampa ellenica abbia in un primo tempo tentato trasformare dichiarazioni Ministro d'Inghilterra in condanna movimento rivoluzionario, mentre esse non erano che voto, enfaticamente espresso come fa sempre questo ministro Inghilterra, per rapido ristabilimento normalità e minima effusione sangue, esse e arrivo navi da guerra Falera, se non completamente gradite da nazionalisti, hanno fatto profondo effetto masse alzando fiducia che lunga e inefficace operazione aveva un poco scosso nel popolo.

Sfere dirigenti hanno però seriamente apprezzato contegno profondamente leale e amichevole R. Governo che ha preferito non far adesso dimostrazioni di forza, confidando in Governo ellenico per tutelare nostri connazionali libertà navigazione e libertà comunicazioni questa legazione.

E debbo veramente convenire che, ad onta difficoltà momento Governo ellenico fa possibile per conciliare esigenze difesa e tutela ordine pubblico e nostri interessi. "

Valendomi mia personale amicizia con nuovo ministro della marina, che è particolarmente autorevole in seno al Gabinetto, non ho mancato di opportunamente valorizzare contegno Italia in questo delicato e difficile momento per suo paese.

Grandi aveva comunicato con t. 1132/136 dell'8 marzo: « Foreign Office è desideroso di mostrare alla Cina Il suo interessamento e di promuovere con le Potenze del consorzio un aiuto in suo favore. Nello stesso tempo esso vuole evitare una azione che possa sembrare diretta contro il Giappone o a impedire rlavvicinamento al Giappone.

Esso ha pertanto dato istruzioni alla Ambasciata d'Inghilterra a Tokio e alla legazione d'Inghilterra a Pechino di smentire che sia l'Inghilterra che abbia preso l'iniziativa del prestito».

(l) Rossi Longhi comunicò con t. 1191/89 R. del 10 marzo di aver fatto presente l'atteggiamento del Governo italiano a Moffatt il quale gli aveva risposto «che iniziativa delle conversazioni sulla questione era stata presa da Inghilterra alla quale Governo federale desiderava lasciare di condurre ulteriore svolgimento».

(2) T. 1127/51 R. dell'8 marzo, non pubblicato.

711

L'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1194/76 R. Shanghai, 9 marzo 1935, ore 13,30 (per. ore 24).

Ho avuto a Nanchino colloqui sopra relazioni cino-giapponesi con Shumo, vice ministro affari esteri, e con Wang-Ching-Wei.

Ho chiesto al primo informazioni attuale fase politica cui annettiamo grande interesse, non perchè Italia abbia una politca antigiapponese, ma perchè non potrebbe vedere nè potrebbe consigliare Cina ad ammettere che Giappone conquisti qui tale posizione da precludere porta aperta alle Potenze Occidentali e da menomare quindi collaborazione italiana in Cina.

Shumo mi ha risposto quanto segue:

Noi non possiamo pretendere di fronteggiare apertamente Giappone e dobbiamo seguire linee di adattamento per evitare conflitto durante il periodo di iniziale nostra ricostruzione, ma non consentiremo mai ad eventuale tendenza giapponese a farci abbandonare collaborazione europea che ci è necessaria per controbilanciare influenza nostro vicino e per non farci cadere in vassallaggio di fronte ad esso.

Fra tutte le collaborazioni europee, alcune delle quali ci hanno provocato del resto non lieve disillusione, saremmo sopratutto fedeli a quella italiana, che ci ha dato, invece, prova di tangibile assistenza.

In quanto a Whang-Ching-Wei, prima che io gli chiedessi spiegazioni, mi ha detto che intendeva spontaneamente mettermi al corrente della situazione. Ha definito così atteggiamento che Cina ha tenuto e avrà sempre verso Giappone: rassegnazione e resistenza.

Rassegnazione non potrà mai arrivare a riconoscimento perdita provincie del nord, giacchè Governo cinese preferisce a ciò «lotta sino alla morte».

Invece, nel campo del miglioramento delle relazioni mediante abbandono campagna antigiapponese e ripresa collaborazione, Governo cinese essere consapevole della necessità di una situazione meno tesa per evitare violenza e sabotaggio contro la ricostruzione.

A tale scopo Governo cinese essere fermamente deciso non alienarsi appoggi Potenze occidentali e resistere eventuale richiesta giapponese in senso contrario, ma non saper quali reazioni questi propositi potranno avere in futuro da parte giapponese. Fino ad oggi essere solo intervenuta conversazione generica per sondare possibilità di rallentare tensione.

Riguardo alle attuali difficoltà finanziarie aggravate dalla politica americana per argento, Governo cinese avere ancora speranza superare da solo situazione, ma se dovesse ricorrere ad un prestito esterno -che Wang-Chin-Wei in massima non desidera -Governo cinese si propone operare alla luce del giorno, non fare trattative con una Potenza qualsiasi senza informare le altre e cerca sempre suo naturale interesse di non dare all'eventuale prestito carattere di legame politico.

Anche egli mi ha detto essere disingannato politica egoistica e indifferenza Inghilterra e America, mentre deve esprimere riconoscenza verso V. E. per opera deferente a favore Cina.

712

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1181/404 R. Addis Abeba, 9 marzo 1935, ore 18 (per. ore 14,20 del 10).

Telegramma di V. E. n. 44 del 7 corrente (l), in risposta al mio telegramma 307 (2).

Non appena riceverò correzione alcuni errori cifra, richiesta con telegramma a parte, presenterò nota nei precisi termini del telegramma stesso quanto ai punti l, 2, 3, 4.

Poichè V. E. me ne dà facoltà, mi permetto osservare, quanto alla risposta all'ultimo periodo della nota etiopica, che riterrei preferibile nella nota scritta ripetere solo che R. Governo si attende la soluzione dell'incidente seguendo la normale via diplomatica.

Quanto poi al merito della nostra proposta, mi permetto far rilevare che la documentazione, in mio possesso, si riduce esclusivamente a qualche telegramma: argomenti inequivocabili, ma senza documenti.

Gradirei quindi nel caso riceverne al più presto.

Gli etiopici iiwece, certo in malafede, sono molto più documentati; in previsione del giudizio arbitrale, da essi auspicato, essi hanno cercato accumulare vario materiale a riprova della loro tesi.

Potrebbero anche produrre testimonianze: ciò che ci potrebbe condurre a mio subordinato parere un po' lontano, tenendo conto che è qui presente anche Colonnello Cliffords.

Mi riservo quindi, salvo ulteriori ordini di V. E., di fare in caso proposta verbale al Blata Herui, e su riserva presentare documentazione completa che gradirei, nel caso, mi fosse comunicata d'urgenza (3).

713

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI BULGARIA A ROMA, POMENOV

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1935 (4).

Il Signor Pomenov smentisce che ci sia stato un richiamo di classi nel suo paese: si tratta soltanto di un richiamo di parte della classe attualmente sotto le armi che era stata inviata in congedo.

Il Ministro informa che la Bulgaria non intendeva fare alcun passo alla Società delle Nazioni: il rappresentate della Bulgaria a Ginevra aveva soltanto

incarico di informare il Sottosegretario della Società delle Nazioni della situazione anormale creatasi al confine bulgaro-turco per l'ammassamento di truppe turche che sono state portate in quel settore da due a sei divisioni; tutto il resto è iniziativa del Segretario Generale della Società delle Nazioni.

Il Signor Pomenov ritiene critica la situazione del Governo in Grecia, non essendosi finora potuta domare la rivolta.

Mi chiede poi il Ministro se si parli ancora di Patto Orientale; gli rispondo di no. Di quando in quando il Dott. Tewfik Aras fa qualche vago accenno del genere, ma la cosa non ha seguito. Noi saremmo stati disposti anche rinverdire in qualche modo il nostro Patto di amicizia con la Turchia, per calmare le ingiustificate suscettibilità turche, nia l'impressione è che non se ne farà niente.

(l) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 698. (2) -Cfr. n. 643, nota 2. (3) -Con t. 1179/405 R. dello stesso 9 marzo, non pubblicato Vinci trasmise la diciottesima nota etiopica ed. in Il conflitto itala-etiopico, pp. 174-175. (4) -Annotazione a margine: «Dettato il 10 marzo 1935, XIII».
714

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, DUCIÉ

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1935 (1).

Il Ministro Ducié viene per sapere come noi vediamo la situazione in Grecia e se intendiamo intervenire in qualche modo.

Gli rispondo che noi consideriamo quanto oggi avviene in Grecia questione interna della Grecia stessa e non intendiamo intervenire. Abbiamo mandato delle navi a controllare la situazione, per ogni eventualità, come hanno fatto le altre Potenze.

Chiede se prevediamo complicazioni internazionali: gli rispondo di no almeno per il momento. Anche lui spera che nessuno si muoverà e che le cose passeranno

tranqu~lle.

Richiamo l'attenzione del Ministro sull'articolo del Novosti pieno di insinuazioni e di calunnie contro l'Italia.

Il Ministro deplora il fatto: mi dice di avere segnalato a Belgrado il perfetto contegno della stampa italiana, chiedendo che sia esercitata la più assidua vigilanza perché anche da parte jugoslava si faccia altrettanto.

715

IL SOTTOCAPO DI STATO MAGGIORE, PARIANI, AL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, BAISTROCCHI (2)

PROMEMORIA. Roma, 9 marzo 1935.

Mi riferisco al foglio S. 267 del 18 febbraio u.s. (3).

Ho esaminato i due promemoria presentati dal direttore del servizio chimico militare e dal direttore generale di sanità.

A mio parere debbono bensì essere impiegati tutti i mezzi che portano a raggiungere Io scopo, ma ritengo necessario che gli effetti siano non solo sicuri ma di ampio raggio: che costituiscano cioè un forte mezzo di lotta e non un semplice inasprimento, atto a determinare delle accuse senza per contro darci sostanziali risultati.

Perciò:

lo -Ho molta fiducia negli aggressivi chimici (iprite e cloropicrina ed arsina) usati con bombe a tempo da a,ereo. Per questi il generale Ricchetti sta prendendo diretti accordi con la R. Aeronautica.

2° -Minore efficacia ritengo che possa avere l'impiego di proiettili di artiglieria, dato che i mezzi chimici richiedono forti concentramenti di fuoco. Tuttavia, in qualche caso particolare, si potranno attuare concefltramenti

di qualche entità su conche di raccolta o punti di passaggio obbligato.

3° -Cosi pure, mentre in linea di massima non sono da considerare molto efficaci, in quel clima, le irrorazioni di zone con iprite, non è da escludere che in qualche caso si possa ricorrere anche a tale utilizzazione.

4° -Ritengo molto utili i mezzi atti da impressionare: luci intese (fosforo), fumi ( cloropicrina), odori etc. O).

Sono pertanto d'avviso che tali mezzi vengano predisposti nella seguente misura complessiva:

-iprite: 1.000 tonn. (delle quali 150 per i bisogni dell'Esercito);

-cloropicrina: 650 tonn. (delle quali 50 per i bisogni dell'Esercito);

- arsina: 400 tonn. (delle quali 25 per i bisogni dell'Esercito); - fosforo: 10 tonn. (per l'Esercito); - bombe a mano a fosforo: n. 30.000; - bombe a mano irritanti: n. 30.000.

Naturalmente bisognerebbe che, contemporaneamente, fossero predisposti 1 mezzi di trasporto e di conservazione e fosse convenientemente preparata l'istruzione degli elementi che dovrebbero impiegarli (2).

(l) -Annotazione a margine: «Dettato il 10 marzo XIII». (2) -Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. (3) -Non pubblicato.
716

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. V. 1043/356. Belgrado, 9 marzo 1935 (per. l'11).

Mio telegramma n. 30 dell'B corrente (3). Ho l'onore di riferire a V. E. che non appena assunta la direzione di questa

R. Legazione e stante una malattia del Presid·ente del Consiglio e Ministro degli

Esteri signor Jeftic, ho preso immediato contatto, i~ 6 corrente, con questo ministro aggiunto agli affari esteri, signor Puric, al quale ho comunicato il testo delle dichiarazioni che, in conformità delle istruzioni di V. E., farò all'atto della presentazione delle mie lettere credenziali a S. A.R. il Principe Reggente di Jugoslavia.

Il signor Puric ha accolto la mia comunicazione con visibile soddisfazione, e con lui ho concordato la traduzione in francese di tali dichiarazioni che, in conformità degli usi locali, saranno da me pronunziate in tale lingua e di cui qui unita mi onoro trasmettere copia a V. E., fermo restando quale testo quello redatto in lingua italiana.

Ieri nel pomeriggio il signor Puric mi ha consegnato il testo della risposta che mi sarà letta da S. A. R. il Principe Paolo del pari qui unita in copia. Come ho già fatto presente a V. E. col telegramma citato in riferimento, tale risposta mi sembra perfettamente intonata alle nostre dichiarazioni.

Col signor Puric siamo poi rimasti d'accordo che la presentazione delle lettere credenziali potrebbe aver luogo v·erso la metà della prossima settimana, non appena io sarò in possesso del benestare di V. E. alla risposta jugoslava (che sarei molto grato se mi pervenisse per telegrafo) (l) ed anche per dar modo possibilmente ad Jeftic, che si presume del tutto guarito per tale data, di presenziare alla cerimonia della presentazione, alla quale, per la prima volta in deroga al cerimoniale qui in uso, dietro mia richiesta subito accolta, io sarò accompagnato dal Primo Segretario della R. Legazione e dall'Addetto Militare.

ALLEGATO l

TESTO DELLE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO D'ITALIA (traduzione in francese)

Altesse Royale,

j'ai l'honneur de remettre à Votre Altesse Royale les lettres par lesquelles Sa Majesté le Roi Victor Emmanuel III, mon Auguste Souverain, a daigné de m'accréditer en qualité de Son Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire auprès de Sa Majesté le Roi de Yougoslavie Pierre II, a;;:nsi que les lettres de rappel de mon prédécesseur.

Je suis chargé tout exprès par le Chef de mon Gouvernement de déclarer que mon activité sera dirigée à réaliser un rapprochement positif entre nos deux Pays.

Je suis autorisé à répéter que l'Italie n'a rien que des sentiments amicaux envers la Yougoslavie et n'a pas l'intention de troubler son développement ou son intégrité térritoriale (2), mais au contraire, Elle se propose de développer toutes les possibilités existantes dans le but de parvenir à une collaboration cordiale et concrète et à une entente sur le terrain politique et économique.

«Come da mio fonogramma di ieri sera a Cosmelli nella discussione avuta con Jeftic e Puric per sostituzione dell'espressione «integrità territoriale» con «unità» ho dovuto convincermi che non era il caso insistere.

Infatti Jeftic concludeva dichiarando che non poteva opporsi alla variante se noi la pretendevamo, ma che con ciò avrebbe considerato la nostra dichiarazione svuotata della sostanza e priva del significato che si attendeva».

53 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Dans l'espoir que Votre Altesse Royale et Son Gouvernement voudront bien m'accorder tout Leur bienvelllant appui pour l'accomplissement de ma mission, je formule, au nom de mon Roi et de mon Gouvernement, les voeux les plus sincères pour le bonheur personnel de Sa Majesté le Roi Pierre II et de Votre Altesse Royale, ainsi que pour la prospérité du peuple yougoslave.

ALLEGATO II.

TESTO DELLE DICHIARAZIONI DI SUA ALTEZZA REALE IL PRINCIPE REGGENTE DI JUGOSLAVIA

Monsieur le Ministre,

C'est avec une vive satisfaction que Je reçois de vos mains les lettres par lesquelles Sa Majesté le Roi Victor Emmanuel III, votre Auguste Souverain, a bien voulu vous accréditer en qualité de Son Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire auprès de Sa Majesté le Roi de Yougoslavie Pierre II.

La mission qui vous est confiée et la déclaration expresse de votre Chef de Gouvernment que votre activité sera dirigée à réaliser un rapprochement positif entre nos deux Pays, afin de parvenir à une collaboration cordiale et à une entente sur le terrain économique et politique, répondent trop à nos sentiments pour que vous ne soyez pas assuré de rencontrer ici toutes nos sympathies.

Cette collaboration et cette entente seront non seulement dans l'intérét de nos deux Pays, mais serviront aussi à l'affermissement de la Paix. Je peux vous assurer que votre mission peut entièrement compter sur Mon appui et sur celui de la Régence, ainsi que sur le concours du Gouvernement Royal.

Profondément touché par les voeux de votre Auguste Souverain et du Gouvernement Royal, Je vous prie, Monsieur le Ministre, d'étre l'interprète de Mes voeux les plus sincères pour le bonheur de Sa Majesté le Roi Victor Emmanuel III, du Chef du Gouvernment et pour la prospérité du peuple italien.

(l) -Annotaz~one a margine di Baistrocchi: «Si>>. (2) -Annotazione a margine di Baistrocchi: «Concordo. Occorre però preparazione di uomini destinati all'impiego d! tali mezzi. Gen. Robott! da me». (3) -T. 2068/30 P. R .• non pubblicato. (l) -Suvich rispose con t. 2168/19 P.R. dell'll marzo: «Sta bene. Prego V. S. informarmi a tempo giorno preciso consegna lettere». (2) -Cfr. Il seguente brano del t. 1314/33 R. del 15 marzo con cui Viola comunicava di aver presentato a mezzogiorno le credenziali:
717

IL CONSOLE A CANEA, TONCKER, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI. MUSSOLINI

T. 1180/3 R. Canea, 10 marzo 1935, ore 5,50 (per. ore 11,45). Nell'impossibilità esimermi, date replicate insistenze, ho l'onore di far

seguire traduzione approssimativa messaggio per il Duce trasmessomi con lettera personale Venizelos. «Nelle attuali critiche circostanze elleniche permettomi rivolgermi personalmente all'opera Mussolini. Mai ho pensato richiedere osservanza neutralità imposta diritto internazionale; scopo appello è chiedere ... (l) mio Governo sua previa simpatia.

Richiedo venga facilitata comunicazione diretta .. (1.) S. F. e piroscaf... (l) Grecia Obbed... (l) mio Governo, comunicazioni che gioveranno interessi due paesi.

Avremo prestissimo bisogno zolfo agricoltura e se le comunicazioni assicurate lo otterremo.

Ufficio Stampa Atene comunica che Governo italiano impedisce partenza Milano generale Plastiras: prego signor Mussolini volere esaminare se simile gesto sia del resto conforme neutralità ... (l) parti avversarie. Venizelos ~ (2)

(l) Gruppi indee!frat!.

718

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 10 marzo 1935.

Ho l'onore di confermare all'E. V. l'opportunità -a subordinato parere di questa Direzione Generale -dell'invio senza ulteriore indugio di una nave italiana al Pireo, come hanno fatto da più giorni francesi e inglesi. Il fatto che le navi italiane sieno ancora nel Dodecanneso non può non avvalorare, per ovvie ragioni, il sospetto diffuso ad arte circa le nostre intenzioni relativamente alla rivolta greca.

719

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MlNISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1236/061 R. Berlino, 11 marzo 1935 (per. il 13).

Mio telegramma n. 69 del !) marzo u.s. (3).

R. addetto aeronautico è stato chiamato stamane dal Capo di Gabinetto dell'aeronautica del Reich il quale gli ha comunicato ufficialmente che a datare dal 1° marzo sono stati militarizzati ufficiali, truppe e alcuni reparti del Ministero dell'Aria allo scopo di far compiere un passo innanzi all'organizzazione aerea del Reich.

È stato aggiunto che quanto precede non significa né un ripudio delle limitazioni del trattato di Versailles né la costituzione di una forza aerea militare ma solo la preparazione delle indispensabili basi di questa forza aerea.

Capo di gabinetto ha pure dichiarato che se la stampa estera dovesse parlare di costituzione di una flotta militare aerea tedesca il ministero dell'aria del Reich la smentirebbe.

Avverto per ogni buon fine che Daily Mail pubblica oggi stesso intervista di Goring a Ward Price in cui si fanno delle ammissioni al riguardo.

«Vengo informato da buona fonte in via riservata che il Governo del Relch si proporrebbedi dare prossimamente notizia ufficiale al vari Governi della sua decisione di istituire aviazione militare». Analoga informazione aveva comunicato con R. s. 856/380 del 6 marzo.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Altro telegramma fu inviato da Venlzelos a Lago dall'isola di Caso dove si era rifugiato (telespr. 938 di Lago del 13 marzo). Venizelos fu autorizzato ad imbarcarsi col suo seguito sul piroscafo «Rex » e gli fu concessa ospitalità, purché naturalmente si astenesse da ogni attività politica (t. 448/27 R. di Suvlch a Lago del 16 marzo). (3) -con t. rr. 1165/69 R. del 9 marzo, pubblicato, Cerrutl aveva riferito:
720

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1335/2667/013 R. Budapest, 11 marzo 1935 (per. il 16).

Ho segnalato il grande rilievo dato dalla stampa magiara al telegramma diretto dall'E. V. al generale Gi:imbi:is come pure alla risposta di questo (1), ed il risalto che nella stampa stessa hanno avuto i dispacci scambiati fra il cancelliere austriaco e questo presidente del consiglio.

Altrettanto e forse anche più viva è stata l'impressione che queste manifestazioni hanno suscitato nei circoli politici ungheresi. In alcuni di questi esse sono valse ad attenuare, se non a disperdere, l'impressione cl1e il nuovo orientamento interno del generale Gombos avrebbe potuto ripercuotersi sfavorevolmente sulle relazioni tripartite in genere e sui rapporti itala-ungheresi in particolare; in tutti, è stata realizzata l'entità del nuovo aiuto che la manifestazione di V. E. rappresentava per il presidente del consiglio spuntando quella che avrebbe potuto essere una delle armi più pericolose dei suoi avversari.

Con molta espansione il presidente stesso mi ha parlato iersera dei sentimenti di profonda gratitudine che questa nuova prova delle disposizioni di V. E. aveva suscitato in lui, per la cordialità del pensiero e per il prezioso appoggio che era venuta a prestargli. Egli, in cambio, non poteva offrire all'E. v. che la sua amicizia fedele.

Come mi aveva già detto il primo giorno -ha continuato -le direttive di politica estera del secondo Gabinetto Gi:imbi:is rimanevano identiche a quelle del primo. Se il nuovo ministro dell'interno era un ussero del Reggimento di proprietà di Mackensen, esso era anche e sopra tutto un buon ungherese. Quanto alle recenti manifestazioni del cristiano-sociale Wolff -ha aggiunto ad

~ una mia osservazione -la cui frazione fiancheggia ora il Governo (mio telespresso n. 2418/324 del 5 corrente) (2) non meritavano alcuna importanza: Wolff parlava ora secondo un'imbeccata di Papen che se lo era lavorato a Vienna due settimane fa, ma non era da prender sul serio perchè dall'autunno scorso si era venuto rammollendo; poi, e questo era l'essenziale, il giorno in cui fosse entrato per avventura a far parte integrante della sua organizzazione, Wolff non avrebe potuto seguire neanche esso altro indirizzo che quello di lui, Gombos ...

721

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, GOMBOS, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (3)

L. Budapest, 11 marzo 1935.

V. E. è stata così cortese di indirìzzarmì un telegramma per me straordinariamente importante ed onorifico. Ho ringraziato telegraficamente (4), ma sento

come questa forma di risposta sia insufficiente. Mi vedo perclo' costretto a ringraziare l'E. V. anche per questo tramite per la Sua cosi' sincera ed eletta amicizia. Questa amicizia è per me santa e mi dà in ore difficili un forte appoggio e la sicura garanzia che l'Ungheria puo' contare sull'Italia in ogni circostanza. Come contro prestazione io posso dare soltanto una cosa: l'assoluta fedeltà nella lotta per scopi comuni e la fedeltà dell'amico verso V. E.

Desidero ora informare V. E. di alcune questioni:

l) nell'autunno 1934, allorché io visitai V. E., Le avevo comunicato che molto probabilmente sarebbe avvenuta una rottura tra me ed il mio stimatissimo amico Conte Bethlen. Io vidi già allora che taluni elementi del mio partito che tendenzialmente mi si erano schierati contro, ma anche certi fattori politici ed economici che stavano all'infuori di questi, si sarebbero opposti ai miei progetti di riforma e che essi avrebbero rivolto i loro sguardi verso il Conte Bethlen come persona adatta. Da principio egli non accolse questa idea, ma più tardi, un anno prima delle elezioni, si poté persuaderlo che si trovava in pericolo. Io non avevo e non ho nulla contro la sua persona, ma contro il suo contorno politico, parte ebraico, liberale, ed ultra conservatore, ho dovuto prendere posizione e decidermi ad agire in conformità.

S. A. il Reggente fu così ben disposto da approvare i miei piani ed in tal modo si giunse allo scioglimento della Camera. Io credo che in queste nuove elezioni otterrò una considerevole maggioranza ed omogenea nelle tendenze e gli elementi di sinistra non otterrano più di 20 voti al massimo su 245. I miei organizzatori valutano il mio partito a 170 almeno, perchè eravamo organizzati abbastanza bene -anche se non del tutto pronti. Ed ora, se Dio lo vuole, verrà un periodo di riforma.

Dal punto di vista della politica estera ci interessano quattro problemi: Abissinia -Il Ministro Vil'l!ni mi ha comunicato che V. E. fu così gentile di farmi sapere per il suo tramite che posso essere tranquillo perché l'E. V. ha ancora sempre abbastanza forza per far valere la sua volontà anche in Europa. I miei timori erano i seguenti: forse che i francesi non si rallegrano di aver attirato l'Italia in una impresa che la impegna, allo scopo di guadagnare mano libera in Europa orientale? l'esercito abissino non è più forte di quanto sembra? Le nostre inU>rmazioni danno che l'Abissinia può mettere in campo da 12 a 14 Divisioni per quanto non bene armate. Però il cattivo terreno e il cattivo clima impongono complessi servizi logistici per le truppe italiane con forti spese. Accanto a tutti questi argomenti parla in me il sano egoismo. Grecia -Il vecchio cospiratore Venizelos fa nuovamente parlare di sé. Noi siamo poco informati. Io non so quale Potenza attizzi il fuoco. Semplicemente sulla base della mia carta militare credo di capire che l'insurrezione di Venizelos, appoggiata a forze bulgaro-macedoni, è rivolta contro il patto balcanico: quindi Italia e Inghilterra? Le sarò grato se mi venisse f·ornito qualche chiarimento su questo punto. I Balcani furono sempre la polveriera di Europa ... io però soltanto a partire dal 1936 sarò sufficientemente in condizioni di muovermi. Richiesto colloquio danubiano (Mussolini-Laval) -Noi lavoriamo intorno ai nostri problemi: i miei motti sono pace, fedeltà ai nostri amici, definizione

della questione della reVIsiOne territoriale, protezione delle minoranze, parità militare, soluzione internazionale della nostra situazione finanziaria estera (Stato e privati).

Nuova campagna granaria di quest'anno 1935-1936 -Domando a V. E. se anche quest'anno posso contare sullo stesso aiuto da parte dell'Italia come nell'anno passato. Purtroppo avevamo poco grano; quest'anno dovremmo averne notevolmente di più.

Mentre comunico ancora a V. E. che il mio nuovo Governo è tutto orientato sulla mia politica e perciò in prima linea verso il Patto di Roma, prego V. E. di voler ricevere il nostro Capo di Stato Maggiore come un amico e di voler benevolmente intendere la sua esposizione e le sue preghiere.

Resto di V. E. fedele amico (1).

(l) -Editi sulla stampa del 9 marzo: felicitazioni di Mussolini a Gombos !n occasione del rimpasto del Governo ungherese e risposta di Gombos. (2) -Non pubbl!cato. (3) -Traduzione. (4) -Cfr. n. 720, nota l.
722

L'AMBASCIATOR'E AD ANKARA, GALLI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

R. 631/254. Ankara, 11 marzo 1935.

La guerra civile in Grecia segna attualmente un periodo di arresto nello sviluppo dei negoziati per il Patto del Mediterraneo Orientale o per l'altro patto più esteso e di significato più rilevante e complesso accennato da questo Ministro degli Affari Esteri e che io ho già avuto l'onore di sottoporre all'alta considerazione di V. E.

Tale momento di arresto mi dà anche modo di esporre più ampiamente il mio pensiero, sì da sottomettere con ogni subordinato rispetto all'E. V. tutti i possibili utili elementi per una sicura efficace decisione.

Senza dubbio i miei recenti colloqui con T~ii~ik Rustu Aras hanno reso evidente una rapida evoluzione, avvenuta in questi ultimi tempi, del pensiero turco nei nostri riguardi, evoluzione che viene altresì confermata da diverse altre manifestazioni, come ad esempio l'accettazione di massima del nostro punto di vista per l'Ospedale di St. Antonio in Smirne, ciò che anche soltanto due mesi or sono sarebbe stato impossibile sperare dal Governo turco che teneva quasi a palesare chiaramente la sua ostile irreducibilità per quanto potesse interessarci.

Chiarisco qui appresso a V.E. le possibili ragioni di tale evoiuzione onde poter inquadrare ed esaminare con la maggior precisione le proposte fatteci da Tewfik in rapporto a quella che sembra la situazione internazionale attuale della Turchia.

Questo Paese, nelle condizioni nelle quali uscì dalla Grande Guerra e succes

sivamente dalla sua guerra d'indipedenza non poteva certo più sperare in possi

bilità espansionistiche ed imperialistiche, ma poteva e doveva soltanto racco

gliersi per una fondamentale riorganizzazione ed efficiente rivalutazione interna

e provvedere in tutti i modi alla difesa dei territori rimastigli dopo le gravissime

mutilazioni subite. È vero che tali mutilazioni riguardavano essenzialmente terri

tori arabi o comunque non essenzialmente turchi, e che quindi con il loro distacco

dalla Turchia e con lo scambio di popolazioni tra la Turchia e la Grecia si è venuto

a costituire qui uno Stato a carattere nazionale ed abbastanza omogeneo. Ma, tuttavia, ciò non toglie che la diminuzione di tanti e così ricchi territori abbia rappresentato un grande decadimento del prestigio internazionale di questo stesso paese, decadimento contro il quale era indispensabile reagire trasformando nel modo più completo ed assoluto il volto, e po1ssibilmente anche l'anima del paese medesimo.

È indubbio che la trasformazione dello Stato si è verificata qui nel modo più radicale e totalitario, ciò che ha ridato forza, prestigio e ragione di esser-e alla nuovissima Turchia, con conseguente suo ascendente verso gli Stati asiatici più vicini (Iran, Afganistan ed Irak) ma, nel contempo, distruggendo violentemente i due simboli delle sue glorie tradizionali più aUe e più significative (Califfato e Sultanato), ha rappresentato la più completa negazione della sua stessa essenza nazionale, appunto perché priva dei suoi attribUti caratteristici e perchè invece rivestita ora di nuove forme che nel passato le erano state completamente ed irreducibilmente estranee. Da ciò, quindi, il problema se questa trasformazione così rapida e radicale, con assoluto e deciso diniego di alcuna continuità con il passato, anche se con quello più glorioso, possa effettivamente rappresentare una condizione di vita di per se stessa solidamente consistente come, invece, ha di già mirabilmente dimostrato in Giappone il riuscitissimo innesto delle migliori attività della civiltà occidentale sulle grandi forze spirituali e tradizionali della collettività nazionale, forze conservate intatte con la cura più gelosa e con la fierezza più cosciente.

Nella politica estera, poi, e nell'incessante divenire delle vicende internazionali, si pone immediatamente il problema a chiunque voglia considerare attentamente questo Paese, se, cioè, il continuo arretramento del mondo turco, verificatosi in modo progressivo ed inesorabile da oltre due secoli, possa esser stimato come giunto ora al suo termine oppure se esso possa, ·e debba, ancora continuare a far nuovamente retrocedere le frontiere politiche della nazione turca verso regioni sempre più distanti dal mondo occidentale, e, in particolar modo, per quanto ci possa specialmente interessare dall'Egeo e dal Mediterraneo. Questo problema si pone immediatamente, continuamente, e nella sua forma anche più preoccupante, anzi tormentante, all'animo ed allo spirito di questo Governo il quale ha indirizzato per l'appunto tutta la sua politica sia interna che estera, nel senso di assicurare sia a se stesso che a tutte le altre nazioni quel problema senz'altro risolto, e cioè essere la Nazione turca oramai consolidata nei suoi confini geografici e politici dai quali non dovrà più mai esser rimossa. Lo stesso affanno a dimostrare questa conclusione storica, dimostra che la conclusione stessa non è ancora assoluta.

In ogni caso dal punto di vista internazionale quello stesso problema poteva assumere qui tre aspetti principali di rilevanza più immediata ed urgente per gli eventuali pericoli che potevano sorgere da una risoluzione eventuale in un modo piuttosto che in un altro:

1 -pericolo della Tracia turca con quello di Costantinopoli e degli Stretti; 2 -provincie orientali dell'Anatolia; 3 -provincie meridionali ed occidentali dell'Anatolia;

Pertanto, il Governo turco ha spiegato tenacemente il massimo zelo nel legarsi precisamente con quegli Stati che potessero presumibilmente appetirE! quel territori.

Circa le provincie orientali dell'Anatolia la Turchia è riuscita a stabilire tali rapporti con l'U.R.S.S. con la Persia, con l'Irak, ed anche con il Governo francese per il mandato in Siria, che qualsiasi pericolo deve esser oggi considerato come assolutamente insussistente nel riguardi della Turchia.

Circa i pericoli della Tracia e connessi, nonché circa quelli delle provincie meridionali ed occidentali dell'Anatolia, la politica di Milano ideata e perseguita da V. E. con cosi profondo spirito idealistico, e con tanta amichevole lealtà verso la Turchia kemalista, rappresentava quanto di meglio si potesse allora desiderare e proporre, e ciò ai fini altresì del bene inteso interesse di questo stesso paese.

La politica di Milano rappresentava, quindi, per la Turchia, la difesa migliore, con la speciale considerazione che legando la Bulgaria alla Turchia ed alla Grecia, sotto l'egida dell'Italia, si sarebbe venuti ad impedire praticamente qualsiasi possibilità d'intesa fra la stessa Bulgaria e la Jugoslavia e si sarebbe cosi garantita nel modo migliore la Tracia turca, nonché quella greca, da una eventuale pressione degli slavi balcanici, pressione continuamente, e giustamente, temuta sia dalla Turchia che dalla Grecia. D'altra parte, per il trattato di amicizia con la Turchia l'Italia si è impegnata a rispettare l'integrità territoriale turca tanto in Asia (e quindi venendo essa stessa a limitare le sue eventuali aspirazioni territoriali in Anatolia), quanto a praticamente difendere la dura testa di ponte che la Turchia possiede tuttora in Europa (e ciò sempre per la comune necessità di impedire lo sviluppo della potenzialità politica degli slavi balcanici).

Inoltre, tale politica pur riconciliando per quanto possibile la Grecia con la Turchia ha permesso alla medesima Turchia di svolgere una politica più agile e più rilevante per la salvaguardia della sua integrità.

Infine, la politica di Milano rassicurava ancora di più la Turchia per il fatto che essa intendeva porre un saldo ostacolo all'imperialismo jugoslavo nei Balcani perché tale ostacolo veniva altresì messo debitamente in rapporto con le nostre relazioni così tese con la Jugoslavia.

Tuttavia quella politica, per un complesso di circostanze che si sono verificate di poi, fini, specialmente nell'anno scorso, per essere qui così erroneamente interpretata da far credere al Governo turco che essa non rappresentasse, in realtà che una tregua, una semplice sosta, alle ambizioni italiane, che si erano tanto chiaramente concretate durante la Grande Guerra con obiettivi ben precisati mediante l'accordo di San Giovanni di Mariana.

Anzi, si è persino creduto che la Bulgaria avrebbe potuto proprio d'accordo, ed insieme con noi, attaccare la Turchia, credenza alla quale senza dubbio contribuirono frasi inopportune ed imprudenti dette allo stesso Tewfik Rustu Aras dal nostro Ministro in Sofia. D'altra parte, anche alla Jugoslavia la Bulgaria sembrò possibile !strumento della ostile politica italiana, specialmente se, come si poteva ritenere in qualche passato momento, le relazioni itala-jugoslave fossero arrivate ad un massimo di tensione fino ad avviarsi all'aperto conflitto bellico. Tutto l'insieme delle considerazioni sopra ricordate fece arrivare la Turchia e la Jugoslavia alla conclusione del patto balcanico, msieme alla sua sempre crescente ed ostentata correlazione con la Piccola Intesa, e portò altresi a tentativi di più vasti ed importanti accordi con Parigi, seguendo pure con ciò il miraggio di rappresentare parti sempre più interessanti sulla scena europea e di elevare la politica della Turchia kemalista, e sovrattutto la politica estera personale di Tevfik, dal prudente e saggio piede di casa, giustamente consentito alla limitata efficienza della nuovissima Turchia, al vasto ed agitato campo della grande politica internazionale dell'Europa.

La paura della Turchia verso il mirabile dinamismo creatore della politica italiana fascista (ed anche una punta di malcelata invidia e gelosia), il timore delle rivendicazioni bulgare della Tracia turca, l'impossibilità manifestatasi di un ragionevole accordo tra la Bulgaria e la Grecia, il mancato prestito promesso dall'Italia alla Turchia, le erronee interpretazioni date dal Governo e dalla Stampa della Turchia al discorso di S. E. il Capo del Governo sui rapporti tra l'Italia e l'Asia e l'Africa, sono state le cause principali che. nel loro complesso, hanno determinato il fatto che la Turchia ha visto nell'Intesa Balcanica la possibilità di assicurarsi nel miglior modo dalle presunte ambizioni italiane sull'Anatolia e dalla temuta pressione slava-balcanica verso l'Egeo qualora Jugoslavia e Bulgaria potessero liberamente accordarsi tra loro.

Deve anche essere aggiunto, come una delle cause determinanti del nuovo· orientamento turco, l'amor proprio di questo Governo, e personalmente di Ismet InonU, rimasto profondamente scosso dal mancato prestito promesso dall'Italia e da una mancanza di almeno apparenti costanti contatti positivi nel campo intern;?zionale. Il che è stato ritenuto ulteriore riprova delle intenzioni tutt'altro che amichevoli da parte dell'Italia verso la Turchia.

È per questo motivo (consenta V. E. una breve parentesi) che mi sono permesso suggerire a S. E. il Capo del Governo i due telegrammi ad Ismet InonU ed a Tevfik Rustu Aras per il decennale del loro Governo. Incoraggiato dal seguito dato da S. E. Mussolini ai miei suggerimenti, e tenuto conto della magnifica impressione prodotta, in ogni altra futura occasione, avanzerò uguali subordinate proposte.

A simile concetto si inspirano del resto le richieste contenute nei miei telegrammi NN. 39 e N. 40 del 9 corrent e(l) (passo bulgaro alla S.d.N. e situazione greca).

E per tornare ora all'argomento principale è quindi da concludere che il Patto Balcanico, pur essendo opposto alla politica di Milano, tende a raggiungere gli stessi obiettivi, perché esso mira ad isolare la Bulgaria o comunque ad opporsi a che un blocco slavo-balcanico possa cercare di puntare liberamente e decisamente su due agognate mete (Salonicco e Dedeagatch) e perché vuole rendere sempre più difficile la possibilità di una concreta minaccia italiana verso l'Asia Minore mediante gli impegni reciproci assunti dai quattro Stati firmatari dell'Intesa. Balcanica (benché la Grecia, in seguito, abbia cercato di fare per quanto le fosse possibile macchina indietro). Giova qui ricordare che Tevfik aveva di già cercato attraverso Nincich di stabilire una vera

e propria alleanza politico-militare per difendersi dall'Italia (mi richiamo al miei rapporti da Belgrado).

Pertanto, l'esuberanza petulante di Tevfik in senso ostile a qualsiasi nostra iniziativa, la sua camaleontica attività contro di noi e la sua chiara inconstanza nei riguardi di quanto doveva essere la finalità della politica di Milano, derivano dalla necessità, ritenuta per assoluta ed indiscutibile dal Governo turco, di rafforzare in qualsiasi modo il nuovo sistema di difesa immaginato con il Patto Balcanico.

Gli accordi itala-francesi di Roma nel principio del corrente anno se suscitarono qui, in un primo momento, un conato di irritata resistenza (mio colloquio con Tevfik in Istanbul 1'8 gennaio) (l) finirono col provare l'esistenza di un elemento di opportuna coesione fra le due grandi Potenze e tale da dover costringere, in definitiva, la politica turca ad adattarsi e conformarsi al loro spirito, perché il miglior alimento alle presunzioni turche continua ad essere sempre dato dagli stessi dissensi fra le Grandi Potenze mentre un loro accordo, anche se parziale, ha come effetto, più o meno rapido, quello di richiamare questo Paese ad una più conveniente considerazione delle proporzioni e ad una maggior saggezza di atteggiameqti e di eventuali proposte.

D'altro canto i fatti hanno continuato a provare luminosamente quanto fossero infondate le preoccupazioni del Governo turco circa i progetti aggressivi da esso pertinacemente attribuiti all'Italia. Se durante il movimento di truppe italiane verso l'Etiopia sono arrivate a circolare in Turchia le voci più ridicole ed insensate come quelle secondo le quali i trasporti militari italiani diretti in Mar Rosso avrebbero potuto deviare dalla rotta annunziata per sbarcare truppe in Adalia o, meglio ancora, in Smirne, ciò non ha rappresentato che una tardiva ondata di ritorno di un trascorso periodo di ossessionante orgasmo turco sotto l'incubo della presunta minaccia italiana, con la conseguenza che, poi, la politica italiana comincia ad apparire anche qui, in definitiva, con la limpidezza di direttive che sempre l'hanno animata nei riguardi della Turchia kemalista.

Anche la dichiarazione fattami ultimamente da Tevfik e cioè il suo riconoscimento che le informazioni giunte nel passato a questo Governo sugli armamenti navali in Lero sono risultate esagerate (2), viene a significare che, a parte la esagerazione più o meno grande e reale di quelle stesse informazioni, gli armamenti fatti dal Governo Fascista nelle isole italiane dell'Egeo sono qui valutati ora nel giusto loro valore e cioè per scopi non aggressivi verso la Turchia o comunque non inamichevoli per essa. Se è certamente vero che lo spauracchio italiano ha ottimamente servito per giustificare davanti a tutti, e sovrattutto a questo stesso Paese, gli intensificati armamenti turchi, è altresì vero che ormai l'orientamento turco sta prendendo altre direttive specie sotto il peso della situazione balcanica. Infatti, nonostante la conclamata, assoluta, « fraterna ~ fiducia riposta, nelle altisonanti comunicazioni ufficiali, dalla Turchia nella lealtà jugoslava, e nonostante le altrettanto solenni controassicurazioni date in tal senso dalla Jugoslavia alla Turchia, il valore pratico del patto balcanico comincia a procurare diversi dubbi nei confronti di una eventuale

futura supremazia degli slavi balcanici, come diversi dubbi sorgono dal valore effettivo che una eventuale opposizione militare romeno-greca potesse fare, qualora se ne verificasse la necessità, a quella stessa supremazia.

Nel contempo lo sviluppo di prospettive circa un deciso miglioramento dei rapporti itala-jugoslavi non può non alterare il significato che la presenza della Jugoslavia aveva nella originaria concezione del Patto Balcanico, mentre, d'altro canto, la tendenza che si delinea in Europa per la formazione di un blocco anti germanico è stata intesa anche qui in Turchia dove troppo amari permangono gli ammaestramenti della Grande Guerra per ripetere una seconda volta l'errore di appoggiarsi, per la propria incolumità allo stesso germanesimo

Da tale complesso di ragioni deriva, dunque, a mio giudizio, l'attuale rapida evoluzione del pensiero turco. Infatti, i colloqui con Chukri Kaia, con Tevfik e, poi, quello complementare con Numan, devono essere esaminati nel loro insieme, onde potersi rendere esattamente conto di come essi s'inquadrino nella situazione sopra indicata, e come continuino a rispondere in sostanza al concetto puramente difensivo che la Turchia ha perseguito, e persegue, con la sua costante politica.

Le proposte di Tevfik Rustu Aras, più complete e complesse di quelle di Sciucru Kaia, tendono in sostanza a costituire un patto super balcanico con la partecipazione della Grande Potenza Italia che viene così a costituire la massima garanzia reciproca dei piccoli contrattanti, mentre può mettere una coalizione di questi piccoli Stati contro velleità e propositi aggressivi italiani.

Mentre un patto di semplice garanzia Mediterraneo-Orientale, con la sola partecipazione italo-greco-turca, addossa a noi ogni peso, poiché nulla a noi possono garantire Turchia e Grecia (e per la intrinseca inferiorità militare, e per la minima valutazione alla quale possono essere considerate le flotte rispettive) finisce in sostanza col limitare ogni nostra attività mediterranea senza compenso.

Un patto superbalcanico sotto la prevalenza italiana, grande potenza esclusivamente mediterranea, sembrerebbe inve·ce rispondere con conveniente ampiezza ai nostri interessi, soprattutto col fissare anche diplomaticamente una preminenza italiana sugli stati balcanici, ciò che potrebbe essere uno dei luminosi obiettivi e dei risultati fecondi della politica fascista.

Solo in tal caso agli eventuali pesi ed alle eventuali responsabilità per l'Italia farebbero, credo subordinatamente, riscontro evidenti e complessi vantaggi per il nostro paese.

Un patto siffatto darebbe indubbiamente alla Turchia sicuri e tangibili vantaggi. E non è davvero proposto senza sicure e precise ragioni, poiché per la Turchia le conseguenze politiche utili sarebbero:

a) solidarietà italiana nella opposizione alla unione o quanto meno alla collaborazione ed alleanza politica di tutti indistintamente gli slavi del sud;

b) sicurezza e difesa di fronte al possibile incremento della flotta greca. Ho già detto che la Turchia non ha né tradizione né capacità tecnica che le facciano sperare di poter in un prossimo futuro difendere con propri mezzi navali le sue coste. La flotta turca nelle condizioni attuali e per lunghissimo

tempo ancora non può difendere che gli Stretti e dall'interno, ed assicurare le comunicazioni fra le due rive. Non altro e non più. E ricordo altresì i recenti allarmi e diffidenze e sospetti per l'accennato programma a nuove costruzioni navali greche:

c) la Bulgaria non potrebbe più essere strumento aggressivo per conto di una grande potenza;

d) le coste mediterranee ed egee sarebbero assicurate da eventuali risorgenti ambizioni italiane;

e) un cerchio più saldo di comune difesa e resistenza legherebbe Jugoslavia e Turchia contro ostilità italiane;

f) verrebbe creata una barriera alla espansione germanica nei Balcani e nel prossimo Oriente.

Tale espansione è, attualmente, in impressionante progresso, ed ha come arma principale di attacco gli acquisti di materie prime. La esportazione germanica già al primo posto in Romania tenta di salirvi in Jugoslavia ed in Grecia mentre in Turchia ha raggiunto una supremazia veramente notevole. Se in questa esportazione la Germania trova compenso nella importazione di prodotti industriali tedeschi nei mercati turchi, sta anche cronologicamente il fatto che la Germania si è prima presentata qui (ed anche a Belgrado) come acquirente apparentemente disinteressata, e poi come venditrice. E la posizione di acquirente è sempre più forte di quella di venditore, poiché chi compra compra dove vuole, e chi vende non può vendere dovunque. Inoltre qui in Turchia la Germania ha saputo riconquistarsi dopo la guerra, oltre le posizioni da essa già prima raggiuntevi, anche quella di maggiore fornitrice di tecnici e di dirigenti, il che, unito al grande numero di turchi che hanno studiato in Germania, crea un circolo continuo di rapporti per i quali l'influenza germanica si infiltra e dilaga in qualsiasi campo, con una progressione metodica esasperante. A tutto ciò deve anche aggiungersi il flusso di professori ebrei espulsi dalla Germania, nonché di numerosissimi professionisti ungheresi ed austriaci, i quali tutti risultano anche essi, in sostanza, in funzione di germanesimo.

Ora, se tutto questo tenacissimo sforzo germanico sarà lasciato libero di pervenire al suo massimo fine, e cioè allo stabilimento di una preminente e schiacciante influenza tedesca tanto nei Balcani e nel prossimo Oriente che nel Bacino Danubiano, l'Italia, che si trova oramai in primissimo piano per la difesa dell'Europa dal mondo germanico (ben più che la Francia) avrà perduto una guerra come se il germanesimo fosse tornato a Trieste. E che il germanesimo tenda anche a Trieste non è mistero per nessuno. E lo ebbi già a ricordare più volte da Belgrado.

Ecco perché, nel mio subordinato giudizio, se le proposte di Tewfik Rustu Aras rispondono interamente alla necessità difensiva turca (e questo perché è ormai evidente quello che sembrava tre anni addietro soltanto ipotetico, e cioè che la Macedonia non è più un punto di frizione fra Bulgaria ed Jugoslavia, mentre la Dobrugia ha sempre occupato per la Bulgaria l'ultimo posto delle rivendicazioni etnico territoriali, e che quindi la Tracia tanto greca che

turca costituisce per la Bulgaria il primo piano delle più urgenti rivendicazioni politiche, il che fa riscontro alla tendenza indubbia, anche se tacita ed anche negata, della Jugoslavia di arrivare un giorno a Salonicco) se, ripeto, le proposte di Tevfik Rustu Aras rientrano interamente nelle finalità permanenti di questo Stato esse rispondono altresì ai più essenziali interessi politici attuali italiani nell'Europa Balcanica e nel Mediterraneo Orientale come nell'Egeo, questi essendo in accordo con gli interessi generali italiani nella politica centro europea.

Le conseguenze utili per noi si riassumono:

a) funzione del patto superbalcanico contro la riunione degli slavi balcanici e contro l'affacciarsi di una potenza slava nell'Egeo e negli Stretti;

b) quale barriera contro il germanesimo tendente a perseguire, sia pure sotto altre forme, l'antico disegno della Germania imperiale.

Naturalmente ciò è anzitutto collegato a quello che può essere nel presente momento il pensiero di S. E. il Capo del Governo rispetto alla Jugoslavia. Quale sia il subordinato mio ho insistito anche forse inopportunamente nel ripeterlo, insieme da un costante giudizio sulla situazione interna jugoslava.

Ma mi sembra doveroso ripetere da qui che Belgrado ed Ankara sono i due fuochi di una ellisse balcanico-orientale della quale spetta a noi decidere se determinarne noi stessi il complesso movimento almeno per quel periodo politico che, come sin da ora possiamo intravedere, verrà a collegarsi all'attuale connivenza polacco-germanica, e alle non celate ambizioni di quei due Stati con il loro complessivo numero di circa 100 milioni di abitanti.

È stato da poco pubblicato in Polonia un grosso volume (tradotto anche in tedesco) del pubblicista Studnicki. Vi si esamina «il sistema politico dell'Europa e della Polonia». È espressione ufficiosa di un pensiero che esiste nelle presenti ambizioni polacche e forse risulta da un effettivo tacito accordo. In ogni caso tale libro costituisce la visione complementare del «Mein Kampf » hitleriano, poiché assegna alla idea polacca una funzione di espansione (Lituania e Ucraina) parallela concorde e contemporanea a quella prefissasi dal germanesimo. E si attribuisce al blocco germanico-polacco una funzione di predominanza schiacciante di tutta l'Europa, alla testa di una mastodontica coalizione che comprende praticamente tutta l'Europa ed il prossimo oriente all'infuori delle Grandi Potenze.

Si trascura nell'immaginoso quadro la forza italiana che il recente comunicato ha messo bene in luce con l'indicare la raggiunta autonomia rispetto alle materie prime indispensabili alla guerra, insieme alla possibilità di armamento di 8 milioni di uomini.

Si riprova così ancora più la funzione antigermanica dell'Italia. Ma anche ne deriva la opportunità di costituire, ripetendo la significativa frase dì s. E. il Capo del Governo, una serie di trincee, ed una difesa strategica. Sempre a mio subordinato avviso le trincee austro-ungheresi sono soltanto tattiche. Ed occorre provvedere alla difesa strategica che non può avere il suo caposaldo che a Belgrado ed un'ala di spembile resistenza ad Ankara.

Tanto più che vi è una concordanza con la nuova politica dei Soviet. Quale essa sia in Turchia è ben noto a V. E. Come è noto quanto la pressione dell'U.R.S.S. su questa parte del prossimo oriente sia formidabile. Per meglio significare il mio sentimento presente direi che da che sono in questo settore l'interesse di esaminare la politica turca passa per me in seconda linea di fronte al ben maggiore interesse di esaminare la politica di Mosca. Né potrebbe essere diversamente. L'U.R.S.S. ha tutte le porte chiuse, tranne che verso il sud (e cioè gli Stretti). Perciò la politica sovietica tiene alla subordinata amicizia della Turchia. Gli Stretti oltre ad essere l'unica via rimastale debbono essere una via sicura. Perciò una politica dell'U.R.S.S. tendente a diventare sempre più decisamente europea mira in sostanza alla libertà di transito negli Stretti essendo quella necessità assoluta. Ora, tale libertà di transito dipende anche dalla volontà della Turchia, oltre che dalla volontà della flotta militare più potente del Mediterraneo o da una coalizione di flotta.

Ciò spiega altresì, da un verso, la politica asiatica turca che sotto l'egida russa si svolge specialmente verso gli Stati più vicini (Iran. Afganistan e Irak) e che ebbe nello scorso anno la consacrazione più efficiente con l'alleanza turco-persiana, come spiega, dall'altro, la spinta russa alle costruzioni ferroviarie verticali in Anatolia, che possono costituire un collegamento di riserva fra Mediterraneo e Mar Nero.

Ma anche l'Italia ha il massimo interesse alla libertà degli Stretti, e perciò i Soviet possono desiderare di allontanare, da una possibile coalizione di flotte contro gli Stretti, la flotta italiana.

Perciò il proposto patto superbalcanico, che, con la eventuale partecipazione bulgara e romena portando nostri indiretti interessi politici in Mar Nero, finirebbe con l'essere un forte elemento di collegamento con la politica sovietica. E ciò spiega l'interesse ed il favore di Mosca alla conclusione pratica delle proposte che ci sono venute da Ankara.

Nelle quali credo vedere anche la possibilità di precostituire materie di posizioni per quello che sarà lo sviluppo della situazione storica balcanica, sia verso una irresistibile fusione di tutti gli slavi del sud col conseguente nuovo diverso or.ientamento delle nostre direttive politiche in vista di rinnovati obiettivi territoriali, sia di fronte ad un deciso affermarsi sugli Stretti di una intesa panslavo balcanica sotto l'egida della Russia Zarista nel 1912.

Ciò è per ora soltanto possibilità storica e perciò non è il caso di soffermarsi. Per restare nel quadro delle ipotesi politiche ho detto a V. E. quali sembrano a me essere i maggior vantaggi che credo vedere per noi nel proposto patto.

Gli eventuali vantaggi economici, specialmente quando la concorrenza commerciale si svolge penosamente nelle strettoie attuali, e la lotta contro il porto di Trieste trova nuova espressione nella linea ungherese che tra poco unirà direttamente, via Danubio, tutti i paesi danubiani con Istambul e Smirne, potranno se mai essere esaminati in altro momento (l).

(l) Annotazione a margine: «Ha dimenticato la Germania e l'Austria fra i problemi che lo interessano ».

(l) Non pubblicati.

(l) -Cfr. nn. 418 e 419. (2) -Cfr. n. 693.

(l) Non si pubblica un rapporto s.n. di Galli del 16 marzo contenente considerazioni analoghe con particolare riferimento al problema di contenere la penetrazlone economica della Germania nel Balcani e In Turchia.

723

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1235/418 R. Addis Abeba, 12 marzo 1935, ore 15 (per. ore 6,40 del 13J.

Mio telegramma n. 404 (l).

Per magg.iore sicurezza, avendo voluto controllare traduzione, testo nota etiopica del 2 dicembre 1931 appare dalla traduzione stessa, secondo il R. inter-· prete, che frase suona così:

«Ho l'onore di farle sapere che è nostro pensiero (desiderio, intendimento) di parLare insieme (trattare) di questa cosa in avvenire, al più presto possibile».

Poiché oltre il testo italiano ufficiale si suole qui inviare una traduzione in etiopico e sarei quindi costretto citare esattamente parole etiopiche, mi proporrei, per non espormi ad inutile polemica, notificare nella nota punto 4 del telegramma di V. E. (2) nei termini seguenti:

« 4°) -Nulla di mutato fino alla frase: "detta nota esprimeva talune riserve circa punto di incontro dei tre confini della Somalia italiana, della Somalia inglese e dell'Etiopia"».

Proporrei continuare così:

«Nota di risposta aggiungeva che tale punto si sarebbe potuto stabilire quando si fossé proceduto alla demarcazione sul terreno del confine fra la Somalia italiana e l'etiopica, concludendo essere intendimento del Governo etiopico di parlare della cosa nel più breve tempo in avvenire.

Questa legazione provvide rispondere in data sette aprile 1932 alla succitata nota etiopica e riguardo alle riserve avanzate circa punto d'incontro dei tre confini: nulla poteva né doveva rispondere circa ultimo punto della nota stessa, in quanto il R. Governo si attendeva, se mai, ulteriori comunicazioni che non sono state mai fatte.

Il R. Governo, come ho varie volte avuto occasione di dichiarare, è stato sempre pronto a proseguire la demarcazione della frontiera somalo-etiopica sospesa nel 1910 non per fatto nostro: mi riferisco a questo proposito al punto cinque della mia nota del 18 febbraio, in cui precisavo anche quanto venne concordato nelle nostre conversazioni del 30 maggio e del 4 agosto u.s.

Il R. Governo è tuttora pronto a procedere alla demarcazione di cui si tratta, non appena, beninteso, sarà stata liquidata la vertenza in corso». Sarò grato a V. E. urgenti istruzioni.

724

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1234/419 R. Addis Abeba, 12 marzo 1935, ore 20 (per. ore 11,45 del 13).

Sarebbe stato evidentemente [im]possibile nascondere agli etiopici nostre misure militari nelle colonie, del resto pienamente giustificate dall'atteggia

mento etiopico: ma dato scopo che vogliamo raggiungere, mi domando se sia opportuno che ogni giorno comunicati radio nazionale insistano nel segnalare partenza anche minimi reparti che suppongo appartengano stesse grandi unità.

Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -Cfr. n. 712. (2) -Cfr. n. 698.
725

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1232/420 R. Addis Abeba, 12 marzo 1935, ore 17 (per. ore 6,40 del 13).

Mio telegramma n. 404 O).

Ieri 11, nel pomeriggio ho fatto viva rimostranza al Blata Herui per il suo modo di procedere, avendomi egli dichiarato (mio telegramma n. 368 (2), punto 3°), di farmi avere ancora una risposta a titolo personale alle mie proposte, mentre poi avevo ricevuto la nota 17a di cui al mio telegramma n. 405 (3).

Gli ho detto, fra l'altro, che la prima parte dell'art. 5 del trattato (normali mezzi diplomatici) era egualmente obbligatoria: e lasciavo al Governo etiopico responsabilità di volervisi sottrarre.

Riassumo discussione: si è schermito dicendo che trattative volgono troppo per le lunghe ed ha dichiarato Abissinia non potere accettare nessuno dei punti delle proposte da me fatte: niente scuse locali, niente lettera di rincrescimento, a meno che non sia reciproca per le rispettive vittime; niente deposito somma, a meno che non sia reciproco.

Reciso, assoluto su questo punto.

Forse, a condizione che vi si rinunziasse, sarebbe a mia impressione più disposto trattare sul primo punto ma, ad ogni modo, l'eventuale lettera non potrebbe essere mai di nostra soddisfazione.

Ben precisando che le istruzioni di V. E. circa risposta alla nota 14a erano precedente alla sua nota 17a, gli ho poi fatto proposta di cui all'ultima parte del telegramma di V. E. n. 144 (4).

Egli si è riservato una risposta; ma durante discussione cercava girare argomento sulla necessità di definire appartenenza Ual-Ual prima di ogni altra cosa; ripetendo gli stessi concetti: nessuna forma di riparazione senza preventivo stabilimento delle responsabilità; quindi o arbitrato o la preventiva decisione della commissione dei confini; ciò tanto più dopo i continui arrivi di truppe in Eritrea e in Somalia.

In una parola qualunque argomento si perde di fronte a questo deciso atteggiamento.

In merito alla proposta, per cui faceva artificiose difficoltà, Blata Herui è arrivato persino a dire che non aveva altri documenti che i testi delle note che ci eravamo scambiate.

(-2) Cfr. n. 696.

In ogni modo mi farà avere una risposta.

Vedrà V. E. se sia il caso ora di fare ufficialmente per iscritto questa proposta, alla quale evidentemente è difficile per Etiopia rispondere negativamente in forma ufficiale.

Sarei grato a V. E. in tal caso volermi indicare termini della comunicazione. Mi permetto osservare a V. E. che avevo invia t:> mio 1.elegramma 404 prima ricevere 17a nota etiopica. Comunicato Roma e Asmara.

(l) -Cfr. n. 712. (3) -Cfr. n. 712, nota 3. (4) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 698.
726

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1252/84 R. Shanghai, 13 marzo 1935, ore 13 (per. ore 2 del 14) (l).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il numero di protocollo precedente (2).

Quando nel mio rapporto dei primi giugno scorso (3) parlai dei vantaggi per noi di un Giappone più forte, pensavo in genere a quelle grandi Potenze che hanno in Estremo Oriente vastissimi interessi territoriali ed anche finanziari, quanto più Giappone cresca di forza, tanto più debbono sentirsi minacciate.

Quanto più tale minaccia avesse a presentarsi grave, tanto più dovrebbe restare alleggerito loro peso in Europa e tanto più aumentare importanza nostra, così in Europa come in Estremo Oriente.

Ma pensavo specialmente alla Russia e all'Inghilterra.

Una Russia che non tema Giappone farà una politica più europea e tornerà quindi inevitabilmente, checchè ne dica ora Mosca, a quel panslavismo che tanto ci nocque in Adriatico e potrebbe ancora nuocerei.

Inoltre un Giappone più forte vuol dire più pericoloso per l'Inghilterra che è suo ultimo massimo nemico, e così un nostro aiuto all'Inghilterra come una apertura dell'eredità coloniale inglese ci offrirebbe favorevoli possibilità espansione.

Allorché scrivevo nei primi giugno, partivo da premesse che sono in seguito mutate, essendo mutata la situazione europea e la nostra in essa.

Ma quanto io dico specie circa l'Inghilterra non riguarda un avvenire prossimo e inoltre non è forse ancora possibile prevedere con precisione quali saranno aggruppamenti internazionali in una nuova guerra, che del resto potrebbe precedere una futura diminuizione della potenza coloniale inglese ed esserne forse premessa.

Ad ogni modo quale che sia valore di queste mie ultime considerazioni dell'estate scorsa, mi sembra restare il fatto che è preferibile non compromettere

54 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

fin da ora le possibilità che incognita futura abbia ad offrcirci e non lasciare che Tokio veda nella nostra politica in Estremo Oriente un carattere antigiapponese.

Nessuno certo è in grado di escludere che in una guerra futura di nazioni l'Italia si trov,i contro anche Giappone. Ma se pure abbia da essere così, nessuno sa quando avverrà una nuova guerra e sino allora mi sembra preferibile non avere questo paese ostile.

Poichè R. Governo non intende fare politica antinipponica, un chiarimento con il Giappone dovrebbe essere facile e potrebbe essere proficuo. Comunicato Shanghai.

(l) -n telegramma fu trasmesso tramite l'ambasciatore in Cina cui era stato inviato da Auriti con numero di protocollo 35/7. (2) -Non rinvenuto. Manca il registro dei telegrammi in arrivo da Tokio. (3) -Cfr. serie VII, vol. XV, n. 361.
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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, E AL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA

T. 432 R. Roma, 13 marzo 1935, ore 18,30.

(Per Parigi) Ho telegrafato alla R. legazione a Belgrado quanto segue:

(Per tutti): Faccia rilevare codesto ministero Esteri opportunità che stampa jugoslava e anche quella Picoola Intesa non ecceda in commenti amplificativi a proposito dei discorsi in occasione presentazione credenziali. È quindi consigliabile massima sobrietà, anche per non costringere Governo italiano a chiarire che in quanto questione revisionismo legale punto di vista italiano rimane immutato. D'altra parte discorsi stessi sono punto di partenza su di una strada assai lunga e non priva di ostacoli. La parola d'ordine è quindi cordialità e simpatia accompagnate dalla più grande discrezione.

(Solo per Parigi)

Sarà bene che Quai d'Orsay orienti stampa francese e piccolo intesista sulle stesse direttive (l).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1327/063 R. Berlino, 13 marzo 1935 (per. il16).

Giusta gli accordi intervenuti fra questo Governo e l'ambasciata d'Inghilterra sir John Simon ed il signor Eden giungeranno a Berlino in aeroplano, provenienti da Londra, nel pomeriggio del 24 corrente, si fermeranno qui due giorni e ripartirano il 27 mattina. Il programma del soggiorno degli uomini di Stato britannici a Berlino comprende un pranzo privato all'ambasciata la sera

dell'arrivo, una colazione offerta dall'ambasciatore sir Eric Phipps che sarà onorata dalla presenza del cancemere del Reich ed alla quale parteciperà un numero ristretto di uomini di Stato e di altri funzionari, un pranzo ufficiale offerto dal ministro degli A. E. ed altro offerto dal cancelliere Hitler.

L'atmosfera nella quale si svolgerà la vlsita è checchè si voglia dire in contrario tuttora influenzata dalla pubblicazione del «Libro Bianco» britannico. Nonostante gli sforzi fatti dalla stampa tedesca per porre in rilievo le critiche mosse dalla opposizione, il tono minore adoperato diede subito l'impressione che la discussione alla Camera dei Comuni non si fosse svolta secondo lo spirito che sarebbe riuscito gradito a Berlino. L'esito della votazione e la lettura del resoconto della seduta del Parlamento sui giornali inglesi hanno pienamente confermato che l'opinione pubblica inglese condivide le idee del proprio Governo.

Qui si ebbe nel frattempo la pubblicazione dell'intervista concessa dal signor von Ribbentrop al giornalista inglese Ward Price del gruppo Rothermere. Apparve naturale che il cancelliere Hitler. avendo addotto a motivo del rinvio della visita inglese il proprio precario stato di salute, non abbia concesso personalmente l'intervista stessa. Sorprese però i circoli diplomatici il fatto che in sua vece abbia parlato non già il ministro deg1i affari esteri, come sarebbe stato naturale, ma il signor von Ribbentrop e ciò ancorchè gli argomenti trattati fossero di politica estera generale e non già ristretti al problema degli armamenti che, come è noto, dovrebbe essere il campo d'attività limitato del signor von Rinbentrop. L'intervista stessa deve essere dunque considerata come una nuova mossa del signor von Ribbentrop per assurgere ad una posizione sempre più eminente nella politica estera del Reich. Il duello tra il segretario di Stato von Btilow ed il signor von Ribbentrop si sta infatti svolgendo attraverso un gioco serrato di botte risposte e parate che per essere circondato della massima riservatezza non è che più interessante. Ho già informato V. E. che il signor von Ribbentrop avrebbe avanzato la pretesa di essere nominato Segretario di Stato aggiunto all'Auswartiges Amt prima dell'arrivo a Berlino di sir John Simon e di Eden. La nomina sembrava imminente quando giunse la doccia fredda della pubblicazione del «Libro Bianco » britannico che coincise col ritorno a Berlino del segretario di Stato von Biilow da un congedo di tre settimane trascorso in Svizzera. Quest'ultimo parò il colpo dichiarando di trovare assai opportuna l'idea di Hitler di rinviare la visita e svolse argomenti atti a porre in luce gli inconvenienti che potrebbero derivare al Reich da una troppo esauriente spiegazione con gli inglesi e quindi a dimostrare come l'invito agli uomini di Stato britannici a Berlino non fosse stato opportuno. Se le mie informazioni riservate non sono errate il barone von Neurath avrebbe cercato di far presente al cancelliere Hitler come. la posizione di von Btilow all' Auswartiges Amt diverrebbe difficile, per non dire impossibile, il giorno in cui il signor von Ribbentrop dovesse farvi il suo ingresso come segretario di Stato (1). È infatti notorio che mentre il signor von Biilow non potè sinora mai avere un'esauriente conversazione di politica

.,

Non si cerca peraltro, di smentire che vi abbia contribuito anche cattiva impressione prodotta sul Cancelliere dal termini in cui è stato redatto il '"Libro Bianco" inglese.

estera con Hitler, cosicchè entrambi ignoravano le rispettive idee personali al riguardo, il signor von Ribbentrop, ancorchè manchi di qualsiasi preparazione al riguardo, gode dell'assoluta fiducia del cancelliere e, avendo occasione di intrattenersi quasi quotidianamente con lui, ne conosce esattamente il pensiero.

Nei circoli bene informati si pretende che la nomina a segretario di Stato di von Ribbentrop dovrebbe considerarsi per lo meno aggiornata in seguito alle osservazioni suddette, osservazioni che avrebbero pure toccato il tasto delicato della mancanza di carattere dimostrata da von Ribbentrop dato che egli aveva, prima dell'avvento al potere dei nazionalsocialisti, intrattenuto cordialissime relazioni personali con i membri del Sport-Club al quale apparteneva, e che in grande parte erano non-ariani, mentre ruppe ogni rapporto con loro non appena sorse l'astro hitleriano.

L'esperienza mi consiglia di essere assai prudente nel prestare fede a tali notizie, perchè non so quante volte mi è stato detto che « Rosenberg doveva essere considerato come liquidato » mentre la sua posizione personale presso il Fiihrer si rafforza ogni giorno, è di ieri la sua nomina a sopraintendente di tutte le biblioteche statali e di <Jggi una sua ,conferenza in cui detta le norme da seguirsi per l'architettura nazionalsocialista che dovrebbe ispirarsi ai concetti ellenistici, «dato che è ora provato che gli antichi greci erano di provenienza nordica, cioè germanica», e germanici.

Se il cancelliere del Reich vorrà dare a von Ribbentrop la carica a cui egl.i ambisce, gliela darà a dispetto dell'Auswartiges Amt e di tutti coloro i quali sostengono che i posti di segretario di Stato, ancor più di quelli di ministro del Reich, devono essere coperti in base al principio della tecnicità.

Questo ambasciatore d'Inghilterra, esaminando meco la situazione in cui avverrà la visita di sir Jolm Simon e di Eden a Berlino, espose il convincimento che quanto era avvenuto, dopo la pubblicazione del «Libro Bianco», fosse stato utile per chiarire le rispettive posizioni. Egli non mi celò di essere stato assai preoccupato prima della sospensione della visita perchè aveva notato

Atteggiamento da prendere avrebbe formato oggetto di lunga discussione durante notte sul cinque.

Risentimento di Hitler avrebbe trovato appoggio vigoroso in Goebbels e Rosemberg, mentre von Ribbentrop, che aveva patrocinato discussione a due con Inghilterra facendosi mallevadore di una larga comprensione del punto di vista tedesco da parte degli uomini di Stato inglesi, non sapeva troppo quale atteggiamento assumere.

Mattino del 5, barone von Neurath avrebbe patrocinato svolgimento della visita come era stato convenuto, pur ritenendo che avrebbe dovuto essere mossa a Simon rimostranza da parte tedesca per inopportuna e intempestiva pubblicazione del "Libro Bianco", che aveva urtato suscettibilità della Germania e che non aveva giudicato obiettivamente la situazione politica generale non avendo nemmeno menzionato forte riarmamento della Russia.

se non che tale modo di vedere del ministro degli A. E., che avrebbe probabilmente avuto il risultato di rendere gli uomini di stato inglesi più arrendevoli, almeno nella forma, per cancellare cattiva impressione prodotta dalla pubblicazione del "Libro Bianco", fu osteggiato da Btilow 11 quale si schierò decisamente per linea di condotta intransigente patrocinata da Hitler.

Egli avrebbe sostenuto che la visita di Simon, in base alle informazioni ricevute, e contrariamente a talune speranze troppo rosee, sarebbe stata di carattere unicamente informativo, il che significa che avrebbe fatto [conoscere] Inghilterra e al mondo intero rigidità della Germania nel non voler r.ssumere obblighi che impedissero comunque lo svolgersi del suo programma di riarmarsi senza al,cuna limitazione.

Non è improbabile che idee di Btilow, le quali secondavano atteggiamento assunto da HitA!tr, siano da lui state svolte anche per ottenere una cedevolezza sopra Ribbentrop che, durante il suo recente congedo, Rveva ottenuto che il progetto di nota da lui redatto subisse la nota sostanziale modifica coll'invito alla Gran Bretagna di trattare direttamente con Berlino.

La cosa è tanto più comprensibile in quanto nei giorni scorsi correva insistentemente voco che prima dell'arrivo di Simon a Berlino Ribbentrop sarebbe stato nominato Segretario di Stato aggiunto al Ministero degli A. E., il che avrebbe posto Biilow in una situazione assai imbarazzante per non dire insostenibile ».

un ottimismo ingiustificato da parte di taluni circoli tedeschi i quali credevano addirittura che Hitler e gli uomini di Stato inglesi si sarebbero intesi al punto da stringere un'intima amicizia. Sir Eric Phipps crede che la discussione avvenuta alla Camera dei Comuni abbia posto il problema nei suoi veri termini e che essa costituirà una base utilissima per le conversazioni di Berlino.

Un'osservazione interessante del mio collega inglese mi sembrò quella che a Parigi si nutrivano tuttora grandi illusioni circa i propositi dei tedeschi. Poichè non più tardi di ieri François Poncet mi aveva detto con accento sconfortato che egli non sapeva come definire la cecità degli uomini di Governo francesi i quali non volevano guardare in faccia alla realtà e credevano che la Germania nutrisse oggidi le stesse idee che nella primavera del 1934, procurai di ottenere da Phipps precisazioni al riguardo. Egli mi disse confidenzialmente che Lavai aveva parlato a Parigi a Simon del problema degli armamenti dimostrando di credere che sarebbe tuttora stato possibile di ottenere una superiorità qualitativa e quantitativa da parte della Francia nei riguardi della Germania e che aveva tirato fuori il vecchio vocabolario escogitato dalla conferenza del disarmo il quale non ha più alcun significato nel 1935, quando il Reich ha dimostrato con i fatti di essere fermamente deciso a diventare nel più breve tempo lo Stato europeo più potentemente armato. Phipps aggiunse che egli aveva la coscienza di avere sempre crudamente esposto tutta la verità al suo Governo, in modo che Simon ed Eden non si sarebbero probabilmente dovuti trovare di fronte a sorprese nelle loro conversazioni con il cancelliere Hitler.

Avendo accenanto all'informazione ricevuta secondo la quale gli uom1m di Stato inglesi interpellerebbero il Governo del Reich anche al riguardo delle sue aspirazioni nel campo degli armamenti navali, Phipps confermò la notizia e mi disse confidenzialmente che in una conversazione privata avuta con lord Lothian, Hitler aveva manifestato l'intenzione di accrescere la forza della flotta da guerra germanica sino a raggiungere il 34 % di quella britannica (cioè oltre

400.000 tonnellate). Tale cifra era sembrata eccessiva al Governo inglese e sproporzionata al compito sinora sempre attribuito dalla marina tedesca alla propria flotta di difendere le coste e mantenere la superiorità esclusivamente nel Mare Baltico. Donde la decisione di ottenere chiarimento anche in tale questione durante le conversazioni di Berlino.

Secondo tutte le probabilità queste ultime saranno caratterizzate da una nuova tattica che consisterà nel richiedere ed anzi pretendere per il Reich l'assoluta sicurezza. Si sosterrà che essa gli manca in questo momento dato che la Germania potrebbe essere esposta a minacce da ogni parte. Si farà il maggiore caso degli armamenti sovietici e si cercherà insomma di sfruttare a beneficio della Germania tutti gli argomenti che per anni la Francia fece valere onde sostenere di non possedere ancora quella sicurezza che sola le avrebbe potuto consentire di abbordare il problema del disarmo.

Debbo a questo proposito rilevare che riscontrai una notevole preoccupazione nel mio collega francese il quale mi lasciò comprendere che le sue apprensioni derivavano dal timore che gli uomini di Stato britannici, nel fondo del cui animo vi era sempre una certa dose di idealismo, potessero lasciarsi impressionare dagli argomenti che Hitler adducesse assumendo l'atteggiamento dell'innocente e del pacifista vittima degli intrighi altrui.

(l) Analogo telegramma venne inviato il 15 marzo a Bucarest. Budapest e Praga col numero 440 R.

(l) Si pubblica qui la prima parte del t. r. 1097/63 R. di Cerrut! del 6 marzo: «Ministro degli affar! ester! si dà molta premura per avvalorare la notizia dell'indisposizione di Hitler come motivo principale della sospensione della visita di Simon a Berlino.

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 13 marzo 1935 (1).

Il signor Lugosianu m'interessa alla questione di cui all'unito appunto (2). Il Governo rumeno non ha naturalmente niente da dire sul fatto della requisizione: vorrebbe soltanto evitare i notevoli danni che ne possono derivare per la Società rumena; chiede l'aiuto del Governo Italiano perché si possa ottenere il noleggio di un altro piroscafo -sia pure di categoria inferiore all'Anteo alle stesse condizioni di quest'ultimo.

Do affidamenti al Ministro che mi occupero' della cosa.

Il Signor Lugosianu mi chiede poi informazioni sulla fase attuale del patto di non-ingerenza e sulla nostra risposta alla Germania. Gli do comunicazione dei punti principali della nostra risposta (3). Il Ministro trova che tale risposta è esatta ed esauriente: sa pero' che i

tedeschi non si dichiarano contenti, ma non dubita che cio' risponda ad una loro manovra dilatoria.

Mi chiede poi notizie dei nostri rapporti con la Jugoslavia.

Lo informo del tono conciliante che avranno i discorsi in occasione della presentazione delle credenziali. Occorrerà però che le nostre dichiarazioni a favore della Jugoslavia non siano commentate, sopratutto negli ambienti della Piccola Intesa in tono iperbolico dando alle stesse delle interpretazioni tendenziose, poiché in tale caso noi saremmo costretti a mettere in chiaro ancora una volta il nostro immutato atteggiamento nella questione del revisionismo legale.

Il Signor Lugosianu ritiene opportuna questa nostra raccomandazione. Mi chiede poi che cosa ci sia di vero riguardo ad un eventuale patto del Mediterraneo Orientale.

Gli rispondo che non c'è nulla di positivo. Tempo addietro si era parlato di qualche atto che mettesse in maggiore rilievo i rapporti esistenti già tra Italia, Turchia e Grecia; cio' era fatto sopratutto per mettere un po' in pace i Turchi che sono di un nervosismo eccessivo.

Il Ministro mi osserva che Titulescu ha molta influenza su Rustu Aras e chiede se crediamo di poterlo utilizzare per lo scopo. Gli rispondo che non è il caso. D'altra parte ora le inquietudini turche paiono essersi calmate.

A sua domanda do al Ministro qualche informazione sulla situazione nell'Africa Orientale, comunicandogli che anche se fosse risolto l'incidente di Ual-Ual noi vogliamo andare a fondo per ottenere una situazione di tranquillità assoluta per quelle nostre Colonie.

(l) -Annotazione a margine: «Copiato il 14 marzo 1935 XIII». (2) -Manca. (3) -Cfr. n. 700.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1935.

L'Ambasciatore Von Hassell viene a chiedermi informazioni sulla nostra ri:sposta alla Germania {l) per chiarire i singoli punti.

Gli fornisco le delucidazioni richieste.

L'Ambasciatore osserva qualche differenza tra la risposta italiana e quella francese, che però rispondono in fondo allo stesso criterio. Richiamo l'attenzione dell'Ambasciatore sul contegno sempre contrario all'Italia della stampa tedesca.

Il signor Von Hassell assicura che gli ordini dati dal governo sono di evitare ogni attacco contro l'Italia. Dice che le citazioni da me fattegli si riferiscono ad un'eP<Jca precedente.

Gli dimostro che la campagna continua tuttora.

L'Ambasciatore interesserà anche Berlino.

Mi mostra una vignetta del 420 per dimostrarmi che da parte italiana non si rimane indietro negli attacchi alla Germania. Gli rispondo che si tratta di un giornale sedicente umoristico al quale non si può dare alcuna importanza. L'Ambasciatore mi chiede poi le nostre impressioni sulle trattative in corso anche in relazione colla visita di Simon a Berlino.

Gli rispondo che non si vede ancora la via di uscita; ci sono due scogli: quello del Patto orientale e l'altro della limitazione degli armamenti. A quest'ultimo riguardo gli chiedo se la Germania -pur avendo abbandonato il concetto delle armi puramente offensive -sia tuttavia disposta ad accontentarsi di una limitazione nelle armi offensive in confronto a quelle possedute da altri Stati; e ciò per un periodo transitorio come era previsto negli ultimi progetti.

Il signor Von Hassell mi risponde evasivamente. La Germania è disposta a qualsiasi riduzione, anche all'abolizione totale delle armi offensive purché gli altri si mettano sulla stessa linea. ·

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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1935.

Sir Eric Drummond mi presenta l'unito appunto relativo all'attività del Colonnello Clifford. Prendo atto della comunicazione per quanto riguarda l'attività di detto Colonnello.

Faccio sapere all'Ambasciatore che abbiamo notizie precise e dettagliate sugli armamenti abissini che continuano con ritmo molto intenso. Anche alcune case inglesi come la Hotchkiss sono tra i fornitori di armi degli abissini.

In via di discorso dico all'Ambasciatore che è nostra intenzione di continuare a inviare truppe in Abissinia dati questi armamenti.

Sir Eric Drummond mi dice di rendersi perfettamente conto della necessità di queste nostre misure di precauzione. Naturalmente egli considera che noi non abbiamo nessuna intenzione aggressiva.

Gli rispondo che noi siamo in una situazione obbligata; se sospendiamo la nostra pressione, gli abissini ridiventeranno prepotenti. Ormai è nostra intenzione di assicurare una volta per sempre la tranquillità delle nostre colonie. Speriamo che a ciò si possa arrivare senza che si verifichino fatti gravi.

ALLEGATO

DRUMMOND A SUVICH

Roma, 13 marzo 1935.

You are doubtless aware that on March 7th your Counsellor in London called at the Foreign Office and informed us that your Minister at Addis Abeba had reported the arrivai of Colone! Clifford for the purpose of signing an Anglo-Ethiopian Boundary Treaty and a Convention delimiting grazing areas. Basing himself on this report, the Counsellor, on instructions, made certain representations.

My Gouvernment and I were somewhat surprised and, indeed, a little pained by th!s démarche, particularly because of the conversation which we had on February 11th last (l) when I was able to inform you that Colone! Clifford was going to Addis Abeba for solely technical and non-politica! purposes, to finish the work of the AngloEthiopian Boundary Commission. You told me at the time that you had already received this information from your Embassy in London, and we did not therefore pursue the matter. We both agree that sensational reports which are received from Addis Abeba can hardly be taken at their face-value. The affair of the cases of arms which turned out ultimately to contain furniture amused us both considerably. I should be grateful as I said some time ago, and I think it would be helpful, if you felt able, should reports reach you which tend to cast suspicion on our attitude or intentions, to tell me about them so that I might, if necessary, secure information and dissipate any doubts.

May I take this opportunity of assuring you -with the authority of my Government -· (1.) that we remain entirely faithful to the régime established by the Triparti,te Treaty of 1906, and (2.) that in investigating granzing areas in Ethiopian territory. the Boundary Commission are neither seeking concessions of an economie nature nor rights in any way affecting the territorial of politica! status quo established by that Treaty.

(l) Cfr. n. 700.

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AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI (3)

PROMEMORIA 17. Roma, 14 marzo 1935.

L'incaricato di affari di Etiopia a Roma, non pagato dal suo Governo da parecchio tempo, seccato per la piega che prendono gli avvenimenti, affezio

nato all'Italia (egli dice) per avere moglie torinese ed i figli nati in Italia, avrebbe fatto comprendere ad un fiduciario del S.l.M. di non essere alieno dal mettersi a disposizione dell'Italia, qualora gli venisse assicurato qualche vantaggio morale a cose fatte.

Sarebbe anche disposto a rientrare in Etiopia, per svolgervi quell'opera che noi gli indicassimo. Egli avrebbe, inoltre, fa.tto al fiduciario suddetto le unite dichiarazioni (1)

- che dicono, in sostanza, quanto sopra - incaricandolo di rimetterle a S. E. Suvich. Il che sarebbe sta.to fatto.
(l) -Cfr. n. 579. (2) -Il documento. privo di firma, è redatto su carta intestata "Ministero della Guerra Gabinetto" e reca la sigla di Baistrocchl. (3) -Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 441/39 R. Roma, 15 marzo 1935, ore 17,30.

p,er una indisposizione di Jeftic presentazione credenziali nuovo ministro a Belgrado avverrà oggi con scambio discorsi, cui testi concordati sono stati ora trasmessi per corriere. Codesto Governo ebbe a suo tempo comunicazione del nostro discorso attraverso ministro Villani e fece presente che frase in esso contenuta «l'Italia non ha propositi non amichevoli verso la Jugoslavia né intende turbarne lo sviluppo e l'integrità territor,iale » avrebbe potuto venire interpretata come una rinuncia della politica italiana alla tesi del revisionismo legale.

Prospettò l'opportunità o di una modifica o di un comunicato chiarificatore. Venne fatto presente al Ministro Villani che la frase suddetta non toccava minimamente la tesi revisionistica, che essa era contenuta già nel protocollo del 7 gennaio u.s. e sarebbe stata contenuta per derivazione negli accordi di non ingerenza previsti da detto protocollo. Il revisionismo legale allora come ora ne è al di fuori e al di sopra, e sostanzialmente non è neppure negato in principio dagli stessi Stati contro i quali potrebbe eventualmente esercitarsi. Non è escluso né dal protocollo del gennaio scorso né dalla odierna dichiarazione di Belgrado né dal patto generale della Società delle Nazioni. Fu quindi risposto al ministro Villani che rimanendo immutato il testo del discorso di Belgrado, già concordato con il Governo jugoslavo non si sarebbe però stati alieni dall'aderire alla pubblicazione di un comunicato chiarificatore a carattere officioso, tenendo conto sopratutto della circostanza fatta allora presente dal barone Villani che il Gabinetto Gtimbtis si trovava in situazione particolarmente delicata e la nostra dichiarazione sulla integrità territoriale avrebbe potuto determinarne la caduta. Chiaritasi la situazione interna ungherese con la ricostituzione del Gabinetto Gtimbtis sembrò che la necessità di un chiarimento già richiesto dal Governo ungherese in connessione stessa con la pre

cedente situazione interna ungherese fosse superata e che ai fini generali della politica comune itala-ungherese convenisse non sminuirne per puri fini di politica interna ungherese il significato ed il valore della dichiarazione di Belgrado, che è sulla linea di una politica che mira lontano. Nel frattempo veniva concordato con Belgrado il testo di risposta del principe reggente e si provvedeva attraverso Parigi e Belgrado stesso, trovando rispondenza e consenso, a che la stampa francese e della Piccola Intesa fosse intonata a molta discrezione anche se con cordialità e simpatia, non toccando la questione del revisionismo per non costringerci ad entrare nella polemica con dichiarazioni di precisazione che per quanto necessarie certamente non avrebbero giovato ai fini della politica che ci proponiamo di seguire. Portata questa situazione a conoscenza del Governo ungherese questo ha fatto valere la circostanza che la opposizione si sarebbe impadronita dell'argomento per attaccare il Governo di Géimbéis e tentare di minarne la posizione elettorale sul terreno delicato delle relazioni con l'Italia e del revisionismo. Pur rendendosi conto della delicatezza della situazione vennero ripetuti al ministro Villani gli argomenti che sconsigliavano la pubblicazione di un comunicato che avrebbe sminuito l'attacco che si stava per compiere a Belgrado nell'interesse comune della politica itala-ungherese. S. E. il Capo del Governo non intende però naturalmente che tale atto si presti a delle speculazioni politiche e a false interpretazioni di un punto fondamentale e immutabile della nostra politica. Egli intende quindi reagire se necessario e comunque pensa che una utile precisazione potrebbe essere fatta molto più opportunamente nel telegramma con cui egli penserebbe di rispondere ad un telegramma che il signor Géimbéis potrebbe dirigergli in occasione della imminente ricorrenza del primo anniversario della firma degli accordi itala-austro-ungheresi del 17 marzo 1934. Telegrammi saranno anche scambiati con il cancelliere Schuschnigg.

(l) Le dichiarazioni del 6 marzo, non si pubblicano.

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IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. u. 1301/26 R. Praga, 15 marzo 1935, ore 19,15 (per. ore 21).

Telegramma di V. E. n. 20 Cl).

Per una felice coincidenza proprio ieri sera, essendomi intrattenuto a lungo con Benes a pranzo legazione d'Inghilterra, avevo parlato con lui fra l'altro, del prossimo discorso di Viola a Belgrado e mi disse si proponeva fare dare grande rilievo nella stampa cecoslovacca al gesto italiano.

Gli risposi subito (tenendo presente conversazioni di S. E. sottosegretario di Stato col ministro d'Ungheria di cui al telegramma di V. E. n. 207311 del1'8 corrente) (2) che apprezzavo sue intenzioni ma che nell'interesse ulteriori sviluppi e fiducia politica danubiana dell'Italia ritenevo consigliabile non

eccedere nelle illazioni e mantenere commenti in una linea discreta e prudente per evitare di urtare giuste suscettibilità ungheresi. Benes ne convenne pienamente e mi assicurò che avrebbe seguito mio consiglio. Gli ho confermato ora per telefono raccomandazione ed ho avuto assicurazione che stampa riceverà istruzioni tassative nel senso desiderato.

(l) -Protocollo particolare per Praga del t. cit. al n. 727, nota l. (2) -Ritrasmissione del n. 668.
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IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1313/27 R. Praga, 15 marzo 1935, ore 20,18 (per. ore 24).

In conversazione ieri sera parlato lungamente con Benes situazione danubiani. Circa eventualità che Cecoslovacchia dia ora risposta comunicazione italafrancese del processo verbale di Roma Benes mi ha chiesto mia opinione.

Gli ho detto a titolo personale che dopo risposta data da Italia e Francia a richiesta di chiarimenti relazioni internazionali non vedevo inconvenienti acché Governo cecoslovacco desse risposta ai suddetti Governi purché venissero osservate seguenti condizioni:

lo -che risposta fosse conforme a concetti espostimi da Benes e riferiti con mio telegramma per corriere n. 025 (l) e rapporto n. 256/141 del 14 febbraio (2) cioè di consenso e adesione di massima del Governo cecoslovacco alla concezione itala-francese senza entrare in dettagli e senza alcuna risposta;

2° -che per ora nessun comunicato venga dato alla stampa e neppure sul semplice fatto che una risposta sia stata data, in modo da lasciare Governi d'Italia e Francia soli giudici del momento in cui tale fatto possa e debba essere annunziato.

Tanto in conformità programma preparazione strettamente diplomatica negoziati per accordo danubiano.

Benes dichiaratosi interamente d'accordo mi ha detto che si proponeva dare risposta cecoslovacca all'Italia e Francia nel senso suindicato principio prossima settimana.

Naturalmente mia opinione espressa a titolo puramente personale non impegna R. Governo.

In presenza aperture Benes mi è sembrato conveniente fare in modo che adesione cecoslovacca possa essere acquisita senza pubblicità e tenuta in riserva come eventuale elemento tattico per ulteriori negoziati (3).

(l) -Cfr. n. 568. nota 2. (2) -Non pubblicato. (3) -Rocco comunicò con t. 1511/30 R. del 23 marzo: «Ho messo al corrente predetto incaricato di affari fdi Francia] dello scambio di idee personali avuto con Benes di cui al mio telegramma n. 27 del 15 corr. ed egli ha convenuto specialmente sull'opportunità che per il momento non venga fatta alcuna comunicazione alla stampa, mostrando preoccuparsi sopratutto di usare riguardo verso Jugoslavia e Romania>>.
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IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, E A VIENNA, PREZIOSI

T. 442 R. Roma, 15 marzo 1935, ore 24.

(Solo per Budapest) Ho telegrafato Vienna:

(Per tutti) In occasione imminente primo anniversario firma protocolli del 17 marzo 1934 sarebbe opportuno ella facesse intendere costì convenienza che cancelliere dirigesse un telegramma a S. E. il Capo del Governo ed al signor Gombos. Anche a Budapest è stata prospettata corrispondente opportunità (1).

S. E. il Capo del Governo pensa che tali telegrammi e le sue risposte potrebbero assumere nel presente momento una utile significazione politica (2).

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, E ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO

T. 443 R. Roma, 15 marzo 1935, ore 24.

(Solo per Asmara) Ho telegrafato R. legazione Addis Abeba:

(Per tutti) Suo telegramma n. 421 (3).

Governo Mogadiscio telegrafa in data 15 corrente che il comandante di Uarder, maggiore Cimmaruta, incaricato trattative con comandante etiopico per delimitazione zona neutra, scrisse in data 3 corrente al Grasmac Afework, Comandante Gherlogubi, fissandogli un convegno. Giorno 4 Afework accusò ricevuta riservandosi far conoscere risposta « al più presto possibile ». Il primo colloquio fra i due comandanti è avvenuto 13 corrente a metà strada fra Afdub e Gherlogubi. Gli accordi sono stati conclusi e verbalizzati il giorno stesso (4). I delegati etiopici hanno però chiesto 12 giorni di tempo prima di iniziare sul terreno i lavori di demarcazione della zona neutra provvisoria (5).

Telegrafato Asmara.

(l) -Cfr. n. 733. (2) -Preziosi rispose con t. 1333/53 R. del 16 marzo quanto segue: <<Ministro degli affari esteri, cui ho accennato quanto V. E. mi indica, mi ha ringraziato vivamente del suggerimento, che ha trovato molto opportuno ed a cui verrà dato seguito». (3) -T. 1288/421 R. del 12 marzo, non pubblicato: richiesta di informazioni circa le trattative per la delimitazione della zona neutra.

(4) Cfr. Il conflitto itala-etiopico, pp. 165-166.

(5) Lo stesso telegramma fu inviato In pari data a Londra e Parigi col n. 444 R. con l'aggiunta della seguente istruzione: «Prego V. E. in via di conversazione, far conoscere quanto precede a codesto Governo, mettendo In rilievo che ritardo nella demarcazione zona neutra è conseguente a richiesta etiopica».

738

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 15 marzo 1935.

L'Ambasciatore Chambrun m'intrattiene sulla comunicazione Goering (1). Il Governo francese ritiene che sebbene il Ministro dell'Aria germanico abbia cercato di dare alla sua comunicazione carattere tecnico non si può negare che tale comunicazione rappresenti l'inizio della costituzione di una flotta aerea militare. Questa è una evidente rottura del Trattato e quindi è in contrasto coi Protocolli di Roma ed anche del comunicato di Londra che prevedono l'interdipendenz.a tra i vari problemi ivi citati.

La cosa non può essere lasciata passare così ed il Governo francese propone di fare un passo per dichiarare al Governo germanico che su questi punti si fanno le più ampie riserve. Il passo dovrebbe essere fatto contemporaneamente da Italia, Francia e Gran Bretagna. Il Governo francese richiede su questo punto l'opinione del Governo italiano.

Mi riservo una risposta.

L'Ambasciatore m'informa poi che la Delegazione Commerciale francese presente·rà stasera un progetto sulla base degli scambi bilanciati per un periodo di tre mesi.

Si passa poi a parlare dell'Etiopia.

Do all'Ambasciatore notizia sui dettagli degli armamenti abissini.

739

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Rpma, 15 marzo 1935.

Sir Eric Drummond è venuto a parlarmi della questione commerciale.

Egli riteneva che con l'accordo raggiunto davanti al Capo del Governo la questione fosse ·risolta. Viceversa da parte nostra sorgono sempre nuove richieste. Si vuol fare un clearing, ciò che la Gran Bretagna non vuole. Fino ad oggi non si è fatto ancora niente e la situazione è quella di una settimana fa. A Londra se la pigliano con lui. Gli sono state date 24 ore di tempo per regolare la questione. Egli ha potuto ottenere che il termine sia prorogato fino a domani sera, ma non potrebbe tirare la cosa più in lungo. Mi prega vivamente di interessarmi della questione.

Mi lascia uno schema di lettera e due progetti di comunicato (l) che ritiene corrispondano a quanto è stato deciso col Capo del Governo.

Gli faccio qualche appunto riguardo i progetti in parola, ma mi riservo una risposta precisa entro domani, dopo aver sentito le Amministrazioni tecniche.

L'Ambasciatore insiste perché la risposta sia fatta entro domani in quanto altrimenti il suo Governo intende riservarsi libertà di azione per prendere provvedimenti relativi alle importazioni italiane in Inghilterra.

Sir Eric Drummond mi parla poi dell'atteggiamento da prendere nei riguardi della costituzione della flotta aerea militare tedesca. Le condizioni in cui è avvenuta tale dichiarazione e la forma della stessa, che appare un po' curiosa, risultano dalla lettera unita.

Rispondo all'Ambasciatore che prima di dare la nostra opinione preferiremmo sentire quale è il punto di vista francese, essendo i francesi custodi classici dei trattati di pace.

L'Ambasciatore ritiene che l'Addetto Aereo potrebbe rispondere di aver preso nota della comunicazione, richiamando però l'attenzione del Governo tedesco sulle dichiarazioni fatte recentemente in merito alla inammissibilità di una rottura unilaterale dei trattati. Questa è una sua idea personale che si riserva di sottoporre al proprio governo.

Mi parla poi dell'Abissinia. Il suo Segretario ha sentito dal nostro ufficio che gli abissini non intendono discutere. Mi chiede cosa ci sia di vero.

Gli rispondo che effettivamente l'ultima nota abissina è su questo stile. Noi invece intendiamo discutere perché questa è la prima fase della procedura concordata a Ginevra. Ad ogni modo la zona neutra non è ancora fissata sul terreno. Ci vorrà ancora una diecina di giorni e nel frattempo speriamo che gli abissini si persuadano che è più conveniente per loro entrare in discussione.

ALLEGATO

DRUMMOND A SUVICH

L. u. Roma, 14 marzo 1935.

I learnt today that our Air Attaché at Berlin was inforrned on March 9th by the Gerrnan Air Ministry that by order of the Chancellor all those who had already been tested to become officers in the future Air Force had changed their rank, titles and badges on March 1st. The Air Attaché was told that these future officers had assumed Reichswehr rank and were wearing shoulder-straps analogous to those of the Reichswehr. The representative of the Air Ministry added that he was not informing the Attaché that a German Air Force had been formed. Officially that Force did not exist, but preparations for its constitution were in progress.

This information is the first official intimation which we have received of the creation of a German Air Force. Hitherto, any violation by Germany of Part 5 of the Treaty have not been notified and have not been avowed. The question therefore arises whether this notificatìon can be allowed to pass without comment, or, whether if silence is observed, the German Government might not possibly maintain that tacit consent was implied, such consent amountìng to a grant of legalisation. My Govern

ment feel, on the whole, that enough has already been said in the recent AngloFrench Communiqué and elsewhere to cover its position with regard to unilateral breaches of the Treaty, and that to say more is unnecessary and would be futile. They wish me, however, to discuss the matter with you and to ascertain whether your Government share their opinion. I shall ask to see you tomorrow for this PUI'Pose, but meanwhile I send you this letter so that you may have time to give the question your consideration.

(l) Cfr. n. 719.

(l) Non rinvenuti.

740

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, GOMEZ OCERIN

APPUNTO. Roma, 15 marzo 1935.

Il signor Gomez Ocerin viene a intrattenermi su qualche accenno di giornali spagnuoli, da cui si vorrebbe fare appar.ire che l'Italia favorisce il movimento monarchico.

Sa che questo non è il sentimento italiano ma vuol metterei in guardia contro questa manovra.

Gli rispondo che gli accenni mi paiono assolutamente innocenti e che per noi la questione monarchica è una questione interna spagnuola della quale non ci ingeriamo.

741

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1319/460 R. Addis Abeba, 16 marzo 1935, ore 7 (per. ore 10,45).

Mio telegramma n. 420 (l).

Inve·ce di darmi una risposta all'ultima proposta, Blata Herui mi ha chiesto, mostrando sempre maggiore urgenza, quale era decisione del R. Governo circa domanda Governo etiopico per arbitrato non vedendo egli altra soluzione della questione.

Nella lunga discussione che ne è seguita ministro degli affari esteri ha insistito nel dire che la principale questione da dirimere è la appartenenza di Ual-Ual, da cui scaturisce la responsabilità dell'attacco.

Una discussione .fra noi non porterebbe a risultati.

Ho ripetuto tutti gli argomenti che V. E. mi ha [fatto] conoscere.

Blata Herui ha in sostanza ripetuto stessi concetti riaffermati sopra citati che confermo. Comunicato Roma e Asmara.

(l) Cfr. n. 725.

742

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. 449 R. Roma, 16 marzo 1935, ore 23,45.

(Solo per Asmara) Ho telegrafato alla R. legazione Addis Abeba quanto segue:

(Per tutti) Suoi telegrammi 404, 405, 418, 420 (l) e 422 (2). Approvo modifiche proposte da V.S. (suo telegramma 418) al testo della nostra nota di risposta alla 14a nota etiopica.

Approvo egualmente che V. S. abbia (suo telegramma 420) avanzato verbalmente al Blattingheta la proposta di cui all'ultima parte del telegramma ministeriale n. 144 (3).

V. S. vorrà eventualmente chiarire che R. Governo, nell'avanzare detta nuova proposta, è animato dal desiderio di affrettare il corso del negoziato, dandogli la scioltezza che deriva dai contatti personali e dalle comunicazioni verbali. La costituzione della commissione prevista dall'art. 5 del trattato del 28 implicherebbe la risoluzione preventiva di una serie di questioni (nomina dei commissari, scelta della sede della commissione, trasferimento dei commissari nella città prescelta, determinazione precisa del loro compito, regolamento di procedura ecc.): i lavori della commissione stessa dovendo offrire ogni garanzia, dovrebbero procedere con le forme in uso in simili casi (segreteria, redazione di verbali ecc.) e procederebbero quindi per forza di cose a rilento.

Molto più speditamente potrebbero invece procedere le conversazioni tra

V. S. ·e il Blattingheta, anche se qualche tempo occorrerà per inviare costì la relativa documentazione.

Codesta legazione non possiede come documentazione che i telegrammi ricevuti sia da Roma, che da Asmara e Mogadiscio. Una documentazione più completa circa l'aggressione di Ual-Ual non potrebbe consistere che nei rapporti sia del R. Governo di Mogadiscio che delle autorità militari dipendenti ed inoltre nei verbali delle testimonianze raccolte per provare l'aggressione etiopica. Per Sua norma a:vvertoLa che R. Ministero delle Colonie, ad ogni utile fine, telegrafa al R. Governo di Mogadiscio perchè provveda a raccogliere, opportunamente completare e ordinare la detta documentazione, che potrebbe eventualmente essere portata costà in copia autenticata da un apposito incaricato dal Governo di Mogadiscio.

Naturalmente la S. V. dovrebbe previamente rivedere la documentazione stessa, in modo da evitare qualsiasi eventuale discordanza con le note di codesta

R. legazione o colle dichiarazioni fatte a codesto Governo.

Ritengo che V. S. possa confermare in iscritto la proposta confrontazione di documenti rispondendo alla 18• nota etiopica (suo telegramma 405) (l) risposta che, salvo osservazioni da parte della S. V., potrebbe essere così formulata:

«R. -Governo, in adempimento alla risoluzione del Consiglio della S.d.N. del 19 gennaio, continua a ricercare la risoluzione della vertenza sorta in seguito all'aggressione etiopica ad Ual-Ual secondo il disposto dell'art. 5 del trattato itala-etiopico del 1928. Esso intende uniformarsi a quanto è detto in detto articolo che prevede, esauriti i negoziati diretti per le normali vie diplomatiche, il ricorso alla procedura ivi stabilita. R. -Governo tuttavia è d'avviso che non possano dirsi esauriti .i negoziati diretti per le vie diplomatiche quando questi si sono sinora limitati a scambi di note. R. Governo sicuro della fondatezza della propria tesi, sarebbe da parte sua disposto a produrre la documentazione relativa all'aggressione etiopica in Ual-Ual, purché Governo etiopico faccia altrettanto. La presentazione di tale documentazione -che rientra chiaramente tra i normali mezzi diplomatici dovrebbe avvenire in via amichevole, non formale, a fine di rendere più rapido il negoziato, e nell'interesse di una più agevole conciliazione. Il R. ministro ad Addis Abeba ed il Blattingheta potrebbero pertanto procedere personalmente, sempre in via amichevole e non ufficiale, all'esame dettagliato e al confronto delle rispettive documentazioni, in vista di giungere ad eliminare la diversità delle versioni e di accertare la conseguente responsabilità. R. -Governo confida che Governo etiopico vorrà accettare tale suggerimento, e resta in attesa di risposta».
(l) -Cfr nn. 712, 712, nota 3, 723 e 725. (2) -T. "1240/422 R. del 12 marzo, non pubbl!<!ato: intenzione del Governo etiopi<!O di richiedere l'arbitrato e suo proposito di affrettare il più possibile le trattative. (3) -Protocollo particolare per Addis Abeba del n. 698.
743

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATI'I

T. 451 R. Roma, 16 marzo 1935, ore 24.

In una conversazione che il R. ministro ad Addis Abeba ha avuto in data 11 corrente col ministro degli affari esteri etiopico, il conte Vinci ha sollecitato una risposta alle proposte da lui avanzate a titolo personale fin dal 22 febbraio

u.s. ~er un possibile componimento della vertenza sorta in seguito alla aggressione etiopica di Ual-Ual, e riportate nel telespresso di questo ministero n. 204391 dell'll febbraio (2).

Ministro etiopico ha di:chiarato non potere accettare nessuno dei punti delle proposte italiane: niente scuse locali, niente lettera di rincrescimento a meno che non sia reciproca per le rispettive vittime, niente deposito somma, a meno che non sia reciproca. Egli è stato reciso ed assoluto nella sua risposta.

In via di conversazione pregola render noto quanto precede a codesto Governo, facendo risultare la netta intransigenza etiopica in confronto alla volontà paziente e conciliativa dimostrata da parte nostra.

55 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Ritenendo che l'esame e il confronto della documentazione relativa all'incidente di Ual-Ual per parte del R. ministro in Addis Abeba e del ministro degli esteri abissino possano facilitare l'accertamento dei fatti e pertanto la conseguente responsabilità e così condurre al componimento della vertenza, sono state date istruzioni al R. ministro in Addis Abeba di presentare formale proposta in tal senso.

(l) -Cfr. n. 712, nota 3. (2) -Non pubblicato.
744

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI (l)

T. 452/134 R. Roma, 16 marzo 1935, ore 22.

Stampa italiana non darà particolare rilievo allo scambio dei discorsi di Belgrado fra ministro Viola e reggente Paolo di Jugoslavia perchè in questi ultimi giorni in occasione rivolta greca stampa del Regno trino è stata particolarmente deplorevole nei confronti Italia (2).

745

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1377/064 R. Berlino, 16 marzo 1935 (per. il 18).

Dopo avermi fatto la comunicazione relativa al ristabilimento della ferma militare obbligatoria nel Reich (3) il cancelliere mi ha parlato del suo viaggio nella Saar per dirmi che gli era spiaciuto di non essersi potuto intrattenere più a lungo con il barone Aloisi. Gli aveva bensì espresso i ringraziamenti vivissimi del Governo del Reich per l'opera da lui compiuta, giusta le direttive ricevute da

S. E. il capo del Governo; il poco tempo disponibile lo aveva però privato del piacere di parlargli di altri argomenti. Ne era tanto più spiacente in quanto aveva appreso che il barone Aloisi avrebbe desiderato di potersi intrattenere a 1ungo con lui. Sperava però che egli si fosse reso conto come il suo tempo fosse preso dalle varie cerimonie a cui doveva assistere.

Se era tuttora molto profondo il risentimento tedesco per il linguaggio tenuto dalla stampa italiana dopo i fatti del 25 luglio, l'opera svolta dal barone Aloisi era stata molto apprezzata ed aveva valso a porre un balsamo sopra delle piaghe doloranti. Egli se ne compiaceva e rilevava come la stampa tedesca, almeno quella che conta, si fosse comportata bene nel commentare i provvedimenti italiani verso l'Abissinia.

Ho risposto che nessuno più di me deplorava le campagne di stampa, sopratutto quelle che assumevano un tono polemico, sovente astioso. In Italia la

stampa aveva cessato ogni commento meno che oggettivo nei riguardi della Germania e mi auguravo che così si continuasse dalle due parti. Hitler si affrettò a dirmi che !àlleva constatato lui pure l'attuale correttezza della stampa italiana e mi assicurò che da parte sua aveva impartito istruzioni precise di non ricominciare polemiche sopra questioni che non ne valevano la pena.

(l) -Minuta autografa di Mussol!n!. (2) -comunicato, per opportuna conoscenza, a Belgrado con t. 450/22 R., pari data, ore 23. (3) -Cfr. n. 746, allegato.
746

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 16 marzo 1935.

Mi onoro rimettere a V. E. il testo del Decreto concernente l'introduzione in Germania del servizio militare obbligatorio.

ALLEGATO

APPUNTO

Roma, 16 marzo 1935.

L'Ambasciatore Cerruti è stato chiamato oggi dal Cancelliere del Reich ed ha avuto da lui la comunicazione del seguente Decreto. Articolo I. -Il servizio per le forze armate ha luogo in seguito a reclutamento generale obbligatorio; Art. 2. -L'esercito di pace tedesco, incluse le truppe di polizia aggregate, ammonta a 12 Comandi di Corpo d'Armata e a 36 divisioni.

Articolo 3. -Le varie disposizioni per regolare il servizio generale obbligatorio saranno preparate al più presto dal Ministero della Guerra e sottoposte agli altri Ministeri.

747

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI. SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMONP

APPUNTO. Roma, 16 marzo 1935.

Si discute la situazione determinata dai decreti e si raggiunge l'accordo provvisorio, che entra immediatamente in vigore, come da comunicato diramato ancora nella serata.

Comunico a Sir Eric Drummond il punto di vista del Capo del Governo relativo alle dichiarazioni di Goering sulla istituzione dell'aeronautica militare (l).

Si rimane d'accordo che in seguito all'odierno decreto tedesco la cosa assume una più vasta portata e che quindi riassorbe anche il problema sollevato dalle dichiarazioni di Goering.

{l} Cfr. 11 seguente «progetto di dichiarazione» dello stesso 16 marzo, su cui è annotato « Su istruzioni del Capo. Da concordare con Chambrun e Drummond »: «I Governi di Roma. di Parigi e di Londra, dopo essersi consultati, dichiarano di fare le più espresse riserve circa la dichiarazione unilaterale del Ministro dell'Aeronautica del Reich concernente 11 riarmo aereo della Germania».

748

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

Roma, 16 marzo 1935 (1).

L'Ambasciatore Chambrun mi telefona in rapporto alla odierna mossa tedesca; vorrebbe conoscere l'opinione del Capo del Governo e percio' verrà a trovarmi domani.

Lo informo dell'opinione del Capo del Governo in merito alle dichiarazioni Goeri.ng (2) che pero' rimangono assorbite dal fatto più importante che ora si verifica.

749

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DI GRECIA A ROMA, METAXAS

APPUNTO. Roma, 16 marzo 1935.

Mi ha fornito schiarimenti sulla situazione in Grecia, aggiungendo che al governo e ai circoli dirigenti appare inesplicabile la condotta di Venizelos in questa circostanza. Non si comprende come un uomo che altre volte ha sempre osato in base a qualche fondamento politico reale abbia potuto questa volta ag,ire con tanta avventatezza.

Da recenti informazioni pervenutegli risulta che tutta la opposizione appare implicata in questo tentativo rivoluzionario.

Ha tenuto a dirmi che il Governo greco è pienamente conscio della correttezza a cui si è attenuto il Governo italiano. Ha espresso tuttavia l'opinione che una parola di simpatia della stampa italiana per il trionfo della legalità in Grecia, sarebbe assai apprezzato dal Governo e dall'opinione pubblica del suo paese.

Avendomi chiesto informazioni sulla nostra politica generale e, in particolare, sui rapporti italo-abissini, gli ho dato gli schiarimenti del caso, prospettandogli l'opportunità di una manifestazione della stampa e dell'opinione pubblica greca in favore della nostra tesi.

750

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. P. 1347/35 R. Belgrado, 17 marzo 1935, ore 15,20 (per. ore 17.301.

Telegramma di V. E. n. 22 (3). Pur rendendomi conto ragiom che hanno consigliato dare finora scarso rilievo su nostra stampa note dichiarazioni, è mio preciso dovere far presente a V. E.

che distensione rapporti itala-jugoslavi qui immediatamente iniziatasi attraverso nuove aperte dichiarazioni principe reggente e uomini di Governo, campagna stampa calorosa pur senza esagerazione, e movimento spontaneo opinione pubblica, rischierebbe essere compromessa da immancabile generale delusione conseguente a tale nostro atteggiamento.

(l) -Annotazione a margine: "Dettato Il 17 marzo 1935. XIII". (2) -Cfr. n. 747, nota l. (3) -Cfr. n. 744, nota 2.
751

COLLOQUIO FRA IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 17 marzo 1935.

Il Ministro Villani è venuto a mostrare l'unito telegramma dell'Agenzia telegrafica ungherese. Esso presenta nella migliore luce lo scambio dei discorsi avvenuti a Belgrado. Il signor Villani fa tuttavia presente che il contegno della stampa ungherese è quello che è in conseguenza delle forti pressioni del Governo.

Il signor Villani sottopone l'opportunità che al telegramma inviato dal signor Goemboes a S. E. il Capo del Governo in occasione della firma degli accordi di Roma venga data una risposta che tranquillizzi il popolo ungherese sulla saldezza della politica italiana nei riguardi dell'Ungheria e della immutata linea italiana circa la politica interna ed estera ungherese. Il signor Villani non si permette di precisare di più. Egli fa presente che questo desiderio è motivato dalla imminenza delle elezioni in quanto il Parlamento dovrà essere riunito prima della fine di aprile, ed è necessario sopratutto di fronte ad Eckardt che Goemboes abbia una forte maggioranza.

S. E. il Capo del Governo ha diretto di recente un telegramma molto caloroso al Presidente Goemboes. Il signor Villani spera che il telegramma che sarà inviato ora non lo sia meno.

Durante il colloquio il signor Villani ricorda, per dimostrare che la politica ungherese non è intransigente, quanti tentativi di accomodamento l'Ungheria abbia fatto con i suoi vicini, in particolare i discorsi di Mohacs verso la Jugoslavia, e la sua propria missione in Romania ed in Cecoslovacchia.

Durante questi ultimi tempi egli tenne un discorso che diceva poco meno di quello che il Ministro Viola abbia detto a Belgrado. Per informazione egli comunica che fra pochi giorni sarà firmato un trattato di neutralità fra la Cecoslovacchia e la Turchia.

ALLEGATO

T. Budapest, 16 marzo 1935.

Circoli politici ungheresi si occupano con grande interesse delle due dichiarazioni a Belgrado, del discorso del ministro Viola e della risposta del principe reggente. Secondo l'opinione della stampa ungherese l'Italia ha dimostrato di nuovo la sua sincera volontà di pace. Non è il primo caso, scrivono 1 giornali ungheresi che l'Italia sl dichiara pronta per un'intesa colla Jugoslavia anzi lo stesso Capo del Governo italiano nel suo memorabile discorso di Milano ha espresso il suo vivo desiderio per la comprensione. Questo invito italiano pure non aveva allora eco da parte jugoslava. Adesso ogni amico della vera pace, desidera che l'iniziativa italiana abbia questa volta più successo. Adesso spetta soltanto alla Jugoslavia di voler creare una migliore atmosfera nella Europa Centrale. Vogliamo sperare -dicono i giorna;li -che la Jugoslavia dimostri anche la stessa volontà di pace, che l'Italia già ripetutamente ha da sua parte confermata.

752

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

L. 208595/66. Roma, 17 marzo 1935.

In risposta alla Sua lettera del 13 corrente (1), mi onoro far presente a

V. E. che il fatto che i membri inglesi della Commissione mista anglo-etiopica si sono recati ad Addis Abeba, per firmare, non il trattato circa le frontiere Etiopia-Somalìland e la Convenzione di delimitazione dei diritti di pascolo e di abbeverata, ma un rapporto comune anglo-etiopico, a conclusione dei lavori della Commissione mista, relativo a tali diritti, non modifica la sostanza di quanto è stato esposto dal Consigliere della R. Ambasciata a Londra al Foreign Office il 7 corrente.

Già da tempo il Governo Italiano ha espresso il proprio punto di vista e le proprie riserve circa il progettato accordo anglo-etiopico per i diritti di pascolo e d'abbeverata in Ogaden; è ovvio quindi -ed il Governo britannico non avrà difficoltà a riconoscerlo -che, nel momento in cui si procede ad Addis Abeba, con la firma del rapporto finale della Commissione mista, ad un nuovo passo verso la conclusione di detto accordo, il Governo italiano ricordi al Governo britannico il proprio punto di vista, e rinnovi le già espresse riserve. Istruzioni in tal senso, a conferma e delucidazione di quelle già impartite per telegrafo, vengono inviate per corriere alla R. Ambasciata a Londra.

La ringrazio e prendo atto delle assicurazioni contenute nell'ultima parte della lettera di V. E.; e confido che il Governo britannico, in relazione al progettato accordo anglo-etiopico sopraccennato, vorrà condividere l'opinione del Governo italiano, che cioè la sostituzione, a mezzo di una convenzione angloetiopica, di riferimenti e diritti dì carattere territoriale ai diritti generici di pascolo contenuti nell'accordo anglo-etiopico del 1897, costituirebbe una modificazione sostanziaLe di tale accordo e conseguentemente dell'Accordo TripartitlS del 1906, al regime del quale il Governo britannico intende invece, secondo l'assicurazione fornita dall'E. V., rimanere interamente fedele.

(l) Cfr. n. 731, allegato.

753

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

PROMEMORIA 2085996/67. Roma, 17 marzo 1935.

Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di riferirsi al Promemoria dell'Ambasciata di S. M. Britannica in data 28 febbraio, n. 159/224/35 (1), relativo ai rapporti italo-abissini, e di far presente quanto segue:

2. Come il Governo italiano ha già avuto occasione d'informare verbalmente il Governo britannico, è sembrato che, dopo la deliberazione di Ginevra del 19 gennaio u.s. fosse anzitutto necessario di prendere l'iniziativa di qualche pratica misura che, in adempimento dell'impegno preso a Ginevra, valesse ad evitare nuovi incidenti. Al ritorno in sede del R. Ministro, fu così proposto ad Addis Abeba un accordo per la costituzione di una zona neutra, basata sulla situazione esistente al 29 Gennaio, zona che ambo le parti avrebbero rispettata. Dopo lunghe tergiversazioni abissine, è stato possibile di realizzare tale accordo. Un ultimo ritardo è dipeso dal tentativo abissino di ritornare sul principio precedentemente accettato, e cioè che la zona neutra dovesse fissare la situazione esistente al 29 gennaio u.s., ma poi il Governo etiopico non ha insistito su questo punto.

Il Governo italiano si felicita di questo accordo preliminare a doppio titolo. Primo, perché spera che valga veramente ad evitare nuovi incidenti (Questo aspetto della questione è tanto più importante in quanto, dopo Ual-Ual, altri due incidenti si sono verificati ad Afdub; il primo il 28 gennaio e l'altro il 2 febbraio. Inoltre gli abissini hanno occupato sulla fine di Gennaio e i primi di Febbraio, Scillave, già presidiata da reparti italiani). Secondo, perché dall'accordo raggiunto per la zona neutra si dovrebbe ben augurare per la liquidazione dell'incidente di Ual-Ual, quantunque le trattative finora condotte per questo incidente e nonostante la moderazione italiana, non inducano ad ottimismo.

Queste trattative per Ual-Ual sono state pure riprese col ritorno in sede del

R. Ministro. Esse continuano, ed è intendimento del R. Governo che procedano quanto più sollecitamente possibile. Anzi con la speranza di accelerare e agevolare il negoziato, contemporaneamente allo scambio di note ufficiali tra la R. Legazione e il ministero degli Esteri abissino, il Ministro d'Italia ha anche presentato, a titolo personale, dei suggerimenti improntati a quelli avanzati nello scorso gennaio dal Governo britannico, apportandovi alcune modificazioni. Il Governo britannico vorrà convenire che è condizione essenziale dell'accordo che, sia pure in forma tale che faciliti l'adesione del Governo etiopico, venga data all'Italia la soddisfazione che le è dovuta, e ciò anche nell'interesse della stabilità e dello sviluppo dei rapporti futuri con l'Etiopia.

3. Il Governo italiano ha l'onore di fornire al Governo britannico le suesposte informazioni nei riguardi del seguito che è stato dato finora alla delibe

razione di Ginevra. È buona consuetudine dei due Governi italiano e britannico di scambiarsi notizie ed apprezzamenti su questioni di rilievo. Nel caso particolare il Governo italiano, nel fornire tali notizie, intende anche conformarsi al principio della cooperazione itala-britannica in Etiopia. Esso è tanto più lieto poi di fare tale comunicazione, sia perché, data la materia e le informazioni inesatte esistenti, non è certo agevole formarsi un esatto giudizio della questione, sia perché è stato partendo dal proposito d'applicare sollecitamente con spirito di moderazione e di pace gli impegni presi a Ginevra, che esso ha costantemente agito in questa questione.

4. Per quanto concerne le misure militari adottate l'Ambasciata di S. M. Britannica è al corrente che trattasi di misure precauzionali, destinate a provvedere alla sicurezza delle nostre Colonie ed a parare così la possibilità di nuovi attacchi etiopici. Il Governo italiano ha adottato tali misure in modo pubblico e senza nulla nascondere. Il Governo britannico sa che il Governo abissino da lungo tempo e in modo continuativo ha adottato misure militari in larga scala e in proporzioni preoccupanti.

Non occorre soffermarsi sul diritto incontrastato e incontrastabile di un Governo metropolitano, nella fattispecie di quello italiano, di provvedere tempestivamente ed efficacemente alla sicurezza delle proprie colonie, specie quando queste colonie, come è il caso di quelle italiane dell'Africa Orientale, sono molto distanti dalla Madre Patria (circa 4.000 Km.), sono prive di qualsiasi efficace apprestamento di carattere militari, ed hanno per vicino uno Stato in cui, a tacer d'altro, l'autorità centrale (come lo mostrano anche recenti avvenimenti che toccano altri Stati) ha ben scarsa autorità alla periferia. Il Governo italiano stima pertanto suo dovere di porre le proprie Colonie dell'Africa Orientale in stato di far fronte a qualsiasi eventualità futura. Esso si trova costretto a continuare ad adottare tutti i provvedimenti che nelle circostanze appariranno necessari per ottenere nell'Africa Orientale una situazione d'assoluta tranquillità per l'Italia e la possibilità di svolgere la propria azione di civiltà.

Il Governo italiano ritiene del resto che le misure militari adottate abbiano già ottenuto un pr.imo utile risultato, contribuendo ad indurre il Governo etiopico ad accettare nell'interesse di ambo le parti e della pace la proposta italiana per la formazione della zona neutra.

5. -Circa l'osservazione di ordine generale contenuta nel Pro-memoria britannico dello scarso progresso fatto in genere dai negoziati diretti e degli scarsi risultati positivi ottenuti, il Governo italiano, per quanto riguarda la propria azione, non può che riferirsi a quanto precede, ed assicurare il Governo britannico che esso è il primo a rammaricare la situazione esistente. Il Governo italiano ha infatti messo per parte sua la migliore volontà, ma, come ha già osservato, l'aggressione etiopica di Ual-Ual non può non portare come conseguenza necessaria a determinate soddisfazioni. Nel chiedere tali soddisfazioni, il Governo italiano ha mostrato, e continua a far prova di moderazione e di volontà paziente e conciliativa. Esso si augura che il Governo di Addis Abeba voglia deflettere dall'intransigenza sinora dimostrata e trattare esso pure per la soluzione della questione con la volontà di giungere ad una soluzione accettabile (Di fronte ad altri e più recenti incidenti occorsi, non con l'Italia, il Governo etiopico ha tenuto - 6. -Il Governo italiano apprezza le buone intenzioni del Governo di Londra e lo spirito amichevol-e che inspira le osservazioni da esso presentate. Con lo stesso spirito amichevole e con altrettanta franchezza il Governo italiano ritiene di dover far osservare al Governo di S. M. Britannica che la continuazione dell'intima collaborazione fra i due Governi nella politica europea va corroborata e riaffermata con una sincera e completa collaborazione anche in Etiopia, dove il Governo italiano, desideroso di garantire in ogni caso la sicurezza delle proprie Colonie e di contribuire al progresso civile ed economico di quella zona africana, ritiene che i propri interessi non siano in contrasto con quelli del Governo di S. M. Britannica, anzi possano trovare un agevole coordinamento ed un comune sviluppo.

(l) Cfr. n. 677, allegato.

754

AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 17 marzo 1935.

Si ha l'onore di sottoporre a V. E. il qui accluso telegramma (2) di felicitazioni al Re Ibn Saud per essere egli sfuggito all'attentato compiuto da due yemeniti.

Il telegramma appare opportuno anche in quanto negli ambienti mussulmani si diffonde già l'opinione che i due yemeniti, come appartenenti a Stato che ha notoriamente goduto il favore dell'Italia, siano stati spinti da noi all'attentato.

D'altra parte in relazione anche allo svolgimento della situazione in Etiopia sembra opportuno rafforzare, per quanto possibile, le nostre relazioni con il Regno Saudiano e ciò anche in relazione alle tendenze benevole all'Etiopia, che, come dimostra il telegramma qui accluso da Sanaa (3) sembrano prevalere nello

Yemen. L'attitudine dello Yemen non è del resto oggetto di sorpresa in quanto la resistenza di questo Stato .all'allargarsi della influenza italiana si è andata sempre più .accentuando.

Si chiede da V. E. l'autorizzazione a proporre anche a Sua Maestà l'invio di un telegramma a Re Ibn Saud.

(l) -L'appunto, redatto su carta intestata del Gabinetto, è privo di firma. (2) -Il testo del telegramma (t. 2374 P. R. spedito alle ore 23 del 17 marzo) era il seguente: <<Apprendo con indignazione attentato commesso contro Vostra Maestà. Desidero esprimere subito mie felicitazioni e mio compiacimento che Vostra Maestà sia uscita illesa». (3) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1382/55 R. Vienna, 18 marzo 1935, ore 13. Mio telegramma n. 54 (l). Ho veduto iersera Berger Waldenegg. (per. ore 16,30).

Mi ha detto che Austria non prenderà .alcuna posizione circa questione parità diritti senza che V. E. non gli abbia prima comunicato suo pensiero in proposito e suo consiglio.

A titolo personale ha aggiunto che se la propaganda nazista -alla quale si uniscono i noti circoli cristiano-sociali (mio rapporto n. 403 dell'll febbraio scorso) (2) desiderosi eliminare Heimwehren -insiste per servizio militare obbligatorio a tale decisione si oppongono tuttavia seguenti gravi considerazioni.

1°) -che servizio militare obbligatorio introdurrebbe nell'esercito elementi nazisti e social-comunisti; 2°) -che essa coscrizione porterebbe colpo mortale ad esistenza Heimwehren; 3°) -che Austria infine non ha assolutamente mezzi per sostenere relative spese.

Berger Waldenegg ritiene pertanto che anche nel caso in cui Governo federale fosse obbligato sollecitare parità diritti, coscrizione dovrebbe avvenire con garanzie atte ad escludere arruolamento elementi non adatti.

Nel pregarmi infine di comunicargli d'urgenza tutto quanto io possa apprendere da V. E., mi ha confidato aver fondati dubbi che Ungheria possa seguire senz'altro, anche in considerazione accaparrarsi un buon mezzo per influire su elezioni politiche, esempio Germania.

D'altra parte mi risulta che cancelliere è preoccupato ripercussioni che atto unilaterale Reich potrà avere non solo su propaganda nazista e sugli elementi cristiano-sociali maggiormente fautori, per ragioni anzidette, parità diritti, ma anche della possibilità che Germania, qualora Grandi Potenze non reagiscano adeguatamente suo gesto unilaterale, possa giungere a gravi colpi di testa nei riguardi Austria.

(l) -Con t. 1365/54 R. del 17 marzo Preziosi aveva comunicato: «Misure militari adottate dalla Germania hanno provocato in queste sfere dirigenti un grande senso di imbarazzo». (2) -Non pubblicato.
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COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND

APPUNTO. Roma, 18 marzo 1935 [ore 20 circa] (l).

Sir Eric Drummond mi informa sulla nota presentata a Berlino di cui mi dà copia (allegata).

Pare che i tedeschi abbiano risposto in senso affermativo. (Mentre Sir Eric Drummond era da me mi ha telefonato l'Ambasciatore Cerruti per comunicarmi che il Governo tedesco ha fatto sapere agli inglesi che si poteva discutere sulla stessa base concordata precedentemente: in seguito a ciò verrà pubblicata la nota inglese e il Governo tedesco farà un comunicato per far sapere che la visita avrà luogo).

Sir Eric mi chiede quale sia la mia impressione.

Gli rispondo a titolo puramente personale: trovo molto strano che la Gran Bretagna abbia fatto un passo del genere senza consultarsi prima con la Francia -confirmataria del Comunicato di Londra -e con noi a cui il comunicato era stato trasmesso per la nostra approvazione, che non è mancata.

La dichiarazione che le conversazioni potranno avvenire sulla stessa base di pr.ima rappresenta o uno scherzo di cattivo genere o un equivoco. È chiaro che la base è completamente cambiata: prima si trattava di negoziare l'adesione della Germania a un sistema di sicurezza e di limitazione degli armamenti contro l'abolizione, a suo favore della parte quinta del Trattato; oggi la Germania ha abolito per proprio conto la parte V del Trattato e quindi non c'è più nulla da negoziare.

La Germania -mi dice Sir Eric Drummond -potrebbe rivenire sulle proprie decisioni.

Gli rispondo che queste sono illusioni e mi meraviglio come l'Inghilterra possa lasciarsi ingannare da speranze del genere. Il gesto dell'Inghilterra fatto indipendentemente dagli altri darà certamente l'impressione di una rottura della solidarietà fra Londra, Parigi e Roma; questo gesto inglese mette anche in difficile situazione Francia e Italia in quanto oggi una loro protesta energica si rivolgerà non solo contro la Germania, ma Ùn po' anche contro la Gran Bretagna che così facilmente accede alle testi germaniche anche le più assurde. La decisione inglese rappresenta d'altra parte il trionfo del giuoco tedesco (consigliato a quanto si sa da Ribbentrop) di cercare di staccare la Gran Bretagna dalla Francia e anche dall'Italia.

Gli inglesi probabilmente non otterranno niente a Berlino, ma anche ammesso che ottengano qualche cosa il vantaggio relativo sarà non solo neutralizzato, ma di gran lunga sorpassato dal danno che deriverà dalla evidente mancanza di solidarietà fra le altre Potenze f.irmatarie del Trattato. Oggi non c'era che un mezzo per fermare la Germania sulla via per la quale si è messa e che può veramente portare a delle conseguenze gravi. Questo mezzo era di far sentire una forte resistenza da parte delle altre maggiori Nazioni europee; la

Gran Bretagna impedisce -almeno a quanto si può giudicare dagli elementi oggi a disposizione -l'utilizzazione di questo mezzo, e quindi si prende una grande responsabilità per l'avvenire.

Sir Eric Drummond si dice costernato che il gesto inglese sia interpretato a questo modo.

Gli rispondo che queste non sono che le mie impressioni di carattere tutto affatto personale e che ho manifestato perché egli me le aveva chieste, ma devo riservarmi completamente per quello che sarà il punto di vista ufficiale del Governo italiano.

ALLEGATO

SIMON A DRUMMOND

T. PER TELEFONO 198. Londra, 18 marzo 1935, ore 18,30.

Following is text of note referred to in my immediately preceding telegram.

l. H. M. Government in the United Kingdom feel bound to convey to the German Government their protest against the announcement made by the latter on March 16th of the decision to adopt conscription and to increase the peace basis of the German army to 36 divisions. Following on announcement of a German Air Force, such a declaration ls a further example of unilateral action, which, apart from the issue of principle, is calculated seriously to increase uneasiness in Europe. The proposal for an AngloGerman meeting arose out of the terms of the Anglo-French communiqué of February 3rd and the German reply of February 14th, supplemented by further communications between H.M. Government and the German Government. H.M. Government consider it necessary to call the specific attention of the German Government to the effect or these documents.

2. -The London communiqué of February 3rd, while noting that armaments limited by the Treaty could not be modified by unilateral action, declared that the British and French Governments favoured a generai settlement freely negotiated between Germany and other Powers which would make provision for the organisation of security in Eurorpe on the lines there in indicated and would simultaneously establish agreement upon armaments, which in the case of Germany would replace the relevant provisions of Part V of the Treaty of Versailles. The communiqué went on to state that it would be part of the generai settlement which it contemplated that Germany would resume her active membership of the League of Nations, and proceded to sketch out the terms of an Air Pact between the Locarno Powers to operate as a deterrent to aggression and to ensure immunity from sudden attack from the air. 3. -The German Government's reply ten days later welcomed the spirit of friendly confidence which the Anglo-French communiqué expressed and undertook that the German Government would submit to exhaustive examination the questions raised in the first part of the London communiqué. It agreed that the spirit expressed in that communiqué of free negotiations between sovereign states could alone lead to lasting international settlements in the sphere of armaments. In particular it welcomed the proposai for an Air Pact and the German reply concluded by saying that before taking part in the proposed negotiations the German Government considered it desirable to clarify, in separate conversation with the Governments concerned, a number of preliminary questions of principle. For this purpose it invited H.M. Governement to enter into a direct exchange of views with the German Government. 4. -Since H.M. Government desired to make sure that there should be no misunderstanding as to the scope and purpose of the proposed Anglo-German meeting, they addressed a further enquiry to the German Government on February 21st to which the German Government replied the next day. The result was that it was definitely agreed between the two Governments that the object of the suggested meeting would be to

carry consultation a stage fuTther on all the matters referred to in the Anglo-French communiqué. It is upon this bas.is therefore that H.M. Government have been prepating to pay the visit to Berlin which the German Government suggested.

5. -Thus, what was contemplated was «a generai settlement freely negotiated between Germany and the other powers and agreement regarding armaments which in the case of Germany would replace the provisions of Part V of the Treaty of Versailles ». This has throughout been the purpose of H.M. Government's policy and upon its achievement they have concentrated all their efforts at Geneva and elsewhere. But the attainment of a comprehensive agreement which by common consent would take the place of Treaty provisions cannot be facilitated by putting forward, as a decision already arrived at, strengths for military effectives greatly exceedi.ng any before suggested -strengths, moreover, which, if maintained, unaltered, must make more difficult, if not impossible, the agreement of other Powers vitally concerned. 6. -H.M. Govemment are most unwilling to abandon any opportunity which the arranged visit might afford of promoti.ng general understanding, but in the new circumstances, before undertaking it, they feel bound to call the attention of the German Government to the above considerations, and they wish to be assured that the German Government still desire the visit to take place with the scope and for the purposes previously agreed and set out in paragraph 4 above.

(l) Annotazione a margine: «Dettato 11 19 marzo 1935. XIII».

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE FEDERALE AUSTRIACO, SCHUSCHNIGG (l)

T. 463 R. Roma, 18 marzo 1935, ore 23.

Ricambio con viva cordialità il saluto inviatomi da V. E. (2) nel primo anniversario della firma dei protocolli di Roma che hanno stretto i rapporti tra l'Austria, l'Italia e l'amica Ungheria e rafforzata la loro collaborazione nel campo politico ed economico. Il patto di Roma che è strumento per la difesa degli interessi dell'Austria e per la pacificazione e la ricostruzione dell'Europa danubiana ha dimostrato in questo primo anno la sua solidità e la sua efficacia dando risultati che sono di buon augurio per lo sviluppo dell'opera cosi felicemente iniziata.

758

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 1431/068 R. Berlino, 18 marzo 1935 (per. il 20).

François-Poncet è venuto a vedermi iersera. Egli ritiene che non sia possibile incassare questo nuovo colpo di Hitler. A suo avviso occorre che Governi

italiano, francese e inglese facciano al più presto e di comune accordo una formale protesta contro la violazione unilaterale del trattato di Versailles, che i Governi italiano e francese agiscano con la massima energia sopra qruello inglese per indurlo a sospendere la visita di sir John Simon a Berlino, che i tre Governi suddetti subito dopo aver fatto presentare la protesta di cui sopra accordino un congedo ai rispettivi ambasciatori, lasciando a Berlino soltanto degli incaricati d'affari, per marcare anche in questo modo il loro malcontento e la mancanza di fiducia che ripongono nel Governo del Reich, che i tre Governi suddetti si accordino per una politica uniforme di resistenza alla Germania e che il Governo francese concluda al più presto l'alleanza con l'U.R.S.S.

Ha aggiunto che Phipps, da lui incontrato ad un pranzo la sera del 16, gli aveva espresso la convinzione che sir John Simon non sarebbe più venuto a Berlino, cosa che lo aveva solLevato perché egli nutriv~ i maggiori timori che gli inglesi avrebbero finito per fare delle concessioni ai tedeschi, prestando fede alle loro dichiarazioni di pacifismo.

Ho informato Franço.is-Poncet che nella mattinata del 17 Phipps si era invece espresso meco come se non credesse ad una sospensione della venuta di Simon a Berlino ed aveva anzi manifestato la speranza che si potesse in tale occasione discutere con i tedeschi per fissare un limite massimo in cui contenere gli argomenti terrestri (1). Il mio collega francese fu assai colpito da questa notizia ed attribuì il diverso linguaggio di Phipps a qualche comunicazione telefonica da lui avuta in mattinata con suo cognato Vansittart oppure all'influenza che su di lui avessero esercitato i funzionari ed addetti militari all'Ambasciata d'Inghilterra, la cui germanofilia sarebbe pronunciatissima. (Osservo in proposito risultarmi che uno degli Addetti Militari inglesi si espresse ieri nel senso che il provvedimento del 16 corrente era da lui considerato con favore, come atto a chiarire una situazione, e come conseguenza logica degli armamenti sov.ietici contro i quali non si poteva negare alla Germania il diritto di difendersi).

François-Poncet mi disse pure di avere appreso che Parigi si è posto da vari giorni in comunicazione con Roma e Londra per discutere la comune azione da svolgere presso il Governo del Reich in presenza del provvedimento adottato circa l'av.iazione militare tedesca (2). Supponeva che a maggior ragione queste consultazioni avrebbero avuto per oggetto il ristabilimento della coscrizione generale obbligatoria tedesca. Anche se questo grave fatto avesse dovuto portare ad una coalizione stretta tra la Francia, Italia ed Inghilterra (cosa di cui dubitava purtroppo, a causa dell'atteggiamento tentennante che gli sembrava avere adottato il Governo di Londra) restava il fatto che una consultazione richiedeva vari giorni, mentre i provvedimenti di Hitler erano fulminei. Donde uno stato di inferiorità per il gruppo di Stati che dovrebbe tenere testa alla Germania.

Il mio collega francese mi domandò che cosa pensassi del programma indicato in principio di questo telegramma, che a lui sembrava essere il solo conforme alla dignità delle Potenze Occidentali. Gli risposi che circa la visita di

Simon gli av€vo già fatto conoscere le ragioni che avevo di dubitare che essa potesse essere sospesa. Quanto al resto mi domandavo a che cosa sarebbe servita, da un punto di vista pratico, una protesta non accompagnata da altre sanzioni. Forse soltanto ad indurre la Germania a compiere un altro passo innanzi, vale a dire a dichiarare decaduta anche la clausola relativa alla demilitarizzazione della zona renana, senza la quale non si poteva parlare di completa parità dei diritti. Il congedo accordato agli ambasciatori a Berlino avrebbe reso in definitiva più difficile la loro situazione il giorno in cui avessero dovuto rientrare ai loro posti. Mi pareva miglior politica quella di lasciar passare qualche giorno per vedere chiaro nella nuova situazione indubbiamente assai seria e quindi tale da richiedere un esame ponderato per giungere a risoluzioni atte a parare i pericoli a cui poteva essere esposta, per colpa della Germania, la pace ·del mondo. "'

François-Poncet non fu molto soddisfatto della mia risposta, osservò che se· si fosse perduto del tempo Hitler ne avrebbe approfittato per compiere altri atti pericolosi. Avevo menzionato la zona dimilitarizzata. Orbene, Léon Blum non aveva trovato di meglio nella discussione al Parlamento francese che di accusare il Governo della Repubblica di volere, con i provvedimenti militari presentati, trasformare l'Esercito francese da un organismo di difesa in uno di offesa. Come illudersi che Hitler non si servisse della imprudente frase di Léon Blum per proclamare la necessità di erigere lungo il confine occidentale fortificazioni contro una invasione francese?

Come V. E. vede l'Ambasciatore di Francia, generalmente assai calmo ed obbiettivo, ha questa volta assunto un atteggiamento battagliero.

(l) -Ed. sulla stampa del 21 marzo. (2) -Schuschnigg aveva inviato il 16 marzo il seguente telegramma (t. 2434 P. R.): «Il primo anniversario della firma dei protocolli di Roma che grazie all'iniziativa di V. E. hanno consolidato le relazioni di amicizia tra Italia Austria ed Ungheria in maniera proficua e durevole tanto nel campo politico che in quello economico, mi offre la gradita occasione di assicurare nuovamente l'E. V. della mia più sincera stima e di porgerle i miei più cordiali saluti». (l) -T r. 1359/77 R. del 17 marzo, non pubblicato. (2) -cfr. n. 738.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 1454/071 R. Berlino, 18 marzo 1935 (per. il 21).

Il provvedimento adottato da Hitler il 16 marzo, ristabilendo la coscrizione generale obbligatoria nel Reich deve essere considerato sotto due aspetti: quello della politica interna e quello della politica estera. Mentre è compito precipuo dei Gabinetti il secondo esame, ritengo possa riuscire utile alla E. V., per la esatta valutazione dell'avvenimento, di conoscere come io lo giudichi dal punto di vista interno.

L'atto di avantieri è il coronamento della politica di Hitler, intesa a svincolare la Germania dagli obblighi impostile dal trattato di Versailles. Esso è pure una conseguenza degli avvenimenti del 30 giugno 1934. Eliminati in quel giorno i due soli uomini che potevano eventualmente erigersi ai suoi rivali e mettersi l'uno, Roehm, alla testa delle S. A. ribelli, l'altro, von Schleicher, alla testa della Reichswehr malcontenta per l'eccessivo potere delle formazioni militari nazionalsocialiste, Hitler si trovò bensì liberato da una minaccia, ma dovette cercare l'appoggio incondizionato della Reichswehr, dando a quest'ultima le più seri.e garanzie che essa sarebbe stata l'unica forza armata della nazione.

Noi, non sappiamo né sapremo mai quanta fatica abbia costato, sia alla Reichswehr che a Hitler, creare tale compromesso e rafforzarlo. La Reichswehr fu certo tenacissima ed intransigente nelle sue pretese, forte di una tradizione secolare e sicura di poter contare sull'appoggio tacito ma non per questo meno valido dell'intiera nazione. Hitler, psicologo e conoscitore profondo della grande massa piccolo-borghese del popolo tedesco, si rese certo conto che se l'appoggio di questa gli era bastato per far trionfare il movimento nazionalsocialista, doveva ora anche appoggiarsi alle altre importanti classi sociali della Germania, custodi per generazioni delle tradizioni della Prussia di Federico II che avevano guidato i soldati tedeschi e ne avevano diviso le fatiche e le glorie in guerra. li contatto seguito di Hitler con i generali e gli ufficiali superiori della Reichswehr gli diede indubbiamente una maggiore conoscenza di questa categoria sociale che egli non aveva in passato avuto occasione di avvicinare molto ed è probabile che sia saltato anche agli occhi del cancelliere del Reich come il livello intellettuale, il giudizio sugli avvenimenti politici, lo spirito di ubbidienza e di disciplina fosse ben differente nella Reichswehr che nelle formazioni delle

S. A. e delle S. S. In queste ultime esaltazioni più che spirito rivoluzionario, ambizione sfrenata ed aspirazione di salire, nella Reichswehr coscienza della propria missione in difesa della patria, superiore ai partiti politici, modestia di vita, spirito di abnegazione.

Se il 30 giugno aveva dunque posto il Fiihrer nelle mani della Reichswehr i mesi successivi dovettero far lungamente meditare Hitler circa il modo migliore per cattivarsi la riconoscenza e quindi l'animo dell'esercito tedesco.

In questo non facile compito Hitler fu aiutato da vari fattori estranei. Le discussioni in Inghilterra, Francia, Italia e nell'UR.S.S. sopra i problemi militari, i provedimenti escogitati o adottati per far fronte al pericolo costituito dal riarmamento della Germania, gli permisero di trarre sempre maggiori argomenti per rafforzare la propria tesi che il Reich doveva essere potentemente difeso.

La decisione di ristabilire il reclutamento generale obbligatorio venne fulminea, come in passato altri provvedimenti hitleriani. Probabilmente ne fu stupito, non solo il Governo, ma la stessa Reichswehr o almeno la grande maggioranza dei suoi ufficiali.

Credo di poter assicurare V. E. che non vi è stato in Germania, avantieri, un solo tedesco, qualunque fosse negli scorsi anni il suo credo politico, che non abbia provato, all'annuncio del ristabilimento del servizio militare obbligatorio, una gioia profonda, frammista alla certezza che la Germania era tornata ad essere di botto lo Stato potente che aveva costituito l'orgoglio delle generazioni di avanti guerra.

Seldte, il capo degli elmetti di acciaio, la grande organizzazione degli ex combattenti che per tanti anni conservò vivo lo spirito militare della Germania nei periodi più grigi del periodo Weimeriano, e che si era poi veduto combattere dalle S. A. perché le sue formazioni non erano pervase da sufficiente spirito rivoluzionario e democratico, plaudì avantìerì per primo, felice di constatare il trionfo dell'idea per la quale aveva strenuamente lottato, non cedendo mai il terreno.

Tutta l'aristocrazia, militare per definizione, vide risorgere avantieri la Germania che aveva servito al tempo dell'Impero, che era poi scesa molto in basso, che aveva scorto con gioia risalire con la nomina a Presidente del Reich di von Hindenburg, ma che aveva temuto fosse destinata dopo la morte del maresciallo, a diventare bensì forte, ma eccessivamente borghese sotto il regime hitleriano che si appoggiava sulle S. A. e le S. S.

Ieri l'altro e ieri i giovani atti a portare le armi non ebbero che un solo pensiero: quello di essere i primi questa mattina a presentarsi ai distretti «un einzurucken ~-Se gli anni del servizio militare contarono sempre per i tedeschi fra i più belli della vita; il divieto loro tatto dal trattato di Versailles di non poter servire la Patria se non come soldati di mestiere, aveva addirittura creato l'ossessione del reclutamento obbligatorio.

Sono quindi tutti contenti in Germania da due giorni in qua. Anche gli uomini delle S. A. e delle S.S. ancorché siano destinati a scomparire in assai breve tempo. Gli S. S. saranno facilmente incorporati nell'esercito del Reich. Fra gli S. A. si sceglieranno quelli che hanno servito nella grande guerra e, se abili, saranno assunti come ufficiali. La cernita dei giovani permetterà, di assorbire una parte nelle truppe. Agli altri, mandati a casa, rimarrà la gloria di avere reso possibile alla Germania, con la loro adesione al movimento di Hitler, di stracciare il trattato di Versailles nella sua parte più offensiva per lo spirito militare tedesco, di avere contribuito, in piccola parte, a ridare al Reich quell'esercito agguerrito di cui fu sempre tanto fiero.

Questa della prossima scomparsa delle formazioni nazionalsocialiste non è la minore causa di gioia di tutta la parte del popolo tedesco avente tendenze conservatrici. Vi è così poco spirito rivoluzionario in Germania che era una vera anormalità la formazione di così numerosi reparti di camicie brune. È stato ricordato non so quante volte che il successo dell'hitlerismo fu dovuto in massima parte all'aver il Fiihrer data sino dall'inizio alle sue «camicie brune :1) un'uniforme e sopratutto un paio di stivali, il che significava «marschiren:. e marciare significava prepararsi per la vita militare, a dispetto di Versailles.

Colpo di timone ancora una volta a destra dunque questo del 16 marzo, e colpo decisivo. Oggi si può dire veramente che il periodo della rivoluzione hitleriana è terminato.

È rinata la Germania imperiale. Coloro che sono fedeli fautori della Monarchia sussurravano; ancora tre o quattro anni ed avremo di nuovo l'imperatore. I molti che sono seguaci convinti di Hitler ed i moltissimi, che lo hanno seguito perché hanno sperato che egli potesse essere il ricostruttore di una Germania potente ritengono superfluo un ritorno alla Monarchia visto che il Fiihrer ha dimostrato di aver intieramente corrisposto alle loro aspettazioni, lo onorano e desiderano servirlo lealmente e con tanto maggiore entusiasmo oggi che egli non si può più appoggiare, per esperimenti demagogici, sopra formazioni rivoluzionarie brune.

Se Hitler però dovesse scomparire la restaurazione monarchica rimarrebbe come valvola di sicurezza e sarebbe bene accetta a tutti.

È il trionfo del grigio-verde in pieno sopra il colore bruno. Goring ha già mutato da due anni la camicia della rivoluzione con l'uniforme di generale. Forse Hitler conserverà per sé la camicia bruna che gl.i diede tanta popolarità

56 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

fra i tedeschi in tutto il mondo. Ma quale stonatura sarà d'ora innanzi Goebbels se persisterà a portarla, Goebbels dalla lingua di fuoco ma dal piede sciancato, inabile al servizio militare in un paese in cui l'esercito ritorna ad essere l'idolo di tutto il popolo.

Servirà il provvedimento del 16 marzo al mantenimento della pace, come mi disse avant1eri Hitler, come dichiarò solennemente ieri nel suo discorso il generale von Blomberg nella commemorazione degli eroi tedeschi e come riaffermò il cancelliere del Reich in una sua recentissima intervista accordata a Ward Price?

Lo dirà l'avvenire. La constatazione che io tengo a fare oggi è quella che il provvedimento del 16 marzo ha incontrato il consenso unanime del popolo tedesco, che Hitler si è acquistato una nuova benemerenza riconosciutagli anche dagli avversari e che, forte di questo ultimo successo, egli sarà d'ora innanzi più intransigente che mai.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1435/073 R. Berlino, 18 marzo 1935 (per. il 20).

Fra le altre visite fattemi da colleghi esteri, a scopo di orientazione, ricevetti stamane quella dell'ambasciatore della U.R.S.S. Egli era molto risentito, sia per non essere stato direttamente informato dal cancelliere del Reich come gli ambasciatori di Francia, Inghilterra, Italia e Polonia, o per lo meno dal ministero degli affari esteri del provvedimento adottato il 16 corrente per il ripristino del servizio militare obbligatorio in Germania. Aveva poi avuto sentore della insistenza con cui Hitler aveva parlato ai vari ambasciatori del pericolo costituito dagli armamenti sovietici ed anche ciò aveva prodotto sul signor Suritz una cattiva impressione.

Per parte mia mi sono sforzato di mantenere l'esame della situazione creata dalla decisione di avantieri nei suoi limiti reali dicendo all'ambasciatore dei Soviet che spettava ai nostri rispettivi Governi trarre le conseguenze del recentissimo provvedimento di Hitler.

Suritz aggiunse che riteneva indispensabile o il patto orientale o l'alleanza con la Francia. L'U.R.S.S. e l'Italia erano state concordi nel non volere una politica di isolamento della Germania, ma dato l'atteggiamento assunto da quest'ultima ed il suo categorico rifiuto di partecipare ad una politica di collaborazione, non rimaneva probabilmente altro da fare che mutare atteggiamento.

Egli mi chiese poi se io credessi che Hitler avrebbe tentato prossimamente un colpo contro Memel. Alla mia risposta evasiva il collega sovietico mi lasciò comprendere che una simile avventura avrebbe posto l'U.R.S.S. ad un bivio molto serio. Non disse però che i Soviet sarebbero intervenuti in appoggio della Lituania.

L'ambasciatore dell'U.R.S.S. mi chiese infine se avessi sentore dell'impressione che il provvedimento del 16 corrente aveva prodotto in Polonia. Alla mia risposta di non conoscere più di quanto avevano pubblicato i giornali tedeschi, egli mi disse che l'opinione pubblica polacca fosse assai d'accordo nel giudicare l'avvenimento e che una parte di essa lo considerasse un serio pericolo anche per la Polonia.

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L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 717/276. Ankara, 18 marzo 1935 (per. il 23).

Mio telegramma filo n. 49 in data odierna (1).

La Convenzione degli Stretti fu della nuova sistemazione di pace fissata col trattato di Losanna, la sola parte di veramente difficile e complessa discussione. Ne sono note le lunghe vicende, e sopratutto la partecipazione della Russia che pur avendola firmata non la ha poi mai ratificata.

La tendenza turca a svincolarsi dagli obblighi di maggiore limitazione che sono significati nella esistenza di una commissione internazionale, nella designazione di una zona demilitarizzata, nella proibizione di avervi truppe ed opere difensive, nella limitazione della guarnigione di Istambul e dintorni, è stata costante.

In sostanza si tratta più che altro di un fatto morale, poiché in mezza giornata le artiglierie e le truppe che si trovano al di là della zona degli Stretti (arricchitasi negli ultimi anni di un largo nuovo sistema di comunicazioni stradali) ·possono occupare la zona stessa per quella azione militare che le circostanze potranno consigliare al suo momento alla Turchia.

Ma in ogni caso persiste la volontà di togliersi da quel vincolo. Come ho telegrafato stamani a V. E. ho subito osservato a Tewfik Rustu Aras che si trattava di convenzione discussa liberatamente ed accettata liberatamente. Non era trattato imposto come potevano considerarsi quelli di San Germano, del Trianon e di Neuilly. L'art. 18 della Convenzione stabiliva poi una solidarietà internazionale alla libertà di passaggio degli Stretti, alleggeriva quindi la Turchia da un compito che potrebbe incomberle in uno dei casi di conflitto. In ogni caso non mi sembrava che la Turchia potesse gettare da un lato una convenzione così come faceva la Germania. Sarebbe occorso a mio giudizio personale un accordo di tutti i firmatari. Ed ho aggiunto che però potevo ritenere

che non avrebbe trovato da parte di V. E. che disposizioni di benevolo esame,

conformi del resto ai rapporti generali che legano i due ,paesi.

Ho ora sott'occhio le istruzioni date da V. E. al mio predecessore col tele

gramma n. 878 del 2 aprile 1933 (1). L'E. V. prescriveva allora a Lojacono di

non uscire dal tono generico per non impegnarsi in una via nuova che può

presentare serie incognite.

Ed a tali istruzioni mi atterrò fino al riceverne di diverse. Ma mi sia con

cesso esprimere il pensiero che mi viene dettato dalle nuove contingenze inter

nazionali.

Non ho alcun dubbio che se si arriverà al riarmo della Bulgaria, la Turchia

se non otterrà l'accordo dei firmatari della convenzione del 1923 la denuncierà

e non vi si riterrà più legata. L'opposizione sarà sopratutto inglese. Ma la Tur

chia avrà tutto il sostegno russo, e come mia impressione odierna farà ogni

sforzo per liberarsene, e verosimilmente vi riuscirà.

*In questa condizione di cose non abbiamo noi interesse a mostrare fino

da questo momento la nostra chiara intenzione di appoggiare la Turchia?

Beninteso non trascuro i nostri formidabili interessi per la libertà del nostro

commercio attraverso gli Stretti, e la assoluta necessità di avere quella via

sgombra per attingere in Mar Nero quei rifornimenti di materie prime che ci

sono indispensabili spe,cie in caso di conflitto* (2).

Sulla base della nostra necessità della libertà degli Stretti, * mentre Turchia e Russia tendono a fare degli Stretti stessi un possesso idealmente comune, per la possibilità di massimo rifornimento *, anche bellico in Mar Nero è forse possibHe trovare quel nuovo assetto dei nostri rapporti con la Turchia che, avendo come espressione comprensiva la controassicurazione superbalcanica indicata da Tewfik Rustu Aras, dovrebbe sboccare a quelle più precise intese anche militari precisate da Chukri Kaia ed accennatemi anche da Tewfik Rustu Aras. Oppure partendo da questo particolare assetto e da questo significativo legame politico-militare si dovrebbe giungere a quella massima espressione di garanzie balcanico-mediterranee che sono nelle proposte fatteci da questo Governo.

Quanto dico trova giustificazione oltreché nei colloqui qui avuti dopo il mio arrivo, anche nell'esplicito telegramma diretto da Lojacono a V. E. il 24 marzo 1933: «Ho qhiesto quali garanzie avrebbe egli potuto offrire all'Italia per la sicurezza dei suoi rifornimenti in ogni evenienza. Mi ha risposto che era pronto a stipulare * una convenzione particolare con noi per assicurarci il transito commerciale attraverso gli Stretti* anche impegnando le forze della Turchia a tutela dei nostri rifornimenti durante la navigazione negli Stretti , (3). Si può legare a questa risposta di Tewfik Rustu Aras a Lojacono la dichiarazione fattami il 3 corrente circa l'interesse turco al nostro possesso del Dodecanneso? (4).

V. E. giudicherà se e quali istruzioni impartirmi.

(l) T. 1386/49 R., di cui si pubbllca solo 11 capoverso iniziale: «Decisioni germaniche per riarmo producono Vllvlssima impressione benché In sostanza non modifichino stato di fatto già esistente. Tewflk Ruschdi Bey detto che se ad esse dovessero seguire analoghe decisioni austriache, ungheresi, bulgare, ma specialmente queste ultime, Turchia non potrebbe rimanere sola e perciò non si riterrebbe più vincolata a zone demilitarizzazione stretti».

(l) -Numero di protocollo errato. È il tel. cit. in serie VII, vol. XIII, p. 353, nota 1. (2) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati o segnati a margine da Mussolini. (3) -Cfr. serie VII, vol. XIII, n. 281. (4) -Cfr. n. 693.
762

IL CONSULENTE GIURIDICO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, PILOTTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 324/297. Ginevra, 18 marzo 1935.

A conferma delle precedenti comunicazioni, trascrivo qui di seguito il testo esatto del telegramma giunto sabato sera da Addis Abeba circa la vertenza con l'Italia:

«Délégation éthiopienne présentera incessamment au nom Gouvernement impérial demande formelle examen par Conseil différend italo-éthiopien motivé par mobilisation italienne envois troupes et armaments et impossibilité obtenir réponse Gouvernement italien à nos demandes répétées de soumettre différend à arbitrage ~.

Come ho telegrafato questa mattina al R. Ministero degli Affari Esteri, il Segretariato si è astenuto per ora di comunicare detto telegramma ai Membri del Consiglio, dato che la comunicazione etiopica non comporta alcun seguito previsto da parte degli organi della Lega. Tuttavia nell'accusarne ricevuta al Governo di Addis Abeba, il Segretariato gli ha domandato se il telegramma debba essere comunicato al Consiglio.

Come si rileva da quanto precede, il telegramma del Governo etiopico non precisa alcuna speciale richiesta; esso si mantiene nel vago, continuando in tal modo nella tattica adottata sin dall'inizio della vertenza con l'Italia. Gli ambienti competenti del Segretariato, e in ispecie quelli britannici, dichiarano interpretare questa tattica come un mezzo per indurre l'Italia ad una procedura arbitrale.

Nessun'altra comunicazione, anche di solo carattere ufficioso, è giunta al Segretariato dal Governo etiopico, cosicché allo stato delle cose non esistono altri elementi che possano aiutare a chiarire il pensiero del Governo di Addis Abeba. Dalla formulazione del telegramma, si direbbe che detto Governo si riserva di presentare la documentazione relativa alle fasi della vertenza successive alla sessione di gennaio del Consiglio per ottenere che il Consiglio stesso se ne occupi nella sessione di maggio.

Ad ogni buon fine, ricordo, coll'occasione, che il Governo etiopico ha fatto testè pervenire lo strumento di adesione, senza riserve, all'Atto Generale per il Regolamento Pacifico delle Controversie internaz,ionali del 1928. È noto che detto Governo risulta anche assoggettato alla clausola di giurisdizione obbligatoria della Corte dell'Aja per un periodo di due anni a partir,e dal settembre 1934.

763

IL GOVERNATORE DELLE ISOLE ITALIANE DELL'EGEO, LAGO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 1080. Rodi, 18 marzo 1935 (per. il 23).

Gli avvenimenti di Grecia hanno avuto una favorevole ripercussione nel Possedimento.

L'opinione pubblica dei nostri sudditi ortodossi parteggiava per Venizelos. È stata perciò penosamente colpita dalla rapida ed ingloriosa fine del movimento insurrezionale. L'umiliazione per lo scampo, proprio nel Dodecanneso, dell'antico eroe nazionale e dei suoi seguaci; e la preoccupazione per la sorte che minaccia tanti dodecannesini ed oriundi dodecannesini in Grecia, in gran parte implicati nel movimento, hanno agito in maniera depressiva su tutti coloro che, qui, seguono la politica greca e ancora se ne appassionano.

La permanenza di Venizelos e dei seguaci a Scarpanto, Patmo e Rodi, ha suscitato appena qualche curiosità, nessuna emozione.

Maggiormente ancora questi avvenimenti hanno influito sull'opinione pubblica di Calino; ave la montatura creata, oltre che dal fanatismo religioso, dalla forsennata propaganda della stampa greca, durata senza posa per tre mesi, si trova senza appoggio morale e senza intima forza ideale. Gli stessi papassi sono disorientati e non sanno come trarsi dal mal passo nel quale si sono cacciati. Giova anche la preoccupazione degli armatori e dei marittimi che, nell'imminenza della campagna spugnifera, sentono il bisogno del favore governativo.

Infine giova altr,esì la depressione ansiosa in cui vive questo Console di Grecia, signor Pappas, la cui famiglia venizelista ardente (come lui stesso del resto) teme le vendette del partito popolare. La sua sicurezza ha ceduto il posto ad una timorosa remissività.

In conclusione si può dire che Venizelos col suo gesto, che scredita così clamorosamente la Grecia, ha reso un segnalato servizio alla tranquillità delle Isole.

764

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1393/165-166 R. Londra, 19 marzo 1935, ore 1,50 (per. ore 7,30).

Ho veduto oggi Simon prima che avesse inizio seduta alla Camera dei Comuni. Egli mi ha comunicato nota approvata dal Gabinetto, che sarà rimessa nel pomerigg,io da Phtpps al Governo tedesco (l). Tale nota è stata contemporaneamente comunicata a Parigi e a Roma e sarà pubblicata probabilmente in serata. Simon, dopo aver premesso una serie di severi giudizi sul gesto di Hitler, mi ha illustrato contenuto della nota britannica.

Data la ristrettezza del tempo e urgenza di addivenire al più presto ad una decisione circa visita dei ministri britannici a Berlino, Governo britannico, mi ha detto Simon, si è trovato nella necessità di rimettere la nota al Governo tedesco senza previa consultazione con l'Italia e con la Francia. Simon ha

aggiunto, tuttavia, che non appena avrà avuto risposta da Berlino egli si met

terà in contatto con V. E. e con Lavai.

Dopo di che Simon mi ha chiesto le mie impr,essioni sulla nota britannica.

Gli ho risposto che sinceramente questo documento mi lasciava perplesso.

Governo tedesco avrebbe certamente risposto in senso affermativo, ma il

fatto che il ministro degli affari esteri britannico ed n lord del sigillo privato si recavano a Berlino all'indomani di un gesto cosi grave come quello fatto sabato sera dal Governo del Reich non poteva se non determinare nell'opinione pubblica mondiale un senso di disorientamento.

Simon mi ha risposto che decisione Governo britannico era stata lungamente discussa e tutti gli elementi situazione erano stati presi in considerazione.

Egli non riteneva suo viaggio a Berlino avrebbe portato risultati apprezzabili, ma per ragioni politica interna britannica egli non riteneva che esso potesse ormai evitarsi.

Non ripeto a V. E. tali ragioni perché sono quelle solite che V. E. perfettamente conosce.

Vansittart, che ho veduto nel pomeriggio e al quale ho francamente esposto mie personali impressioni circa inopportunità e inutilità di un v:i.aggio a Berlino nelle attuali condizioni, mi ha più o meno ripetuto argomenti addotti da Simon, non nascondendo tuttav:i.a che personalmente egli si rendeva conto dei pericoli da me accennati.

Vansittart ritiene che data situazione determinatasi nel Gabinetto, questo esperimento di un negoziato anglo-tedesco non era evitabile.

Ma egli sperava che tale esperimento sarebbe stato l'ultimo e che suo insuccesso finisse col determinare una salutare reazione nella politica ,estera britannica.

Vansittart ha concluso dicendo: «Spero che col ritorno dei miei ministri da Berlino potremo cominciare sul serio una politica estera realistica d'accordo con Ita1ia e Francia , .

(l) Cfr. n. 756, allegato.

765

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1475/038 R. Londra, 19 marzo 1935 (per. il 22).

Ho comunicato al Foreign Office il contenuto dei telegrammi di V. E. n. 73 (l) e n. 75 (2), mettendo in rilievo il contrasto tra la netta intransigenza etiopica e la volontà paziente_ e conciliativa dimostrata da parte nostra. Ne ho colto occasione per richiamare l'attenzione del Foreign Office sull'intensificarsi dei preparativi militari abissini, e la minaccia che questi preparativi costituiscono non solo per noi, ma anche per la stessa Inghilterra, la quale non può assistere

con indifferenza a questo vasto concentrarsi di materiali bellici, nelle mani di uno stato indigeno dell'Africa e ai confini del Sudan.

Mi sono valso per questo -secondo le istruzioni di V. E. -dei dati comunicatimi con il telespresso riservatissimo n. 2281 (l) e ho potuto documentare così il pericolo che gli armamenti abissini costituiscono per la pace e la tranquillità dell'Africa Orientale. Ho ripreso quindi dl concetto -già più volte esposto a Simon e a Vansittart -della necessità di impedire che questi armamenti vengano aumentati, e l'azione concordata che l'Inghilterra, la Francia e l'Italia dovrebbero svolgere a tal fine. «L'Italia fa il possibile -ho aggiunto -per evitare un conflitto con l'Abissinia, verso il quale il Governo etiopico -o per mala volontà o per debolezza -pare voglia fare precipitare la situazione. Nel caso di un conflitto l'Italia naturalmente prenderà tutte le misure necessarie -in conformità con leggi della guerra -per impedire il rifornimento di armi e munizioni al Governo etiopico. Ma fin d'ora sarebbe necessario che l'Inghilterra e la Francia per proprio conto stringessero i freni a questa corsa dell'Abissinia verso nuovi e maggiori preparativ,i bellici. Quello che fa tracotanti gli abissini e rende impossibile ogni tentativo di venire a un accordo con loro è il possesso delle armi e il senso che essi hanno della propria forza militare~

Ho potuto rilevare che il Foreign Office non aveva in realtà idea di quanto vasti fossero i preparativi militari abissini; e anche in questo campo io ho avuto ancora una volta modo di constatare quanto inesattamente informato sia il Governo brirtannico sulla situazione abissina, che sir Sidney Barton continua a descrivere in maniera diametralmente opposta a come la vediamo e consideriamo noi.

(l) -Protocollo particolare per Londra del t. c!t. al n. 737, nota 5. (2) -Protocollo particolare per Londra del n. 743.
766

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1533/010 R. Ankara, 19 marzo 1935 (per. il 25).

Tewfik Rustu Aras mi ha ieri l'altro espresso il suo grande compiacimento per le assicurazioni ufficiali date dal conte Viola al principe Paolo (2) e che marcano un così deciso e preciso miglioramento delle relazioni itala-jugoslave. Ricordato che egli fino dal 3 corr. (mio tel. n. 35) (3) si era mostrato con me esattamente informato di quali erano le istruzioni che S. E. il capo del Governo aveva dato al conte Viola, ha aggiunto che in tal modo veniva eliminato, il maggiore ostacolo alla accettazione da parte di S. E. il capo del Governo del progettato patto, che egli mi aveva esposto. Sperava perciò che, ritornata la calma in Grecia anzi assicuratavi una maggiore stabilità governativa data la eliminazione di Venizelos da quella scena politica, V. E. potesse ora prendere in esame le sue proposte e fargli sapere se e quale seguito potrebbe esservi dato.

In realtà sono le notizie pervenute a Tewfik Rustu Aras di possibile migliora

mento delle relazioni .itala-jugoslave congiunte al fatto inatteso, e non certo

desiderato da questa politica, del riavvicinamento fr.anco-italiimo che hanno dato la maggiore spinta alla evoluzione del pensiero turco nei nostri riguardi e che hanno contribuito più prontamente che ogni e qualsiasi argomento a persuadere che era necessario dichiarare che la politica italiana non dava più sospetti, che Leros non era quella tale paurosa fortificazione destinata a facilitare l'invasione dell'Asia Minore, che anzi il possesso !italiano del Dodecanneso era necessità turca ecc.

Ed anche le dichiarazioni del nuovo ministro a Belgrado hanno determinato qualche momento di sospensione fin che non sono venuti i primi commenti ufficiosi che assicuravano che Piccola Intesa ed Intesa Balcanica continuavano ad essere i capisaldi della politica jugoslava. Lunghe conversazioni hanno avuto luogo tra Tewfik Rustu Aras e questo ministro di Jugoslavia. Qualche frase colta a volo mentre passavo a caso vicino ai due e qualche parola inequivoca mi hanno lasciato capire che questo era certamente l'argomento del lungo colloquio.

Tewfik Rustu Aras non vuole che l'edificio diplomatico costruito per la difesa turca possa essere compromesso dal cambiamento di fronte dei due elementi sui quali contava contro le presunte idee aggressive italiane.

Ma come e perchè, a mio subordinatissimo avviso, tale edificio politico possa anche essere rivolto a nostro vantaggio e come corrisponda al fronte strategico antigermanico ho già detto a V. E. in ripetute occasioni, ed ho ridetto anche da qui. Lo ripeto oggi ancor più dopo che l'aquilotto germanico si mostra cosi avido di potenza e di preda.

Non è sorpresa per nessuno che si dichiari ora, insieme alla costituzione della aviazione militare, il servizio militare obbligatorio. Tutto preesisteva. È il guscio dell'uovo che si rompe, ma niuno ignora che contenga. Contemporaneamente sono le rinnovate dichiarazioni che ogni questione con la Francia è chiusa, che ogni pretesa su territori francesi è finita, che ogni idea di rivincita per l'Alsazia Lorena è relegata nel dimenticatoio. Contro chi ed in quale direzione si svolgerà dunque uno dei prossimi sforzi germanici?

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 716, allegato. (3) -Cfr. n. 693.
767

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI A ROMA, LONG

APPUNTO. Roma, 19 marzo 1935 (1).

L'Ambasciatore Long viene ad intrattenermi sulla questione della propaganda politica in America.

Egli sa che per quanto riguarda i nostri «very energetic Vice Consuls :. la questione è già regolata in quanto noi già prima, indipendentemente dal passo americano, avevamo deciso il trasferimento del Vice Console Ungarelli.

Rimane la questione dei tre sedicenti vice Consoli, che sono effettivamente dei maestri di scuola.

{l) Annotazione a margine: «Dettato il 20 marzo 1935 •·

Il Governo'" americano ritiene che non sia opportuno che la funzione dei predetti· tre maestri sia coperta dall'incarico consolare. Se questi hanno un compito di propaganda è opportuno che anzichè avere la veste di funzionari di Stato, dipendano da un Ente privato, culturale o altro, perchè il Governo americano non vuole impedire un'attività del genere, ma deve avere la possibilità di seguirla e controllarla.

C'è poi il fatto dei libri italiani, distribuiti nelle scuole, che contengono delle affermazioni inammissibili dal punto di vista dello Stato americano.

Dato che questi fatti hanno cominciato ad avere già una certa diffusione e se ne è occupato qualche ristretto circolo dell'opinione pubblica e la nota Commissione d'inchiesta per la propaganda estera, il Governo americano si è preoccupato di regolare subito la questione nella forma più cordiale col Governo italiano, prima che la cosa potesse dilagare e creare una situazione delicata. Se sorgesse una reazione nell'o~inione pubblica americana si avrebbero due conseguenze che vanno evitate: 1) che gli sforzi italiani, diretti ad agire in senso favorevole sull'opinione pubbHca americana, otterrebbero perfettamente l'effetto contrario; 2) che gli ottimi rapporti esistenti fra i nostri due Paesi potrebbero essere compromessi.

Rispondo all'Ambasciatore che noi non vediamo nulla di tutto cio'. Si tratta di un'attività di carattere puramente culturale che non puo' suscitare, secondo noi, alcuna reazione. Comunque, dato lo spirito di cordialità e di collaborazione esistenti fra i nostri Paesi, la questione, col concorso della nostra buona volontà, è ormai praticamente risolta.

Per quanto riguarda i tre insegnanti stiamo esaminando per vedere in quanto si possa aderire alla richiesta del Governo americano.

I libri incriminati sono già stati ritirati e si sostituirannno con altri.

Gli altri punti sono già risolti. Il Governo itaHano apprezza altrettanto quanto quello americano il mantenimento dei migliori rapporti tra i due Paesi.

768

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI

T. 478/66 R. Roma, 20 marzo 1935, ore 1,30

In relazione a comunicazione telegrafica già fattale eccole testo nota d:t presentare a codesto Governo:

«Cancelliere del Reich il 16 marzo comunicato all'ambasciatore d'Italia un testo di legge, promulgato il giorno stesso, in base al quale il Governo tedesco ha ristabilito in Germania il servizio militare obbligatorio e portato l'effettivo dell'esercito germanico a 36 divisioni. Una settimana prima le autorità germaniche avevano comunicato ufficialmente la costituzione di una aviazione militare germanica.

II Governo italiano ha preso conoscenza delle note dirette al Governo germanico sull'argomento dal Governo britannico e dal Governo francese. I' Governo italiano non può non rilevare che sia negli accordi intervenuti a Roma il 7 gennaio 1935 tra il Governo francese ed il Governo italiano, sia

nel comunicato conclusivo delle conversazioni intervenute a Londra fra i Governi francese e britannico, pubblicato il 3 febbraio u.s. era stato riaffermato il principio essenziale che lo statuto militare, stabilito dalla parte V del trattato di Versailles, non poteva essere modificato con un atto unilaterale.

Il Governo italiano il quale, per quanto lo concerne, ha sempre sostenuto l'opportunità di una revisione della 'parte V del trattato di Versailles per via di negoziati fra i Governi interessati, in condizioni di perfetta parità, aveva aderito al principio che la questione degli armamenti tedeschi avrebbe dovuto essere oggetto di trattazione in un negoziato generale (l) analogamente a quanto era stato stabilito nella dichiarazione dell'll dicembre 1932 di cui la Germania è partecipe.

Questa procedura era stata accettata in principio dallo stesso Governo germanico nella sua comunicazione del 14 febbraio u.s. Il Governo italiano sente quindi il dovere di avanzare le più ampie riserve circa la decisione del Governo del Reich ed i suoi probabili sviluppi.

Il Governo italiano ha sempre cercato di associare pienamente il Reich ad un sistema di collaborazione tra le principali Potenze interessate, che riconoscesse pienamente al Reich i diritti e le responsabilità di uno Stato sovrano. Appunto per questi precedenti la decisione del Reich acquista particolare gravità, specie per lo stato di incertezza che suscita in tutti i paesi.

Il Governo italiano ha dato molte prove anche recenti della sua volontà di collaborazione internazionale e si propone di continuare in tali direttive che rispondono al bisogno dei popoli e ai postulati della convivenza europea ma sente il dovere di dichiarare che in eventuali futuri negoziati non potrà semplicemente accettare come situazioni di fatto acquisite, quelle determinate da decisioni unilaterali che annullano impegni di carattere internazionale~ (2).

769

IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1444/26 R. Tirana, 20 marzo 1935, ore 13,40 (per. ore 2'0).

Questo ministro di Germania è partito improvvisamente per Berlino il 10 corrente.

Questa procedura era stata accettata in principio dal Governo germanico nella sua comunicazione del 14 febbraio u.s.

Il Governo italiano sente quindi il dovere di protestare contro il provvedimento preso dal Governo germanico in data 16 marzo nel rLguardl del quale esso formula fin da ora le più ampie riserve.

Il Governo italiano il quale ha sempre cercato con ogni lealtà e con il più grande rispetto della dignità germanica di associare pienamente il Reich all'organizzazione della sicurezza europea nella collaborazione tra le principali potenze, non può che lasciare al Governo germanico la responsabilità dello stato di disagio che viene cosi ad essere creato nel mondo e delle conseguenze che ne possono derivare.

n Governo italiano il quale, per quanto lo concerne, resta deciso a ricercare tutti l mezzi di collaborazione internazionale che sono suscettlbl!l di promuovere la fiducia e la collaborazione, ed a salvaguardare la pace dell'Europa, tiene a confermare la sua ferma risoluzione di non accettare che in qualsiasi negoziato sia preso atto di decisioni unilaterali prese in violazione di impegni internazionali».

Secondo notizie di fonte attendibile sua chiamata alla Wilhelmstrasse sarebbe motivata da esame situazione in Albania ove, per altro, propaganda nazista incontra assai largo consenso ed adesioni, specie nei reduci delle Università germaniche ed austriache: ciò che, del resto, avviene in tutta l'Albania.

A Berlino verrebbe progettata conclusione nuove intese commerciali coll'Albania e considerata possibilità rafforzare azione di questa Banca jugoslava med1a:nte apporto capitale tedesco.

La voce di una possibile entrata in azione della Germania in Albania in appoggio delle aspirazioni jugoslave a scuotere nostre posizioni, sarebbe qui causa di qualche perplessità nei riguardi nostri.

Mi riservo controllare, come e non appena possibile, reale fondamento tale segnalazione. Ad ogni modo mi sarebbe intanto utile conoscere se qualche cosa in proposito possa risultare sullo stesso argomento.

(1) La seconda parte del documento, da qui in poi, è stata profondamente modificata da Mussolini. La prima versione era la seguente: «avente per scopo il regolamento del problema della sicurezza e degli armamenti analogamente a quanto era stato stabilito nella dichiarazione dell'l! dicembre 1932, di cui la Germania è partecipe.

(2) Per la nota francese, consegnata in pari data, cfr. DDF, vol. IX, pp. 653-655.

770

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1445/485 R. Addis Abeba, 20 marzo 1935, ore 18 (per. ore 5,45 del 21).

È venuto iersera 19 a vedermi ministro Inghilterra trattenendosi più di due ore.

Era al corrente del ricorso etiopico a Ginevra.

Dopo varie esitazioni, mi ha detto in sostanza:

1°) -Che Governo inglese lo aveva incaricato di agire presso imperatore perché fosse accettato punto di vista italiano per agevolare trattative dirette.

2°) -Che però aveva trovato difficoltà da parte Governo etiopico, secondo lui fermamente convinto che in applicazione ar~t. V del trattato 1928 il Governo italiano aveva implicitamente accettato a Ginevra ricorso a procedura arbitrale (tralascio mie obbiezioni).

3°) -Che la situazione stava diventando sempre più seria: che occorreva quindi ad ogni costo fare sforzi per arrivare ad una soluzione: una scintilla qui avrebbe potuto sollevare una fiamma in Europa (mi ha parlato con preoccupazione delle mene germaniche in Etiopia).

4°) -Che perciò aveva pensato di venirmi a fare una proposta a titolo esclusivamente personale: che non avrei dovuto anzi parlarne al mio Governo, non avendo per ciò istruzioni di Londra.

5°) -Occorreva, secondo lui, girare la questione: cercando una soluzione su una base reaHstica; e più precisamente mi domandava se non sarebbe stata possibile una soluzione di questo genere:

che Italia accettasse formalmente l'arbitrato, ma che attraverso una terza persona (lui stesso) si stabilisse dapprima con gli etiopici quale dovrebbe essere la decisione degli arbitri; nel senso di un regolamento territoriale tra Etiopia e

Italia per ciò che concerne il territorio contestato, conglobanci~ nella questione quindi anche le riparazioni. In sostanza: preventiva rinunzia etiopica ad una parte delle sue pretese sul territorio contestato, e magari una minore rinunzia da parte nostra diritti.

Ho naturalmente risposto che tale proposta era anche più sfavorevole di quella che etiopici stessi erano disposti a concedere, cioè procedere subito alla delimitazione confini senza intervento di terzi e quindi ad accordare eventualmente le riparazioni richieste.

Ho spiegato che le questioni erano due e ben distinte; l'appartenenza del territorio contestato, su cui avrebbe dovuto decidere la commissione confini, beninteso dopo il regolamento dell'incidente; e l'aggressione in sè.

Malgrado sue lunghe insistenze gli ho fatto indirettamente capire che una base di tal genere era semplicemente assurda: se ne sarebbe potuto, se mai, parlare solo se fin da ora gli etiopici si fossero impegnati a riconoscere, magari attraverso arbitrruto, il loro torto sia ~per quanto riguarda il territorio, sia per quanto riguarda le riparazioni.

Ciò che anche egli ha dovuto r~conoscere come impossibile.

Nel corso della conversazione mi ha poi detto (tenendo a dichiararmi che mi diceva ciò in via confidenziale) che qualche giorno fa imperatore (che egli ha ammesso di vedere spesso) lo aveva pregato di parlarmi per cercare di trovare insieme una soluzione.

Secondo sir Sidney, che avrebbe immediatamente accettato, imperatore si sarebbe riservato di dargli dei dettagli e non lo avrebbe più richiamato.

Ma collegando le cose, secondo me, l'assurda proposta da lui fattami dovrebbe invece essere suggerita dagli etiopici, e proprio ora dopo aver ricevuto le nostre ultime note (1), di cui sir S~dney-chi sa come? -era bene al corrente.

Vista la mia accoglienza, sir Sidney ha finito per dirmi: «Forse questa mia proposta non è realizzabile; vediamo in ogni modo, se avreste qualunque altra idea da suggerire; sappiate che io sono sempre pronto e servitevi pure di me:~>.

A tale proposito già da alitre fonti mi era stato riferito che gli etiopici sarebbero stati disposti a chiudere incidente, cedendo [sulla questione] appartenenza Ual-Ual.

Per conto mio, pur non avendo neppure voluto discutere la sua proposta, gli ho esposto lungamente punto di vista italiano, rilevando la malafede etiopica· nelle ultime trattative e illustrandogli nostra ultima proposta, su cui attendevo una risposta.

Sia per la sua predisposizione, sia perché occorrerebbe ostare a mio modo di vedere qualsiasi anche indiretta ingerenza di terzi, non ho nemmeno creduto di accogliere la sua ultima frase e mi sono limitato a dirgli che l'avrei tenuto al corrente.

Egli ha sostenuto tutto gli argomenti etiopici: impossibilità di un attacco delle Colonie, misure militari e armamenti precauzionali dell'Etiopia, campagna di stampa italiana, espansione coloniale.

Tralascio di esporre gli argomenti che gli ho esposti.

(l) Con t. 1371/452 bis R. del 17 marzo e t. 1398/471 R. del 18 marzo, non pubblicati, Vinci aveva trasmesso due note da lui inviate al ministro degli Esteri etiopico. Cfr. Il conflitto italo-etiopico, pp. 176-178.

771

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1439/57 R. Vienna, 20 marzo 1935, ore 19,30 (per. ore 21).

Mio telegramma per corriere n. 031 (1).

Berger Waldenegg mi ha confidenzialmente accennato agli sforzi che taluni circoli (specialmente cristiano-sociali) vanno facendo, a fini partigiani, della questione della parità dei diritti.

Mi ha sopratutto citato nuovamente i discorsi pronunciati dal ministro dell'agricoltura e dal borgomastro di Vienna.

Mi ha 'Pregato quindi di segnalare all'E. V. l'opportunità che la nostra stampa, come quella francese ed inglese, accenni fin da adesso esser fuori di dubbio che quanto sarà per ottenere la Germania in favore parità dei diritti, sarà concesso pure all'Austria, all'Ungheria e Bulgaria (2).

Berger Waldenegg mi ha detto volere rivolgere oggi stesso la medesima raccomandazione ai ministri di Francia e d'Inghilterra, segnalando loro inoltre estrema desiderabilità che P. l. si astenga da ogni gesto e da ogni campagna in senso opposto predette concessioni.

772

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA, AL MINISTERO DEGLI ESTERI (3)

PROMEMORIA. Roma, 20 marzo 1935.

As the Italian Government are aware, His Majesty's Government in the United Kingdom have already delivered a note to the German Government protesting against the latter's denunciation of Part V of the Treaty of Versailles (4). In that note His Majesty's Government made certain enquiries regarding the scope of the proposed discussions between the German Government and British Ministers in Berlin; in view of the German Government's reply to those enquiries, the British Ministers will visit Berlin as arranged. His Majesty's Embassy are to explain that, in view of the proximity of the date far this visit and of parliamentary requirements, no delay in reaching a definite decision on this point was possible. The object of the visit, which was arranged with the concurrence of the Italian and French Governments, is, as is well known and as the German Government agree, to explore the situation in respect of all the matters dealt with in the recent London communiqué; this is equally the

case in regard to the visits which the Lord Privy Seal will subsequently pay to Moscow and to Warsaw.

Meanwhile His Majesty's Government are anxious to have an exchange of views with the Italian and French Governments before the Secretary of State for Foreign Affairs and Mr. Eden visit Berlin, and if such a course were convenient for responsible Ministers representing the Italian and French Governments, His Majesty's Government wou1d propose that a meeting should take place in Paris on Saturday next, March 23rd. Prov~ded that His Excellency Signor Suvich can be present, Mr. Eden would be prepared to cross to Paris that day and to return the same afternoon.

One of the matters which, in the view of His Majesty's Government, must be definitely agreed before the proposed meeting on March 23rd can be undertaken with profit is the character of the announcement to be made at its conclusions. The object of the meeting in Paris would be to remove any possible impression of a lack of solidarity between the three Powers and not to make any fresh pronouncement. In consequence, His Majesty's Government hope that the Italian and French Gove~nments will each for themselves at once confirm the British protest to Berlin unless they have already done so. His Majesty's Government would be unable to agree to make use of the meeting on the eve of the visit to Berlin by British Ministers as an occasion for a joint protest, since His Majesty's Government have already entered their protest. In the view of His Majesty's Government the joint communiqué at the end of the meeting should be of the simplest possible character; the terms of such a communiqué which suggest themselves to His Majesty's Government will be found attached to this Aide Mémoire.

His Majesty's Embassy understand that the Secretary of State for Foreign Affairs has already put these proposals before the Royal Italian Ambassador in London; Sir John Simon has urged that it should be made clear that the initiative in proposing this meeting has been taken by His Majesty's Government. Meanwhile in their view it is vital that these suggestions shou1d be treated for the time being as absolutely confidential.

His Majesty's Embassy are to .express the hope that the reply of the Italian Government to the above proposals will be returned at the earliest possible moment.

ALLEGATO

PROPOSED COMMUNIQUÉ

Signor Suvich and Mr. Eden arrived in Paris to-day in order to take part with M. Lavai in an exchange of views between them on behalf of their respective Govemments before the British Foreign Minister and the Lord Privy Seal start for Berlin to-morrow. The British Ministers are entering upon thei:r mission with the cordial approbation and good wishes of the other Powers. As soon as the projected visits bave taken place, a further meeting ris projected in which the Powers conferring in Paris today will take part.

(l) -T. per corriere 1426/031 R. del 18 marzo, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 788. (3) -Annotazione a margine: «Consegnato da Drummond a S. E. Suvlch 20-3-XIII ». (4) -Cfr. n. 756, allegato.
773

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, DRUMMOND, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

L. P. Roma, 20 marzo 1935.

My Government wish me -and I have great personal pleasure in doing so -to express to you their great appreciation of the gesture of goodwill which the Italian Government have made towards Yugoslavia as expressed in the message which Count Viola delivered when lle presented his letters of credence(l).

Would you be kind enough to convey this expression of the views of my Government on the subject to the Head of the Government?

774

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1457/144 R. Parigi, 21 marzo 1935, ore 13,40 (per. ore 16,15).

A proposito viaggio a Mosca, Lavai mi ha confermato che ha accettato invito senza fissare una data.

Egli intende inc)ntrarsi prima in Italia con V. E. e Simon e desidera che questo incontro avvenga, se possibile, immediatamente dopo la visita dei ministri inglesi a Berlino senza preoccuparsi della visita rispetto a Mosca.

Ho impressione che il viaggio del ministro degli affari esteri francese in Russia non debba avere luogo così presto.

Lavai non è in fondo troppo propenso vincolare la Francia alla Russia con un accordo di mutua assistenza al quale parte notevole dell'opinione pubblica francese è decisamente ostile (2).

Egli finirà tuttavia per piegarsi alla fine anche per motivi elettorali. Infatti mandato senatoriale di Lavai scade nel prossimo ottobre e molti dei suoi elettori sono favorevoli a una stretta intesa con la Russia.

775

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1467/491 R. Addis Abeba, 21 marzo 1935, ore 19,15 (per. ore 1 del 22).

Mio telegramma n. 343 (3).

Continua intensa preoccupazione attività germanica e aumenta specialmente dopo gli ultimi avvenimenti europei la fiducia Etiopia nell'appoggio tedesco.

Mi è stato riferito da fonte attendibile che giorni fa ebbe luogo una riunione

dell'associazione dei giovani etiopici, in cui sarebbe stata trattata questione degli

aiuti germanici all'Etiopia, alla quale avrebbero partecipato i più noti espo

nenti del partito nazionalista quali direttore generale affari esteri Ato Tesfal

Domagne, direttore generale del ministero della Penna Atono Uldeghiorghis ed

anche incaricato d'affari di Germania.

Nuovo ministro di Germania, che ha presentato ieri 19 sue lettere creden

ziali, è stato accolto anche dalla popolazione in modo esorbitante dalle consuete

formalità.

Anche per propaganda intensa fatta dagli agenti tedeschi che si trovano ora ad Addis Abeba, negli ambienti etiopici vi è un forte movimento di simpatia per Germania e per Hitler.

Queste mie impressioni sull'attività germanica sono condivise dai miei colleghi Inghilterra e Francia. Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -Cfr. n. 716, allegato. (2) -Già con Il t. 998/100 R. del 2 marzo Pignatti aveva riferito: «~ bene tener presente che a Lava! ripugna, come ho riferito re<:entemente all'E. V., impegnare proprio paese in un patto di assistenza faccia a faccia coi Sovieti, nè si può francamente dargli torto ». (3) -Cfr. n. 689.
776

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1464/84 R. Berlino, 21 marzo 1935, ore 19,38 (per. ore 22,30).

Telegramma di V. E. n. 66 (l). Ho rimesso oggi alle ore 12,50 al barone von Neurath testo nota, di cui gli ho dato immediata lettura integrale.

Ministro degli affari esteri mi ha dichiarato che il Governo del Reich non può accettare l'appunto mossogli di avere unilateralmente violato la parte quinta del trattato di Versailles, dato che la concezione, sopra la quale è basato il riarmamento del Reich, è che sono gli altri firmatari del Trattato stesso potentemente armati che lo hanno violato non procedendo a loro volta alla riduzione degli armamenti proprio dopo che la Germania aveva aderito a tutte le imposizioni della commissione di disarmo.

Barone von Neurath ha aggiunto che faceva questa osservazione a titolo documentario, affinché il R. Governo prendesse atto che il Governo del Reich aveva riaffermato, anche ~n questa occasione, il suo punto di vista.

Circa il punto della nota in cui è detto che «questa procedura era stata accettata in princi>pio dallo stesso Governo germanico nella nota stessa del 14 febbraio scorso», barone von Neurath osservò che il Governo del Reich si era limitato in quella comunicazione a dichiararsi disposto a trattare le questioni relative alla convenzione di assistenza aerea, al patto orientale, al patto danubiano e all'eventuale suo ritorno nella S.d.N., ma non a quella relativa ad una convenzione generale per gli armamenti.

57 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Cos.icché non vi era contraddizione tra la nota del 14 febbraio e l'atteggiamento assunto con la pubblicazione del decreto del 16 marzo.

La conversazione è stata condotta nei termini i più affabili dalle due parti.

Era evidente la soddisfazione del ministro degli affari esteri per la diversa impostazione della nota italiana da quella francese, rimessagli da questo ambasciatore di Francia alle ore 11 e per la mancanza nella prima della espressione «protesta».

Barone von Neurath ha tenuto a dichiarare che atteggiamento costante di S. E. il capo del Governo di fronte al problema degli armamenti era stato di comprensione per il punto di vista tedesco.

Avendo esaminato, di ritorno all'ambasciata, il testo della nota tedesca del 14 febbraio, constatai come il barone von Neurath mi abbia fatto una osservazione priva di fondamento, perchè mentre la nota tedesca non menziona né il patto orientale, né quello danubiano e neanche il ritorno separato della Germania nella S.d.N., dice << di essere convinto che soltanto lo spirito di liberi negoziati, di cui è fatta menzione nel comunicato anglo-francese, può condurre al regolamento internazionale durevole in materia di armamenti».

Siccome la nota del 14 febbraio non è stata redatta dall'Auswartiges Amt, ma dal signor von Ribbentrop, il barone von Neurath fece evidentemente allusione al progetto di nota che era stato ripetutamente segnalato dal suo ministero, scordando che questo era stato però scartato dal cancelliere del Reich.

Vedasi mio telegramma per corriere n. 031 del 7 febbraio 1935 (1).

(l) Cfr. n. 768.

777

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI. AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1459/145 R. Parigi, 21 marzo 1935, ore 19,45 (per. ore 22,30).

Mio telegramma n. 144 (2). Dopo la mia visita di stamane, questo ministro degli affari esteri ha ricevuto il mio collega inglese di ritorno da Londra.

Conversazione con Clerk ha lasciato in Lavai dubbio che il noto incontro a tre nel nord d'Italia, che l'incaricato d'affari inglese aveva lasciato intravvedere come combinato, possa essere messo di nuovo in discussione da parte inglese.

Anche Corbin interpellato ha fatto sapere di non avere comunicazione precisa del Foreign Office su questo punto. Nell'informarmi di quanto precede, segretario generale del Quai d'Orsay

mi ha domandato se Simon avesse preso al riguardo preciso impegno con v. E.

Ho risposto non ero al corrente e che mi sarei informato.

Al Quai d'Orsay si insiste nel desiderare che l'incontro a tre abbia luogo in

ogni caso subito dopo visita di Simon a Berlino e prima della riunione del Consiglio della S.d.N. Prego pormi in grado di dare risposta qui.

(l} Cfr. n. 561. (2} Cfr. n. 774.

778

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVÉRNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1477/493 R. Addis Abeba, 21 marzo 1935, ore 20 (per. ore 12,35 del 22).

Mio telegramma n. 485 (1).

A maggior chiarimento circa mia impressione che proposta di cui mi parlò ministro d'Inghilterra il 19 corrente è ispirata dagli etiopici, preciso che f.in dal 14 marzo noto informatore md riportò quanto segue: «Si dice situazione insostenibile e ambienti di Corte sarebbero disposti, per evitare conflitto, cedere all'Italia regione di Ual-Ual.

Capi consentirebbero una interpretazione del trattato itala-etiopico 1897 che Esserebbe la profondità del territorio della Somalia italiana a trecento chilometri dalla costa, e benchè in verità si trovi a più di cento chilometri in territorio etiopico, Governo lo abbandonerebbe all'Italia.

Questa sarebbe del resto opinione dei consiglierd. Potenze interessate che spingerebbero Governo a mantenere suo punto di vista e a non cedere che all'estremo.

L'altra parte imperatore avrebbe dichiarato ai suoi intimi consiglieri che stato precario del tesoro non permette ingaggiare lotta che non può non essere assai lunga e sarebbe saggio e prudente consentire concessioni nella regione di Ual-Ual, per rinforzare in seguito in primo luogo la posizione dal punto di vista internazionale, e in secondo luogo, proseguire senza tregua l'organizzazione dell'esercito e, quando le circostanze divenissero migliori, cercare di riprendere i territori che sarebbero stati ceduti con la costrizione».

Confrontando questa informazione, che come di solito prima di riferire mi sarei riservato controllare, e la proposta inglese, è da notare che, conseguentemente del resto a quanto egli stesso ebbe sempre a dire al R. incaricato d'affari e a me, ministro d'Inghilterra secondo me vi ha inserito l'idea dell'arbitrato preventivo, a cui, per [evidenti] ragioni, egli tiene sopratutto.

'n9.

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1465/85 R. Berlino, 21 marzo 1935, ore 21,40 (per. ore 0,45 del 22).

Credo opportuno riferire succintamente circa atmosfera molto carica di elettricità in mezzo alla quale si prepara incontro degli uomini di Stato inglesi con il cancelliere del Reich.

(l} Cfr. n. 770.

François Poncet dimostra risentimento del suo Governo per non avere potuto durante tutta giornata domenica scorsa entrare in contatto col Foreign Office ancorchè gli uomini di Stato inglesi, contrariamente al loro solito, non si fossero assentati da Londra e che avesse anzi avuto luogo una riunione di ministri.

Scorge in ciò deliberato proposito del Governo britannico di evitare di dovere tenere conto delle osservazioni del Governo francese contrarie a venuta di Simon a Berlino dopo pubblicazione legg,i tedesche del 16 corrente, le quali erano esposte in un telegramma di istruzioni assai riguardose per l'Inghilterra inviato a Corbin.

Ne tenne ieri parole con Phipps, che fece finta ignorare ogni cosa al riguardo, mentre François Poncet sospetta che sia proprio lui ad avere consigliato suo Governo di assumere noto atteggiamento indipendente.

Sentimenti dell'ambasciatore di Francia sono aggravati dal linguaggio che ufficio stampa ambasciata d'Inghilterra e anche taluni funzionari diplomatici tennero negli ultimi giorni con giornalisti tedeschi e stranieri, secondo il quale pazienza dell'Inghilterra aveva dei limiti ed essa, vedendo che durante i quindici anni non era riuscita ad indurre Francia ad una politica di ragionevolezza verso la Germania, voleva vedere ora, trattando direttamente con Berlino, se si riusciva a concludere qualcosa di positivo.

Tale linguaggio fu effettivamente tenuto e risponderebbe alle idee non solo dei liberali inglesi ma anche di parte del Foreign Office.

I tedeschi constatano con intima soddisfazione che tre note rimesse loro, ancorchè conformi nel ritenere che Germania abbia violato parte quinta trattato di Versailles, differiscono nel testo, nella costruzione e anche nella finale « proteste in quelle inglese e francese, riserve in quella italiana » e scorgono in ciò la :prova di divergenze di vedute di cui sperano avvantaggiarsi.

Sino ieri temetti che gli inglesi, nella loro ossessione di volere il ritorno della Germania a Ginevra, potessero indursi a cedere sopra punti essenziali pur di ottenere vittoria su questo di importanza relativa.

Per fortuna decisione della Francia di deferire la violazione della parte quinta del trattato di Versailles alla S.d.N. sembra avere irritato vivamente organi ufficiosi tedeschi, tanto che barone von Neurath mi dichiarò stamane che cancelLier,e opporrà un rifiuto categorico a Simon se questi gli accennerà al ritorno suddetto nel momento presente.

È vero che ha aggiunto: «più tardi si vedrà», il che può lasciare supporre un impegno per il futuro. Tedeschi si preparano a ricevere ospiti inglesi con le disposizioni più concilianti e con grandi speranze.

Barone von Neurath non me lo ha nascosto e ha anzi detto che, ora che la Germania ingrandita di nuovi armamenti conformi a quelli che ritiene essere i suoi bisogni attuali, essa è disposta a discutere per una immediata riduzione degli armamenti stessi, qualora gli altri Stati siano disposti a fare altrettanto.

Tedeschi sperano evidentemente di fare grande impressione sugli inglesi con queste dichiarazioni e contiamo sulla ideologia inglese e sul timore del Governo britannico di incontrare grave opposizione da parte dei liberali, qualora non tenessero conto delle disposizioni pacifiche della Germania.

Phipps non sa che linguaggio tenere.

Da un lato si espr1me con François Poncet e anche con me dichiarandosi certo che suo Governo terrà costantemente presenti impegni presi con Francia e Italia, anche nel senso di non ammettere scioglimento del nesso esistente tra i noti cinque punti.

Da un altro lato nelle sue conversazioni con noi lascia comprendere che se fosse possibile di raggiungere qualche risultato tangibile percorrendo vie diverse, sarebbe un errore non farlo.

Aggiunge che naturalmente occorrerebbe essere assai guardinghi, e non lasciarsi ingannare da atteggiamenti di politica superficiali e procurare di vedere le cose sino in fondo.

780

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A TIRANA, INDELLI

T. 495/29 R. Roma, 21 marzo 1935, ore 24.

Chieda udienza Re Zog e voglia illustrargli portata discorsi recentemente scambiati Belgrado durante presentazione credenziali ministro Viola (l) facendo rilevare che nei nostri propositi riavvicinamento itala-jugoslavo è inteso riuscire favorevole interessi Albania eliminando possibili preoccupazioni per il giovane Regno e consolidando in generale pace europea.

781

COLLOQUIO FRA IL CAPO GABINETTO, ALOISI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 21 marzo 1935.

Ha avuto dal Fuhrer l'incartco di rimettermi una sua fotografia con dedica.

Ne ho profittato rper assumere informazioni sul momento politico.

È seguita una conversazione che ha condotto a qualche interessante conclusione. Hassell s'è mostrato ottimista. Secondo quanto gli ha telefonato von BUlow stamane, la coscrizione decisa dal governo tedesco deve intendersi per ora come un semplice enunciato non ancora tradotto in pratica, una cornice nella quale, col tempo, dov.rà venire a inquadrarsi la forza militare tedesca. Finché quindi questo pratico inquadramento non sarà stato compiuto, vi è possibildtà di discuterne le modalità e forse anche l'entità. La quale discussione potrebbe poi facilmente offrire l'occasione per ingranarvi la discussione degli altri problemi politici che vi sono tutti, dkettamente o indirettamente, connessd.

Dato quindi che con questa decisione la Germania ha conseguito lo scopo per cui usci da Ginevra, Hassell crede che oggi sia rimosso ogni ostacolo alla sua rientrata, cosi come egli crede sia rimosso anche il maggior ostacolo a una discussione per una convenzione aerea e forse anche per un patto danubiano. È sua opinione che le uniche vere difficoltà restano quelle relative a un patto orientale. Hassell ottimisticamente ritiene quindi che, in definitiva, le Potenze finiranno per riconoscere se non la legalità, almeno la giustificazione politica del fatto compiuto. *Ha concluso dicendo di sperare che il Capo del Governo non tenga alcun conto delle chiacchiere in giro, secondo cui la Germania, raggiunto il riarmo, si disporrebbe ora a passare alla soluzione violenta del problema austriaco. Su questo punto, egli ha particolarmente insistito* {1).

Ho creduto opportuno rispondergli che effettivamente l'opinione diffusa era che la Germania, dopo il trionfo della Sarre e con il rigetto unilaterale dei vincoli militruri di Versailles, avesse dimostrato una pericolosa tendenza a violare le norme attualmente vigenti nella comunità internazionale. Ritenevo quindi che una chiara occasione per dimostrare al mondo l'effettiva sua volontà di pace, una pietra di paragone che avrebbe ridato al mondo la fiducia oramai scossa, poteva esserle offerta dalla adesione al patto danubiano. Hassell ha ammesso di non vedere, personalmente, nessuna difficoltà a compiere un tal gesto.

Passando a parlare del rammarico espresso dal Fiihrer di non avermi potuto parlare in occasione dell'ultimo incontro nella Sarre, gli ho detto che, se avessi avuto questo onore, non avrei mancato, fra l'altro, di ricordargli un episodio relativo all'Abissinia che in questi giorni m'era tornato alla mente: la visita del Kaiser in Italia all'epoca della nostra prima guerra abissina, allorché questo gesto fu universalmente interpretato come segno della completa solidarietà germanica con l'Italia sulla via della espansione coloniale del nostro paese.

(l) Cfr. n. 716, allegato.

782

L'AMBASCIATORE IN CINA, LOJACONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1502/91 R. Shanghai, 22 marzo 1935, ore 13 (per. ore 0,30 del 23).

Nel rispondere al telegramma di V. E. n. 81 (2) prendo come base istruzioni di V. E. a R. ambasciatore a Tokio con telegramma n. 48 (3) secondo le quali non è nelle intenzioni del R. Governo di dare alla sua azione in Cina carattere anti-giapponese.

1° -Al di fuori del settore Cina debbo ritenere a maggiore ragione, come infatti ritengo, che nostro paese non abbia motivi di carattere speciale per contrastare Giappone.

È vero che Giappone con sue aspirazioni pau-asiatiche può divenire pericoloso per Europa intiera ma tale pertcolo, già di per sé stesso remoto, incide sopra di noi in un quadro di difesa generale della razza bianca e non trovo per quale ragione Italia con sua posizione geografica arretrata abbia a preoccuparsene prima e più attivamente di altre grandi Potenze che pure hanno già una parte del loro impero a contatto con sfera d'azione giapponese.

2° -* Esistono invece secondo me rag,ioni più prossime per indurre nostro paese a svolgere con Giaippone politica di reciproca comprensione* (1).

3° -Una di queste ragioni risiede nel fatto che Giappone controbilancia e tiene inchiodata razza slava in una costante necessità di difesa dell'estremo territorio orientale alleggerendo pressione storica degli slavi sul Mediterraneo. Tale pressione si sente oggi meno, a causa delle speciali condizioni interne della Russia, ma in ogni caso razza slava è una realtà vivente che costituisce per noi pericolo specifico più grave e più prossimo del generico pericolo giapponese.

4° -Un'altra ragione risiede nel ciclo storico di sviluppo che l'Italia e Giappone attraversano. Se il Giappone, avendo teatro delle operazioni più libero, ha potuto dare al suo ciclo impulso libero, bisogna tenere presente che anche noi, se avessimo avuto stessa possibilità, ne avremmo profittato ugualmente come ne profitteremo quando potremo. Non sarebbe conveniente per noi condannare espansione Giappone per fornire noi stessi argomenti morali contro nostra espansione futura.

5° -Unica linea di attrito fra l'Italia e Giappone è nel campo cinese sia per motivi attuali di organizzazione e forniture che siamo riusciti a creare e che dobbiamo in ogni caso difendere e possibilmente aumentare e sia per motivi più generali di arginamento del pericolo giallo che diverrebbe troppo grave se Giappone asservisse ai suoi fini esclusivi immensa massa cinese.

6° -In questo settore prevalenti possibilità di lavoro si sono svolte all'ombra del boicottaggio cinese contro Giappone iniziato dopo aggressione 1931.

V. E. conosce che questo boicottaggio può finire da un momento all'altro per note ragioni che non consentono alla Cina di tenere indefinitamente chiusa la porta in faccia Giappone per timore che questo la sfondi con la forza.

Cessazione del boicottaggio sembra essere unica parte del programma di avvicinamento al Giappone che Cina potrebbe veramente ammettere a condizione che lavoro Giappone sia sempre controbilanciato da lavoro Potenze occidentali.

7° -Se Giappone rifiuta questa cooperazione occidentale, si manifesterà una grave tensione generale contro il Giappone ed anche nostra politica verso Giappone dovrà risentire di questo reale contrasto di interessi.

Ma solo . . . (2) voce in capitolo politicanti giapponesi si presenterà schierato concentramento ... (2) ufficiale coordinato logico preciso ... (2) una vera lesione di interessi italiani.

go -Se invece Giappone si presta alla cooperazione, esso prepara contributo con ... (l) di due a quella ricostruzione ... (l) della Cina che è destinata a tenergli testa un giorno.

In tali condizioni mi sembra che non sarebbe avveduto di sbarrargli il passo tanto più che non ne avremmo i mezzi. Si tratterebbe forse di difenderci frattanto commercialmente per non farci troppo distanziare dalla organizzazione giapponese di produzione a basso costo agevolata dal privilegio della vicinanza al mercato Cina.

go -In questa situazione e dato che altre ragioni per ostacolare una intesa non esistono, mi sembra che un avvicinamento politico fra l'Italia e Giappone potrebbe giovare a creare una atmosfera di comprensione dalla quale potrebbe poi derr-ivare una possibilità di cooperazione o almeno di divisione del lavoro in Cina ciò che varrà sempre meglio che una competizione ad armi disuguali.

*Una tale cooperazione dell'Italia, che Giappone accoglierebbe forse a preferenza di quell'altra Potenza Occidentale e che Cina favorirebbe sempre con eguale calore, ci potrebbe dare elementi per tenere piede anche preclusa concorrenza europea e americana mettendoci in speciale posizione intermedia fra Occidente e Oriente che politica di V. E. ha sempre auspicato nel campo de!. legami spirituali con evidente intento di trarne poi materialmente i maggior! vantaggi possibili per nostra causa particolare*.

(l) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mu;solinl. (2) -Con t. 437/81 R. del 14 marzo, non pubblicato, Suvlch aveva dato istruzioni a Lojaconodl telegrafare le proprie osservazioni sui rapporti italo-glapponesi in relazione alla situazione in Cina. (3) -Cfr. n. 676, trasmesso a Shanghai con numero di protocollo 48. (l) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati o segnati a margine da Mussollni. (2) -Gruppo indecifrato.
783

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI, AVENOL (2)

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 496/22 R. Roma, 22 marzo 1935, ore 13,15.

In relazione al telegramma dell'E. V. in data 19 corrente, col quale viene comunicato il testo di una nota etiopica contenente l'invocazione dell'art. 15 del patto della S.d.N., il Governo italiano ha l'onore di far presente quanto segue:·

Il nuovo ricorso etiopico a Ginevra si basa su ,premesse infondate o ine

satte.

Non è esatto che l'Italia abbia mobilitato una classe.

L'invio di truppe italiane nelle colonie dell'Africa orientale è determinato

dalla palese necessità di provvedere alla loro sicurezza, necessità che si è aggravata per il fatto delle misure adottate su ben più vasta scala dall'Etiopia, e per la situazione anormale tuttora esistente alle frontiere, come è dimostrato dai ripetuti incidenti verificatisi e non nei riguardi soltanto dell'Italia. Inoltre l'Italia, trattando col Governo etiopico sulla base dell'art. 5 del trattato del 1928, giusta la risoluzione di Ginevra del gennaio u.s., non poteva evidentemente assistere passivamente alle misure militari etiopiche, ed è stata costretta ad adottare taluni provvedimenti di preparazione difensiva.

È inesatto che Governo etiopico abbia invano reclamato la procedura di

arbitrato. Governo italiano si è attenuto agli impegni presi a Ginevra il 19 gen

naio, così mentre da un lato allo scopo di évitare nuovi incidenti, ha proposto la costituzione nella regione di Ual-Ual di una zona di rispetto, la demarcazione della quale viene ritardata su richiesta etiopica, ha proseguito dall'altro a lficercare la soluzione dell'incidente secondo il disposto dell'art. 5 del trattato del 1928, sia mediante comunicazioni ufficiali che mediante conversazioni dirette, avanzando anche nuove proposte di componimento della vertenza, animate dal maggiore spirito di conciliazione.

Recentemente Governo italiano ha inoltre suggerito al Governo di Addis Abeba di procedere alla mutua presentazione ed al confronto delle documentazioni italiana ed etiopica relative all'aggressione di Ual-Ual. Tale suggerimento mira ad eliminare le diversità delle versioni circa i fatti del 5 dicembre, rendendo i negoziati diretti più spediti. A tale suggerimento il Governo etiopico si è riservato di rispondere.

Il Governo italiano, pur non considerando dal canto suo esaurita la fase dei negoziati diretti, ed essendo sempre in attesa di una risposta etiopica, dichiara tuttavia di non avere mai avuto e di non avere intenzione di sottrarsi alla procedura prevista dall'art. 5 del trattato del 1928. Ed in conformità alle disposizioni precise di tale articolo il Governo italiano è disposto per conto suo, ove la fase dei negoziati diretti si chiuda senza che sia stato raggiunto l'accordo ed ove il Gove,rno etiopico faccia altrettanto, a procedère senz'altro alle pratiche relative alla costituzione della commissione prevista.

In queste condizioni il Governo italiano osserva che, trattandosi di una vertenza che i due Governi hanno convenuto con lo scambio di note 19 gennaio u.s. di sottoporre alla procedura prevista dall'art. 5 del trattato 1928, l'art. 15 del patto non può trovare applicazione nel caso specifico.

(l) Gruppo indecifrato.

(2) Ed. in Il conflitto itala-etiopico, pp. 182-183.

784

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1481/172 R. Londra, 22 marzo 1935, ore 20,22 (per. ore 2,30 del 23).

Con mio telegramma di ieri n. 170 (l) ho informato V. E. dell'accenno che Simon ha fatto nel suo discorso alla Camera dei Comuni ad un'eventuale partecipazione della Germania alle riunioni che seguiranno a Berlino.

Quest'ambasciata di Francia ha avuto istruzioni Pal'igi di chiedere spiegazioni su questo punto e in particolare se Simon con le sue parole intendeva riferirsi alla riunione di Como.

Foreign Office ha risposto che le parole di Simon dovevano essere interpretate in un senso generico. Simon -secondo Foreign Office -non ha voluto che esprimere il voto che la Germania riprenda la sua partecipazione ai negoziati con le altre Grandi Potenze e ha inteso suggerire che la Germania fosse invitata alla riunione di Como.

(l) T. 1470/170 R. partito In realtà alle 2,28 dello stesso 22 marzo, non pubblicato.

785

TESI DA SOSTENERE A PARIGI (l)

Roma, 22 marzo 1935.

La cosa più importante è la solidarietà fra le tre Potenze, solidarietà che deve dare l'impressione alla Germania che questa volta c'è una fortissima opposizione contro il suo gesto arbitrario e che ad un eventuale prossimo suo gesto ci potrà essere la guerra.

Tutti i pezzi di carta che si potranno firmare hanno valore in quanto la Germania senta che dietro di essi c'è la decisa volontà delle altre Potenze. Nelle manifestazioni di solidarietà bisogna rendersi conto che l'Inghilterra ha una situazione speciale.

Ad onta della pa-rticolarissima importanza della partecipazione inglese in un determinato momento può presentarsi la necessità che la Francia e l'Italia prendano una posizione energica anche senza l'Inghilterra.

Questa situazione però oggi ancora non si presenta. Per quanto riguarda il fatto preciso della visita a Berlino e degli scambi di idee che vi avranno luogo tra inglesi e tedeschi va rilevato:

Francia e Italia in modo preciso, e Gran Bretagna in modo meno chiaro. dichiarano di non accettare come base di discussione il fatto compiuto stabilito dal decreto del 16 marzo.

L'Inghilterra accetta la solidarietà con le altre due Potenze e quindi non può decampare da tale preciso atteggiamento. La Germania certamente non potrà rimangiarsi il decreto e quindi la conclusione dovrebbe essere quella che la visita di Londra è pe.rfettamente inutile. Si può presentare tuttavia una eventualità un po' tortuosa ma che può costituire una via di uscita che gli inglesi cercano affannosamente.

Si può fare cioè questo ragionamento:

Le altre Potenze firmatarie di Versaglia erano disposte a concedere l'abolizione della Parte V del Trattato se si fosse stabilito un sistema di sicurezza generale che si basava sui seguenti punti:

Patto di non ingerenza, Patto Orientale, Regolamento degli armamenti.

La realizzazione di queste condizioni e la conseguente abolizione della Parte V del Trattato, avrebbe dato la possibilità alla Germania di avere una flotta aerea e quindi di partecipare al Patto di mutua assistenza aereo. Conseguenza di tutto ciò avrebbe potuto essere il ritorno della Germania nella Società delle Nazioni.

Se ora la Germania fosse disposta ad aderire ai due Patti di sicurezza e trattare per una limitazione degli armamenti, di modo che si costituirebbero le premesse per l'abolizione della Parte V del Trattato, le altre Potenze potrebbero, pure ignorando per ora il decreto, accettare questa soluzione.

La situazione della Germania passerebbe un po' sotto la finzione di avere preparato fin da ora le condizioni che essa vorrebbe realizzare per il caso dell'abolizione della Parte V del Trattato.

Sui vari punti che formano oggetto del Protocollo anglo-francese di Londra e delle discussioni di Berlino, va osservato:

Per il Patto Orientale noi non abbiamo alcun interesse specifico: l'abbiamo appoggiato a suo tempo per evitare una alleanza franco-russa che allora pareva imminente. Tuttavia noi non possiamo anche oggi dissociare dalla nostra solidarietà per la questione del Patto Orientale. Va osservato però che il Patto nella forma proposta (forma del resto ancora assolutamente vaga) non potrà essere accettato dalla Germania. Per non metterei noi dalla parte del torto, converrebbe esaminare qualche possibile soluzione. Una sarebbe quella di fare un Patto di non-aggressione tra tutti gli Stati partecipanti e un Patto di mutua assistenza tra quelli degli stessi che vogliono aderirvi.

Per il Patto di non ingerenza abbiamo notevole interesse a che lo stesso marci e che vi partecipi la Germania. Sarebbe in fondo una sconfessione della tendenza nazista nei riguardi dell'Austria, che in questo momento appare particolarmente importante.

In un secondo momento (oggi potrebbe essere interpretato come una mancanza di solidarietà) si potrà esaminare la possibilità di far marciare il Patto di non ingerenza per conto proprio indipendentemente dagli altri problemi.

Regolamento degli armamenti -Ques,ta questione rappresenterà le più serie difficoltà di caratte1re tecnico che oggi non è il caso di esaminare.

Una via di soluzione di fronte al recente decreto tedesco potrà essere quella che la Germania accetti una gradualità di tempo nella esecuzione del suo programma di riarmo.

Per il Patto di mutua assistenza aereo non si vedono gravi difficoltà, se non quelle che potranno derivare dalla forza che si sarà disposti a concedere alla Germania nel campo aereo (l).

Il ritorno della Germania alla Società delle Nazioni non potrebbe logicamente avvenire che quando si fosse d'accordo sui punti precedenti.

Va tenuto conto però della tendenza, manifestata dall'Inghilterra in ogni occasione, di voler far rientrare a qualunque costo la Germania nella Società delle Nazioni. Si potrebbe anche pensare che Hitler sia disposto a dichiarare che, essendo uscito dalla Società delle Nazioni per la mancanza di effettiva parità di diritti, e godendo ora la Germania in base al recente decreto di tale parità di diritti, egli non ha più difficoltà a rientrare nella Società delle Nazioni. Il ragionamento può fare una certa impressione ma non ha nessuna base logica in quanto la Germania è uscita dalla Società delle Nazioni perché le altre Potenze non le riconoscevano l'esercizio pieno e immediato della libertà dei diritti. Ora nella situazione attuale -se non si viene ad un accordo -le Potenze continuano a negare alla Germania l'esercizio pieno della libertà dei diritti. Ad ogni modo come è noto, la Francia ha fatto l'appello alla Società delle Nazioni appunto per impedire alla Germania e eventualmente all'Inghilterra di ricorrere a questa manovra. Per il momento non c'è altro da fare. Sarà da riesaminare la cosa il giorno in cui effettivamente una tale manovra si manifestasse.

Come procedura sembra utile una riunione dei Ministri degli Esteri dell& tre Potenze (Italia, Francia, Gran Bretagna) subito dopo il viaggio di Simon a Berlino e di Eden a Mosca e Varsavia.

La riunione potrebbe aver luogo in una città dell'Italia settentrionale.

Non si esclude che la riunione a tre possa avere una prosecuzione con l'lntervento dei rappresentanti di altre Potenze interessate, come la Germania stessa, la Russia e la Polonia. Ad ogni modo ciò, in quanto possibile farlo indipendentemente e prima della riunione di Ginevra.

Rimarrebbe per ora stabilita soltanto la riunione a tre (sempre naturalmente prima di Ginevra).

(l) Cosi 11 titolo del documento che si riferisce all'incontro itala-franco-inglese del 23 marzo.

(l) Lo stesso giorno 22 marzo venne rimesso il progetto francese di convenzione aerea, già consegnato a Simon il 28 febbraio. Vedilo in DDF, vol IX, pp. 459-461.

786

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 marzo 1935.

Colloquio con l'ambasciatore del Giappone.

Mi ha rimesso copia di una lettera da lui scritta al Prof. Anzilotti sullo stesso argomento sul quale egli già ebbe a intrattenere recentemente V. E.: il desiderio del Governo giapponese che al posto finora occupato dal defunto Ambasciatore Adatci presso la Corte Suprema di giustizia internazionale venga nominato l'Ambasciatore Nagaoka.

Egli rinnova a V. E. la preghiera di concedere al Giappone in questa occasione l'aiuto del R. Governo.

Nel corso della conversazione mi ha detto di essere di ritorno da Berlino, dove si è incontrato con molti suoi ex colleghi della Società delle Nazioni. Fra molte notizie già note, come ad esempio quella che la Germania da tempo andava preparandosi alla decisione circa il riarmo, mi ha dato anche quella che le forze tedesche in base alla coscrizione adottata dovrebbero ammontare a 800.000 uomini. Ritengo che fonte di tale informazione possa essere lo stesso governo giapponese.

Infine ha tenuto ancora ad assicurarmi che fra Germania e Giappone non esiste alcun trattato e che tutto si riduce a S'peciali relazioni di cortesia esistenti fra gli elementi militari dei due paesi.

787

lL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 22 marzo 1935.

Da quanto ha riferito, a voce e per iscritto, l'Ambasciatore Bastianini, risulterebbe che in Polonia comincia a manifestarsi qualche dubbio circa la bontà della politica fino ad ora seguita, ossia l'orientamento verso la Germania.

Non è escluso che questi dubbi possano essere rinforzati a seguito del provvedimenti militari presi dal Governo tedesco. Non è necessario dilungarsi sull'importanza che potrebbe avere nella situazione politica attuale almeno un raffreddamento nei rapporti polacco-germanici.

Potrebbe essere opportuno attirare l'attenzione della Francia e dell'Inghilterra sulla possibilità di far deflettere la Polonia dal suo attuale atteggiamento. Non PQtrebbe trattarsi naturalmente di impostare la questione, come è stato fatto finora, sull'accettazione o meno da parte della Polonia del Patto Orientale. Dovrebbe trattarsi di un'azione diplomatica, probabilmente di non breve durata, diretta ad eliminare i malintesi, anche di carattere personale, sorti tra Francia e Polonia, e a mettere in evidenza i rischi a cui in definitiva si espone la Polonia continuando nella sua attuale politica. La visita di Eden a Varsavia potrebbe ·Certamente fornire qualche spunto in questo senso: anche l'Italia potrebbe approfittare dei rapporti amichevoli che essa ha sempre mantenuti con la Polonia per cooperare a questo fine.

788

IL SOTTOSEGRETARIO PER LA STAMPA E PROPAGANDA, CIANO, AI MINISTRI A BUDAPEST, COLONNA, A SOFIA, SAPUPPO, E A VIENNA, PREZIOSI

T. R. 508 R. Roma, 23 marzo 1935, ore 24

(Per Vienna) Suo 57 (1).

(Per tutti) In sede di commento alle recenti decisioni germaniche circa coscrizione obbligatoria nostra stampa non ha mancato rilevare che problema germanico armamenti si riflette con immediata attualità anche su Austria Ungheria Bulgaria le quali non dovranno essere tenute in condizioni di inferiorità e minorazione pel fatto di avere rispettato trattati esistenti.

Segnalo particolarmente articolo 22 corrente Giornale Italia.

789

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, ALL'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, E AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 509 R. Roma, 23 marzo 1935, ore 19.

Suoi telegrammi n. 482 e 483 (2). Premesso che processo verbale delimitazione zona neutra è stato telegrafato a v. S. da Governo Mogadiscio con tel. 21 corrente (3) e che secondo .periodo

della nota etiopica del 19 marzo è giunto a questo ministero con errori di cifrn. che non ne rendono il testo completamente chiaro, ritengo, data l'urgenza, che V. S. possa rispondere alla suddetta nota etiopica nei seguenti termini, salvo osservazioni da parte della S. V.: «Governo italiano approva e ratifica processo verbale firmato il 13 corr. dal capitano Cimmaruta e dal grasmaco Afework per la fissazione della zona neutra provvisoria.

Governo italiano è d'accordo che, nel caso di infrazioni alle norme concordate circa detta zona neutra, comandanti italiano ed etiopico prendano contatto per regolare amichevolmente eventuali incidenti, salvo a riferirne ai rispettivi Governi.

In relazione all'osservazione fatta del Governo etiopico circa le possibili infrazioni che, data la natura del terreno, potrebbero verificarsi alle norme concordate, R. Governo tiene tuttavia a precisare che, come ovvio, Governo etiopico dovrà essere ritenuto responsabile :per ogni incidente che si verificasse al di là della zona neutra dal lato etiopico, come R. Governo è responsabile di ogni incidente che si verificasse al di qua della zona neutra dal lato italiano».

R. ministero Colonie impartisce in data odierna le istruzioni del caso al

Governo di Mogadiscio (l). Telegrafato Addis Abeba e per conoscenza Asmara (2).

(l) -Cfr. n. 771. (2) -T. 1449/482 R. e t. 1446/483 R. del 20 marzo, non pubblicati: richiesta di istruzioni a proposito dell'accettazione del verbale per la delimitazione della zona neutra. (3) -T. s.u. 9470/9474 diretto al Ministero delle Colonie, non pubblicato.
790

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. S. MASSIMA PRECEDENZA ASSOLUTA 1516/529/218 R.

Addis Abeba, 23 marzo 1935, ore 20 (per. ore 24).

Noto Lorenzo Talzaz è venuto vedermi oggi 23, dicendo che se ufficialmente Governo etiopico aveva preso netta posizione, tuttavia occorreva risolvere questione direttamente.

Riassumendo lungo colloquio, egli, al corrente Inie note proposte conciliative personali, mi ha fatto comprendere che (come era già mia impressione) Blata Herui sarebbe disposto soluzione incidente mediante lettera Herui o anche imperatore, come da me proposto e successiva riunione commissione confini, senza però deposito talleri unilaterale bilaterale.

Gli ho detto che ciò non era certo sufficiente; e che in ogni modo pur restando nella ferma convinzione della necessità di concludere un accordo diretto, non sapevo ora come continuare a parlare della cosa dopo l'atteggiamento del Governo etiopico.

Mi ha detto però che è a mia disposizione per fare da intermediario e, se non sarà possibile prima, verrà a vedermi fra breve al ritorno dall'Ogaden. Telegrafato Roma e per conoscenza Asmara.

(l) -T. s. massima precedenza assoluta 2428, non pubblicato. (2) -Vinci dett.e esecuzione al presente telegramma con nota al Governo etiopico del 25 marzo, ed. in Il conflitto itala-etiopico, p. 167. Ibid. la nota etiopica del 19 marzo.
791

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. R. 1513/113 R. Washington, 23 marzo 1935, ore 20,57 (per. ore 7 del 24).

Mio telegramma n. 99 del 15 marzo (1).

Questo ambasciatore di Inghilterra mi ha confermato sue conversazioni Dipartimento di Stato circa aiuti finanziari alla Cina non hanno oltrepassato stadio di un «sondaggio » e di scambio di vedute rimaste molto generiche.

In queste ultime settimane questione non ha del resto avuto alcun seguito. Mio collega britannico ha aggiunto in via confidenziale che risultato degli scambi di vedute si riduce a questo:

l) -Inghilterra e America sono d'accordo che problema deve essere trattato in collaborazione fra principali Potenze interessate; 2) -Entrambi Governi hanno riconosciuto che difficoltà cinesi non possono venire risolte con un semplice prestito; 3) -Entrambi_ Governi si rendono conto della convenienza di adoperarsi per condurre ad una «détente » fra Cina e Giappone.

Richiamo l'attenzione della E. V. su quest'ultima affermazione che appare abbastanza sintomatica.

Mio collega mi ha detto risultargli che Governo cinese aveva fatto passi per ottenere prestito tanto presso Inghilterra q,uanto presso Stati Uniti e che aveva mantenuto con Inghilterra grande segreto sui tentativi fatti a Washington (2).

Conversazioni odierne mi hanno pure confermato che il Governo britannico attribuisce responsabilità delle attuali difficoltà monetarie cinesi alla legislazione americana in materia di argento che mio collega ha definito «assurda».

792

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1541/020 R. Belgrado, 23 marzo 1935 (per. il 25).

Seguito mio telecorriere n. 019 (3).

Parlando stamani con il consigliere di Cecoslovacchia sulla reazione della Piccola Intesa al gesto tedesco, il signor Fisa mi ha detto che la Piccola Intesa,

ed in particolare modo la Cecoslovacchia e la Romania si sarebbero 1ntieramente associate all'azione della Francia.

La Jugoslavia, dato il patto della Piccola Intesa si sarebbe del pari unita, ma la sensazione cecoslovacca è che la Jugoslavia, in tutto ciò che concerne il pericolo tedesco, intende mantenere un atteggiamento di una certa riserva fino a che non abbia raggiunta una piena assoluta sicurezza militare (alleanza militare) nei confronti dell'Italia.

Mi ha aggiunto che la Piccola Intesa non nutre alcuna fiducia nella discussione in seno alla Socieaà delle Nazioni ritenendo che l'insuccesso che potrà avere il reclamo francese, costituirebbe il colpo definitivo per l'esistenza del consesso ginevrino.

(l) -T. 1311/99 R., non pubblicato. (2) -In margine a un appunto del 25 marzo sul problema del prestito alla Cina Suvlch ha annotato: .. Per ora seguire la cosa salvo a intervenire quando sarà matura. Per ora pare si sia in alto mare». (3) -T. per corriere 1545/019 R., pari data non pubblicato. L'atteggiamento della Jugoslaviadi fronte alla decisione tedesca di ristabillre il servizio milltare obbllgatorio viene definito da Viola in tale telegramma «di riservata attesa e -se mai -di neutralità non sfavorevole alla Germania».
793

L'AMBASCIATORE A BERLINO, OERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1546/077 R. Berlino, 23 marzo 1935 (per. il 25).

Mi riferisco alle conversazioni telefoniche avute il 21 corrente con S. E. Suvich e col comm. Jacomoni a proposito dei titoli sensazionali e tendenziosi con i quali vari giornali berlinesi (e specialmente la Deutsche Allgemeine Zeitung) avevano dato l'annuncio della << Ablehnung » (ripulsa) delle note di protesta italiana ·e francese circa il riarmo del Reich.

Avendo avuto occasione d'incontrare ieri sera occasionalmente il segretario di Stato von Biilow gli ho detto che ero stato assai sorpreso di simile atteggiamento della stampa della capitale. L'uomo della strada (era proprio il caso di usare questa espressionè) leggendo sul frontespizio dei giornali «titoli» in cui si parlava di rifiuto di note poteva credere che si fosse alla vigilia di un richiamo di ambasciatori seguito da una dichiarazione di guerra e ciò mentre le conversazioni fra gli ambasciatori ed il ministro degli affari esteri si erano svolte nei termini della maggiore cordialità.

Il signor von Biilow mi rispose che avevo perfettamente ragione, che lo stesso barone von Neurath era stato assai spiaciuto di quanto era occorso. Teneva a spiegarmi che l'inconveniente si era verificato perché alle 13,10, ora in cui io uscii dall'Auswartiges Amt ed in cui egli fu informato del contenuto della nota da me rimessa al ministro degli affari esteri, il signor Aschmann, capo dell'ufficio stampa del dicastero stesso, era già uscito per andare a far colazione. Egli non poté quindi dare le disposizioni ne·cessarie perché le redazioni dei giornali annunciassero la consegna delle note francese ed italiana in termini più appropriati e rispondenti al vero.

Era stato d'altra parte accertato che la notizia di cui si tratta giunse alla redazione dei giornali pochi minuti prima delle ore 14 in cui il giornale va in macchina quando i redattori-capi se ne erano già andati via, cosicché fu sovente il redattore di guardia che, di sua testa, dettò il titolo della sensazionale notizia, senza darsi probabilmente la pena di leggere attentamente il testo dei comunicati del D.N.B., dal quale avrebbe potuto vedere che non già le note ma soltanto la

motivazione sulla quale esse si basavano aveva dovuto essere «respinta~ dal

ministro degli affari esteri del Reich.

Il signor von BUlow aggiunse che sapeva come l'inconveniente suddetto avesse causato un certo panico a Parigi, che era però stato di breve durata, grazie alle spiegazioni tosto giunte da Berlino. Sperava che non si fosse verificato altrettanto a Roma. Gli ho risposto che in Italia non vi era stato panico perchè mi ero affrettato, a fine di bene, di telefonare al ministero degli affari esteri a Roma come stavano effettivamente le cose, ma che ciò non toglieva che quanto era occorso mi fosse spiaciuto.

794

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, LAVAL

APPUNTI (l). Parigi, 23 marzo 1935.

I

Il signor Lava! mi dice di aver parlato col Ministro Eden e di averlo trovato abbastanza deciso.

Gli faccio presente che il pericolo è costituito da Simon che non è escluso possa lasciarsi influenzare dai tedeschi che oggi assumeranno un atteggiamento marcatamente pacifista.

Il signor Lava! è d'accordo ma pensa che a Berlino non riusciranno a conchiudere nulla. Mi dà lettura di un appunto che gli hanno fatto gli uffici (l) su quello che possono essere gli obiettivi della conversazione di Berlino. Mi avverte che è sua intenzione di discutere più tardi la cosa con Eden.

Mi chiede se siamo d'a.ccordo.

Non ho alcuna difficoltà.

Gli dico di voler approfittare di questa conversazione a due per parlargli

di alcuni argomenti secondo un incarico, avuto espressamente da S. E. il Capo del Governo.

Si tratta in primo luogo dell'Austria. Le intenzioni dell'Austria non sono molto tranquillizzanti. I successi tedes,chi ottenuti con mezzi legali o arbitrari, esercitano, indubbiamente, una influenza sull'animo degli austriaci. L'Anschluss è un pericolo che bisogna aver sempre dinanzi agli occhi. Ora di fronte a questo pericolo bisogna ricorrere a qualunque mezzo. Una delle difese contro l'Anschluss può essere la r,estaurazione. Noi non abbiamo alcuna tenerezza per gli Asburgo: lo abbiamo dimostrato e dichiarato in tutte le occasioni. Se si può salvare l'Austria senza la restaurazione tanto meglio, ma piuttosto che lasciar cadere l'Austria converrà pensare anche alla possibilità di una restaurazione. Conosco bene le

58 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

opposizioni della Piccola Intesa, ma anche i paesi della Piccola Intesa devono, sotto determinante circostanze, rivedere i loro dogmi. Con ciò non si vuol dire di rimettere senz'altro sul trono l'Arciduca Otto, ma si deve considerare anche questa eventualità.

Lavai non fa nessuna obiezione per conto proprio ma sa che la Piccola Intesa è intransigente su questo punto, tanto la Cecoslovacchia, che la Jugoslavia e la Romania. A proposito di quest'ultimo paese anzi deve dirmi che le sue impressioni sono tutt'altro che buone: egli sa che la Germania vi fa una attivissima propaganda ed ha anche il sospetto che il Re simpatizzi per il nazionalsocialismo. Tempo fa è stato da lui Xavier di Borbone, zio dell'Arciduca Otto, per parlargli in merito alla possibile restaurazione. Egli gli ha detto di andare a mettersi d'accordo con Benes. Anche l'Arciduca Otto voleva parlare con lui, ma egli ha ritenuto meglio non dar corso alla cosa.

Gli rispondo che queste difficoltà della Piccola Intesa sono buone quando si ha la scelta, ma se questa non c'è, bisogna scegliere il male minore.

Vengo poi ad un altro argomento: la situazione degli altri paesi disarmati per i trattati di pace: Austria, Ungheria, Bulgaria. Non c'è dubbio che se la Germania in un modo o nell'altro riesce ad ottenere la libertà degli armamenti, questi paesi debbono avere lo stesso trattamento. L'Austria si era rivolta a noi prima di fare la dichiarazione ufficiosa di giorni fa per chiederci il nostro parere e noi l'abbiamo approvata. Anche all'Ungheria abbiamo fatto capire che era meglio che seguisse la stessa via (ottenere la libertà di armamenti per accordo con le altre Potenze anzichè seguire la via della Germania). Bisogna però che aiutiamo questi paesi altrimenti essi, per forza, solidarizzeranno con la Germania.

La nostra situazione riguardo all'Austria poi -se non le concediamo la libertà di armamenti -diventa assolutamente assurda in quanto noi negheremo gli armamenti all'Austria che vogliamo difendere, per concederli alla Germania contro la quale vogliamo difenderla.

Lavai si rende conto della logica del mio ragionamento osserva però che la cosa è di una delicatezza estrema perchè il riarmo dell'Austria, della Bulgaria e dell'Ungheria, provocherebbe un incendio in tutta l'Europa danubiana.

Gli rispondo che bisognerà superare queste difficoltà perchè non possiamo abbandonare questi paesi.

II

Ad onta di tutto, Lavai ritiene che bisognerà fare qualche accordo con 1 tedeschi.

Gli rispondo che ciò può avvenire a patto che i tedeschi sentano che questa è una concessione e che c'è una forte resistenza contro ogni ulteriore loro arbitrio.

Chiedo cosa succederebbe se i tedeschi violassero la zona demilitarizzata.

Mi risponde che la Francia reagirebbe violentemente e che con tutta probabilità chiederebbe l'intervento delle Potenze garanti di Locarno. Lavai mi dice che è contento di Eden. In Consiglio di Ministri a Londra c'è stata una tendenza molto intransi

gente contro i tedeschi rappresentata da Baldwin. Eden e dallo stesso MacDonald che in questa ocoasione pare sia stato di una rara energia.

Eden gli ha detto che è necessario fare questo passo per ragione dell'opinione pubblica inglese, ma che non per ciò l'Inghilterra intende venir meno agli impegni presi con la Francia.

Aggiungo a questo proposito che anche a me ha detto che è stato necessario per l'Inghilterra seguire la linea scelta nei riflessi della Germania per riguardo all'opinione pubblica interna inglese.

La Gran Bretagna ha fatto espressamente il passo a Berlino senza consultare nessuno perchè se avesse consultato la Francia e noi, certamente avrebbe ricevuto una risposta negativa, mentre per le ragioni anzidette, dal punto di vista inglese, era necessario quest'ultimo tentativo.

III

Lavai, avendogli io detto che il Capo del Governo era dispiaciuto di non averlo potuto incontrare durante la sua recente permanenza in Riviera, mi dice che avrebbe voluto parlarGli in tale occasione della questione navale.

Egli si rende conto che noi non possiamo tornare indietro sulla questione delle due navi da 35.000 tonnellate; la Francia d'altra parte intende anche impostare due navi dello stesso tonnellaggio. Egli vorrebbe però che ci mettessimo d'accordo sulla possibilità di rallentare la costruzione di nostre navi in modo da non gravare troppo i rispettivi bilanci.

Gli rispondo che non sono in grado di dargli alcuna indicazione sulla possibilità o meno da parte nostra di aderire a tale proposta; ritengo però che prolungare la costruzione di una nave oltre il necessario vuoi dire aumentarne di molto il costo. Noi abbiamo fatto del nostro meglio per venire ad un accordo con la Francia; se l'accordo non si è raggiunto non è colpa nostra. La scelta delle navi da 35.000 tonnellate è stata fatta con criteri puramente tecnici; non credo che la nostra Marina sia disposta a ritardarne la costruzione perchè noi oggi manchiamo di navi di linea e ciò indipendentemente dal fatto che queste navi possano essere dirette contro l'una o contro l'altra Potenza (1).

IV

Il signor Lavai mi parla a due riprese dell'Etiopia. Mi spiega la proposta fatta dal Ministro di Etiopia di trasportare le trattative a Parigi che egli ha lasciato cadere.

Mi parla poi delle insistenti richieste alla Camera in merito all'Etiopia dalle quali si è difeso come ha potuto. Insiste sul fatto che l'Italia non deve dare neanche l'impressione in questo momento di essere distratta dallo scacchiere principale che è quello europeo -pieno di incognite.

«Da quanto precede, si deduce che non si è fatto cammino nello spirito francese nei riguardi di una amichevole composizione del problema navale, sul quale le due nazioni hanno e mantengono punti di vista assai discosti.

Circa l'epoca ed il modo di trattare tale problema, che ha evidentemente un lato politico di prima grandezza, il Ministero della Marina non può suggerire iniziative, ma ritiene suo dovere tener presente che una conciliazione degli animi profonda e reale non potrà conseguirsi in futuro se tale 'questione ritornerà alla ribalta in forma troppo discordante nei riguardi dei contraenti che oggi si incontrano a Roma».

Mi dice ancora ,che non crede che per noi sia conveniente fare una spedizione militare; egli ritiene che quando saremo bene armati potremo ottenere con facilità condizioni a noi vantaggiose dagli abissini.

Gli spiego la nostra situazione attuale nei riguardi dell'Abissinia e la nostra linea nelle trattative sulla base di quanto deciso a Ginevra. Gli incidenti però hanno una importanza limitata. Noi dobbiamo risolvere una volta per sempre gli interessi nell'Africa Orientale nell'interesse nostro e delle altre Nazioni europee.

Non escludo che sotto una nostra minaccia armata gli abissini possano farci qualche concessione, ma questo non basta; domani ce la ritirerebbero appena le nostre truppe fossero ritirate. C'è una tendenza xenofoba pronunciata e particolarmente anti-italiana che non ci dà nessuna garanzia per l'avvenire.

D'altra parte bisogna tener conto che se si vuole che gli italiani siano un elemento di tranquillità nella politica generale, devono avere qualche possibilità di sviluppo -le nostre attuali colonie sono poca cosa.

Gli inglesi non capiscono niente di tutto ciò; invece che aiutarci si sente la loro ostilità Iarvata. Questa, naturalmente incoraggia gli abissini e spinge il contrasto verso soluzioni estreme.

Lavai non ha mai parlato della cosa con gli inglesi; è disposto a parlarne in nostro favore. Gli dico che è meglio che attenda dopo Stresa; potremo esaminare più a fondo la situazione.

Lavai sa che gli inglesi sospettano una connivenza francese nella questione dell'Abissinia ed hanno detto che se la cosa verrà portata a Ginevra, il delegato francese dovrà ben smascherare il proprio giuoco.

v

Il Signor Lava! mi ha detto che le conversazioni fra i nostri militari procedono bene. Gli rispondo che ciò è della massima importanza perchè bisogna prendere accordi per la difesa dell'Austria.

(l) suvlch aveva redatto cinque appunti distinti, uno per ogni argomento, che sono stati unificati per comodità di consultazione.

(l) Sulla questione navale i taio-francese cfr. il promemoria segreto 10 bis del 5 gennaio del Ministero della Marina (Ufficio Storico della Marina) di cui si pubblica il brano finale:

795

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E IL LORD DEL SIGILLO PRIVATO BRITANNICO, EDEN

APPUNTO. Parigi, 23 marzo 1935.

Eden mi fa un vago accenno all'Abissinia.

Gli dico che noi stiamo difendendoci e che dobbiamo prendere tutte le misure perchè gli abissini sono presi da una forma di fanatismo anti-italiano che non ci pe,rmette di tndugiare più oltre nei provvedimenti necessari.

Eden svia subito il discorso.

796

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, LAVAL, E IL LORD DEL SIGILLO PRIVATO BRITANNICO, EDEN (l)

APPUNTO. Parigi, 23 marzo 1935.

Dopo un tentativo fatto da Eden di fare inserire nel comunicato la parola «approvazione» e di modiHcare la formula relativa alla riunione di Stresa in senso non impegnativo per la presenza del Ministro degli Esteri britannico (2), il signor Lavai ha dato lettura del promemoria qui annesso (3) accompagnandolo con qualche ·commento.

Lavai ha precisato trattarsi di un documento redatto per uso interno la cui forma non è quella di una comunicazione a Governi esteri. In tutta la sua esposizione Lavai, riferendosi anche alle conversazioni avute con me (4), ha tenuto a mettere in chiaro, •cortesemente ma con molta energia, che se Simon si fosse impegnato a Berlino, qualsiasi suo impegno non avrebbe potuto valere nei riguardi della Francia e dell'Italia.

Relativamente al punto 2° -a) -ho detto che a quanto ci risultava, i tedeschi non erano contenti delle nostre risposte circa il Patto danubiano e che, a nostro avviso, la loro tattica sarebbe stata quella di tirare le trattative per le lunghe per guadagnare tempo. Era necessario che non ci prestassimo a questo giuoco non essendo possibile che noi prima discutessimo tutte le obiezioni tedesche e poi riprendessimo la discussione sulle riserve ed obiezioni dei singoli paesi interessati. La Germania doveva dare una risposta di principio. Appena anche gli altri avessero dato la loro risposta di principio si sarebbe potuta iniziare, insieme, Ia discussione dei vari punti di dettaglio.

Lavai si è dichiarato d'accordo ed ha aggiunto essere sua intenzione di profittare della prossima riunione straordinaria del Consiglio della S.d.N. per iniziare, con i rappresentanti dei vari Governi presenti a Ginevra, una prima

4>

«Il Signor Suvich e 11 Signor Eden sono arrivati oggi a Parigi per avere, insieme al Signor Lava!, uno scambio di vedute, per incarico dei loro rispettivi Governi, prima della partenza per Berlino, che avrà luogo domani, del Ministro degli Affari Esteri inglese e del Lord del Sigillo Privato.

I Ministri inglesi stanno per compiere una missione che riscuote la cordiale approvazione ed i voti delle altre due Potenze. Non appena la progettata visita avrà avuto luogo verrà tenuta una nuova riunione di rappresentanti delle tre Potenze che si sono oggi consultate a Parigi>>.

Fu approvato il seguente testo definitivo, pubblicato dalla stampa del 24 marzo: «Il ministro degli Affari Esteri Pierre Lava!, il Lord del Sigillo Privato Anthony Eden e il Sottosegretario agli Esteri Fulvio Suvich si sono incontrati oggi al Quai d'Orsay e hanno proceduto a uno scambio di vedute sulla situazione generale.

Nel corso dei colloqui è stato ricordato che la visita dei ministri britannici nella capitale tedesca avrà un carattere informativo e che il quadro e l'oggetto delle conversazioni di Berlino saranno quelli indicati nel comunicato di Londra del 3 febbraio, sul quale s1 è affermata l'unità di vedute dei Governi di Londra, di Parigi e di Roma. È stato deciso che, in seguito a questa visita e alle altre visite britanniche a Mosca, Varsavia e Praga -visite che i Governi francese e italiano accompagnano coi loro voti -i ministri degli Esteri di Gran Bretagna, di Francia e d'Italia si incontreranno a Stresa 1'11 aprile.

I signori Pierre Lava!, Eden e Suvich hanno constatato con soddisfazione l'intera solidarietà dei loro Governi >>.

(-4) Cfr. n. 794.

discussione di massima sul Patto danubiano: il Governo francese avrebbe comunicato loro questa sua intenzione in modo che essi potessero presentarsi a Ginevra già preparati. Pregava il Governo italiano, se credeva, di fare altrettanto.

Per il Patto Orientale Lavai ha detto di essersi astenuto dal richiedere alla Germania una risposta precisa per riguardo a Sir John Simon. Lo avrebbe fatto però nel caso che Simon non fosse riuscito ad avere a Berlino chiarimenti sufficienti circa il punto di vista tedesco. I tedeschi si erano !agnati che il progetto di Patto Orientale era stato presentato loro da Barthou come una spec1e di diktat. Da parte sua egli avrebbe fatto tutto il possibile per cancellare questa impressione. Era però egualmente deciso ad andare in fondo. Secondo le sue informazioni la Germania era disposta ad accettare i Patti di non aggressione più la consultazione ma non l'assistenza mutua mentre il Governo francese era deciso a mantenere il principio dell'assistenza mutua. Dopo le conversazioni che i Ministri inglesi avrebbero avuto a Berlino, Varsavia, Mosca e Praga e le sue conversazioni a Mosca, era sua intenzione di procedere senz'altro alla redazione di un progetto di Patto che sarebbe stato sottoposto ai Governi interessati, !asciandolo naturalmente a;perto all'adesione della Germania.

Date le buone relazioni esistenti fra Italia e Polonia il signor Lavai sarebbe stato grato al Governo italiano se questo avesse voluto svolgere a Varsavia opera di persuasione. Ha ribadito la sua intenzione di fare al più presto qualche cosa.

Relativamente al punto 2° -b) -ultimo paragrafo -Lavai ha precisato il suo pensiero nel senso che, naturalmente, qualora da'lle conversazioni con la Germania risultasse a Simon che per riduzione essa intendesse ritornare alla cifra di effettivi di cui si era parlato nel Memorandum italiano, ovvero sia a

300.000 uomini, allora la Francia sarebbe stata disposta a discutere su questo punto.

Circa il punto 2° -c) Lavai pur insistendo sul concetto che il Patto aereo fa parte indissolubile del regolamento generale, prevedendo il caso che la Germania, tirando in lungo i negoziati od altrimenti renda impossibile questo regolamento generale, propone di studiare l'eventualità di una serie di Patti bilaterali di assistenza aerea tra Francia, Inghilterra, Belgio e Italia in modo da permettere intanto al Patto aereo di funzionare !asciandolo naturalmente aperto all'adesione della Germania.

Circa il punto 4° -Lavai ha dato lettura di un telegramma del Console francese a Colonia in cui questi lo informa che tutto è pronto per il ritorno delle truppe tedesche nella zona demilitarizzata e si attende soltanto un pretesto che serva a giustificare questa nuova violazione da parte della Germania. * Ha fatto chiaramente intendere che in questo caso la Francia è decisa ad agire. Ha insistito sul concetto che è necesario far sentire a Berlino la solidarietà anglofranco-italiana su questo punto, altrimenti i tedeschi marceranno* (1).

Per parte mia ho insistito sul concetto della solidarietà e sulla necessità di far sentire ai tedeschi che non si accettano i loro fatti compiuti e che qualunque loro nuovo gesto provocherebbe le più serie reazioni.

Relativamente al punto 5° -Lavai ha detto che gli uffici del Quai d'Orsay stanno redigendo il Memorandum relativo al ricorso francese, Memorandum

che prima della consegna a Ginevra verrà rimesso ai Governi italiano ed inglese perchè essi possano eventualmente modificarlo ed associarvisi.

Lavai ritiene che la riunione di Ginevra dovrebbe essere organizzata in maniera da potere finire la discussione in un solo giorno per evitare che essa si estenda ad altri ca~pi. Occorre quindi mettersi d'accordo sulla persona del relatore -Eden ha escluso di poter essere lui -e su di un progetto di risoluzione. Questo progetto di risoluzione, ad avviso di Lavai, dovrebbe contenere la constatazione dei fatti ed un voto di biasimo alla Germania.

Si riserva di discutere della cosa a Stresa. Intanto si terrà in contatto con i Governi inglese ed italiano sia per quanto riguarda il progetto di risoluzione, sia per quello che concerne la persona del relatore.

Durante tutta la riunione Eden si è in massima limitato a stare a sentire.

(l) -Il verbale inglese è ed. in DB, vol. XII, pp. 693-696. Manca il verbale francese. (2) -Il progetto di communicato inglese era il seguente: (3) -Non pubblicato.

(l) Il passo fra asterischi è stato sottollneato da Mussolini.

797

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 23 marzo 1935.

Il riarmamento tedesco pone nnghilterra dinanzi ad un dilemma: o incanalare questa forza verso obiettivi terrestri, o vedersela necessariamente ancora una volta risorgere minacciosa sul mare.

L'Inghilterra non esita: è necessa,rio .iJncanalarla verso obiettivi terrestri. Quali? Scartati g.li obiettivi occidentali non restano che quelli orientali: la Russia.

Il che, d'altronde, •Collima anche con gli altri obiettivi inglesi di difesa imperiale. Diminuita in Estremo Oriente, almeno momentaneamente, la pressione giapponese contro la Russia, per avere questa ceduto alle pretese giapponesi del momento, la Russia si trova ora libem di intensificare i suoi sforzi industriali e militari nel Turkestan, puntando minacciosamente sulla secolare via afgana delle invasioni della penisola indiana, e i suoi sforzi politici verso il Mediterraneo, attraverso gli Stretti. È necessario per l'Inghilterra sostituire alla pressione giapponese un'altra pressione che distolga la Russia da questi pericolosi obiettivi. La Germania riarmata, in piena ripresa, alleata della Polonia, è la provvidenziale spina sul fianco della Russia.

Messasi su questa via, per la prima volta dopo la guerra l'Inghilterra si pone di traverso alle direttive della politica francese. La Francia non può ammettere che le si spezzi la catena di sicurezza da lei affannosamente tesa intorno alla Germania. Ossessionata dal pericolo tedesco, essa non vede altro se non che la Germania non potrà tentare avventure sul Reno finché l'efficienza militare russa sarà in piedi. Donde l'attuale frattura anglo-francese.

Messa in allarme dal viaggio di Simon, la Francia è corsa ai ripari. Ai tentativi inglesi tendenti ad ottenere il ritorno della Germania a Ginevra -successo interno del partito conservatore inglese a scopi elettorali -contro il riconoscimento inglese del fatto compiuto del riarmamento tedesco, la Francia getta tra i piedi di Simon il suo ostacolo: il suo ricorso odierno a Ginevra. Con questa manovra essa rende difficile ad Hitler la rientrata nella Lega, pendente un ricorso contro di lui, ed insieme immobilizza Simon che, se non otterrà la

rientrata della Germania alla Lega, non potrà nemmeno dare la piena sanzione inglese al riarmo tedesco né potrà riportare in patria lo sperato successo elettorale. Dal punto di vista italiano questo nuovo orientarsi delle forze politiche

europee sembra autorizzare le seguenti conclusioni:

l) -L'Inghilterra nel suo sforzo di incanalare, e quindi in un certo senso controllare, la forza espansionistica tedesca, avrà timore di vederla ingrossare, e quindi di perderne il controllo. Essa quindi cercherà di impedire che la Germania trovi alleati. E coltiverà il pomo della discordia austriaca per allontanare la sia pur lontana eventualità che possa essere l'Italia -l'altra forza espansionistica europea -questa alleata.

2) -Se la Germania dovesse non rientrare, o per lo meno fin quando essa non rientrasse, resterebbe all'Italia la possibilità di ricorrere, in ultima ratio, nel caso che la questione etiopica dovesse inasprirsi, all'arma della minaccia del ritiro. O per lo meno le resterebbe la possibilità di g,iuocarla pur !asciandola sempre allo stato potenziale. Arma rischiosa, ma in determinate circostanze utile, e forse necessaria.

3) -Se invece la Germania, .prima o poi, dovesse rientrare nella Lega, Ginevra acquisterebbe una nuova fisionomia e forse una nuova efficacia. Allontanate le clientele dei pi,ccoli in secondo piano, la Lega sarebbe pe'r la prima volta il convegno periodico di tutte le grandi potenze europee -e solo quelle europee -su piede di perfetta parità di fatto e di diritto.

Dal ristretto punto di vista della questione etiopica, però, dovremmo in qualunque caso !imitarci alla linea di condotta dilatoria e procedurale, che V. E. ebbe già ad approvare.

A questo proposito prego V. E. di riconfermarmi la Sua alta approvazione alle proposte contenute in proposito nel mio appunto in data del 4 Febbraio u.s. (l).

798

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA, A ROMA, DRUMMOND, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. u. Roma, 23 marzo 1935.

I have been istructed by my Secretary of State for Foreign Affairs to let you know His Majesty's Government cordially accept your suggestion for a meeting of British, French and Italian representatives in the north of Italy, after the British Ministers' visit to Berlin. Sir John Simon trusts that Your Excellency will, as you suggest, attend this metting and he will greatly look forward to meeting you again. Thought he thinks this is scarcely necessary, Sir John Simon asks me tho point. out that the hope he expressed in the House of Commons on March 21st that Germany would take part in the further meetings did not, of course, refer to this proposed meeting in nothern Italy, but to subsequent discussions.

Mr. Eden is today informing M. Lavai orally in the sense of this letter.

(l) Cfr. n. 543.

799

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1656/031 R. Atene, 24 marzo 1935 (per. ore 12 del 28).

Telespresso di V. E. n. 207308/C. otto marzo (l).

In un colloquio con questo capo di gabinetto esteri, che in assenza ministro dirige, come è noto, fra le quinte gestione affari esteri ellenici, ho cercato di conoscere quale fosse esatto pensiero Governo ellenico circa question oggetto del rapporto di V. E. n. 207308/C. e precedenti telespressi e telegrammi R. ambasciatore Angora.

Da quanto mi ha detto signo.r Pipinelli sembra risultare che Governo ellenico abbia avuto prima notizia patto itala-greco-turco da suo ministro a Roma in seguito colloquio avuto con V. E. (2).

Solo successivamente, e a richiesta Governo ellenico, ministro di Grecia Angora avrebbe in merito comunicato che da informazioni assunte gli risultava che R. ambasciatore aveva al riguardo avuto lunga e generica conversazione con Governo turco.

Egli mi ha detto che Governo ellenieo aveva a priori accolto notizia tali colloqui e progetti in essi annunziati con più grande soddisfazione, desideroso come è addivenire a sempre più stretti vincoli con nostro paese, sopratutto dopo felici accordi di Roma, che sono valsi fra l'altro a dirimere qualunque causa malintesi che da parte nostra potevano esistere in seguito Patto Balcanico.

Ma in seguito appunto agli obblighi assunti con patti, Grecia non poteva prescindere di intendersi circa colloqui Roma e Angora con Jugoslavia e Romania, nè escludere che tali Stati, se lo avessero desiderato, ·potessero accedere al patto ventilato.

Gli ho osservato che in tal modo patto avrebbe perduto gran parte suo carattere e sua finalità che comuni all'Italia Grecia e Turchia, Stati essenzialmente mediterranei, erano estranei invece in gran parte alla Jugoslavia e quasi totalmente Romania, lontane da Mediterraneo.

Capo di Gabinetto riconobbe che effettivamente comuni interessi Medite.rranei Italia, Grecia e Turchia erano in gran parte alieni a Jugoslavia e Romania, ma egli riteneva che impegni assunti scorso anno rendevano difficile fare astrazione tali Stati e che anzi nulla sembravagli a priori che potesse opporsi a estendere tale patto a tutti Stati balcanici, venendosi cosi ad ottenere per intervento Italia quella unanimità balcanica che non fu potuto conseguire con patto balcanico. Ma mi aggiunse che queste erano sue opinioni personali e che nessuna precisa risposta poteva essere in merito data se non dal ministro degli affari esteri.

{l) Non pubblicato.

Varl wno fattori che possono determinare questa attitudine Governo ellenico, quali instabilità politica in cui versa ancora paese e Governo dopo violenta scossa rivoluzionaria; esperienze compiute con patti balcanici e Turchia che scatenarono così vaste reazioni all'interno e che ebbero così dubbi risultati esterni: la notevole reazione opinione pubblica interna, specialmente con l'Italia e Turchia, mentre sono così recenti agitazioni, che qua hanno ancora lasciato profonda· traccia, .in seguito contrasti religiosi per limitazioni imposte dalla Turchia a pattriarcato e per autocefalia chiesa dodecannesina ed effimero desiderio restare quanto possibile estranei qualsiasi raggruppamento politico in questo delicato momento internazionale.

Mi riservo riprendere tali conversazioni con questo Governo non appena decisione definitiva sia presa per assetto questo ministero esteri per conoscere in merito esatto indirizzo Governo ellenico e, se del caso, per cercare superare sue titubanze e ritrosie.

(2) Non si è rinvenuto il verbale di tale colloquio.

800

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, E AL CONSOLE GENERALE A COSTANTINOPOLI, SALERNO MELE (l)

T. 2575 P. R. Roma, 25 marzo 1935, ore 2.

(Solo per Ankara) Ho telegrafato a Costantinopoli quanto segue:

(Solo per Costantinopoli) Mi riferisco al suo telegramma del 15 corrente diretto al R. ambasciatore ad Ankara (2).

(Per tutti) Sono note tendenze turche a svincolarsi da regime convenzionale degli Stretti ed è altrettanto evidente l'interesse italiano dal punto di vista sia politico sia militare di salvaguardare la libertà di transito al di fuori di ingerenze limitatrici. A noi importa tutelare ed affermare il principio che il transito degli Stretti è libero nelle condizioni previste dagli accordi vigenti e che tutto quanto vi si riferisce deve passare attraverso la commissione internazionale escludendo iniziative autonome.

Ella vorrà, pertanto svolgere azione parallela a quella che sarà certamente svolta in eguale senso dal delegato britannico, gli interessi inglesi concordando con i nostri. Lo stesso dovrebbe dirsi anche degli interessi francesi.

È superfluo notare che esula da tali direttive qualsiasi apprezzamento od intezione meno che amichevole verso i Governi ellenico e turco che sono del resto rappresentati nella commissione, di cui è anzi presidente delegato turco.

(l) -Il console generale a Costantinopoli era delegato nella commissione internazionale degli Stretti. (2) -Trasmesso da Galli con t. 2403/48 P.R. Con esso si comunicava: «Commissione internazionale degli Stretti riunitasi ieri ha discusso circa diversi fermi effettuati settimana scorsa da autorità turche, in seguito richiesta Governo greco, di piroscafi greci transitanti Bosforo».
801

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. s. 521/185 R. Roma, 25 marzo 1935, ore 23.

Telegramma di V. S. n. 270 del 2 febbraio (1).

Da sondaggi compiuti presso Santa Sede è risultato che questo non (dico non) vedrebbe con favore, nell'attuale momento, proposto viaggio di mons. Barlassina a meno che venuta costì dello stesso abbia il solo e preciso scopo di intrattenere codesto Sovrano nell'interesse delle missioni cattoliche sia pure anche in relazione all'attuale momento politico. Sembra quindi da escludersi che mons. Barlassina possa attualmente venire impiegato costì tranne che per questioni inerenti interessi missioni.

Prego la S. V. voler far conoscere se ritiene opportuna e conveniente, ìn tali condizioni, venuta ad Addis Abeba del predetto prelato (2).

802

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1595/080 R. Berlino, 25 marzo 1935 (per. il 27).

Questo ambasciatore di Francia, che ho visto stamane, continua a mostrarsi, all'inizio delle conversazioni anglo-tedesche di Berlino, profondamente pessimista circa gli eventuali risultati i quali, a suo modo di vedere, finiranno per essere, a causa dei sistemi usati dal Governo di Londra, assolutamente positivi per la Germania e negativi per le Potenze occidentali.

Egli parte dal principio che il Governo hitleriano è composto di uomini i

. quali hanno unicamente, quale mezzo e quale fine, la forza e la violenza. Questi uomini, attraverso una catena di fatti idealmente collegati fra loro (abbandono di Ginevra, esecuzioni del 30 giugno, uccisione di Dollfuss, dichiarazioni di Goring, legge del16 marzo) hanno dimostrato chiaramente i loro metodi della cui bontà, per il successo ottenuto, si sono ormai profondamente convinti. Contro tali concezioni, che occorre sempre discernere anche quando, come avverrà in questi giorni, si presentano ammantate di spirito pacifico e di sentimenti di

conciliazione, il gioco ingle,se fatto di «sangue freddo» e di «intelligente spirito di collaborazione » rischia di farsi inviluppare e, nella realtà delle cose, di perdere la partita con il concedere al.h tedesco quei mezzi materiali con i quali esso potrà facilmente preparare altri colpi ed altre sorprese.

Nel sintetizzare la situazione attuale, il signor François Poncet, mentre sostiene che il gioco tedesco di dividere il campo avversario per impedire l'unione degli antichi alleati e per separare oggi l'Inghilterra e forse domani l'Italia dalla Francia si va facendo sempre più chiaro e preciso, aggiunge che tutto fa prevedere che effettivamente gli inglesi (e particolarmente sir John Simon, rappresentando Eden le concezioni, maggiormente equilibrate, del Foreign Office) finiranno per cadere nella rete tedesca.

Egli stamane, nell'espormi tale pericolosa situazione, non ha risparmiato alcuna critica, ed in termini del tutto eccitati, a taluni esponenti del Governo e dell'opinione pubblica inglese i quali, col permettere, all'indomani del 16 marzo, la realizzazione del viaggio di Simon a Berlino, hanno veramente con un « coup de jarnac » tagliato i garretti alla Francia.

Ho chiesto ad un certo momento all'ambasciatore quale linea egli avrebbe effettivamente suggerito per seguire nei riguardi della Germania una politica più realistica e più efficace di quella inaugurata dall'Inghilterra. Egli allora, insistendo sulla necessità che con i tedeschi « giocatori che barano nella partita » occorre essere « grossolani e non dare mai prova di finezza e di condiscendenza » ha ripetuto quanto ebbe ad affermare a S. E. il R. ambasciatore Cerruti all'indomani del 16 marzo (telegramma n. 008 del 18 marzo) (1), che cioè Inghilterra Francia e Italia avrebbero dovuto senz'altro, dinanzi al gesto germanico, ritirare i tre ambasciatori da Berlino, dando così a tutto il popolo tedesco il senso esatto della pericolosa avventura nella quale il Governo del Reich si è cacciato con l'aperta violazione del Trattato di Versailles.

Alla mia domanda circa quale altra precisa misura il Governo della Repubblica sarebbe oggi deciso a proporre, dato che, con la visita di Simon non si potrebbe mai pensare ad un richiamo degli ambasciatori dalla capUale tedesca, il signor François Poncet si è limitato a rispondere in termini generali, dandomi l'impressione che, almeno fino a questo momento, egli non conosce esattamente quanto Parigi potrebbe contrapporre al fatto preciso e positivo, e sul quale gli J:nglesi basano tutte le loro conversazioni odierne, del ristabilimento della coscrizione obbligatoria in Germania e della riorganizzazione dell'esercito terlesco: perché evidentemente le proteste, per quanto formali e vibrate, restano sempre in un campo negativo, e se non si convertono, ad un certo momento, in proposte e richieste di carattere positivo, rischiamo, nella discussione e nella trattativa, di non mutare sostanzialmente il corso degli avvenimenti ed il loro sviluppo.

Aggiungo che l'llimbasciatore di Francia non ha chiesto di vedere i ministri inglesi, limitandosi a far deporre loro una carta da visita, ed attenderà che essi lo invitino, in una forma qualunque, ad una conversazione, per esporgli i risultati dei coiloqui berlinesi.

(l) -Riferimento errato. Cfr. tuttavia quanto aveva comunicato Vinci con t.s. 797/278 R. del 19 febbraio: «Ho saputo ora dal dr. Borra che in una conversazione da lui avuta prima del mio arrivo col segretario particolare dell'Imperatore, questi, che era venuto espressamente a trovarlo per evidente incarico del Negus, chiese se Mons. Barlassina sarebbe potuto intervenire nella questione dei rapporti generali italo-etiopici ». (2) -Vinci rispose con t. 1627/577 R. del 27 marzo: «Dato esito dei sondaggi preparati, e per non compromettere interessi nostre missioni, ritengo a mio subordinato avviso che convenga soprassedere a viaggio monsignor Barlassina, almeno per quanto riguarda scopi diversi dagll interessi nostre missioni ».

(1) Cfr. n. 758.

803

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 25 marzo 1935.

Ho convocato H Signor Chambrun e, dopo averlo messo al corrente delle discussioni di Parigi (l), l'ho intrattenuto sulla posizione degLi Stati minori disarmati in base ai trattati.

Ho avuto già occasione di dire al Ministro Lavai che l'ItaLia intendeva risolvere la questione del riarmo anche di questi Paesi e ciò per un triplice ordine di considerazioni:

l) ragioni di logica e di moralità; non è possibiJe lasciare mano libera alla Germania perché fa la prepotente e trattare male gli altri perché si attengono agli impegni;

2) ragioni di convenienza. Se non aiutiamo noi questi Paesi, essi solidalizzeranno con la Germania facendo in qruesto campo almeno un fronte comune;

3) ragioni di si,curezza. Se questi Paesi hanno l'impressione di essere abbandonati da noi, faranno una dichiarazione per conto proprio, sul tipo di quella tedesca, e allora ne possono derivare le conseguenze più gravi per la pace europea. Prendasi ad esempio una dichiarazione dell'Ungheria, la reazione della Piccola Intesa e tutto quello che ne può seguire.

Il Signor Lavai mi ha detto di rendersi conto delle ragioni da me addotte, ma si preoccupa molto di quello che sarà l'atteggiamento della Piccola Intesa. Ho insistito ancora con il Signor Lavai il quale si è riservato di considerare tale questione.

Invito ora l'Ambasciatore a far sapere al Signor Lavai che, avendo parlato col Capo del Governo, Egli mi ha detto di insistere ancora presso il Signor Lavai stesso per fargli presente la gravità di questa situazione.

·L'Ambasciatore non mancherà di farlo. Mi prega di avvertire anche l'Ambasciatore Pignatti. Il Signor Chambrun mi consegna poi l'unito appunto sull'attività della Germania a Addis Abeba.

Lo ringrazio dicendogli che in parte tali elementi erano già a nostra conoscenza. È chiaro che la Germania fa un'opera di sobillazione presso gli indigeni, che non rimarrà limitata all'Etiopia.

Intrattengo poi l'Ambasciatore sulla questione delle azioni della ferrovia di Gibuti. Secondo il nostro incaricato dell'acquisto, le azioni sarebbero acquistate col sovraprezzo di mille franchi di fronte al prezzo a cui le ha acquistate la Banca dell'Indocina. Sta per di più il fatto che la società non intende accordarci nessuna maggiore ingerenza. A parte la questione del prezzo -segnalo soltanto questo punto all'Ambasciatore -bisognerebbe ,che il Governo francese intervenisse per farci avere una più diretta ingerenza nella società: un membro del Comitato, un altro consigliere e un funzionario direttivo.

L'Ambasciatore mi intrattiene poi sulla questione commerciale: mi chiede di volere esporre il suo punto di vista al Sottosegretario Lantini, dal quale si recherebbe egli stesso poi per illustrarlo.

Rimaniamo cosi d'accordo.

ALLEGATO

APPUNTO

Le Dr. Kirchholtes, nouveau Ministre d'Allemagne à Addis-Abeba, aurait eu, dès avant la présentation de ses lettres de créance, qui a eu lieu en grande pompe, un entretien secret avec le Négus. Il lui aurait proposé pour l'armée et pour l'aviation éthiopiennes des instructeurs militaires. Parlant en présence de hauts dignitaires de l'Empire, il aurait ajouté que l'Ethiopie pouvait compter sur la sympathie et l'entier concours de l'Allemagne, et que d'ailleurs l'Italie n'était pas à craindre.

Cette assertion venant du Ministre d'Allemagne a produit un gros effet dans la popolation et dans l'armée. Au cours de sa conversation avec l'Empereur, le Dr. Kirchholtes aurait meme indiqué qu'une déclaration de guerre de l'Italie à l'Ethiopie provoquerait la guerre en Europe.

Le Gouvernement du Reich serait sur le point de renforcer le personnel de sa Légation en Abyssinie, qui compte déjà quatre agents de carrière.

(l) Cfr. nn. 794, 795, 796.

804

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 25 marzo 1935.

Ho convocato il signor von Hassell. Gli ho consegnato a titolo confidenziale un estratto della notizia da Addis Abeba, sul favoreggiamento tedesco degli abissini, avvertendolo che notizie del genere ne riceviamo da tutte le parti.

L'Ambasciatore mi dice che data la fonte che noi asseriamo seria, farà subito una comunicazione a Berlino; egli dovrebbe però fin d'ora escludere la veridicità della informazione, perché egli non ne sa assolutamente nulla; un atteggiamento del genere se provenisse veramente dal suo Governo, dovrebbé essere a sua conoscenza.

Ho insistito sulla molteplicità delle tnformazioni che indicano l'opera di sobillazione della Germania in Etiopia, mostrandogli l'interesse del Governo tedesco ad intervenire per smentire tali voci che egli ritiene inesatte.

L'Ambasciatore mi chiede notizie sul convegno di Parigi e mi esprime la speranza che gli Inglesi possano portare da Berlino qualche elemento che serva a condurre ad un accordo generale. Mi dice che in Germania il richiamo della classe '11, messo in rapporto col discorso del Capo del Governo, ha suscitato qualche perplessità e mi chiede se posso dirgli quale sia il carattere di questa mossa.

Gli rispondo che il discorso del Capo del Governo fatto nell'Annuale dei Fasci, è una manifestazione di forza e di wnità del popolo italiano che non dovrebbe stupire nessuno; anche il richiamo della classe '11 rappresenta una misura di precauzione più che legittima nell'attuale momento di turbamento.

L'Ambasciatore mi dice che specialmente nell'Alta Italia vi sono molte voci che attribuiscono alla Germania intenzioni aggressive e dimostrano una certa preoccupazione. Mi dice che non sa spiegarsi la cosa; secondo lui è chiaro che un atto aggressivo della Germania in questo momento da qualunque parte diretto sarebbe una pura follia.

Gli rispondo che non mi consta di esistenti preoccupazioni; che ci sia qualche incertezza sull'atteggiamento futuro della Germania, può spiegarsi col fatto che la Gerrrtania usa mettere gli altri Paesi di fronte al fatto compiuto, come nella fase attuale.

805

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1578/34 R. Budapest, 26 marzo 1935, ore 18 (per. ore 20).

Circa proposito sollevare obbiezioni su questione parità diritti militari Ungheria innanzi Società delle Nazioni enunciato nel discorso elettorale segnalato ieri sera alla Stefani, il generale Gombos mi ha detto stamane: che con tal dichiarazione aveva inteso sia a prevenire attacchi oppositori nel senso Governo ungherese dovesse seguire esempio germanico; sia a sventare manovra della Piccola Intesa; che suo pensiero in proposito era Ungheria dovesse conseguire ripristino parità non unilaterale ma in via di negoziati; che poco importava in quale sede questo avesse a svolgersi; che nessuna iniziativa egli avrebbe comunque presa in concreto senza previa consultazione V. E.

In questo ministero degli affari esteri dovevano essere alquanto sorpresi dell'improvvisazione del presidente. Mi è stato detto confidenzialmente ritenersi inopportuna iniziativa a Ginevra.

806

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1592/153 R. Parigi, 26 marzo 1935, ore 21,45 (per. ore 1 del 27).

Come ho testè telefonato al Gabinetto di V. E., il Senato ha votato gli accordi di Roma all'unanimità dei 285 senatori presenti. Hanno parlato i due relatori Jouvenel per la commissione degli esteri e Roustan per quella delle colonie ed altri tre senatori.

Ministro degli affari esteri ha fatto un breve discorso.

Ne ho ritenuto in modo speciale tre punti seguenti:

La val ha reso omaggio a V. E. rilevando, fra gli applausi dell'intero Senato, continuità e risolutezza impressa da V. E. alla politica italiana. Ministro degli affari esteri ha dedicato alla Germania più parole di quello che abbia fatto alla Camera dei deputati. Ha offerto di nuovo al Reich di associarsi agli Stati che insieme alla Francia intendono collaborare all'organizzazione della pace. Ha detto che, dopo Stresa, andrà a Mosca e che in ogni caso patti conclusi e da concludere resteranno aperti all'adesione degli altri Stati.

Senato ha applaudito unanimamente con calore.

Ho detto a S. E. Suvich, nel suo recente passaggio a Parigi, che la Francia non è concorde circa politica da seguire verso il Reich. Lo confermo. Maggioranza del paese, oggi come ieri, vuole che nulla sia lasciato intentato

per arrivare ad un accordo con la Germania.

Se non avviene cambiamento di uomini, se gruppi di destra non prenderanno sopravvento, politica estera francese dei prossimi mesi sarà fortemente influenzata dalla corrente contraria favorevole ad una intesa con la Germania per poco che questa vi si presti.

Una grossa falange dei radico-socialisti e gli estremisti sono per l'accordo.

Non vogliono la guerra.

Laval secondo me, non ha scelto la sua strada.

Accordo con la Germania costituirebbe per lui più che un successo un trionfo al quale è sensibilissimo. Fra i gruppi di destra ne vedo uno solo che negli ultimi mesi ha fatto progressi notevoli. È quello delle Croci di Fuoco. Prestandovisi uguali circostanze saranno probabilmente le «Croci di Fuo.:. co » che tenteranno impossessarsi del potere. Questo potrà avvenire se di fronte ad una persistente tracotanza tedesca

il Governo della coalizione attuale continuerà dar prova di indecisione.

Un ultimo punto del discorso di Laval non deve essere passato sotto silenzio.

Ministro degli affari esteri ha rinnovato al Senato assicurazioni date alla Camera riguardo all'Abissinia affermando che nell'accordo e nelle conversazioni di Roma non è stata intaccata sovranità, indipendenza e integrità territoriale dell'Etiopia.

Nessun senatore aveva preteso l'assicurazione che Laval ha creduto ciò nonostante di dare.

I due relatori sono stati perfetti.

Jouvenel ha fatto un accenno al patto a 4 che ha creato atmosfera cordiale che ha permesso concludere accordi di Roma. Al momento della votazione ex-ambasciatore a Roma Besnard è salito alla tribuna diplomatica dove mi trovavo per dirmi gioia che provava e per incaricarmi far pervenire all'E. V. l'espressione del suo giubilo per il grande avvenimento che il voto unanime del [Senato] aveva consacrato. Spedirò per posta il resoconto ufficiale della seduta.

807

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A SOFIA, SAPUPPO

T. 532/22 R. Roma, 26 marzo 1935, ore 24.

Avvenimenti ultimi concernenti il riarmo della Germania sollevano implicitamente e necessariamente questione svincolo anche altri paesi da clausole militari !imitatrici di effettivi e materiali loro imposte da trattati di pace.

È stata sempre mia persuasione che tale svincolo sarebbe stato alla lunga inevitabile, ma che occorreva procedervi gradualmente e per accordi in modo da evitare scosse e difficoltà pericolose.

Pregola di trovar modo di dire a mio nome a S. E. Re Boris che appunto per queste constderazioni apprezzo l'attitudine di calma fiduciosa assunta anche in questa occasione da Governo bulgaro, ma che comunque Bulgaria non sarà dimenticata e che può contare sulle mie favorevoli disposizioni a che questione venga sollevata in modo e momento opportuni analogamente a quanto sarà pure fatto per l'Ungheria e per l'Austria.

808

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI POLONIA A ROMA, WYSOCKI

APPUNTO. Roma, 26 marzo 1935.

Il signor Wysocki mi chiede informazioni sul convegno di Parigi.

Lo metto al corrente della situazione.

L'Ambasciatore mi dice che a Varsavia non sapevano assolutamente nulla di questo atteggiamento germanico. Si era al corrente naturalmente del riarmo tedesco, come lo erano tutti gli altri paesi, ma quello che ha sorpreso vivamente è stata l'entità dei contingenti che la Germania vuole avere sotto le armi.

Il signor Wysocki non mi nasconde che questo atteggiamento tedesco ha preoccupato il Governo e i circoli militari polacchi.

Egli, che è stato recentemente a Varsavia, ha potuto spiegare a Beck la politica italiana e ha constatato ancora una volta che Beck la segue con la massima simpatia. Beck ha anche affermato di aver trovato sempre la migliore intesa col barone Aloisi e con tutta la Delegazione Italiana di Ginevra.

Il signor Wysocki ha appreso da Beck che i rapporti con la Francia sono immutati: la Polonia è sempre disposta a marciare con la Francia in caso di una aggressione da parte della Germania. Ciò ad onta che il contegno della Francia nei riguardi della Polonia non si sia dimostrato negli ultimi tempi troppo simpatico.

L'Ambasciatore è molto lieto della dichiarazione di Beck perché egli ha sempre pensato che l'accordo franco-polacco fosse essenziale. Il Signor Wysocki si è fermato giorni fa a Berlino e ha parlato con l'Ambasciatore Lipski e con François Poncet. Gli è stato detto tanto dall'uno che dal

59 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

l'altro che non è vero che Hitler sia alle dipendenze della Reichswehr. La Reichswehr ha un sincero entusiasmo per Hitler che considera il ricostruttore della nuova Germania militare. D'altra parte gli ufficiali della Reichswehr si astengono dal fare della politica e Hitler stesso, che pure accarezza molto la Reichswehr, non lascia passare occasione per dichiarare che i militari non devono ingerirsi nella politica. La Germania, che egli conosce bene, dà in questo momento l'impressione di una grande attività e di un certo benessere.

Gli osservo che queste informazioni ci pervengono anche da altre parti.

Questo stato di euforia si attribuisce generalmente: a) alla politica di inflazione che è in atto; b) al mancato pagamento dei debiti che rende disponibili all'interno molti ca;pitali; c) all'intensa attività dell'industria di guerra.

809

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 26 marzo 1935.

Informo l'Ambasciatore, su sua richiesta, delle discussioni di Parigi. Il signor Stein mi dice di aver avuto notizia che ad Ankara si sarebbe trattato su nostra iniziativa di un accordo italo-turco-russo.

Gli rispondo che la notizia non risulterebbe esatta. Si può aver parlato dei buoni rapporti trfl. la Russia e l'Italia e della loro influenza sui rapporti tra l'Italia e la Turchia, ma non più di tanto.

L'Ambasciatore è contento dell'andamento delle trattative commerciali.

810

APPUNTO (l)

Roma, 26 marzo 1935.

Il Cancelliere nella sua lettera (2) attira l'attenzione di S. E. il Capo del Governo sulle seguenti questioni concernenti l'Alto Adige:

a) -l'italianizzazione dei nomi che verrebbe continuata dalle Autorità locali su iniziativa libera dei singoli è sempre sfruttata dalla propaganda nazista;

b) -lieto di quanto già. è stato fatto in materia di insegnamento privato del tedesco, segnala quanto sarebbe utile una ulteriore estensione delle possibilità di insegnamento già accordate avendo specialmente in vista un aumento numerico degli alunni;

c) -grande ripercussione ha avuto lo scioglimento delle Associazioni cattoliche tedesche. II Cancelliere sottopone la opportunità, con ogni cautela, di un eventuale atto di generosità;

d) -il Cancelliere attira l'attenzione sulla eventualità di un vasto atto di clemenza per i confinati politici con particolare riguardo ai padri di numerosa prole e alle condanne recenti.

Ad ogni modo questi ed ogni altro eventuale provvedimento dovrebbero essere fatti con espresso richiamo ai buoni rapporti fra Italia ed Austria, in modo da valorizzare il Governo austriaco che dalla propaganda nazista è accusato di favorire la snazionalizzazione di un paese come l'Alto Adige e far risaltare di fronte agli occhi dei nazional-socialisti che anzi ed appunto in funzione dei buoni rapporti di Vienna con Roma che si valorizza l'elemento germanico esistente nell'Alto Adige.

(l) -L'appunto è privo di firma. (2) -Cfr. n. 702.
811

APPUNTO R. (l)

Roma, 26 marzo 1935.

Simon e Eden hanno ricevuto contemporaneamente Ambasciatori di Francia, Belgio e Incaricato d'Affari d'Italia. Simon ha fatto la storia delle trattative:

1. PATTO ORIENTALE

Governo tedesco accetta la formula di non aggressione e la formula di consultazione; non accetta assolutamente la formula dell'assistenza neanche come permesso ad altri di adottarla. Nel quadro dell'assistenza propone l'impegno di non assistenza ad aggressione della Germania. Risponderà per iscritto.

2. PATTO DANUBIANO

Difficoltà su parola «non interf,erenza ». Germania chiederà nuove specificazioni. Insiste nel dichiarare che non intende provocare alcuna forma di Anschluss.

Gli inglesi sembra non abbiano approfondito.

3. SOCIETA' NAZIONI

La Germania non rientrerà perché l'atto di nascita è [legato] al Trattato di Versailles.

4. ARMAMENTI

Necessità assoluta 36 divisioni per soliti argomenti (101 Divisioni russe). Esercito tedesco sarà di 550 mila uomini (1). Circa le armi la Germania è disposta a non costruire né armi pesanti, né tanks se vengano subito distrutti quelli degli altri eserciti.

Se la distruzione dovesse avv,enire dentro alcuni anni, la Germani,a costruirebbe impegnandosi poi a distruggere.

MARINA

La Germania chiede il 35 % della Marina inglese.

AVIAZIONE

Chiede parità assoluta con Nazione europea più armata (2).

PATTO AEREO

Pronti a stipularlo isolandolo dagli altri punti del comunicato francoinglese e facendo eventualmente riferimento a Locarno. Su questo punto risposta inglese negativa.

[Da parte] inglese è stato mantenuto su tutto attitudine riserv[ata. L'impressione] degli ambasciatori di Francia e Belgio e dell'incaricato d'Affari d'Italia è che si sia compiuto un passo indietro. Inglesi hanno buona impressione dell'uomo ma hanno stessa sensazione che niente di positivo si sia concluso.

Eden è partito per Mosca.

Simon domattina per Londra (3).

«Ho chiesto dal mio Jato, a questo punto, a von Blilow se gli inglesi avessero domandato che cosa intendessero i tedeschi per "Gleichberechtigung". Von BU!ow, sorpreso, mi rispose di no e mi domandò poi perché gli avessi rivolto tale domanda. Gli spiegai allora che, a mio giudizio, il concetto di "Gleichberechtigung" stava diventando altrettanto e forse ancora più elastico di quello francese della "securité". Sinora si era potuto credere che i tedeschi intendessero per parità di diritto la facoltà di possedere un esercito di coscrizione e le stesse armi che gli altri Stati. Oggi invece che la Germania ha creduto di costituirsi, unilateralmente, un esercito infinitamente superiore ad ogni previsione, una flotta aerea di eu! non si conoscono ancora gli effettivi, ma che sarà pure essa potentissima e che ha annunciato di voler una flotta marittima d! oltre 400.000 tonnellate, si sente dire che essa ritiene di non possedere ancora la "Gle!chberecht!gung". È perciò che a me sembrava che una delle questioni che avrebbero dovuto essere appurate dagli !ngles!, dato che la loro visita a Ber:ino aveva avuto carattere informativo, sarebbe stata quella d! conoscere che cosa intenda la Germania per "Gleichberechtigung".

Von BU!ow m! ha detto che la Germania intende per parità dei diritti la certezza di essere considerata Potenza di prima classe e non, come attualmente, di seconda classe. E spiegò il suo

(l) L'appunto, redatto su carta intestata del Gabinetto, si riferisce ad una telefonata dell'incaricato d'affar! a Berlino, Il documento è deteriorato.

(1) -Cfr. quanto comunicò Cerruti con t. per corriere 1724/094 R. del 29 marzo: «Se si vuole vi è stato un altro punto che può essere considerato nuovo ed è quello dell'indicazione da partedel cancelliere del Reich della cifra di 550.000 uomini come minimo indispensabile di contingente terrestre sul piede di pace. Secondo i calcoli fatti dai vari addetti militari, subito dopoil 16 marzo, in base alla notizia della creazione di 36 Divisioni, il nuovo esercito tedesco avrebbe dovuto contare da 420.000 uomini come minimo a 480.000 come massimo. Anche prendendo come base questa ultima cifra, che sembrava eccessiva alla maggior parte degli addetti militari esteri, abbiamo avuto negli otto giorni trascorsi fra il 16 ed il 2'1 marzo un aumento di 70.000 uomini sulle previsioni massime. Il che fa ritenere a molte persone, fra cui a me, che i tedeschi continueranno di questo passo, giungendo ben presto ad un contingente di 700.000 uomini, qual era quello che possedevano prima della guerra, coll'aggravante che gli armamenti del nuovo esercito tedesco saranno quanto vi è di più moderno e che i mezzi logistici saranno velocissimi ed in numero infinitamente superiore a quelli di ante-guerra». (2) -Cerruti comunicò con t. per corriere 1681/086 R. del 28 marzo: «Nei riguardi dell'entità degli armamenti aerei, questo ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto che i tedeschi, nel corso delle conversazioni, hanno attribuito alle varie Potenze delle cifre relative alle forze aeree veramente iperboliche. Mi ha poi detto, circa tale armamento, che il cancelliere Hitler si è dichiarato disposto ad una rinuncia completa da parte della Germania a bombardamenti aerei, in caso di conflagrazione, delle località non fortificate >>. (3) -Cfr. il seguente brano del t. citato alla nota 1:
812

APPUNTO (l)

Roma, 26 marzo 1935.

Slr Oswald Mosley ha telefonato ieri al signor Dundas, suo Capo di Stato Maggiore, che trovasi in Italia, per richiamare la sua attenzione su alcune frasi del discorso pronunciato da lui all'« Albert Hall».

Sir Oswald Mosley ha nel suo discorso confermato la sua devozione al Duce e la conformità spirituale del suo partito al «credo» fascista. La frase circa la convinzione che l'Italia e la Gran Bretagna, ove questa fosse fascista, potrebbero preservare la pace del mondo, ha riscosso i maggiori applausi come pure le parole: * « Mussolini ha innalzato l'Italia ad una posizione nel mondo degna della maestà del grande Impero Romano»* (2).

Sir Oswald Mosley esprime il desiderio che di quanto sopra possa essere data notizia alla stampa italiana (3).

813

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AGLI AMBASCIATORI AD ANKARA, GALLI, A LONDRA, GRANDI, A MOSCA, ATTOLICO, A PARIGI, PIGNATTI, E A VARSAVIA, BASTIANINI, AI MINISTRI A BELGRADO, VIOLA, A BUCAREST, SOLA, A BUDAPEST, COLONNA, A PRAGA, ROCCO, A SOFIA, SAPUPPO, E A VIENNA, PREZIOSI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. 535/C. R. Roma, 27 marzo 1935, ore 2,30. (Per tutti meno per Parigi). Ho telegrafato a Parigi quanto segue:

(Per tutti). Per sua opportuna notizia riassumo quanto ebbi g1a occasione di dire al signor Lavai (4) circa posizione degli Stati minori disarmati in base

concetto dicendo che non esiste alcun altro Stato ! cui fiumi territoriali siano stati internazional!zzati, mentre la Germania deve per il momento almeno tollerare ancora l'onta di avere l'Elba e l'Oder sotto !l controllo straniero. La Germania intendeva inoltre ottenere se non la restituzione d! tutte le colonie toltele in seguito alla guerra, almeno qualche mandato. così come avevano ottenuto altre Grandi Potenze. Sarebbe poi occorso.. sfogliare il Trattato di Versaille~< per rilevare le altre molte dispooizioni inammissibili per uno Stato sovrano. Bastava ricordare che vi erano ancora circa duemila tedeschi i qual! non potevano pensare a recarsi in Francia perché avrebbero, in base al Trattato di Versailles, potuto essere arrestati e processati come colpevoli di aver compiuto atti di guerra illegali.

Osservo che le cose dettemi dal Signor von Biilow dimostrano come la Germania voglia adoperare la "Gleichberechtigung" per ,eludere ogni possibile collaborazione europea con le altre Potenze».

«In merito a quanto è stato fatto sapere a Slr Oswa!d Mosley circa il desiderio che il giornale Black Shirt e l giornali di Lord Rothermere intraprendano una campagna in favore dei buoni diritti dell'Italia nell'atteggiamento preso nei riguardi dell'Abissinia e In ogni eventuale svolgimento avvenire, Sir Oswald Mosley chiede a s. E. il Capo del Governo se possa farsi accompagnare nel suo viaggio in Italia dal noto giornalista Ward Price affinché questi possa essere bene Istruito sulla campagna da svolgere sui giornali di Rothermere >>.

ai trattati di pace. A mio giudizio la questione del riarmo di questi paesi deve essere risolta per un triplice ordine di considerazioni:

a) -logica e moralità internazionale non essendo possibile consentire per la Germania che si impone con la forza un trattamento migliore di coloro che viceversa si attengono agli impegni assunti;

b) -convenienza di impedire che questi paesi, in mancanza del nostro aiuto, si sentano solidali con la Germania;

c) -sicurezza per necessità di prevenire che questi paesi avendo l'impressione di essere abbandonati, prendano iniziative autonome, analoghe a quella tedesca, con nuove conseguenze più gravi per la pace e sicurezza europee.

Signor Lavai, pure convenendo in queste considerazioni, ha espresso sua preoccupazione circa atteggiamento Piccola Intesa. Su mia insistenzR, signor Laval si è riservato di considerare ulteriormente questione.

Ho ieri convocato signor Chambrun (l) per metterlo al corrente di quanto precede e pregarlo a nome di S. E. il capo del Governo di insistere nuovamente presso il signor Laval stesso per fargli presente tale situazione. Chambrun mi ha assicurato che non avr,ebbe mancato di farlo con ogni impegno.

Prego anche V. E. di voler intrattenere in argomento signor La val richiamando la sua attenzione sulla situazione quale sopra prospettata e sull'importanza che S. E. capo Governo attribuisce a una concorde e tempestiva presa di posizione in argomento, anche in relazione alle probabili reazioni psicologiche della Piccola Intesa, di cui signor Lavai è sembrato preoccuparsi, ma che d'altra parte dovr,ebbero ormai passare in seconda linea di fronte a una visione più realistica e più positiva delle necessità della situazione generale europea (2).

(l) -L'appunto è privo di firma. (2) -Il brano fra asterischi è stato sottolineato da Mussol!n!. (3) -Il 29 marzo il gabinetto segreto redasse un appunto «segreto» circa !l desiderio di Mosley di esser ricevuto da Mussolini in visita privata !l 18 aprile o In visita ufficiale 11 21. A margine di tale appunto Mussolinl annotò: « Preferibile il 24 maggio». Se ne pubblica solo Il seguen te brano:

(4) Cfr. n. 794.

814

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 536/89 R. Roma, 27 marzo 1935, ore 1,30.

È stata verbalmente richiamata particolare attenzione di questo ambasciatore britannico su crescente intensificarsi attività tedesca in Etiopia, segnalata da R. legazione in Addis Abeba con telegrammi che vengono trasmessi a V. E. per posta (3). Tale attività tedesca è stata messa in relazione con quella che da parte di agenti tedeschi viene già svolta, sia nelle ex colonie tedesche dell'Africa, sia nei paesi arabi del nord Africa e del Levante.

Benes gll ha risposto che questa era effettivamente la sua intenzione e che anzi egli aveva cercato di fare opera di persuasione in tal senso su Titulescu. Sembra però che questisi sia mostrato più intransigente, e abbia opposto qualche resistenza agll argomenti di Benes ».

Drummond ha trovato interessanti tali notizie e ne darà comunicazione a Londra.

Ha detto che ha impressione di una certa détente in Abissinia.

È stato informato della fase attuale della situazione. R. Governo va diritto per la sua strada: ha accettato applicazione art. 5 del trattato 1928 e lo vuole applicare integralmente nelle sue tre fasi, negoziati diretti, conciliazione, arbitrato; mentre Etiopia vorrebbe invece saltare diretta;mente all'arbitrato o senz'altro a Ginevra. Al che Italia si oppone. Drummond ha trovato logica nostra linea di condotta.

Quanto precede comunicasi V. E. ,per sua opportuna conoscenza; e perché

v. E. voglia, in base agli elementi che le giungeranno con prossimo corriere, illustrare al Foreign Office attività tedesca in Etiopia.

(l) -Cfr. n. 803 (2) -Con t. per corriere 1865/046 R. del 3 aprile R<>cco comunicò che l'incaricato d'affari di Francia «aveva trovato modo di raccomandare a Benes pur non avendo alcuna istruzione in proposito, un atteggiamento conc111ante e che venisse incontro quanto più possibUe alla nostra tesl.

(3) Cfr. nn. 689 e 775.

815

IL MINISTRO A TIRANA, INDELLI AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1608/28 R. Tirana, 27 marzo 1935, ore 17,37 (per. ore 19,45).

Telegramma di V. E. n. 29 (l).

Re Zog, presso il quale ho dato seguito alle istruzioni impartitemi, nel pregarmi di comunicare a V. E. i suoi vivi ringraziamenti per le notizie e le assicurazioni fornitegli, ha espresso il desiderio di essere tenuto al corrente delle eventuali manifestazioni ulteriori e concrete del riavvicinamento italajugoslavo, in quanto queste possano concernere la situazione politica albanese'.

Nel corso della stessa udienza ho iniziato col Sovrano trattative per le tre questioni di cui al telespresso dell'E. V. n. 151 del 18 corrente (2).

Mi riservo a questo proposito di riferire in dettaglio non appena trattativa medesima sarà entrata in fase di precisazione.

816

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1684/083 R. Berlino, 27 marzo 1935 (per. il 30).

Nella ,conversazione di ieri con sir John Simon ho tratto l'impressione, al momento della sua esposizione relativa alle obiezioni fatte presenti dal cancelliere Hitler circa la definizione della «non ingerenza~ nel patto danubiano, che il ministro britannico consideri veramente il problema austriaco come di difficile soluzione essendo destinato a mantenersi vivo attraverso gli anni.

Nei riguardi inoltre delle stesse obiezioni del capo del Governo del Reich, Simon ci ha dato l'Lmpressione che anche egli non è perfettamente convinto della possibilità di classificare i singoli fatti relativi all'Austria come passibili di essere o meno considerati alla luce del patto danubiano, quali violatori dell'impegno di «non ingerenza,_

Aggiungo infine di aver tratto nel complesso l'esatta impressione che l'argomento dell'adesione della Germania al patto danubiano non sia stato approfondito nelle conversazioni di Berlino.

(l) -Cfr. n. 780. (2) -Non pubbl!cato ma cfr. n. 699.
817

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1620/104 R. Berlino, 28 marzo 1935, ore 1 (per. ore 7).

Ho veduto subito dopo mio ritorno miei colleghi inglese e francese. Poco ho da aggiungere a quanto è stato riferito in modo esauriente nei giorni scorsi da Magistrati. Dalla conversazione Phipps ho potuto rilevare che patto danubiano è stato trattato dalle due parti in modo superficiale. Hitler avrebbe, ad un dato momento, detto che il testo del Patto presentatogli avrebbe potuto essere molto migliore.

Di fronte al silenzio insistente di Simon e Eden, mio collega inglese mi ha detto essersi trovato in obbligo di osserva-re per suo conto che non era stato presentato al Governo del Reich alcun testo di patto danubiano essendogli voluto usare ogni riguardo e non metterlo di fronte esposizione di un fatto compiuto.

Se Hitler aveva delle migliori proposte da fare, non aveva che da presentarle.

Questi avrebbe risposto che egli se ne disinteressava.

Simon avrebbe però raccomandato a Hitler di rispondere sollecitamente

alle note spiegative italiane e francesi trovate non soddisfacenti.

Hitler avrebbe nel corso della conversazione dichiarato di riconoscere che Anschluss non poteva essere un provvedimento puramente austro-tedesco, ma aveva carattere internazionale e come tale avrebbe potuto dar luogo a serie complicazioni.

Questione della zona demilitarizzata lungo il Reno non formò oggetto apposite conversazioni.

Nel corso di quelle circa gli armamenti, Hitler avrebbe però dichiarato che la zona stessa è un serio « handicap, per il Reich, mostrato sopra una delle varie carte, di cui disponeva, condizioni di inferiorità in cui si trova il Reich non potendo aver fortificazioni lungo suoi confini occidentali e in parte anche lungo quelli orientali.

Ripulsa inglese di fronte richiesta tedesca di aver flotta marittima pari

al 35 % di quella britannica fu categorica.

Simon invità peraltro Hitler a mandare esperrti tedeschi a Londra per far conoscere quali sarebbero desiderata del Reich in materia navale per tenerne conto in occasione lavori prossima Conferenza Internazionale Marittima.

Poichè Phipps, come del resto Simon ieri, giusta quanto mi riferì Magistrati, parlava sempre di domande tedesche, ho osservato che questo termine mi pareva poco appropriato, perchè i tedeschi ci hanno mostrato con i fatti che essi non «domandano » e «prendono » quello che vogliono senza tenere il minor conto di quanto .possano pensare gli altri.

Phipps ha riconosciuto con me che conversazioni non hanno portato alcun nuovo lume se si eccettua proposta tedesca di sostituire nel patto orientale concetto dell'assistenza mutua con quello dell'obbligo di non prestare assistenza all'aggressore.

Egli dichiara però di ritenere ciò nonostante opportune e utili conversazioni stesse perchè esse proveranno ai nostri rispettivi Governi che informazioni trasmesse loro da noi erano esatte.

A vero dire François Poncet ed io avevamo, anche prima di tale riconosclmento britannico, sensazione di avere informato coscienziosamente nostri Governi e troviamo quindi speciosi e futili argomenti addotti da Phipps per giustificare un viaggio privo di scopo.

Questi ha poi tenuto a dirmi di essere convinto che come risultato... (l) conferenza di Stresa egli ritiene che Italia, Francia e Inghilterra si rivolgeranno alla Germania invitandola a continuare le conversazioni con loro.

Non ho potuto fare a meno di dirgli che, dato risultato nullo delle conversazioni consultative di Berlino, mi riusciva difficile condividere suo punto di vista.

François Poncet è convinto che nei .giorni prossimi apprenderemo qualche maggior dettaglio sconosciuto delle conversazioni, ancorché Neurath da lui veduto stamane abbia confermato per filo e per segno dichiarazioni fatte ieri da Simon.

Mio collega francese trova sintomatica circostanza che Simon abbia convocato ieri non i soli rappresentanti dell'Italia e Francia, cioè delle Potenze che dai convegni di Roma e Londra in poi mantennero stretti contatti fra loro, ma anche il ministro del Belgio quasi a ben marcare che voleva far proprie dichiarazioni ai rappresentanti degli Stati firmatari del Trattato di Locarno.

Signor Simon, al momento di partire avrebbe detto frase seguente ad un inglese qui venuto per affari cinematografici: «Inghilterra non conosce ormai nè vinti nè vincitori.

Essa però si opporrà a chiunque voglia creare una egemonia in Europa».

Frase può essere interpretata in vario modo~

Ambasciata di Francia propende a credere che essa sia stata pronunciata a scopo di politica interna per giovare al gruppo capitanato da Simon e di cui farebbe parte il Times e i due Lords venuti recentemente a Berlino, forse Lloyd Georges e qualche altro liberale, ed il cui lav0rio tenderebbe a portare Simon al posto di Mac Donald e a concludere con la Germania un qualsiasi accordo anche cattivo, pur di dare ai pacifisti inglesi impressione che viene allontanata spettro di una guerra.

François Poncet trova altrettanto abile quanto significativa mossa di Simon di riferire ai suoi colleghi di Gabinetto proprie impressioni colloqui di Berlino mentre Eden, che potrebbe averne riportato diverse e meno favorevoli, è impegnato nelle conversazioni con Mosca.

In via del tutto riservata e confidenziale Phipps mi ha assicurato che Hitler mantenne durante tutti ~ colloqui atteggiamento calmo, parlò senza agitarsi soverchiamente e produsse pertanto ottima impressione su Simon.

(l) Gruppo lndecifrato.

818

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1618/61 R. Mosca, 28 marzo 1935, ore 1,20 (per. ore 3,15).

Ho trovato oggi Litvinoff assai male impressionato per risultati colloqui Berlino tanto più dopo aver Hitler escluso ogni possibilità di consenso a soluzione di ripiego cui Francia e U.R.S.S. si erano preparati (cioè patto generale consultivo completato da patti assistenza mutua tra firmatari... (l) naturalmente che lo volessero (2).

Egli tuttavia preparasi difendere domani con Eden necessità patti regionali.

Ammette che nella [situazione] creatasi essi possano non essere sufficienti, ma d'altra parte non sa veder niente di meglio e di più immediato per mostrare alla Germania determinazioni altrw [resist]erle. Riconosce che sarebbe effettivamente preferibile un patto generale, ma sempre che potesse arrivare all'assistenza mutua ed essere concluso subito, ciò che peraltro egli continua a ritenere impos§ibile data comunque attitudine presumibile dell'Inghilterra, che, rifiutando di entrare essa in un tale patto, determinerebbe quasi sicuramente una analoga attitudine da parte italiana. Meglio sarebbe, secondo Litvinoff, far subito una serie di patti regionali e, poi, «fonderli~, in patto unico.

Questo il pensiero di Litvinoff, che mi è sembrato interessante di definitivamente accertare alla vigilia della visita di Eden. Se questa sua posizione sia soltanto dovuta a necessità tattica, non tarderemo a vedere. Passando ad altro argomento, Litvinoff mi ha detto di aver appreso da Varsavia che, su iniziativa italiana, verrebbe inviata a Stresa anche Polonia.

Ho risposto escludersi (dico escludere) che notizia potesse essere esatta.

Ne gradirei comunque conferma dall'E. V. dato che, in questo momento,

ogni sensazione di isolamento che si desse all'U.R.S.S. non farebbe che incorag

« L!tv!noff mi ha oggi informato d! essere riuscito ad ottenere -mediante un lavorio

d!ff!c!le e serrato compiuto attraverso la Francia -che Simon, nel suo incontro d! Berlino.

si opponga categoricamente all'esame d! ogni eventuale controproposta tedesca.

Simon dovrebbe, secondo idea di Mosca, limitarsi, andando a Berlino, a «udire e riferire».

Poiché a Litvinoff risultava che concezione nostra su questo punto non era molto dissimile dalla sua egli nel dirmi questo sembrava augurarsi che attitudine Sovieti nei riguardi del patto orientale potesse trovare sostegno in analoga azione italiana nei riguardi del patto danubiano>>.

giarla a precipitare alleanza con la Francia. Che anzi, sarei del rimesso avviso che, nelle circostanze, tanto più in presenza dei sintomi atteggiamenti nuovi da parte degli inglesi (dichiarazioni Chamberlain ecc.) converrebbe forse a noi trovare modo «mostrare), anche attraverso la stampa, che, coerenza linea politica sempre seguita nei riguardi U.R.S.S., noi continuiamo a considerarla come fattore necessario di cooperazione europea.

(l) -Gruppo !ndecifrato. (2) -Con t. 1072/41 R. del 6 marzo Attolico aveva comunicato:
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L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1626/41 R. Varsavia, 28 marzo 1935, ore 1,50 (per. ore 10).

Beck mi ha detto di avere fatto fare a Berlino una comunicazione verbale per fare rilevare che Polonia conside·ra deliberazione Governo tedesco in materia di riarmo come suscettibile di provocare complicazioni internazionali e che queste potrebbero anche divenire molto gravi qualora alla S.d.N. si volessero prendere delle decisioni.

La risposta di von Neurath a questa comunicazione sarebbe stata, a quanto Beck mi ha affermato uguale a quella data agli ambasciatori d'Italia e di Francia.

Alla mia richiesta quale fosse suo pensiero in proposito rispetto convocazione di conferenza straordinaria ormai progettata su proposta della S.d.N., Beck mi ha risposto di avere fatto presente a Tewfik Ruschdi bey che momento non (dico non) g1i sembrava opportuno volendo intendere con ciò che qualora altri proponessero rinvio convocazione, Polonia sarebbe senz'altro favorevole.

Circa utilità tale convocazione, Beck mi ha espresso suo marcato scetticismo essendo convinto che politica di forza non verrà adottata e che ogni altra deliberazione è destinata non avere alcun effetto sulla Germania col risultato di dare un altro colpo all'istituzione ed un altro scacco agli Stati che l'avranno presa.

Egli stesso ha sottolinea,to che, se si fosse accolta a tempo debito proposta di V. E. e opinione da lui espressa a Ginevra durante le discussioni su disarmo, di contentarsi di, procedere a piccole tappe, non si troverebbe nella situazione odierna ed ha dichiarato che pertanto Italia. e Polonia son meno sorprese di ogni altro di questo risultato della conferenza del disarmo.

Circa conversazioni Simon a Berlino mi ha detto avere preso atto con piacere che non vi è stata rottura e che si è [1Jresa in considerazione] possibilità collaborazione europea ma circa modo ristabilirla data rilevante mole problemi sul tappeto, non ha per il momento alcuna idea.

Gli ho fatto allora rimarcare che anche in questo campo V. E. aveva in varie riprese espresso principi molto chiari, f-ra cui quello che dovrebbero incontrarsi, per intendersi, rappresentanti Stati cui incombe maggiore somma doveri e responsabilità i quali sono in definitiva arbitri pace europea.

Ho aggiunto che r,itenevo essere tale pensiero immutato e che in momenti così diffìcilì dovrebbe apparire a tutti come ìl più realistico ed ìl solo capace ricondurre tranquillità in Europa.

Beck mi ha chiesto subito: «In quanti a Stresa?».

Ho risposto 6 (l) ministri degli esteri, riuniti nel mio paese, avrebbero certo ottenuto risultati concreti ed ho avuto impressione che a lui personalmente idea sia piaciuta.

Si è riservato precisarmi fra qualche giorno suo pensiero in proposito.

Ho ritenuto opportuno fargli quell'accenno allo scopo rafforzare in lui in questo momento impressione che da parte nostra si riconosce e si apprezza valore ed apporto della Polonia che politica francese, impigliata nelle maglie sovietiche e influenzata dallo sdegno contro Varsavia, continua ad ignorare.

Ho ripetuto anche oggi a questo ambasciatore Francia che atteggiamento ingiusto fa giuoco della G€rmania... (2) crescenti critiche e aperte allusioni da... (2) trovano eco a Varsavia in alto loco e influenzano favorevolmente queste sfere politiche.

Il fatto che reazione questo Governo dinanzi riarmo tedesco sia stata molto contenuta è sintomatico, come è sintomatico che finora Lavai non (dico non) sia stato invitato a fermarsi a Varsavia ... (2) suo viaggio nell'U.R.S.S.

820

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1647/158 R. Parigi, 28 marzo 1935, ore 20,10 (per. ore 22,45).

A telegramma di V. E. n. 535/C (3).

Ho intrattenuto questo ministro degli affari esteri della questione degli Stati minori disarmati per trattato esprimendomi nel senso delle istruzioni impartite da V. E.

Lavai mi ha ripetuto dichiarazioni fatte a S. E. il Sottosegretario di Stato (4). Ho opposto che spetta a lui di esigere dalla Piccola Intesa di non ostacolare una soluzione dettata dalla ragione politica.

Ministro ha detto che si incontrerà sabato a Parigi con Titulescu e per l'occasione investirà della cosa anche i rappresentanti diplomatici della Piccola Intesa e dell'Intesa Balcanica accreditati a Parigi.

Ho insistito per conoscere pensiero di Lavai. Mi ha risposto che egli pure è di parere che la questione di cui si tratta debba essere risolta presto. Ministro spera di essere in grado di dare a V. E. una risposta in merito a Stresa.

(-4) Cfr. n. 794.
(l) -Annotazione dell'Ufficio Cifra: «Gruppo esatto». (2) -Gruppi indec!frat!. (3) -Cfr. n. 813.
821

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1639/163 R. Parigi, 28 marzo 1935, ore 20,10 (per. ore 23,45).

Al Quai d'Orsay hanno ricevuto prime notizie sulla visita dei ministri britannici a Berlino. Rispondendo ad una mia domanda Lavai mi ha detto avere riportato cattiva impressione. Ha aggiunto essere convinto poter eontare sulla lealtà del ministro degli affari esteri britannico.

In così dire ministro ha tratto di tasca e mi ha letto raccomandandomi la riservatezza, una lettera personale di Simon consegnatagli da Eden nella sua ultima visita a Parigi.

In essa ministro degli affari esteri britannieo esprime ferma fiducia nel... l'intesa franco-britannica che sola può assicurare pace in Europa. Lavai ha soggiunto che le assicurazioni di Sìmon alle quali presta fede lo tranquillizzano completamente.

Egli attende perciò in piena fiducia incontro di Stresa.

Nella lettera su accennata di Simon a Lavai non vi è nessun accenno all'Italia.

822

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1682/033 R. Vienna, 28 marzo 1935 (per. il 3fl).

Berger nell'accennarmi stamani alla prossima venuta di Starhemberg a Roma, mi ha detto che se egli non potrà accompagnarlo per tutta la durata della progettata escursione automobilistica-stante l'inopportunità di una contemporanea assenza da Vienna --è tuttavia fermamente deciso a raggiungerlo in aeroplano a Roma, per due giorni, onde avere la possibilità d'intrattenere insieme l'E. V. su qualche importante questione.

Ho osservato che questa contemporanea assenza del eapo e del viee capo delle Heimwehren potrebbe non riuscire gradita al Cancelliere; ma Berger ha replicato che questo non era il caso: il che mi ha lasciato supporre che possa essere stato lo ,stesso Schuschnigg ad incoraggiarlo a venire costà.

Ho allora chiesto quale questione egli credeva dover principalmente esporre all'E. V. Berger mi ha confidato parergli ormai necessario avere uno scambio di idee sulla situazione economica dell'Austria, apparendo sempre più che le sorti del nuovo regime siano in realtà subordinate al raggiungimento dì una situazione economica, atta a dimostrare nel modo più lampante l'assoluta vitalità del paese.

Ho obiettato che le sue parole mi parevano ispirate a soverchio pessimismo, inquantochè tutto ormai lasciava qui intravvedere una netta ripresa. Difatti,

perdurava la tendenza al rialzo nel mercato delle azioni e degli effetti a rendita fissa, il che aveva prodotto un'attività nelle operazioni di borsa, quale da molti anni non si era verificata; si notava un maggiore investimento di capitali nelle varie branche dell'attività produttiva; gli indici della produzione mostravano un sensibile aumento, portandosi a~ un livello mai raggiunto in questi' ultimi tempi; le condizioni del bilancio dello Stato risultavano .grandemente migliorate, in conseguenza anche della favorevole conversione del prestito del 1923 della Società delle Nazioni; la situazione dello scellino appariva consolidata, tanto che la Banca Nazionale aveva, negli ultimi mesi, grandemente attenuato le misure restrittive nel commercio delle valute e divise; buone le condizioni dell'agricoltura; in grande progresso la ripresa industriale; il mercato del lavoro in sensibile miglioramento; in aumento i depositi a risparmio ed in diminuzione il numero dei concordati e fallimenti; in diminuzione anche la passività della bilancia commerciale, dato il grande incremento sopravvenuto nell'esportazione.

Senonchè Berger, pur non contestando le mie osservazioni, ha insistito sulla necessità di un approfondito esame dei mezzi atti a meglio consolidare la situazione economica del paese, alludendo alla necessità di un interessamento anche da parte della Francia e dell'Inghilterra.

Nel prosieguo della conversazione, Berger non mi ha dato maggiori precisazioni, pur accennando genericamente al problema degli armamenti ed alle difficoltà di farvi fronte. Ha alluso altresì ad alcune note contingenze della politica interna austriaca: intrighi da parte di alcune personalità del partito cristianosociale (specie S~hmitz), per accaparrarsi la successione dello Schuschnigg, onde eliminare le Heimwehren, o ridurne il più possibile l'influenza nel nuovo Governo, che sarebbe imperniato sul programma di una rapida distensione dei rapporti con la Germania, effettuata sopratutto a mezzo della chiamata al potere di «elementi nazionali»; attuale incapacità delle Heimwehren di assumere l'intera responsabilità del Governo; crescente possibilità che lo Schuschnigg, reso ormai conscio delle ambizioni dello Schmitz, si schieri sempre più dalla parte dei giovani cristiano-sociali e delle Heimwehren; desiderabilità (sulla quale ha pure insistito meco Starhemberg) che la presidenza del Miklas venga protratta oltre l'ottobre, onde lasciare il più possibile impregiudicate le situazioni ecc.: tutti argomenti che ho avuto già l'onore di esporre a V. E., specie con i miei rapporti riservati

n. 403 (l) e 468 (2) dell'll e 21 febbraio u.s.

823

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1688/089 R. Berlino, 28 marzo 1935 (per. il 30).

II segretario di Stato von Btilow, nel corso della nostra conversazione di oggi, mi ha dichiarato che il Governo del Reich era stato dolente di dover far

conoscere oggi in un comunicato del D.N.B. che, nonostante le assicurazioni date dall'ambasciatore von Hassell a S. E. Suvich, i giornali italiani, e particolarmente, da ultimo il Lavoro Fascista tornavano ad insistere sull'invio di armi e su di una complicità in Abissinia da parte di agenti tedeschi. Mentre constava in modo positivo al Governo tedesco che il Creusot faceva spedizioni di cannoni e di altre armi in Abissinia e così anche alcune ditte cecoslovacche, nessuna notizia al riguardo era stata pubblicata dalla stampa italiana che concentrava il suo accanimento contro i tedeschi i quali invece erano del tutto innocenti.

Ho risposto a von Biilow che mentre nulla mi constava circa le spedizioni Creusot ero invece al corrente circa talune forniture di armi all'Abissinia dalla Cecoslovacchia e che queste dovevano evidentemente avvenire attraverso i porti tedeschi, ancorché non avessi modo di controllarle. Avevo rilevato dai giornali italiani una sola informazione specificata nei riguardi di aiuti tedeschi all'Etiopia ed era quella concernente il console generale di Etiopia a Berlino, Stephen, e tale von Bassewitz, tra i quali sarebbero intercorsi accordi aventi per oggetto l'invio di armi in Abissinia.

Von Biilow mi ha allora detto che dalle informazioni assunte dall'Auswartiges Amt presso la legazione di Germania in Addis Abeba, era risultato che tanto il ministro barone von Schoen, quanto l'incaricato di affari che a lui era succeduto avevano costantemente rifiutato i passi fatti dal Governo etiopico per ottenere di essere moralmente spalleggiato dal Governo del Reich. Egli ignorava chi fosse il von Bassewitz di cui aveva rilevato il nome nei nostri giornali. Quanto allo Stephen non doveva recare stupore che egli, per la carica da lui ricoperta, cercasse di aiutare il Governo etiopico ..

Von Biilow aggiunse che egli si rendeva perfettamente conto che il Governo italiano cercasse di appurare per quali vie avvenissero le spedizioni di armi all'Abissinia. Doveva però osservare che, secondo gli accordi vigenti, i porti tedeschi di Amburgo e Stettino erano a completa disposizione delle esportazioni cecoslovacche sulle quali lo stesso Governo germanico non poteva esercitare alcun controllo. Tornò infine a ripetermi che la cosa che aveva particolarmente prodotto una cattiva impressione sull'Auswartiges Amt era il fatto che il Governo italiano sembrava non tener alcun conto delle assicurazioni formali che l'ambasciatore del Reich a Roma era stato incaricato di fornire al nostro ministro degli affari esteri.

(l) -Cfr. n. 578 nota l, p. 613. (2) -R. r. 714/468, non pubbl!cato.
824

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 28 marzo 1935.

Questo Incaricato d'Affari di Ungheria è venuto a chiedere notizie circa n convegno Simon-Hitler.

Giusta le disposizioni di V. E., gli ho risposto fornendo delle indicazioni abbastanza vaghe, intonandole però in senso negativo quanto ai risultatli. del convegno stesso.

825

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL PREFETTO DI BOLZANO, MASTROMATTEI

L. R. P. 2764. Roma, 28 marzo 1935.

Come certamente è a tua conoscenza il Cancelliere Schuschnigg ebbe ad interessare S. E. il Capo del Governo, in occasione della sua visita del novembre scorso, circa la situazione della cosiddetta minoranza tedesca dell'Alto Adige. S. E. il Capo del Governo, come già al compianto Cancelliere Dollfuss, dette degli affidamenti. Tu sai anche come lo svolgersi della situazione generale d'allora in poi non abbia per naturali ragioni consentito di dare a quegli affidamenti una maggiore e più profonda attuazione pratica.

Ora il Cancelliere Schuschnigg si è rivolto nuovamente personalmente a

S. E. il Capo del Governo. Egli invoca l'Alto Suo giudizio e l'Alto Suo intervento affinché sia fatto qualche cosa in modo da corroborare l'impressione che il Governo austria-co non solo non favorisce, d'accordo con l'Italia, la cosiddetta snazionalizzazione dell'elemento germanico dell'Alto Adige, ma che anzi è alla politica di buoni rapporti dell'Austria con l'Italia che si deve una minore pressione verso l'elemento tedesco.

Certamente la questione per i suoi riflessi di politica estera si presenta con caratteri di parUcolare delicatezza, anche perchè è evidente che vi sono dei punti su cui da parte nostra non è possibile transigere e mutamenti sostan:zllali di indirizzo non sono, malgrado ogni migliore buona volontà, facilmente attuabili.

Occore tuttavia dare una risposta al Cancelliere austriaco e S. E. il Capo del Governo, riservandosi qualsiasi decisione, desidera far esaminare se e che cosa potrebbe essere eventualmente fatto circa i tedeschi dell'Alto Adige, ai fini particolari della politica interna austriaca e della nostra attitudine verso l'Austria e il nazionalsocia1ismo.

Egli mi ha a tale scopo espressamente incaricato di inviare costì un funzionario del Gabinetto del Ministero degli Affari Esteri, particolarmente al corrente dei nostri rappor1Ji con l'Austria e la Germania, che mercè l'ausilio della R. Prefettura e delle varie Autorità competenti possa raccogliere in luogo e a fonte diretta gli elementi necessari al fine di cui sopra.

È stato designato per tale lavoro il Comm. Cosmelli, Segretario di Legazione, che si presenterà al tuo Gabinetto in Bolzano nei prossimi giorni. Egli potrà a voce anche meglio illustrare in dettaglio l'oggetto e lo scopo dell'incarico avuto. Naturalmente la missione ha carattere riservato (1).

«c) Stato d'animo della popolazione. Tutti sono concordi nel ritenere che oggi gl! allogeni siano orientati spiritualmente verso il nazismo anche se sussistano l vecchi e tradizionali legami con l'Austria. L'opinione prevalente è che la saìute non viene che da Hitler e che anche se !l Governo austriaco fa qualcosa a favore del tedeschi dell'Alto Adige, ciò avviene per riflesso e sotto la spinta naz!sta. La maggioranza considera la situazione in Austria precaria e 11 Governo austriaco alla mercé del primo colpo di mano. Si giunge perfino a ritenere possibile un ritorno dell'Alto Adige in seno alla grande Germania e talune manifestazioni si

(l) Della relazione di Cosmell! sulla missione svolta (appunto del 10 aprile) si pubblica solo il brano seguente:

826

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. 1392/550. Mosca, 28 marzo 1935 (per. il to aprile).

Miei telegrammi nn. 61 (l) e 64 (2).

Ho già telegrafato alla E. V. le prime impressioni ed i p11imi commenti di questi circoli politici e diplomatici di fronte alle richieste avanzate da Hitler negli incontri berlinesi.

Si osserva in generale che l'avere gli inglesi voluto ad ogni costo accertare « where they are and how they stand » ha, dopo tutto, servito a precipitare le cose, facilitando a Hitler l'ingrato compito di sgravarsi, in blocco e subito, di tutto quello che era venuto accumulando nel suo seno. Politica questa che potrebbe non solo costare cara all'Inghilterra ma anche, e forse più, alle potenze continentali, che pure l'hanno non solo non incoraggiata, ma persino sconsigliata.

Negli ambienti più prossimi all'Ambasciata inglese si ribatte che, dopo tutto, questo serve a chiarire definitivamente la situazione, mettendo a nudo la verità vera e spogliandola da ogni inutile e anzi dannosa finzione. Il Foreign Office, si pensa, aveva finora finito sempre ool cedere alle fisime della logica francese, facendosi portare a rimorchio dal Quai d'Orsay. Svegliata di soprassalto dalla bomba del 16 marzo, l'Inghilterra si è accorta che l'edificio che la Francia si ostinava a mantenere, in ogni sua parte e ad ogni costo, intatto, crollava. Essa non ha esitato a farsi, quindi, avanti da sola, per salvare quel tanto che ancora potesse essere salvato. Donde, la nota 1nglese alla Germania del 18 marzo, il viaggio di Simon mantenuto, anche dopo i fatti del 16, etc., il tutto aiutato dalla « non conformist mentality » di MacDonald e di Simon, i quali credono sempre nella loro capacità e comunque nel loro dovere cristiano di cercare di ricondurre sul retto cammino i traviati mediante predicozzi catechistici a base di morale... inglese.

Indubbiamente, qualcosa di vero in tutto questo c'è. Nessuno meglio dell'Italia sa che quella della Francia era una politica sbagliata. Senonché, l'Italia è stata la prima a comprendere, di fronte al delinearsi di quella situazione di pericolo che essa stessa aveva a suo tempo chiaramente prevista e denunciata, che quello non era il momento adatto nè per recriminazioni nè per azioni isolate e che, al contrario, una cosa sola -sopra ogni altra -premeva ed era quella di ricostituire di fronte al nemico potenziale di oggi, lo stesso blocco contro cui si erano infranti gli sforzi del nemico di ieri.

ispirano a un senso di prudenza e di assicurazione contro un eventuale arrivo definitivo del nazismo a Bolzano. La situazione austriaca vista da Bolzano è considerata disperata e solo questione di tempo. Questo stato d'animo è in complesso partecipato anche dalle nostre autorità.

Circa un diverso orientamento della nostra pol!t!ca verso gl! allogeni e delle possibilità d! orientare !n nostro favore o per lo meno a favore dell'Austria attuale le masse allogene, tutte le autorità tanto in Prefettura quanto al Comune, hanno espresso seri dubbi. Per le ragioni anche sopra dette si ritiene che un nostro cambiamento di indirizzo sarebbe sempre considerato imposto dal nazismo e non già dall'Austria, in modo che in definitiva chi ne beneficerebbe sarebbe il prestigio di Hitler».

60 -Dueumenti Diplumatli:i -Serle VII -Vol. XVI

Errore psicologico e tardività di concezione quella inglese, divinazione e sensibilità altrettanto immediate quanto sicure quelle del Duce dell'Italia Fascista.

Senonchè, ora che questa nuova situazione -per colpa inglese o no si è determinata, bisogna pure cercare di trame il migliore costrutto possibile. Non tutti i mali sarebbero venuti per nuocere se, effettivamente, come preconizzava Vansittart al R. Ambasciatore a Londra, l'Inghilterra, dopo questa infelice quanto costosa esperienza, si decidesse, in intima cooperazione con l'Italia e la Francia (dichiarazioni analoghe sembrano essere state fatte dallo stesso Vansittart a Maiski per quanto riguarda l'URSS) ad una politica seria e fattiva, di puntello prima e di ricostruzione poi, dell'Europa.

Giacché n colmo, in tutto questo, sarebbe che l'Inghilterra, dopo avere essa stessa per lo meno precipitato, se non addirittura determinato la situazione presente, si contentasse, al termine dei pellegrinaggi Simon-Eden, di formulare una qualche sapiente ricetta curativa dei mali dell'Europa da applicare, tuttavia, agli... altri. Il tempo di consigliare e appogg;iare i patti altrui è finito. L'Inghilterra deve dichiarare quali sono i patti e gli impegni che essa stessa, in una con gli altri, è disposta ad assumere.

(l) -Cfr. n. 818. (2) -T. 1634/64 R., pari data, non pubblicato.
827

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. 567/33 R. Roma, 29 marzo 1935.

Suoi rapporti 389 (l) e 631 (2).

Questione .prospettataLe da signor Aras di un vasto patto balcanico mediterraneo richiede per la sua complessità di essere accuratamente studiata e sopratutto al caso adeguatamente preparata. Una tale soluzione non può prescindere da altri problemi di carattere generale che sono in discussione e non può prescindere parimenti dai rapporti generali che l'Italia ha con altre Grandi Potenze e con vari Stati dell'Europa danubiana e balcanica. Intendo riferirmi in modo speciale alla nuova situazione dei nostri rapporti con la Jugoslavia e alla posizione particolare della Bulgaria.

Sostanzialmente le proposte del signor Aras risentono della impostazione data dalla Turchia, fin dall'origine, al così detto patto balcanico, che, come è noto, partito dalla premessa di una presunta nostra ostilità contro la Turchia, ebbe ad assumere un significato contrarto a certe linee direttive della politica italiana, e alla Bulgaria. Basti ricordare lo svolgersi di tutti i negoziati che condussero alla sua conclusione nonché le discussioni avvenute in Grecia e le riserve elleniche che ne furono la conseguenza.

Pur non escludendo che possa anche maturare una situazione che renda opportuna la costituzione di un sistema balcanico mediterraneo, patrocinato dall'Italia, le proposte attuali turche non sono accettabili anche perché nel modo

in cui sono pros!)€ttate, esse potrebbero venire a significare piuttosto un'adesione dell'Italia al sistema precostituito dell'intesa balcanica, anziché apparire come qualche cosa di nuovo nato sotto gli auspici e per iniziativa dell'Italia.

La crisi intervenuta da tre anni a questa parte nello stato dei rapporti italaturchi non si fonda su fatti specifici. L'atteggiamento turco si è ispirato (a prescindere da elementi personali e di prestig-io) a valutazioni di sfiducia e sospetto verso le finalità della nostra politica. Il nostro atteggiamento che è stato sostanzialmente di attesa ha consentito alle circostanze e agli avvenimenti di imporre ad Ankara un giudizio più ,realistico e più sereno. Per facilitare lo svolgimento di tale processo di maggiore comprensione della politica italiana si è di recente avuto poi occasione di accennare a questo ministro di Grecia all'utilità di un eventuale riesame ed aggiornamento degli accordi già esistenti tra Italia, Grecia e Turchia.

Mi riferisco anche al mio telegramma n. 242 (l).

Più ~recentemente mi sono anche valso della indicazione forn~ta da V. E. per indirizzare costì i due noti telegrammi (2) con la favorevole ripercussione che ella ora riferisce. Un'azione in uguale senso ·potrà essere ulteriormente continuata. Essa potrebbe però essere sviluppata adesso offrendo alla Turchia la rUusione in un patto unico dei tre patti di amicizia esistenti tra Italia, Turchia e Grecia. Rifusione che nel nostro pensiero non esclude che il nuovo patto a tre possa essere, a seconda delle circostanze, da un lato esteso ad altri Paesi secondo le idee costì espostele, dall'altro nei riguardi specifici della Turchia e della Grecia approfondito fino ad assumere carattere di vera e propria alleanza difensiva.

Nel quadro di un tale accordo a tre potrebbero trovare le lol'o reciproche garanzie i numerosi interessi .comuni (dico .comuni) che esistono fra i tre paesi in confronto della situazione balcanica e mediterranea.

v. E. può e,sporre in via preliminare tali concetti a Ismet e a Aras, badando che le divagazioni di Aras non finiscano, nel corso delle sue conversazioni; per dare luogo a nuovi malintesi e difficoltà tra i due paesi. Quello che importa sopratutto è infatti che le nostre relazioni con la Turchia si improntino a sempre maggiore cordialità (3).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 722.
828

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, PERSICO

'!'. 568/22 R. Roma, 29 marzo 1935, ore 2.

Con riferimento ultima parte suo telespresso in data 1° marzo (4) informo

V. S. che non è improbabile che missione etiopica costì diretta tenda, fra l'altro,

concludere trattato d'amicizia con Saudia, analogamente a quanto altra missione etiopica ha già fatto con Yemen; e cerchi in genere indurre codesto Governo assumere atteggiamento non amichevole verso di noi in caso di complica4ioni nei rapporti itala-etiopici.

Al riguardo .ritengo opportuno precisare a V. S. che Imam ci ha fatto conoscere impossibiltà :in cui si trovava di non procedere alla firma del trattato di amicizia con l'Etiopia, dato che tale trattato era già stato concretato dalla precedente missione etiopica recatasi tempo fa nello Yemen.

Lascio a V. E. giudicare se ed in qual modo sia possibile far comprendere discretamente a codesto Governo che -·· data l'attuale tensione dei rappo.rti i.talo-abissini e dato che non esistono i precedenti che esistevano nei riguardi del trattato tra Etiopia e Yemen -l'eventuale conclusione nel momento presente di un trattato di amicizia fra Etiopia e Saudia potrebbe non avere ripercussioni favorevoli in Italia. Esso si presterebbe poi a interpretazioni che non sono certo nelle intenzioni di Ibn Saud. Trattato non sarebbe nemmeno favorevolmente commentato nel mondo mussulmano, essendo notorio il pessimo trattamento fatto in Abissinia ai mussulmani.

(l) -Cfr. n. 600. (2) -Allude ai telegrammi inviati a Ismet Inonu e Tevflk Ruchdi in occasione del decennale del loro Governo. (3) -Per la risposta cfr. n. 842. (4) -L'ultima parte del telespr. 128/59 del 1° marzo era la seguente: «Circa la missione etiopica che giungerà a Gedda probabilmente via Aden, questo Sotto-Segretario di Stato mi ha assicurato che mi terrà al corrente degli scopi che essa si propone durante la sua permanenzain questo paese».
829

L'ALTO COMMISSARIO PER L'AFRICA ORIENTALE, DE BONO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. s. 1375/3415. Asmara, 29 marzo 1935, ore 19 (per. il 30).

Quanto telegrafo esce da mie dirette attribuzioni, ma data attitudine Germania e conseguente situazione internazionale, dato contegno apertamente ostile nostri riguardi tenuto da tedeschi in Etiopia, mi permetto chiedere se, occasione convegno Stresa, non sarà possibile ottenere da Inghilterra un maggiore disinteressamento nostra azione in Abissinia e conseguentemente una rigorosa applicazione ultimo comma articolo 9 del noto ·regolamento per la importazione armi in Etiopia e la ·cessazione transito materiali bellioi per via Berbera e altopiano Kartoum. Altrettanto dalla Francia per Gibuti.

830

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, BASTIANINI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1662/42 R. Varsavia, 29 marzo 1935, ore 20,12 (per. ore 0,30 del 30).

Ho veduto stamane Beck e g.li ho chiesto se patto orientale modificato come cancelliere germanico ha d1chiarato a Simon di accettare (telegramma di V. E.

n. 538/C.) (l) verrebbe accolto anche dalla Polonia ed egli mi ha risposto che

R. -del 27 marzo non pubblicati perché di contenuto analogo al n. 811.

lo riterrebbe utile base delle conversazioni, sottolineando che suo Governo se si preoccupa di non (dico non) .privarsi dei risultati ottenuti con gli accordi bilaterali da essi conclusi, non (dico non) si oppone con idee preconcette a realizzazioni più generali che salvaguardino però quei risultati.

Per tali ragioni ma,resciallo PHsudsky io aveva autorizzato a dirmi che la Polonia ben volentieri e con sincero spirito di collaborazione parteciperebbe ad una conferenza in cui Germania e Russia fossero invitate.

In tale occasione Beck ha voluto accentuare che la politica realistica di

V. E. ed i principi a cui si ispira la sua azione sono apprezzati al più alto grado dal Governo polacco, il quale, aderendo al progetto di convenzione danubiana, ha voluto rendere tale testimonianza all'Italia e dimostrare a tutti di essere pronto a collaborare ad iniziativ,e leali ed oneste.

Circa questione armamenti tedeschi e cifre espresse dal cancelliere germanico a Simon, Beck si è mostrato riservato dichiarando di voler attendere la venuta di Eden e conoscere sue impressioni di Berlino e Mosca.

Mi è sembrato però che su tale argomento abbia lasciato propalare una certa perplessità. Ha aggiunto che il problema del riarmo tedesco dovrà essere esaminato in blocco e non solo dal lato aereo.

Circa patto orientale mostrasi fiducioso sulle osservazioni che potrà fare in luogo ministro Eden, tanto più che l'Inghilterra non (dico non) gli ha dato mai impressione appoggiare caldamente a Varsavia progetto franco-russo.

Mi ha detto che informerà V. E. delle sue conversazioni con Eden.

Avendogli infine accennato a ripm'cussioni riarmo tedesco negli altri Stati d:isarmati, Beck mi ha detto che non (dico non) vede con quale principio mQrale si potrebbe imporre ad Austria, Ungheria e Bulgaria di restare in attuali condizioni inferiorità.

(l) -Dal 27 marzo: ritrasmissione dei t. da Berlino 1588/99 R. del 26 marzo e t. 1590/100
831

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 845/321. Ankara, 29 marzo 1935.

Con riferimento al telegramma diretto da V. E. in data del 26 marzo u.s. col n. 29 (1), a questa R. Ambasciata ed al Consolato Generale in Istanbul, trascrivo qui di seguito quanto, d'accordo con il R. Addetto Navale, mi ha riferlto il R. Addetto Militare.

Trattasi di un punto di vi:sta rigido e preciso, il quale peraltro coincide con le nostre attuali necessità e le direttive di V. E. Non credo però che l'attuale sistemaz:ione diplomatica del transito attraverso gli Stretti e della loro parziale smilitarizzazione possa costituire difesa efficace dal Drang nach Osten. La difesa di questa tendenza, per noi così minacciosa, va cercata in linee più a nord ed in sistemazioni politiche più complesse. Non credo neppure alla durata

indef.inita della convenzione degli Stretti nella sua forma attuale. Ritengo quindi che a tal momento dovremo cercare l'assicurazione dei nostri interessi (che si collegano ai tre elementi fondamentali dello sfruttamento del bacino del Mar Nero, della sicurezza dello sbocco in Egeo, e della effettiva possibilità di transito) in quei modi e forme che sembreranno allora più opportuni ed efficaci.

Ma la serietà ed il maturo pensiero con il quale la questione viene ora esposta dal Col. Mannerini merita essere tenuta sempre presente. Ecco quanto egli mi espone:

«Si ritiene, ,subordinatamente, mettere in evidenza che nell'attuale situazione politica generale ed in quella speciale a questo settore balcanico con relativi patti e contro patti, appare più che mai necessario mantenere fermo il principio della libertà di navigazione, della demilitarizzazione e del controllo internazionale degli Stretti, per assicurarne inalterata la loro funzione in mpporto ai nostri interessi pel traffico col bacino del Mar Nero.

E sopratutto sembrerebbe opportuno di non impegnarsi per eventuali concessioni che possono portare al loro riarmo, giacché non si reputa effettiva ed efficace qualunque formula di garanzia che si potesse ottenere contro queste concessioni.

La politica cambia e gli umori, specialmente di questo popolo, sono variabili: la storia degli avvenimenti poHtici recenti e sopratutto di quelli che precedettero la conflagrazione europea, lo conferma.

Ridotta alla più semplice espressione, la questione degli Stretti è collegata ai tre elementi fondamentali:

l o -alla possibilità di traffico e di sfruttamento del bacino del Mar Nero; 2° -alla sicurezza dello sbocco in Egeo; 3° -alla effettiva possibilità di transito per gli Stretti.

Ora, durante il conflitto mondiale, si è visto quali complicazioni e difficoltà possono derivare dall'inibito transito per questi Stretti, perché sia facile affermare la necessità che ogni sforzo, nel gioco degli opposti interessi, debba essere fatto perché ne sia assicurata nel miglior modo la libertà.

Più che nell'abolizione delle clausole di libertà di passaggio, il pericolo risiede nell'abolizione di quelle di demilitarizzazione: suo l dirsi sovente che l'attuale demilitarizzazione è una pura finzione, in quanto lo schieramento delle artiglierie ed il potenziamento della difesa è predisposto ad immediato contatto della zona demilitarizzata. Ciò è solo in parte esatto, giacché anche ammesso che l'aff,lusso delle forze sulle posizioni difensive permetta di assicurare nelle 24 ore l'entrata in azione delle artiglierie, non è meno vero che ben diverso è combattere contro opere permanenti ed altro è agire contro sistemazioni campali sia pure servite da adeguata rete stradale.

Per poter giudicare a ragion veduta, occorre anzitutto valutare le enormi difficoltà incontrate e gli inani sforzi compiuti dalle forze alleate nel 1914-15 nel tentativo di neutralizzare le fortificazioni dei Dardanelli.

Non si esita, quindi, a concludere che ove i nostri interessi gravitino, come si ritiene, verso la salvaguardia della maggiore possibile libertà di transito attraverso gli Stretti, sia necessario esigere fermamente il rispetto della convenzione vigente di demilitarizzazione: mentre c'è sempre modo di op·porsi col blocco, al transito verso il Mediterraneo. Non sussisterebbe la reciproca possibilità di assicurarsi con la forza il libero passaggio, ove esistesse una organizzazione difensiva permanente ed una predisposizione in posto di mezzi difensivi terrestri navali ed aerei.

Ma per garantire una tale condizione occorre altresì che la Commissione degli Stretti sia un organismo vitale ed autorevole e che il controllo delle zone demilitarizzate sia svolto seriamente d'accordo, per quanto possibile, fra gli Stati interessati, al di fuori di ogni opportunità politica contingente, giacché non è azzardato affermare che ognì deviazione da una tale linea di condotta potrebbe finire col prestarsi all'attuazione di vecchi programmi politici fra i quali una ripresa germanica del non mai assopito disegno del «Drang Nach osten » di cui non mancano indizi » (l).

(l) Protocollo particolare per Ankar,a del n. 800.

832

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1669/188 R. Londra, 30 marzo 1935, ore 0,57 (per. ore 6).

Ho avuto stamane lunga conversazione con Sìmon che mì ha comunicato sue impressioni sulla visita di Berlino. Simon ha tenuto a informare V. E. subito da Berlino circa risultati di tali colloqui, risultati che, come V. E. ha veduto, possono dirsi negativi.

Illustrazione fattami stamane dal ministro degli affari esteri britannico conferma questo giudizio. Secondo Simon intransigenza di Hitler verso il patto danubiano sarebbe di un grado minore di quella dimostrata verso il patto orientale. Cancelliere germanico ha dichiarato assoluta impossibilità accettare un qualsiasi documento nel quale sia contemplata eventualità di una collaborazione militare fra la Germania e la Russia sovietica. Questa è stata idea dominante durante due intere giornate di discussione. Per quanto concerne Austria Hitler ha dichiarato che Governo tedesco non intende accelerare i tempi di quella che ritiene sarà la fatale soluzione del problema austriaco e cioè l'unione con la Germania. Governo tedesco non può tuttavia acconsentire che altre Potenze interferiscano nella politica interna austriaca. Hitler avrebbe fatto a Simon precisi riferimenti alla politica italiana in Austria, non nascondendo suo risentimento per parziale mobilitazione italiana alla frontiera austriaca nel luglio scorso.

Circa diritto della Germania provvedere come meglio ritiene alla sua difesa militare e quindi a fissare il livello dei suoi armamenti secondo esigenze propria sicurezza, Hitler ha dichiarato di considerare tale questione come già risolta per la Germania, né suscettibile ormai di forma'r'e argomento d'ulteriori dichiarazioni e riconoscimento internazionali. Progetto di mutua assistenza aerea sarebbe, secondo Hitler, unico punto di interesse concreto contenuto nel comu

nicato del 3 febbraio e Governo tedesco ha confermato di essere pronto a esaminare su piede di assoluta eguaglianza una limitazione e regolamentazione dei mezzi di offesa aerea mediante una convenzione stipulata nella struttura medesima del trattato Locarno.

(Il presente telegramma continua col n. successivo) (1).

(l) L'appunto del colonnello Mannerini venne riprodotto testualmente in un appunto del Sottosegretario alla Marina pervenuto agli Esteri 11 giorno 11 aprile.

833

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1670/189 R. Londra, 30 marzo 1935, ore 0,50 (per. ore 6).

Alla esposizione del cancelliere germanico, Simon mi ha detto di aver risposto con fermezza indicando pericoli a cui la Germania si esponeva insistendo sopra un atteggiamento di isolamento che avrebbe reso sempre più difficile e oscura la situazione generale dell'Europa.

Hitler avrebbe replicato che egli teneva nel maggior conto i consigli dell'Inghilterra, ma che egli ha confidenza assoluta nel futuro della Germania.

Contrariamente a quanto SLmon si attendeva, Hitler ha esposto ai rappresentanti inglesi la posizione della Germania senza solita enfasi bensì con tono di fredda semplicità e con argomenti corredati spesso da una documentazione particolareggiata, il che non ha mancato di dare alla sua esposizione una certa efficacia.

Concludendo le sue impressioni, Simon ha tenuto a dirmi che egli è oggi più che mai persuaso della opportunità e utilità di aver effettuato questo suo viaggio a Berlino.

Egli è partito da Londra senza soverchie illusioni, e vi è ritornato quindi senza troppe delusioni.

La visita a Hitler doveva servire a chiarificare una situazio~e; bisogna riconoscere che tono di intransigenza dimostrato dal cancelliere del Reich ha contribuito a dare al problema relazioni Potenze europee colla Germania un senso di crudo realismo di cui bisognerà tener conto d'ora in poi nei negoziati diplomatici che si preparano.

Oggi l'Europa -ha continuato Simon -sconta l'errore di non aver accettato subito e di buon grado quello che il Duce e Governo britannico avevano proposto più di un anno fa, come una ragionevole base di trattazione fra le Potenze alleate e la Germania.

Per quanto concerne poi quelle correnti politiche inglesi, che in questi ultimi tempi si erano nuovamente dirette con precipitoso ottimismo alla idea di una più stretta intesa con la Germania, ritenendo quest'ultima sinceramente disposta a entrare nel sistema collettivo di collaborazione fra le Potenze, dure e inattese dichiarazioni del cancelliere germanico ai rappresentanti inglesi hanno provocato un senso di disorientamento e cominciano già a produrre gli effetti che ·non era difficile prevedere.

Simon ha continuato dicendo che Governo britannico attende arrivo di Eden da Mosca per esaminare in correlazione di tutti gli elementi la nuova situazione che formerà oggetto di discussione a Stresa.

« Vi prego di dire al :Ouce, ha detto infine Simon, che considero convegno di Stresa come avvenimento della più alta importanza.

Vorrei poter avere incontro col Duce privatamente ancora prima dell'll aprile, ma, poiché questo non è più possibile ormai, gli sarei veramente grato se volesse farmi conoscere sue idee e suggerimenti circa svolgimento e conclusioni cui le Potenze potrebbero giungere nel prossimo convegno ita.lo-anglofrancese ».

(l) Cfr. n. 833.

834

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1704/70 R. Mosca, 30 marzo 1935, ore 20,18 (per. ore 0,30 del 31).

Miei 67 (l) e 68 (2).

Visita Eden: Seconda giornata.

Mattino, nuovo colloquio Eden-Litvinoff.

Conversazione viene ripresa al punto in cui era stata lasciata giorno prima.

Visto che Inghilterra difficilmente accetterebbe, secondo Eden, nuovi impegni, così rifiutandosi di partecipare ad un patto generale (da rilevare tuttavia che non so se ad arte oppure no, Litvinoff aveva il giorno prima parlato ad Eden della partecipazione ad un patto generale di mutua assistenza militare e automatica), Governo inglese dovrebbe, dopo risultato negativo di Berlino, almeno non obiettare più a che gli altri andassero avanti per conto proprio e senza la Germania.

Risposta Eden: Si.

Di conseguenza -ha incalzato Litvinoff -Francia e Urss possono benissimo andare avanti col Patto orientale. Nuova risposta affermativa di Eden. Senonché, a questo punto, le versioni differiscono. Versione Litvinoff: Litvinoff, dopo questo, ritiene che Francia e URSS

possono addivenire a patto tripartito Francia-URSS-Cecoslovacchia (con eventuale propagarsi firma convenzioni) dando al patto contenuto e carattere assistenza militare automatica e ad azionamento indipendente dalla So~ietà delle Nazioni.

Versione Eden: Eden ritiene invece che patto dovrebbe, oltre rimanere sempre virtualmente aperto alla Polonia e alla Germania, essere concluso sotto auspici della Società delle Nazioni e fosse governato da regole fondamentali Covenant.... (3), avendo così acquisito o ritenuto di acquistare consenso inglese

Eden sembra per altro relativamente meglio impressior.ato di Simon dalle dichiarazioni Hitler a proposito Anschluss ».

ad andare avanti con patto orientale Litvinoff ha quindi posto ad Eden alcuni quesiti specifici in merito alle possibili reazioni del patto orientale sul patto di Locarno.

Secondo Governo inglese, Francia, se coinvolta in una guerra in conseguenza del patto orientale e cioè senza aggressione diretta della Germania:

1° -Avrebbe diritto assistenza inglese? Risposta Eden: No.

2° -Per converso, sarebbe considerata come aggressore, dando così titolo alla Germania di invocare l'assistenza inglese? Risposta altrettanto negativa.

Su questo secondo punto, tuttavia, che Litvinoff ha dichiarato considerare di importanza fondamentale -tanto che ne ha chiesto conferma scritta si ripercuote urto delle due concezioni divergenti accennate più sopra.

Litvinoff innesta quest'obbligo alla neutralità inglese, anzi anglo-italiana, in caso di attacco francese alla Germania derivante dal solo gioco del patto orientale -l'altra [sic] una concezione alleanzista, automatica e a dico asocietaria... (l) del patto medesimo. Eden invece innesta quest'obbligo sopra una concezione del patto non alleanzista e sostanzialmente societaria (differenza è importante e ho creduto dovere richiamare su di essa attenzione Eden tanto più trattandosi di cosa che interessa anche noi).

Conversazione si è quindi svolta esame interessi anglo-sovietici, su cui riferirò a parte ed in secondo momento. Comunque, visita può, da questo punto di vista, considerarsi avere raggiunto risultati fattivi. Entrambe parti hanno manifestato intenzione di intendersi. Né mi meraviglierei che, profittando attuale pausa nelle relazioni commerciali sovietico-americane, Eden tornasse a Londra con un << nécessaire » di ordinazioni sovietiche.

Ripetuto Varsavia.

(l) -T. 1666/67 R. del 29 marzo, relativo alla prima giornata della visita di Eden, non pubblicato. (2) -T. 1667/68 R. del 29 marzo di cui si pubblica solo il brano finale: «Resoconto colloquio con Hitler, fatto anche a me da Eden coincide esattamente con informazioni Magistrati.

(3) Gruppo indecifrato.

835

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1702/71 R. Mosca, 30 marzo 1935, ore 20,18 (per. ore 0,30 del 31).

Il presente telegramma fa seguito a quello col n. di protocollo precedente (2).

Pomeriggio: Incontro Eden Stalin nell'ufficio Molotov al Kremlino.

Ho domandato scherzando a Eden se dopo avere visto Stalin, egli credesse ne fosse valsa la pena. Eden mi ha risposto, ridendo, di si. Egli è sopra tutto rimasto impressionato dalla comprensione dei problemi

mostrata da Stalin.

Per quanto riguarda più specialmente la Germania, Stalin ha mostrato considerare politica antitedesca propriamente organizzata come una mera necessità, allo stesso tempo 'rendendosi conto situazione germanica, che egli ha riportato alle ingiustizie trattato di Versailles ed alla poca comprensione, specie in materia di disarmo, dimostrata in questo ultimo tempo dalle Potenze, nei confronti della Germania, « su questo punto -mi ha detto Eden -vedute Stalin si avvicinano molto a quelle dell'Italia e Inghilterra».

Alle dichiarazioni di Eden, in merito alla politica societaria dell'Inghilterra, Stalin ha tranquillamente e a voce bassissima opposto: «Società-delle Nazioni? Nicevo! » duramente.

Stalin ha ulteriormente sottolineato desiderio Sovieti cooperare politicamente con l'Inghilterra, evitando peraltro indicazioni, in questo come in altri problemi, tn particolare.

'Dopo che Litvinoff mi ebbe iersera messo al corrente conversazioni giornata, gli ho domandato ora che l'Inghilterra per bocca di Eden (nonostante tutte le riserve con cui questi ha 8empre correttamente circondato proprie opinioni) aveva mostrato di non ostacolare conclusione patto orientale anche senz,a Germania egli credesse di potere senz'altro, nel prossimo incontro con Laval, venire in materia ad una conclusione definitiva.

Risposta: «Dipenderà dalla Francia».

A mia osservazione che, arrivrute le cose a questo punto, molto dipenderà «nei due Paesi» dai militari, dalle loro concezioni e dalle loro esigenze, Litvinoff mi ha risposto:

«È vero, ma non vedo cosa la Francia possa fare di diverso. Del resto, egli ha soggiunto, anche il «Komintern » non ha ancora preso una decisione definitiva.

«Davvero?». Interruppi.

E Litvinoff: «Si, anche da noi non mancano gli isolazionisti » (sic).

Evidentemente la mia ultima osservazione aveva colpito Litvinoff in una delle sue più intime preoccupazioni.

Come V. E. vede (per quanto dopo risultato Berlino è ormai pacifico che l'Inghilterra creda di non potersi più opporre alla conclusione patto orientale senza Germania) situazione pur progredendo e maturando non è ancora immune da forti zone di ombra.

A parte divergenza Eden Litvinoff più sopra segnalata, io sono insomma convinto, nonostante declamazioni alleanziste di Alphand, che lo stesso Lavai non può essere pronto a seguire completamente Litvinoff nella sua concezione automatica ed asocietaria del patto orientale.

Molti sono ancora, nelle reciproche posizioni delle parti, gli equivoci e i sottintesi. D'altra parte mi sembra assurdo pensare ad un patto orientale senza la Polonia.

Nelle circostanze, mi sembra conferenza Stresa acquisti importanza sempre più fondamentale agli effetti di un definitivo chiarimento così dei punti di partenza, come dei punti di arrivo della politica europea, aggravante, in questo, lo stesso avvenire e gli stessi limiti delle relazioni franco-sovietiche (l).

Ripetuto a Varsavia.

t. -1713/73 R .. del 1° aprile di cui si pubblica solo il brano finale: «In fondo, egli [Lltvinoff] non deve essere completamente sicuro dei francesi.

DI questo stato d! Incertezza lo ho una conferma diretta in quanto, ancora ieri sera, relterando a Lltvlnoff mie! dubbi in materia e accennando alla necessità -specie allo scopo di disincagliare Polonia -eli soluzioni nuove, ho notato che Lltvlnoff. invece di scartar" l'idea, l'ha ammessa, dicendo che ci «avrebbe pensato».

Sembraml che tutto ciò non faccia che aumentare Importanza convegno Stresa anche agli effetti precisazione orientamenti francesi nel riguardi Europa orientale».

(l) -Gruppo !ndecifrato. (2) -Cfr. n. 834. (l) -Attolico riferì circa la terza e quarta giornata del soggiorno di Eden a Mosca con il
836

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, VINCI

T. s. 572/205 R. Roma, 30 marzo 1935, ore 24.

Suo 428 (1). Informazioni confidenziali assunte da fonte competente confermerebbero che monsignor Jarousseau avrebbe tempo fa effettivamente manifestato alla Santa Sede l'idea di un intervento ·Conciliativo nei rapporti italaetiopici. A tale idea Santa Sede non av,rebbe dato, tuttavia, né peso, né seguito.

Informazioni raccolte dalla stessa fonte lascerebbero d'altra parte ritenere che ambienti ecclesiastici, specie missionari, non sarebbero contrari ad una estenslone della nostra influenza in codesto paese.

837

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN

APPUNTO. Roma, 30 marzo 1935.

Il Signor Chambrun mi chiede se ci sono notizie sui colloqui di Berlino. Gli riferisco quanto a noi risulta, che coincide con le informazioni avute dall'Ambasciatore stesso. Si parla poi del convegno di Stresa e della necessità di prepararlo diplomaticamente dato che il tempo stringe. Dico all'Ambasciatore che si può fissare fin d'ora qualche punto fondamentale che dovrà essere sviluppato:

l) inutilità di proseguire le conversazioni colla Germania sulla base di Berlino;

2) necessità di far sentire alla Germania la solidarietà delle altre Potenze e una forte resistenza per evitare che si metta in qualche ulteriore avventura che potrebbe portare ad un conflitto;

3) esame della posizione da prendere di fronte al decreto del 16 marzo. A questo proposito vorremmo sapere se la Francia ha già qualche idea concreta al riguardo;

4) necessità di risolvere la questione degli Stati minori disarmati per trattato, i quali devono ottenere quanto sarà per ottenere la Germania ma in via di convenzione;

5) accordo sui mezzi diretti da prendere per la tutela dell'Austria.

L'Ambasciatore interpellerà subito Parigi e spera di avere una risposta entro lunedì (2).

(l) -T. 1247/428 R. del 13 marzo, non pubblicato. (2) -Il contenuto di questo appunto fu comunicato alle ambasciate a Londra e Parigi con t. 578 R. del 30 marzo, ore 24.
838

COLLOQUI FRA SALVATORE FARINA E L'INCARICATO D'AFFARI D'ETIOPIA A ROMA, AFEVORK (l)

PROMEMORIA. Roma, 29-30 marzo 1935.

I recenti provvedimenti militari italiani (nomina dei Comandanti delle truppe) hanno molto impressionato il Ministro, il quale è ormai sicuro che l'Italia vuole la guerra. Egli pensa che nulla potrà arrestare l'Italia nella sua azione e non ha alcuna fiducia nella Società delle Nazioni nella quale l'Italia potrà assai agevolmente far prevalere la 'propria opinione.

In tali condizioni è molto probabile che l'Imperatore si rivolga personalmente, con un suo messaggio, a S. M. il Re d'Italia, perché Egli stesso funzioni da arbitro nella questione.

L'Imperatore avrebbe molta stima e molta fiducia nello spirito imparziaie del nostro Sovrano. Tale è l'opinione del Ministro, il quale per parlare così deve aver avute analoghe notizie da Addis Abeba.

Si conferma quanto si disse in passato e cioè che il Ministro è disposto a dare la sua opera per la soluzione della vertenza. Egli è pronto a * recarsi ad Addis Abeba per .fare accettare dall'Imperatore larghe concessioni all'Italia. Ha anche parlato di un eventuale mandato (sic) dell'Italia* (2).

Ritengo che il Ministro possa godere di tutta la nostra fiducia. Nelle giornate del 29 e del 30 il Ministro ha spedito due lunghi telegrammi ad Addis Abeba ed ha ricevuto due lettere dall'Imperatore.

839

L'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, PERSICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1708/22 R. Gedda, 31 marzo 1935, ore 15 (per. ore 20,30).

Riferendomi al telegramma di V. E. n. 22 (3) informo V. E. che avevo già avuto ieri l'altro un colloquio col sottosegretario di Stato per gli affari esteri circa missione etiopica.

Ho ritenuto però necessario, per prevenire l'eventualità della conclusione di un trattato di amicizia tra Saudia e Etiopia, di agire subito e direttamente su S. M. Ibn Saud approfittando della sua venuta a Gedda.

Avevo già prima preparato opportunamente il terreno con Fuad Hamza.

Nella udienza concessami stamane, durata circa un'ora alla quale assisteva sottosegretario di Stato per gli affari esteri, ho esposto situazione a Ibn Saud non nascondendo le mie preoccupazioni personali su azione che, intende svol

gere la missione etiopica, facendo appello a sua lealtà ed ai sentimenti di amicizia che egli aveva sempre manifestato per Italia.

Ibn Saud, dopo mia esposizione ispirata a direttive di V. E., mi ha risposto testualmente: «né io né il mio paese commetteremo alcun atto ostile verso l'Italia che è nostra amica e con la quale vogliamo sviluppare i nostri rapporti amichevoli.

Ho sempre detto ai suoi predecessori che gli altri (alludendo all'Imam Yahia) usano frasi evasive e a doppio senso.

Io sono stato sempre franco e leale e l'avvenire confermerà le mie parole».

Non ho motivo di dubitare della parola del Re.

(l) -Salvatore Farina (che nel primo di questi promemoria si firma «fascista dal 23-3-19 ») aveva già inviato diversi promemoria su colloqui con Afevork che non si pubblicano. (2) -Il passo fra asterischi è stato sottolineato da Mussolini. (3) -Cfr. n. 828.
840

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PERMANENTE DEI MANDATI, DELLA SOCIETA' DELLE NAZIONI, THEODOLI, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

L. P. ... marzo 1935 (1).

Ho riflettuto a quanto ha fatto oggetto della nostra conversazione di qualche giorno fa sull'azione da svolge,re da parte nostra nella Società delle Nazioni. T'informo, prima di tutto a questo riguardo, che S. E. Lessona mi ha comunicato la direttiva del Duce, in conformità a quanto avevo prospettato al Ministero delle Colonie, di portare decisamente avanti l'opera da me iniziata da tempo, di avvicinamento e di persuasione verso i Membri più attivi e influenti della Commissione dei Mandati. Ti ricorderai come due anni fà qualche critica della stampa araba sulla nostra politica verso gli indigeni in Cirenaica suscitasse qualche impressione nella Commissione stessa, anche a seguito dell'azione personale svolta a Ginevra dai leaders arabi più in vista. L'opera mia è valsa a cancellare ogni prevenzione in tal senso, come è valsa ad avvicinare al Regime gli stessi leaders arabi che avevano mosso la propaganda a noi contraria.

A coronare l'opera di avvicinamento svolta nella Commissione dei Mandati ho suggerito a S. E. Balbo di invitare alla J:t,iera di Tripoli S. E. Orts, il negoziatore belga alla Conferenza della Pace che ottenne al suo Paese il mandato africano; S. E. Penha Garcia ex Ministro degli Affari Esteri del Portogallo, il più competente colonialista, forse, d'Europa; il Prof. Rappard, svizzero, alla cui azione presso Wilson si deve in gran parte la creazione del regime mandatario.

La visita alla Fiera di Tripoli offrirà il pretesto per mostrare agli ospiti l'imponenza delle realizzazioni compiute in breve per-iodo dal regime per la pacificazione e lo sviluppo civile della Libia. Ritengo sommamente utile far constatare a queste personalità della Commissione dei Mandati da quale spirito

sia animata la politica coloniale italiana. Non si deve dimenticare infatti che la Commissione dei Mandati è l'organo della Società delle Nazioni nel quale, in previsione dei futuri sviluppi della nostra azione in Etiopia, deve essere esercitata la più delicata e accurata azione di controllo da parte nostra. Non è da escludersi ch'essa, per la sua specifica competenza nelle questioni coloniali e per l'autorità di cui gode, possa essere direttamente o indirettamente portata a intervenire sulla questione della schiavitù o eventualmente su altre P.onnesse con la questione etiopica.

In conversazioni avute da Catastini e da me con Drummond e con Sugimura ho potuto convincermi quanto una tale politica possa essere preziosa. Ambedue, accennando alla nota abissina di ricorso al Consiglio della S.d.N., hanno messo in rilievo le grandi possibilità di manovra che la procedura societaria, con le sue sva;riate risorse, offre ai rappresentanti italiani, a condizione tuttavia che si sappia influire tempestivamente e con tatto sugli ambienti societari. Pur rendendomi conto dell'interesse che spinge Drummond ad esprimersi in tal senso dato il suo desiderio di vederci rimanere sul terreno societario considero tuttavia che i suoi apprezzamenti sono fondamentalmente esatti. Né minore importanza ha il parere concorde di Sugimura che, della procedura societaria ha un'esperienza maturata dallo sviluppo della controversia sul Manchoukuo.

Tanto Drummond che Sugimura hanno a più ll"iprese insistito sulla necessità che l'opera del nostro Delegwto al Consiglio sia fiancheggiata, integrata e preparata da una costante, efficace, opportuna azione negli ambienti societari e specialmente nel Segretariato. È lì che occorre, secondo essi, intervenire a tempo, fare opera di chiarimento, conservare i contatti, far prevalere le soluzioni più rispondenti ai nostri interessi fin daila fase di studio e di preparazione negli uffici, tenere, in una parola, tutte le fila.

A tal fine si .richiede la presenza di un funzionario che conosca alla perfezione l'ambiente, che abbia autorità e che all'occorrenza sappia imporsi. La questione mi sembra tanto più delicata e urgente, dato che a quanto mi hai accennato, S. E. Pilotti dovrebbe riprendere tra breve il suo posto nella Magistratura.

Insomma ad avviso di Drummond e di Sugimura, ciò che più deve interessarci per la efficacia della nostra azione e lo sviluppo della nostra politica nella Lega, è la questione uomini. Essi non comprendono ad esempio che il Governo lasci partire dal Segretariato proprio in questo momento un funzionario come Catastini che, per il posto che occupa alla Direzione della Sezione dei Mandati e per la perfetta conoscenza dei precedenti sia delle questioni coloniali che della schiavitù, può svolgere un'azione «insostituibile » in quel delicatissimo settore.

Mi limito a segnalarti in questa mia solo alcuni aspetti della politica di penetrazione della Società delle Nazioni, salvo a riferirti più ampiamente a voce le mie impressioni d'indole generale avute nei contatti che, per desiderio di S. E. Suvich, ho mantenuto con l'Ambasciatore d'Inghilterra. Gli elementi che ti segnalo sono quelli che nella mia esperienza di Ginevra ritengo di più attuale interesse, sicuro che vorrai considerarli attentamente e trarne le conseguenze che meritano.

(l) Cosi nell'originale.

841

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1743/75 R. Mosca, 1° aprile 1935, ore 17,26 (per. ore 21).

Termini comunicato ufficiale visita Eden rendono necessario qualche commento. Comunicato non dice niente di concreto e tanto meno di nuovo circa patto orientale e questione generale sicurezza. Anzi, in questo riguardo, non fa che confermare stato incerto già da me segnalato.

Comunicato è invece significativo nella parte riguardante rapporti anglosovietici e conferma che risultato più importante e forse unico risultato positivo della visita -come del resto mi aveva detto ieri lo stesso Eden --è stata chiarificazione rapporti anglo-sovietici.

Specialmente sintomatica in proposito è frase comunicato relativa riconoscimento «vantaggio risultante ad ognuna delle parti dalla integrità e prosperità dell'altra».

Questo -come risulta già evidente dal contegno e dai commenti della stampa sovietica che telegrafo in chiaro -incide sulle radici stesse di quella che è, da parte dei soviety, la prima ragione di sospetto nei riguardi britannici e cioè sul convincimento che, in fondo, Inghilterra veda di buon occhio e incoraggi aspirazioni espansionistiche germaniche verso l'est.

Chiarito questo punto, tutto il resto è di carattere conseguenziale:

l) I due paesi possono quindi non solo intendersi fra loro ma anche efficacemente collaborare per la causa della pace; 2) questa collaborazione può, ora più che mai, seguire ... (l) e ispirare esigenze di una protezione collettiva e solidale degli interessi singoli.

Con visita Eden, Inghilterra ha virtualmente definitivamente accettata inserzione della Russia sovietica nel sistema delle Potenze direttamente interessate al mantenimento della pace e dell'equilibrio europeo.

Ciò non mancherà di portare i suoi effetti ed avere il suo peso nel campo della politica generale.

842

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1747/71 R. Ankara, 1° aprile 1935 (2).

Telegramma di V. E. n. 33 (3).

Ho avuto lunghissimo colloquio con Aras.

88H

Interpretando con latitudine istruzioni di V. E. ho premesso vivo desiderio di V. E. di giungere al massimo chiarimento possibile delle relazioni italaturche e volontà dare ogni maggiore incremento a reciproche relazioni di amicizia.

Aras mi ha risposto (e lo ha. poi ripetuto ancora più sentitamente alla fine del colloquio) che era estremamente sensibile a queste assicurazioni, che nessuna nube oscurava oramai più le relazioni itala-turche, che per costituire su questa rinnovata base ogni più stretto rapporto fra i due paesi non era più necessario alcun nuovo trattato, bastando le dichiarazioni di V. E. che valeva anche di più qualsiasi firma.

E avrebbe portato subito a conoscenza del Governo turco tali ripetute assicurazioni, delle quali non vi era del resto bisogno, ma che comunque avrebbero fatto immenso piacere.

Di questo caldo sentimento di S. E. il Capo del Governo verso i dirigenti della nuova Turchia erano immagine luminosa i telegrammi inviati ad Ismet pascià ed a lui in occasione del decennale.

V. E. poteva del resto essere sicura, ed egli me lo dichiarava formalmente, che la Turchia si troverebbe d'ora in poi interamente nel campo degli inte• ressi i tali ani.

Gli ho poi esposto ed illustrato nel modo migliore il pensiero di V. E., appoggia·r1dolo ad ogni possibile argomento diretto ed indiretto (patto di non ingerenza, riarmamento degli Stati disarmati, ~on come decisione unilaterale e nel quadro della sicurezza).

Non ho trascurato di esporgli che il nuovo favorevole aspetto delle relazioni itala-jugoslave richiedeva peraltro ... (l) da principio tempo per permetterne il suo massimo sviluppo, mentre eventi consigliavano di non tardare di troppo lo stabilirsi di un nuovo apporto alla sicurezza generale come quella che deriverebbe dal proposto patto.

Trascuro argomenti secondari, ma avverto non aver mai toccato la Bulgaria, poiché qualsiasi frase od accenno a possibili rivendicazioni bulgare ed alla delicata ed infelice situazione di quel popolo può fare risorgere sospetti ed apprensioni presentemente, in coscienza assicuro -:!el tutto sopiti, malgrado roboanti dichiarazioni di cui sopra.

Colloquio è durato dalle ore 20 alle 23. Aras mi ha obiettato: AJ Situazione generale germanica. Evidentemente sforzo hitleriano è diretto nel prossimo tempo contro Austn"" il sud essendo ritenuto punto più debole.

Lo sembrerà anche di più se Stati balcanici non appaiano uniti in una stessa fronte. E se essi appariranno disuniti, Wilhelmstrasse adopererà ogni sua arte per approfittarne.

B) Attuale posizione Stati balcanici è inattiva di fronte minaccia germanica. Attende a determinarsi a seconda avvenimenti e posizione italiana di fronte ad essa tra qualche giorno.

61 -Documenti Diplomatici • Serle VII • Vol. XVI

C) Jugoslavia non consente a restare fuori del progettato patto mediterraneo orientale.

Ciò è stato risposto da Jeftic, che egli ha. interrogato.

Lavai Io aveva assicurato ed anche facilmente persuaso Jugoslavia a disinteressarsi progettato patto orientale dato che trovava sua sicurezza nei confronti Italia da rinnovate buone relazioni e da sua partecipazione a patto Europa centrale di non ingerenza.

Anche Lavai si era ingannato.

Jugoslavia non vuole essere esclusa da patto mediterraneo.

D) Romania non ha interessi diretti, ma poiché le è stato ripetuto in ogni occasione che non è Potenza centro Europa, se le si dicesse che non è Potenza balcanica la quale può prendere parte al progettato patto, sarebbe forse costringerla a considerare convenienza di un totale cambiamento di fronte.

Correnti germanofile sono secondo Aras colà fortissime.

Contro di esse Titulescu ed il Governo romeno lottano aspramente.

Mostrare i lati deboli loro politica sarebbe pericoloso, poiché un fronte germano-polacco può ... (l) assicurare Romania da qualsiasi minaccia sovietica e poi totalmente su situazione stretti.

E) Secondo Aras correnti germanofile non sono inattive neanche in Jugoslavia.

F) A conclusione del quadro Aras detto che fin quando Germania sta oltre Austria e Ungheria si può ancora avere tempo per discutere, ma se Germania passi questo limite se una intera solidarietà balcanica-italiana non sarà già fatta, la Germania non avrà più dinanzi a sé che un muro di carta.

G) Neppure patto Mediterraneo, mentre non avrebbe effetto utile fra contraenti poiché, onestamente considerata situazione Turchia può garantire sé e Grecia contro Bulgaria ma non può niente garantire all'Italia, avrebbe un significato anche contro terzi cioè potrebbe fare sorgere in altri Stati balcanici, segnatamente Jugoslavia, sospetto di un tentativo di rottura del patto balcanico ad esclusivo vantaggio dei disegni germanici.

H) Le circostanze sconsiglierebbero anche di fare sorgere tali dubbi poiché tempo sarebbe potuto mancare per dissiparli.

Ho replicato ad Aras su molti punti segnatamente su pericolo ... (3) in Jugoslavia e su bensì infondati sospetti jugoslavi in caso conclusione progettato Patto.

Aras concluso:

lo -Quanto dettomi erano sue idee personali. Ne parlerebbe con Governo e mi darebbe definitiva risposta;

2° -Pregava V. E. considerare tutta situazione balcanica. Turchia legata alla Russia e con l'amicizia francese inglese, ed italiana non assumerebbe mai posizione filo-germanica, ma tutta situazione balcanica non sarebbe definiti

vamente cementata in una unione per la pace se, allo sforzo franco-inglese · ed al consiglio russo, non si unisse l'Italia con tutti i suoi potenti mezzi. 3° -Avrebbe molto desiderio avere una risposta prima della sua partenza per Ginevra.

Continua col numero successivo (1).

(l) -Gruppo indecifrato. (3) -Il telegramma, redatto Il 1° aprile, parti !n realtà alle 2,15 del 2 aprile. (3) -Cfr. n. 827.

(l) Gruppo lndecifrato.

(1) Gruppo lndecifrato.

843

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1748/72 R. Ankara, 1° aprile 1935, ore 19,52 (per. ore 0,30 del 2).

Mio telegramma n. 71 (2). Parlerò anche con Ismet pascià, ma ritengo difficile averne diverse sia da lui sia da Tewfik Ruschdi bey dopo sentito Governo (3). Osservo:

a) Mie comunicazioni, stando a quanto telegrafato il 29 marzo con n. 70 (4) incrociatosi col telegramma di V. E. n. 33 (5), non sono giunte del tutto inattese ad Aras.

b) Vi è partita legata fra Jugoslavia e Turchia. Ne ho avuto sempre netta sensazione. Ora la prova (oltre da quanto detto da Karakhan ad Attolico (telespresso circolare ministeriale 208041 del 13 marzo) (6) viene anche da queste risposte e dall'avermi Tewfik Ruschdi bey detto che attualmente si svolgerebbero conversazioni tra Roma e Belgrado per conoscere la risposta definitiva della Jugoslavia rispetto al patto di non ingerenza. Se la risposta jugoslava sarà che la Turchia debba partecipare a tale patto, se ne avrà nuova prova. Trattasi quindi di una situazione diplomatica che, come ho pure detto essere mia subordinata opinione, non è più disgiungibile ma si può modificare solo accettandola in blocco. Sarò grato a V. E. se vorrà comunicarmi qualche cosa su queste asserite conversazioni e sul loro svolgersi specialmente su questo punto.

Malgrado la calda accoglienza fatta da Aras alle dichiarazioni di S. E.

Capo del Governo, l'infondato sospetto che l'Italia, trattando separatamente a

Belgrado ed a Angora voglia rompere il fronte ed il patto balcanico, può

sussistere ancora.

Nella supposizione di tale stupida persistenza mi sono sforzato di portare

accuratamente ogni argomento di provata evidenza.

parlare con Ismet pascià che iersera in casa mia. Egli si è dichiarato felice per le ripetute assicurazioni d! V. E. verso la Turchia. Ha aggiunto che Governo aveva approvato risposta datami da Aras ».

D) Vi è, secondo me, un costante e preciso contatto con Mosca, ed Aras risponde precisi consigli che gli vengono da colà. Rilevo aver egli detto che ora egli si adopera con ogni possibile attività per la ripresa delle relazioni diplomatiche fra la Jugoslavia e la Russia.

Il presente telegramma continua col n. 73 (1).

(l) -Cfr. n. 843. (2) -Cfr. n. 842. (3) -T. 1838/78 R. del 5 ,aprile, del quale s! pubbl!ca !l brano seguente: «Non ho potuto (4) -T. 1663/70 R. non pubblicato. (5) -Cfr. n. 827. · (6) -R!trasmissione del n. 663.
844

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1749/73 R. Ankara, 1° aprile 1935, ore 19,17 (per. ore 3,30 del 2).

Miei telegrammi nn. 71 e 72 (2).

V. E. mi darà in proposito e per la continuazione dei colloqui quelle istruzioni che crederà del caso. Forse erronea ma questa è la mia persuasione, giudico utile la continuazione delle trattative anche in sé e per sé.

Se V. E. crederà possibile mettere in esecuzione almeno in parte quelle eccezioni indicate nel telegramma cui rispondo, certo la possibilità di rapido progresso del negoziato sarà più probabile.

Quale primo passo in tal senso indicherei, subordinatamente, questa proposta:

a) Il progettato accordo sarà senz'altro aperto a tutti gli Stati vicini; b) dell'inizio del negoziato e dello svolgimento di esso gli Stati ad est dell'Italia saranno tenuti al corrente dalle due parti.

Ciò però sta in stretta relazione con l'ipotesi che la Jugoslavia consideri la partecipazione della Turchia al patto di non ing.erenza fra gli Stati dell'Europa centrale condizione si ne qua non per la sua [partecipazione].

Per la eventuale replica di V. E. ad Aras presento punto terzo del mio telegramma n. 71.

845

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AI MINISTRI A BELGRADO, VIOLA, E A TIRANA, INDELLI

T. PER CORRIERE 579 R. Roma, 1° aprile 1935, ore 20.

(Per Belgrado) Ho telegrafato R. legazione Tirana quanto segue:

(Per tutti) Suo telegramma 28 (3). V. S. può comunicare a Re Zog che nelle conversazioni che hanno avuto luogo tra R. Governo e quello jugoslavo

non è stato parlato dell'Albania. Notizie pubblicate da stampa europea al riguardo sono prive ogni fondamento. Né, se questioni che interessassero Albania dovessero essere trattate tra i due Governi, noi mancheremmo di tenere al corrente Re Zog nello spirito di collaborazione che presiede ai rapporti tra i due paesi.

(l) -Cfr. n. 844. (2) -Cfr. nn. 842 e 843. (3) -Cfr. n. 815.
846

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

.APPUNTO R. Roma, 1° aprile 1935.

È probabile che, nel prossimo convegno di Stresa, oltre a discutere delle principali quistioni di politica generale europea, si parli anche della questione etiopica.

Sembra anzi che sia nostro interesse di intrattenere su tale questione gli inglesi a Stresa -anziché a Ginevra -sia perché Stresa non sarà influenzata dal clima societario, sia per marcare il collegamento che esiste e deve esistere tra la questione etiopica e l'assieme dei problemi europei di carattere più generale a cui partecipiamo, sia infine per il peso tutto particolare che l'alta parola del Capo del Governo può avere sull'animo del Ministro inglese.

Il Governo britannico non considera con favore l'impresa abissina per varie ragioni. Non garba al Governo inglese che l'Italia s'installi sull'acrocoro etiopico a cavaliere della linea imperiale Cairo-Capo, e che essa venga a costituire, unendo l'Etiopia all'Eritrea e alla Somalia una grossa unità politica nella zona del Mar Rosso e la via delle Indie. Ci si preoccupa inoltre in Inghilterra delle «interferenze ~ di un'azione militare italiana in Etiopia con i principi di Ginevra, e si temono ripercussioni d'opinione pubblica e parlamentari (questo aspetto del problema è uno dei più gravi, ma sarà sopratutto questione di salvare la faccia). Si temono pure ripercussioni che una lotta che il Governo inglese prevede aspra e lunga tra una Nazione europea e l'Etiopia possa avere sulle popolazioni indigene africane nel senso di fomentare anche altrove velleità di rivolta. Infine si crede che, impossessandosi l'Italia dell'Etiopia, vi si istituisca un regime esclusivista e di frontiera chiusa, analogo a quello che, per motivi di carattere locale e contingente, manteniamo da qualche tempo alla frontiera tra il Somaliland e la Somalia (1).

Pur non potendosl affatto considerare cadute le prevenzioni e le preoccupazioni britanniche contro una Impresa Italiana in Etiopia, sl deduce da varll Indizi che l'atteggiamento al riguardo del Governo dl Londra non appare oggi così intransingente come pel passato.

Considerazioni di politica generale europea ed 11 prevalere del senso realistico Inglese, che, posto dl fronte a una situazione di fatto cerca dl trarne l oosslbi11 vantaggi, sono torse le ragioni che vanno inducendo Londra a non limitarsi a;d una sterile opposizione, ma ad accettare 11 suggerimento dl entrare in discussioni con noi: un sintomo di tale nuovo atteggiamento può vedersi nella recente costituzione di un comitato lntermlnlsteriale, al quale

A Stresa si potrebbe far intendere a Sir John Simon:

a) che l'Italia, di fronte all'atteggiamento intransigente dell'Etiopia, considera ormai inevitabile risolvere l'annoso problema etiopico (l'Inghilterra non ha ancora la sensazione sicura della nostra determinazione), garantendo cosi in modo definitivo alle proprie Colonie dell'Africa Orientale quella stessa «sicurezza » che ha rappresentato e rappresenta tanta parte nelle preoccupazioni degli Stati europei nel dopo guerra; ed apportando insieme nella regione etiopica quei benefici di vita civile e di sviluppo economico che gli Stati europei hanno ormai assicurati a quasi tutta l'Africa e dai quali l'Etiopia, per varie circostanze, è rimasta sino ad oggi esclusa;

b) che l'Italia non si lascerà fermare dalla procedura ginevrina. Il Patto della Società delle Nazioni presuppone, fra gli Stati elle vi aderiscono, un livello minimo di civiltà e gli attributi essenziali di uno Stato moderno. Tali condizioni non si verificano per l'Etiopa. È stato un errore aver fatto entrare a Ginevra l'Etiopia, come pure la Liberia: proprio la Gran Bretagna ebbe a suo tempo a sollevare obiezioni all'ingresso dell'Etiopia nella Società delle Nazioni, ed è stata pure la Gran Bretagna che ha, di recente, progettato l'eventualità di chiedere l'espulsione della Liberia da Ginevra. Applicare integralmente in ogni caso la lettera del Patto risulterebbe contrario al suo spirito ed agli scopi di pace, di solidarietà internazionale e di progresso civile che col Patto si vogliono raggiungere: summum jus, summa injuria. Comunque la Gran Bretagna, favorendo o lasciando soltanto agire la procedura ginevrina contro di noi, non otterrebbe che un risultato: *quello di aumentare le difficoltà che esistono in Europa, indebolendo quella solidarietà fra Stati che è necessaria per fronteggiare la situazione che creano tra l'altro e in particolare lo stato d'animo del popolo tedesco e l'atteggiamento di Hitler* (1).

c) I diritti e gli interessi britannici ed italiani in Etiopia non sono contrastanti, ma coordinabili. Esistono già dei trattati che generkamente sta-

partecipano rappresentanti del Foreign Offlce, del Colonia! Offlce e del war Office, col compito

di prendere In esame la questione etiopica.

Il Cons!gl!ere della R. Ambasciata a Londra ha altresì riferito che da! numerosi colloqui

avuti da lui al Foreign Off!ce è risultato che, In relazione alla questione etiopica, due sono

le preoccupazioni dominanti a Londra: l'una, di carattere generale, consiste nella considera

zione che n Governo britannico non desidera che un'azione armata italiana in Etiopia, compiuta

In apparente violazione del Patto, abbia ad Indebolire il prestigio della Istituzione ginevrina;

l'altra, di carattere particolare, e consiste nel timore che, impossessandosi l'Italia dell'Etiopia,

v! si istituisca da parte nostra un regime esclusivista tale da nuocere sia agi! Interessi generali

britannici che agli Interessi particolari delle confinanti colonie Inglesi, Sudan, Kenla, Somaiiiand.

È ovvio n nostro Interesse a rafforzare la nuova tendenza britannica, spingendo il Forelgn Off!ce ad entrare In discussione con noi, onde precisare, sulla base dei trattati esistenti, ! rispettivi Interessi In Etiopia ed esaminarne, agli effetti futuri, n coordinamento e l'armonizzazione, eliminando così, o quanto meno, attutendo, la preoccupazione Inglese circa nostre Intenzioni di adottare in Etiopia una politica di frontiera chiusa, analoga a quella che, per motivi d! carattere contingente, manteniamo da qualche tempo alla frontiera fra !l Somai1Iand e la Somalia.

La Direzione Generale Affar! Politici (Uff. III) si onora prospettare quanto precede all'E. V.,

particolarmente In vista dell'eventualità che nel prossimo convegno di Stresa venga, fra l'altro,

In discussione anche la questione etiopica. Per uno scambio generale di Idee sull'argomento

che svolgendosi a Stresa fra S. E. il Capo del Governo e il Ministro degli Esteri britannico par

rebbe quanto mal opportuno -la sede di Stresa sembra preferib!le a quella di Ginevra, sia

perché Stresa non sarà Influenzata dal clima socletario, sia perché noi desideriamo, In quanto

possibile, sottrarre la questione etiopica dall'ambito ginevrino, sia infine perché a Ginevra noi

abbiamo bisogno dell'appoggio britannico, come di quello francese, per continuare nella nostra

azione di carattere spicciolo, diretta a sfuggire alla procedura ginevrina, o quanto meno a

ritardarla».

biliscono i limiti di tali diritti ed interessi. L'entrata sin d'ora in discussione, per precisarli in ogrii eventualità futura, può eliminare la possibilità di contrasti, e rendere più agevole e rapido il compito dell'Italia; nonostante che quanto a quest'ultimo punto (azione italiana in Abissinia), nessun timore debba esservi che il problema etiopico distragga l'Italia da altri e più importanti problemi di carattere europeo o indebolisca l'efficienza delle misure che potessero essere decise dall'Italia, in relazione a tali problemi. Comunque l'Italia non intende adottare, nel garantire ed esercitare i propri diritti ed interessi in Etiopia, una politica di esclusivismo, ma lasciare che alla propria prevalente attività si coordinino le attività altrui (l).

Giudicherà V. E., giudicherà S. E. il Capo del Governo il conto da farsi di queste considerazioni. Le dichiarazioni che S. E. il Capo del Governo facesse a Simon:

-per fargli intendere la nostra determinazione irrevocabile;

-rassicurarlo sui diversi timori che la Gran Bretagna nutre sulla nostra azione; -mostrargli la possibilità di conciliare interessi italiani e inglesi; -sarebbero destinate ad avere una importanza fondamentale per lo svol

gimento della nostra azione politica e diplomatica, e anche nei riguardi dell'azione militare.

È certo d'altronde che, imbrogliandosi vieppiù la situazione generale europea, le possibilità di impedimenti e di ostacoli alla nostra azione abissina da parte altrui sembrano destinate -non ad accrescersi -ma a diminuire, seppure d'altro lato una situazione generale più grave aumenti le difficoltà militari e finanziarie per parare al fronte europeo e a quello abissino.

(l) Esiste una relazione dell'Ufficio III Affari Polltlcl, priva dl firma, che deve ritenersi una prima versione del presente appunto. Da qui in avanti relazione e a;ppunto sono simili. Si pubblica invece qui di seguito la prima parte della relazione che è diversa: «Secondo quantoha verbalmente riferito il Consigliere della R. Ambasciata a Londra, si va in questi ultimi giorni manifestando da parte del Forelgn Offlce una maggiore comprensione per il punto dl vista Italiano nella questione etiopica.

(l) Nella prima versione, invece del passo fra asterischi, si trova: "quello d! costringere l'Italia ad uscire dalla Società delle Nazioni, ciò che non potrebbe non avere Influenza sul prestigio e sulla vitalità della Lega "·

847

L'AMBASCIA,TORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

L. P. Londra, 28 marzo-1° aprile 1935.

Venerdì scorso avevo cominciato a scriverTi un rapporto, dopo avere ascoltato l'« inverosimile» discorso di Simon ai Comuni. Poi vi ho rinunciato. Dalla Tua voce al telefono ho capito anche troppo bene ciò che Tu pensavi della situazione e della condotta inglese in questo momento. Il Tuo giudizio era, come sempre, così lucido e definitivo da rendere superflua ogni mia impressione o commento. Non ho mai, come durante il breve periodo di tempo il quale va dalla metà di febbraio ad oggi (periodo di tempo che ha l'aria di

essere davvero un momento decisivo per la futura storia d'Europa) assistito all'incalzarsi di tanti errori diplomatici, uno più grosso dell'altro, da parte del Governo Britannico. Le contraddizioni più stridenti, le oscillazioni più irregolari, le conclusioni più illogiche, i calcoli più tortuosi, paradossali e imprudenti, tutto è venuto fuori in questi ultimi venti giorni da Downing Street, dal Foreign Office e dalla Camera dei Comuni. Non mi sono mai potuto rendere perfettamente conto, così come nei passati giorni, di quelle che furono le ..effettive responsabilità della Gran Bretagna allo scoppio della guerra del 1914. L'indecisione di quei giorni fatali (non dissimile dall'indecisione di oggi) deve aver dato allora alla temeraria e catafratta mentalità germanica la sensazione che la Germania poteva ormai tutto osare. La conseguenza è stata che la Gran Bretagna ha dovuto poi entrare nella guerra che molto probabilmente, con un contegno di tempestiva fermezza, avrebbe evitato. La situazione di oggi ha delle strane impressionanti analogie colla situazione di allora. Hitler oggi, come il Kaiser ieri, sono gli interpreti non degli interessi, bensì soltanto delle passioni del popolo tedesco. * Simone Lord Grey, liberali ambedue, furono e sono i rappresentanti di quell'ottimismo superficiale, decadente e pigro di una classe politica dirigente che volge al tramonto * (l). È questo il ragionamento che ho fatto e vado facendo a tutti gli inglesi avvicinati in questi giorni. Il viaggio di Simon a Berlino è un avvenimento che sarà un giorno collocato in un posto preciso, entro il quadro delle responsabilità e dei f;attori determinanti la prossima conflagrazione europea. Tutti qui sono d'accordo nel giudicare aspramente la condotta di Simon, ma poi gli stessi deputati che sono pronti a criticarlo, sono altrettanto pronti ad applaudiiilo dopo un discorso come quello fatto giovedì scorso ai Comuni. Simon non ha mai pronunciato un discorso più povero, ottenendo in pari tempo un maggior successo, e questo è un altro lato paradossale della situazione. In prima fila ad applaudire vi erano gli stessi deputati e giornali laburisti. Ciò non è apparso sgradito a Baldwin ed ai dirigenti del partito conservatore, per cui Simon è apparso come il Cavallo di Troia destinato a scompaginare i gruppi di opposizione con un'azione entro il loro stesso campo. Per gli Inglesi il dramma cui sta preparandosi l'Europa, e nel "quale essi saranno contro loro volontà coinvolti, 'altro non conta per ora se non come strumento di meschina tattica elettorale. Contro Simon e contro il Governo è oggi il vecchio Chamberlain, il quale aveva pronto un discorso da pronunciarsi, in netto contrasto con quello di Simon. L'intervento di Chamberlain nelle discussioni avrebbe probabilmente dato alla seduta un sapore interamente diverso; amici autorevoli si sono intromessi per dissuaderlo da un gesto che avrebbe messo il Governo in imbarazzo alla vigilia della partenza di Simon per Berlino, e così il discorso che doveva essere pronunciato ai Comuni è stato invece pronunciato oggi a Birmingham. Il discorso è tutta una coraggiosa filippica antitedesca ed una chiara rampogna a:lla stessa politica del Governo. Non mi meraviglierei se questo discorso di Chamberlain (che ho trasmesso telegraficamente) (2) assumesse nei giorni prossimi una particolare importama

e costituisse fra non molto un punto di partenza per una ripresa di quelle correnti antitedesche che sono tuttora vive nel paese. Chamberlain, che ho visto stamane, mi ha domandato che cosa Tu pensavi del suo discorso di Birmingham. Gli ho risposto che Tu, avendomi telefonato per altri motivi, mi avevi incaricato di congratularmi con Jui. Ne è stato, come puoi immaginare, soddisfatto e lusingato. Questo vecchio, bisogna riconoscerlo, gode ancora di un'autorità morale straordinaria, e n001 mi meraviglierei di vederlo ancora giocare qualche ruolo importante.

Questa l'atmosfera di venerdì, che !'·esito negativo degli incontri di Berlino ha già notevolmente cambiato. Ieri sera ho fatto un giro nei corridoi dei Comuni. Anche coloro che nulla si attendevano da questo incontro coi tedeschi, sono rimasti, bisogna dirlo, sconcertati dalla pericolosa, tracotante, temeraria audacia con cui Hi1ller ha parlato a S1mon. C'era ai Comuni ieri sera un senso di disorientamento e di malessere. Il Gabinetto era in quel momento riunito per ·ascoltare la relazione di Simon, tornato alle 4 del pomeriggio. C'è in giro, dopo le facili illusioni, un senso che è come di «congelamento». Ma non è il caso di farsi illusioni. Nel diagramma delle continue variazioni psicologiche di questa gente la linea stabile e definitiva appare ancora lontana. Tuttavia a qualche cosa la lezione di Berlino dovrà pur avere servito. Non su Simon, che io considero ormai come un elemento «perduto » ai fini di una politica europea realistica. Domani vedrò Simon e dopo Vansittart. L'uno dirà probabilmente il rovescio dell'altro. Ma prima ancora di essere messo al corrente delle contraddittorie versioni ufficiali sui colloqui di Berlino, ho voluto fissare queste telegrafiche impressioni. Te le mando così come sono.

1° aprile 1935

Tu Ti sei meravigliato, Duce, per il contenuto del mio lungo telegramma (l) nel quale ho cercato più che di riprodurre, di fotografare quello che Simon mi ha detto sul suo incontro con Hitler. Alle parole dettemi da Simon, non ho voluto aggiungere né le mi'e impressioni, né quella che è stata la mia naturale reazione con lui. E questo perché ho voluto darTi, senza rischiare di alterarne minimamente i contorni nella lQII'o nudità schematica, le parole di quest'uomo che, se 'rimarrà ancora a lungo alla testa della politica estera britannica, finirà col pesare in modo sinistro suùle sorti del suo paese e dell'Europa. Stresa è vicina ed occorre Tu abbia, nella loro assoluta completezza, tutti gli elementi di caa:'attere politico, ed anche psicologico, che possono comunque servire ad illuminare gli angoli, per cosi dire, di una situazione delicata come l'attuale. La missione Simon a Berlino ha prodotto indubbiamente un senso di delusione nel popolo mitannico, ma non altrettanto in Simon, il quale è tornato invece favorevolmente disposto verso i tedeschi, assai più favorevolmente si può ben dire, di quanto eg'li addirittura non fosse, quando è partito da Londra. Non credo che l'Italia e la Francia debbano contare gran che sul contributo che Simon potrà dare al Convegno di Stresa, e trovo

che Tu saggiamente, come sempre, fai beni,ssimo a non voler vedere sopravalutato in anticipo quello che, con un'Inghi'lterm responsabile e decisa, potrebbe essere veramente l'incontro diplomatico destinato a puntellare, e forse a srulvare, per parecchi anni l'Europa. Simon verrà a Stresa circondato da Eden e da alcuni funzionari del Foreign Office, l'uno e gli altri inviati da

Vansittart e da Baldwin per sorvegliarlo. In questi ultimi tempi, ma specialmente in questi ultimi quindici giorni, i rapporti personali, tra Simon e Eden, tra Simon e Vansittart, tra Simon e Baldwin e Mac Donald sono giunti ad un punto di tensione che non può a lungo durare. Vansittart, dal quale mi sono recato dopo il mio colloquio con Simon, si è espresso nei riguardi del suo Ministro in termini violenti, pregandomi di non dare né importanza né credito alle parole del Segretario di Stato, né a quelle che possono essere le sue impressioni della visita a Berlino. *Al Foreign Office si giunge persino a credere che Simon sia in contatti diretti con Hitler attraverso un altro liberale, Lord Lothian. Quest'ultimo, che controlla gli interessi finanziari del Times, è ,riuscito infatti a modificare in senso favorevole alla politica di Simon il massimo giornale britannico*. Vansittart finirà presto o tardi coll'avere ragione su Simon avendo dalla sua Baldwin e Eden (quest'ultimo sempre più indicato come il probabile successore di Simon), ma Vansittart resta il Sottosegretario Permanente del Foreign Office e nu1la più. La famosa nota britamnica a Berlino, nota che Tu, usando un eufemismo, hai definito «deplorevole ~. è stata scritta da Simon all''insaputa di Vansittart e da Simon portata al Foreign Office dopo l'approvazione del Gabinetto. Vansittart ha cercato di opporsi, ma la nota è partita ugualmente. Questa è, oggi, l'Inghilterra...

Ora si attende il ritorno di Eden, il quale è ricorso al trucco di recarsi direttamente da Berlino a Mosca senza ritornare a Londra, come Simon avrebbe voluto, allo scopo di poter agire a Mosca con maggiore iniziativa, senza cioè nuove e rigide istruz'ioni del Gabinetto. Questi, come ho telegrafato, avrà la sua prossima seduta venerdi. Vansittart, col quale abbiamo lungamente oggi discusso sulla necessità di una conveniente tempestiva preparazione diplomatica del Convegno di Stresa, presenterà al Consiglio dei Ministri un memorandum, il quale sarà illustrato dal Lord del Sigillo Privato. Domani vedrò nuovamente Simon per illustrargli i punti da Te fissati e comunicati al Governo Francese (l), e per invitarlo a precisare quello che egli pensa che debba essere fatto al prossimo Convegno di Stresa. Ma non è probabile che Simon si decida a «pensare ~ su quello che farà a Stresa se non, come sempre, all'ultimo momento. Non voglio insistere su un tono pessimistico che può apparire eccessivo, ma, a meno che Baldwin, spinto da Vansittart e da Eden, non si decida a intervenire con tutto il peso della sua autorità, nella seduta di venerdì, credo che arriveremo alla vigilia del Convegno di Stresa senza ottenere dal Governo Britannico di fissare in un modo definitivo la sua responsabilità e le sue idee. Quello che mi permetto di suggerire è che l'Italia e la Francia si presentino a Stresa con tm accordo completo su tutti i punti, in modo che Simon, invece di trovarsi nella facile posizione del mediatore

degli interessi altrui, si trovi questa volta davanti un blocco di volontà precostituite, e non gli rimanga se non l'alternativa di accettare o di lasciare. Simon non oserà, ne sono convinto, di tornare in Inghilterra coll'apparenza di uno scacco diplomatico personale. Egli sa che può fare la sua politica con Berlino sopratutto perché qui si ritiene che eglli non abbia perduto la fiducia di Roma e di Parigi. Mi domando se non sia giunto il momento, e questo momento non sia proprio a Stresa, di costringere Simon a giocare a carte scoperte.

(l) La prima versione del documento termina qui con Il seguente capoverso: «Dichiarazioni di tale genere fatte dal Capo del Governo e Sir John Slmon potrebbero avere un effetto determinante per agevolare l'evoluzione dell'atteggiamento britannico; ed avviare quindi a quell'accordo con l'Inghilterra, che parrebbe quanto mal opportuno, per compiere senza eccessivo sforzo di uomini o d! mezzi l'impresa etiopica ».

(l) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolinl. (2) -T. 1235/174 R. del 23 marzo, non pubblicato.

(l) C!r. nn. 832 e 833.

(l) Cfr. n. 837.

848

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1760/171 R. Parigi, 2 aprile 1935, ore 20 (per. ore 24J.

Telegramma di V. E. n. 157 (1).

Preparazione convegno Stresa.

Cinque punti costà prospettati all'ambasciatore di Francia sono allo studio al Quai d'Orsay. Léger mi ha dichiamto che può assicurarmi della concordanza di vedute della Francia circa paragrafo 1° e 2°. A proposito del paragrafo 3° il mio interlocutore ha osservato che la Francia ha già preso posizione contro il decreto del 16 marzo ricorrendo alla S.d.N.

Memorandum che la Francia presenterà a Ginevra non è pronto.

Sarà comunicato a V. E. a Stresa e sarà presentato al:la S.d.N. possibilmente soltanto 48 or,e prima dell'apertura della sessione. Memorandum si limiterà a denunziare violazione del trattato da parte deHa Germania. Ho insistito per sapere quale atteggiamento assumerà la Francia nella discussione che seguirà in seno al Consiglio della S.d.N. Léger mi ha risposto che il Consiglio non si è ancora occupato della cosa, perché H Quai d'Orsay non ha finora determinato linea di condotta.

Ne chiederò a Lava:l.

Circa paragrafo 4° mio interlocutore mi ha detto che Qual d'Orsay si è trovato dd. fronte a un fatto nuovo ossia alla decisione recentissima dei tre Governi della Piccola Intesa dichiaratisi ostili a qualsiasi riarmo dei piccoli Stati disarmati per trattato.

Notizia è stata portata a Pard.gi da Titulescu.

Ho osservato che era davvero inconcepibile atteggiamento dei balcanici i quali contribuivano ad aggravare con loro intransigenza una situazione già di per sé seria ed imbrogliata.

Léger ha replicato che Ia Francia si trova in una pos~zione delicata, perché avendo protestato per l'infrazione ai trattati della Germania, non poteva, spingendo Picco1a Intesa a consentire al riarmo di alcuni Stati, avvalorare tesi che l'atto della Germania avesse comunque giovato a qualche cosa.

Anche di questo parlerò a Lavai.

Per quanto riguarda paragrafo 5° ed ultimo, segretario generale del Quai d'Orsay mi ha dichiM'ato che qui sono pronti e desiderosi di portare innanzi studio della procedura di realizzazione degli accordi di Roma.

(l) Protocollo particolare per Parigi del t. di eu! alla nota 2 al n. 837.

849

IL MINISTRO AL CAIRO, PAGLIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1757/99 R. Cairo, 2 aprile 1935, ore 21 (per. ore 24).

Trasmetto con riserva di ulteriore controllo notizia fornitami da mio informatore impiegato patriarcato copto, secondo 11 quale Amba Johannes avrebbe ricevuto sollecitazione da Imperatore etiopico intervenire presso Re Fuad affinché questo si interponga presso il Re d'Italia non muovergli guerra, come pure agire presso il Residente britannico.

Patriarca copto av,rebbe oggi fatto sondare questo So'."rano se poteva sottomettergli richiesta.

850

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, E AI MINISTRI A BERNA, MARCHI, A COPENAGHEN, CAPASSO, E A PRAGA, ROCCO (l)

T. 592/c. R. Roma, 2 aprile 1935.

Risulta in maniera precisa al Governo italiano che le fabbrliche d'armi del Belgio, Cecoslovacchia, S'."izzera e Danimarca hanno mandato ingenti quantitativi di armi al Governo etiopico. Faccia d'urgenza un passo formale presso codesto Governo, sottolineando che tali forniture all'Etiopia, potrebbero seriamente pesare nei rappoDti politico-diplomatici fra Belgio, Cecoslovacchia, Svizzera, Danimarca e Italia ed influire quando fossero note al pubblico itaJ.iano sui rapporti fra le due nazioni. Tale passo deve essere compiuto nella maniera più energica.

Riferisca.

(l) Minuta autografa.

851

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 2 aprile 1935.

Mi permetto sottoporre a V. E. quallche breve considerazione suH'attuale momento politico.

Le grandi Potenze di Europa vanno a Stresa tutte egualmente convinte di una stessa verità, che cioè la Germania è una caldaia sotto pressione. Discordano però sull'attitudine da assumere per arginare il pericolo.

I tre grossi imperiadismi conservatD'l"i -Franciar Inghilterra e Russia sembra concordino nel:la intenzione di difendersi comprimendo l'espansionismo tedesco f1ino ai limiti del possibile o, in ultima analisi, di !asciarlo sfogare, come male minore, nella direzione in cui i loro interessi sono meno minacciati. *È di speciale importanza per noi la circostanza che l'Europa centrale e balcanica non rappresenta per nessuno di loro la sfera degli inter·essi vitali da difendere in qualunque momento anche a costo di una guerra* (1).

Dato il probabile formarsi di questo blocco -di fatto, se non di diritto di concordanti egoismi, l'Italia non conservatrice, perché nulla ha da conservare, si trova nella situazione di avere un limitato interesse a montare la guardia armata a ricchezze non sue, contro le voglie di un affamato -al quale in ogni caso nulla è possibile togliere -e nel:lo stesso tempo nella situazione di non poter nemmeno unire i suoii. sforzi a quelli di questo affamato, anch'esso come lei in cerca di espansione, sia perché esso è intrattabile se non sente la forza e sia perché, in parte spontaneamente e in parte perché costretto, esso tende a sfondare proprio il muro di difesa del nostro Meditevraneo.

In queste condizioni, dato che sembra poco sperabile poter distogliere Francia, Russia e Inghilterra dal programma di un patto orientale, che nella forma di mutua assistenza è contrario ai nostlli. interessi e che comunque viene a svalutare i:l peso di un apporto italiano, può sembrare consigliabile per noi attenerci ai seguenti obiettivi politici, che meg:lio appaiono adattarsi all'attuale realtà della situazione:

l) a probabili richieste da parte inglese, e specialmente francese, di nuovi impegni nostl"'i in difesa anti-germanica, rispondere solo alla condizione e fino al limite dell'assunzione da parte loro di analoghi e conrispettivi impegni di difesa delle nostre posizioni •centroeuropee *.

2) spingere a fondo la costituzione di una nostra autonoma difesa, pr•ima che ciò sia tardi. E cioè spingere a fondo l'intesa con i soli paesi che possono avere, come noi, 11 loro massimo interesse alla conservazione dell'Austria e alla difesa del Mediterraneo contro l'espansione tedesca. Avremmo così la nostra barriera e conseguentemente la nostra autonomia politica.

A questo riguardo è da notare che anche la politica polacca accenna ad assumere per noi una speciale importanza.

3) Tendere a rimettere in discussione la questione dei mandati, sia per servircene come mezzo di manov,ra, sia per fare un tentativo per assdcurare a·Jila Germania uno sfogo in direzione per noi meno pericolosa e sia ancora per cercare di ingranarvi le nostre pretese, con speciale riferimento * ad una eventuale soluzione mandataria della questione etiopica, che potrebbe presentare un notevole interesse anche per gli altri *.

Occorre però confessare che appare più che dubbio che l'Inghilterra acconsenta a vedere la Germania riprendere la via degli Oceani.

4) * Rinforzarci contro la Germania*, perché altrimenti con essa non si è in condizione di trattare, ma nello stesso tempo mantenere prudenzialmente la porta aperta, o per lo meno socchiusa, alla eventualità di una ripresa delle discussioni fra noi due H giorno, vicino o lontano, in cui ciò potesse apparirci utile o necessario.

A tal fine potrebbe forse essere conveniente di risollevare al momento opportuno il problema della revisione del Patto della Società delle Nazioni, nei cui mguardi le tendenze italiana e tedesca sono identiche.

5) Considerare con prudente scetticismo la convenienza di concedere il riarmo ag,li altri Stati disarmati.

Queste brevi considerazioni sono fatte non perdendo di vista la meta ultima di quel Patto a quattro ideato da V. E., che sarebbe la salvezza dell'Europa se un giorno potesse divenire l'alto consesso di quattro imperialismi non più in lotta l'uno contro l'altro, ma uniti dal cemento del comune interesse della loro offesa e difesa imperiale contro gli altri continenti.

Le forze tumultuanti della politica europea, oggi sovvertitrici e scambievolmente neutralizzatrici perché centripete, diverrebbero allora beneficamente costruttrici e pacificatricli perché, divenendo centrifughe, diverrebbero anche concordi.

(l) I passi f:ra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini. Cfr. il seguente brano del Journal di Aloisi in data 4 aprile: «Le duce a approuvé !es idées sur la rencontre de Stresa exposées d!l.ns mon rapport ».

852

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO R. Roma, 2 aprile 1935.

In relazione alle indicazioni di V. E. relative all'incontro di Stresa, la Direzione Generale degli Affam Politici, sulla base degli elementi a sua disposizione, ha l'onore di sottoporre all'esame dell'E. V. le seguenti considerazioni:

l) Riarmo degli Stati minori. -Se sarà relativamente facile ottenere l'adesione di prdncipio da parte della Francia e dell'Inghilterra al riarmo, sia pure gmduato e condizionale dell'Austria, dell'Ungheria e della Bulgaria, occorre contare sulle maggiori reticenze, in sede di discussione e di attuazione pratica del riarmo stesso, da parte della Francia, la quale particolarmente in questo momento, dovrà tenere conto delle resistenze e delle difficoltà che saranno sollevate daLl'Intesa Balcanica e dalla Piccola Intesa. È pure presumibile che l'Inghilterra, in conformità del resto della comunicazione fattaci di recente, confermi la sua adesione al principio del ria-rmo, ma insista in pari tempo sul concetto che non conviene sollevare la questione in questo momento per evitare di creare nuove difficoltà.

Il massimo che si potrà ottenere sarà probabilmente un accordo fra le tre Potenze per un'azione diplomatica da svolgere presso le Potenze interessate, al fine di indurre:

-le une a consentire al riarmo degli Stati minori, limitando le garanzie di sicurezza e di controllo che esse potranno rtchiedere come contropartita;

-le altre ad accettare di forntre qualche garanzia di sicurezza.

Azione questa verso i due gruppi di Stati già di per se stessa non facile, ma che sarebbe resa anche più complessa qualora, a Stresa, come è stato ventilato, si volessero gettare le basi di un blocco politico e rrui.litare in funzione antitedesca. In questo caso sarebbe probabile che né 1a Francia né l'U.R.S.S. rinuncerebbero a farvi aderire la Piccola Intesa e l'Intesa Balcanica; queste alla loro volta condizionerebbero la loro adesione a sempre maggiori assicurazioni nei riguardi dell'Ungheria e della Bulgaria: né sembra, almeno a quanto risulta finora, che esse siano disposte, anche nella nuova situazione creatasi dopo il decreto germanico deJ 16 marzo, a frure maggiori concessioni che pel passato.

Potrebbe quindi essere opportuno puntare a Stresa piuttosto che su una precisa dichiarazione itala-franco-inglese, di cui del resto secondo le indicazioni ricevute si acclude un progetto di testo, su di un impegno delle tre Potenze nel senso indicato di sopra, impegno del quale potrebbe essere fatta menzione nel comunicato conclusivo della riunione, ad agire poi diplomaticamente di conseguenza e di concerto.

2) Patto di mutua assistenza italo-jrancese o italo-jranco-inglese e stato di allarme. -Secondo le informazioni in possesso della Direzione Generale A.P., sembra assolutamente da escludere che l'Inghilterra possa aderire ad un Patto di mutua assistenza tra Francia, Inghd'lterra ed Italia, e tanto meno ad un patto o ad una dichiarazione di stato di alla-rme che comprenda misure o possibilità di rito,rsione verso la Germania. È istruttivo al riguardo il comunicato relativo all'incontro Eden-Stalin etc. L'Inghilterra potrebbe invece aderire a qualche forma elastica di conswlta2li.one: una dichiarazione piuttosto che un patto: il che non avrà che un valore molto relativo. Ma non è da aspettarsi niente che vincoli la Gran Bretagna ad una determinata azione in determinate eventualità. Sarebbe azzardato pensare che l'Inghilterra consideri Stresa come una riunione destinata a portare a decisioni concrete. Il Governo inglese, al pari di queUo che noi pensiamo, intende la Conferenza di Stresa più come uno scambio di vedute e di informazioni, che una riunione destinata a portare a decisioni concrete: un'occasione propizia per una riaffermazione solenne di generica solidarietà: un punto di partenza per un'eventuale azione politica, non un punto di arrivo.

Resta da vedere se non sia invece possibhle di fare qualche cosa di più con la Francia. Ma non sembra probabile che neanche la Francda sia disposta, senz'altro, ad aderire ad un patto di mutua assistenza itala-francese e ad uno stato di allarme. In ogni caso è da ritenere che la Francia probabHmente non accetterebbe accordi precisi e quindi impegnativi, ma solo qualche documento a sfondo soc,ietario. La Francia poi vorrà tira'r dentro in qualsiasi impegno anche la Picco:la Intesa. D'altronde, secondo quanto ha sempre riferito il R. Ambasciatore a Parigi, esistono ancora in Francia delle tendenze per un accomodamento con la Germania. Ciò non esclude tuttavia che gli svLluppd della situazione possano portare la Francda ad una precisa azione politka e quindi ad ·impegni precisi, ma non pare che, specie per lo «stato di a;llarme » questo possa avvenire a Stresa stessa.

La Germania !imbaldanzita dal successo della Saar e dal suo nuovo Statuto militare, gravita con la sua tracotanza e col suo peso sulle sue varie frontiere. È fatale -se anche in definitiva improvvido -che per motivi di immediato tornaconto, ogni Paese tenti lil possibile per deviare la pressione magg.iore in quel senso che meno dLrettamente e immediatamente lo preoccupa e che anche politicamente e diplomaticamente preferisca che sia il vicino ad esporsi aLl'urto tedesco. Così oggi (e insieme con altri fattord storici, ecc.) in prima linea delle preoccupazioni francesi sta la zona demilitarizzata; l'U.R.S.S. si preoccupa a sua volta principalmente deUa situaz·ione dell'Europa Orientale; e noi guardiamo sopratutto all'Austria.

Per quanto riguarda la zona demilitarizzata, la Francia, pur desiderando di megilio precisare le garanzie che ha di già, ritiene di essere largamente coperta dagli Accordi di Locarno. Quanto all'Europa Orientale, sembra ormai certo, dopo i colloqui di Eden a Mosca, che l'Inghilterra -pur senza contrrurre impegni -è contraria a lasciare mano libera alla Germania da quel lato. Quanto infine all'Austria, l'Inghiil.terra prende, più su più giù, la stessa posizione che per l'Europa Orientaile; e la Francia ha firmato con noi il Protocollo di consultazione del 7 gennaio 1935. Ma l'Austria resta lo stesso un punto di minore resistenza, giacché in quel settore, allo stato attuale delle cose, una soluzione favorevole agli interessi tedeschi si presenta possibile senza che sia assolutamente necessrurio rtcorrere all'impiego deùla forza (elezioni ecc.). Un patto di mutua assistenza itala-francese per l'Austria rappresenterebbe indubbiamente un elemento rassicurante per noi già impegnati con Locarno a garantire la frontiera occidentale francese. È certo preciso interesse italiano di impegnare quanto più possibile la Francia --e potendo l'Inghilterra -nei riguardi dell'Austria. In particolare potrebbe convenirci di far sentire alla Francia che la nostra interpretazione degli obblighi che ci possono derivare dai Trattati di Locarno nei rigururdi di un'eventuale violazione della zona demilitarizzata -sia in funzione del Trattato di Locarno per sé, sia in relazione alla conclusione del Patto Orientale -sarà tanto più precdsa quanto saranno più larghi e precisi gli impegni che la Francia sarà disposta ad assumere verso di noi per l'Austria nel campo, o1tre che politico, militare.

3) Dichiarazione relativa all'Austria. -Una dichiarazione relativa all'Austria, se deve essere accettata anche dall'Inghi[terra, è difficile, se non impossibile, che si spinga sostanzialmente al di là di quanto è stato già fatto a Roma ed a Londra in occasione dell'incontro Laval-Mussolini e LavalSimon. Agli effetti pratici (militari) essa resterà quindi ben poca cosa.

È più dal Iato Francia che converrà rivolgerei. Al riguardo importa badare sopratutto alle due seguenti eventualità che sembrano presentemente le più probabili. È da prevedere infatti che la crisi austriaca, se dovesse verificarsi in un avvenire prossimo, non avverrebbe rn seguito ad un atto di forza, sia esterno che interno, ma piuttosto come conseguenza di un collasso dell'attuale regime.

Le due ipotesi sono queste:

a) Che si installi a Vienna, più o meno pacificamente, un Governo nazional-socialista il cui primo atto sia ad es. una dichiarazione per il mantenimento dell'indipendenza dell'Austria: quanto è accaduto a Danzica non permette di escludere una simile possibilità. Non sembra azzardata l'ipotesi che in tal caso l'Inghilterra non farebbe niente. Né è certo, è anzi probabile che neanche la Francia farebbe niente di concreto almeno direttamente. Dal pro-memoria preparato dal Quai d'Orsay in occasione dell'incontro di Parigi tra V. E., Lavai e Eden, si ..deduce infatti che in tal caso la Francia intenderebbe lasciare all'Italia ed alla Piccola Intesa ogni compito attivo e fattivo: e questo è troppo poco.

b) Seconda ipotesi. La soluzione della situazione interna austriaca si imposta-non ufficialmente dalla Germania, ma nell',interno dell'Austria per forza oltre che di propaganda, degli avvenimenti (come sembra del resto sia intenzione dei nazional-sociaHsti, sia dti Germania che di Austria) sulla questione delle elezioni. Sarebbero disposte Inghilterra e Francia ad opporvisi, ed in qual modo e misura, speoie qualora le elezioni fosse.ro reclamate in base al principio dell'autodecisione dei popoli? Credono esse di poter resistere, specialmente l'Inghilterra, ad eventuali pressioni della loro opinione pubblica in tal senso?

Si potrà anche esaminare il problema della restaurazione degU Absburgo. Degli Absburgo non presi come imperatori, ma come re dell'Austria (Arciduchi, sarebbe fare il giuoco tedesco). Per varie ragioni (direzione in cui si muovono gli ordinamenti stata1i nei vari Paesi ecc.) la restaurazione degli Absburgo non potrebbe essere considerata però in ogni caso che come un paUativo. Ma oggi come si pone la questione austriaca, e se la non imposti e la non si possa mantenere come ques1Jione di forza, il problema non è tanto di risolverla una volta per sempre, quanto quello di res,istere più lungo tempo possibile e di rimandare la crisi anche in vista di poter un giorno in qualche modo negoziare tale questione. La questione degli Absbu. ·go presenta vari aspetti e merita comunque di essere studiata senza preconcetti. Ciò di cui bisognerebbe far persuasi tuttavia anche gli Stati della Piccola II, '.esa sia direttamente, sia persuadendo Inghmerra e Francia.

Sono questi punti che occorrerà discutere e Kecisare con la Francia prima di metterei noi sulla via di ulterior,i impegni con 1>arigi; ed impegnare su di essi (sui primi due) quanto più possibile Parigi.

62 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Per l'Inghilterra, e come si è osservato, non sembra neanche sia il caso di pensare ad ottenere in ogni caso oggi qualcosa di simile. È interessante di considerare tuttav[a ne'i riguardi inglesi le ripercussioni su Londra di impegni che 1a Francia prendesse in tal senso. A Mosca sembra si sia precisato, da parte inglese, che qualora la Francia dovesse attaccare la Germania per venire in soccorso alla Russia, Londra non considererebbe tale eventualità come un'aggressione, ai fw ·del funzionamento di Locarno: essa resterebbe neutrale. Converrebbe almeno ottenere altrettanto sempre nei riguardi di Locarno, qualora la Francia impegnandosi con noi per l'Austr,ia attaccasse poi la Germania per venire in soccorso del<l'Italia impegnata per l'Austria contro la Germaillia.

4) Riarmo della Germania. -Per ragioni storiche e per la maggiore sensibilità della sua opinione pubblica in argomento è la Francia che sarà portata a prendere l'iniziativa di qualsiasi forma di resistenza all'accettazione del fatto compiuto. L'Inghilterra, sebbene abbia ormai le sue preoccupazioni in proposito, la seguirà più per quanto riguarda il campo aereo e navale che per g1i armament>i terrestm. Noi siamo legati con la Francia dagli Accordi del 7 gennaio che prevedono la reciproca consulta~ione ecc. In quanto possibile, dovremo servirei di questa quistione come materia di scambio per portare la Francia ad impegni più precisi nei riguardi dell'Austria. Però più che inutHi intimazioni a non attuare il programma annunciato e quindi a schemi di disarmo cari a Mac Donald e a Simon, la via da seguire sarà fatalmente un programma contrapposto di armamenti da parte nostra e altrui.

5) Patto Danubiano -Patto Orientale. -È ormai chiaro che la Francia intende portare avanti, e rapidamente, sia il Patto Orientale che quello Danubiano anche senza la Germania, limitandosi a !asciarli aperti ad una sua eventuale adesione. Dai colloqui avuti da Eden a Mosca e dal comunicato relativo risulta pure che nnghilterra ha desistito dalla sua opposizione al Patto anche senza la Germania. È inoltre nei pensiero sia francese che russo che i due Patti si orientino nel senso dell'assistenza mutua. Il Patto Orientale e il Patto Danubiano sono, in linea teorica, due cose distinte: ma dato che numerosi sono gli Stati i quali saranno chiamati a far parte sia dell'uno che dell'altro, essi finiscono, in pratica, per essere connessi. I due Patti rappresentano que1lo che nel comunicato di Mosca si chiama l'organizzazione collettiva della sicurezza.

Essi corrispondono a quella ideologia teorica che si riconnette al Patto de1la Soeietà delle Nazioni e al Patto Briand-Kellogg e che risponde poi direttamente agli interessi f·rancesi ed ingles•i: essi rappresentano una politica cioè che in qualche modo e per certi versi poteva essere sostenuta e attuata finché si poteva ragionevolmente sperare nena partecipazione d!Ì tutm e in primo luogo della Germania a questa opera di collaborazione generale. Ma oggi, e specialmente dopo il decreto del 16 marzo, bisogno riconoscere che questa speranza, almeno per quanto riguarda l'avvenire prossimo, si avvia a diventare sempre più illusoria. La politica tendente a raggruppare intorno a Patti a portata e finaUtà non bene precisate, Stati i cui interessi non sono per lo meno sempre convergenti, ha fatto il suo tempo. In presenza di una situazione quaàe l'attuaàe, che non esclude cioè la possibilità che a un dato momento si debba ricorrere anche alla guerra, anche Francia e Inghilterra dovranno ogni giorno di più adattarsi a considera;re le cose con senso realistico, esaminare cioè la situazione e gli interessi dei vard Stati, uno per uno, e vedere che cosa possa essere fatto nei riguardi di questo o quello Stato per avvincerH solidamente. La Francia non può seriamente pensare a spaventare la Germlllnia accumulando le fdrme i:n calce ai Patti: è doveroso supporre che anche la Germania sia in grado di rendersi conto di quello che in pratica ta;li Patti rappresentano.

Contare sul concorso militare della Russia, per una guerra con la Germania, ad eccezione del caso, del resto poco probabhle, che essa sia direttamente attaccata, è farsd delle illusioni (la Russia è e resta comunista). La Polonia invece, con una politica abile, potrebbe essere r·iportata ad essere un a;lleato, non della Germania, ma in definitiva contro di essa. (l suoi interess·i diretti la portano a guardarsi e dalla Germania e dalla Russia).

In caso di guerra per arrestare la marcia della Germania verso il sud si può contare sulla Cecoslovacchia per ragioni di interesse per lei vitali. Se si possa contare sulla Jugoslavia, dipenderà dalla possibilità che la politica adombrata a;ll'inizio de1la missione del nuovo Ministro a Belgrado venga continuata e sviluppata. Non si può invece contare sul concorso mHitare, quali che siano i Patti sottoscritti, de1la Romania, della Turchia e della Grecia.

La conclusione a cui si giunge è che sarebbe ancora prematuro voltare la faccia alle formule e all'impostazione forma;le di tipo societario; che è altrettanto e più che mai necessario però, introdurre lliCCanto agli accordi che si inspirano a;lla politica di facciata, altri accordi basati su reali concordanze di interessi: continuare e sviluppare cioè il cr.iterio a cui si inspira il Protoco1lo del 7 gennaio che se da un Iato ammette e riconosce So·cietà delle Nazioni e Patti colLettivi, dall'altro introduce un impegno più preciso itala-francese quale quello della consultazione sulle misure da prendere, impegno che si tratterebbe appunto di allargare e consolidare. Questa linea di condotta è del resto opportuna in quanto Francia ed Inghilterra sono obbligate per ragioni di politica interna a non troppo discostarsi da tutta l'impostazione so-cietaria e collettiva.

Conclusioni.

l) Stresa, come è già stato autorevolmente indicato, non è punto di anivo. Piuttosto di partenza. L'avviamento ad una più intensa azione poUtica e diplomatica.

2) Nella presente situaz·ione la questione che in questo momento ci tocca più direttamente è l'Austria; essa è a così dire la nostra zona demilitarizzata: dobbiamo cercare di raccogliere intorno all'Austria il massimo possibile di consensi e non solo politici, ma militari, sda per allontanare, da quel settore, la pressione tedesca, sia per avere con noi, occorrendo, quanto più forze disponibili da oppor.re aLla Germania.

3) La difesa dell'Austria è oltre tutto per noi, data Ja posdzione assunta, un tema a rime obbligate. Ma l'attuale periodo è eminentemente un periodo di transizione. Da una situazione europea retta dal Covenant, si sta passando ad una situazione europea retta dall'equilibrio delle forze. Appare forse prematuro di determinare fin d'ora gli attegg,iamenti ultimi e le posizioni definitive che prenderemo. La posizione presa a sostegno dell'Austria e il contrasto con la Germania sono qutndi destinati attualmente ad avere anzitutto e sopratutto valore tattico, che non ci impedisca a tempo e a Jungo la voluta libertà di manovra e le decistoni. ultime.

4) Per l'Austria non possiamo contare sull'Inghilterra. La Francia stessa cerca di concentrare in altri settori i suoi sfon~i. Occorre far intravvedere alla Francia fino a qual punto noi siamo disposti ad impegnarci per le questioni che maggiormente la inte,ressano e subordinare poi la misura di questi nostri impegni alla misura degli impegni che la Francia sarà disposta ad assumere verso di noi per l'Austria. Analogo atteggiamento dovremo tenere nei riguardi di altri Stati (Cecoslovacchia, Jugoslavia) il cui ·concorso possa riuscirei utile sempre ai fini della questione austriaca. A questo scopo noi dovremo puntare -e non nascondere di farlo -sui singoli Stati e non su sistemi politici -Piccola Intesa od Intesa Balcanica -senza però con ciò darci l'aria di volere dislocare questi sistemi. Se questo potrà avvenire, di fatto ciò sarà tanto più facile quanto meno mostreremo di volerlo fare.

853

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 2 aprile 1935.

Il Governo austriaco fa sapere che in una conversazione che ha avuto luogo a Praga fra Benès e il Ministro d'Ungheria, Benès si sarebbe espresso contro la restaurazione absburgica, e av,rebbe aggiunto che la Jugoslavia sarebbe essa pure non solo contrruria alla restaurazione, ma -ove questa si verificasse interverrebbe militarmente. La Jugoslavia -sono sempre parole di Benès sarebbe am~i favorevole all'Anschluss.

Questa conversazione è stata riferita dal Ministro d'Ungheria al Ministro d'Austria a Praga, e H Governo austriaco ha fatto a sua volta chiedere dal proprio Ministro a Belgrado se sia esatto che la Jugoslavia sarebbe favorevole all' Anschluss.

La Legazione d'Austria si riserva di far conoscere l'esito di questo passo.

854

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1780/172 R. Parigi, 3 aprile 1935, ore 14 (per. ore 16,30).

Alcuni giornali di Parigi hanno accennato a modificazioni che sarebbero apportate al principio informativo del patto orientale per il fatto dell'eventuale mancata partecipazione della Germania.

Ho domandato al segretario generale del Quai d'Orsay quanto vi fosse

di vero.

Léger si è schermito dal darmi una risposta precisa.

Mi ha ri:petuto che la Francia attende r.isposta alla sua ultima e non

recente comunicazione al Reich.

A Berlino è stato detto ai ministri ingle,si che la risposta sarà data.

D'altra parte, ha soggiunto il mio interlocutore, il Quai d'Orsay non ha

finora informazioni sui colloqui di Mosca e dovrà attendere anche il risultato

di quelli di Varsavia in corso.

Anche sui colloqui di Berlino Quai d'Orsay è scarsamente informato e sa

ben poco all'infuori di quanto Simon ha dichiarato all'ambasciatore di Francia

a Berlino.

In queste condizioni Governo francese non ha preso e non poteva pren

dere del resto alcuna decisione.

Ho osservato che le voci insistenti che corrono negli ambienti politici e di

stampa non sono certo campate in aria. Esse hanno probabilmente loro origine

nell'ambiente stesso del Quai d'Orsay.

Segretario generale ha insistito col dire che non vi è nulla di mutato nel senso che Quai d'Orsay è in attesa di possedere tutti gli elementi di giudizio per scegliere poi via da seguire.

II telegramma continua col n. di protocollo 177 (l).

855

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1797/80 R. Mosca, 3 aprile 1935, ore 14,58 (per. ore 19,45).

Con cor,riere speciale (Berardis) partito iersera e arrivante costà il 5 mattina, ho inviato a V. E. un mio rapporto (2) sul nuovo atteggiamento che l'Inghilterra -come conseguenza nuova situazione internazionale -si prepara ad assumere di fronte patto orientale.

Dato che «benedizione» inglese al patto orientale fu originariamente data di pieno accordo con l'Italia, si è da domandarsi se non sarebbe bene che l'Inghilterra, prima di adottare ufficialmente in materia una attitudine nuova e diversa, si consultasse nuovamente con noi. Nessuna occasione più adatta per una siffatta consultazione di quella offerta dalla conferenza di Stresa.

Permettomi rispettosamente richiamare l'attenzione dell'E. V. sulla opportunità che forse vi sarebbe di prendere qualche misura precauzionale in questo senso.

(l) -Cfr. n. 856. (2) -Non pubblicato.
856

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1791/177 R. Parigi, 3 aprile 1935, ore 21,15 (per. ore 23).

Presente telegramma fa seguito a queHo n. 172 (1).

Ha ammesso però che tanto ministro degli affari esteri quanto lui stesso potevano, in via di conversazioni, avere emesso opinione che, venendo a mancare partec,ipazione della Germania, patto di mutua assistenza avrebbe perduto la sua base poiché non sussisterebbe per i rimanenti Stati partecipanti al patto stesso la necessità vincolarsi con un acco,rdo di mutua assistenza.

Per queste ragioni, ha precisato Léger, si era pensato che converrebbe forse profittare dell'opportunità per dare portata ed efficacia pratica alle disposizioni degli articoli 16 e 17 del patto della Società delle Nazioni.

Ho domandato a<l segretario generale se imbastitura del nuovo accordo sarebbe stata la stessa del patto di mutua assistenza.

Léger ha ripetuto che si trattava soltanto di il.dee che debbono essere elaborate e sulle quali Governo sovietico non ha avuto ancora occasione di pronunciarsi. Mi è sembrato tuttavia comprendere che al Quai d'Orsay si pensi dare al nuovo accordo forma bilaterale limitata almeno in un primo tempo alla Francia e alla Russia; mi è sembrato inoltre comprendere che non si dispera qui che ad un accordo di questo genere possa in avvenire interessarsi anche l'Italia, qualora vedesse la convenienza di un accordo con l'U.R.S.S. per la reciproca difesa contro un attacco tedesco.

Per quello che riguarda l'efficienza dell'U.R.S.S. nello scacchiere europeo, Léger si è dichiarato convinto che le relazioni russo-giapponesi siano in via di migUoramento. Egli mi ha detto che il Giappone ha lasciato momento opportuno per attaccare la Russia, la quale presentemente ricerca senza dubbio accordo.

Osservo che soltanto un mese fa Léger aveva sulla questione un'opinione opposta a quella di oggi. Glie l'ho detto discretamente, ma ha finito di non comprendere.

857

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1858/07 R. Bucarest, 3 aprile 1935 (per. il 6).

In relazione a quanto il signor La val ha confidato a S. E. Suvich circa la Romania nel colloquio di Parigi (2) (telespresso ministeriale n. 209664 del 27 marzo u.s.) mi preme confermare per iscritto quanto ho già manifestato

a S. E. H sottosegretario di Stato nell'udienza accordatami il 26 marzo a Roma e cioè non essere esatto che la propaganda tedesca in Romania prenda piede, e che lo stesso Re Carol simpatizzi per il nazionalsocialismo. Le informazioni, a mio avviso, errate del ministro degli affari esteri francese sono probabilmente dovute allo stesso signor Titulescu il quale tiene a presentarsi agli uomini di Stato francesi come l'unico baluardo della fedeltà romena a1la Francia, e tiene a far passare la scarsa simpatia di Re Carol per lui Titulescu e per la Francia stessa, come sintomi di filo na:zJionalsocialismo. D'altra parte la miopissima diplomazia francese interpreta ogni invocazione dell'opinione pubblica romena ai principio d'autorità, ed ogni deprecazione per le malefatte della democrazia parlamentare, come espressioni di una tendenza, dalla Germania incoraggiata, a sottrarsi all'egemonia francese. Che la Germania abbia sempre lavorato in Romania, è ben noto; che lavori anche oggi, è un fatto indiscutibile, ma che i successi del nazionalsocialismo in Romania siano tali da destar preoccupazione, ciò mi sembra per lo meno esagerato. Germanofili ve ne sono sempre stati in Romania prima e durante e dopo la guerra, ma occorre non dimenticare che questo paese, alleato degli imperi centrali, e guidato da un Re tedesco, ha tuttavia fatto la guerra contro la Germania. Il nazionalsocialismo non può soverchiare, oggi, in Romania quando nel paese prevalgono correnti nazionaliste ed antiminoritarie.

La verità è un'altra: qui all'interno si ha sete di fascismo, di autorità, nel senso ideologico delle parole, si guarda a Roma come al solo punto d'appoggio per visollevare il depresso livello morale della nazione; ma poiché qui la massoneria si identitica con il giudaismo, tutte le tendenze fascistizzanti si colorano necessariamente di antisemitismo. Ciò puzza a Parigi di hitlerismo ed il signor Titulescu ha buon giuoco nel sostenere l'equivoco, facilitato dalla circostanza che in taluni circoli intellettuali si rilevano spesso chiari segni di nausea per la maniera come è intesa, da certuni, la fedeltà alla Francia cui si fa assumere spesso l'aspetto di vero e proprio vassallaggio in politica estera ed in politica interna.

Eppure la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica romena non è mai stata così profondamente fedele, come ora, al contenuto politico dell'alleanza con la Francia, contenuto che si identifica nella formula; antirevisionismo. Pal"ligi può quindi, nonostante tutto, contare sulla Romania molto più di quello che allo stesso Titulescu non convenga dire.

In quanto a noi, sostituiamo senza dubbio il centro d'attrazione della politica interna romena per i postulati del fascismo ma siamo e reste,remo, per la Romania, anche pOllo di revulsione fino a quando il revisionismo, specialmente nei confronti dell'Ungheria, farà parte delle tavole della nostra politica estera.

Non intendo però dire che la Francia potrà in ogni circostanza contare su un apporto materiale della Romania nel caso di un conflitto sul Reno. La politica estera romena, che si identifica con la politica di Titulescu, è quella di mantenere integre tutte le sue posizioni negative, nei confronti specialmente dell'Ungheria. Cioè, niente parità di dimtti in fatto di armamenti, e niente restaurazione, nemmeno in Austria, perché ciò potrebbe costituire il pr!mo spunto per la restaurazione in Ungheria. Non che Titulescu non veda i pericoli derivanti alla stessa Romania nel caso si verificasse l'Anschluss. Ma egli pensa che ad impedire l'Anschluss devono provvedere Francia e Italia. Alla Romania egli assegna un compito più vicino: profittare della prima occasione favorevole, che potrebbe essere offerta proprio da un conflitto europeo, per infliggere un colpo definitivo al revisionismo ungherese. Contemporaneamente la Jugoslavia e la Turchia regolerebbero ogni eventuale velleità bulgara; la Turchia dovendo anche servire da antidoto alla Jugoslavia nel caso questa, nei confronti della Bulgaria, fosse tentata ad esagerare.

Dato questo atteggiamento negativo di Titulescu ad ogni tentativo di soluzione in campo internazionale della questione austriaca, confermo tutto quanto ho scritto con il mio rapporto del 27 febbraio u.s. n. 110 (1). La soluzione per l'Austria non può a mio avviso essere attuata in un quadro internazionale con l'adesione ed il concorso dei tre membri della Piccola Intesa: il problema deil'Austria non può avere che una soluzione impostata su elementi di forza. A tal fine il patto orientale, o così detto orientale, e cioè l'alleanza tra Francia, Cecoslovacchia e Russia da una parte, ed una più stretta intesa tra Italia e Francia dall'altra, possono costituire gli elementi necessari e sufficienti per mettere, almeno per lungo periodo di tempo, il fermo all'Anschluss. La restaurazione è l'elemento definitivo, cioè di stabilizzazione. Ma è illusorio mirarvi con il consenso di questi signori. Occorre, io credo, aspettare il buon momento, quando la crisi attuale sarà passata, e fare a meno di tale consenso, specialmente se la restaurazione dovesse cominciare da Vienna.

(l) -Cfr. n. 854. (2) -Cfr. n. 794,
858

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R. 1857/099 R. Berlino, 3 aprile 1935 (per. il 6).

Telespresso dell'E. V. n. 209824/C. del 28 marzo u.s. (2).

Ho oggi intrattenuto questo segretario di Stato per gli affari esteri, S. E. von Btilow, nel senso indicato nel telespresso al quale rispondo ed uniformandomi alle comunicazioni costà fatte all'ambasciatore von Hassell.

Von Btilow che già precedentemente mi aveva dato alcuni chiarimenti circa l'atteggiamento tedesco nei confronti del conflitto itala-abissino (mio telegramma per corriere n. 089 del 28 marzo u.s.) (3) mi ha detto di avere proprio in questi giorni ricevuto una comunicazione dal nuovo ministro di Germania ad Addis Abeba. Questi, trattando delle sue relazioni con il Negus informa di avergli parlato solamente due volte: la prima al momento della presentazione delle credenziali e la seconda nel corso di un ricevimento, avvenuto l'indomani, al quale erano presenti tutti i diplomatici residenti nella capitale etiopica. In ambedue le occasioni le conversazioni si erano svolte

dinanzi a molte altre persone e, nella seconda, addirittura alla presenza dei colleghi del corpo diplomatico. L'argomento, molto delicato, dell'atteggiamento della Germania nei confronti dell'Etiopia, nell'eventualità di una guerra con l'Italia, non era mai stato toccato.

II segretario di Stato ha aggiunto che la ridda di voci che si era propalata in Abissinia e in Europa circa alcune pretese conversazioni segrete tra il nuovo rappresentante diplomatico del Reich ed ilNegus non poteva sorprenderlo perché egli aveva sempre inteso dire dai suoi colleghi di carriera che in un paese primitivo come l'Etiopia si creano sempre e si diffondono infinite leggende circa gli avvenimenti politici rlocali che non hanno alcuna ombra di fondamento.

Il mio i:nterlocutore infine, entrando nel merito della questione di pretese forniture tedesche all'Abissinia, mi ha detto che H Governo del Reich, avendo il pieno ed intero controllo della produzione delle armi nel terrutorio tedesco, può assicurare che né un cannone né un fucile sono partiti diretti all'Etiopia. Non altrimenti egli era in condizione di dirmi circa i prodotti chimici, sfuggendo tale produzione industriale al controllo preciso deno Stato.

A conclusione della conversazione, von Biilow mi ha nuovamente dichiarato che la Germania intende mantenere la più assoluta e leale neutraLità neLl'eventualità di un conflitto itala-etiopico.

(l) -Non pubbllcato. (2) -Comunicazione del n. 804. (3) -Cfr. n. 823.
859

PROGETTO DI COMUNICATO (l)

... (2)

I Ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna, Italia, riuniti a Stresa nei giorni 11, 12 aprile 1935, si sono a;ccordati sui seguenti punti:

l) Riaffermano la loro fiducia nelle soluzioni di carattere collettivo per l'organizzazione di una pace durevole in Europa e nel mondo.

2) Hanno diretto a questo risultato i loro sforzi con l'offrire alla Germania una serie di accordi che attraverso i necessari adattamenti le assicurassero l'effettiva parità di diritti in un sistema di sicurezza generale.

3). Nel prospettare le soluzioni che hanno formato oggetto degli Accordi di Roma e di Parigi, le tre Potenze sono partite dalla realtà insopprimibile dei trattati esistenti, ,innestando su questi le successive modifricazioni per via di accordi tra le Parti (3).

4) Riconoscono che la recente iniziativa tedesca, che afferma [a libertà assoluta di riarmo da parte della Germania, rappresenta un atto di aperta opposizione contro il sistema collettivo perseguito dalle tre Potenze, atto che ha portato un profondo turbamento in tutto il mondo.

5) Constatano che la visita fatta dal Ministro degli Esteri di Gran Bretagna a Berli:no ha contribuito a mettere in rilievo l'inconciliabilità dei diversi punti di vista.

6) Considerano perciò inutile la continuazione delle negoziazioni sulla base delle conversazioni di Berlino.

7) Di fronte a ciò le tre Potenze, lasciando libertà a ciascuna di prendere quelle misure che riterranno necessarie per fronteggiare la nuova situazione, decidono di rimanere in stretto contatto per consultarsi reciprocamente sugli ulteriori sviluppi della situazione che ha creato un innegabile stato di allarme (1).

8) Si dichiarano disposti a riprendere le discussioni con la Germania quando questa faccia delle proposte che consentano di riesaminare la possibilità di una soluzione di carattere collettivo (2).

9) Si augurano che la Germania voglia rendersi conto della opportunità di prendere una tale iniziativa per evitare ulteriori turbamenti nel campo della politica generale e per evitare la corsa agli armamenti che sarebbe l'insopprimibile conseguenza della situazione che oggi si è creata.

10) I tre Ministri sono convinti che nel momento attuale la constatazione della solidarietà concreta tra le tre Potenze è atta a dare al mondo inquieto un senso di fiducia e di tranquillità.

(l) -Il titolo originale del documento è: «Progetto di comunicato per Stresa già modificato dal Capo di Governo». (2) -Privo di data. Annotazione a margine: «Inviata copia al Ministro Buti e al Ministro Biancheri 3-4-XIII ». Si colloca sotto questa data. .• (3) -In un appunto privo di data ma presumibilmente anteriore al presente progetto di comunicato si legge: i tre Governi «Confermano il principio che la revisione dei Trattati esistenti non può in nessun modo essere raggiunta per atto unilatel'ale, ma solo a mezzo di accordi liberamente negoziati fra le Potenze interessate».
860

COLLOQUIO FRA SALVATORE FARINA E L'INCARICATO D'AFFARI DI ETIOPIA A ROMA, AFEVORK

PROMEMORIA. Roma, 3 aprile 1935.

Parlando di una eventuale occupazione itruliana di territori appartenenti all'Abissinia, il Ministro ha consigliato quanto appresso:

Frontiera dell'Eritrea: Avanzare oltre il Setit, lungo la frontiera del Sudan

spingendosi nel territorio degLi Amhara filno alle porte di Gondar che va esclusa

dalla occupazione perché città particolarmente importante per .la storia dell'Abis

sinia. La zona è aspra ma ricca.

Di fronte al Tigrè sono possibili alcune modificazioni della linea di confine,

ma si sconsiglia nella maniera più assoluta l'occupazione della zona intorno ad

Adua e ad Axum che contiene molti santuari copti. Occorre evtitare l'inaspri

mento del confutto con una questione religiosa. Lungo la Dancalia l'occupazione

potrà estendersi fino al 12° parallelo ed al 40° meridiano.

Evitare l'occupazione dell'Harrar dove l'Imperatore possiede tutti i suoi beni

privati.

Frontiera della Somalia: Occupazione della regione di Ogaden fino all'Bo parallelo e delle regioni di Borano e Sidamo fino ai grandi Laghi. L'Ogaden è rdcco di bestiame mentre le altre due regioni sono ricche dal lato agricolo e minerario.

*Nella carta allegata sono segnate in azzurro le zone che l'Imperatore sotto la spinta degli avvenimenti potrebbe cedere.

Seium, capo del Tigrè, desidera intendersi con gli Italiani * e in tal senso ha parlato con il Ministro. Egli è scontento dell'Imperatore e si considera tuttora pretendente al trono quale nipote del Negus Johannes. E' questa una possibilità da sfruttarsi perché Seium * dispone di un esercito di 50.000 uomini ed è amato dai suoi soldati* (l) per i quali spende tutte le sue ricchezze.

(l) -Nell'appunto di cui alla nota 3, p. 913: « Pur riservandosi la libertà di prendere ogni provvedimento che ciascuno di essi riterrà necessario per fronteggiare la situazione. Decisi ad impedire ulteriori violazioni dei Trattati e degli Accordi esistenti. Dellberano di mantenersi in stretto contatto per concordare immediatamente tra di loro le misure da prendere quando una tale eventualità avesse a verificarsi». (2) -Nell'appunto di cui alla nota 3, p. 913: <<Si dichiarano disposti a riprendere i negoziati con 11 Governo germanico qualora questi faccia delle proposte che consentano una possibilltà reale di giungere ad un'organizzazione della pace e della sicurezza su basi collettive».
861

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1862/038 R. Vienna, 4 aprile 1935 (per. il 6).

La voce, raccolta dalla stampa inglese, secondo la quale a Berlino il signor Hitler avrebbe, nel corso dei coHoqui col signor Simon, avanzata tra le altre pretese quella di una unione doganale con l'Austria, ha qui destato una qualche impressione, ed ha valso a far di nuovo concentrare l'attenzione sulla questione economica.

Si ritiene in particolare, che taluni settori dell'opinione possano essere specialmente sensibili a miraggi di miglioramenti della situazione commerciale, talché si auspica che la questione degli aiuti da porgere all'Austria nel campo degli sviluppi dei traffici torni nuovamente sul tappeto, e venga esaminata con benevolenza tale da togliere valore ad ogni mossa germanLca di preteso interessamento al benessere economico austriaco.

Non è da escludere che da tali considerazioni fosse ispirato id ministro Berger, nel dilungarsi meco circa la situazione finanziario-commerciale del paese, nel corso del colloquio di cui al mio telegramma per corriere n. 033 del 28 marzo u.s. (2).

862

COLLOQUIO FRA IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, E L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, CHAMBRUN (3)

APPUNTO. Roma, 4 aprile 1935.

L'Ambasciatore Chambrun ha comunicato a Parigi il contenuto delle sue conversazioni col signor SUvich (4) su quelle che potrebbero essere le linee della conferenza di Stresa.

Ha avuto da Parigi un telegramma di risposta che egli riassume come dall'unito appunto. In aggiunta a quanto contenuto nell'appunto il signor Chambrun informa che a Parigi nei riguardi degli altri Stati disarmati si sono fatte le seguenti tre considerazioni:

l) Non si vorrebbe che la concessione del riarmo agli altri Paesi costituisse una giustificazione retrospettiva per la Germania;

2) Si vorrebbe ménager, l'opinione della Piccola Intesa la quale dovrà essere con noi nel caso di un attacco contro l'Austria;

3) Per quanto riguarda un riarmo della Bulgaria bisogna prevedere una possibile reazione da parte della Turchia.

Sono considerazioni da tener presenti ma che non tolgono nulla alla buona volontà francese di venire ad una soluzione nei sensi prospettati da parte italiana.

A Parigi poi si terrebbe in modo particolare a conoscere l'opinione del Capo del Governo nei riguardi di una possibile politica comune con la Russia.

II Capo del Governo risponde che il punto incerto delle future conversazioni è costituito dall'atteggiamento della Gran Bretagna che non si sa bene quale via vorrà battere. Conviene invece avere in questo momento idee chiare.

-Per ciò che la Germania ha già fatto occorrerà concretare una mozione comune che dovrà servire di base alla deliberazione del Consiglio della Società delle Na:?Jioni;

-Per ciò che la Germania può ancora fare conviene dire chiaramente che le tre Potenze si impegnano ad un intervento che può essere costituito anche dall'impiego della forza nel caso che la Germania si rendesse responsabile di un'altra violazione dei Trattati e degli impegni assunti.

Quest'accordo tra le tre Potenze potrebbe essere costituito per un determinato periodo piuttosto lungo. Per quanto riguarda l'Austria, essa vuole il principio della coscrizione obbligatoDia, ma non ne vuole la realizzazione: ora ha trovato la formula della

conscription choisie.

In genere per quanto riguarda i tre Paesi minori disarmati bisognerà che si riconosca loro la possibilità di riarmare, naturalmente non con un atto unilaterale, ma facendo ricorso all'art. 19 della Covenant. A tale riguardo si potrà fare una convenzione che potrà fissare un determinato plafond ad un certo numero di tappe.

Per quanto riguarda il Patto aereo H Capo è d'accordo con le proposte francesi. Un accordo unico, snodato in più elementi bilaterali: garanzia reciproca tra Francia ed Inghilterra, garanzia reciproca tra Francia ed Italia. Egli ritiene che le considerazioni di natura geografica fatte valere dagli inglesi per opporsi ad una reciproca garanzia Italia-Gran Bretagna, siano inesatte. Comunque egli non intende insistere.

Bisognerà poi fare alcune ipotesi che dovrebbero risultare dai processi verbali per i casi di violazione della Germania per quanto concerne le zone demi1itarizzate: Memel, Danzica, Austria ed eventualmente anche la Cecoslovacchia, se questa lo desideri, del che Egli dubita.

Venendo alla questione della Russia bisogna fare attenzione ad un punto molto delicato: se noi ci leghiamo con la Russia senza la Polonia, la Polonia è definitivamente perduta; d'altra parte Egli sa che anche in Francia l'opinione pubblica è divisa: c'è un gruppo che fa capo ad Herriot, molto favorevole agli accordi più intimi con la Russia, ma contro questo stanno molti ambienti francesi e specialmente i circoli militari che non hanno grande opinione della efficienza militare russa. Naturalmente se si trattasse di un accordo a cinque: Italia, Francia, Inghilterra, Polonia, Russia Egli non avrebbe nessuna obiezione da fare. Se a questo accordo poi parte·cipasse anche la Germania, questo vorrebbe dire la garanzia assoluta della pace.

A domanda dell'Ambasciatore francese il Capo risponde che però per il momento non vede la possibilità di una adesione della Germania la quale comunque dovrebbe essere preceduta da alcune manifestazioni ben concrete che dimostrino la volontà della Germania di collaborare e che si stacchino dalle infinite dichiarazioni pacifiste che sono in contraddizione con l'atteggiamento effettivo tedesco.

L'Ambascdatore Chambrun chiede se il Patto di non ingerenza sarebbe condotto in porto anche in assenza della Germania. Il Capo risponde che non c'è dubbio che tale è lo spirito degli accordi presi col signor Lavai.

ALLEGATO

COMMUNAUTÉ DE VUES ET FERMETÉ D'ATTITUDE EN FACE DES INITIATIVES DE L'ALLEMAGNE (NOTAMMENT MEMEL, AUTRICHE, TCHÉCOSLOVAQUIE)

l) Question allemande

A. Conformément au désir exprimé par le Baron Aloisi, le mémorandum français à la S.d.N. sera communiqué au Governement Italien avant la rencontre de Stresa.

B. Affirmation de directives communes sur la manière de poursuivre, en dépit de l'attitude de l'Allemagne, l'organisation collective de la sécurité. Dispositions des trois Gouvernements en ce qui concerne une collaboration avec la Russie.

C. Question du pacte aérien. Conclusion éventuelle des accords bilatéraux nécessaires, notamment en ce qui concerne l'Italie, à la mise en vigueur d'un tel pacte.

D. Attitude commune au regard de ce qui a été fait par l'Allemagne le 16 mars et de ce qui pourrait étre .tenté par elle dans 1a voie de décisions unilatérares.

E. Zone démilitarisée. Application du traité de Locarno.

2) Question autrichienne

Opportunité de poursuivre sans tanir compte de l'attitude dilatoire de l'Allemagne, l'exécution des Accords du 7 janvier.

3) Autres états désarmés par traites

Cette question sera l'objet d'échanges de vues à Stresa.

(l) -I passi fra asterischi sono stati sottolineati da Mussolini. (2) -Cfr. n. 822. (3) -Al colloquio era pl'esente Suvich che redasse l'appunto. (4) -Cfr. n, 837.
863

IL MINISTRO AL CAIRO, PAGLIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1837/102 R. Cairo, 5 aprile 1935, ore 12,30 (per. ore 18,10).

Mi riferisco al mio telegramma n. 99 del 2 corrente (1).

Amba Johannes aveva pregato ministro dell'agricoltura, che è esponente copto nel Gabinetto, di informare Re Fuad della richiesta che gli [era] pervenuta da Imperatore Etiopia.

Presidente del Consiglio, che è unico a vedere il Re, ha risposto al ministro dell'agricoltura essergli impossibile intrattenere Sovrano sull'argomento. Patriarca ha pensato allora appellarsi ai rappresentanti Potenze qui accreditate incaricando il mio stesso informatore redigere progetto di nota.

Questi indugierà quanto possibile. Intento, a scopo dHatorio, ha stasera prospettato al patriarca non essere conveniente, attesa sua alta dignità pontificale, dar seguito a richiesta rivoltagli dall'Imperatore Etiopia, per tramite Abuna, ma essere più opportuno attendere incarico dello stesso Imperatore.

Mi permetto far presente urgente necessità svolgere azione nei rapporti del signor ... (2) quanto ancora nel mio rapporto 24 marzo N. A.O.R. 5 (3).

Salvo contrarie istruzioni continuerò fare sviluppare al patriarca gli argomenti (di cui al mio rapporto stesso) circa garanzie ben maggiori che il nostro Governo può offrire alla chiesa copta e suo proposito favorire progresso sue istituzioni.

Sono informato che tali argomenti avrebbero prodotto una certa impressione sul patriarca e su membri più religiosi (e quindi più intransigenti) del Meglis Melli, ma occorrerebbe, a mio avviso, un loro sviluppo eccezionale, affidamenti più considerevoli.

864

IL MINISTRO A PRAGA, ROCCO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1847/38 R. Praga, 5 aprile 1935, ore 20 (per. ore 22,30).

Mi riferisco mio telegramma n. 30 del 23 marzo (4) e mio telegramma per corriere n. 045 del 3 corrente (5).

Con lettera del 3 corrente pervenutami oggi questo ministro degli affari esteri «confermami che Cecoslovacchia dichiara dare sua adesione di massima ad accordi itala-francesi Mussolini-Laval firmati Roma 7 gennaio, nella spe

ranza che negoziati che aprirannosi stabiliranno le condizioni di un vero riavvicinamento popoli Europa Centrale. Per conseguenza Governo cecoslovacco si tiene a disposizione del Governo

italiano per discusssione e consultazioni eventua:li :~>.

Lettera non contiene altra dichiarazione.

La invierò in originale col prossimo corriere.

Questa legazione di Francia ha ricevuto identica comunicazione.

Credo opportuno ricordare che nella conversazione avuta al riguardo con Benes eravamo rimasti intesi che risposta cecoslovacca non (dice non) sarebbe comunicata alla stampa per modo che Governi Italia e Francia restassero giudici circa scelta momento pubblicazione (vedere mio telegramma n. 27 del 15 marzo) (l).

Tale intesa è stata esplicitamente comunicata anche come raccomandazione a questo incaricato d'affari di Francia soltanto. Presumo quindi che questo Governo consideri per ora normativa da parte italiana intesa circa non (dico non) pubblicazione del documento.

Per cui ritengo doveroso, e mi permetto raccomandare, che eventuale notizia e pubblicazione non venga data alla stampa se non previo accordo... (2) preavviso a codesto ministro di Cecoslovacchia.

(l) -Cfr. n. 849. (2) -Gruppo lndeclfrato. (3) -Indicazione errata. (4) -Cfr. n. 735, nota 3. (5) -T. per corriere 1864/045 R. con cui Rocco comunicò: «che si teneva presente il desiderio dell'Italla che le risposte de! tre Stati della Piccola Intesa fossero separate ».
865

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1840/184 R. Parigi, 5 aprile 1935 (per. il 6).

Mio telegramma n. 171 ( 3).

Ho intrattenuto questo ministro degli affari esteri sui 5 punto di cui al telegramma n. 157 (4) proposti dall'E. V. per le conversazioni di Stresa. Laval mi ha confermato l'accordo completo sui paragrafi 1° e 2°. A proposito del paragrafo 3° mi ha detto sottoporrà a V. E. e al Parla

mento francese il memorandum e la « risoluzione '> che intende presentare a Ginevra. Accoglierà per quanto è possibile le modificazioni che gli saranno suggerite da V. E. e da Simon.

Ho pregato La val di accennarmi alle linee generali della «risoluzione:~>.

Mi ha risposto che Léger gli ha presentato ieri sera un progetto che gli è sembrato troppo fiacco. Segretario generale lo sta modificando. Ho insistito per sapere di più. Laval ha soggiunto che ha scarsa fiducia nel ricorso a Ginevra. Egli è dell'avviso di V. E. che più delle parole valgono i fatti.

Governo francese, in ragione della sua politica tradizionale, non avrebbe potuto, tuttavia, fare a meno di elevare a Ginevra una voce di protesta contro la Germania.

La risoluzione dovrebbe constatare e condannare violazione dei trattati da parte della Germania.

Ho domandato a Lavai se intendeva proporre delle sanzioni.

Ha risposto che sola sanzione efficace sarebbe guerra.

Risoluzione da sottoporsi al Consiglio doveva suonare riprovazione [decisione] unilaterale del 16 marzo e niente di più.

Ministro degli affari esteri ha intrattenuto Titulescu e i rappresentanti diplomatici della Piccola Intesa sulla questi-one di cui al paragrafo 4° del telegramma summenzionato di V. E.

Lavai ha dichiarato ai rappresentanti dei paesi alleati che la Francia non farà nulla che possa dispiacere loro.

Ha soggiunto che non bisogna tuttavia dare impressione che si usa rigore verso gli Stati deboli, mentre Germania è lasciata libera di fare il comodo proprio.

Secondo Lavai occorre provocare un fatto nuovo che dia opportunità di prendere in considerazione domande degli Stati minori disarmati per trattati.

Siccome il ministro aveva accennato di sfuggita a garanzie da dare alla Piccola Intesa e all'Intesa Balcanica, ho osservato che mi sembra pericoloso di mettere in gioco delle questioni spinose.

Lavai mi ha assicurato di non avere precisato nulla con Titulescu e compagni, quindi egU pensava che il «fatto nuovo» potesse essere costituito dalla precisazione del patto danubiano che avrebbe dovuto essere portato a conclusione rapida.

Il ministro ha aggiunto che Titulescu non aveva respinto a priori la sua idea di prendere in considerazione la domanda degli Stati minori disarmati qualora un «fatto nuovo» ne porgesse opportunità.

L'eventualità di una restaurazione absburgica a Vienna era stata invece respinta da tutti. Laval ha detto che non se ne può parlare.

(l) -Cfr. n. 735. (2) -Gruppo indeclfrato. (3) -Cfr. n. 848. (4) -Cfr. n. 848, nota l.
866

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1834/185 R. Parigi, 5 aprile 1935, ore 19,55 (per. ore 21,30).

Al momento della mia visita odierna, questo ministro degli affari esteri aveva sottocchio il telegramma di codesto ambasciatore di Francia che gli ha riferito pensiero di V. E. (l) nel caso di violazione da parte della Germania:

a) dell'indipendenza austriaca;

b) della zona demilitarizzata;

c) del territorio di Memel.

La val mi ha detto che «personalmente» condivide parere di V. E. ma non sa prevedere se Simon sarà dello stesso avviso.

Ho l'impressione che, d'altra parte, il ministro, prima di impegnarsi, intende provocare su questo punto una decisione del consiglio dei ministri, ciò che potrà fare in questi giorni.

(l) Cfr. n. 862.

867

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1912/022 R. Belgrado, 5 aprile 1935 (per. l'B).

S.A.R. il principe Paolo mi ha invitato oggi a colazione intima dopo la quale si è appartato meco trattenendomi in colloquio per oltre un'ora. Il colloquio è stato improntato a grande cordialità e franchezza. Il principe dimostra una notevole preparazione e chiara visione politica. Le sue idee, pur adattate alle esigenze della responsabilità, appaiono essersi maturate attraverso personale riflessione.

Dice il principe che l'esistenza di buoni rapporti con l'Italia è stato sempre il suo «credo» per l'avvenire della Jugoslavia. Del resto, il capo del Governo d'Italia è a conoscenza di questi suoi sentimenti, perché non ha mancato di manifestarglieli ogni .qua•lvolta ha avuto la fortuna di avvicinarlo. Ricorda che ha incontrato il Duce tre volte e ne ha serbato un'impressione incancellabile, non ha mai dubitato che la sua antiveggenza e il suo senso della realtà in politica avrebbero condotto a una intesa tra i due paesi (1). Da parte sua, non si è mai stancato di spingere in questo senso il defunto re Alessandro. Quante volte ha potuto: e -mi assicura -«non era sempre cosa facile per me». Il re non aveva alcuna animosità verso l'Italia, ma le sue buone disposizioni sono cadute, di volta in volta, non appena egli avesse sentore dell'ingerenza italiana nella questione croata. Altro punto contro il quale venivano ad urtarsi i propositi del re, era la questione albanese. Circa la questione de1la dislocazione dello Stato jugoslavo -mi dice il reggente -le vostre parole ci hanno ora rassicurati. Circa l'Albania, mi pare inconcepibile che questa questione debba -da per sé sola -costituire impedimento ad un'intesa. L'interesse che un leale accordo fra i nostri due paesi presenta, cosi per essi medesimi come per l'assetto danubiano e balcanico e per la pace in generale, è tale che, in considerazione di esso, una formula per l'Albania dovrebbe potersi trovare facilmente.

Gli dico che anche in Italia si pensa che una formula può essere trovata, ma che vi è, in Albania un comp•lesso di interessi italiani, sia pure prevalentemente economici, che devono in ogni caso essere riconosciuti.

63 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Il principe mi ripete che posso interamente contare sul suo appoggio, e prosegue chiedendosi quale espressione concreta potrebbe darsi per intanto -al riavvicinamento itala-jugoslavo.

Gli parlo di negoziati per un nuovo trattato di commercio che soddisfi ai reciproci bisogni tenendo conto dei mutamenti avvenuti nella situazione economica da un decennio in qua: i rapporti commerciali fra i due paesi costituiscono una base di fatto favorevole e permanente su cui si può senz'altro lavorare con reciproca utilità e sopratutto con immediata soddisfazione del pubblico degli esportatori jugoslavi. Aggiungo che il R. Governo -per quanto mi consta -è disposto ad ovviare ad eventuaU momentanee difficoltà inerenti al necessario contingentamento delle nostre importazioni, e ad esaminare nel migliore spirito la richieste che la Jugoslavia porrà a base dei negoziati per un nuovo trattato.

Il principe vorrebbe sapere il nostro pensiero circa una collaborazione politica. Gli ripeto che senza dubbio questa è nelle intenzioni di V. E. Si potrebbe rinverdire il patto di amicizia, o meglio, fare un patto di amicizia e di non aggressione. Certo il riarmamento della Germania ha prodotto una fase di attesa sug<li altri settori ed ha portato sul tappeto questioni di immediata urgenza e nuovi elementi che si tratta di armonizzare con le dichiarazioni di Roma e di Londra. Comunque, si deve considerare definitivamente stabilito un nuovo orientamento nei rapporti itala-jugoslavi e si può attendere tranquillamente i risultati di Stresa.

A questo punto il mio interlocutore esprime -senza insistenze -l'avviso personale che la conclusione di un patto itala-jugoslavo, precedendo il patto danubiano, potrebbe forse facilitarlo. Ed io ne convengo, genericamente, senza, a mia volta, insistere.

Il principe mi dice (scusandosi deUa sua franchezza) che egli non si rende ben conto della nostra convenienza a tenerci cosi impegnati con l'Ungheria: è evidente, ed è fatale, che essa graviti verso la Germania. Quando poi la Germania avrà raggiunta la sua piena efficienza politica e militare, l'Ungheria entrerà senz'altro nell'orbita tedesca. Ciò avverrà anche più rapidamente se si verifichi l'Anschluss.

La propaganda nazista in Ungheria è attiva -a quanto pare -e trova facile terreno nel revisionismo. Del resto, il revisionismo ungherese non è principalmente rivoJ.to verso la Jugoslavia: ma appare ovvia la sua convenienza di appoggiarsi alla Germania e di seguirne i metodi.

Tornando all'Anschluss, il principe ritiene di doverlo deprecare, ma non si fa illusioni al riguardo. È una questione di tempo. Se non avverrà prima in altra forma, avverrà spontaneamente allorquando in Austria la generazione dei più giovani, che non ha rimpianti né legami tradizionali col passato, prenderà fatalmente il posto degli uomini di oggi. Tuttavia egli teme che l'Anschluss sia pur sempre uno dei punti di più immediata attuazione nel programma hitleriano. Egli opina che siano stati commessi gravi errori sopratutto dalla Francia nella politica del dopoguerra, e ad essi in gran parte, va fatto risalire l'attuale stato di cose. Riconosce ampiamente la giustezza del

punto di vista sostenuto a suo tempo e a più riprese da V. E. circa la discriminazione del Reich.

Gli confermo che il principio della parità attraverso la legalità vige sempre nel pensiero politico del Duce del fascismo per la ricostruzione pacifka dell'Europa; e ciò per tutti gli Stati.

In Germania -osserva il reggente -sarebbe forse convenuto favorire la restaurazione delle dinastie locali.

Ne convengo, e colgo l'occasione per dirgli che questo concetto sarebbe appunto applicabile anche all'Austria, come mezzo per impedire l'Anschluss: la restaurazione asburgica non sarebbe certo la soluzione ideale, ma sarebbe ancora il minore dei mali.

Il principe -come era da attendersi -è decisamente contrario, e mi enumera le consuete ragioni piccolo-intesiste: pericolo di una ricostruzione di una monarchia danubiana, con l'Ungheria; inev,itabili tendenze egemoniche ed espansionistiche, resurrezione dei vieti sistemi politici; in ogni caso asservimento alla politica tedesca di cui ridiverrebbero lo strumento e l'avanguardia nei Balcani, ecc ....

Aggiunge che in passato il principe Sisto, che gli era molto ami·co, lo aveva espansionistiche, resurrezione dei yieti sistemi politici; in ogni caso asservimento alla politica tedesca di cui ridiverrebbero lo strumento e l'avanguardia nei Balcani, ecc...

Osservo che ci sarebbe modo di condi2lionare la restaurazione; che, d'altronde, una Germania ingrandita con l'Anschluss dovrebbe rappresentare, specie per la Jugoslavia, un pericolo anche più diretto e più imminente.

Chiedo al principe che mi permetta di esprimergli un'impressione: non riscontrarsi in Jugoslavia -di fronte alla minaccia dell'Anschluss -quel grado di sensibilità reattiva che sarebbe logicamente naturale e aggiungo: «Vostra Altezza non 'ignora che si è persino parlato di promesse territoriali del Flihrer alla Jugoslavia se acconsentisse all'Anschluss ».

!tl principe dice trattarsi di voci infondate e tendenziose; e che ne ha sentite anche di peggio sullo stesso argomento. Mi spiega che la Jugoslavia non può dsiderare la contiguità con la Germania, sia pure ritenendo per sé un pezzo di Carinzia. Le minoranze tedesche viventi al suo confine sloveno non danno speciali preoccupazioni, ma non vi sarebbe interesse ad accrescerle né sarebbe desiderabile che -col verificarsi di una continuità territoriale del Reich venissero con esso in diretto contatto.

La co~versazione si volge -accademicamente -sulle recenti visite di Eden a Mosca ed a Varsavia.

Il regente sembra deplorare che le esigenze deHa pace importino la necessità di combinazioni politiche coi Sovieti. (Il suo modo di vedere non è -su questo punto -scevro da preconcetti -del resto giustificati da tradizioni e da affinità storiche e familiari). Egli non crede all'efficienza bellica dei Sovieti; dubita che profitteranno della fiducia delle Potenze occidentali per intensificare la propaganda politica; ritiene che il progettato sistema rappresenta per essi una questione di opportunismo momentaneo, in cui hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere.

Dalle espressioni del reggente mi pare di rilevare che egli ravvisi quasi una incompatibilità morale -se non politica -dell'alleanza franco-jugoslava con un patto franco-sovietico e lo spingo a spiegarmi quale sia oggi la situazione nei riguardi del riconoscimento dell'U.R.S.S. re Alessandro si sentiva in certo modo non impegnato moralmente aUa protezione dei russi bianchi stabiliti in gran numero in Jugoslavia e che vi hanno ormai una notevolissima somma di interessi. Con la morte del re questa riserva è venuta meno e d'altra parte -mi dice il principe -le insistenze per il riconoscimento sono divenute più pressanti.

Passando alla Polonia il reggente constata che a Varsavia non si è concluso nulla, e si domanda che cosa si poteva sperare di concludere. La Polonia si sente, per ora, sicura dalla parte del suo vicino più potente e non le torna conto legars,i a sistemi che la metterebbero male con questo. È una politica realistica e di convenienza per quanto possa dispiacere ad essere disapprovata dagli slavi. Del resto -aggiunge il principe -non si deve dimenticare che gli uomini più rappresentativi di Polonia sono stati formati nell'ambiente austro-tedesco e la loro mentalità non può non essere orientata da quella parte.

Parlo poi con Sua Altezza della possibilità di alcune nostre iniziative di natura economica (strade, industria automobilistica) ecc. e lo trovo animato da grande interesse e dalle migliori disposizioni... Su auesti argomenti avrò l'onore di riferire separatamente alla E. V.

(l) Dichiarazioni analoghe erano già state fatte dal principe Paolo ad Alessandrini (t. per corriere 1455/017 R., Belgrado, 19 marzo, non pubblicato).

868

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1854/186 R. Parigi, 6 aprile 1935, ore 12,45 (per. ore 15,15).

Mio telegramma n. 172 (l).

La val mi ha detto di avere avuto notizia che V. E. non incline ad assecondare politica della Francia verso la Russia per timore di perdere definitivamente la Polonia.

Il ministro, per quanto non lo dica apertamente, non è lui pure entusiasta dell'anzidetta politica.

Egli mi ha detto che non calcola minimamente sul soccorso rosso.

Mi pare anzi di poter dire che egli non desidera che i Sovieti vengano comunque al soccorso della Francia.

Ciò premesso, il ministro mi ha chiarito che egli non può esimersi dal seguire almeno fino a un certo punto la politica dei suoi predecessori e in specie di Barthou che era andato molto avanti neHe sue trattative con Mosca.

Lava! ha fatto a Mosca in questi giorni delle proposte che sono state accolte con freddezza. Si tratta come ho detto nel suddetto telegramma di rendere effettive le disposizioni dell'articolo 16 del patto.

Governo sov-ietico non è soddisfatto perchè, secondo la nuova proposta francese, l'applicazione dell'accordo sarebbe subordinata alla consultazione della Società delle Nazioni, mentre Mosca aspira a vincolare la Francia con un'accordo che a momento oppoTtuno entri in vigore automaticamente e non sia intralciato dalle prevedibili more della decisione ginevrina.

Laval mi ha detto che la Francia dovrà fare qualcosa per la Russia perché Piccola Intesa e Intesa Balcanica premono fortemente in questo senso ed egli anche perché c'è da temere che la Russia, se abbandonata si getti nuovamente nelle braccia della Germania.

Il ministro ha insistito molto su questo punto e non mi ha nascosto la sua preoccupa21ione a riguardo. Lava! non dispera di riuscire a concretare una formula che possa convènire anche a V. E. e deciderla in conseguenza adottarla nei riguardi della Russia.

Lava! ha osservato che la gravità della situazione suggerisce di mostrare alla Germania che intesa italo-francese non è limitata alla difesa dell'indipendenza austriaca ma comprende anche problemi più vasti col manifesto proposito di fronteggiare tracotanza di Berlino.

Il ministro ha affermato che non è beninteso nei suoi propositi di dare impressione di voler provocare i tedeschi. Lava! ha finito col dire di non avere perduto speranza di riuscire a escogitare una formula che possa convenire ugualmente a Mosca ed a Varsavia. Il ministro francese insomma ammette grande importanza a concordare con V.E. una direttiva unica nei riguardi della Russia. Credo che egli tratterà con insistenza questo argomento con V.E. a Stresa.

(l) Cfr. n. 854.

869

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1875/225 R. Londra, 6 aprile 1935, ore 20,51 (per. ore 3 del 27).

Ieri ho illustrato nuovamente a Simon punti del telegramma di V. E.

n. 127 (l) circa problemi che dovranno essere discussi nell'imminente convegno di Stresa. Simon si è mostrato dolente di non essere ancora in grado di dare una risposta esauriente, essendosi il Gabinetto riservato di esaminare la situazione.

Ciò avrebbe tuttavia luogo prima di lunedì; essendo stata rinviata, per il mancato arrivo di Eden, seduta già indetta a tale scopo.

Non ho potuto nascondere a Simon la mia sgradevole impressione per atteggiamento britannico che non sembra affatto in armonia con quanto fu stabilito nell'accordo anglo-francese del 3 febbraio.

Simon ha replicato dicendo che, malgrado gli scarsi risultati del suo viaggio a Berlino egli non ha perduto ancora interamente la speranza che si possa indurre la Germania ad accettare un piano di collaborazione e garanzia collettiva con le altre Potenze; quanto a lui, pertanto, in vista di ciò, pur continuando a considerare convegno di Stresa molto importante come manifestazione di solidarietà fra le tre Potenze, egli non ritiene tuttavia che a Stresa (e tanto meno nella susseguente riunione di Ginevra) si potranno adottare decisioni di carattere definitivo.

Simon ha poi aggiunto che una discussione in seno Consiglio Società Nazioni che abbia l'aria di volere mettere Germania in stato di accusa, non sia augurabile, egli ha insistito nuovamente nel domandarmi se V. E. pensa di sottoporre a Stresa una proposta concreta da prendere in relazione alla legge tedesca del 16 marzo.

Ho risposto che una manifestazione formale di solidarietà fra le tre Potenze che non implicasse nello stesso tempo una decisa e comune volontà d'azione di fronte alla Germania avrebbe, a mio avviso, scarso valore.

Momento è deciso per Europa.

Di parole e patti se ne sono dette e progettati anche troppi. Ciascun paese ha oggi dovere di assumere con tempestiva fermezza proprio posto di responsabilità e di azione.

La pace ha i suoi rischi come la guerra e bisogna avere il coraggio di affrontarli.

Situazione è oggi assai diversa dal 3 febbraio; occorre pertanto conoscere fino a quale punto Gran Bretagna è disposta a procedere sul terreno concreto degli accordi di Roma e di Londra.

Atteggiamento attuale dell'InghHterra rischia infatti di favorire in Germania il senso di impunità e costituire forse un incentivo a ulteriori avventure che porterebbero questa volta sicuramente ad un conflitto.

Simon ha risposto che Governo britannico non ha mancato di stigmatizzare severamente il gesto tedesco ed è disposto a riconfermare pubblicamente tale giudizio, ma che, d'altra parte, deve essere ben chiaro che «Gran Bretagna non può estendere peso delle obbligazioni internazionali già assunte~.

Simon ha ripetute queste dichiarazioni anche a proposito del punto 5° e cioè circa l'accordo sui mezzi diretti da prendere per la tutela dell'Austria.

Per quanto riguarda invece la questione degli Stati minori disarmati per trattati, ho l'impressione che Governo britannico. accetterà quella linea di condotta che sarà concordata fra l'Italia e la Francia a Stresa.

Fin qui il mio colloquio con Simon. Mi risulta da fonte sicura che Mac Donald sta considerando, da ieri, possibilità recarsi personalmente a Stresa per incontrare V. E. Gabinetto deciderà partecipazione primo ministro convegno di Stresa nella prossima seduta di lunedì.

(l) Numero errato; si tratta in realtà del t. 578/97 R. di cui al n. 837, nota 2.

870

IL MINISTRO A SOFIA, SAPUPPO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1883/38 R. Sofia, 6 aprile 1935, ore21,40 (per. ore 0,45 del 7).

Mio te,legramma n. 34 (l).

S. M. re Boris mi ha convitato oggi alla sua residenza campestre di Vrana. Ho fatto a Sua Maestà la .comunicazione di cui al telegramma di V. E.

n. -22 (2) ed egli mi ha incaricato di ringraziare nel modo più vivo l'E.V., non solo per la grande importanza della comunicazione, ma anche per il fatto che V. -E. abbia voluto che fosse fatta a lui personalmente.

Ha aggiunto che egli spera che V. E. possa al più presto portare a buon punto i suoi propositi, perché fa grande assegnamento sulle felici ripercussioni che ne verranno anche sulla situazione interna del paese col richiamare la .classe degli ufficiali, che ora è portata ad occuparsi di politica, al suo compito naturale ed essenziale.

Sul resto del colloquio, che si è protratto per circa due ore, riferirò per corriere (3).

871

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO AL CAIRO, PAGLIANO

T. 632/59 R. Roma, 6 aprile 1935, ore 24.

Faccia sapere al Capo del Governo egiziano che atteggiamento alcuni ambienti locali nei confronti dell'Italia per la questione abissinia è ta~e da compromettere i rapporti di tradizionale amicizia esistenti fra i due paesi ( 4).

872

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A BRUXELLES, VANNUTELLI REY

T. 634/53 R. Roma, 6 aprile 1935, ore 24.

Suo telegramma n. 63 (5). In data 5 corrente consigliere di questa ambasciata del Belgio ha intrattenuto ufficio competente circa passo costì eseguito da V. E. Egli ha detto che Governo

belga si troverebbe imbarazzato, in quanto non vede su quale base, legislativa

o regolamentare, potrebbe adottare un provvedimento che inibisca esportazione armi per Etiopia. Desiderava in ogni modo conoscere se passi analoghi erano stati fatti presso altri Stati esportatori di armi.

Gli è stato risposto che Governi francese e britannico avevano già raccomandato a proprie fabbriche armi astenersi daU'esportare armi in Etiopia, raccomandazione l'esecuzione della quale veniva controllata; che, più recentemente, il Governo cecoslovacco, al quale ci siamo rivolti con un passo analogo a quello fatto costì, aveva risposto in senso favorevole. È accertato che dal Belgio partono notevoli quantitivi di armi per l'Etiopia; in modo particolare si è accennato ai contratti fatti dall'industriaLe Laleux.

È stato insistito sulla grande importanza che noi diamo alla questione; da un paese amico, come il Belgio, non ci attendiamo un atteggiamento diverso da quello già adottato da altri Stati.

(l) -T. 1763/34 R. del 2 aprile, non pubblicato: calorosi ringraziamenti del presidente del Consiglio per l'atteggiamento italiano favorevole alle libertà di riarmo della Bulgaria. (2) -Cfr. n. 828. (3) -R. r. 1846/448 del 7 aprile, non pubblicato. (4) -G!à il 4 aprile Suvich aveva parlato della questione con il ministro di Egitto a Roma, come risulta da un appunto che non si pubblica. (5) -T. 1843/63 R. del 5 aprile, non pubblicato.
873

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 1915/0101 R. Berlino, 6 aprile 1935 (per. l'B)

Riassumerò il più brevemente possibile le impressioni raccolte negli ultimi giorni. Al senso di grande soddisfazione manifestatosi dopo i colloqui fra il cancelliere del Reich e gli uomini di Stato inglesi, colloqui che l'opinione pubblica tedesca aveva interpretato nel senso che Hitler fosse riuscito a convincere Simon e Eden che la maggior parte delle aspirazioni tedesche erano fondate e potevano quindi contare sopra l'appoggio britannico, subentrò un senso di malessere prodotto dalle notizie giunte da Mosca circa i colloqui fra Eden e gli uomini di Stato sovietici. Mi risulta che lo stesso Hitler f·osse preoccupato e si chiedesse se, nelle sue conversazioni con gli inglesi, non fosse andato oltre la linea della prudenza. Giunse peraltro notizia dell'articolo di fondo pubblicato dal Times nel suo numero del 4 corrente ed esso riaccese le più folli speranze tedesche, fece ricredere i trepidi, diede a Hitler la sensazione di essere veramente l'uomo nelle cui mani la Provvidenza ripose i destini della Germania.

Il mio collega inglese non fece meco mistero di avere telegrafato a Londra deplorando una pubblicazione così nociva e facendo presente che l'atteggiamento assunto da lord Lothian, che esercitava purtroppo grande influenza sul magno organo della City, poteva avere delle conseguenze funeste per la pace del mondo. Sir Eric Phipps ·conosce peraltro qual'è la situazione' in cui si dibatte il Governo inglese, sa che i labouristi fanno del pacifismo ad oltranza, .sa pure che oggidì in Inghilterra si pensa essenzialmente alle feste per il giubileo del Re e non si vuole che esse siano turbate da complicazioni internazionali e nemmeno da soverchie preoccupazioni e non può quindi essere ottimista circa l'atteggiamento deciso che auspicherebbe come linea di condotta britannica a Stresa.

L'ambasciatore François-Poncet non ha ricevuto da vario tempo notizie dirette da Lava,l che gli permettano di conoscere il pensiero personale del ministro degli affari esteri. Secondo le sue informazioni il Qual d'Orsay è persuaso che la sola politica possibile verso la Germania è oggidi quella di considerare attentamente i vari problemi pericolosi e di preparare per ciascuno di essi le necessarie difese. Egli riconosce che ricade in massima parte alla Francia la colpa della non conC<lusione di un accordo generale circa gli armamenti. Ritiene che appunto per ciò, il Governo francese dovrebbe ora sapere assumere l'atteggiamento deciso che solo può impedire alla Germania di ritenere lecita l'esecuzione integrale del proprio piano d'espansione in Europa. Pur rendendosi conto che vi sono tutt'ora in Francia partiti e uomini politici i quali, per malinteso desiderio di pace o vigliaccheria che dir si voglia pensano alla possibilità di un'intesa purchessia con la Germania, ritiene che la loro falange si sia assottigliata e non possa più avere grande peso sulle decisioni del Governo. Crede che quest'ultimo dovrà seriamente ponderare la situazione prima di decidere se buttarsi decisamente dal lato dell'U.R.S.S. perché la stragrande maggioranza deH'opinione pubblica francese non è favorevole ad una politica che leghi troppo strettamente la Francia ad un Governo non bene famato come quello di Mosca. Secondo François-Poncet non si dovrebbe tralasciare alcuno sforzo per riconquistare l'amicizia della Polonia. Egli considera che in questo momento politico tanto critico, la Polonia stia facendo un attento esame di coscienza e crede che un'abile azione da parte della Francia, coadiuvata dall'Italia e dall'Inghilterra, azione da cui dovrebbe esulare qualsiasi sembiante di imposizione, potrebbe avere felici risultati. Basa tale suo modo di vedere sulla considerazione che la Polonia non può certo ammettere che il problema di Memel sia risolto colla violenza e quindi con l'occupazione di questa regione da parte del Reich.

Entrambi i miei colleghi suddetti mi hanno parlato della nota pubblicata dal Popolo d'Italia il 2 aprHe dicendo che essa aveva posto il problema nei suoi termini esatti e rilevato il pericolo che rappresentavano le correnti parlamentari di opposizione le quali frapponevano ostacoli ai Governi di Francia ed Inghilterra in un momento in ,cui soltanto delle decisioni virili potevano salvare la pace del mondo.

Entrambi mi hanno detto sperare che S. E. il Capo de'I Governo, con la sua autorità e colla visione chiara che ciascuno tanto apprezza, avrebbe esposto i vari problemi politici in termini categorici e proposto per ciascuno di essi soluzioni appropriate, consistenti in qualche cosa di più che semplici parole. Scorgevano un buon sintomo nei provvedimenti militari adottati, ancorché timidamente e ad intimazione di quanto era stato fatto in Italia, dal Governo francese.

Questi ultimi hanno prodotto grande impressione in Germania, ancorché si attribuiscano esclusivamente alle preoccupazioni nutrite in Francia che il Reich pensi a mandare guarnigioni nella zona demilitarizzata.

A BerUno si ha infatti la convinzione che qualsiasi attentato contro la zona stessa darebbe origine ad una guerra con la Francia ed il Belgio. Si è però altrettanto convinti che la Francia, qualora ricevesse assicurazioni formali al riguardo, sarebbe disposta a disinteressarsi di quanto la Germania credesse in

traprendere nei riguardi dell'Austria. Si ragiona in questo modo perchè non cl si rende conto che la Francia ha potuto mostrare un interesse relativo al problema austriaco in un momento in cui quest'ultimo serviva ai suoi interessi, cioè a scavare l'abisso fra l'Italia ed il Reich. Oggi che, in gran parte grazie alla politica di Hitler, l'amicizia itala-francese è una realtà, non può essere indifferente alla Francia --che teme, e come, i 65 milioni attuali di tedeschi che essi divengano, coll'annessione degli austriaci e dei tedeschi Sudeti, più di 75 milioni. Il nazionalsocialismo installato a Vienna significherebbe, a scadenza assai breve, il germanesimo padrone di tutta la penisola balcanica ed assiso sul Bosforo. Si verificherebbe in tal caso nuovamente quello che fu la maggiore jattura dell'ultima guerra, cioè l'impossibilità degli alleati occidentali di comunicare attraverso i Dardanelli con l'alleato russo.

Mentre la situazione politica generale si presentava piena di preoccupazioni, pensarono ancora una volta i tedeschi dotati di ineffabile senso di oppurtunità a compiere tre atti che dovrebbero alla vigilia di Stresa aprire gli occhi anche a coloro i quali preferissero non vedere. Il primo fu il ratto del fuoruscito Jacob in Svizzera. Questi è indubbiamente un farabutto e non merita alcuna commiserazione. Il metodo adottato dai nazionalsocialisti per trarlo in Germania e punirlo ha però suscitato un'indignazione generale sopratutto perché esso è un nuovo indizio della mentalità dei tedeschi d'oggi i quali ritengono lecito qualsiasi mezzo pur di raggiungere i loro scopi.

Più grave, come indizio della politica che i nazionalsocialisti vogliono seguire, è il secondo fatto, quello della campagna elettorale a Danzica. Se Goering, Hess, Goebbels ed altri poterono recarsi nella città libera e farvi il comodo loro, tal quale fossero nei territori del Reich, ciò avvenne indubbiamente in base ad una previa intesa con la Polonia. Questa è probabilmente basata sopra una divisione delle sfere d'influenza nella città libera, nel senso che alla Germania è lasciata ogni libertà nel campo nazionale, ed alla Polonia assicurata ogni libertà nel campo economico e mercantile. Quanto accadde in questi ultimi giorni a Danzica è sintomatico perchè Danzica fu sempre menzionata come esempio di ciò che sarebbe l'Austria nazionalsocialista gleichgeschaltet. Si può quindi ritenere che la campagna elettorale condotta con metodo così chiassoso, a base di proclamazione di comunità di sangue, che nessuno ha mai pensato a negare

(tal quale come nella Saar) sia stata svolta sulle rive del Baltico perché apprendano i fratelli sulle rive del Danubio. Dopo quanto avviene a Danzica sarebbe un gravissimo sbaglio credere che la soluzione del problema austriaco possa procrastinarsi a lungo. Soltanto la certezza assoluta che qualsiasi tentativo interno od esterno verrebbe impedito con la forza e che qualunque attentato alla indipendenza dell'Austria darebbe origine a una guerra, impedirà che l'esperimento venga ripetuto nei mesi prossimi.

Il terzo fatto, inaudito, è il discorso pronunciato ieri dal ministro del Reich

Hess a Danzica, contro l'U.R.S.S. Non ha ancora notizia della ripercussione che

esso produsse a Mosca e nelle altre capitali. Conoscendo i bolscevichi non sarei

stupito che la reazione fosse energica ed immediata e che Stalin si inducesse

a compiere un atto e non si limitasse ad una semplice protesta. Occorre ad ogni

modo una buona dose d'impudenza, dopo i fatti del 30 giugno e del 25 luglio

scorsi, di rinfacciare in un pubblico discorso e senza alcun motivo ai bolscevichi di avere ucciso lo Czar, cioè il massimo esponente del regime contro il quale avevano lottato e vinto.

A quanti in questi giorni si sono rivolti a me chiedendo ansiosamente se potevo prevedere ciò che sarebbe accaduto a Stresa ho risposto che i problemi dell'ora presente sarebbero stati senza alcun dubbio esposti in tutta la loro gravità. Da parte italiana non si sarebbe certamente fatta la politica dello struzzo né si sarebbero mostrate le cose in modo diverso da quello che esse realmente sono. Supponevo che se altri preferissero seguire una simile linea di condotta, inspirandosi ad interessi personali, parlamentari o di opprtunità contigente, vi sarebbe stato chi avrebbe scisso la propria responsabilità affinché apparisse chiaro a chi spettassero le colpe di un insuccesso.

874

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, HASSELL

APPUNTO. Roma, 6 aprile 1935.

L'ambasciatore von Hassell doveva vedere il Capo del Governo per dargli notizia di una lettera privata ricevuta da von Neurath, che contiene delle affermazioni molto importanti. Mi prega di portare a conoscenza del Capo del Governo quanto è esposto nella lettera stessa.

La lettera dice che la Germania a un determinato momento ha dovuto lasciar cadere il mascheramento dei propri armamenti. Ha fatto ciò per mettere le conversazioni coi ministri inglesi su una base di assoluta lealtà e franchezza. L'impressione di Neurath è che i risultati della Conferenza di Berlino non siano stati così negativi come da qualche parte si è voluto far credere (osserva l'ambasciatore von Hassell che anche il Times .fa lo stesso rìlievo).

Certamente i tedeschi non avrebbero mai immaginato che gli inglesi avrebbero accolto con entusiasmo la notizia della libertà che la Germania si è presa per conto proprio nel campo degli armamenti; tuttavia si è avuta l'impressione che non solo i ministri inglesi fossero stati influenzati dalla personalità del cancelliere ma anche che gli stessi (la lettera accenna in particolar modo a Simon) abbiano riportato a casa loro una certa comprensione del punto di vista tedesco.

Neurath continua dicendo che non sono chiari i motivi della parziale mobilitazione italiana. Crede veramente Mussolini che la Germania voglia occupare l'Austria? Il Fiihrer nei colloqui coi ministri inglesi si è espresso nel senso che nessuno vuole annettere l'Austria, nessuno vuole imporle l'Anschluss o limitare il suo diritto di auto-decisione. La lotta interna austriaca fra i nazional-socialisti e i loro avversari è una questione interna dell'Austria, conflitto però al quale la Germania non può assistere senza una certa partecipazione.

Noi vogliamo soltanto -sono sempre espressioni del cancelliere -che il problema dell'Austria scompaia perché ciascuno possa «nach eigner Façon selig werden » (parole di Federico il Grande).

Per quanto siguarda il Patto dell'Europa centrale -continua von Neurath va rilevato che la Germania ne ha accettato il principio e solo ha sollevato alcuni dubbi sul concetto di <<ingerenza». Chiarito questo concetto e fissata l'istanza che deve decidere sull'esistenza o meno di una ingerenza, la Germania si dichiarerebbe soddisfatta.

Il ministro Neurath si rivolge a von Hassell dicendogli che può dichiarare espressamente al Capo del Governo che la Germania è disposta ad assumere un atteggiamento assolutamente positivo di fronte al Patto e che spera che a Stresa si troverà una redazione che elimini i dubbi di definizione che tuttora esistono.

La Germania comprenderebbe che si volesse staccare la questione austriaca dagli altri punti della discussione per ottenere attraverso Ia soluzione di questa che si stabiliscano migliori rapporti fra Germania e Italia.

Mussolini ha sempre avuto piena c·omprensione per la concessione alla Germania della parità di trattamento e ha sempre dichiarato che un popolo di 65 milioni di abitanti non può vivere eternamente compresso.

Purtroppo i suoi ammonimenti lungimiranti non hanno giovato presso i francesi e poiché i nostri tentativi di venire ad un accordo coi francesi sono naufragati di fronte ad un atteggiamento rigidamente negativo, abbiamo dovuto prendere il nostro destino nelle mani e forgiare le armi che abbiamo ritenuto necessarie per la nostra difesa.

La Germania non ha intenzioni aggressive in genere contro nessuno ma ln modo particolare non contro l'Italia.

Ringrazio l'amba,sciatore delle interessanti comunicazioni.

Egli mi prega se c'è qualche risposta prima di Stresa, di fargliela tenere.

Gli dico che la preparazione di Stresa non è ancora fatta perchè gli ing.lesi attendono le discussioni che seguiranno al ritorno di Eden.

A sua domanda gli affermo che l'impressione generale è piuttosto dl pessimismo. In questo momento non si vede bene come sarebbe possibile arrivare alla cosiddetta organizzazione collettiva della pace. II pericolo sta che in un'eventuale occasione ci si possa trovare di fronte ad un fatto compiuto che può portare alle più gravi conseguenze.

875

IL SOTTO SEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, ROSSO

T. 3054/112 P. R. Roma, 7 aprile 1935, ore 3.

Telegramma di V. E. n. 119 e 103 e precedente corrispondenza (1).

Conversazioni riferite da V. E. con telegramma n. 103 permettono rilevare come buone disposizioni conciliative di codesto Dipartimento Stato hanno permesso risolvere già varie divergenze circa pretesa propaganda fascista negli

Stati Uniti. Rimane questione insegnanti in merito alla quale V. E. potrà far presente che essi erano appoggiati ai consolati italiani soltanto per ragioni di carattere amministrativo e burocratico dato che loro azione di puro carattere culturale fu sempre intesa come ben distinta dall'ambito delle attività consolari. Tenuto conto di tali circostanze V. E. potrà far noto a codesto Dipartimento che tuttavia R. Governo allo scopo di evitare che attività detti maestri possa per solo fatto della loro dipendenza dai RR. consolati continuare a prestarsi ad erronee interpretazioni è disposto a togliere detti insegnanti da dipendenza RR. consolati aggregandoli inve·ce a qualche ente culturale che mi riservo di indicare. Per quanto riguarda questione ragazzi americani partecipanti ai campeggi estivi in Italia questo ministero pur tenendo presente ·che dichiarazi-oni presidente comitato inchiesta di cui a telespresso 599 (l) facciano presumere che partenza ragazzi possa essere sfruttata per riaprire polemiche, non ritiene di sospendere iniziativa. Tali campeggi debbono essere considerati quali una ospitalità generosamente offerta ispirata agli stessi scopi cui rispondono analoghe iniziative che vengono praticate da tutti i Governi quali concessioni viaggi borse di studio 'riduzioni spese viaggi, facilitazioni soggiorno a cittadini stranieri, ammissione gratuita o semi ad aecademie. Oltre a ciò detti ragazzi hanno sempre avuto speciale trattamento, conservano loro particolare uniforme, loro vessilli, non sono inquadrati militarmente.

Del resto la partecipazione a tali campeggi è perfettamente libera, sollecitata dagli stessi parenti dei ragazzi e dalle organizzazioni americane cui appartengono.

Confido pertanto che in relazione a quanto sopra esposto come pure tenuta presente la buona volontà dimostrata dal R. Governo nel venire incontro ai desideri di eodesto Dipartimento di Stato V. E. potrà esperire quell'azione che riterrà più opportuno ad evitare quei contrasti e quelle critiche che non hanno alcun fondamento né consistenza nei fatti.

(l) T. 2758/119 P. R. del 27 marzo e T. 1346/103 R. del 16 marzo. Per la precedente corrispondenza cfr. nn. 567, 621 e 675.

876

IL MINISTRO AL CAIRO, PAGLIANO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1900/106 R. Cairo, 7 aprile 1935, ore 21,51 (per. ore 0,30 dell'B).

Ho fatto poco fa a Capo del Governo comunicazione ordinatami da V. E. con odierno telegramma 59 (2).

Capo del Governo mi ha risposto ignorare che vi fossero ambienti o gruppi egiziani degni di esser presi in considerazione, i quali avessero assunto atteggiamento o fatto manifestazioni ostili all'Italia, che in ogni modo teneva a dichiararmi subito che atteggiamento del suo Governo continuava ad essere guidato da sentimenti di sincera amicizia per il nostro paese. Mi ha sog·giunto che invece ripetute doglianze gli erano pervenute da parte Abissinia di favorire Governo

italiano e che sempre aveva replicato essere sua ferma intenzione di non dìpartirsi dalla linea della più rigorosa neutralità.

Circa atteggiamento di alcuni giornali Capo del Governo disse essere sua impressione non potersi almeno per ora ravvisare una preoccupante azione a noi contraria; e che in ogni caso non è da stupire che questa stampa, ultra libera e non sempre in condizione riempire .sue pagine, possa facilmente Qspitare altresì articoli già preparati o notizie false. Conversazione avvenuta domicilio privato onde ho avuto agio sviluppargli anche due tesi:

l) minoranza mussulmana etiopica perseguitata da governanti abissini (argomenti cui Capo del Governo molto religioso si è particolarmente interessato), 2) trattamento fatto ai copti ortodossi in Eritrea esser garanzia più che di rispetto del Governo italiano per quella religione. Capo del Governo mi ha promesso che avrebbe fatto raccomandare ai circoli diplomatici amici tenere atteggiamento conforme vedute Governo.

Nonostante che linguaggio giornali non sia più così ostile come alla fine febbraio secondo miei telegrammi 65 e 71 (l), e nonostante atteggiamento circoli britannici mi sembri migliorato nei riguardi nostri, nondimeno ritengo che contro azione del genere di quella prospettata nel mio rapporto 24 marzo n. A.O.R. 5 (2) sia urgente.

(l) -Telespr. 1796/599 del 26 marzo, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 871.
877

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, AL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI

T. 3076/54 P. R. Roma, 7 aprile .1935, ore 24.

Faccia sapere a cancelliere che suo recente discorso sulla coscrizione e sulla esigenza delle Heimwehren è tempestivo e esauriente e tale da unificare tutte le forze (3).

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 7 aprile 1935.

La necessità di impedire il rifornimento delle armi all'Etiopia per la via di Gibuti è stata tenuta presente fin dall'inizio delle trattative con la Francia; e diversi schemi per impegnare in tal senso il Governo francese furono all'uopo preparati (si vedano i precedenti relativi al negoziato italo-francese). Ma la dichiarazione di désistement » francese non copre questo punto.

Da che i nostri rapporti con l'Abissinia si sono venuti guastando, ed è apparsa la determinazione di una nostra azione militare, il problema del rifornimento delle armi non solo via Gibuti, ma anche via Berbera, ed in generale attraverso le colonie francesi ed inglesi confinanti con l'Etiopia, si è avuto nuovamente presente.

L'importazione delle armi in Abissinia è regolata dal Trattato italo-francoanglo-etiopico del 1930, il quale praticamente sottopone l'importazione delle armi stesse ad una sola condizione: che esse siano importate dall'Imperatore.

L'ultimo paragrafo dell'art. 9 interpretato in modo molto favorevole all'Italia è stato da noi invocato presso i Governi francese ed inglese perché essi vietassero il transito delle armi attraverso le rispettive colonie; ma è certo che da un punto di vista legale l'interpretazione italiana è difficilmente sostenibile. Tuttavia è solo un divieto di indole generale quello che potrebbe efficacemente risolvere il problema.

Impedimenti e diffi.coltà alle singole forniture di· armi, sia per via legale sotto pretesto di vigilanza sul contrabbando delle armi nel Mar Rosso, sia per via illegale mediante azioni di forza tanto nel Mar Rosso quanto possibilmente lungo la Ferrovia Gibuti-Addis Abeba o altrove sono di utilità evidentemente limitata (1).

Son in ogni modo in corso proposte e provvedimenti all'uopo. Ma il problema è e resta quello di ottenere che Francia e Inghilterra, o accedendo per ragioni politiche a una nostra interpretazione dell'art. 9 surricordato o in quel modo che esse riterranno più opportuno, diano soddisfazione a questa nostra richiesta che acquista tanta maggiore importanza quanto più lungo è e sarà il periodo che ci separa da un'azione diretta in Etiopia.

Con l'Inghilterra e con la Francia potrà invocarsi per questo come in genere per l'atteggiamento francese ed inglese sull'assieme del problema abissino (il problema abissino si risolve a Londra e a Parigi, oltre che politicamente e militarmente sul luogo) la considerazione che non è possibile che la collaborazione dei tre Governi si limiti ai problemi europei e non si estenda anche a quelli africani; che cioè non è naturale che noi prestiamo il nostro concorso alla pacificazione e alla sicurezza ùell'Europa, e non lo riceviamo poi dalla Francia e dall'Inghilterra per la partecipazione e la sicurezza della regione etiopica.

Nei riguardi francesi vale poi !a considerazione degli accordi generali conclusi a Roma e in via di sviluppo nei riguardi inglesi vale la considerazione della politica di collaborazione che è stata continua fra Italia e Inghilterra in tutto il dopoguerra; può valere in particolare la collaborazione da noi prestata

Il Console a Gibuti non può nè deve soltanto limitarsi a segnalare! i carichi d'armi che saranno sbarcati in quel posto e che le Autorità francesi -con tutta la migliore buona volontà -non potranno completamente arrestare. Egli deve andare, quando occorre, allo sbaraglio e servirsi di tutti i mezzi per fare ciò che i francesi non potranno. Poco importa se ad un dato momento potrà scoprirsi. L<> richi·ameremo e ne invieremo un altro. Ma deve procurarsi gli agenti necessari anche per distruggere i carichi d'armi e dirigerne l'opera. È da contemplarsi perfino la distruzione dei ponti della ferrovia Gibuti-Addis Abeba prima dell'apertura delle ostil!tà ».

nel 1902-903, i noccasione della rivolta del Mullah, quando alle osservazioni fatte al Governo italiano perché esso avesse adottato un atteggiamento decisamente amichevole verso l'Inghilterra, il ministro degli esteri del tempo ebbe a dichiarare che «non sarebbe stato possibile fare verso gli inglesi una politica poco amichevole in Africa e pretendere poi che essi facessero verso gli italiani una politica di amicizia in Europa).

Giudicherà V. E. se non sia il caso che dell'argomento si parli a Stresa, ciò che sembrerebbe opportuno.

(l) -T. 1201/65 R. dell'll marzo e t. s. 1253/71 R. del 14 marzo, non pubblicati. (2) -Non pubblicato. (3) -Minuta autografa di Mussolini. Preziosi rispose con t. 3224/79 P. R. del 9 aprile: <<Cancelliere austriaco mi ha pregato ringraziare V. E. per suo alto apprezzamento».

(l) Cfr. i seguenti passi di un appunto per Suvich anonimo, datato aprile 1935 e in margine al quale Guarnaschelli ha scritto: «A GuarigUa 6 aprile: «non si potrebbe anche studiare il modo di organizzare una piccola flottiglia di sambuchi armati da privati indigeni da noi segretamente sovvenzionati, l quali facessero -senza nostra responsabilità -anche delle azioni violente su determinati piroscafi che loro fossero segnalati? Tutto è possibile nel Rosso se si sa agire coi dovuti accorgimenti...

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IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. 637/35 R. Roma, 8 aprile 1935, ore 2.

Suoi telegrammi nn. 71, 72, 73 (1). Premetto per suo chiarimento che nessuna trattativa propriamente detta vi è stata né vi è con la Jugoslavia circa patto di non ingerenza.

Proposta patto venne a suo tempo comunicata a tutti Stati di cui era prevista l'adesione e dei quali solo la Germania ha fatto conoscere per ora le sue osservazioni. A queste osservazioni è stato risposto da parte nostra e francese e sono state semplicemente preannunciate delle ulteriori osservazioni germaniche. Dato questo stato di cose è certamente prematuro pensare all'adesione di altri Stati oltre quelli previsti. Né si vede scopo preciso di una adesione Turchia che non ha con l'Austria né contiguità territoriale né un interesse diretto, a meno che non si volesse dare al patto di non ingerenza un carattere generale facendolo entrare nel sistema della Piccola Intesa e dell'Intesa Balcanica o in un sistema più generale di patti di reciproca garanzia o non ingerenza, ciò che non è almeno per ora nelle nostre intenzioni.

Occorre anche per mia norma chiarire il valore delle ripetute affermazioni fattele dal signor Aras circa carattere personale delle sue idee; dato che evidentemente trattative non debbono avere carattere personale. Occorre parimenti chiarire valore da attribuire a dichiarazione fattale di cui a prima parte del suo telegramma n. 71 circa inutilità di nuove trattative, essendo bastate assicurazioni di S. E. Capo Governo a dissipare tutte le nubi che oscuravano i rapporti itala-turchi. Tali due punti diminuiscono oltre tutto il valore dell'esposizione ulteriore del signor Aras, sulla linea del resto già precedentemente espostale.

Riconfermo d'altra parte direttive di cui a telegramma n. 33 (2) e argomentazioni per cui non saremmo favorevoli a patti con base troppo vasta che necessariamente riescono vaghi e imprecisi. Di qui la nostra tendenza a restringere

in modo da poter convergere le forze di ciascuno alla tutela di interessi precisi. definibili e concreti.

Per tutte queste considerazioni, oltre quelle già espostele, le confermo che a mio avviso è opportuno mantenere le trattative sulla linea di un patto a tre come precisato nel telegramma n. 33. Non escludo che in conseguenza della nuova situazione dei rapporti itala-jugoslavi, che confidiamo sia suscettibile di svòlgimento, si possa contemplare in tesi di massima una adesione della Jugoslavia in modo da formare una quadruplice.

Non vediamo invece né la convenienza né la possibilità di una inclusione della Romania e della Bulgaria che essendo Stati rivieraschi del Mar Nero darebbero altro carattere al patto in esame. In tale caso bisognerebbe considerare anche un'eventuale partecipazione dell'U.R.S.S., ciò che ci porterebbe ancora più lontano.

Se codesto Governo si orientasse in tale senso, esso stesso potrebbe cominciare a indicarci quali a suo avviso potrebbero essere gli obiettivi della triplice (ev,entualmente quadruplice). In tale quadro secondo noi dovrebbero in ogni modo essere annullati o rifusi i vecchi patti bilaterali esistenti tra Italia, Grecia e Turchia.

È mio desiderio mantenere ad ogni modo costì vive le trattative, sia pure con tutte le cautele di cui all'ultima parte del telegramma n. 33.

Circa gli eventuali incontri del signor Aras a Milano il 13 corr. (l) dipenderà dalle circostanze in connessione con la conferenza di Stresa. Al riguardo mi riservo ulteriori comunicazioni e V. E. potrà intanto esprimere al signor Aras che appr,ezzando il suo desiderio si farà il possibile per venirgli incontro.

(l) -Cfr. nn. 842, 843 e 844. (2) -Cfr. n. 827.
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L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1937/195 R. Parigi, 8 aprile 1935, ore 23 (per. ore 2,20 del 9)

Ministro affari esteri romeno è venuto a vedermi. Egli mi ha detto cose che, probabilmente, V. E. conosce già. Le riferisco ad ogni buon fine:

l) Patto danubiano. Titulesco mi ha informato che gli Stati della Piccola Intesa hanno dato singolarmente la loro adesione. II ministro romeno è d'avviso che il patto dovrebbe essere concluso rapidamente, per la difesa dell'Austria senza domandare contropartita.

64 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

Ha soggiunto che Laval gli ha dichiarato che la Francia è decisa a cooperare anche militarmente alla difesa dell'Austria.

Titulescu si rallegra nel constatare che finalmente ministro degli esteri francese era uscito da incertezze su questo punto.

Ho ascoltato il mio interlocutore.

Non ho fatto osservazioni specialmente quando egli mi ha dichiarato, direi con intenzione, che il suo paese è pronto impegnarsi militarmente alla difesa dell'Austria.

2) Riarmamento degli Stati minori disarmati per trattati. Titulescu mi ha dichiarato subito che egli ha presente Ungheria. Laval ha insistito molto con lui sull'argomento in discorso. Titulescu ha dichiarato al ministro degli affari esteri francese e ha ripetuto a me di essere disposto a prendere in considerazione riarmamento ungherese se fosse data alla Romania una garanzia supplementare di sicurezza. Non si è spiegato di più né ho creduto opportuno spingerlo a una confi-. denza che egli avrebbe desiderato di farmi. Avrò dal Quai d'Orsay i particolari che interessano. Ho replicato invece a Titulescu che mi sembrava che le direttive sue e della Piccola Intesa fossero illogiche. Quale atteggiamento avrebbe assunto Piccola Intesa contro un riarmamento clandestino degli Stati minori? -Romania avrebbe tollerato riarmamenti clandestini dell'Ungheria? Titulescu mi ha risposto affermativamente però a denti stretti. Esempio della Germania non era dunque sufficiente? Piccola Intesa intendeva ripetere errore della Francia? Se si fossero seguiti or fa un anno gli avvertimenti del Capo del Governo consentendo al riarmo limitato e controllato della Germania, l'Europa non si troverebbe oggi così in gravi difficoltà. Il ministro romeno ha apposto opinione pubblica del suo paese che non ammetterebbe legalizzazione del riarmamento dell'Ungheria senza una contropartita di garanzie di sicurezza.

3) Restaurazione degli Absburgo. Titulescu mi ha dichiarato che gli Stati della Piccola Intesa sono concordi nel negare che se ne parli. Al ritorno di un Absburgo sul trono di Vienna, seguirebbe la mobilitazione degli Stati alleati. Titulescu ha osservato che d'altra parte la conclusione del patto danubiano avrebbe per effetto di assicurare l'indipendenza dell'Austria. Ho replicato che senza dubbio il patto danubiano rappresentava una barriera efficace contro le aspirazioni naziste sull'Austria. Se tuttavia in un momento determinato la restaurazione di un Absburgo a Vienna dovesse essere considerata una efficace garanzia ulteriore sarebbe stato assurdo di non ricorrervi. Continua col n. successivo (1).

(l) Con t. 1751/75 R. del 1° aprile Galli aveva comunicato il desiderio d! Tevf!k Ruschd! bey di incontrare suvich o Aloisi il 13 aprile durante una sua sosta a Milano, consigliando di aderirvi.

(l) Ctr. n, 887.

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IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1958/041 R. Vienna, 8 aprile 1935 (per. il 10).

Mio .telegramma n. 78 (l).

Ho incontrato testé Starhemberg. Nel chiedermi se io avessi già telegrafato per sollecitare sua udienza (2), mi ha confidato che suo principale desiderio è di ottenere da S. E. il Capo del Governo confidenziale notizia delle decisioni di Stresa, specie in riguardo al preciso atteggiamento che Francia ed Inghilterra si fossero dichiarate pronte ad assumere nell'eventualità di attacchi contro l'Austria (3).

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IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 1972/039 R. Atene, 8 aprile 1935 (per. il 10).

Telegramma di V. E. n. 59 (4).

Fino a che situazione politica ellenica non sarà completamente normalizzata e finché nuovo ministro affari esteri non avrà maggiore conoscenza problemi internazionali sarà impossibile avere precise indicazioni su vedute Governo ellenico circa futuri patti con l'Italia e Turchia.

Nuove informazioni mi confermerebbero quanto in merito ho già comunicato con mio telegramma per corriere n. 031 (5), e cioè che qui a parte che per il momento si è già troppo occupati per liquidare postumi rivoluzione per poter prendere definitive decisioni su tali questioni, si insiste nel voler includere in tale patto Stati Intesa Balcanica e non si vede pos-sibilità alcuna paterne fare a meno, ad onta che si riconosca che tali Stati abbiano interessi Mediterraneo da difendere e salvaguardare bene inferiori e più limitati di Italia, Grecia e Turchia.

Ex ministro Maximos, che di tali trattative, come di tutte le questioni internazionali, è stato posto al corrente da Governo ellenico, nel confermarmi quanto in merito al patto già mi era stato detto da ministero degli affari esteri, mi ha aggiunto che tale accordo, che a suo avviso doveva assumere carattere mutua garanzia e consultazione, oltre Stati Intesa Balcanica finirebbe necessariamente e automaticamente per estendersi a tutti gli Stati balcanici eliminando pericoloso isolamento Bulgaria e antagonismo jugoslavo albanese, poiché Bulgaria, qualunque siano sue aspirazioni e propositi, non potrebbe mantenersi

estranea da un patto che non avrebbe per essa alcun carattere coercitivo e ostile a Albania, a meno che Italia non avesse ragioni da opporvici, non potrebbe fare a meno ritrarne considerevoli vantaggi potendo con essa stabilizzare definitivamente sua posizione verso vicini.

Egli è altresì d'avviso, contrariamente da quanto mi era parso rilevare in altri ambienti, che patto dovrebbe ecsere concluso al più p;:esto, avanti anche qualsiasi accordo europeo, essendo convinto che simile opera di stabilizzazione balcanica contribuirebbe largamente a assicurare pace Europa ed a facilitare conclusione altri più vasti accordi internazionali relativi questioni centroeuropee.

Ma tanto signor Maximos quanto altri uomini politici ellenici che mi hanno parlato di tale patto, qua ormai assai noto e del quale si rivendica anche paternità attraverso patto Mediterraneo di cui ministro esteri ellenico avrebbe già parlato durante precedente sessione Ginevra, sono tutti concordi nell'affermare che, almeno per quanto riguarda Grecia, dovrebbe essere privo di qualsiasi anche indiretto carattere contrario alla Germania, con cui, per ragioni già precendentemente espresse, Grecia intende conservare migliori e più cordiali rapporti restando estrunea da ogni attività che intendasi nelle presenti congiunture internazionali svolgere verso di essa.

Non mancherò comunicare a V. E. più ampi e precisi dettagli al riguardo non appena ministro esteri abbia preso effettiva direzione affari e condizioni politiche greche siano normalizzate.

(l) -T. 3154/78 P. R. del 7 aprile, non pubbHcato. (2) -Con t. 3274/56 P. R. del 13 aprile •Suvich rispose che la visita di Starhemberg avrebbe potuto aver luogo fra !l 15 e !l 25 e che il giorno sarebbe stato precisato !n seguito. (3) -Non si pubblica un appunto di Jacomon! del 13 aprile su un colloquio col ministro d'Austria dal quale risulta che Vollgruber era «molto desideroso di avere notizie sull'andamento delle conversazioni di Stresa». (4) -T. 599/59 R. del 3 aprile, con cui veniva r!trasmesso il t. 1750/47 del 1° aprile di Galli, non pubblicato, sulla situazione in Bulgaria. (5) -Cfr. n. 799.
883

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2063/013 R. Ankara, 8 aprile 1935 (per. il 15).

Mio telegramma odierno n. 81 (1).

Questo ambasciatore di Francia mi ha detto essere stato informato da Aras sulle nostre disposizioni a concludere un patto mediterraneo limitato a Turchia, Grecia, Italia, estensibile eventualmente in secondo tempo ad altri Stati balcanici.

Il signor Kammerer ha voluto farmi considerare che allo stato attuale delle relazioni degli Stati balcanici e specialmente di quelle turco-jugoslave è assolutamente impossibile che Turchia ed Jugoslavia si separino. Come seguito ed applicazione del patto balcanico non vi sono altri impegni determinati e precisi nel senso di un vero e proprio obbligo scritto e sottoscritto; ma vi sono affidamenti verbali costantemente ripetuti e consacrati in ogni verbale delle riunioni che hanno avuto luogo fra membri del patto balcanico nei quali verbali questi impegni sono ripetati. Egli ha letto vari di questi processi verbali o perché inviatigli dal Quai d'Orsay al quale sono stati comunicati, o perché mostratigli da Titulescu (credere alla possibilità di avere la firma turca senza la Jugoslavia è, secondo Kammerer illusorio). Anzi ne viene di conseguenza, egli ha aggiunto, che qualsiasi proposta

separata che venga dall'Italia alla Jugoslavia od alla Turchia è fatalmente interpretata come tentativo di disgiungere i due Stati e sabotare il patto balcanico e perciò produce impressione opposta a quello che vorremmo ottenere. Specialmente Belgrado, quando conosciuto le nostre proposte alla Turchia, aveva espresso un parere assolutamente contrario alla accettazione di esse senza la Jugoslavia. E tanto Puriéh che il principe Paolo (no::l sapeva se anche Jeftich) erano usciti in giudizi molto netti sulle supposte finalità disgregatorie della politica italiana. Non lo stupivano i commenti di Puriéh spirito impulsivo.

Egli mi diceva tutto ciò nell'onesto intento di giovare alla conclusione di accordi che avrebbero avuto tanto bUOè1. effetto pacificatorio, ed avrebbero messo fine ai tentativi ed agli intrighi germanici in tutti i Balcani.

E me lo diceva con ogni sincera brutalità: 1°) Per i nostri vecchi rapporti di amicizia (abbiamo insieme collaborato con schietta confidenza per quattro anni dal 1919 al 1922); 2°) perché verosimilmente tali cnse a me non si dicevano ed era bene che non le ignorassi.

Egli non aveva alcuna istruzione da Parigi di perseguire ed appoggiare la conclusione del più ampio patto balcanico Mediterraneo. Verosimilmente Parigi non sapeva ancora quanto gli aveva qui detto Aras. Ma egli stimava di essere nella linea generale della politica francese e credeva che il Quai d'Orsay non avrebbe disapprovato tali sue opinioni.

Lo ho ringrazic:>"to. Ma gli ho dett::~ che Turchia e Jugoslavia, ed anche lui, emno nel più ampio errore se attribuivano alla politica ed alle proposte italiane fini disgregatori del patto balcanico. Le più ampie proposte di Aras non potevano per il momento essere considerate dall'Italia perchè abbisognavano di preciso esame e di precisa maturazione. Esse coinvolgevano nuovi problemi non ancora ben precisi. I nostri nuovi rapporti con la Jugoslavia erano appena all'inizio. Attendere il loro pleno sviluppo prima di stringere un nuovo sistema di sicurezza era perdere tempo. Ciò che le circostanze non sembravano consigliare. Vi era tutta una situazione generale, nonché quelle particolari dei nostri rapporti in atto con Stati amici, alla cui luce dovevamo esaminare le proposte di Aras.

In sostanza non vi era differenza assoluta fra il pensiero di S.E. il Capo del Governo e quello di Aras. Anziché r:ccettare subito ed in totalità quanto la Turchia proponeva e che si estendeva al Mar Nero, saremmo verosimilmente arrivati a costituire un vero blocco Mediterraneo-Balcanico specie se esteso in secondo tempo alla Jugoslavia ma partendo da basi che la politica italiana ha già post,o e ,chiaramente, nel Mediterraneo orientale, e che esistono già, e che non si dovevano porre in non cale perché già provati da una esperienza.

Supporre che nella situazione generale attuale la politica italiana maliziosamente pensass<; a dividere, era offensivo ed assurdo. Fra i patti in gestazione vi era anche quello di non ingerenza per l'Europa Centrale, del quale noi sa'remmo partecipi con la Jugoslavia e l'Ungheria. La posizione che vi avremmo assunto non poteva essere disgiunta, nel suo significato essenziale, dal significato essenziale delle nostre proposte. Annullava quindi ogni tendenziosa interpretazione delle nostre risposte alla Turchia.

Egli ha finito col darmi ragione, ma ha ripetuto che forse sarei potuto riuscire a persuadere i turchi, ma gli jugoslavi non si sarebbero mai peTsuasi perchè sospettosissimi. Ciò egli sapeva in modo pertinente. Non ho potuto stabilire se dalla legazione di Francia a Belgrado o da questo ministro di Jugoslavia.

Ha poi aggiunto che la Bulgaria doveva certo dare un nuovo aspetto al suoi rapporti con la Turchia in ispecie, ed in genere con gli Stati del patto balcanico. E cercava una qualche formula onorevole per entrare nel patto stesso. (Ciò mi ha detto anche Aras). Perciò egli aveva spiegato al nuovo ministro di Bulgaria Pavloff che una via onorevole per la politica bulgara di rendersi conto della situazione reale in cui essa si trova, contribuire alla pacificazione generale, e nello stesso tempo evitare di porre la sua firma sotto nuove rinuncie e condanne delle sue aspirazioni, era entrare nella combinazione suggerita da Aras. Tale combinazione assorbendo il patto balcanico lo avrebbe annullato nelle sue espressioni poco simpatiche per la Bulgaria, mentre la avrebbe messa accanto all'Italia sua amica, senza costringerla a firmare nuove rinuncie. In pari tempo le avrebbe permesso il riarmo d'accordo con tutti i suoi vicini. Il Pavloff si era fatto spiegare e chiarire più volte tali concetti del Kammerer dichiarando che li trovava assai interessanti.

A questo punto il Kammerer ha rinnovato le sue assicurazioni di non avere alcuna istruzione in proposito -ma di ritenere onestamente di essere nelle linee generali della politica francese, in ogni caso di voler contribuire al nuovo assetto di :garanzia che l'Italia può perseguire in questo settore europeo.

Mi sono limitato ad ascoltare il pensiero espresso dal Kammerer al ministro di Bulgaria.

(l) T. 1918/81 R., non pubblicato.

884

COLLOQUIO FRA IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, E L'AMBASCIATORE DELL'U.R.S.S. A ROMA, STEIN

APPUNTO. Roma, 8 aprtle 1935.

Il Signor Stein mi chiede il nostro punto di vista per Stresa. Gli dò alcune informazioni sommarie avvertendolo che c'è ancora un punto da chiarire, quello cioè dell'atteggiamento della Gran Bretagna. L'Ambasciatore insiste molto per sapere il nostro punto di vista nel riguardi della Polonia.

Gli rispondo che riteniamo utile di fare un'opera di avvicinamento verso la Polonia per evitare che essa costituisca un blocco con la Germania che renderebbe difficili i negoziati futurL

L'Ambasciatore ha sentito che l'Italia sta trattando con la Polonia per

offrirle delle concessioni che consisterebbero in una modifica del Patto orientale

Gli rispondo che non c'è nulla di tutto ciò.

Il Signor Stein insiste ripetutamente sulla tesi russa che qualunque modifica del Patto orientale che gli tolga il carattere di mutua assistenza, sarebbe una notevole vittoria della Germania e svuoterebbe il Patto orientale di ogni contenuto. La Russia desidera l'intervento della Germania e della Polonia ma non è disposta per ottenere tale partecipazione a sacrificare il Patto nella sua parte essenziale.

Replico all'Ambasciatore che non abbiamo nessuna intenzione di prendere una posizione di primo piano nella questione del Patto orientale, né di contrastare il punto di vista russo; riteniamo però che, salvaguardando tale punto di vista del suo Paese, sarebbe molto utile un avvicinamento colla Polonia.

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COLLOQUIO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, COL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, LUGOSIANU

APPUNTO. Roma, 8 aprile 1935.

Il Ministro Lugosianu mi consegna l'unita nota con cui la Romania aderisce in principio al patto di non ingerenza. Mi chiede se tale nota, di cui mi aveva dato già una anticipazione, era stata gradita al Capo del Governo.

Gli rispondo di sì poiché non contiene alcuna riserva.

Mi rise·rvo di confermare ufficialmente il ricevimento della nota e dopo Stresa di dargli informazioni sulla procedura da seguire.

Il Ministro Lugosianu mi parla poi del compito di Stresa. Dice che da tutti si attende una soluzione di energia perché altrimenti la Germania non potrebbe essere più tenuta a freno.

ALLEGATO LUGOSIANU A MUSSOLINI

N. 522. Roma, 6 aprile 1935.

D'ordre de mon Gouvernement, j'ai l'honneur de porter à la connaissance de V. E. ce qui suit:

«La Roumanie déclare donner son adhésion de principe aux Accords de Rome dans l'espoir que les négociations qui s'ouvriront établiront les conditions d'un véritable rapprochement des peuples de l'Europe Centrale. En conséquence la Roumanie est prete à étre consultée.

En portant le texte ci-dessus à la connaissance de V. E. je Lui serai très obligé de vouloir bien me mettre en mesure de donner une réponse à mon Gouvernement.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 aprile 1935.

Allo stato attuale della situazione non sembra possibile escludere che i prossimi obiettivi della politica tedesca siano Memel e Danzica. La situazione giuridica e politica di Danzica e di Memel è diversa.

Memel è sotto la sovranità lituana. Lo statuto, garantito dalle Potenze, si limita a sancire i diritti della minoranza tedesca. Quando anche quindi le elezioni a Memel dessero una maggioranza ai nazionalsocialisti, questi non sarebbero in grado né di proclamare r1'é di chiedere l'annessione alla Germania. Volendo modificare la situazione di Memel, la Germania dovrebbe ricorrere ad un'azione di forza.

Danzica è città libera, unita alla Polonia da speciali convenzioni dirette a regolare la tutela degli interessi polacchi per il traffico nel porto di Danzica ecc. Ma la Polonia non vi ha alcuna sovranità effettiva. A differenza di Memel, un governo danzichese nazionalsocialista potrebbe o proclamare o chiedere l'annessione alla Germania e avviarsi quindi alla modifica del suo Statuto, senza ricorrere alla forza.

Tanto le questioni di Danzica quanto quelle di Memel non ci interessano a titolo diretto. Esse interessano invece in primo luogo la Polonia -anche nello stato attuale delle relazioni fra la Polonia e la Lituania, del resto non del tutto chiare, la Polonia non potrebbe restare indifferente di fronte ad un'azione di forza della Germania su Memel -in secondo luogo l'U.R.S.S. È quindi sopratutto in considerazione di quelli che possono essere gli interessi della Polonia e dell'U.R.S.S. ed il loro collegamento con quelli che sono gli interessi nostri più diretti che queste due questioni debbono essere esaminate.

Nel quadro della conversazione di Stresa rientrerà certamente la questione di Memel e forse anche quella di Danzica. Converrà di insistere, nella misura del possibile, sul carattere internazionale delle due questioni anche per quella analogia che innegabilmente può esistere col problema austriaco.

Con appunto a parte vengono rimessi gli schemi di accordi preparati per l'Austria, secondo le istruzioni di V. E. La Direzione Generale A. P. crede di dovere far presente l'opportunità che:

l) si eviti che quello che noi proporremo si presenti come una richiesta italiana di appoggio francese ad interessi nostri. Le nostre proposte dovrebbero apparire come proposte dirette a concertare un'azione comune in difesa di interessi comuni, dato che -e questo è il punto che andrebbe di nuovo convenientemente rilevato -la difesa dell'indipendenza austriaca è un interesse francese almeno tanto quanto italiano, per le ripercussioni che l'Anschluss avrebbe fatalmente su tutto l'equilibrio politico europeo;

2) occorrerebbe non perdere di vista che, per ovvie c·onsiderazioni dì

politica nostra generale, quanto si fmà e quanto noi cercheremo di fare per

l'Austria dovrebbe sopratutto rispondere a scopi tattici, senza perdere di vista

quindi il futuro, e perciò tener conto dei possibili sviluppi sia della situazione

europea che della nostra politica generale avvenire.

ALLEGATO

Il Capo del Governo Italiano ed il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica

Francese hanno proceduto ad un esame dello stato attu!lile della situazione austriaca

quale si presenta oggi dopo il decreto del GÒverno germanico del 16 maa-zo, e delle even

tualità che potrebbero verificarsi in quel settore.

Essi si sono trovati d'accordo nel ritenere che dei mutamenti nella situazione interna

austriaca suscettibile di compromettere l'indipendenza ed integrità austri!I!Ca potrebbero

anche verificarsi senza che abbiano a riscontrarsi gli estremi della ingerenza e dell'uso della forza che hanno fatto oggetto del processo verbale italo-francese del 7 gennaio u.s.;

Il Capo del Governo italiano ed H Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Francese hanno riconosciuto nell'interesse comune la necessità di venire alla conclusione di accordi politici e militari diretti a coordinare in qualsiasi eventualità l'azione dei due Governi in difesa dell'indipendenza e dell'integrità dell'Austria.

Detti accordi conclusi inizialmente fra la Francia e l'Italia restano aperti all'adesione della Cecoslovacchia e della Jugoslavia; e a questo scopo i Governi di Francia e d'Italia si concerteranno per una azione diplomatica comune.

Il Capo del Governo Italiano ed il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Francese hanno riconosciuto nell'interesse comune la convenienza di estendere anche a questa eventualità le consultazioni stabilite dall'anzidetto Processo Verbale allo scopo di concretare le misure da prendere ed assicurare così il mantenimento dell'indipendenza e dell'integrità austriaca.

887

L'AMBASCIATORE A PARIGI, PIGNATTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1945/196 R. Parigi, 9 aprile 1935, ore 11,40 (per. ore 14,40).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente il n. di protocollo precedente (l}.

Il giorno in cui un Absburgo ascendesse nuovamente al trono avito l'Italia sarebbe stata interessata almeno quanto gli altri Stati successori a non consentire che la macchia di olio si allargasse oltre misura.

Mi sembrava strano che tutto qussto non fosse compreso.

L'Italia era entrata in guerra per disgregare la duplice monarchia. Se essa consentiva ad una restaurazione limitata dettata da motivi d'ordine internazionale, si poteva essere sicuri che avrebbe montato buona guardia per contenere la restaurazione stessa.

Una limitata restaurazione absburgica avrebbe anzi creato una apprezzabile solidarietà di interessi fra l'Italia e gli Stati successori. Nel corso della conversazione Titulescu mi ha detto che tra francesi e russi le cose non vanno molto bene.

Il ministro romeno sembra condividere il punto di vista francese, ossia è d'avviso che il patto orientale debba essere inquadrato nel patto della Società delle Nazioni.

Il malcontento dei russi sarebbe anche motivato dal fatto che Lava! di

mostra scarso interesse alle trattative per il patto orientale e rinvia a data

sempre più lontana la sua visita a Mosca che sarebbe ritardata al 25 del mese

corrente.

Il ministro romeno afferma pure di avere notato qui incertezza nell'atteg

giamento da assumere nei confronti della Germania e mi ha citato il fatto di

un deputato del centro destro, l'on. Stanislao De Castellane che davanti a

Lavai ed a lui ha sòstenuto vigorosamente che la Francia non deve fare nulla che possa rendere più difficile l'accordo con la Germania. Ho informato già V. E. (mio telegramma n. 153 del 26 marzo) (l) che questo stato d'animo esiste nel paese.

(l) Cfr. n. 880.

888

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. RR. 1952/119 R. Berlino, 9 aprile 1935, ore 22 (per. ore 1,30 del 10).

Notizia impossibilità per Eden recarsi a Stresa è stata accolta con soddisfazione viva in questi circoli politici, che contano oggi ancora più di ieri sopra divergenze di vedute dei tre Governi.

Ancorché sia diffusa credendo che il Capo del Governo italiano assumerà atteggiamento energico e tenterà, se appena giudicherà la cosa possibile, di costituire fronte antigermanico sotto forma di assistenza mutua per parare diverse evenienze, segnalo pure qualche autorevole opinione la quale ritiene invece che Capo del Governo propugnerà politica la quale dia una ultima opportunità alla Germania di mostrare coi fatti se è disposta a collaborare con gli altri tre grandi Stati Europa occidentale.

Mi è stato fatto osservare da persona che conosce idee dei circoli dirigenti che, al punto in cui sono giunte le cose, sarebbero minime le concessioni che le tre Potenze suddette dovrebbero fare perchè Germania dichiarasse di considerare conseguita la piena parità dei diritti e accettasse quindi di discutere i vari mezzi politici e di ritornare alla S.d.N., aderendo cosi alle pressioni inglesi.

Alle mie richieste di precisazioni fu risposto che circa le colonie tutto quello che la Germania domanda è una dichiarazione di essere considerata «degna » di esercitare un mandato. Hitler sa che le colonie non se le può prendere con decisioni unilaterali e che non può attenerle che se l'Inghilterra gliele vorrà dare, cosicché si accontenterebbe per ora e per vari anni semplicemente della soddisfazione morale della conseguita parità.

Quanto agli statuti dell'Elba e dell'Oder, non si crede qui che Potenze, animate da sentimenti amichevoli verso Germania, potrebbero insistere sopra una questione che non ha grande importanza per loro e che sarebbe quindi agevole ottenere loro rinuncia ad ulteriore internazionalizzazione di questi due fiumi tedeschi.

Con ciò sarebbe sbarazzato terreno per un ... [accordo sugli] ... armamenti dato che Hitler dichiarò a Simon, come già dal 16 marzo ai miei colleghi francese e inglese e a me di essere disposto ad una riduzione degli armamenti tedeschi «si omnes ».

Ho osservato che rimarrebbe insoluta la questione dell'Austria e mi è stato risposto che, qualora si ,potesse raggiungere una intesa su altri punti suddetti, una dichiarazione di disinteressamento per qualche anno nei riguardi del

l'Austria, sempre che fosse reciproca, non sarebbe da escludere in modo assoluto.

Mentre credo mio dovere di riferire quanto precede aggiungo risultarmi che Hitler spera tuttora, [ove] Stresa e eventuali altre conferenze non riuscissero a creare fronte unico contro la Germania, di giungere all'accordo con la Francia.

Ribbentrop, avendolo persuaso che la strada per giungere a Parigi passa per Londra, egli segui sino ad ora quella via, ma non sarebbe alieno dalle trattative dirette e per ottenere un successo sarebbe disposto a fare le più ampie concessioni.

(l) Cfr. n. 806.

889

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA

T. 663/45 R. Roma, 9 aprile 1935, ore 24.

Confermando comunicazione fatta barone Villani informo essere nostra intenzione presentare questione riarmo Stati minori disarmati in base art. 19 Covenant. Ciò implica naturalmente convenzione con Stati firmatari rispettivi trattati pace e con tutta probabilità intervento Società delle Nazioni.

Faccia comprendere presidente Gombos che questa, secondo noi, è unica via da seguire e che non saremmo disposti appoggiare eventuale azione unilaterale.

D'altra parte non si può neanche far passare discussione attuale senza accenno relativo riarmo Stati minori disarmati dai trattati.

890

IL CAPO GABINETTO, ALOISI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 aprile 1935.

Colloquio con l'ambasciatore di Francia.

Mi ha pregato di chiedere a V. E. di accondiscendere a questi due desideri esposti dai combattenti francesi. In occasione della loro prossima visita a Roma essi desiderano:

decorare V. E. della medaglia militare francese, onorare il milite ignoto italiano nello stesso modo con cui è stato onorato

in Francia il «soldat inconnu », e cioè conferendogli tutte le decorazioni di guerra francesi: la legion d'onore, la médaille militaire, la croix de guerre, la croix des combattants (1).

(l) Appunto a margine di Mussollni: «No». Altro appunto di Suvich a margine dell'ultimo capoverso: «Si» La rappresentanza dei combattenti fr,ancesi venne a Roma il 17 e 18 aprile e rese omaggio al milite ignoto. Fu inoltre ricevuta da Mussolini ma non gli conferi la medaglia mil1tare.

891

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, BUTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH

APPUNTO. Roma, 9 aprile 1935.

Questo ministro d'Austria informa che, come aveva annunciato, il Govem·o austriaco ha fatto chiedere dal proprio ministro a Belgrado al signor Jeftié se fosse vero che egli avrebbe detto che la Jugoslavia preferiva l'Anschluss alla restaurazione, e che anzi la Jugoslavia era per l'Anschluss. Jeftié ha dichiarato nel modo più esplicito che si tratta di una notizia insussistente: che evidentemente doveva essere incorso un equivoco, che la Jugoslavia era pel rispetto del Trattato e che sperava che tra l'Austria e la Jugoslavia sussisterebbe una concordanza sempre maggiore di vedute e di politica.

892

COLLOQUIO FRA L'ADDETTO AERONAUTICO A PARIGI, PICCIO, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, FLANDIN

APPUNTO. Parigi, 9 aprile 1935.

Nella conversazione che ho avuto oggi col signor Flandin gli ho comunicato come da istruzioni ricevute:

a) che S. E. il Capo del Governo aveva anche Lui desiderio di incontrarsi con Lui ma che occorreva non urtare le suscettibilità del signor Lavai; b) che occorreva arrivare al più presto ad un accordo sulle questioni commerciali senza discutere eternamente per poche decine di milioni;

c) che risulterebbe che materiale da guerra e precisamente cannoni da montagna della ditta Creusot sono stati inviati in Etiopia e che se ciò fosse vero e risaputo costituirebbe un fatto grave di conseguenze;

d) che la nostra azione in A. O. doveva considerarsi ineluttabile e che sarà fatta a qualunque costo. Che l'Italia contava sull'aiuto morale completo della Francia e che d'altra parte era quella la sola vera contropartita negli accordi di Roma;

e) che non era il caso di insistere sul cosiddetto indebolimento del quale, con l'azione in A.O., avrebbe sofferto la nostra consistenza militare in Europa. Che del resto da oggi fino a nuovi eventi vi sarà sempre pronto in Italia un minimo di 600.000 uomini sotto le armi.

II Signor Flandin mi ha detto:

a) che per quanto riguardava l'incontro apprezzava la sensibilità di S. E. il Capo del Governo. Che d'altra parte la questione era sorpassata perchè il consiglio dei ministri aveva deciso la sua partenza insieme a Lavai;

b) che per quanto riguardava gli accordi commerciali sarebbe stato bene non parlarne ad alcuno e fargli pervenire un nostro progetto dettagliato che avrebbe presentato come suo, come era stato detto;

c) che escludeva nella maniera più formale che materiale da guerra francese sia inviato in A. O. e che degli ordini precisi erano stati dati e da lui e da Lavai in quel senso.

Parlandomi poi dell'importanza vitale per i destini di Europa della conferenza di Stresa mi ha detto presso a poco testualmente: Il Signor Lavai parte senza sapere bene che cosa vuole. Io non conosco esattamente il pensiero del vostro Capo.

Vi espongo il mio pensiero in merito in forma strettamente confidenziale.

È probabile che l'Inghilterra seguendo le sue tradizioni giuochi il suo solito giuoco di indecisione e che tenti di trascinare di nuovo la discussione a Ginevra.

D'altra parte occorre non dimenticare che il signor Lavai è ancora in Francia l'esponente della continuazione della politica di Briand per l'accordo diretto franco-tedesco. Il suo viaggio in Germania ed il suo entusiasmo in quel momento sono ben presenti alla mia memoria. E voi ricorderete quanto vi ho detto pochi giorni prima della partenza di Lavai per Roma, quanto grande fosse la sua esitazione, e quanto ho dovuto fare per ottenere il suo assenso.

È per la stessa ragione che il signor Lavai è molto esitante a firmare l'accordo definitivo con la Russia che Io passerebbe alla storia come colui che ha definitivamente seppellito la possibilità di accordi diretti franco-tedeschi.

A Stresa, se decisioni importanti vi saranno, dovranno essere concretate tra Francia ed Italia e la maggiore difficoltà sarà quella di impegnare in qualche maniera l'Inghilterra.

In linea generale, riassumendo la situazione, si può dire che quello che occorre prevedere, prevenire o reprimere, se del caso, sarà la continuazione delle denuncie unilaterali dei trattati da parte della Germania sia che si tratti dell'Austria o di Danzica o di Memel o della ricostruzione delle fortificazioni nella zona demilitarizzata renana.

Se Italia e Francia sono d'accordo su questo principio, occorrerebbe che in tale eventualità tutto fosse già previsto per un'azione combinata e che la messa a punto di tale azione fos8e già stata concordata nei minimi dettagli.

In quale forma potrebbe l'Inghilterra aderire a questa azione? E la sua adesione è da considerarsi indispensabile?

Si potrebbe forse trovare il punto di contatto in una formula che derivata dall'art. 16 sancisse la cessazione assoluta di tutte le relazioni commerciali-economiche e finanziarie da parte di tutti i firmatari verso la nazione che si rendesse colpevole di denuncie unilaterali ai trattati vigenti.

Oltre la Svezia e la Norvegia, l'Inghilterra non potrebbe negare la sua adesione a questo principio che potrebbe essere accettato alla unanimità o quasi dall'opinione pubblica inglese.

Questo procedimento potrebbe essere completato con la conclusione dell'accordo aereo trattato a Londra.

Tale accordo dovrebbe però, come del resto è previsto, essere accompagnato da accordi complementari bilaterali: Italia-Inghilterra, Italia-Francia, FranciaInghilterra di modo che eventualmente, la partita potrebbe essere giuocata senza l'Inghilterra e senza urtare la sua suscettibilità.

È certo che se, in Europa, Italia e Francia non prenderanno misure concrete, pronte nell'applicazione ad andare sino in fondo, andremo incontro a certa catastrofe.

Entrando poi nei dettagli della nostra preparazione, occorrerà prevedere in qual modo potrà svolgersi l'azione nelle varie eventualità. Nel caso di un colpo di mano in Austria potrebbero entrare simultaneamente in territorio austriaco forze italiane-francesi e Piccola Intesa.

In caso di infrazione nella zona renana potrebbe anche l'Austria unirsi a noi, dichiarando fin d'ora che in caso di infrazioni ai trattati permetterà il pa,ssaggio di forze armate attraverso il suo territorio verso il punto minacciato.

A Stresa occorrerà non urtare troppo le suscettibilità della Piccola Intesa circa il riarmo degli Stati minori; si distruggerebbe il lavoro così faticosamente compiuto.

Si potrebbe invece riprendere la discussione sull'articolo 19 c revisione dei trattati». È ben noto che, essendo oggi necessaria l'unanimità dei contraenti, la revisione pacifica non è possibile. La Francia sarebbe disposta a proporre o ad aderire ad una modifica che rendesse operanti le decisioni con la sola maggioranza in misura da discutere.

In ogni modo io sono ben contento di potermi incontrare col Capo del vostro Governo, ma, per le stesse ragioni che voi mi avete esposto circa il mio invito mi domando se sarà possibile poter avere un colloquio da solo a solo col vostro Capo, colloquio a cui io terrei molto.

Io vi domanderei in ogni modo di venire a Stresa di modo che, se il colloquio non fosse possibile, vi sia una persona che al di fuori della cerchia delle conversazioni possa eventualmente servire di tramite sicuro tra S. E. il Capo del vostro Governo e me stesso.

P. S. -In conseguenza io partirò domani sera mercoledì e sarò a disposizione al seguente indirizzo:

Villa Canelli -Belgirate Nella giornata di venerdì mi presenterò a S. E. Suvich.

893

IL SECONDO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA A LONDRA, DEL BALZO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

APPUNTO. Londra, 9 aprile 1935.

Pemberton nella lunga conversazione che ho avuto con lui mi ha confermato di essere rimasto colpito dai sentimenti xenofobi che ha riscontrato dovunque in Etiopia. Ha ripetuto che gli Abissini non fanno alcuna differenza, salvo quel pochi che hanno una educazione di tipo europeo, fra Italiani, Inglesi, Francesi, Tedeschi o Americani. Fra i numerosi capi che egli ha avvicinati è diffuso il senso di superiorità della razza abissina sulla razza bianca.

Egli non ha avuto l'impressione che, malgrado l'ingente numero di armi e munizioni che essi posseggono e stanno acquistando, gli Abissini possano offrire una molto seria resistenza ad un esercito moderno a meccanizzato. Mi ha detto anzi testualmente: «Se vi decideste a qualche azione armata, sono convinto che sarebbe quasi una passeggiata militare». È da notare però che Pemberton non ha alcuna competenza in materia.

Egli si trovava ad Addis Abeba il giorno dell'anniversario della battagUa di Adua, che ha inteso ripetutamente citare come una dimostrazione della superiorità degli abissini sui bianchi. In tale giorno era stata anzi, a suo dire, posta in circolazione ad Addis Abeba la voce che alcuni fra i capi più bellicosi nelle zone di frontiera avrebbero scelto la data della battaglia di Adua per prendere l'iniziativa di un conflitto armato con gli italiani.

Poco dopo il suo arrivo ad Addis Abeba Herui si è recato a trovarlo e gli ha detto che l'Imperatore sarebbe stato molto lieto di riceverlo. Pemberton ha pubblicato nel Daily Express una parte dell'intervista con l'Imperatore. A me ha aggiunto, in via confidenziale, che l'Imperatore gli avrebbe accennato alle gravi difficoltà che ha dovuto incontrare per convincere alcuni capi ad abbandonare l'idea di un'azione armata su larga scala contro gli Italiani, subito dopo l'incidente di Ual-Ual. A tal proposito l'Imperatore gli avrebbe detto che egli era perfettamente consapevole che un'azione armata in tale epoca avrebbe avuto probabilità di immediato successo, ma che sapeva altrettanto bene che gli Italiani dopo la prima sorpresa avrebbero reagito e preso l'offensiva. A questo punto l'Imperatore ha insistito sul fatto che egli non vuole la guerra ma che se sarà attaccato è pronto a difendersi. A Pemberton egli ha dato l'impressione di essere effettivamente spaventato dalla prospettiva di un conflitto con l'Italia e di non farsi troppe illusioni sia sulla possibilità di resistere a lungo con successo, sia sulla fedeltà o obbedienza di alcuni Ras e tribù periferiche.

Pemberton mi ha detto che l'Imperatore avrebbe anche accennato al fatto che, se dovrà condurre delle operazioni armate contro l'Italia, queste si effettueranno piuttosto verso i confini dell'Eritrea che non nella zona di Ual-Ual

o altro punto della frontiera somala. Da quanto l'Imperatore gli ha detto a proposito dell'appello alla Società delle Nazioni Pemberton crede di poter dedurre che l'Imperatore ritiene per lo meno probabile che un eventuale arbitrato sull'incidente di Ual-Ual sotto l'egida della Lega sarebbe pronunziato contro l'Abissinia; ma che, invocando l'autorità del Consiglio, egli conta di far accettare dagli elementi più bellicosi ed irrequieti le eventuali riparazioni all'Italia.

Pemberton ha avuto una lunga conversazione con il colonnello Clifford che era in quei giorni ad Addis Abeba. Su tale conversazione egli si è mostrato piuttosto reticente ma mi ha detto che, da quanto Clifford gli ha narrato circa il suo arrivo a Ual-Ual ed il comportamento della cosidetta scorta etiopica, egli ha ricavato la chiara impressione che gli Abissini hanno manovrato per coinvolgere gli Inglesi in un incidente con l'Italia e che poco è mancato non riuscissero. Ha aggiunto che mi diceva questo a titolo personale e nella più stretta confidenza. Mi ha assicurato che non aveva alcuna intenzione di pubblicare nel Daily Express o in altro giornale il benché minimo accenno alla conversazione da lui avuta con Clifford.

894

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1963/36 R. Budapest, 10 aprile 1935, ore 15,20 (per. me 17).

Presidente del Consiglio, che ho intrattenuto nel senso odierno telegramma di V. E. n. 45 (1), mi ha pregato farle pervenire suo vivo ringraziamento per iniziativa divisata da V. E.

Dopo avere spontaneamente ripetuto che «a piccola Ungheria non conviene intraprendere per riarmo azioni unilaterali di sorta», presidente ha concluso attendere fiduciosamente sviluppi azione che V. E. « promotore e capo costellazione tripartita » si accinge a svolgere per realizzare uguaglianza diritti suo paese.

895

IL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, GUIDOTTI (3)

T. 4606/1 P. G. Stresa, 10 aprile 1935, ore 23.

Agenzie telegrafiche Ehrverlaget Associated Press diffondono resoconto grandi feste verificatesi ad Addis Abeba per l'arrivo delle armi e munizioni fabbricate in Cecoslovacchia e precisamente a Brunn. Trattasi di 20 mila Mauser, 400 mitragliatrici e da 6 a 7 milioni di cartucce. Significhi a Benes che se rifornimento di armi all'Abissinia continuerà i rapporti itala-cecoslovacchi ne saranno irrimediabilmente pregiudicati.

Mi informi (2).

896

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, AL SEGRETARIO GENERALE DELLA SOCIETA DELLE NAZIONI, AVENOL (4)

T. 664/4 R. Roma, 10 aprile 1935.

Ho ricevuto la nota di V. E. in data 30 marzo con la quale mi ha comunicato la lettera del Governo etiopico in data 29 marzo (5).

Il Governo italiano r·espinge nettamente gli apprezzamenti che il Governo

etiopico manifesta circa la maniera nella quale si sono fin qui svolti i nego

ziati diretti tra i due Governi.

II Governo italiano considera che gli sarebbe agevole replicare ai singoli punti della nota etiopica, rettificando affermazioni non esatte e tendenziose. Si astiene dal farlo per evitare inutili polemiche. Deve però rilevare che non concorda col Governo etiopico nel considerare esaurita la fase degli ordinari mezzi diplomatici di cui all'art. 5 del trattato itala-etiopico del 1928, continuando invece a ritenere tuttora utile il proseguimento dei negoziati diretti ai fini del regolamento della vertenza (1).

Ad ogni modo il Governo italiano constata che la procedura ulteriore per il regolamento della controversia si trova indicata nelle note del 19 gennaio 1935, ai termini delle quali il Governo italiano ed il Governo etiopico si sono impegnati a sottoporre tale controversia alla procedura prevista dall'art. 5 del trattato itala-etiopico del 2 agosto 1928. Questo articolo è così concepito: «I due Governi si impegnano sottoporre ad una procedura di conciliazione o di arbitrato le questioni che sorgeranno fra di loro e che non abbiano potuto essere risolte con i normali mezzi diplomatici, senza far ricorso alla forza delle armi. Tra i due Governi di comune accordo saranno scambiate note circa il modo di scegliere gli arbitri». A questo effetto, con nota del 3 agosto 1928

S. A. l'erede del trono e reggente dell'Impero etiopico faceva conoscere al

R. ministro d'Italia ad Addis Abeba che la disposizione dell'art. 5 del trattato di amicizia deve essere intesa nel senso seguente: «Il Governo etiopico sceglierà due arbitri ed il Governo italiano due arbitri: i quattro arbitri definiranno di accordo la controversia. Se essi non riescono a giungere ad una intesa, sceglieranno insieme di accordo un quinto arbitro e, la controversia sarà, decisa a maggioranza di voti». Con nota del 4 agosto 1928 il R. ministro d'Italia ad Addis Abeba comunicava a S. A. Imperiale l'erede del trono e reggente dell'Impero etiopico che «l'interpretazione suddetta è quella che anche il Governo italiano dà all'art. 5 del trattato di amicizia».

Deciso a conformarsi agli impegni risultanti dagli accordi intervenuti fra i due Governi, il Governo italiano, in applicazione delle disposizioni convenzonali sopra menzionate, provvede a notificare direttamente al Governo etiopico che è pronto a prendere con esso Governo le intese necessarie per le modalità dello svolgimento della procedura prevista dall'art. 5 del trattato del 1928.

Il Governo italiano, conformandosi così per quanto lo concerne agli impegni che esso ha preso, intende che la procedura di. conciliazione ed arbitrato, alla quale la controversia si trova sottoposta in base all'accordo del 19 gennaio 1935 di cui il Consiglio della S.d.N. ha preso atto con la sua risoluzione dello stesso giorno, sia applicata così come è regolata dalle convenzioni in vigore fra le due parti.

65 -Documenti Diplomatici -Serle VII -Vol. XVI

(l) -Cfr. n. 889. (2) -Cfr. n. 903. (3) -Ed. in MuSSOLINI, Opera omnia, vol. XLII, p. 101.

(4) Ed. in Il conflitto itala-etiopico, pp. 188-189.

(5) Cfr. ibid., pp. 183-187.

(l) Era questo il punto di vista sostenuto nella nota italiana del 14 aprile (ibid., pp. 189-190), il cui testo era stato trasmesso da Suvich a Vinci con t. 665/241 R. del 10 aprile, non pubblicato, che rispondeva alle note etiopiche 22, 23 e 24 del 21 marzo (ibid., pp. 180-182).

897

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE RR. 2017/042 R. Vienna, 10 aprile 1935 (per. il 13).

Parlando stamani col Berger, ho accennato alle frequenti e vivaci dichiarazioni, che va facendomi questo ministro di Jugoslavia circa il vitale interesse del suo paese a precludere alla Germania ogni cammino verso l'Austria e i Balcani.

Berger mi ha risposto che queste dichiarazioni, a lui stesso ripetute dal predetto diplomatico da qualche tempo in qua, gli appaiono sincere. Ha rilevato che tutte le informazioni, a lui pervenute dalla Jugoslavia, sono difatti concordi nel segnalare che colà regna viva inquietudine per l'intensa propaganda che i nazisti svolgono fra le minoranze tedesche della Croazia e della Slovenia; ed a riprova stavano gli arresti di propagandisti tedeschi (fra gli altri il giornalista Franz Krainz) avvenuti di recente a Maribor: arresti che sarebbero dovuti tanto al desiderio di dare una prova di amicizia all'Austria, quanto, e forse più, ad un sentimento di autodifesa.

Berger ha quindi messo in rilievo il crescente desiderio di Belgrado di avvicinarsi a Vienna: ha lodato Jeftic ed il principe Paolo; e mi ha confidato, a titolo del tutto confidenziale, un'idea da cui si è detto assillato da qualche tempo: che cioè l'indipendenza dell'Austria possa essere efficacemente garantita soltanto da un completo accordo fra Roma, Belgrado e Vienna, e sovratutto da una formale convenzione militare fra detti tre paesi, specificando nel modo più preciso i compiti assegnati a ciascuno dei tre eserciti, nelle diverse ipotesi che dovrebbero pur essere esattamente prospettate.

Egli ha quindi continuato: <<Naturalmente, tutto dipende dall'Italia ed ogni cosa è nelle mani di Mussolini. Ciò che tengo a dirvi è che l'Austria è disposta a seguire in tutto e per tutto il Duce, in ogni combinazione che gli parrà utile, in ogni impegno che egli riterrà necessario noi si debba seguire. L'accordo militare, cui ho accennato, mi pare indispensabile. Evidentemente, prima di procedere su questa via, occorrerebbe far di tutto per calmare le preoccupazioni che l'Ungheria già risente per il vostro avvicinamento a Belgrado. L'Ungheria travasi infatti in un assai delicato momento: e tutte le mie informazioni sono nel senso che la Germania, che ne è edotta, va compiendo ogni sforzo, e con qualche successo, per prendere colà quanto più piede le sia possibile. Così io penso che sarebbe opportuno, dopo Stresa e Ginevra, una riunione itala-austro-ungherese, per riesaminare tutta intera la situazione e calmare le apprensioni di Gombos, per il quale occorre noi si abbia la maggiore considerazione, dovendosi tener presenti le sue amichevoli disposizioni, che si esplicheranno ben presto anche con il divisato allontanamento del Kanja. Infatti a me risulta che Gombos ha l'intenzione di sostituirlo ben presto col signor Kozma; ma tale sostituzione sarebbe solo provvisoria, giacché Gombos si propone in realtà di assumere fra breve egli stesso il portafoglio degli esteri, nominando sottosegretario di Stato il barone Apor, che, come voi sapete, è

nostro amicissimo, e la cui presenza nel Governo di Budapest sarebbe una vera garanzia per il lealismo, nei nostri riguardi, della politica austro-ungherese~

La prima delle suaccennate aperture, ossia quella relativa ad una convenzione militare itala-austro-jugoslava, è importante, anche se il Berger l'abbia fatta a titolo confidenziale, e come una sua idea del tutto personale. Fra l'altro, essa va messa insieme ad altri accenni, fattimi di recente dallo stesso Ballplatz, e che dimostrano una crescente determinazione dell'attuale Governo federale, e di taluni circoli dirigenti, ad assumere ormai precisi impegni, nei riguardi della Germania. Difatti, parlandomisi di recente al Ballplatz della viva ripresa dell'attività nazista, mi è stato fatto presente che essa andava ormai considerata meno in relazione con la questione dell'Anschluss, che come una conseguenza della foiidata preoccupazione del Reich che l'Austria, avendo oltrepassato la fase dell'asseveramento dell'assoluta indipendenza del paese, sia decisa a schierarsi, in ogni campo, dalla parte delle Grandi Potenze occidentali, seguendone interamente la politica.

Da parte sua, il direttore degli affari politici, Hornbostel, è andato più oltre con il mio collega di Francia, al quale avrebbe detto: «Se prima Berlino temeva soltanto una neutralità dell'Austria, adesso va comprendendo che noi si è ormai decisi a metterei recisamente contro il Reich. Non può dirsi ancora che l'opinione pubblica austriaca sia divenuta anche incline a partecipare, eventualmente, ad azioni offensive: tuttavia, niente può lasciar pensare che non si possa un giorno anche sboccare a tanto».

898

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, VANNUTELLI REY, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE 2061/020 R. Bruxelles, 10 aprile 1935 (per. il 15).

Mio telegramma n. 68 (l).

L'importanza del passo -prescrittomi da V. E. col suo telegramma n. 592/C del 3 corr. (2) e che io pur senza dipartirmi dalla più perfetta cortesia feci con tutta l'energia e la chiarezza che il caso comportava -venne subito compresa dal presidente del Consiglio il quale come immediatamente riferii, mi disse, seduta stante, che si rendeva conto della necessità di soddisfare le nostre richieste.

Un tentativo di reazione si verificò peraltro negli uffici del ministero degli Esteri, i quali nella loro vecchia mentalità !egalitaria, sollevarono tutte le possibili obiezioni di carattere giuridico, costituzionale ed internazionale.

Non v'ha dubbio che costituzionalmente nonostante i poteri eccezionali di cui gode (poteri così detti «speciali» ma ben l ungi dall'avere la portata di pieni poteri veri e propri) il Governo belga non ha alcuna facoltà di interdire la esportazione delle armi verso un paese che non sia belligerante.

Così pure, nel campo internazionale, il Belgio non è legato da alcun impegno; il trattato del 1930 essendo obbligatorio soltanto per l'Italia, la Francia e la Gran Bretagna.

Si spiega così la controffensiva esperita dall'ambasciata del Belgio a Roma e che gli uffici del Ministero seppero debitamente respingere.

Irritato di dover cedere alla nostra domanda e pur riconoscendo la profonda equità che la dettava, questo ministero degli Esteri si provò ancora, ieri l'altro, a suggerire al presidente del consiglio di rispondermi con una formula evasiva il cui testo (che mi venne preventivamente comunicato per telefono) parlava di una «inchiesta» da eseguirsi e del «desiderio» del Governo belga di soddisfarei «nella misura del possibile».

Risposi immediatamente che non mi sarei in alcun modo accontentato di simili restrizioni mentali e che le considerazioni d'indole giuridica non dovevano assolutamente pesare in una questione di pura e squisita sensibilità politica, non essendo concepibile che i nostri soldati possano cadere vittima del piombo fornito ad un popolo di colore dai sudditi di un paese amico, a noi legato da tanti interessi materiali e da tanti vincoli spirituali. Aggiunsi che la incomprensione della intollerabile situazione creatasi con le forniture belghe all'Etiopia appariva tanto più grave in un momento come questo, nel quale il Capo del Governo italiano si è posto, con serena fermezza, alla testa dei difensori dell'Europa occidentale, in cui salvo errore, è incastrato anche il Belgio.

La mia resistenza sortì il dovuto effetto e mercoledì 10 corr. il signor Van Zeeland mi pregava di recarmi a conferire di nuovo con lui. Egli mi disse anzitutto esser dolente di uno stato di cose maturatosi prima del suo recente arrivo al potere, incaricandomi espressamente di assicurare

V. E. che, sia per la legittimità della nostra richiesta, sia per la profonda e sincera deferenza che ha vemo la di Lei persona, egli aveva già incominciato ad adoperarsi per arrestare il deflusso di armi e munizioni dal Belgio in Etiopia ed avrebbe continuato a farlo.

Avendogli io domandato delle precisazioni che ritenevo indispensabili, il signor Van Zeeland mi rispose che aveva già conferito col signor Laloux (esponente della Fabrique Nationale di Herstal dalla quale parte per l'Etiopia la quasi totalità delle armi di produzione belga) esigendo e ottenendo da lui che la nuova ingente ordinazione in corso fosse sospesa, tranne la ·quarta parte circa, per la quale il Governo etiopico ha già versato il danaro in anticipo, e che avrebbe controllato l'esecuzione di tale impegno. Mi pregava però al tempo stesso di insistere presso V. E. perché gli impegni analoghi assunti da altri Stati e specialmente dalla Cecoslovacchia venissero nel frattempo parimenti osservati, giacché gli sarebbe difficile resistere a reiterate insistenze dei mercanti belgi di cannoni qualora questi potessero provargli che, mentre essi hanno sospeso le loro spedizioni, altre ditte straniere concorrenti (in particolare la Skoda di Pilsen) continuano ad esportare.

Il signor Van Zeelend mi fece poi osservare che gran parte delle forniture partenti dal Belgio provenivano in transito dall'estero e soprattutto dalla Germania. Gli risposi che le partenze incessanti di tali carichi a bordo dei piroscafi «fels ~ della «Hansa ~ mi erano ben note, ma sarebbe stato facile alle autorità portuali di Anversa l'ostacòlarle.

Anche su questo punto egli mi promise che avrebbe fatto invigilare, sebbene io sappia quanto sia arduo per qualsiasi Governo belga far rispettare la propria volontà dalla grande metropoli marittima della Schelda, la quale, grazie alle storiche autonomie locali, costituisce, per dir così, quasi uno Stato nello Stato, specialmente ora che il suo borgomastro è socialista come una gran parte dei ministri attualmente al potere.

Perchè poi V. E. si renda meglio conto dello sforzo compiuto dal signor van Zeeland annuendo alle nostre domande, debbo farLe presente come, proprio in questo momento, il Governo belga, intrinsecamente già debole per se stesso come tutti i regimi parlamentari, lo sia ancor più, e precisamente nei confronti dell'industria pesante, in seguito alla recente svalutazione del franco. Tale svalutazione, infatti, che è la piattaforma del programma ministeriale, rischia tuttora di tramutarsi in inflazione, travolgendo insieme Governo e paese, qualora si verificasse il temutissimo rialzo dei prezzi e dei salari. Ora è ovvio che l'industria pesante può continuamente ricattare il van Zeeland con la minaccia di tale rialzo.

Ciò mi obbliga naturalmente a sorvegliare che le promesse da lui datemi siano effettivamente mantenute, come non mancherò di fare grazie ad un ottimo servizio di informazioni che da tempo ho organizzato con l'assistenza di questo addetto militare. Credo però poter contare, ripeto, sulla sincerità e sulla energia del van Zeeland delle quali comincio ad avere già qualche riprova. Mi è stato infatti riportato che fra le masse operaie di Liegi comincia a circolare la voce di un aumento di disoccupazione per l'annunziato qtllentamento progressivo nella fabbricazione delle armi.

(l) -T. 1971/68 R., pari data, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 850.
899

COLLOQUIO FRA IL VICE CAPO DI GABINETTO, JACOMONI, E IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 10 aprile 1935.

Ho comunicato al barone Villani che è intenzione di S. E. il Capo del Governo di presentare la questione del riarmo degli Stati minori disarmati in base all'art. 19 del Covenant e che l'Italia non sarebbe disposta ad appoggiare una eventuale azione unilaterale.

Il Barone Villani mi ha risposto che in base ad analoghe comunicazioni già fattegli da S. E. l'On. Suvich egli si era già messo in rapporto con il suo Governo e poteva assicurare che questo conveniva perfettamente nei propositi di

S. E. il Capo del Governo. Era quindi' da escludersi che l'Ungheria potesse pensare ad un'azione unilaterale mentre essa si compiaceva che la questione venisse impostata sulla base dell'art. 19 in quanto si iniziava cosi l'applicazione di questo articolo nel quale l'Ungheria pone la sua speranza· anche per altre questioni.

Il Barone Villani mi ha quindi detto di aver ricevuto notizia dal suo Governo che la Jugoslavia aveva presentato una memoria alla S.d.N. nella quale le sanzioni prese contro alcuni funzionari ungheresi dal Governo di Budapest in relazione al delitto di Marsiglia, erano considerate poco adeguate. Il Barone Villani in seguito ad istruzioni ricevute dal suo Governo desiderava far conoscere che l'Ungheria non riteneva possibile aprire una nuova inchiesta al riguardo e contava sull'appoggio del Governo italiano.

Il Barone Villani informava inoltre che il suo governo si proponeva di far sapere a Ginevra che esso aderiva al progetto contro il terrorismo presentato dal Governo francese. Il Governo ungherese si riservava tuttavia di presentare eventuali osservazioni in sede di discussione del progetto. Egli teneva a precisare che il suo Governo dava l'adesione al progetto francese in quanto gli risultava che il Governo italiano non aveva presentato e non presenterebbe alcun progetto proprio.

A titolo di informazione il Barone Villani mi ha detto che il suo Governo si proponeva nei giorni prossimi di conferire la laurea honoris causa dell'Università di Budapest al prof. Gentile.

900

IL MINISTRO A BUDAPEST, COLONNA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

1rELESPR. R. 3731/514. Budapest, 10 aprile 1935.

Mio telespresso 3417/466 del 4 corrente (1).

Questo Presidente del Consiglio, che ho felicitato per il successo delle elezioni politiche e per l'esattezza matematica delle sue previsioni, ha tenuto a farmi rilevare con alquanta disinvoltura che il risultato di esse «dimostrava luminosamente quale seguito il legittimismo avesse in Ungheria». Il legittimismo non era sentito dagli ungheresi; era una questione non soltanto «non di attualità», ma « insolubile » addirittura.

Neanche in Austria -ha aggiunto -esso aveva seguito tra le masse; del resto l'opposizione -irriducibile -della Piccola Intesa avrebbe sempre impedito la restaurazione ...

Ho avuto l'impressione che oltreché ribadire i noti argomenti perché li ripetessi a V. E. il Presidente intendesse sondare la fondatezza delle voci circolanti ormai insistentemente anche qui circa un avvenuto o prossimo mutamento del punto di vista italiano nella questione.

(l) Non pubblicato.

901

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1982/84 R. Ankara, 11 aprile 1935, ore 15,50 (per. ore 17,30).

Telegramma di V. E. n. 35 (1).

Dopo due lunghissimi colloqui a Stambul, Aras, sentito Ismet pascià, nella necessità non produrre alcun sentimento di divisione fra stati balcanici e per il vivo desiderio di rafforzare al massimo possibile legami italo-turchi, presentatami iersera, anche a nome presidente del consiglio, seguente proposta cui egli ha dato carattere proposta conciliativa.

Italia proporrà un patto qualsiasi a quattro Stati del patto balcanico. Tale patto avrà carattere ed il nome che piacerà all'Italia di proporre anche di semplice amicizia ed arbitrato oppure di neutralità.

Tale patto lascerà liberi singoli partecipanti di contrarre fra di essi patti bilaterali dei quali però tutti avranno conoscenza ma non aperti alla loro adesione. Bulgaria potrà partecipare al patto generale se S. E. il Capo del Governo lo desidera.

Su tale patto si potrà quindi immediatamente innestare quel maggior trattato che Governo fascista crederà proporre a Turchia e che (egli ha nuovamente marcato che parlava a nome di Ismet pascià) potrà essere anche subito di alleanza militare.

Segue telegramma (2) con elementi principali nostra discussione nella quale ho costantemente tenuto presente direttive e cautele prescrittemi da V. E.

902

IL MINISTRO A VIENNA, PREZIOSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MIN$TRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1991/80 R. Vienna, 11 aprile 1935, ore 19,15 (per. ore 21,30).

Berger Waldenegg mi ha detto che domani telefonerà probabilmente a S. E. Suvich per conoscere suo avviso circa opportunità o meno di lui andata a Ginevra; a seconda decisioni codesta conferenza circa questione austriaca.

Tale proposito di Berger Waldenegg rivela anch'esso vivissima ansietà di questo Governo e di questa opinione pubblica per risultati di codesta conferenza nei riguardi dell'Austria.

A riguardo segnalo anche che miei colleghi di Francia e d'Inghilterra nel rappresentare rispettivi Governi predetto stato d'animo austriaco hanno espresso voti per una qualche decisione od almeno per una qualche manifestazione, anche soltanto formale, che valesse a soddisfare aspettazione questi circoli dirigenti, calmandone apprensioni.

Comunicato Roma e Stresa.

(l) -Cfr. n. 879. (2) -Cfr. n. 909.
903

L'INCARICATO D'AFFARI A PRAGA, GUIDOTTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI, A STRESA

T. 7/45. Praga, 11 aprile 1935, ore 19,20 (per. ore 23).

Telegramma di V. E. n. 1 (l). Ho richiamato attenzione Benes, nei termini prescritti da V. E., su gravità questione forniture cecoslovacche armi ad Abissinia. Egli mi ha detto:

1) Ignorava notizie diramate da note agenzie e disporrebbe indagini; 2) Partita di cui si tratta sarebbe stata ad ogni modo spedita da Briinn anteriormente ad impegni presi da esso Benes con ministro Rocco il 3 corr. (telegr. di questa legazione n. 34) (2); 3) Mi ha ripetuto che considerava promessa di cui sopra come un impegno formale preso nei riguardi R. Governo. Ha aggiunto che, date leggi locali, egli aveva come unico mezzo a sua disposizione per impedire esportazione armi in Abissinia divieto rilasciare permesso di esportazione, e che sin dal 3 corr., aveva impartito ordini precisi e categorici perché tali permessi fossero sospesi; 4) In base risultati inchiesta fatta dopo il colloquio col Ministro Rocco credeva poter escludere che dalla Cecoslovacchia fossero mai state fornite quantità armi e munizioni così ingenti come quelle menzionate da Agenzie predette.

In risposta a mio esplicito quesito Benes mi ha assicurato che impegno

assunto riguardava naturalmente anche contratti forniture tuttora in corso

esecuzione che da tale data vengono ad essere automaticamente sospesi.

Gli ho osservato:

1) Risulta che trasporti armi Abissinia avvengono talvolta sotto falsa denuncia materiali; 2) Detti trasporti figurano spesso indirizzati altri paesi mentre loro destinazione reale è Abissinia.

Benes ha convenuto tali possibilità ma mi ha assicurato che speciale sor

veglianza sarà esercitata al riguardo; ha ripetuto che si rende conto necessità

evitare ad o:gni costo che tali forniture [nuocciano] sviluppo relazioni itala

cecoslovacche che egli spera vivamente divengano sempre più intime e cordiali.

Incidentalmente mi ha detto che due rappresentanti potenze straniere

(che non mi ha nominato) gli hanno chiesto quali assicurazioni egli avesse

date al R. Governo circa forniture Abissinia; e che egli aveva risposto aver

preso impegno formale vietare tali forniture.

(l) -C!r. n. 895. (2) -T. u. 1792/34 R. dçl 3 aprllç, non pubblicato.
904

COLLOQUIO FRA IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, E IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA, SMEND

APPUNTO. Roma, 11 aprile 1935.

Il Consigliere dell'Ambasciata Germanica è venuto a rimettermi il numero del 7 aprile del Secolo Fascista, attirando l'attenzione sopra i due articoli «Germania borbonica » e «Illusioni di Stresa » nonché sulla vignetta a pag. 7 rappresentante la venere teutonica contesa da un giapponese e da un abissino.

A nome dell'Ambasciatore, particolarmente dolente del contenuto del suddetto giornale e della diffusione che esso ha avuto tanto che, a dire del consigliere tedesco, del numero stesso sarebbero state eseguite due ristampe, richiama l'attenzione sulla profonda traccia che simili pubblicazioni lasciano da una parte sull'opinione pubblica tedesca e dall'altra sulla gioventù italiana alla quale il giornale si indirizza particolarmente.

Il signor Smend mi ha detto che al riguardo è stata diretta dall'ambasciatore germanico una lettera a S. E. Suvich.

Si unisce copia del numero suddetto del Secolo Fascista del 7 aprile, al quale si riferiscono le rimostranze dell'Ambasciata germanica che appare realmente ispirata ad una estrema violenza di sentimenti antigermanici.

Infine, il signor Smend mi ha lasciato anche un numero del giornale Il Selvaggio del 31 marzo, dolendosi della copertina di esso che pone in ridicolo la figura del Cancelliere Hitler.

905

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 1517/515. Belgrado, 11 aprile 1935 (per. il 15).

Il Generale Aracic, Capo del servizio informazioni militari jugoslavo, conversando meco alcuni giorni or sono -dopo un pranzo alla Legazione di Romania -aveva tenuto ad esprimermi in modo accentuatamente caloroso la lieta impressione sua e degli ambienti militari per le dichiarazioni contenute nel mio discorso di presentazione delle credenziali; e, passando poi direttamente all'argomento della coscrizione obbligatoria in Germania, aveva stabilito un raffronto fra il nervosismo che essa aveva prodotto in Francia e la calma energia di cui invece si era dato prova in Italia, dove al gesto tedesco si era risposto con misure militari.

A questo proposito il Generale Aracic esprimeva la sua ammirazione per l'atteggiamento di V. E., atteggiamento tanto più aderente alla realtà della situazione in quanto che -a suo dire -era da escludersi che la Germania fosse oggi in condizioni di sostenere una guerra.

Ho capito che al mio interlocutore interessava poter sapere da me c1o che si pensasse in Italia -e sopratutto nei nostri ambienti militari -dell'attuale efficienza bellica del Reich. Ed infatti, poco dopo, il Generale Aracic passò a parlare col Primo Segretario de Ciutiis, ponendo il discorso sullo stesso argomento, e manifestandogli, infine, il desiderio di avere un colloquio col R. Addetto Militare.

Il Colonnello Fransceschini si è pertanto recato, ieri, dal Generale Aracic, il quale lo ha intrattenuto specialmente sull'attuale situazione politico-militare tedesca.

Le idee esposte dal Generale Aracic possono sostanzialmente riassumersi come segue:

« l o -La Germania al momento non è preparata, e nemmeno sarebbe in grado di iniziare una guerra con il miraggio di completare i suoi armamenti nel corso di una guerra. Per quanto essa intensifichi la produzione bellica non può colmare in breve tempo le ancor profonde deficienze di materiali, sopratutto di artiglierie pesanti e di aviazione. Né possiede grandi mezzi finanziari. La sua preparazione richiede un ulteriore periodo di 4-5 anni.

Del mio avviso è anche un ufficiale superiore del servizio informazioni inglese, che è stato qui recentemente di passaggio, e che conosce molto bene la situazione militare tedesca avendo ricoperto per 4 anni la carica di addetto militare a Berlino. Suppongo che il generale Roatta sia dello stesso parere».

2° -La situazione politico-strategica della Germania non è certo tale da incoraggiarla a un'avventura.

Non credo che la Polonia pensi a sostenerla in caso di conflitto. La Bulgaria non potrà far nulla. Il contegno dell'Ungheria sembra incerto, comunque non può preoccupare.

3" -Le mire naziste in Austria interessano da vicino anche la Jugoslavia, che non vorrebbe la Germania alle sue frontiere. Un blocco itala-francese al quale potrebbe aderire anche la Jugoslavia, toglierebbe alla Germania ogni speranza di successo.

Trovo quindi eccessive le apprensioni e gli allarmi dello Stato Maggiore francese. Però gli uomini politici francesi, come i nostri, e credo i vostri, non desiderano la guerra.

Ritengo tuttavia che Hitler (conosciamo bene la mentalità tedesca) non desisterà dall'Anschluss, che cercherà di realizzare, a momento opportuno, mediante manovre politiche, non esclusa una proclamazione da parte del parlamento austriaco.

4. -Alla richiesta del Col. Franceschini se un'eventuale guerra contro la Germania sarebbe popolare in Jugoslavia, anche in Croazia e Slovenia dove trovansi propaggini etniche di carattere tedesco, il Generale Aracic ha risposto:

«Non vedo ragioni in contrario; v'è qualche gruppo tedesco in Slovenia, nella zona di Maribor, ma il suo impiego in caso di guerra è già previsto».

Le opinioni del Generale Aracic rispecchiano con ogni probabilità il pensiero delle autorità militari jugoslave e non possono essere estranee a quelle degli ambienti politici. Accenni a possibilità di un accordo antigermanico mi sono già stati fatti abbastanza apertamente dal Principe Paolo e, per quanto più riservatamente, anche da Jevtich.

Senza fare anticipazioni sulle intenzioni dei responsabili della politica jugoslava non sembra azzardato dedurne che qui si desideri raggiungere un vero accordo politico militare con l'Italia.

Certo non sfugge al governo jugoslavo che oltre al vantaggio politico nei riflessi della politica interna ed estera esso otterrebbe anche un notevolissimo vantaggio strategico rispetto alla situazione attuale col sensibile accorciamento del complessivo fronte d'operazione; specialmente poi nell'ipotesi che l'Ungheria entri nel blocco antigermanico.

906

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA R. 1523/519. Belgrado, 11 aprile 1935 (per. il 15).

Jevtich che si è intrattenuto particolarmente -anzi solamente con me dopo la colazione da lui offerta oggi al Ministro di Francia Signor Naggiar in occasione della sua partenza, mi ha detto che confidava molto nell'azione personale di V. E. a Stresa; egli però sperava che da una conciliazione tra il punto di vista italiano e quello inglese (che egli in sostanza deplorava ma spiegava con le note esigenze della politica interna britannica) scaturisse anche la possibilità di mantenere la collaborazione tedesca a un sistema europeo di sicurezza.

Il medesimo concetto circa la desiderabilità della partecipazione germanica Jevtich espresse anche a proposito del patto danubiano; e credo aver compreso ch'egli considerasse pertanto condizionata o quanto meno ritardata la conclusione del patto stesso, pur confermandomi che nulla era mutato nelle direttive al riguardo adottate dalla Piccola Intesa all'indomani dell'accordo di Roma, salvi, naturalmente, gli eventuali sviluppi richiesti dalla nuova situazione creatasi dopo il 16 marzo.

Jevtich, frattanto, non vedrebbe difficoltà a uno scambio diretto di idee in vista di una più stretta collaborazione itala-jugoslava: potrebbe forse venire in Italia dopo le elezioni (5 maggio) circa il risultato delle quali dice di essere sufficientemente sicuro, per quanto, non si nasconda la possibilità di sorprese.

Dalla conversazione con Jevtich ho riportato, per quanto riguarda rapporti itala-jugoslavi, le impressioni seguenti:

l) che egli desidera vivamente un accordo positivo e concreto con nùilià: ma non vorrebbe fare il primo passo, per ragioni sia di politica interna che estera, facilmente individuabili in questo momento (tra l'altro bisogna riconoscere che la Jugoslavia non ha al presente speciali diretti motivi di preoccupazioni internazionali, e può rimanere in posizione di attesa, accontentandosi delle assicurazioni che le abbiamo dato);

2) che nella eventualità di un separato diretto accordo con noi, la Jugoslavia sarebbe in grado di agire con indipendenza dai sistemi politici dei quali fa parte.

Sarei grato all'E. V. di voler farmi conoscere, pur senza particolare urgenza, il Suo pensiero circa una venuta di Jevtich in Italia, e ciò onde averne norma di linguaggio qualora l'argomento, abbia occasione di ripresentarsi.

907

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

R. R. 1668/638. Mosca, 11 aprile 1935 (per. il 15).

Il Signor Jungerth, Ministro di Ungheria a Mosca, ora ritornato in sede dopo oltre sei mesi di assenza, ha avuto, in occasione di questa sua «rentrée », un interessante colloquio con Litvinov.

Il Signor Jungerth ha in genere tratto da questo colloquio -integrato da conversazioni analoghe con Krestinski e Stern -una impressione abbastanza favorevole, tale da fargli ritenere che, non ostante lo sviluppo attuale e prospettiva dei rapporti URSS-Piccola Intesa, l'Ungheria (tanto più avendo Jungerth dissipato presso Litvinov ogni sospetto circa supposte collusioni ungara-polacche) non sia destinata a trovare nel Governo sovietico un ostacolo a quelli che sono i postulati della sua politica.

Così, ad es., nei riguardi della Piccola Intesa, il Signor Jungerth ha l'impressione che, mentre l'URSS fa molto calcolo della Cecoslovacchia, ne faccia molto poco della Rumania e non abbia, almeno per ora, alcun desiderio di stringere rapporti con la Jugoslavia. Litvinov sarebbe andato anzi anche più in là: avrebbe detto, cioè, che egli fa una politica piccolo-dntesista solo nei limiti del patto orientale.

A parte queste premesse generali, vi sono due questioni sulle quali Litvinov avrebbe dato indicazioni, se non assicurazioni, preziose e anche di particolare interesse per noi.

l o -Revisionismo: l'URSS non è contraria a un revisionismo pacifico. La piccola Intesa non dovrebbe quindi trovare consenziente l'URSS in un eventuale suo tentativo inteso ad obbligare l'Ungheria a rinunziare al « principio » di una pacifica revisione dei trattati.

Conseguenza immediata, per quanto non esplicitamente desunta dalle parole di Litvinov: l'URSS non dovrebbe essere contraria ad una soluzione equitativa della questione del riarmo ungherese (come austriaco e bulgaro).

2° -Anschluss: l'URSS, nel periodo aureo delle sue relazioni con la Germania, vi era favorevole, o per lo meno non contraria. Ora no: essa vi è nettamente contraria.

Nell'occasione, e a proposito dell'Austria più che dell'Ungheria, Litvinov ha anche sfiorato la questione absburgica, in proposito dicendo che «l'URSS era dapprima contraria alle monarchie e favorevole alle repubbliche, ma che, dopo l'esempio dato da molte delle più recenti fra queste, aveva rinunciato ad ogni pregiudiziale in materia ».

Questa -in breve -la conversazione di Jungerth. Quanto a me ritengo che la affermazione di Litvinov, secondo la quale l'URSS farebbe una politica piccolo-intesista solo nei limiti del patto orientale, non va presa troppo alla lettera. Essa può esser vera solo nel momento dato. Io vedo al contrario un fatale sviluppo dei rapporti tra i Soviet e la Piccola Intesa, la quale (parlo dei singoli paesi più che della unità politica) potrà anzi esser tratta ad appoggiarsi sempre più su Mosca anche come stimolo e pungolo nei riguardi di Parigi, mentre sarà da prevedere altrettanto da parte della stessa URSS.

Più valore dò invece al1e affermazioni di Litvinov riguardanti il revisionismo (vedi mio telespresso odierno n. 1645/627) (l) e la stessa restaurazione absburgica, circa la quale sono anzi in grado di aggiungere che, secondo recentissime affermazioni della Signora Kollontai -rappresentante diplomatico dell'URSS in Svezia e molto legata al Narkomindiel -a questo Ministro svedese che gliene aveva chiesto, Litvinov sarebbe persuaso della necessità della restaurazione come unico mezzo per impedire, o almeno ritardare, l'Anschluss.

908

IL MAGGIORE RENZETTI A ... (2)

L. R. P. Berlino, 11 aprile 1935.

Ho partecipato alle cerimonie del matrimonio di Goring: nei due giorni e in ispecie ieri durante il pranzo e la riunione, che dalle sei del pomeriggio si è prolungata sino alle tre della notte, ho avuto occasione di intrattenermi lungamente con le tante autorità tedesche presenti fra •le quali mia moglie ed io eravamo gli unici stranieri. Premetto che qui tutti sanno che fra breve lascerò la Germania e che non mi occupo da molto tempo di questioni politiche: i colloqui e le discussioni sono state quindi improntate a cordialità e a libertà, senza cioè riserve o reticenze.

Il Ministro Frank mi ha detto di aver ricevuto l'invito della Accademia d'Italia a tenere in maggio una conferenza a Roma sul «Diritto romano e Diritto tedesco » tema questo che sarebbe stato scelto personalmente da S. E. il Capo del Governo (3). Egli ha dichiarato di essere felicissimo dell'invito, perchè spera a Roma di poter persuadere gli ascoltatori della sua conferenza

Il signor Frank desidererebbe che questo suo eventuale colloquio gl! fosse eventualmente assicurato al di fuori delle rappresentanze diplomatiche ufficiali».

che in Germania non si disprezza affatto il diritto romano del quale anzi egli è un fervido ammitatore. Alla mia osservazione ---che d'altra parte gli avevo mossa anche in passato --sugli sc;·itti e sulle considerazioni di alcuni pseudo scienziati, il FraDk mi ha risposto che ormai si tratta di questioni già sorpassate. ~Noi abbiamo compiuto la rivoluzione da soli due anni -ha aggiunto e certi avvenimenti e certe esagerazioni non era possibile evitarle specialmente per i contrasti culturali qui esistenti». Frank ha concluso affermando che egli cercherà di spiegare i motivi che hanno spinto alla riforma del diritto tedesco e esprimendo la speranza di poter porgere i propri omaggi al Duce.

Il :Ministro dell'istruzioc1e Rvst, rni ha pa:-lato della visita compiuta all'Istituto itala-tedesco di Co}onia, visita c~w egli avrebbe fatto coYl l'intenzione, e dopo naturalmente l'assen.timento di Hitler, per dimostrare quale importanza in GerE1ania s1 clà e si vuol dare allo svEuppo delle relazioni culturé'Ji con l'Italia. Avendogli fatto osservare che tali relazioni erano state turbate dalìe intemperanze di certi oratori e scrittori tedeschi, intemr.;eranze che lasciavano supporre elle non fosse Hitler a comandare ma alculli dei sottocapi, Rust mi ha risposto che ormai la fase delle disobbt-dienze è quasi terminata. Una rivoluzione, ha continu2.to, n.on può portare immediatamente ad un regolare fu'lzionamento dei poteri dello Stato (ormai del resto qui si ammette l'errore di quella f;'ase pronunciata due anni fa a N"o:·imberga suìla prevalenza del Partito sullo Stato) e ciò bisogna pure che l'estero lo comprenda.

Le buone relazioni culturali itala-tedesche --sono sempre le parole del Rust -possono contribuire decisamente alla formazione dello spirito europeo di cui si ha tanto bisogno per opporsi alla possibile invadenza della razza asiatica ed io, ha soggiunto, farò tutto il possibile per raggiungere tale scopo. Ricordatomi poi che io due anni fa gli avevo fatto presente il pericolo della quistione austriaca, il Ministro mi ha detto che gli italiani non debbono supporre che la Germania debba espandersi verso il sud. «l'\ei libri di testo scolastici -ha detto -abbiamo scritto che le invasioni tedesche del Medio Evo hanno rappresentato un grave errore per noi: dato questo che insegniamo, come è possibile supporre che noi si voglia attaccare l'Italia?».

Io mi sono limitato a rappresentare al Rust che per raggiungere il fine occorre sgombrare il terreno da tutto il materiale depostovi dai tanti fanatici

o illusi su prevalenza di razze e di cultura: che poi occorre impedire articoli come quello apparso ad es. qualche giorno fa sull'Abissinia proprio nel massimo organo del Partito. Gli elementi irresponsabili bisogna cacciarli nei campi di concentramento, gli ho detto, e allora si potrà far dissipare quella sfiducm che nel mondo regna verso la Germania. Mi sono intrattenuto anche con Hitler ,con Goring ed altri senza però sfiorare argomenti politici o culturali. Mi risulta però che Hitler ancora ieri, parlando con una personalità tedesca avrebbe dichiarato di voler giungere ad una chiarificazione con l'Italia. Un conflitto itala-tedesco, avrebbe aggiunto, sarebbe una cosa priva di senso: cosa dobbiamo togliere all'Italia e cosa può togliere l'Italia a noi?

Il disappunto per la tensione itala-tedesca è ben diffuso e non viene celato. In maniera più o meno chiara tutti coloro con cui ho avuto occasione di intrattenermi sia ieri che nelle settimane passate, lo hanno lasciato intendere.

Io non ho fatto apprezzamenti e mi sono limitato sempre, da semplice privato quale io sono, ad ascoltare e a ripetere l'elenco degli errori qui commessi, principalmente quello della eccessiva libertà di parola lasciata ad elementi fanatici

o ignoranti che non vengono mai puniti: ho aggiunto poi che l'Italia tiene fede ai propri impegni e quindi a quelli presi con la Francia, fatto questo però che non impedirebbe alla Germania di collaborar e con l'Italia. Tale collaborazione non è stata mai respinta dall'Italia fascista, tutt'altro anzi.

Ho potuto notare che l'accordo itala-francese non irrita i tedeschi che lo considerano una logica conseguenza degli avvenimenti (ormai qui i fatti del 25 luglio sono unanimemente riprovati): elle vari elementi sia nazi sia conservatori (elmetti o ex tedesco-nazionali) giudicano possibile e desiderabile una migliore intesa con l'Italia. Gli elmetti di acciaio, quali ex combattenti, desidererebbero anzi poter fare un viaggio in Italia, con la autorizzazione di Hitler, allo scopo di gettare un ponte per l'inizio della collaborazione stessa, collaborazione della quale essi -è giusto riconoscerlo -in tanti anni sono stati fautori.

Ho cercato poi di tastare il polso tedesco nei riguardi dell'Inghilterra. Orbene da qualcuno si opina che l'Inghilterra, in fondo, rappresenta un pericolo per l'Europa. Se vi fosse la possibilità di una intesa continentale, molti problemi potrebbero trovare la loro soluzione. L'Inghilterra è ricca, possiede colonie, cerca di divi dire le nazioni europee e quindi di impedire la pace: finirebbe col cedere al gruppo continentale se questo si formasse.

Ho riassunto brevissimamente quanto è stato detto a me e quanto anche ha formato oggetto di discussione fra eminenti personalità tedesche in un ambiente, che per la sua costituzione, rappresentava tutta la Germania. Mi sembra di poter trarre la convinzione che, qualora la politica italiana lo richiedesse, qui si potrebbe lavorare con un certo successo per provocare alcuni orientamenti desiderati, per esercitare, a volte, una non trascurabile influenza sui vari capi responsabili. Va da sé che per ottenere dei risultati necessiterebbe manovrare tre gruppi, capi e tendenze, operando con fermezza non disgiunta da quella cordialità (Gemiitlichkeit) che qui, oltre alla forza, viene tanto apprezzata.

(l) -Non pubbl!cato. (2) -Da ACS, Ministero della Cultura Popolare, Carte Renzetti. Il destinatario non è indicato, probabilmente si tratta di Galeazzo Ciano. (3) -Frank aveva fatto conoscere il suo desiderio di essere ricevuto da Mussolini tramite il conte Vernarecci che si era rivolto a Marpicati. Si pubblicano alcuni passi di un appunto ministeriale del 26 marzo: <<Da un punto di vista pol!tlco il signor Frank ha tenuto a marcare con il Conte Vernarecci che egli è nel Gabinetto del Relch 11 più spinto rappresentante della tendenza per un riavvicinamento all'Italla e vorrebbe adoperarsi ad el!minare questo dissidio favorendo l'adesione della Germania al Patto Danubiano previsto negli accordi di Roma. Egli ha espresso il vivo desiderio di poter essere ricevuto da S. E. 11 Capo del Governo...
909

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 1998/86 R. Ankara, 12 aprile 1935, ore 0,05 (per. ore 5).

Telegramma di V. E. n. 35 (1).

Mio telegramma n. 84 odierno (2).

Aras ha anzitutto ammesso essere male informato circa notizie relative nostre trattative con Jugoslavia per patto non ingerenza.

Gli ho poi ampiamente esposto e sviluppato tutti concetti relativi inopportunità addivenire patti eccessivamente vasti che determinano imprecisione obiettivi e non possono avere coesione e finalità concordi e concrete.

Con siffatti criteri non vi sono più limiti geografici e pertanto loro estensione anche ad U.R.S.S. sarebbe necessaria con inevitabile aumento proporzionale di difficoltà bene evidenti e del resto connesse a qualsiasi troppo vasto disegno.

Gli ho altresì rinnovato tutti gli argomenti svolti in precedenti occasioni.

Gli ho lasciato infine intendere possibiltà ulteriore sviluppo con inclusione Jugoslavia, ma sempre in rapporto ad andamento nostre nuove relazioni con quello Stato.

Aras ha anzitutto inquadrato sua risposta su necessità costituzione fronte antigermanico.

Se un anello catena manchi, gli altri ne sarebbero indeboliti e minacciati.

Ne deduce che partecipazione romena è indispensabile se non si vuole aperta possibilità alla Germania arrivare al Mar Nero con grave minaccia per gli Stretti. Ha anche espresso dubbio sulla certezza di una salda resistenza sovietica ad un attacco che venisse da Germania e Polonia insieme a Giappone. Ciò per rafforzare suo concetto di stabilire netta precisa solidarietà balcanica di fronte pressione germanica.

Ha voluto mettere in evidenza che, se può essere teoricamente immaginabile un accordo turco-italiano di per sé stante, quando si prenda in esame la accessione ad esso anche di un solo Stato balcanico nessun altro può essere escluso; se poi l'accordo progettato dovesse divenire una quadruplice era ancora più inimmaginabile lasciare fuori il quinto possibile contraente.

Ciò a parte impegni fra Stati balcanici che impongono ai quattro firmatari di tenersi insieme in ogni circostanza. Quanto alla Bulgaria, modificando precedenti espressioni, ha detto che eventualmente partecipazione dipenderèbbe solo dal desiderio e volontà V. E. Non riteneva indispensabile partecipazione sovietica a progettato patto.

U.R.S.S. non partecipa a patto balcanico malgrado Romania sia Stato rivierasco Mar Nero. Poteva anzi affermare con sicura certezza che U.R.S.S. non avanzerebbe mai alcuna pretesa di partecipazione.

Egli concludeva che, se V. E. volesse riesaminare sue proposte e fare altro passo (ed a questa speranza lo incoraggiavano le dichiarazioni del R. Ministro a Belgrado sulla Piccola Intesa) il patto balcanico, fuso nel nuovo più ampio accordo, perderebbe suo primitivo carattere, acquisterebbe nuovo più ampio significato nel quadro della nuova situazione europea, servirebbe di sostegno a patto di non ingerenza dell'Europa Centrale.

Al termine del secondo colloquio egli mi ha fatto la proposta concreta, studiata con Ismet pascià, e di cui mio telegramma n. 84 odierno. Essa, secondo Aras, tiene anzitutto conto dei legami della Turchia, che non può distaccarsi dai suoi alleati balcanici.

Ed a questo fine basterebbe che V. E. proponesse agli Stati balcanici quel qualsiasi più tenue legame che evitasse ogni e qualsiasi apparenza di loro divisione.

,

Su questa base si svilupperebbero subito più precisi rapporti itala-turchi fino all'alleanza militare. L'incremento dei reciproci rapporti, se è desiderio di S. E. Capo Governo, è anche al sommo del desiderio di Ismet pascià e suo. Ma questa seconda parte era impossibile senza una prima base di unità ed armonia dei rapporti Italia-Stati balcanici.

Ha insistito per domandare mia impressione, almeno personale.

Ho evitato pronunciarmi avvertendo che V. E. aveva già fatto grande passo prendendo in esame eventuale possibiltà di una quadruplice e mi sembrava difficile allargare ancora il campo degli accordi che ci allontanerebbero sempre più dal punto di partenza e dall'obiettivo principale. Tuttavia egli mi aveva fatto adesso una proposta precisa.

Essa permetteva a V. E. di impartire a S.E. Suvich o a S. E. Aloisi delle direttive per la continuazione delle conversazioni.

Poichè S. E. Capo Governo ed Ismet pascià miravano al consolidamento più ampio dei rapporti itala-turchi, speravo che si sarebbe arrivati ad una utile conclusione.

Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo (1).

(l) -Cfr. n. 879. (2) -Cfr. n. 901.
910

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2001/87 R. Ankara, 12 aprile 1935, ore 0,10 (per. ore 5).

Miei telegrammi nn. 84 e 86 (2).

È mia impressione che pensie:J;"o dominante di Aras in questo momento sia preoccupazione possibile offensiva germanica verso l'Austria (egli cita prognostici di imminente realizzazione dell'Ambasciatore tedesco a Mosca), eventuale poca resistenza dell'U.R.S.S. e forse .incapacità francese di unirsi a noi per impedirla.

Perciò necessità assumere un atteggiamento che offra le maggiori possibili garanzie per ogni eventualità, lasciando anche uno spiraglio a diverse decisioni che non quelle che ora sembrano le più probabili.

L'accordo degli Stati balcanici con l'Italia, fortissima Potenza militare e la cui flotta domina incontrastata tutte le coste del Mediterraneo e del Mar Nero gli sembra quel migliore aggruppamento che può aggiungendo la sua forza a quella della Russia, opporsi alla discesa germanica lungo il Danubio e verso gli Stretti.

66 -Documenti Diplomatici -Serie VII -Vol. XVI

Ma l'affermazione che l'U.R.S.S. non ha bisogno di accedervi (come non ha bisogno di accedervi la Francia) mi costringe alla supposizione, sia pure teorica che nel suo pensiero possa esservi anche l'ipotesi che in diverse circostanze questo aggruppamento potrebbe anche non essere obbligato in modo assoluto a prendere atteggiamento antigermanico.

Naturalmente egli negherà sempre qualsiasi sospetto di tale genere ma non posso esimermi dall'avanzarlo.

Quanto poi alla insistenza per la partecipazione dei quattro Stati del patto balcanico non può negarsi come ciò derivi da impegni diplomatici che la Turchia non può più disconoscere e rompere.

Il patto che egli suggerisce di imporre il più leggero che l'Italia crederà, con facoltà di patti bilaterali, potrebbe permettere un agile e snodato sviluppo, poiché concretando subito « anche una alleanza militare ~ con la Turchia, permetterebbe quei maggiori legami anche militari che l'avvenire consigliasse od indicasse possibili pure con la Jugoslavia.

Senza dubbio non è invece altrettanto necessar,io approfondire rapporti con la Grecia che sembra al massimo del suo indebolimento militare, mentre con la Romania non vi sono nostri diretti interessi politici mmtari immediati che domandino un rafforzamento qualsiasi dei legami di cui al Patto generale proposto.

La partecipazione della Russia come non fu necessaria nel patto balcanico non lo sembrerebbe nemmeno nella maggiore combinazione proposta da Aras, poiché importerebbe nuove questioni anche all'interno per i Balcani stessi, non desiderabili da quegli Stati.

Chiudo confermando che è stato mio preciso obiettivo ottenere il continuare futuro delle conversazioni, e porre le attuali su un terreno che indichi una crescente confidenza e fiducia nelle relazioni reciproche, quale possa essere il lato effettivo risultato.

(l) -Cfr. n. 910. (2) -Cfr. nn. 901 e 909.
911

APPUNTO (l)

Stresa, 12 aprile 1935, ore 12.

Bova Scappa ha parlato col delegato polacco il quale ha detto che non può dare nessuna r,isposta senza prima interpellare Beck; che comunque non avrebbe potuto prendere nessun impegno senza prima conoscere i termini eventuali di un progetto di risoluzione, che dovrebbe essere approvato dal Consiglio.

Bova Scappa ha aggiunto (come sua impressione personale) che egli dubita molto che i polacchi possano accettare un progetto in cui ci sia un biasimo piuttosto forte contro la Germania. Egli dice che non lo accetteranno se non redatto in termini blandi.

(l) Il titolo oriiinale del documento è: «Comunicazione telefonica da Ginevra,.

912

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ATTOLICO, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, SUVICH, A STRESA

T. u. 2003/96 R. Mosca, 12 aprile 1935, ore 15,20 (per. ore 16,20).

Mio telegramma di ieri n. 95 (1).

Qui continuasi dare grande conto annunziato patto franco-sovietico.

Mi sembra che gioverebbe ottenere da Laval precisi particolari agendo perché esso non sia definitivamente concluso in forma e termini contrastanti nostre vedute e interessi.

A parte ogni questione fra i due Governi mi sembrerebbe, ad esempio, pericoloso che patto abbracciasse senz'altro e subito Piccola Intesa, ciò potendo pregiudicare sviluppi nostra politica in quel settore.

913

IL MINISTRO A BELGRADO, VIOLA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 1525/521. Belgrado, 12 aprile 1935 (per. tl 15).

Tevfik Rustu Aras che sono andato a vedere oggi alla Legazione di Turchia per comunicargli il contenuto dell'odierno telegramma di S. E. Suvich circa incontro a Milano (3), ha trovato modo, nel giro di pochi minuti, (era infatti atteso dal Principe Reggente) di intrattenermi colla nota loquacità su svariati argomenti.

Riassumo brevemente le parole del Ministro degli Esteri di Turchia:

Egli è lieto delle dichiarazioni che V. E. ha fatte -per mio tramite alla Jugoslavia; ne vede già facilitato il raggiungimento di un nostro accordo colla Turchia, e l'inizio di una nuova collaborazione italiana nei Balcani ai fini della pace.

È però d'avviso non doversi affrettare la conclusione di un patto italajugoslavo perché converrebbe -secondo lui -all'Italia di concretare il suo orientamento verso tutto il sistema intesa balcanica e Piccola Intesa, nel suo complesso, e addivenire poi a particolari accordi colla sua vicina. Un questa concezione del Ministro ho creduto di ravvisare la preoccupazione per un possibile isolamento della Turchia nell'ipotesi che il riavvicinamento itala-jugoslavo e quello jugoslavo-bulgaro avesse a prendere forme concrete precedendo un accordo italo-turco e ponendo in secondo piano l'utilità di quest'ultimo).

Inoltre -dice il Ministro -in Jugoslavia si sta cercando di tornare alla normalità, con la collaborazione dei partiti, sulla base dell'unità nazionale: bisogna attendere nel comune interesse il risultato delle elezioni e il consolidamento del Governo Jevtich, il quale -del resto -non può mutare d'un tratto una politica estera decennale. (Qui mi pare poter riconoscere l'eco di discorsi probabilmente da lui fatti a Jevtich -che ha visto 11<>co prima e che non sono estranei alla preoccupazione di cui sopra).

In base alle ultime notizie giunte da Stresa Tewfik Rustu Aras dice che spera ancora nella collaborazione della Germania; per lo meno, non gli pare che il comunicato autorizzi ad escluderla. Non si può senz'altro attribuire alla Germania l'intenzione di altri colpi di testa né il deliberato proposito della guerra. Non bisogna rompere i ponti, ma cercare di riportare la Germania a Ginevra.

E l'Anschluss?

*Egli non crede a un atto di v.iolenza della Germania per l'Anschluss. Occorrerebbe però trovare una soluzione che potrebbe essere quella di far partecipare i nazisti austriaci al Governo del paese* (1), in una combinazione cogli attuali elementi di governo.

A Stresa forse non si concluderà; ma il convegno avrà avuto un'.importanza enorme per gli ulteriori sviluppi. Dopo Stresa verrà Ginevra, poi -speriamo -un convegno a Londra, con la Germania poi si tornerà di nuovo a Ginevra.

(l) -T. 1979/95 R., non pubblicato. (2) -Con t. 1935/92 R. del 9 apr!le Attollco aveva comunicato: «Incomincia a fare capolino preoccupazione che, URSS assente, possano risolversi a Stresa questioni che l'interessano». (3) -T.u. 4667 P. G. partito da Stresa con cui Suvich incaricava Viola di comunicare a Tevf!k Ruschdl bei che sarebbe stato lieto di incontrarlo a M!lano o in altra località.
914

COLLOQUIO FRA L'ADDETTO AERONAUTICO A PARIGI, PICCIO, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FRANCESE, FLANDIN

APPUNTO. Stresa, 13 aprile 1935, ore 20.

Questa sera al suo ritorno in albergo dopo la fine delle conversazioni all'Isola, il Signor Flandin mi ha pregato di recarmi presso di lui e mi ha detto:

«La conferenza volge al suo fine ed innegabilmente dobbiamo riconoscere che molto è stato fatto per il consolidamento dell'.intesa generale.

Occorre però che quanto si è potuto sbozzare nelle conversazioni a Tre, porti i suoi frutti ed abbia al più presto delle realizzazioni concrete se non vogliamo che le parole restino delle parole soltanto.

Su due questioni vi prego di comunicare a S. E. il Capo del vostro Governo il mio pensiero -Accordo aereo -Europa centrale.

-Accordo aereo.

Le risoluzioni che prevedono la possibilità dei patti aerei bilaterali, dovrebbero avere al più presto come conseguenza tra Voi e Noi la elaborazione

e la firma del patto aereo Itala-Francese. Sarebbe desiderabile quindi che s! riunissero subito esperti dei due Paesi e che il patto previsto potesse, una volta stabilito, essere firmato durante la prossima riunione di maggio a Roma.

Non vi è nessun contrasto tra le eventuali azioni derivanti da questo Patto e gli accordi di Locarno poiché, dovendo questi nuovi patti essere registrati alla Società delle Naz.ioni, essi divengono giuridicamente perfetti, come legale diviene la loro applicazione.

-Europa centrale.

Per quanto riguarda la eventualità dell'intervento francese in Austria, occorre tener conto che l'opinione pubblica del mio Paese sarà tanto più disposta ad ammetterlo se tale intervento farà parte di una azione comune de.i firmatari del nuovo accordo danubiano.

D'altra parte, per sconsigliare alla Germania qualsiasi azione in Austria, occorre che l'entità delle forze, che ivi convergerebbero fin dal primo allarme, sia veramente imponente.

Io ho fatto fare uno studio militare sulle disposizioni di mobilitazione dei vari paesi balcanici. Mi è risultato che, allo stato attuale, se si verificasse la crisi austriaca, i vari Paesi limitrofi all'Austria non potrebbero mobilitare verso quel fronte che un numero di divisioni corrispondenti a meno della metà dei loro effettivi, dovendo l'altra metà essere avviata agli altri fronti per le diffidenze esistenti.

Occorrerebbe pertanto che tutto fosse messo in opera dall'Italia e dalla Francia perché tali diffidenze fossero eliminate; occorrerebbe cioè ottenere che fra quegli Stati fossero firmati accordi di non aggressione e di mutua assistenza, patti che permetterebbero il concorso totale delle forze disponibili verso il punto minacciato.

La conclusione di questi accordi parziali sarebbe anche facilitata da un accordo di principio Italo-Russo.

Per quanto riguarda il riarmo degli Stati minori, io, sempre nel quadro dell'intesa Itala-Francese, sto compiendo un'opera di persuasione presso la Piccola Intesa e specificatamente verso Titulesco che è cavUloso e pericoloso.

Otterremo certamente il risultato voluto dall'Italia ma occorre essere molto cauti come vi ho detto a Parigi ed insisto, nel comune interesse, a dirvi che un'azione brutale avrebbe certamente risultati disastrosi e potrebbe compromette;e tutto il lavoro compiuto.

E poi, come vi ho detto altre volte, non vorrei affrettare un riarmo che troveremo certo un giorno contro di noi e su questa visione dell'avvenire credo che anche il Ca;po del vostro Governo sarà d'accordo con me.

Sono ultimamente riuscito, malgrado grav.i difficoltà, a far votare più di sette miliardi di spese straordinarie per la preparazione militare del mio Paese ma, se noi riusciamo a costituire al più presto questa catena di reciproche intese in Europa centrale, io credo che godremo di una relativa tranquillità, almeno per un certo tempo e poiché ho preso atto della ineluttabilità della vostra prossima azione in Africa orientale, questa relativa tranquillità è anche per voi del massimo interesse».

(l) Il passo !ra asterischi è stato sottolineato da Mussolini.

915

L'AMBASCIATORE A BERLINO, CERRUTI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. PER CORRIERE R.R. 2060/0109 R. Berlino, 13 aprile 1935 (per. il 15).

È venuto a vedermi ieri il maggiore Renzetti che mi ha detto di volermi riferire conversazioni avute con alcuni ministri e alti gerarchi nazionalsocialisti durante la cerimonia per il matrimonio del presidente del consiglio prussiano, generale Goering (1).

Aveva riscontrato molto rammarico per il raffreddamento delle relazioni italo-germaniche, gli era stato detto che si riconosceva ormai generalmente come ne fosse stata causa la questione austriaca e che si deplorava di aver perduto l'amicizia dell'Italia. Egli aveva risposto che se si fosse prestata maggiore fede a quanto egli aveva sempre detto al riguardo, tutto ciò non sarebbe accaduto, dato che egli aveva sempre insistito sul pericolo di sollevare la questione austriaca.

Dal linguaggio che gli era stato tenuto egli si era poi reso conto che a Berlino si sarebbe stati disposti, in questo momento, a relegare in un canto tutto ciò che si riferiva all'Austria, cosicché egli credeva consigliarmi di compiere un passo immediato presso il Governo del Reich per chiedergli un'assicurazione nei riguardi dell'Austria, che mi sarebbe stata probabilmente data.

Ho risposto al maggiore Renzetti che quanto egli mi diceva era assai istruttivo perché dimostrava una volta di più come i tedeschi siano disposti a cedere soltanto di fronte alla forza fisica o morale. Era infatti naturale che parlassero in tal modo mentre siedeva la conferenza di Stresa. I tedeschi non avevano bisogno di alcun passo da parte dell'ambasciatore d'Italia per assumere nei riguardi dell'Austria un atteggiamento chiarificatore. Un simile passo, che non avrebbe potuto del resto essere compiuto da un rappresentante diplomatico, e quindi responsabile, se non dietro istruzione del proprio Governo, sarebbe stato sfruttato dai tedeschi ai loro fini, come una prova di debolezza da parte dell'Italia ed avrebbe quindi, ai fini nostri, che erano i soli che interessavano me, sortito l'effetto contrario.

Il maggiore Renzetti insistette dicendo che dai discorsi fattigli aveva compreso che nel partito nazionalsocialista si sarebbe desiderato stendere un velo sopra il passato e riprendere con l'Italia le relazioni più intime.

Ho ribattuto che il linguaggio dei suoi amici mostrava come essi sperassero di attirare facilmente l'Italia in una trappola per poterla poi accusare di «tradimento » verso la Francia. Egli avrebbe· dovuto sapere che l'Italia riflette bene prima di concedere la propria amicizia ad un'altra nazione, ma se promette mantiene. Ricordasse pure che fra l'Italia fascista e la Ger

mania nazionalsocialista vi era un morto, Dollfuss, e che non si salta a piè pari sopra una bara, almeno non lo facciamo noialtri italiani.

Ho creduto esprimermi, con la massima calma, ma non minore fermezza in questi termini perché il maggiore Renzetti li riferisse eventualmente a coloro che lo avevano mandato da me.

(l) Cfr. n. 908.

916

IL MINISTRO AD ATENE, DE ROSSI, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. POSTA 2132/046 R. Atene, 13 aprile 1935 (per. ore 12,40 del 17).

Miei telegrammi per corriere 031 e 039 (1).

Successive conversazioni mi hanno confermato che il Governo ellenico preferirebbe evitare assumere per ora qualsiasi decisa attitudine circa patto con noi e Turchia in attesa conoscere modo preciso quali siano risultati conferenza Stresa, atteggiamento jugoslavo sviluppi intese !taio-jugoslave.

Grecia preferirebbe sicuramente che a Stresa non si delineasse nessun marcato e deciso schieramento ex alleati contro Germania e si nutre fiducia che Jugoslavia arrivi per lo meno evitare, ad onta eventuali pressioni francesi, incompleta o completa accessione Piccola Intesa a tesi anti-germanica, ottenendo cosi poter fare a meno adottare attitudine che possa comunque essere interpretata come ostile Germania con la quale Governo ellenico desidera mantenere, come in precedenti comunicazioni ho già accennato, migliori e più cordiali rapporti politici, finanziari ed economici, in considerazione sopratutto che oggi Germania è principale acquirente suo tabacco che giornalmente trova più difficile esito con estero.

Poiché Grecia, come precedentemente accennai, considera possibilità stipulazione noto accordo con noi e Turchia in funzione patto balcanico, essa resta altresì in attesa di conoscere prima di prendere in merito qualsiasi decisione, sviluppo intesa !taio-jugoslavia.

Da informazioni confidenziali mi risulterebbe che in base notizie ricevute da Belgrado e da questa legazione jugoslava in questi ambienti politici si nutrirebbero non pochi dubbi circa possibilità rapide conclusioni tali intese.

Mi è stato aggiunto che attitudine ellenica circa suindicate due questioni sarà oggetto discussioni e intese con rappresentanti intesa balcanica in prossime riunioni Ginevra e Bucarest, ove nella prima Grecia è rappresentata da noto francofilo Politis e nella seconda da nuovo ministro degli affari esteri che, per sua impreparazione questioni politica estera potrà facilmente essere condotto seguire indirizzi segnati e voluti da scaltri e astuti suoi colleghi intesa balcanica.

(l) Cfr. nn. 799 e 882.

917

IL VICE CAPO GABINETTO, JACOMONI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI, E A PARIGI, PIGNATTI

TELESPR. R. 211860/C. Roma, 13 aprile 1935.

Per opportuna conoscenza, si ha il pregio di trasmettere a V. E. in allegato al presente telespresso, un riassunto delle informazioni pervenute a questo

R. Ministero circa l'attività che verrebbero svolgendo taluni agenti tedeschi, sia in Etiopia, sia in Germania, ai nostri danni nella attuale fase dei rapporti itala-etiopici.

Non tutte le informazioni contenute in detto appunto sono state controllate; e questo R. Ministero non può escludere che talune di esse possano essere infondate o quanto meno esagerate; tuttavia dal complesso delle notizie raccolte e dalle segnalazioni che questo R. Ministero non ha ragione di mettere in dubbio, fatte dalla R. Legazione in Addis Abeba, risulta essere diffuso in quegli ambienti abissini il convincimento che, nell'attuale crisi dei rapporti itala-etiopici e nell'eventualità che tali rapporti abbiano a peggiorare, l'Etiopia può contare su diretti o indiretti appoggi da parte germanica.

L'atteggiamento tedesco filo-abissino in funzione anti-italiana, nell'attuale controversia itala-etiopica, risulta principalmente:

belliche all'Etiopia, sia come contributo di materiale, che di mezzi di trasporto; 4°) dal tenore della stampa tedesca.

* * *

l o -Comportamento della legazione di Germania ad Addis Abeba.

La Legazione di Germania ad Addis Abeba, anche per il passato, si è

sempre mostrata assai benevola verso gli indigeni nel contrasto tra la loro

attitudine di resistenza ed· ostruzionismo alla pacifica penetrazione delle po

tenze coloniali europee, e l'attività da queste esplicata in Abissinia.

Tale atteggiamento, mano a mano che la situazione dei rapporti itala

etiopici andava aggravandosi, ed in ispecie dopo i noti incidenti, si è andato

sempre più accentuando, assumendo uno spiccato carattere anti-italiano.

Il nuovo Ministro tedesco ad Addis Abeba, Signor Kirchholtes, di recentissima

nomina, ha ricevuto all'atto di prendere possesso del suo ufficio, una acco

glienza esorbitante dalle consuete formalità.

Il giorno precedente la presentazione delle credenziali, il Signor Kirchholtes

fu ricevuto dall'Imperatore in visita confidenziale. In tale occasione egli avrebbe

dato al Negus ogni più ampia assicurazione di pieno e completo appoggio -sia

politico che effettivo -all'Etiopia da ·parte della Germania; avrebbe promesso l'invio di istruttori tedeschi per l'esercito e per l'aviazione; ed avrebbe detto che una dichiarazione di guerra dell'Italia all'Etiopia provocherebbe la guerra in Europa.

Parlando in presenza di alti dignitari dell'Impero, il Sig. Kirholter avrebbe aggiunto che l'Etiopia poteva contare sulla simpatia e sul pieno concorso della Germania e che, d'altra parte, l'Italia non era da temersi.

All'indomani della visita del Ministro di Germania all'Imperatore, il Maggiore Steffen, noto agente tedesco, avrebbe firmato un contratto per una fornitura all'Etiopia di 300 autocarri armati e, per evitare eventuali difficoltà da ,parte francese, si sarebbe obbligato a consegnare la merce ad Addis Abeba anziché a Gibuti.

Sembra inoltre che il Governo del Reich sia sul punto di aumentare il personale della sua Legazione in Etiopia che conta già di quattro funzionari di carriera.

Infine sembra che l'Incaricato d'Affari di Germania abbia presenziato ad una recente riunione dell'Associazione dei Giovani Etiopici, cui avrebbero partecipato i più noti esponenti del partito nazionalista, tra cui anche il Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri, e nella quale sarebbe stata trattata la questione degli aiuti germanici all'Etiopia.

2° e 3° -Agenti tedeschi in Abissinia -Il contributo della Germania alle forniture belliche all'Etiopia.

L'attività degli agenti tedeschi in Abissinia, già da tempo segnalata e seguita da quei RR. Uffici, è andata assumendo proporzioni di sempre maggiore rilievo.

Fra tali agenti è stato specialmente notato l'ex Maggiore tedesco Steffen, della Junkers, console onorario d'Etiopia a Berlino, la cui presenza 'in Addis Abeba è stata accertata da indagini svolte attraverso RR. Rappresentanze all'estero. Il Maggiore Steffen già noto nel passato, per la parte da lui presa nella rivolta di Abd-el-Krim, al quale fornì armi ed aiuti, avrebbe fatto chiamare telegraficamente ad Addis Abeba il Signor Johann Albrecht con Bassevitz, anche egli già noto a questo Ministero per avere svolto nel dopoguerra attività sospetta nelle colonie italiane. Il von Bassevitz, la cui presenza ad Addis Abeba è stata anch'essa accertata, è parente dell'attuale Ministro di Germania a Teheran e, parrebbe, anche di un altro alto funzionar,io del Ministero degli Esteri germanico.

Lo Steffen e il von Bassevitz stanno attivamente occupandosi di forniture di aeroplani Junkers all'Etiopia che verrebbero fatte a credito; ed il secondo avrebbe anche formato il progetto di costituire delle società tedesche per sfruttare in Etiopia concessioni agricole ed imprese commerciali.

Tanto lo Steffen che il von Bassevitz sono già stati oggetto di interesse da parte della stampa e non soltanto di quella italiana.

Inoltre il Maggiore Steffen è stato pure a contatto con il meticcio tedesco naturalizzato etiopico David Hall già funzionario del Negus ed anche egli noto per la sua animosità contro l'Italia e per la sua attività germanica e filo-abissina che recentemente avrebbe esplicato anche in Svizzera dove egli si sarebbe, fra l'altro, interessato di fare inviare, come effettivamente da diverso tempo è stato fatto, dei giovani etiopici per frequentarvi dei corsi di istruzione e di perfezionamento presso le fabbriche di materiale bellico a Oerlikon e a Neuhasen. In Svizzera lo Hall avrebbe avuto fra i suoi collaboratori un altro meticcio tedesco, Adolfo Mayer, e il meticcio svizzero Kunzler.

Con lo Hall e con altri agenti minori lo Steffen ha svolto in Abissinia, con mezzi abbastanza larghi, una attiva propaganda spiccatamente anti-italiana, filo-abissina e filo-tedesca, e oltre che delle sopracennate forniture di autocarrarmati di aeroplani Junkers, si sarebbe anche occupato di forniture di materiale da guerra vario, compresi i mezzi chimici più moderni, nei confronti delle quali si sarebbe impegnato per la consegna di un quantitativo corrispondente ad un importo di diversi milioni di talleri, consegna entro il 1935 e pagamento dopo dieci anni con interessi del 4%.

Segnalazioni di forniture all'Etiopia di materiale bellico di ogni genere, fra cui numeroso materiale chimico ed anche materiale batteriologico, tutto di fabbricazione tedesca e proveniente dalla Germania, pervengono quasi quotidianamente e con un crescendo continuo.

Inoltre gran parte del materiale bellico, fornito anche da altri Stati, viene imbarcato nei porti tedeschi, massime ad Amburgo, ed assai spesso viene trasportato a mezzo di piroscafi, pure tedeschi, in ispecie da quelli della « Hansa Line ).

È stato appreso infine che a Berlino sono state svolte trattative fra quel Rappresentante etiopico, il Generale Blomberg ed il primo consigliere dell'Ambasciata jugoslava per discutere intorno alla ,possibilità di forniture di armi all'Etiopia, e sembra che la Germania si sarebbe mostrata disposta ad affidare ad armatori jugoslavi il trasporto delle armi sino ad Alessandria d'Egitto, da dove esse sarebbero poi fatte proseguire in Abissinia lungo il Nilo.

4) Stampa tedesca.

Il tono della stampa tedesca durante tutte le varie vicende dell'attuale vertenza itala-etiopica, è stato quasi sempre, nei confronti, ostile e velenoso.

Anch'essa ha assunto, nella maggior parte dei casi, uno spiccato atteggiamento anti-italiano e filo-Indigeno che è stato rilevato solo da noi, ma anche da qualche giornale estero.

Particolarmente deplorabili nel contegno della stampa tedesca sono gli accenni al valore delle truppe abissine e alla disgraziata campagna del '96, a proposito della quale sembra che essa si compiaccia, con studiata animosità, nell'insistere a parlare di sconfitta italiana.

Del resto, dell'attitudine della stampa tedesca è già stato intrattenuto, a questo R. Ministero, l'Ambasciatore Von Hassell il quale ha espresso il suo rincrescimento.

Conseguenza di questa attitudine ed attività ufficiosa, e talvolta anche ufficiale, della Germania nella attuale situazione dei rapporti itala-etiopici è quella di rendere più baldanzosi gli abissini, i quali, come è stato notato dalla

R. Legazione ad Addis Abeba e da quelle Legazioni di Francia e d'Inghilterra, si sono ormai convinti di essere spalleggiati dalla Germania e di potere contare sul suo appoggio. Clò che, senza dubbio, contribuisce a mantenerli in quell'attitudine di intransigenza che rende maggiormente difficili le attuali trattative per la risoluzione dei noti incidenti, rendendo in tal modo la Germania partecipe della responsabilità derivante dalle eventuali conseguenze del non raggiungimento, per fatto etiopico, di una giusta composizione della vertenza.

l 0 ) dal comportamento della Legazione di Germania ad Addis Abeba; 2°) dall'attività sempre più intensa degli agenti tedeschi in Abissinia; 3°) dalla parte sempre più importante della Germania nelle forniture

918

L'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, PERSICO, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

T. 2048/33 R. Gedda, 14 aprile 1935, ore 18,15 (per. ore 1,30 del 15).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 22 (1). Sono lieto di potere oggi annunziare a V. E. il felice esito dell'a:z.ione da me svolta tenacemente col Governo saudiano sulla via tracciata dalle sue direttive. Ibn Saud ha incaricato suo capo ufficio politico di dichiararmi quanto segue:

«13 aprile Sovrano ha comunicato ufficialmente alla missione etiopica che pur essendo in via di massima d·isposto ad accogliere la richiesta di concludere con Etiopia trattato amicizia e di commercio non ritiene opportuno di stipularlo ora, data attuale tensione dei rapporti itala-etiopici.

Ibn Saud desidera che V. E. personalmente sappia che, quando egli conclude un trattato di amicizia non compie atto formale ma sincero e sentito.

Ciò egli ha già dimostrato verso l'Italia e lo dimostrerà anche in avvenire.

Sovrano vuole che V. E. sia convinto di questi sentimenti ed augura siano contraccambiati:..

919

COLLOQUIO FRA IL VICE CAPO GABINETTO, GIACOMONI, E IL MINISTRO D'UNGHERIA A ROMA, VILLANI

APPUNTO. Roma, 14 aprile 1935.

Il Barone Villani è venuto ad espr·imere il suo disappunto perché il Ministro Viola in una intervista alla Pravda circa la Piccola Intesa avrebbe detto che essa è una felice combinazione assai utile alla pace europea e alla ricostruzione della Europa danubiana.

Ho mostrato al Barone Villani il testo esatto di questa intervista ed egli mi ha dichiarato non avere nulla da eccepire contro di esso.

Il Barone Villani ha quindi espresso il desiderio che l'accordo per il noto prestito possa essere firmato dal Ministro Fabinyi e dal Ministro Thaon di Revel nel loro prossimo incontro a Fiume.

Mi sono riservato al riguardo di mettermi in contatto con i Ministeri competenti.

Il Barone Villani accennando alla prossima conferenza di Roma per l'accordo danubiano mi ha detto che come è già noto a S. E. il Capo del Governo, l'Ungheria ritiene che premessa ad una sua partecipazione al Patto danubiano sia la soluzione della vertenza jugoslavo-magiara circa la tragedia di Marsiglia.

(l) Cfr. n. 828.

920

IL SEGRETARIO DELLA DELEGAZIONE ALLA CONFERENZA DI STRESA, DEL DRAGO, AL CAPO GABINETTO, ALOISI

APPUNTO Stresa, 14 aprile 1935.

L'Ambasciatore Bastianini ha inviato da Varsavia a S. E. Suvich i due telegrammi che qui si uniscono in copia (l).

I predetti telegrammi son stati sottomessi alla visione di S. E. il Capo del Governo il quale ritiene opportuno che S. E. Suvich incontri il Ministro Beck durante la sua permanenza in Italia.

A tal fine si prega l'E. V. di accertare nel modo che più le sembrerà opportuno la data dell'arrivo del Ministro Beck a Venezia e la durata probabile della sua permanenza colà nonché se veramente egli desideri incontrarsi con

S. E. Suvich.

Non appena in possesso delle informazioni relative prego l'E. V. di volere informare telegraficamente il Ministero degli Esteri.

921

IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DEGLI ESTERI, MUSSOLINI

TELESPR. 434/398. Ginevra, 14 aprile 1935

Il Signor Avenol mi ha chiamato ieri per dirmi che nella seduta privata di lunedì egli avrebbe dovuto intrattenere il Consiglio sulla richiesta etiopica. Ha aggiunto che gli sembrava impossibile che il Consiglio decidesse in un senso o nell'altro circa l'iscrizione della questione all'ordine d~ giorno nell'assenza d'una delle parti interessate e che quindi se i rappresentanti etiopici si fossero presentati a Ginevra era evidente che essi avrebbero dovuto partecipare alla seduta ·privata. Ho subito obiettato che nella passata riunione del Consiglio privato gli etiopi non erano intervenuti malgrado avessero fatto appello al

Permanenza Beck a Venezia potrebbe fornire occasione a qualche scambio diretto di vedute". Con t. 15/54, anch'esso del 13 aprile aveva ag1giunto: «converrebbe non (dico non)lasciarsi sfuggire occasione venuta di Beck a Venezia per avere con lui nel modo migliore uno scambio di vedute tanto più che ho ragione di ritenere egli pensi tale possibilità».

Consiglio in base all'art. 11 e quindi non vedevo la ragione per agire diversamente questa volta. Avenol mi ha detto che ciò era stato possibile in base all'accordo che si era negoziato prima fra le due delegazioni e che aveva reso superflua la presenza del delegato etiopico.

Avendomi chiesto quale fosse H nostro punto di vista ho detto ad Avenol che esso risultava chiaramente dalla nostra ultima nota e che non era per noi possibile ammettere che il Consiglio fosse investito del problema mentre è in corso la procedura prevista dal trattato del 1928, procedura che gli stessi etiopi hanno insistentemente invocato. Escludevo quindi che la Delegazione italiana potesse comunque accettare di discutere la questione sulla base dell'art. 15. Avenol mi ha detto che non aveva ancora visto i delegati etiopici e non sapeva per conseguenza quale attitudine intendevano assumere dopo l'ultima nota ita'liana. 'Ft

Infine accennandomi alla eventualità che si potesse discutere della cosa in seduta pubblica Avenol mi ha detto che il Consiglio potrebbe in sostanza limitarsi a votare una risoluzione con cui si prende atto della nota italiana e si invitano le parti a continuare nella procedura prevista dall'art. 5 del trattato 1928. Ho subito detto che una risoluzione di questo genere mi sembrava assolutamente superflua e ho fatto comprendere ad Avenol come la delegazione italiana avendo impostato la questione sulla base del trattato italo-etiopico del 1928 in armonia anche all'impegno preso fra le due parti interessate il 19 gennaio scorso, non avrebbe accettato in nessun modo di discutere della cosa in altra sede.

Avenol ha perfettamente compreso. Ma ritengo che intratterrà il Barone .Aloisi nello stesso senso.

Intanto i Delegati etiopic,i sono giunti a Ginevra ed il Journal des Nations anche nel suo numero odierno, che allego, insiste perché la vertenza venga discussa davanti al Consiglio e riproduce oltre la lettera del Deputato Mander al Manchester Guardian anche una risoluzione della Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà contraria naturalmente all'attitudine italiana.

A titolo d'informazione aggiungo d'avere appreso da buona fonte che l'avv. Jèze, consulente etiopico, ha avuto in questi ultimi tempi a Parigi frequenti contatti con signor Politis col quale si è messo d'accordo circa la forma e il testo delle ultime note etiopiche.

(l) Con t. 14/53 del 13 aprile Bastianini aveva comunicato: «Beck mi fa dare comunicazione che egli parte stamane con sua moglie per Ginevra dopo di che andranno a riposarsi tre o quattro giorni a Venezia prima di rientrare per la visita di Lava!.

922

RESOLUTIONS COMMUNES DE LA CONFERENCE DE STRESA (1).

Stresa, 14 aprile 1935.

Les représentants des gouvernements d'Italie, de France et du Royaume Uni ont examiné à Stresa la situation générale européenne à la lumière des résultats des échanges de vues poursuivis durant les dernières semaines, de

la décision prise le 16 mars par le gouvernement allemand ainsi que des information recueillies par les Ministres britanniques au cours des visites qu'ils viennent d'effectuer dans diverses capitales européennes.

Ayant envisagé les conséquences de cette situation par rap.port à la politique définie dans les arrangements intervenus tant à Rome qu'à Londres, ils se sont trouvés d'accord sur les dlfférentes questions qu'ils ont discutées.

l. Ils sont convenus d'une ligne de conduite commune à suivre au cours de la discussion de la requete dont le gouvernement français a saisi le Conseil de la Société des Nations.

2. --Les informations recueillies les ont confirmés dans le sentiment qu'il convient de poursuivre les négociations tendant au développement souhaité de la sécurité dans l'Europe Orientale. 3. -Les représentants des trois gouvernements ont procédé à un nouvel examen de la situation autrichienne.

Ils confirment les déclarations anglo-franco-italiennes du 17 février et du 27 septembre 1934 par lesquelles les trois gouvernements ont reconnu que la nécessité de maintenir l'indépendance et r.intégrité de l'Autriche continuera à inspirer leur politique commune.

Se référant au Protocole franco-italien du 7 janvier 1935 et aux déclarations franco-anglaises du 3 février 1935, par lesquelles a été réaffirmée la décision de se consulter sur les mesures à prendre au cas où l'intégrité et l'indépendance de l'Autriche seraient menacées, ils sont convenus de recommander la réunion à une date très ,prochaine des représentants de tous les Gouvernements énumérés dans le Protocole de Rome en vue de conclure les accords relatifs à l'Europe Centrale.

4. -En ce qui concerne le Pacte Aérien proposé pour l'Europe Occidentale, les représentants des trois Gouvernements confirment les principes et la procédure à suivre, tels qu'ils ont été envisagés dans le communiqué de Londres du 3 Février et conviennent de poursuivre activement l'étude de la question en vue de la préparation d'un traité entre les cinq Puissances visées dans le communiqué de Londres, ainsi que de tous accords bilatéraux susceptibles de l'accompagner. 5. -Passant à l'examen du problème des armements, les représentants des trois Puissances ont rappelé que le communiqué de Londres prévoyait un règlement à négocier librement avec l'Allemagne pour etre substitué aux dispositions correspondantes de la Partie V du Traité de Versailles; ils ont délibéré, avec le sentiment de leur responsabilité, sur la récente démarche du Gouvernement allemand et sur le rapport qu'a fourni Sir John Simon au sujet des conversations qu'il a eues avec le Chancelier allemand sur cette question.

Les Représentants des trois Gouvernements ont eu le regret de constater que la méthode de répudiation unilaterale adoptée par le Gouvernement allemand à un moment où des démarches étaient en cours pour promouvoir un règlement librement négocié de la question des armements, avait porté gravement atteinte à la confiance de l'opinion publique dans la solidité d'un ordre pacifique. D'autre part, l'ampleur du programme de réarmement allemand, tel qu'il est annnncé -nro.e:ramme dnnt. l'P.xP.cution est déjà très avancée -a enlevé toute valeur aux prévisions quantitatives sur lesquelles avaient été jusqu'ici fondés les efforts poursuivis pour le désarmement, et a du méme coup ébranlé les espoirs qui avaient inspiré ces efforts.

Ler Représentants des trois Puissances réaffirment néanmoins leur profond désir de maintenir la paix en créant un sentiment de sécurité et déclarent pour leur part qu'ils restent désireux de s'associer à tout effort d'ordre pratique tendant à promouvoir un règlement international sur la limitation des armements.

6. Les Représentants des trois Gouvernements ont pris connaissance du désir, exprimé par les Etats dont le statut militaire a été fixé respectivement par les traités de St. Germain, de Trianon et de Neuilly, d'obtenir la révision de ce statut.

Ils décident d'en informer par la voie diplomatique les autres Etats intéressés.

Ils sont d'accord pour recommander aux Etats intéressés d'examiner cette question en vue de la régler par voie contractuelle dans le cadre des garanties générales et régionales de sécurité (1).

DECLARATION DES GOUVERNEMENTS ANGLAIS ET ITALIEN

La déclaration commune dont le texte suit a été faite par les représentants de l'Italie et du Royaume-Uni en ce qui concerne le traité de Locarno;

Les Représentants de l'Italie et du Royaume-Uni, Puissances qui ne sont parties au Traité de Locarno qu'en qualité de garantes, réaff.irment solennellement toutes les obligations qui, aux termes de ce traité, incombent à ces Puissances et déclarent celles-ci déterminées à s'en acqultter fidèlement le cas échéant.

Les obligations ci-dessus visées ayant été contractées à l'égard de toutes les autres Puissances parties au Traité de Locarno, cette déclaration commune, faite à la Conférence de Stresa à laquelle la France prend part, sera officiellement communiquée aux Gouvernements allemand et beige.

DECLARATION FINALE

Les trois Puissances dont la politique a pour objet le maintien collectif de la paix dans le cadre de la Société des Nations constatent leur complet accord pour s'opposer par tous les moyens appropriés à toute répudiation unilatérale de traités, susceptible de mettre en danger la paix de l'Europe; elles agiront à cet effet en étroite et cordiale collaboration.

(l) La stampa del 16 aprile pubblicò in italiano tutte le risoluzioni e le dichiarazioni. In DDF. vol. X, pp. 315-316 sono edite le risoluzioni comuni e la dichiarazione finale: in DB, vol. XII, pp. 908-911 sono editi la dichiarazione italo-inglese, la dichiarazione finale e brani delle risoluzioni comun!.

(1) Con t. 5175/9 P. G. dello stesso 14 aprEe Suvich comunicò il punto 6 ai rappresentanti ad Ankara, Atene, Belgrado, Bucarest, Budapest, Praga, Sofia e Vienna perché ne dessero comunicazione a quei Governi, analogamente a questo avrebbero fatto i colleghi di Francia e di Inghilterra.

<
APPENDICI

67 -Documenti diplomatid -Serie VII -Vol. XV

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

<Situazione al 20 dicembre 1934)

AFGHANISTAN

Kabul -SABETTA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PENNACCHIO Luigi, interprete.

ALBANIA

Ttrana -INDELLI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziarto; LA TERZA Pierluigi, primo segretario; CAPOMAZZA Benedetto, console con funzioni di secondo segretario; DANISCA Pietro, interprete; D'ANTONI Giovanni, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico.

ARABO-SAUDIANO (Regno)

Gedda -PERsico Giovanni, incaricato d'affari.

ARGENTINA

Buenos Aires -ARLOTTA Mario, ambasciatore; CoRTINI Claudio, consigllere; RuLLI Guglielmo, primo segretario; MACCHI DI CELLERE Pio, console con funzioni di secondo segretario; FIORI Romeo, direttore capo divisione nei ruoli del soppresso Commissariato generale dell'emig·razione con funzioni di consigliere dell'emigrazione; MANCINI Tommaso, addetto commerciale; l.oNGO Ullsse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

AUSTRIA

Vienna -PREZIOSI Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRASSI Umberto, .primo segretario; CHASTEL Roberto, vice console con funzioni di secondo segretario; DEL BoNo Giorgio, vice console con funzioni di terzo segretario; DI NOLA Carlo, addetto commerciale; PoNzA DI SAN MARTINO Dionigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRENTA Giacomo, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Budapest).

BELGIO

Bruxelles -VANNUTELLI REY Luigi, ambasciatore; FERRONE DI SAN MARTINO, Ettore, primo segretario; KELLNER Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (.residente a Parigi); PARONA Angelo, ca;pitano di vascello, addetto navale (residente a Parigi); GAGLIANI Luigi, capitano, addetto aeronautico; DucA Giovanni, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare aggiunto.

BOLIVIA

La P az -TONI Piero, incaricato d'affari; LONGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

BRASILE

Rio de Janeiro -CANTALUPO Roberto, ambasciatore; MENZINGER DI PREUSSENTHAL Enrico, primo segretario con funzioni di consigliere; CoTTAFAVI Antonio, primo segretario; CAVALLETTI Francesco, vice console con funzioni di secondo seg·retario; LIBRANDO Gaetano, addetto commerciale; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

BULGARIA

Sofia -CoRA Giuliano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANNELLI Pasquale, primo segretario; VENTURINI Antonio, vice console con funzioni di secondo segretario; BARIGIANI Andrea, reggente la delegazione commerciale; DE BoTTINI Achille, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

CECOSLOVACCHIA

Praga -Rocco Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoRGA Guido, primo segretario; GurnOTTI Gastone, console con funzioni di secondo segretario; RoDA Alberto, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRENTA Giacomo, tenente colonnello, addetto aeronautico Cresidente a Budapest).

CILE

Santiago -PEDRAZZI Orazio, ambasciatore; SILENZI Renato, primo segretario con funzioni di consigliere; BARATTIERI DI SAN PIETRO Ludovico, vice console con funzioni di secondo segretario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CINA

Pechino -BoscARELLI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BONARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, primo segretario con funzioni di consigliere; BABuscm Rizzo Francesco, primo segretario; CITTADINI CEsi Gian Gaspare, vice console con funzioni di secondo segretario; DI RENZO Marco, interprete; Ros Berto~ interprete; Ros Giuseppe, interprete; VINCENTI MARERI Francesco, interprete; ScALISE Guglielmo, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Tokio); SPAGONE Gino, tenente di vascello, con funzioni di addetto navale; DRAGO Furio, capitano, addetto aeronautico.

COLOMBIA

Bogotà -GAzzERA Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (,residente a Rio de Janeiro).

COSTA RIGA

S. Josè -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Panama); LONGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CUBA

Avana -MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (,res1dente a Rio de Janeiro).

DANIMARCA

Copenaghen -CAPAsso TORRE DI CAPRARA Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANSA Mario, console con funzioni di primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Berlino); DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di vascello, addetto navale (residente a Bedino); GAGLIANI Luigi, capitano, addetto aeronautico (residente a Bruxelles); DE ANGELIS Carlo, capitano di fregata, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

DOMINICANA (Repubblica)

San Domingo -MAcARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a L'Avana); LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janei,ro).

EGITTO

Cairo -PAGLIANO conte Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NONIS Alberto, primo segretario; MELLINI PONCE DE LEON Alberto, consolli con funzioni di secondo segretario; MASCIA Vittorio, primo segretario colomale; OMAR Umberto, interprete; BUFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San Salvador -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ullsse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EQUATORE

Quito -CAFIERO Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

ESTONIA

Tallinn -WEILL ScHOTT Leone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, navale e aeronautico (residente a Varsavia).

ETIOPIA

Addis Abeba -VINCI GIGLIUCCI conte Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoMBELLI Giulio, console con funzioni di primo segretario; DE GRENET Filippo, vice console con funzioni di secondo segretario; BAZZANI Attilio, commissario regionale di la classe; PoLLICI Dante, intel1J)rete; RuGGERO Vittorio, colonnello di fanteria, addetto militare.

FINLANDIA

Helsinki -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMBONI Guelfo, primo segretario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Varsavia); TEUCCI Giuseppe, maggiore, addetto aeronautico (.residente a Berlino).

FRANCIA

Parigi -PIGNATTI MORANO DI CUSTOZA conte Bonifacio, ambasciatore; FRANSONI Francesco, consigliere; ScAMMACCA Michele, primo segretario; LANDINI Amedeo, console; AssETATI Augusto, console con funzioni di secondo segretario; MENGARINI Bruno, vice console con funzioni di terzo segretario; ToMMASINI Mario, consigliere di emigrazione; CARAVALE Erasmo, consigliere commerciale; KELLNER Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PARONA Angelo, capitano di vascello, addetto navale; Prccro Ruggero, generale di squadra, addetto aeronautico; DucA Giovanni, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare aggiunto (residente a Bruxelles); Rc•MANO Giorgio, capitano, addetto aeronautico aggiunto.

GERMANIA

Berlino -CERRUTI Vittorio, ambasciatore; DIANA Pasquale, consigliere; MAGISTRATI Massimo, primo segretario; SERRA Giovanni Battista, console con funzioni di secondo segretario; STRIGARI Vittorio, console con funzioni di terzo segretario; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; DE CouRTEN Raffaele, capitano di vascello, addetto navale; TEucci Giuseppe, maggiore, addetto aeronautico; DE ANGELIS Carlo, capitano di fregata, addetto navale aggiunto.

GIAPPONE

Tokio -AURITI Giacinto, ambasciatore; MARIANI Luigi, consigliere; GARBACCIO Livio, primo segretario; MELKAY Almo, interprete; ScALISE Guglielmo, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; GHÈ Alberto, capitano di fregata, addetto navale.

GRAN BRETAGNA

Londra -GRANDI Dino, ambasciatore, deputato; VITETTI Leonardo, consigliere; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, primo segretario; DEL BALZO Giulio, secondo segretario; CAsARDI Aubrey, terzo segretario; BRUGNOLI Alberto, vice console con funzioni di quarto segretario; LANZA Michele, vice console con funzioni di quarto segretario; DE FACCI NEGRATI Gaetano, con funzioni di addetto; CECCATO Giovanni Battista, consigliere commerciale; MONDADORI Umberto, tenente colonnello, addetto militare; CAPPONI Ferrante, capitano di corvetta, f.f. di capitano di fregata, addetto np,vale; TRIGONA Ercole, capitano, addetto aeronautico; JoRI Gino, capitano del Genio navale, addetto 11avale aggiunto.

GRECIA

Atene -DE Rossi DE LION NERO Pier Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANFuso Filippo, primo seg.retario, CATTANI Attilio, console con funzioni di secondo segretario; DE SANTO Demetrio, interprete; CRESPI Alfredo, capitano di vascello, addetto navale, militare e aeronautico.

GUATEMALA

Guatemala -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HAITI

Porto Principe -MACARIO Nicola, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo (.residente a L'Avana); LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HONDURAS

Teguctgalpa -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

IRAQ Bagdad -PoRTA Mario, incaricato d'affari; BELLINI Leone Fabiano, interprete.

JUGOSLAVIA

Belgrado -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE CIUTIIS DI SANTA PATRIZIA Filippo, primo segretario; ALESSANDRINI Adolfo, console con funzioni di secondo segretario; FRANCESCHINI Antonio, addetto militare; CRESPI Alfredo, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Atene).

LETIONIA

Riga -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossi LoNGHI Gastone, primo segretario; MARAZZANI Mario, tenente colonnello di Stato Magiore, addetto militare (residente a Varsavia).

LITUANIA

Kaunas -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Berlino); TEucci Giuseppe, maggiore, addetto aeronautico (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -CHIARAMONTE BORDONARO Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenzlario.

MESSICO

Messico -RoGERI DI VILLANOVA Delfino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NICARAGUA

Managua -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NORVEGIA

Oslo -RODOLO Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, console con funzioni di primo segretario; DE CoURTEN conte Raffaele, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, capitano, addetto aeronautico (residente a Bruxelles); DE ANGELIS Carlo, capitano di fregata, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

PAESI BASSI

L'Aia -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNAco Adriano, primo segretario; NoTARANGELI Tommaso, reggente la delegazione commerciale; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Berlino); DE CouRTEN conte Raffaele, capitano di vascello, addetto navale (residente a Barlino); GAGLIANI Luigi, capitano, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PANAMA

Panama -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ullsse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PARAGUAY

Assunzione -MARIANI Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PERSIA

Teheran -CiccoNARDI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TELESIO DI ToRITTO Giuseppe, console con funzioni di primo segretario; DI MoNTEFORTE Giuliano, interprete.

PERU'

Lima -BIANCHI Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

POLONIA

Varsavia -BASTIANINI GiUseppe, ambasciatore; BELLARDI RICCI Alberto, consigliere; CITTADINI conte Pier Adolfo, primo segretario; PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; MARAZZANI Mario, tenente colonneUo di Stato Maggiore, addetto militare, navale e aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona -Tuozz1 Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE PAOLIS Pietro, primo segretario; MARIANI Erminio, consigliere commerciale (residente a Madrid); FERRARIN Francesco, capitano, addetto aeronautico e militare (residente a Madrid).

ROMANIA

Bucarest -SoLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OTTAVIANI Luigi, primo segretario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, primo segretario; RoccHI Cesare, archivista interprete; DE MARTINO Giuseppe, addetto commerciale; ZANOTTI Mario, colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

SANTA SEDE

Roma -DE VEccHI DI VAL CISMON conte Cesare Maria, ministro di Stato, senatore, governatore onorario di colonia, ambasciatore; TALAMO ATENOLFI Giuseppe, consigliere; SALLIER DE LA TouR CoRIO duca Paolo, console con funzioni di primo segretario; LANZA Riccardo, maggiore di cavalleria.

SIAM

Bangkok -NEGRI conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Bovo Goffredo, console interprete.

SPAGNA

Madrid -GUARIGLIA Raffaele, ambasciatore; GEISSER CELESIA DI VEGLIASCO Andrea, consigliere; FoRNARI Giovanni, primo segretario; ARRIGHI Ernesto, vice console con funzioni di secondo segretario; MARIANI Erminio, consigliere commerciale; FERRARIN Francesco, capitano, addetto aeronautico e militare.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -Rosso Augusto, ambasciatore; Rossi LONGHI marchese Alberto, consigliere; MIGONE Bartolomeo, primo segretario; ToMMASI Giuseppe, console con funzioni di secondo segretario; FERRERO Andrea, vice console con funzioni di terzo segretario; BoNARDELLI Eugenio, consigliere dell'emigrazione; ANGELONE Romolo, addetto commerciale; CUGIA DI SANT'0RSOLA Umberto, capitano di fregata, addetto navale; COPPOLA Vincenzo, tenente colonnello addetto aeronautico e militare.

SUD AFRICA

Capetown -LABIA conte Natale, Inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NICHETTI Carlo, console con funzioni di primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -PATERNÒ DI MANCHI DI BILICI marchese Gaetano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, primo segretario; MANCINELLI Giuseppe, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Berlino); DE CoURTEN conte Raffaele, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, capitano, addetto aeronautico (residente a Bruxelles); DE ANGELis Carlo, capitano di fregata, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

SVIZZERA

Berna -MARCHI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CARISSIMO Agostino, primo segretario; FRANCO conte Fabrizio, vice console con funzioni di secondo segretario; PoGGI Cesare, consigliere di emigrazione; PERRONE Adolfo tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PieCIO Ruggero, generale di squadra, addetto aeronautico (residente a Parigi); RoMANO Giorgio, capitano, addetto aeronautico aggiunto (residente a Parigi).

TURCHIA

Ankara -LoJACONO Vincenzo, ambasciatore; Dr GruRA barone Giovanni, consigliere; DE VERA D'ARAGONA duca Carlo Alberto, primo segretario; D'AcuNzo Benedetto, console con funzioni di secondo segretario; ARRIVABENE Antonio, reggente la delegazione commerciale; PISA Ezra, interprete; PoDESTÀ Giuseppe, interprete; MANNERINI Alberto, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; FERRERO ROGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico.

UNGHERIA

Budapest -CoLONNA Ascanio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALDONI Corrado, primo segretario; Lo FARO Francesco, vice console con funzioni di secondo segretario; LEPRI Stanislao, vice console con funzioni di terzo segretario; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna); MATTIOLI Enrico, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRENTA Giacomo, tenente colonnello, addetto aeronautico.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

Mosca -ATTOLICO Bernardo, ambasciatore; BERARDIS Vincenzo, primo segretario con funzioni di consigliere; DI STEFANO Mario, primo segretario; SERAFINI Giorgio, vice console con funzioni di secondo segretario; PIACENZA Guido, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, navale e aeronautico.

URUGUAY

Montevideo -MAzzoLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; BAISTRoccHr Ettore, vice console con funzioni di segretario; LoNGO Ullsse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janelro).

VENEZUELA

Caracas -GEMELLI Bruno, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; LoNGo Ulisse, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Rio de Janelro).

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione al 1° gennaio 1935)

MINISTRO

MussoLINI Benito, capo del governo, primo ministro segretario di Stato.

Segretario particolare: SEBASTIANI Osvaldo, consigliere della Corte dei Conti.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

SuvicH Fulvio, deputato.

GABINETTO

Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del ministro -Rapporti con la stampa e le agenzie telegrafiche -Relazioni del ministro col Parlamento e col corpo diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

C31po di gabinetto: ALOISI barone Pompeo, ambasciatore.

Segretari: JAcoMONI F.rancesco, consigliere di legazione con funzioni di vice capo di gabinetto; VIDAU Luigi, console generale di 2a classe; CosMELLI Giuseppe, primo segretario di legazione di la classe, segretario particolare del sottosegretario di Stato; CORTESE Luigi, DEL DRAGO Marcello, prlmi segretari di legazione di 28 classe; DE BosDARI Girolamo, LANZA D'AJETA Blasco, MAziO Aldo Maria, vice consoli di 28 classe.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di capi di Stato, principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere Libretti e richieste ferroviarie per il personale -Passaporti di servizio ed ordinari.

Capo ufficio: SENNI Carlo, inviato straordinario e Ininistro plenipotenziario d1

classe.

Segretari: AssERETO Tommaso, consigliere di legazione; CAFFARELLI Filippo, CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano, primi segretari di legazione di la classe; V ANNI D'ARCHIRAFI Francesco Paolo, primo segretario di legazione di 2a classe; CIMINO Carlo, volontario diplomatico-consolare.

DIREZIONE GENERALE PER GLI AFFARI POLITICI

Direttore ,generale: BUTI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Addetto alla direzione generale: GALLI Guido, console di l a classe.

UFFICIO I

Belgio -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Spagna -Stati Baltici -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle Repubbliche socialiste Sovietiche.

Capo ufficio: QuARONI Pietro, consigliere di legazione.

Segretari: MoscA Bernardo, primo segretario di legazione di la classe; SILVESTRELLI Luigi, console di 3a classe.

UFFICIO Il

Austria -Bulgaria -Cecoslovacchia -Grecia -Jugoslavia -Romania Turchia -Ungheria -Affari concernenti le isole italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: CosMELLI Giuseppe, primo segretario di la classe, reggente.

Segretari: DE AsTIS Giovanni, primo segretario dì legazione di la classe; CoPPINI Maurilio, console di 2a classe; CLEMENTI Raffaele, Sono Giovanni Vincenzo, volontari diplomatico-consolari.

UFFICIO III

Africa -Iraq -Palestina -Penisola Arabica -Siria -Affari concernenti la Libia, l'Eritrea e la Somalia italiana.

Capo ufficio: GuARNASCHELLI Giovanni Battist'a, console generale di 2a classe.

Segretari: ZoPPI Vittorio, primo segretario di legazione di 2a classe; DESSAULES Mario, console di 3a classe; MARCHIORI Carlo, volontario diplomatico-consolare.

tJFFICIO IV

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici) -Oceania.

Capo ufficio: ScADUTO Gioacchino, primo segretario di legazione di l • classe. Segretario: FERRETTI Raffaele, console di 3a classe.

UFFICIO V

America del Nord -America Latina.

Capo ufficio: ToRTORA BRAYDA Camillo, consigliere di legazione. Segretario: CERULLI IRELLI Giuseppe, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO ALBANIA

Capo ufficio: FARALLI Iginio Ugo, console generale di P classe. Segretario: CASTELLANI Vittorio, console di 3a classe.

DIREZIONE GENERALE PER GLI AFFARI ECONOMICI

Direttore generale: CIANCARELLI Bonifacio Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di P classe.

Comandato: DEI MEDICI conte Ugo, vice intendente di finanza.

UFFICIO I

A/fari commerciali concernenti l'Europa.

Capo ufficio: GUGLIELMINETTI Giuseppe, primo segretario di legazione di 1• classe.

Segretari: BADOGLIO Mario, vice console di P classe; HIERSCHEL DE MlNERBI Oscar, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO II

Affari commerciali concernenti i paesi extraeuropei.

Capo ufficio: SANTOVINCENZO Magno, console di 2a classe, reggente.

Segretari: Lo Jucco Giacomo, console di 2• classe; NAVARRINI Guido, vice console di 1• classe.

UFFICIO III

Politica doganale -Trattati di commercio -Affari finanziari -Prestiti.

Capo ufficio: SEGRE Guido, console generale di 2• classe.

Segretario: ScAGLIONE Roberto, console di 2• classe.

UFFICIO IV

Fiere -Mostre -Congressi economici e finanziari -Politica del turismo.

Capo ufficio: RoNCALLI Guido, primo segretario di legazione di 1• classe.

Segretari: ZANOTTI-BIANCO Massimo, console di 2• classe: SBRANA Bivio, console di 3" classe.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE

Direttore generale: ARONE DI VALENTINO barone Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 1• classe.

Addetti alla direzione generale: ALBERTAZZI conte Enrico, consigliere di Cassazione, con titolo e rango di console generale onorario; MONTESI Giuseppe, consigliere dell'emigrazione di 1• classe; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare.

UFFICIO I •

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero d;,egli Affari Esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari all'estero -Ispezione degli uffici all'estero -Questioni che si riferiscono all'ordinamento del Ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento e consigli del Ministero relativi al personale predetto -Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali e loro uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Bollettini di detto personale -Passaporti diplomatici.

Capo ufficio: MARCHETTI DI MuRIAGLIO conte Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Segretari: DANEO Silvio, console di 3• classe; RoBERTI Guerino, vice console di 1 • classe; Dr THIENE conte Gian Giacomo, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO II

Personale di ogni altro gruppo o categoria dipendente dall'amministrazione degli Affari Esteri, escluso il personale delle scuole italiane all'estero -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento e Consigli del Ministero, ed in generale tutte le questioni relative alle carriere ed all'ordinamento del personale suddetto -Bollettini che si riferiscono al personale stesso.

Capo ufficio: GLORIA Ottavio, console generale di 2a classe.

Segretario: FECIA DI CossATO Carlo, primo segretario di legazione di 2a classe.

UFFICIO III

Servizi amministrativi.

Capo ufficio: RINVERSI Romolo, capo divisione dei commissari consolari.

Segretari: BONAVINO Arturo, AGOSTEO Cesare, capi sezione dei commissari consolari; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare capo; ToRRES Oreste, primo commissario consolare; MANZO Ciro, commissario consolare; BIONDO Gaspare, FORINO Alberto, vice commissari consolari.

Addetti all'ufficio: MANCA Elio, segretario capo della carriera amministrativa; PAZZAGLIA Gino, capo sezione di ragioneria; RENGANESCHI Vittorio, segretario capo di ragioneria; PIRODDI Mario, primo segretario di ragioneria; ROTA Armando, segretario di ragioneria; GAFFI Alfonso, consigliere del Ministero delle Finanze; MASSIMO Luigi, primo capitano di fanteria.

UFFICIO IV

Edifici demaniali.

Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso dell'amministrazione centrale e dei RR. Uttici all'estero -Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento -Assicurazioni, inventari e contratti -Locazioni di immobili e locali per uso dei RR. Uffici -Tutte le questioni concernenti una nuova sede per il Ministero degli Affari Esteri.

Capo ufficio: SILLITTI Luigi, console generale di P classe.

Segretario: PLATANIA Giuseppe, capo sezione della carriera amministrativa.

Sezione tecnica.

FAUSTO Fiorestano, ingegnere, esperto tecnico.

DIREZIONE GENERALE TRATIATI, ATTI, AFFARI SANTA SE;DE E AFFARI PRIVATI

Direttore generale: SANDICCHI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe, consigliere di Stato, senatore.

UFFICIO I

Capo ufficio: LANINO Edoardo, console generale di 2a classe.

Segretari: LANZARA Giuseppe, console di 2a classe; BARBOGLIO Francesco, addetto consolare; SARVOGNAN Alessandro, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO II

Affari con la Santa Sede.

Capo ufficio: BALSAMO Giovanni, consigliere di legazione. Segretario: MANSI conte Stefano, addetto consolare.

UFFICIO III (*)

Affari privati d'Europa.

Ca:po ufficio: MANFREDI Emilio, console generale di P classe. Segretario: VALERIANI Valerio, console di la classe.

UFFICIO IV(*)

Affari privati dei Paesi extraeuropei.

Capo ufficio: MAcCOTTA Luigi, console generale di la classe. Segretari: LANZETTA Umberto, RoTINI Ambrogio, consoli di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: PARINI Piero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

(*) Gli uffici III e IV erano temporaneamente riuniti in un unico servizio autonomo al quale era preposto il console generale di 1• classe DELLA CROCE DI DoJoLA conte Galeazzo.

68 -Documenti diplomatici -Serie VII -Vol. XV

UFFICIO I

Opere per gli italiani all'estero -Ispettorato Fasci all'estero -Organizzazioni giovanili.

Capo ufficio: CosTA SANSEVERINO Francesco, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretari: Bosro Giovanni Jack, Nuccw Alfredo, DE SIMONE Paolo, consoli di 3• classe; DEL ToRso Germanico, volontario-dtplomatico-consolare; RABBY Ezio, LAMPERTICO Gaetano, consiglieri dell'emigrazione di 2• classe; FLAMINI Pietro, segretario della carriera amministrativa.

Addetti all'ufficio: TEDEsco Pietro Paolo, segretario capo della ragioneria; MANcrNI Edoardo, primo capitano di fanteria; CORRENTI Antonino, ispettore delle dogane e imposte dirette.

UFFICIO II

Espatri e lavoro italiano all'estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, consigliere dell'emigrazione di P classe.

Segretari: MASI Corrado, OLIVERI Umberto, consiglieri dell'emigrazione di 2• classe; CANNONE Niccolò, Dr MATTE! Alfredo, IMMIRZI Alfonso, VACCHELLI Alessandro, primi segretari nella carriera amministrativa.

Comandato: PAGANI Aldo, commissario di P. S.

UFFICIO III

Scuole all'estero.

Ca·po ufficio: PuLLINO Umberto, console generale di 1• classe.

Segretario: MONTANARI Franco, vice console di 2• classe.

Comandati: VENIALI Francesco Giorgio, ispettore superiore del Ministero dell'Educazione Nazionale; DE FINA Andrea, provveditore agli studi; TAMBRONI Filippo, preside nei Licei; BISCOTTINI Umberto, preside dei Ginnasi; SARRA PACENZA Angelina, prima ispettrice scolastica; FASSARI Cesare, direttore didattico; REORDA-VACINO Alfonsina, direttrice didattica.

SERVIZIO ISTITUTI INTERNAZIONALI

Capo del serv1z10: BIANCHERI CHIAPPORI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Aggregati al serv1z1o: MELI LuPI DI SORAGNA marchese Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe; BovA ScoPPA Renato, primo segretario di legazione di la classe; PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale nell'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Roma; RusPOLI Fabrizio, contrammiraglio in ausiliaria; Bosco Giacinto, professore di diritto internazionale nell'Università di Urbino.

UFFICIO I

Società delle Nazioni.

Capo ufficio: PIETROMARCHI Luca, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: PLETTI Mario, vice console di P classe; CIRAOLO Giorgio, addetto consolare.

UFFICIO II

Istituto internazionale di agricoltura -Ufficio internazionale del lavoro e altri istituti internazionali.

Capo ufficio: BERTELÈ Tommaso, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: Rossi LoNGHI Gastone, primo segretario di legazione di 2a classe; MARINI Vittorio, console di 2a classe.

SERVIZIO STORICO-DIPLOMATICO

Capo del servizio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

UFFICIO I

Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico ed amministrativo -Sezione geografica -Tipografia riservata.

Capo ufficio: MAzzoLINI Quinto, console di P classe.

Segretari: 0RSINI RATTO Mario, GUERRINI MARALDI Agostino, consoli di 2a classe; VILLARI Luigi, consigliere dell'emigrazione di 2a classe; BELLIA Franco, addetto consolare.

Tipografia riservata.

Direttore: BERNT Fedele.

UFFICIO II

Archivio storico -Archivio di deposito -Conservazione ed incremento delle collezioni dei manoscritti del Ministero e dei Regi Uftici all'estero Conservazione degli originali dei trattati internazionali -Conservazione delle carte riservate degli Archivi del Ministero e dei Regi Uftici all'estero -Inventari -Biblioteca.

Capo ufficio: N. N. Segretario: N. N.

Biblioteca.

Bibliotecario: PIRONE Raffaele. Vice bibliotecario: N. N.

SERVIZIO CORRISPONDENZA

Capo del servizio: RoMANELLI Guido, console generale di la classe.

Addetto al servizio: MARZIANI Luigi, consigliere dell'emigrazione di la classe.

UFFICIO I

Capo ufficio: CANTONI MARcA Antonio, consigliere di legazione.

Segretari: RovASENDA DI RovASENDA Vittorio, primo segretario di legazione di la classe; CANNICCI Achille Angelo, console di la classe; ROSSET DESANDRÈ Antonio, console di 2a classe; MALFATTI DI MoNTETRETTO barone Carlo, console di 33 classe.

UFFICIO II

Archivi -Apertura e registrazione corrispondenza. Organizzazione e sorveglianza degli archivi -Corrispondenza in arrivo e partenza: accettazione, registrazione, spedizione ecc. -Controllo del carteggio degli Uftici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: LIBERATI Enrico, console di P classe. Segretario: MoscATI Riccardo, console di 2a classe.

UFFICIO III

Affari generali.

Capo ufficio: GERBORE Pietro, console di 2a classe; SETTI Giuseppe, vice console di P classe; CoRSI Fernando, 0RLANDINI Gustavo, SALLIER DE LA ToUR conte Carlo, primi segretari nella carriera amministrativa.

RAGIONERIA GEN'ffiALE

Direttore capo della .ragioneria: GIANDOLINI Romolo.

DIVISIONE I

(Retta, alla immediata dipendenza del direttore capo di ragioneria, dal capo sezione BARTOLINI Luigi).

Personale -Affari generali -Esame dei provvedimenti da sottoporre al Ministero delle Finanze ed in genere di tutti quelli aventi comunque effetti finanziari -Riassunto degli elementi per la preparazione per gli stati di previsione dell'entrata e della spesa e relative variazioni -Conto consuntivo, parte finanziaria e parte patrimoniale -Servizio dei cambi Esame degli inventari -Competenze e pensioni relative a tutto il personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri escluso quello delle scuole italiane all'estero e quello del soppresso Commissariato generale dell'emigrazione -Riscontro del giornale di cassa per le gestioni di bilancio ed extra bilancio -Conto corrente infruttifero col Tesoro dello Stato -Partitario dei depositi ricevuti dai privati -Contabilità speciali Registrazione dei valori provenienti dall'estero, sia direttamente, sia a mezzo banche corrispondenti -Riscontro dei valori non monetari e degli effetti in deposito presso il Cassiere del Ministero -Operazioni relative al finanziamento dei RR. Uffici all'estero, accettazione delle tratte emesse dai titolari di essi e registrazione delle aperture di credito -Conto corrente con il Contabile del Portafoglio e conti dei relativi capitoli di entrata e di spesa della categoria Movimento di capitali -Tenuta dei conti impegni relativi ai servizi suddetti -Emissione e registrazione dei mandati -Archivio.

Capo sezione: BARTOLINI Luigi.

Segretari: BARDI DONATELLO, TOSI Emilio primi segretari; 0CCHIONERO Matteo, vice segretario; URBANI FALLANA Velia, ragioniere.

DIVISIONE II

Accertamento, riscossione e versamento delle entrate disposte dalla legge e dal regolamento dell'emigrazione -Scritture generali e speciali Servizio delle marche da bollo da applicarsi sugli atti di arruolamento Liquidazione delle competenze ai RR. commissari imbarcati in servizio di emigrazione e rimborso delle stesse da parte dei vettori -Liquidazione ed approvazione delle contabilità per le spese relative all'emigrazione -Fondo pensioni per gli impiegati del soppresso Commissariato generale dell'emigrazione -Stralcio delle contabilità di guerra -Inventario -Riscontro degli atti amministrativi e servizio cambiario per le scuole italiane all'estero -Locali scolastici e demaniali all'estero -Ge

stioni speciali e scritture relative -Revisione, approvazione e lfquidazione delle spese indicate nelle contabilità scolastiche mensili e varie Tenuta degli impegni e scritture partitarie riassuntive per il servizio dell'emigrazione e delle scuole italiane all'estero -Monte pensione dei maestri elementari -Emissione dei mandati di pagamento relativi ai suddetti servizi.

Direttore capo della divisione: CIOTTI Remigio, direttore capo di ragioneria.

Capo sezione: N. N.

Segretari: Tuzi Alberto, consigliere; BLANDI Silvio, MAzzA Ferrante, segretarl capi di ragioneria; RiccA Alfredo, VoLPE Mario, ZAFARANA Gino, primi segretari; GARGANO Guglielmo, vice segretario.

DIVISIONE III

Revisione, approvazione e liquidazione delle contabilità dei RR. Uffici diplomatici e consolari all'estero, nonché di quelli di pubblica sicurezza di confine -Contabilità degli agenti della riscossione -Conti giudiziali Servizio marche consolari -Tenuta degli impegni relativi alle spese del funzionamento dei RR. Uffici all'estero, emissione dei mandati di pagamento -Conti correnti del personale diplomatico e consolare in dipendenza delle gestioni all'estero -Esame dei rendiconti di spesa sulle aperture di credito e sugli ordini di accreditamento -Liquidazione dei conti delle Società di navigazione per il rimpatrio dei nazionali indigenti.

Direttore capo della divisione: PoNCINI Francesco, direttore capo di divisione. Capo sezione: DE ANNA Giuseppe. Segretari: RoMANO Giuseppe, TARINI Ugo, consiglieri; AsBOLLI Attilio, MARTINA

Filippo, primi segretari; DRAGO Giuseppe, PASSANTE Ruggero, vice segretari.

CONSULENTI GIURIDICI

CONSULENTE GENERALE

N. N.

GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di P classe, consigliere di Stato, incaricato di storia dei trattati e di diritto aeronautico nell'Università di Roma, senatore; MoNTAGNA Raffaele, consigliere di Stato, con titolo onorario di consigliere di legazione; ALBERTAZZI conte Enrico, consigliere di cassazione, con titolo e rango di console generale onorario; CuciNOTTA Ernesto, giudice di Trtbunale, incaricato di diritto e legislazione coloniale nell'Università di Roma.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione al to gennaio 1935)

Afghanistan -KASSIM Mohammed khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALÌ Ahmed khan, primo segretario.

Albania -KoDHELI Mark, incaricato d'affari; XHoMo Vasfi, primo segretario.

Arabo-Saudiano (Regno) -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Argentina -CANTILO José Maria, ambasciatore; CHIAPPE Felipe, consigliere; ONETO AsTENGO Oscar, primo segretario; FoPPA Tito Livio, console, addetto stampa; DE PELESSON Hector, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; MEJIA Claudio A., capitano aviatore, addetto aeronautico.

Austria -VOLLGRUBER Alois, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROTTER Adrian, consigliere; SCHWARZENBERG Johann E., segretario; FRIEBERGER Kurt, consigliere ministeriale, addetto stampa; LIEBITZKY Emi!, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Belgio -DE LIGNE principe Albert, ambasciatore; D'AsPREMONT LYNDEN conte Gobert, primo segretario; LAMY Léon, addetto.

Bolivia -DE UGARTE José Samuel, incaricato d'affari.

Brasile -PEçANHA Alcibiades, ambasciatore; DE MAcEDO SoARES José Roberto, consigliere; RANGEL DE CASTRO Sylvio, primo segretario; BAGGI DE BERENGUER CESAR Jacome, secondo segretario; DE MIRANDA PACHEDO Mario W., addetto; SPARANO Luiz, addetto commerciale.

Bulgaria -PoMENOV Svétolav, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STANCIOV Ivan D., segretario; DASKALOV Teodossi, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico.

Cecoslovacchia -CHVALKOVSKY Frantisek, inviato straordinario e ministro plenLpotenziario; BRAUNER Vladimir, consigliere; HERMAN Frantisek, primo segretario; CHAROUS Jaromir, segretario; PLECHATY Ladislav, segretario, addetto stampa; RosiK Vitezslav, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico.

Cile -RIVAS-VICUNA Manuel, ambasciatore; SuBERCASEAUx Léon, primo segretario; ERRAZURIZ OvALLE Carlos, addetto commerciale.

Cina -LIU VoN-TAo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHou YIN, primo segretario; HwANG TA-CHUNG, secondo segretario; Liou TsiEN, terzo segretario; You LuN, addetto; SHAWHWA-Kuo, capitano, addetto militare aggiunto; FANG Jou, capitano, addetto militare aggiunto.

Colombia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SANTOS Gustavo, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim); DE VALENZUELA Eduardo, segretario.

Cuba -DE ARMENTEROS Y DE CARDENAS Carlos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRULL Y CABALLERO Mariano, consigliere.

Danimarca -KRUSE Johan Christian Westergaard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WICHFELD Hubert, consigliere.

Dominicana (Repubblica) -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PARADAS Salvador Emilio, addetto, incaricato d'affari (ad interim); PELLERANO ALFAU Arturo J., addetto commerciale; TRUJILLO MOLINA Annibale, colonnello, addetto militare.

Egitto -WAHBA Sadek pascià, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAFWAT Abdel Kerim, segretario; TAHER AL-OMARI Mohammed, addetto agricolo; ABDEL MoNEIM Mohammed, addetto.

El Salvador (Repubblica di) -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -ZALDUMBIDE Gonzalo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Estonia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANSON Davide, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim).

Etiopia -AFEVORK Ghevre Yesus, incaricato d'affari.

Finlandia -ARTTI Kaarlo Pontus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SNELLMAN Aarne, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico.

Francia -DE CHAMBRUN Charles, ambasciatore; DE DAMPIERRE Robert, ministro pleniJpotenziario, consigliere; GuERIN Hubert, primo segretario; GARNIER Jean Paul, secondo segretario; DARIDAN Jean, terzo segretario; BoPPE Roger, addetto; SANGUINETTI Joseph, console generale con funzioni di addetto commerciale; RoUMILHAC Georges, addetto finanziario; PARISOT Henri, colonnello, addetto militare; DE LA GIRAUDIÈRE Jacques, maggiore, addetto aeronautico; DE LAROSIÈRE Ro bert, capitano di corvetta, addetto navale; BARY Hubert, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; CATOIRE, capitano di cavalleria, addetto militare aggiunto.

Germania -VoN HASSELL Ulrich, ambasciatore; SMEND Hans, consigliere; VoN BuLOw Dankward-Christian, consigliere di legazione con funzioni di primo segretario; 8CHMID-KRUTINA Hermann, segretario; VON HOHENTHAL Joachim, segretario; voN NEURATH Konstantin, addetto; GRAEFF Friedrich, addetto commerciale; FrscHÈR Herbert, generale, addetto militare; WURMBACH Hans Heinrich, capitano di fregata, addetto navale; HoFFMANN voN WALDAU Otto, capitano addetto aeronautico.

Giappone -SuGIMURA Yotaro, ambasciatore; lWATE Yoshio, consigliere; HARIMA Toshiharu, primo segretario; !NOUYE Kenso, segretario interprete di seconda classe; KATSUDA Naokichi, addetto; WATANABÉ Taizo, addetto; NUMATA Takazo, tenente colonnello, addetto militare; KOIMA Hitoschi, capitano di .fregata, addetto navale.

Gran Bretagna -DRUMMOND sir Eric James, ambasciatore; MuRRAY John, consigliere; NoswoRTHY Richard Lysle, consigliere d'ambasciata per gli affari commerciali; NrcHOLS sir Philip, primo segretario; MeLURE sir William, addetto stampa con rango di primo segretario; JEBB Gladwyn, secondo segretario; NoaLE sir Andrew, secondo segretario; CoRNELIUS V., addetto onorario; HERBERT A. J., addetto onorario; STEVENS Harold Raphael, colonnello, addetto militare; PoTT Herbert, capitano di vascello, addetto navale; HETHERINGTON Thomas Gerard, colonnello, addetto aeronautico; STOPFORD

F. V., c3ipitano di fregata del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Grecia -METAXAS Petros, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; DALIETOS Aleksandros consigliere; MELÀs Michele, segretario.

Guatemala -DURAN MOLLINEDO Victor, generale, incaricato d'affari; DURAN Y FIGUEROS J. Ramiro, segretario.

Haiti -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Iraq -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Jugoslavia -Ducré Yovan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KASSIDOLATZ Dragomir, consigliere; MILIKié Iliya, primo segretario; RISTié Yovan M., secondo segretario; VuKOTié Yovan, addetto; KoTNIK Ciril, addetto; ZAJCié Bozidar, addetto stampa; DRAGUICEVIé Ivan, comandante, addetto militare, navale ed aeronautico aggiunto.

Lettonia -SPEKKE Arnolds, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIEKSTINS Janis, primo segretario.

Lituania -CARNECKIS Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VILEISIS Petras, segretario.

Messico -TELLEZ Manuel C., inviato straordinario e ministro plenipotenziario: URIBE Horacio, primo segretario; MoNASTERIO Francisco Ortiz, secondo segretario; BoRJORQUEZ CoRDOVA Jesus, addetto commerciale; Rurz Conrado L., tenente colonnello del Genio, addetto militare (residente a Berlino); R uxz GARGOLLO Manuel, tenente colonnello del Genio, addetto militare aggiunto; PADILLA AVILA Jesus, capitano di artiglieria, addetto militare aggiunto.

Monaco -CouGET Fernand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -IRGENS Johannes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VANGESTEN Ove C. L., primo segretario; BAKKE Arnold, consigliere commerciale (residente a Berna).

Paesi Bassi -PATIJN Jacob A. N., inviato straordinario e ministro pleni;potenziario; VAN PANHUYS W. E., segretario; VAN RIJN J. J., addetto commerciale.

Panama -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paraguay -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Persia -SEPAHBODI ANOUCHIRAVAN Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HADJEB-DAVALLou Mohammad Khan, primo segretario.

Perù -MANZANILLA José Matias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LANADA Couov Luis, primo segretario; BRAZZINI Ezio, addetto onorario.

Polonia -WvsocKI Alfred, ambasciatore; DE RoMER Taddeus, consigliere; CHROMECKI Taddeus, segretario; MAZURKIEWICZ Roman, consigliere commerciale; ·MIKULSKI Boleslaw, addetto onorario; MICHALOWSKI conte Jozef, addetto onorario.

Portogallo -DE CASTRO Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE 0LIVEIRA BERNARDES Armando, primo segretario.

Romania -LuGOSIANU Ion, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LECCA Gheorghe, consigliere; BILCIUREscu Grigore, segretario; PoRN Eugen, consigliere commerciale; SKELETTI E m il, colonnello, addetto militare; GHEORGIU Ermil, tenente colonnello di aeronautica, addetto aeronautico (residente a Parigi), NICULEscu Gheorghe, comandante, addetto navale (residente a Londra).

Santa Sede -BoRGONCINI DucA Francesco, monsignore, nunzio apostolico; SERENA Carlo, monsignore, consigliere.

Sia m -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BavARA SNEHA Phra, primo segretario, incaricato d'affari; VISUTRA VIRAJ-JADES Luang, secondo segretario; PRASERT MAITRI Luang, secondo segretario; JITAWI Luang, terzo segretario.

Spagna -GoMEZ OCERIN Justo, ambasciatore; DE 0JEDA Gonzalo, ministro plenipotenziario, consigliere; DE RANERO Juan Felipe, primo segretario; JoRRo Jaime, secondo segretario; CARRAsco Manuel, addetto onorario (residente a Bologna); FIGUEROA Eduardo, addetto onorario; SOSTRE MALUQUER Ramon, addetto onorario; BUYLLA Adolfo Alvarez, consigliere commerciale; SICARDO José, tenente colonnello di fanteria, addetto militare; NAVARRO Enrique, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico per la marina; HIDALGO DE CISNERos Ignacio, maggiore di aviazione, addetto aeronautico per l'esercito.

Stati Uniti d'America -LoNG Breckinridge, ambasciatore; KIRK Alexander C., consigliere; TITTMANN Harold H., primo segretario; GADE Gerhard, secondo segretario; HARRISON Randolph jr., terzo segretario; LIVENGOOD Charles A., addetto commerciale; McNAIR Laurence N., capitano di vascello, addetto navale; PILLOW J. G., colonnello di cavalleria, addetto militare ed aeronautico; BRADY Francis M., capitano, addetto militare ed aeronautico aggiunto; HowARD Herbert Seymour, capitano di vascello, addetto navale aggiunto (residente a Parigi); BoDE Howard B., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Sud Africa (Unione del) -HEYMANS Albert, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; EusTACE Terence Henry, segretario; GELDENHUYs Frans Eduard, consigliere commerciale.

Svezia -SJOBORG Erik, inviato straordinario e ministro plen1potenziario; SOHLMAN Rolf R., segretario; DE LAGERCRANTZ H. G., capitano di cavalleria, addetto militare ed aeronautico.

Svizzera -WAGNIÈRE Georges, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BROYE Eugène, consigliere; REZZONICO Clemente, primo segretario; MALLET Bernard, secondo segretario.

Turchia -RAGIP BAYDUR Huseyin, ambasciatore; ABACIOGLU CELAL Osman, consigliere; SABIT Irfan, secondo segretario; ZADE I. CHADI Kavur, terzo segretario; ZvA Suphi, addetto commerciale; NEDIM Mahmud, addetto commerciale aggiunto; GtizELIMDAG Rahmi, capitano di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico aggiunto.

Ungheria -VILLANI barone Federico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE VEGH Milklòs, consigliere; DE LUKAcs-KIRALDY Gyorgy, primo segretario; DE SZENTMIKLOSY Andras, segretario; DE PARCHER Felix, addetto; DE BETHLEN conte Gabriele, addetto; HuszKA Istvan, addetto stampa; SzABÒ Ladislav, maggiore di Stato Maggiore, addetto milltare.

Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche -PoTEMKIN Vladimir, ambasciatore; HELFAND Lev, consigliere; DNEPROFF Pavel, secondo segretario; FRIDGUT Pavel, secondo segretario; BELENKI Boris, rappresentante commerciale; AIRAPETIAN Ervand, rappresentante commerciale aggiunto; ScHAPIRO Boris, rappresentante commerciale aggiunto; LUNEFF Pavel Petrenko, addetto militare ed aeronautico; ANZIPOCIKUNSKY Lev, addetto navale ed aeronautico per la marina; LIKHOVITSKY Teodor, addetto aeronautico agg~unto; ScEI Boris, addetto navale aggiunto.

Uruguay -RAMON GUERRA Ubaldo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRUNWALDT CUESTAS Federico, primo segretario; RAMON GUERRA José Carlos, addetto; REVELLO Nicolas, addetto; DE CASTRO Julio, addetto comcerciale aggiunto (assente).

Venezuela -PARRA PEREZ Caracciolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J. M., consigliere; ROJAS Hugo, addetto.